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5/12/2018 Riflessioni Sulla Prima Lettera Ai Corinzi - slidepdf.com
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Antonio DAL MUTO
RIFLESSIONI SULLE LETTERE DI SAN PAOLO,
APOSTOLO DEI GENTILI
Prima Lettera ai Corinzi
Secondo Volume
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Prefazione
Le mie riflessioni sulle lettere di San Paolo non sono altro che
riflessioni private, condivisibili o meno, ma condivise con tutti i
lettori che accedono a SCRIBD: non sono oro colato, al massimo,
in chi sente come me la necessità di rileggersi San Paolo,
considerato il vero e unico fondatore delle basi cristiane della
teologia della salvezza, possono stimolare ulteriori e proprieriflessioni, che potrebbero assurgere a considerazioni tali che
sarebbe un peccato che rimanessero “nel comodino”.
Rileggere o leggere per la prima volta le lettere di San Paolo è
cosa necessaria per non distaccarci dalla via della salvezza a
causa di impegni mentali troppo pressanti e per uscire dai luoghicomuni che, l'abitudine a pensare in un certo modo usuale
facilita: rappresenta, questo esercizio di riflessione.
quell'attimo di silenzio necessario affinché sia mantenuta vigile
e sveglia la mente oltre che il cuore nelle cose di Cristo. Nelle
nostre cose.
[email protected] parrocchiano. Uno tra i tanti
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Su San Paolo
Cosa dire di Saulo o San Paolo che già non si sappia?
Originario di Tarso, antica città dell'attuale Turchia,
nacque tra il 5 e il 10 a.C. e morì a Roma attorno al 64-67
d.C. sotto Nerone. Cittadino di Roma, Ebreo osservante,
educato alla dottrina ebraica, secondo i Farisei, daGamaliele, sacerdote, si trovò coinvolto nella
persecuzione, esercitata e promossa dalla classe
sacerdotale giudaica, contro le prime comunità cristiane.
Andando a Damasco per questo, scopo venne investito da
una luce fortissima dalla quale udì le famose parole:
“Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?” ; ne uscìtrasformato nella mente e nello spirito!! Era l'anno 36
dell'era cristiana, quando iniziò la sua predicazione che
si concluse con la sua morte a Roma.
Due parole sulla sua morte. Roma ospitava da tempo una
nutrita comunità di ebrei, osservanti della legge mosaica,
integrata nella società di allora che, sembra, non abbia
mai dato motivo di preoccupazione in riferimento
all'ordine pubblico. Sotto l'Imperatore Claudio ( dal 41
al 54 d.C. ) i seguaci della religione mosaica cominciarono
a scontrarsi con gli ebrei convertiti al cristianesimo,
causando problemi di ordine pubblico, “... a causa di un
certo Chresto...” come ci riferisce Tacito, fino a che,
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Claudio, decise di cacciare da Roma tutti i giudei che,
molto probabilmente, crebbero nel risentimento contro i
cristiani, ritenendoli responsabili dei loro guai. Il 18
luglio del 64, Roma si trovò a combattere contro ilgrandioso incendio che la distrusse quasi del tutto;
Nerone volle i responsabili e il Prefetto del Pretorio,
Tigellino, si dette da fare per trovarli, anche se gli
storici, contrari a Nerone, scriveranno che lo stesso
incendio venne appiccato dallo stesso imperatore ( gli
incendi in quell'epoca erano frequenti a causa dellecaratteristiche delle abitazioni: soppalchi di legno e
vicinanza delle stesse. Bologna stessa fu distrutta da un
incendio poco prima che Nerone salisse al trono
imperiale). A questo tragico evento per la città di Roma si
lega, a mio parere, la lettera di Clemente Romano,
quarto papa, che parlando di San Pietro, scrivendo aiCorinzi vent'anni dopo la sua morte, riferì che l'apostolo
venne mandato a morte “ ...per invidia e per gelosia...”.
Gelosia e invidia da parte di chi? La risposta non può che
trovarsi tra le comunità degli ebrei osservanti della legge
mosaica, arrabbiati con i giudei cristiani e perché
traditori della legge dei padri e perché motivo della lorocacciata da Roma. E' quindi verosimile pensare che sia
Pietro che Paolo ( tra l'altro, quest'ultimo, fu ritenuto
innocente dal Prefetto Afranio Burro, sostituito poi da
Tigellino, dall'accusa di turbare l'ordine pubblico
mossagli dai sacerdoti di Gerusalemme) vennero
denunciati dagli ebrei romani probabilmente comeispiratori e quindi responsabili dell'incendio, procurando
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loro la condanna a morte, liberandosi, al contempo, di due
apostoli responsabili di molte conversioni tra i giudei e
per i miracoli che fecero. Ecco la gelosia e l'invidia
quindi. Nerone non fece alcuna persecuzione contro icristiani, (anche perché in quel tempo di loro si conosceva
poco o nulla, e poi perché non sopportava il sangue: vietò i
giochi gladiatori, favorendo solo le corse dei cavalli e i
giochi di esercizio fisico, di atletica, non finalizzati alla
guerra e per questo inviso alla classe senatoriale
aristocratica e antiellenista che arrivò ad eliminareNerone come fece con Caligola – Vedi “Storia di Anzio a
Fumetti. Dalle Origini a Nerone” dello stesso autore,
pubblicata da Arduino Sacco Editore ) cosicché, i
cristiani, probabilmente, finirono per essere arrestati,
oltre che per le denunce, le delazioni da parte della
comunità ebrea, anche perché quelli che vennerocatturati confessarono di aver alimentato i focolai di
incendio: molti tra loro, infatti, erano convinti che la fine
del mondo, la venuta di Cristo, fosse imminente. E
confessarono loro stessi questa colpa, pagando con la loro
vita secondo la legge romana. Tacito sulle cause
dell'incendio espresse forti dubbi sul ruolo di Nerone.Paolo fu decapitato e non crocifisso come gli altri, perché
era cittadino romano.
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Possibile identikit di Paolo di Tarso realizzato da un nucleo della
polizia scientifica tedesca nel febbraio 2008 sulla base delle
descrizioni contenute nelle più antiche fonti storiche, con la
commissione e consulenza dello studioso Michael Hesemann . Non
sono stati esaminati i reperti ossei a lui attribuiti contenuti nel
sepolcro presente nella Basilica romana di San Paolo fuori lemura
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Prima Lettera ai Corinzi
Codice Vaticano
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Prima Lettera ai Corinzi
Fu scritta attorno al 54 d.C. quando Paolo soggiornò ad Efeso e
la sua preoccupazione che la giovane comunità di Corinto, cittàportuale, potesse lasciarsi andare sotto la spinta di una forte
presenza ellenista nella società di allora. Egli aveva predicato la
Parola a Corinto attorno all'anno 50 e non poteva sopportare che
il frutto del suo lavoro potesse essere compromesso da un
paganesimo sfrenato e da una altrettanta sfrenata libertà di
costumi. C'era, insomma, molto lavoro da fare per costruire
quell'uomo nuovo che avrebbe dovuto incarnare il principio di unanuova era sotto l'egida di Cristo.
Paolo inizia, esortando i Corinzi a stare uniti, evitando ogni sorta
di divisione e cercando di comprendere che nulla importa se uno
è stato evangelizzato o battezzato da “Cefa” o da “Paolo” o da
“Apollo”, poiché tutti i convertiti sono, solo e solamente, diCristo.
Ma soprattutto, insiste, che occorre evitare di confondere
l'evangelizzazione come un opera di scienza e sapienza, poiché
Paolo, sottolinea, è venuto a professare Cristo crocifisso,
scandalo per i benpensanti ma salvezza per gli umili. Cita per
questo alcuni passi tratti da Isaia e da Geremia: “...distruggerò
la sapienza dei sapienti e annullerò l'intelligenza degli
intelligenti...” e “...chi si vanta si vanti nel Signore...” onde
sottolineare che il lavoro di perfezionamento, richiamato nella
Prima lettera ai Tessalonicesi, non farà altro che smontare le
certezze culturali e scientifiche acquisite con una visione
limitata per sostituirle con la visione cristica in cui tutte le cose
ritorneranno nella loro “naturale nicchia”, riacquistando la lorooriginale importanza.
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Paolo continua, ricordando ai Corinzi, quando si fermò tra loro
appena due anni prima, che dette testimonianza di Cristo, del
Cristo crocifisso e: “...la mia parola e il mio messaggio non si
basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla
manifestazione dello Spirito e della sua potenza, perché la
vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla
potenza di Dio.” (2, 3-5).
Appare evidente come la catechesi, diremmo oggi, non passò, per
i Corinzi, attraverso descrizioni o tesi sapienti di una sapienza
imparata a memoria, come una lezione scolastica, ma attraverso
lo svelare le manifestazioni dello Spirito e la potenza di Dio.Probabilmente Paolo operò affinché si manifestasse lo Spirito
Santo mediante i suoi doni, come il parlare le lingue degli angeli e
comprenderle, come le guarigioni, gli esorcismi... La sostanza
della Parola di Dio, insomma, ecco perché nel capitolo 1 della
lettera, scrivendo: “...i Giudei chiedono miracoli e i Greci
cercano la sapienza...” (1, 22) volle sottolineare che la ricerca
della sola sapienza o del solo miracolo è fuorviante se si perde di
vista Gesù crocifisso. La Potenza di Dio, attraverso l'azione
dello Spirito Santo riamane indispensabile, ma solo ai fini della
reale conversione e non di una parziale aderenza a Cristo:
“… perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza
umana, ma sulla potenza di Dio...”
Ecco che il discorso di Paolo entra nello specifico: “...tra i
perfetti parliamo, sì, di sapienza, ma di sapienza che non è
di questo mondo, né dei dominatori di questo mondo che
vengono ridotti al nulla; parliamo di una sapienza divina,
MISTERIOSA, CHE E' RIMASTA NASCOSTA, e che Dio ha
preordinato prima dei secoli per la nostra gloria...” (2, 6-7).
Dovrebbe esserci chiaro come la predestinazione dell'uomo,pensato per la glorificazione di Dio sulla base dell'impostazione
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salvifica di Cristo, passi attraverso la sapienza, ma una sapienza
misteriosa, difficile da immaginare perché parla il linguaggio di
un universo che non conosciamo, una sapienza la cui mente
umana, la Psiché, non potrà mai conquistare, poiché essa viene
rivelata solo dallo Spirito Santo al nostro Pneuma e da qui passa
alla Psiché. E il problema sta proprio qui.
“Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito; lo
Spirito scruta ogni cosa, anche le profondità di Dio” ( 2,10)
“...esprimendo cose spirituali in termini spirituali...” ( 2, 13 ).
Ma per la comunità di Corinto, sembra che la manifestazionedello Spirito non sia ancora sufficiente alla loro piena
conversione, poiché, ancora, cadono nei tranelli della divisione
interna. Il paganesimo aveva deformato il loro modo di pensare
che anche le manifestazioni dello Spirito potevano passare per
magia, quella dei riti pagani, sminuendo di fatto il messaggio di
fondo, a causa di un forte condizionamento della Psiché, della
funzione mentale, da parte del paganesimo, responsabile di unacerta forma mentis : “...vi ho dato da bere latte, non
nutrimento solido, perché non ne eravate capaci. E neanche
ora lo siete, perché siete ancora carnali: dal momento che
c'è ancora invidia e discordia...” ( 3, 2-3 )
Non è più tempo di divisioni interne: è ora che tutti pongano a
fondamento delle proprie azioni Gesù Cristo, l'uomo nuovo,l'archetipo pensato all'inizio dei tempi come attore principale di
un mondo costruito sull'armonia del tutto e nel tutto.
Importante, però che ognuno di noi si consideri uno stolto,
solo così la Sapienza di Dio potrà agire nel Pneuma e nella
Psiché.
“Ognuno ci consideri come ministri di Cristo e amministratori
dei misteri di Dio...” ( 4,1 ) un invito a vedere colui cheevangelizza non come un uomo qualsiasi, ma come un prescelto in
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cui agisce lo Spirito Santo, anche se Paolo non ha paura di essere
giudicato da nessuno poiché ha alzato Cristo a solo suo giudice,
ma è indispensabile, se chiamati ad un servizio, non vantarsi per i
doni ricevuti dallo Spirito; la vanagloria è un altro pericolo
incombente che nasce dalla consapevolezza, tutta umana e tutta
materiale che possedere significa essere differenti da chi non
possiede. “...e se l'hai ricevuto, perché te ne vanti come non
l'avessi ricevuto?” ( 4, 7 ); infatti, vantarsi di una cosa ricevuta
equivale a disconoscere che questa cosa è un dono gratuito
fatto da Dio e non già una qualità da sempre posseduta e quindi
come se non fosse stata ricevuta in dono. “...perché il Regno diDio non consiste in parole, ma in potenza...” ( 4, 20 )
La lettera prosegue con l'affrontare tematiche sull'immoralità:
l'ellenismo era portatore di modi di vivere non consoni alla
visione cristiana della vita: la fornicazione, l'incesto, la pedofilia
facevano parte del normale agire nella società ellenica ed è ora,
quindi, di prendere le dovute distanze e divenire consapevoli
che noi siamo tempio di Dio: “...O non sapete che il vostro
copro è tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete
da Dio...” ( 6, 19 ), e queste sue preoccupazioni Paolo le
scrisse in una “...lettera precedente...” ( 5, 9 ), onde per cui
la Prima lettera, questa su cui faccio le mie riflessioni, non
sarebbe che la Seconda. Evidentemente questa “precedente
lettera” o è stata persa o non è stata riconosciuta e fa ora partedel patrimonio apocrifo. Chissà.
La comunità di Corinto, evidentemente, è talmente esposta ai
pericoli di una condotta immorale che Paolo affronta il tema del
matrimonio e della verginità, della vedovanza... tutto dovrà
essere inquadrato nella nuova visione cristiana dell'esistenzaterrena. “...ai non sposati e alle vedove dico: è cosa buona
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per loro rimanere come sono io; ma se non sanno vivere in
continenza, si sposino; è meglio sposarsi che ardere...” ( 7,
8-9 ) Paolo, nella sua conversione e trasformazione mentale,
subì una forte e improvvisa crescita spirituale, al punto tale che
la visione delle cose future per lui divennero elementi di forte
presenza nel suo quotidiano: tutto appariva in lui come cosa
fatta, poiché gli era stata svelata la realtà del divenire, la realtà
e la portata del nuovo mondo, tanto da apparire così vicina, così
imminente, ma imminente era solo la sua certezza dell'essere
incamminato verso la conquista dell'uomo nuovo. Per questo
invitava tutti a restare nello stato in cui Cristo li aveva chiamati:il celibe, la nubile, il vedovo e la vedova, addirittura lo schiavo,
che rimanessero in quello stato, poiché la conversione e la
rinascita è talmente reale e vicina, talmente vicina che rende
inutile l'affannarsi a cercare le cose di questo mondo. Per Paolo
la resurrezione era prossima in lui perché in lui era già operante
e ne comprendeva appieno i “meccanismi”: “...ciascuno rimanga
nella condizione in cui era quando fu chiamato...” ( 7, 20 ).
Paolo sapeva della sua specificità riguardo la chiamata, e
comprendeva appieno le difficoltà di un cammino di fede per chi
si converte in maniera non straordinaria, ma aveva la certezza
dell'azione dello Spirito Santo, una certezza granitica perché
l'aveva vissuta, la viveva, sulla “sua pelle” e per questo lainvocava per tutti i convertiti, come evento imminente, poiché
sapeva che tutto è possibile a Dio in un uomo pronto ad
accoglierlo.
Tutti i precetti e le regole o i consigli che Paolo dà alla sua
comunità di Corinto sono per mettere nelle condizioni migliori imembri della stessa ad accogliere lo Spirito; sono precetti che
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risentono della temporalità, del momento, in cui sono stati
dettati, benché si basino su principi morali che ancor oggi
valgono.
L'esempio è dato dal capitolo 8 in cui parla di “...carni immolateagli idoli...” ( 8,1-3 ) con cui specifica la vacuità di tali azioni,
poiché: “...non esiste alcun idolo al mondo e che non c'è che
un Dio solo.” . Erano tempi di paganesimo. Ma nell'affermare
che: “...non sarà certo un alimento ad avvicinarci a Dio; né,
se non ne mangiamo, veniamo a mancare di qualche cosa, né
mangiandone ne abbiamo un vantaggio.” ( 8, 8 )
indirettamente mette anche in discussione la ritualità ebraica,ancora in uso, di mangiare cibo “incontaminato”, Kosher, che,
ancor oggi è nelle preoccupazioni delle comunità ebraiche, e che
nei secoli, il concetto ha accumulando migliaia di volumi scritti
dai loro saggi. E l'affermazione paolina appare pienamente
coerente con quello che Gesù affermò, dicendo che ciò che
contamina l'uomo non è quello che entra nella sua bocca, ma
quello che ne esce, perché viene direttamente dal cuore.
Cristo ha quindi liberato l'uomo dagli orpelli rituali che, se
avevano un valore nelle religioni antiche, prive dello Spirito, ora
che è lo Spirito a guidare l'uomo, quest'ultimo scopre la
pienezza della libertà nella consapevolezza della vera sostanza
nel senso e significato di uomo nuovo. D'altronde proviamo a
pensare che sarà l'uomo nell'anno 3000 ( dopo esserci liberatidalle contaminazioni di chi vorrebbe la fine del mondo, e forse
riusciremo ad intuire che prevarrà la sostanza dell'essere e non
le tradizioni, che la storia, ci insegna, sono tutte destinate a
sparire.
Ma nonostante questo, pur di non scandalizzare un fratello, il
quale non ha ancora raggiunto la maturità nel pensare, “...se uncibo scandalizza il mio fratello, non mangerò mai più
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carne...” ( 8,13 ). Anche questo è amore verso il prossimo.
“...pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti
per guadagnarne il maggior numero: mi sono fatto Giudeo con
i Giudei, per guadagnare i Giudei...” ( 9,19-20 ) Paoloribadisce il suo concetto: per amore degli altri, mi sono
uniformato per guadagnare a Cristo gli altri. E' la scelta di un
uomo libero che sa immedesimarsi nelle “ancora infantili
abitudini dell'uomo”, alle sue necessità degli altri per avviarli,
grazie allo Spirito e alla potenza di Dio, verso il pieno risveglio
della coscienza in Cristo. E questo è il suo obbligo. L'Unico
obbligo che ha, perché datogli direttamente da Cristo.
Pietro e Paolo. Opera di Guido Reni – 1605 -
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Nel capitolo 10, Paolo dimostra come la storia Mosaica sia ormai
superata, asservita e ridotta a simbolo di Cristo:ogni
avvenimento ora ha una nuova ed unica chiave di lettura: Cristo.
“...tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, tutti bevvero la
stessa bevanda spirituale: bevevano infatti da una roccia
spirituale che li accompagnava e quella roccia era il Cristo.”
( 10, 2-3 ) e Paolo, in virtù degli eventi veterotestamentari,
invita i nuovi convertiti a non cadere negli errori dei loro padri
nel deserto, che non compresero, rimanendo vittima.
In 10,16 Paolo sottolinea che l'unico pasto, rituale e
sostanziale, che deve essere tenuto in considerazione, è quelloeucaristico “... il calice della benedizione che noi
benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo?
E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il
corpo di Cristo?...”. Questo passo mette in evidenza che il rito
eucaristico era presente come motore centro dell'ecclesia, della
comunità cristiana, la comunità, punto fondamentale con e per
l'unione a Cristo. Oltre che con l'azione dello Spirito Santo. E
questa comunione unisce il comunicando nello stesso modo
all'oggetto della comunione nei riti idolatrici. Cosa che,
sottolinea Paolo, va evitata per non dare scandalo.
L'eucarestia, Paolo sottolinea, nelle assemblee non è un pasto
con cui cenare e, magari, ubriacarsi: l'eucarestia e comunionecon Cristo, un atto sacramentale che va vissuto nella
consapevolezza che si riceve Cristo. Probabilmente Paolo ha
avuto notizia di un andamento non consono all'interno della
comunità e nel portare avanti le assemblee e gli incontri
eucaristici.
Per quanto concerne la “carne immolata all'idolatria” si puòmodernizzare questo concetto con il darsi corpo e anima a certe
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cause che hanno come finalità la “conquista di un punto di vista
prettamente ideologico” o anche materialista. E' il caso, secondo
me, di certi partiti politici che perseguono un'ideologia talmente
parziale da avere la presunzione di piegare il mondo intero alle
proprie visioni. Ma questo non è che un esempio. Se ne
potrebbero citare tanti, ma il concetto di fondo rimane che, nel
bene e nel male, noi diventiamo tutt'uno con l'obiettivo che
cerchiamo di realizzare.
Nel Capitolo 13, Paolo affronta l'aspetto dei doni che lo Spirito
dà alle comunità cristiane, doni, carismi che vengono dati perl'edificazione della comunità e non sono casuali, sono, invece,
coerenti tra loro e interdipendenti: ci sarà chi avrà il dono delle
lingue; chi quello della sapienza; quello della scienza, ma ognuno
serve all'altro per l'edificazione personale e comunitaria. Però
esiste un dono più grande, perché questo dono permette di
aspirare a doni maggiori: “ Se anche parlassi le lingue degli
uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come unbronzo che risuona o un cembalo che tintinna. E se avessi il
dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la
scienza, e possedessi la pienezza della fede così da
trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono
nulla... ma non avessi la carità, niente mi giova...” ( 13, 1-
3 ) Ecco, la carità è il dono essenziale per poter predisporre lanostra Psiché a ricevere lo Spirito. Ma cosa è la carità? “La
carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la
carità, non si vanta, non si gonfia, non tiene conto del male
ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della
verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto
sopporta. La carità non avrà mai fine. Le profezie
scompariranno, il dono delle lingue cesserà e la sapienzasvanirà...” ( 13, 4-9) Questa è la carità. La carità è un
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atteggiamento che può essere dettato solo dallo Spirito grazie
al quale è possibile riconoscere nella nostra quotidianeità quelle
priorità e qui valori comportamentali e dare loro il giusto peso:
perché arrabbiarsi, quando hai Cristo? Perché entrare in
depressione se hai Cristo? Perché avere timore del domani se
hai Cristo? Perché bisticciare se hai Cristo nel cuore? La Carità
è un dono che rimodula la funzione mentale e la sfera emotiva; è
quella che ti fa ripensare al proprio mondo interiore e
all'ambiente in cui vivi; ti dà la possibilità di soppesare ogni cosa
e ti concede la grazia di comprendere cosa c'è dietro ogni cosa:
la Carità rende liberi perché aumenta la comunione con Cristo.Cosa fà quel contadino, come ricorda la parabola, che
zappando il proprio orto trova un tesoro? Vende tutto per
godersi il tesoro trovato. Ebbene se il tesoro è Cristo il
“vendere tutto” diventa una condizione posta sotto l'influenza
della Carità: chi ha la carità è come se fosse distaccato da ogni
cosa; è come se se avesse venduto ogni cosa, poiché nel cuore ha
Cristo. E al cristiano sono solo tre le cose sostanziali efondamentali di cui potrà disporre: “ ...la fede, la speranza e
la carità: ma di tutte la più grande è la carità.” ( 13, 13)
Quindi, il consiglio che Paolo dà ai Corinzi è di “...ricercare la
Carità...” ( 14, 1) perché è il dono maggiore che lo Spirito può
fare e dare. Anche se invita a cercare, ossia a chiedere gli altridoni, come il profetare e il parlare lingue sconosciute, poiché:
“...non parla agli uomini, ma a Dio, giacché nessuno
comprende, mentre egli dice per ispirazione cose misteriose.
Chi profetizza invece parla agli uomini per la loro
edificazione...” ( 14, 2-3 ). Questo aspetto pone un
interrogativo: perché nelle comunità parrocchiali non si sente
o si avverte l'azione dello Spirito e non si ricevono i suoi doniche vengono dato per edificare la comunità, non certo per
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dare spettacolo? Chissà perché... forse abbiamo perso
l'abitudine o perché la storia ha scoraggiato ( santa inquisizione)
tali abitudini per paura di essere processati? Chissà. Forse deve
andare così? Comunque, Dio non si contraddice: se Paolo invita a
chiedere i doni dello Spirito vuol dire che questo invito varrà
sempre: “...Quindi anche voi, poiché desiderate i doni dello
Spirito, cercate di averne in abbondanza, per l'edificazione
della Comunità...” ( 14, 12) Ma importante, sottolinea Paolo,
che i doni possano coinvolgere non solo lo spirito, il Pneuma, ma
anche l'intelligenza, la Psiché, onde rendere fruttuoso il dono
stesso.Il capitolo termina con delle raccomandazioni in cui si evince
anche un aspetto storico, almeno mi sembra, che è il divieto alle
donne di intervenire in assemblea con domande, ma di porle ai
mariti nelle proprie case. Questo farebbe pensare che in Paolo
esiste una coscienza storica che stride accanto alla sua
coscienza rinnovata dallo Spirito e quindi libera. Probabilmente,
queste indicazioni sono date per non dare scandalo in quella
società pagana che aveva in uso tale abitudine, infatti se
ricordiamo le parole precedentemente citate in 9, 19-20,
possiamo capire le preoccupazioni di Paolo e il motivo di queste
considerazioni.
Molto denso per spunti e riflessioni appare il capitolo 15, con ilquale Paolo affronta il tema della resurrezione. Se affrontò
questo argomento è perché, molto probabilmente, nella comunità
si insinuò, per cattive frequentazioni, il seme del dubbio circa la
resurrezione di Cristo e di ciò che ne consegue. La stessa cosa
accade oggi. Un esempio di posizioni anti-cristiane provengono da
certe opere come ”Inchiesta su Gesù”, scritta da Corrado
Augias e dal prof Nicola Pesce, un'opera piena di contraddizioniin termini di buon senso e coerenza con quel che si dice da
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renderlo un'offesa all'intelligenza degli scrittori stessi. A tal
proposito si veda la mia opera edita su SCRIBD
Antonio Dal Muto. Le Eresie Di Ieri e Quelle Di Oggi
Il punto centrale della questione, Paolo la sintetizza in queste
parole: “...se non esiste resurrezione dai morti, neanche
Cristo è resuscitato! Ma se Cristo non è resuscitato, allora
vana è la nostra predicazione ed è vana la nostra fede...” (
15, 12-14 ). E' chiaro che noi non dobbiamo scomodare ne i
santi del paradiso ne i teologi più sapienti che abbiamo avuto,poiché se Cristo non è resuscitato di cosa stiamo parlando? Se
Cristo non è resuscitato, meglio seguire l'invito di Paolo che
dice: “...mangiamo e beviamo, perché domani moriremo...” (
15, 33) ricordando il profeta Isaia. Eppure, i detrattori della
fede cristiana si fanno sempre più numerosi. Occorre stare in
guardia e rammentare che la nostra fede, senza la certezza
della resurrezione di Cristo, risulta un mero eserciziofilosofico destinato a perire con la morte.
Ma, fortunatamente per tutti noi, non è così: la resurrezione è
cosa reale, poiché Paolo ne parla non per sentito dire, ma perché
ha vissuto di persona la realtà di Cristo risorto: un privilegiato
rispetto agli altri apostoli, per certi aspetti.
Gli aspetti della resurrezione espressi da Paolo sono
interessanti, perché ribadisce che alla resurrezione non verrà
dato ad ognuno di noi un semplice corpo, ma un corpo spirituale,
par di comprendere, coerente con la nostra essenza spirituale:
ogni uomo avrà il suo corpo spirituale in funzione della propria
valenza spirituale, luminoso ma differente, come sono differenti,
per luminosità, le stelle: “...non ogni carne è la medesimacarne; altra è la carne degli uomini; altra è la carne degli
5/12/2018 Riflessioni Sulla Prima Lettera Ai Corinzi - slidepdf.com
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uccelli e altra quella dei pesci. Vi sono corpi celesti e corpi
terrestri, ma altro è lo splendore dei corpi celesti, e altro
quello dei corpi terrestri: Altro è lo splendore del sole, altro
è lo splendore della luna, e altro è lo splendore delle stelle:
ogni stella infatti differisce da un'altra nello splendore. Così
anche la resurrezione dei morti: si semina corruttibile e
risorge incorruttibile; si semina ignobile e risorge glorioso; si
semina debole e risorge pieno di forza; si semina un corpo
animale e risorge un corpo spirituale.” ( 15, 39-44). La morte
sarà dunque sconfitta, poiché quell'uomo fatto di carne
corruttibile, in forza all'azione dello Spirito, in forza al pianodella Salvezza, rinascerà con un corpo spirituale al termine di un
cammino personale e collettivo. Il peccato sarà vinto.
Il Capitolo 16 è quello conclusivo con cui Paolo annuncia il suo
arrivo, passando per la Macedonia, arrivo anticipato dal suo
aiutante Timoteo. Maranà Tha, Vieni o Signore!
Il Sarcofago della Tomba di San Paolo ritrovato sotto laBasilica omonima costruita sul luogo della sua decapitazione.