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Rivista di giurisprudenza comunitaria

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Rivista di giurisprudenza comunitaria Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 12 (DICEMBRE 1984), pp. 399/400-403/404 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23178388 . Accessed: 28/06/2014 15:48 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 141.101.201.171 on Sat, 28 Jun 2014 15:48:53 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: Rivista di giurisprudenza comunitaria

Rivista di giurisprudenza comunitariaSource: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 12 (DICEMBRE 1984), pp. 399/400-403/404Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23178388 .

Accessed: 28/06/2014 15:48

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

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Page 2: Rivista di giurisprudenza comunitaria

PARTE QUARTA

2) assicurazione della parità di retribuzione fra i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro, comprendendo nella retribuzione il salario o il trattamento normale di base o minimo e tutti gli altri vantaggi, pagati direttamente o indirettamente, in contanti o in natura, in base ad una stessa unità di misura o per un posto di lavoro uguale;

3) assicurazione di periodi di congedo equivalenti a parità di condizioni di lavoro.

Art. 22.

(Principi e criteri direttivi della delega legislativa in materia di

sviluppo regionale)

Le norme di attuazione delle direttive in materia di sviluppo regionale saranno informate ai seguenti principi e criteri:

1) perseguimento di finalità di equilibrio tra le regioni nei riguar di dei livelli di produttività economica, di reddito individuale, di

occupazione e di condizioni di vita civile;

2) considerazione unitaria delle attività economiche e possibile loro sviluppo integrato ai fini della migliore utilizzazione delle risorse e delle capacità imprenditoriali ed operative;

3) coordinamento delle legislazioni straordinarie per il Mezzogior no con le azioni della Comunità aventi destinazione specifica o possibilità preferenziali;

4) armonizzazione delle misure comunitarie con quelle nazionali destinate al recupero delle attività delle zone in declino industriale.

Art. 23.

(Principi e criteri direttivi della delega legislativa in materia di

politica energetica, di ricerca e di sviluppo)

Le norme d'attuazione delle direttive in materia di politica energeti ca, di ricerca e di sviluppo saranno informate ai seguenti principi e criteri:

1) garanzia degli approvvigionamenti di energia attraverso risparmi ed utilizzazioni più razionali, nonché miglioramento della ricerca e dello sfruttamento delle fonti energetiche alternative al petrolio;

2) incremento dell'attività di ricerca scientifica al fine di potenzia re lo sviluppo tecnologico, coordinandola con quella degli altri Stati membri e sul piano internazionale;

3) incremento dell'innovazione tecnologica nelle attività produttive anche al fine di aumentare l'occupazione, assicurando lo sviluppo dell'informatica e della documentazione nonché della formazione scien tifica e tecnica.

Art. 24.

(Principi e criteri direttivi della delega legislativa in materia di produzione e commercio del carbone e dell'acciaio e di energia

atomica)

Le norme di attuazione delle raccomandazioni in materia di produ zione e commercio del carbone e dell'acciaio e delle direttive in materia di energia atomica devono essere informate ai principi ed ai criteri stabiliti dagli articoli da 14 a 23 per gli aspetti da ciascuno di essi considerati.

Titolo IV

NORME FINALI

Art. 25.

(Misure di intervento finanziario non previste)

Quando dalle raccomandazioni e direttive comunitarie attuate ai sensi degli articoli 10 e 12 derivano misure di intervento finanziario non previste da leggi vigenti e non rientranti nell'attività ordinaria delle amministrazioni statali o regionali competenti, la spesa relativa è imputata a carico del fondo di rotazione di cui all'articolo 4.

Art. 26.

(Abrogazione di norme)

Sono abrogate tutte le norme contrastanti o comunque incompatibili con le disposizioni della presente legge.

Rivista di giurisprudenza comunitaria I

Comunità europee — CEE — Obblighi degli Stati membri —

Ortofrutticoli — Controlli di qualità — Inadempimento —

Illiceità (Trattato CEE, art. 169; reg. 18 maggio 1972 n. 1035

CEE del consiglio, relativo all'organizzazione comune dei

mercati nel settore degli ortofrutticoli, art. 8; reg. 24 dicembre

1969 n. 2638 CEE della commissione, relativo a disposizioni

complementari per il controllo di qualità degli ortofrutticoli

commercializzati ali'interno della Comunità, art. 5).

Non procedendo, per gli ortofrutticoli commercializzati all'in

terno del territorio italiano, ai controlli di qualità di cui all'art. 8, n. 1, del regolamento del consiglio 18 maggio 1972 n. 1035, relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore degli ortofrutticoli e non effettuando le comunicazioni mensili relative

ai controlli svolti nel mese precedente, di cui all'art. 5, n. 1, del

regolamento della commissione 24 dicembre 1969 n. 2638, relativo

a disposizioni complementari per il controllo di qualità degli ortofrutticoli commercializzati all'interno della Comunità, mo

dificato dal regolamento della commissione 18 luglio 1980 n.

2150, la repubblica italiana è venuta meno agli obblighi imposti le dal trattato. (1)

Corte di giustizia delle Comunità europee; sentenza 15 novem

bre 1983 (causa 322/82); Pres. Mertens de Wilmars, Avv. gen.

Rozes; Commissione CE c. Repubblica italiana.

II

Comunità Europee — CEE — Obblighi degli Stati membri —

Trasportatore di merci e trasportatore di persone su strada —

Diplomi, certificati o altri titoli — Riconoscimento reciproco —

Normativa comunitaria — Mancata attuazione — Illiceità

(Trattato CEE, art. 169; direttiva 12 dicembre 1977 n. 796/CEE del consiglio, per il riconoscimento reciproco di diplomi, cer

tificati e altri titoli di trasportatore di merci e di trasportatore di persone su strada, che comporta misure destinate a garantire l'esercizio effettivo della libertà di stabilimento di detti traspor

tatori).

Non adottando entro il termine prescritto le disposizioni neces sarie per conformarsi alla direttiva del consiglio 12 dicembre 1977

n. 796, per il riconoscimento reciproco di diplomi, certificati e

altri titoli di trasportatore di merci e di trasportatore di persone su strada, che comporta misure destinate a garantire l'esercizio

effettivo della libertà di stabilimento di detti trasportatori, la

repubblica italiana è venuta meno agli obblighi derivantile dal

trattato. (2)

Corte di giustizia delle Comunità europee; sentenza 11 otto

bre 1983 (causa 273/82); Pres. Mertens de Wilmars, Avv. gen. Slynn (conci, conf.); Commissione CE c. Repubblica italiana.

(1) Nella causa 322/82 il ricorso della commissione mirava a far dichiarare che la repubblica italiana, non procedendo, per gli ortofrut ticoli commercializzati all'interno del territorio italiano, ai controlli di qualità imposti dalla normativa agricola comunitaria e non effettuando le comunicazioni mensili riguardo ai controlli svolti nel mese preceden te, era venuta meno agli obblighi impostile dal trattato.

Il governo italiano si era difeso sottolineando che tutti i provvedi menti necessari per introdurre il sistema di controllo di qualità per i

prodotti destinati all'esportazione erano stati adottati da tempo. Cio nondimeno esso non negava di aver omesso di adottare le disposizioni necessarie per organizzare i controlli previsti dalla normativa comuni taria sugli ortofrutticoli prodotti e commercializzati all'interno del territorio nazionale. La spiegazione di tale omissione era indi cata dal governo italiano nel fatto che l'attuazione dei provvedi menti di organizzazione all'uopo necessari solleverebbe notevoli pro blemi amministrativi, di coordinamento e di finanziamento, aggravati dal fatto che il territorio italiano è stato diviso dalla suddetta normativa comunitaria in cinque zone di spedizione e ciò aumen terebbe di molto gli oneri organizzativi da affrontare per introdurre un sistema di controllo efficiente. Il governo italiano riteneva pertanto 'opportuna la- riduzione del numero di dette zone, affinché in Italia si potesse organizzare un controllo appropriato senza determinare oneri finanziari spropositati.

Pur riconoscendo l'esistenza delle difficoltà indicate dallo Stato italiano, la corte ha ritenuto che il lasso di tempo trascorso da quando nel 1962 furono introdotte le prime disposizioni comunitarie in materia e, in particolare, dal 1972, anno in cui l'organizzazione di mercato ha ricevuto la sua forma attuale, avrebbe dovuto permettere da tempo

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Page 3: Rivista di giurisprudenza comunitaria

GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA

alle autorità italiane di adottare i provvedimenti necessari nel caso in esame.

(2) Il ricorso della commissione delle Comunità europee, ai sensi dell'art. 169 del trattato CEE, era diretto a far dichiarare che la

repubblica italiana era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza del trattato, omettendo di adottare, entro il termine prescrit to, le disposizioni necessarie per conformarsi alla direttiva del consiglio 12 dicembre 1977 n. 796, per il riconoscimento reciproco dei diplomi, certificati ed altri titoli di trasportatore di merci e di trasportatore di

persone su strada, che comporta misure destinate a garantire l'esercizio effettivo della libertà di stabilimento di detti trasportatori (G.U. L 334 del 24 dicembre 1977, pag. 37).

11 governo italiano ha precisato di essersi adoperato ad iniziare la

procedura legislativa per l'adozione dei necessari provvedimenti di attuazione della direttiva, senza tuttavia riuscire a completare l'iter

legislativo degli stessi entro il 1° gennaio 1979, termine ultimo fissato dall'art. 7, n. 1, della direttiva. La corte, secondo una consolidata

giurisprudenza, ha negato che uno Stato membro possa invocare

norme, prassi o situazioni del proprio ordinamento giuridico per giustificare la mancata osservanza degli obblighi derivanti dalle diretti ve comunitarie e ha quindi accolto il ricorso.

In argomento cfr. Marziale, Materiali per l'adeguamento dell'ordina mento interno agli atti normativi comunitari, in questo fascicolo, IV, 377.

Comunità europee — CEE — Pesca — Misure di conservazione — Dispositivi di protezione delle reti da pesca — Divieto —

Ambito (Trattato CEE, art. 177; reg. 30 settembre 1980 n. 2527

CEE del consiglio, che istituisce misure tecniche per la con

servazione delle risorse della pesca, art. .7).

Il divieto di cui all'art. 7 del regolamento nel consiglio 30

settembre 1980 n. 2527, che istituisce misure tecniche di conser

vazione delle risorse della pesca, produce tutti i suoi effetti

nonostante il fatto che non siano state stabilite le modalità

d'applicazione contemplate dalla seconda frase dello stesso artico

lo. (1) . '

L'art. 7 del regolamento n. 2527/80 non vieta l'uso di disposi tivi aventi lo scopo di proteggere le reti da pesca, a condizione,

tuttavia, che l'uso di tali dispositivi sia compatibile con la finalità

del suddetto art. 7. (2)

Corte di giustizia delle Comunità europee; Sezione II; sen

tenza 11 maggio 1983 (causa 87/82); Pres. Pescatore, Avv. gen.

Rozes; Rogers.

(1-2) Con la sentenza qui massimata, la corte ha risolto quattro

questioni pregiudiziali ad essa sottoposte dalla Plymouth Magistrates Court, vertenti sull'interpretazione del regolamento del consiglio 30

settembre 1980 n. 2527, che istituisce misure tecniche per la conserva zione delle risorse della pesca (G.U. L 1258, pag. 1).

Le suddette questioni erano state sollevate nel corso di un procedi mento penale a carico del comandante di un peschereccio francese che

pescava in acque britanniche. L'accusa mossa all'imputato era la

seguente: avendo egli applicato alla rete del peschereccio (rete a

strascico, cianciolo danese, ecc.) un dispositivo corrispondente, in

pratica, ad una seconda rete, aveva violato: l'art. 7 del regolamento n. 2527/80 che vieta l'uso di dispositivi che possano ostruire le maglie di una parte qualsiasi di una rete o comunque ridurre effettivamente le dimensioni; nonché la normativa inglese relativa ai battelli ed ai

metodi di pesca, intesa a dare attuazione a talune disposizioni del

regolamento comunitario sopramenzionato. A suo discarico l'imputato aveva sostenuto che egli non poteva aver

violato il suddetto art. 7 per il fatto che questo non poteva ancora

produrre effetti, dato che non erano state stabilite con un apposito regolamento della commissione le eccezioni previste dallo stesso art. 7, seconda frase (l'indicazione cioè dei vari dispositivi applicabili ai suindicati tipi di reti compatibilmente con gli scopi perseguiti dall'art.

7, prima frase). Né del resto egli poteva aver violato la normativa

britannica, giacché la Gran Bretagna come ogni altro Stato membro aveva perduto la competenza a regolare il settore della pesca, dopo il trasferimento della stessa alla Comunità economica europea.

Il giudice a quo aveva, pertanto, rivolto alla corte i seguenti quesiti: a) se l'art. 7 del regolamento n. 2527/80 (prorogato) sia

efficace, nonostante non siano state adottate disposizioni di attuazione

particolareggiate (vale a dire le eccezioni di cui sopra); b) in caso

negativo, se uno Stato membro può adottare provvedimenti di tenore

pressocché analogo, ma di carattere nazionale; c) qualora l'art. 7 abbia efficacia benché non sia stata adottata alcuna disposizione particolareg giata d'attuazione, se uno Stato membro possa definire le eccezioni al divieto di dispositivi di agganciamento delle reti, nel modo in cui è stato fatto con la suddetta normativa britannica; d) qualora i punti a), b) o c) siano risolti in senso negativo,-quali siano i diritti spettanti ad un cittadino CEE processato per violazione di tali normative nazionali.

La prima questione è stata risolta dalla corte nel senso che l'art. 7

reg. n. 2527/80 produce tutti i suoi effetti, sebbene le ■ modalità

d'applicazione di cui sopra non siano state stabilite. Ciò in quanto la mancanza di queste ultime non preclude l'efficacia del divieto imposto dalla norma, sicché anche senza di esse l'art. 7 si presenta di per sé idoneo a perseguire il suo scopo (la conservazione delle risorse ittiche).

Risolta positivamente la prima questione, la risposta alla seconda parte non è più necessaria. Quanto alla terza questione, la corte parte dalla constatazione dell'esistenza — a partire dal 1° gennaio 1979 (art. 102 dell'atto di adesione) — di una competenza esclusiva della Comunità in materia di pesca. Dunque, la sussistenza o meno di un divieto di

applicazione alle reti di dispositivi di protezione deve essere ricavata direttamente dall'art. 7 del regolamento in questione, nonostante la mancanza delle relative modalità di applicazione. Come rileva la corte, sia lo scopo, sia la lettera dell'art. 7 non ostano a che una legittima esigenza dei pescatori — quella di protezione delle reti — sia presa in considerazione ed attuata: a patto, però, che lo scopo dell'articolo sia

comunque realizzato. Spetta al giudice a quo valutare nel caso di

specie se il tipo di dispositivo in questione si conformi al menzionato

scopo. Posta la terza questione in tali termini, la quarta risulta priva di

affetto nella misura in cui i detti dispositivi siano compatibili con il diritto comunitario.

I

Comunità europee — CEE — Vino nuovo ancora in fermen

tazione —. Definizione — Interpretazione — Poteri del giu dice nazionale (Trattato CEE, art. 177; reg. 28 aprile 1970 n.

816 CEE del consiglio, relativo a disposizioni complementari in

materia di organizzazione comune del mercato vitivinicolo; reg. 5 febbraio 1979 n. 337/CEE del consiglio, relativo all'organiz zazione comune del mercato vitivinicolo).

Il vino che contenga una percentuale di fecce nettamente

inferiore alla media rilevata dopo il primo travaso può essere

considerato separato dalle fecce ai sensi del reg. n. 816/70, al

legato II, punto 8 (sostituito dal reg. 337/79, allegato II, punto 9), relativo all'organizzazione comune del mercato vitivinicolo; spetta al giudice a quo valutare tale percentuale 'in base alle tradizioni

viticole che caratterizzano il vino in questione. (1)

Corte di giustizia delle Comunità europee; Sezione III; senten

za 5 maggio 1983 (causa 80/82); Pres. Everling, Aw. gen. Ver

loren von Themaat (conci, conf.); Amministrazione delle imposte

c. Soler.

II

Comunità europee — CEE — Vino — Importazione da Stati

terzi — Prezzo d'offerta franco frontiera inferiore al prezzo di

riferimento comunitario — Contrasto col diritto comunitario —

Necessità di tasse compensative (Trattato CEE, art. 177; reg. 28

aprile 1970 n. 816/CEE del consiglio; reg. 29 maggio 1975

n. 1380/CEE della commissione, relativo alla vinicoltura; reg. 30 giugno .1976 n. 1577/CEE della commissione, che modifica

il reg. 1380/75). Comunità europee — OEE — Vino — Importazione da Stati

terzi — Prezzo d'offerta franco frontiera — Importi compensa tivi monetari — Rimborso da parte dell'importatore — Legitti mità (Trattato CEE, art. 177; reg. 29 maggio 1975 n. 1380/CEE della commissione; reg. 30 giugno 1976 n. 1577/CEE della

commissione).

Il combinato disposto dell'art. 9 del regolamento del consiglio 28 aprile 1970 n. 816 e dell'art. 13 dell'accordo provvisorio tra la Comunità economica europea e la Repubblica democratica popo lare di Algeria, allegato al regolamento del consiglio n. 1287/76, ostano a che un ente venditore di un paese terzo, come l'Algeria, possa esportare in uno Statò membro della Comunità vini ad un

prezzo d'offerta franco frontiera inferiore al prezzo di riferimento relativo a quei vini; in un caso del genere, dovrebbe venir riscossa una tassa di compensazione pari alla differenza fra il

prezzo di riferimento ed il prezzo d'offerta franco frontiera. (2) Nel caso in cui il contratto si concluda al prezzo minimo, l'art.

17, n. 3, del regolamento ri. 1380/75,'nella versione emendata dall'art. 1 del regolamento n. 1577/76 va interpretato nel senso che se, all'atto dell'importazione, l'importatore ha corrisposto solo una somma pari al prezzo franco frontiera di riferimento, mentre il contratto deve effettuarsi al livello in cui il prezzo d'offerta franco frontiera è pari al prezzo franco frontiera di riferimento aumentato degli importi compensativi monetari, il rimborso al

l'esportatore algerino da parte dell'importatore francese della

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Page 4: Rivista di giurisprudenza comunitaria

PARTE QUARTA

somma corrispondente agli importi compensativi monetari, al mo

mento in cui questi sono conosciuti con precisione, è una

condizione necessaria perché siano osservate le disposizioni co

munitarie suddette e che, di conseguenza, in questo caso, la

clausola contrattuale che preveda il rimborso della somma corri

spondente a tali importi compensativi monetari non può conside

rarsi contraria al diritto comunitario del quale mira, anzi, a

garantire l'osservanza. (3)

Corte di giustizia delle Comunità europee; Sezione III; senten

za 28 aprile 1983 (causa 170/82); Pres. Everling, Avv. gen. Verloren van Themaat (conci, conf.); Office national de commer

cialisation des produits viti-vinicoles c. Soc. Les Fils d'Henri

Ramel.

(1) Con la sentenza 80/82, la corte ha risolto una questione pregiudiziale sollevata dalla Corte di cassazione francese e vertente

sull'interpretazione della nozione di « vino nuovo in fermentazione », come definita nell'allegato II, punto 8, del regolamento del consiglio 28 aprile 1970 n. 816, relativo a disposizioni complementari in materia di organizzazione comune del mercato vitivinicolo (G.U. L 99, pag. 1), nel frattempo sostituito dall'allegato II, punto 9, del regolamento del

consiglio 5 febbraio 1979 n. 337, relativo all'organizzazione co mune del mercato vitivinicolo (G.U. L 54, pag. 1). In breve, la Corte di cassazione domandava se il vino che contenga una percentuale trascurabile di fecce possa essere considerato se

parato dalle fecce ai sensi delle summenzionate norme comuni tarie e quindi vendibile. Il dubbio sussisteva in quanto i re golamenti del consiglio 816/70 e 337/79 sanciscono che non si può destinare alla vendita « il vino ancora in fermentazione », indicando

quest'ultimo come un vino « la cui fermentazione alcoolica non è ancora terminata e che non è ancora pertanto separato dalle fecce ».

Appòsite relazioni scientifiche indicavano che una percentuale di fecce è sempre presente nel vino e può talvolta ricomparire anche dopo che siano stati operati i processi di separazione. Tale percentuale dipende da una serie numerosa di circostanze tecniche.

Tenendo conto di ciò la corte ha precisato che la valutazione circa la separazione del vino dalle fecce deve aver riferimento non già alla

impossibile scomparsa delle fecce quanto alla loro concreta quantità con riguardo alla percentuale ritenuta media e quindi normale.

(2-3) Il Tribunal de Commerce di Bourg en Bresse ha solle vato ai sensi dell'art. 177 trattato CEE due questioni pregiudiziali davanti alla corte, vertenti sull'interpretazione delle norme comunitarie relative alla determinazione dei prezzi di riferimento e d'offerta franco frontiera in occasione dell'importazione da parte di uno Stato membro di vino da un paese del Maghreb (Algeria) e sull'incidenza degli importi compensativi monetari sui meccanismi dei prezzi. La corte è stata altresì richiesta di giudicare sulla legittimità di una clausola di rimborso degli importi monetari compensativi contenuta nel contratto fra i due operatori — l'Office national de commercialisation des produits viti-vinicoles algerino (ONCV), responsabile della com mercializzazione dei vini prodotti in Algeria, e la società a responsabi lità limitata Les Fils d'Henri Ramel — compito di quest'ulti ma è l'importazione in Francia del vino proveniente dalla Algeria acquistato dalla ONCV secondo un contratto di vendita.

Dal maggio del 1978 la Ramel si rifiutava di versare alla ONCV la somma corrispondente agli importi compensativi monetari, pur pagando il prezzo pattuito nei contratti sostenendo che la clausola del contratto fosse illegittima, perché contraria al diritto comunitario. La ONCV allora, dopo aver inviato le fatture delle somme ricevute quali importi compensativi monetari, citava la Ramel al fine di ottenere il rimborso delle somme ulteriori.

Le questioni pregiudiziali presentate alla corte dal giudice a quo erano due. Nella prima si chiedeva se un ente venditore in un paese terzo del Maghreb abbia la facoltà di esportare nell'ambito degli Stati membri nella Comunità vino ad un prezzo inferiore a quello di

riferimento, senza che, detto vino sia colpito da dazi doganali ridotti o interi, e, in caso negativo, se lo stesso ente, in accordo con la

controparte, al fine di sottrarsi a tale norma, possa concordare il rimborso a proprio vantaggio degli importi compensativi monetari riscossi all'importazione in modo tale da poter provare in seguito agli organi comunitari che il prezzo di fatturazione era conforme a quello di riferimento. Nel secondo quesito, si domandava alla corte se nella somma corrisposta come importo monetario compensativo poteva ricomprendersi il prezzo di riferimento e, in caso negativo, qua le fosse il valore da attribuire ad un contratto fra due operatori economici di cui uno appartenente a un paese terzo del Maghreb e l'altro di nazionalità francese, considerando che quest'ultimo si era

impegnato a trasferire alla ONCV gli importi compensativi al fine di

comprovare l'osservanza del prezzo di riferimento.

L'ONCV sosteneva in primo luogo che nelle predette circostanze non era stata commessa alcuna trasgressione del diritto comunitario, e che inoltre l'inosservanza del prezzo di riferimento non avrebbe avuto incidenza sugli impegni contrattuali. La questione quindi, sarebbe stata irrilevante ai fini della decisione della causa e pertanto non era necessaria la pronunzia della corte. La corte rileva che, come più volte

affermato, non rientra nelle proprie competenze pronunciarsi sulla

opportunità o meno di ricorrere ad una domanda di pronuncia pregiudiziale, in quanto ciò è compitò del giudice interno, il quale, essendo il solo a conoscenza diretta dei fatti di causa, deve valutare la rilevanza delle questioni di diritto sollevate.

Sulla questione della possibilità per un paese del Maghreb di

esportare vini ad un prezzo inferiore a quello di riferimento comunita rio, senza la riscossione di dazi doganali, la corte ha richiamato l'atten zione sull'art. 9 reg. del consiglio 28 aprile 1970 relativo alla organizza zione comune del mercato vinicolo, secondo il quale ogni anno vengono fissati prezzi di orientamento a secondo della qualità, a cui corrispondono prezzi di offerta franco frontiera per tutte le importazioni. Se quest'ulti mo risulta inferiore a quello di riferimento viene riscossa una tassa di

compensazione a saldo del gap fra i due prezzi. La corte ha altresì richiamato l'accordo CEE/Algeria, secondo il quale l'importazione dall'Algeria di vino è subordinata al fatto che i prezzi praticati siano almeno pari a quelli di riferimento della Comunità.

Quanto alle altre questioni sollevate, la corte rileva che dall'art. 17, n. 3, reg. 1380/75 nella versione emendata dall'art. 1 reg. 1577/76 *

risulta che gli importi compensativi monetari, a seconda che la moneta dello Stato membro importatore sia valorizzata o deprezzata, vanno aggiunti al prezzo di offerta franco frontiera o, rispettivamente, detratti dallo stesso e che, perché le disposizioni di diritto comunitario siano

osservate, il risultato dell'operazione deve essere superiore o pari al prezzo franco frontiera di riferimento. Di conseguenza, se il prezzo d'offerta franco frontiera è pari o superiore al prezzo franco frontiera di riferimento aumentato degli importi compensativi monetari, e se tale prezzo è immediatamente corrisposto dall'importatore, le clausole con trattuali relative al rimborso degli importi compensativi monetari da parte dell'importatore francese all'esportatore algerino non rientrano nel diritto comunitario, ma nell'ambito dei rapporti contrattuali retti dal diritto nazionale, come la corte ha già dichiarato nella sentenza 13 febbraio 1980, causa 74/79, Foro it., 1982, IV, 36.

Viceversa se, al momento dell'importazione, l'importatore ha corri sposto solo una somma pari al prezzo franco frontiera di riferimento, mentre il negozio va effettuato ad un livello in cui il prezzo di offerta franco frontiera è pari al prezzo franco frontiera di riferimento aumentato degli importi compensativi monetari, opera il principio di cui alla terza massima.

FINE DELLA PARTE QUARTA

r

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