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Rivista di Giurisprudenza Costituzionale e Civile

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Rivista di Giurisprudenza Costituzionale e Civile Source: Il Foro Italiano, Vol. 83, No. 2 (1960), pp. 345/346-351/352 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23150993 . Accessed: 25/06/2014 10:01 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.34.79.228 on Wed, 25 Jun 2014 10:01:34 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: Rivista di Giurisprudenza Costituzionale e Civile

Rivista di Giurisprudenza Costituzionale e CivileSource: Il Foro Italiano, Vol. 83, No. 2 (1960), pp. 345/346-351/352Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23150993 .

Accessed: 25/06/2014 10:01

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345 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 346

giudicati si è avuto occasione di affermare in via di prin cipio che il reato di emissione di assegno a vuoto rientra fra i delitti contro la fede pubblica, e di ritenerlo di ostacolo alla concessione del beneficio.

Tuttavia, senza modificare l'affermato principio, si

rende necessario chiarire quando il reato (previsto dal

l'art. 116 r. decreto 21 dicembre 1933 n. 1736) rientra fra i delitti contro la fede pubblica. Nell'emissione di assegno che risulta « scoperto » al momento della prestazione per il pagamento, dall'emissione di un assegno alterato o con traffatto e quindi falso. Perchè evidentemente l'assegno emesso a vuoto ricade fra i delitti contro la fede pubblica,

quando vi sia alterazione della verità formale del titolo di credito mediante un'artificiosa operazione, la quale porta ad emettere un assegno da parte di chi ad esempio non

ha neppure un conto corrente aperto, oppure vi si appone l'indicazione di una data falsa o di un falso luogo di emis

sione. Deve, quindi, trattarsi di ipotesi che ledono diret

tamente o indirettamente la fede pubblica. Quando tale

lesione non esiste e si tratta di una emissione di assegno che non viene pagato perchè mancano i fondi al momento

della sua presentazione, deve allora ritenersi che in questo caso non vi sia lesione della fede pubblica, la quale intanto

è lesa in quanto sia alterata la verità formale del titolo

messo in circolazione, ma soltanto lesione nella fiducia

della persona emittente.

L'emissione di un assegno non coperto, può pertanto

equipararsi alla emissione di una cambiale, effettuata con

la coscienza di non poterla pagare. In conseguenza dell'affermato principio poiché la con

danna del Minghetti è riferita alla emissione di un assegno formalmente valido e regolare, ma soltanto « scoperto »

al momento della presentazione per il pagamento, il Col

legio conclude col riconoscersi come non ostativa alla con

cessione della riabilitazione la riportata condanna, e quindi ritiene di accordare il chiesto beneficio.

Per questi motivi, ecc.

Gioventù italiana — Trasferimento di immobile dal

l'ente gestito ad altro ente pubblico — Costitu

zionalità della legge che lo dispone (Costituzione della Repubblica, art. 42, 43 ; 1. 9 novembre 1955 n.

1050, attribuzione della Colonia alpina già denominata

« Regina Margherita » in Calalzo, al Patronato scolastico

di Padova).

È infondata la questione di legittimità costituzionale

della legge 9 novembre 1955 n. 1070, avente per oggetto

l'attribuzione, al Patronato scolastico del Comune di Pa

dova, della proprietà della Colonia alpina già denominata

« Regina Margherita » in Calalzo (Belluno). (1)

Corte costituzionale ; sentenza 29 dicembre 1959, n. 68 ;

Pres. Azzariti P., Rei. Sandulli ; « Gioventù italiana » c.

Patronato scolastico di Padova (Avv. Perissinotto, Benettin) ; interv. Pres. Cons, ministri (Avv. dello Stato Guglielmi).

(1) Il testo della, ordinanza 4 dicembre 1958, con la quale il Tribunale di Belluno ha sollevato la questione di costitu

zionalità ora riconosciuta infondata, è riprodotto su Le Leggi,

1959, 57. * * *

La Corte costituzionale ha così motivato : « Le eccezioni

pregiudiziali sollevate dal Patronato scolastico del Comune di

Padova sono prive di fondamento. « Il Tribunale di Belluno ha esaminato e risolto in senso po

sitivo nell'ordinanza di rimessione — anche senza dedicare al

punto una diffusa motivazione — la questione della devoluzione

alla G. i. della Colonia alpina Regina Margherita in virtù del de

Bilancio — Legge regionale che importi nuove e mag giori spese — Obbligo d'indicare i mezzi necessari — Estremi (Costituzione della Repubblica, art. 81).

Anche le Regioni sono tenute a rispettare il 4° comma dell'art. 81 della Costituzione della Repubblica. (1)

Perchè il 4° comma dell'art. 81 della Costituzione della

Repubblica sia osservato, non basta che siano previsti in bilancio i fondi destinati ad una spesa contemplata da una

legge regionale, ma è necessario che la legge sostanziale indichi i mezzi per far fronte alla spesa. (2)

ereto legge 5 settembre 1938 n .1628. Del pari ha esaminato e risolto in senso positivo —- con ampia motivazione — la questione della appartenenza alla G. i. della Colonia alpina al momento dell'entrata in vigore della legge 9 novembre 1955 n. 1070, impu gnata in questa sede. Entrambi i profili, condizionanti il problema della legitimatio ad causarti della G. i. nel giudizio a quo, e condi zionanti quindi, al pari di ogni altra questione pregiudiziale o

preliminare, la rilevanza della soluzione della presente questione di legittimità costituzionale ai fini del giudizio stesso (cfr. le pro nuncio di questa Corte 22 marzo 1957, n. 48, Foro it., Rep. 1957, voce Corte cost., n. 66 ; 25 maggio 1957, n. 77, ibid., n. 67 ; 30 dicembre 1958, n. 83, Corte cost., 1958, 1022 ; 9 luglio 1959, n. 38, Foro it., 1959, I, 1447 ; 9 luglio 1959, n. 40, Giur. it., 1959, I, 1, 1259), risultano dunque trattati nell'ordinanza. Il che è

sufficiente, ai sensi dell'art. 23 legge 11 marzo 1953 n. 87, ai fini della ritualità, sotto il profilo in esame, della proposizione del

giudizio innanzi a questa Corte (cfr. le sentenze di questa Corte 8 luglio 1957, n. 102, Foro it., 1957, I, 1143 ; 15 luglio 1959, n. 44, Giur. it., 1959, X, 1, 1302). Che poi a tali fini fosse sufficiente la delibazione delle questioni anzidette nell'ordinanza di rimessione, senza necessità che queste fossero decise con sentenza passata in giudicato, inerisce al sistema dell'introduzione dei giudizi inci dentali di legittimità costituzionale, cosi come previsto dall'art. 23 cit. (cfr. le sentenze di questa Corte 5 maggio 1959, n. 24, Foro it., 1959. I, 715 e 21 novembre 1959, n. 57, ibid., 1976).

« Nel merito la questione è infondata. i La legge singolare impugnata ha trasferito al patrimonio

di un ente pubblico — il Patronato scolastico di Padova — un bene acquisito al patrimonio della G.i.l. in virtù del decreto legge 5 settembre 1938 n. 1628, e amministrato, al momento dell'en trata in vigore della legge impugnata, dall'Ente Gioventù ita

liana, preposto (come si esprime l'art. 18 decreto luog. 24 gennaio 1947 n. 457) alla « gestione di liquidazione » di quel patrimonio, in attesa dell'attribuzione definitiva delle singole unità che lo

compongono — contemplata dall'art. 10 decreto legge 2 agosto 1943 n. 704 — al Ministero della difesa o a quello della pubblica istruzione.

« Non è una espropriazione dunque che essa dispone, bensi il

mutamento, per un singolo bene, della destinazione che origina riamente era stata prevista per i beni già appartenenti alla G.i.l., e l'immediata attribuzione del bene all'ente beneficiario della

nuova destinazione. Si tratta cioè di una legge di organizzazione amministrativa, in un campo — quello della distribuzione dei

beni tra i vari organismi in cui la pubblica Amministrazione si

articola — nel quale non può essere disconosciuta al legislatore —- salvo il rispetto delle autonomie garantito dalla Costituzione —

ampia libertà. La legge, appunto perciò, non ricade sotto la di

sciplina dell'art. 42, 3° comma, Cost., e ancor meno sotto quella dell'art. 43.

« Nè hanno rilievo, ai fini della presente pronuncia, le osser

vazioni della difesa della G.I. circa il merito della legge impu

gnata, le condizioni in cui essa venne emanata, l'esattezza delle

ragioni delle quali il legislatore fu mosso nell'adottarla. «Per questi motivi, respinte le eccezioni pregiudiziali solle

vate dal Patronato scolastico del Comuue di Padova, dichiara

non fondata la questione proposta con ordinanza 4 dicembre 1958

del Tribunale di Ball uno sulla legittimità costituzionale della

legge 9 novembre 1955 n. 1070, avente ad oggetto «attribu

zione al Patronato scolastico del Comune di Padova della pro

prietà della Colonia alpina già denominata Regina Margherita in Calalzo (Belluno) », in riferimento agli art. 42 e 43 della Costi

tuzione».

(1-2) Il testo della legge siciliana 29 maggio 1958 n. 21, ora

dichiarata illegittima per contrasto con l'art. 81, ult. comma, della

Costituzione, è riprodotto su Le Leggi, 1958, appendice n. 1, 43.

* * *

La Corte costituzionale ha cosi motivato : « Le « riserve » formulate dal Commissario dello Stato nei

confronti dell'art. 12 della legge impugnata, collegate alla pen

il Foro Italiano — Volume LXXXIII — Parte I-23.

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Page 3: Rivista di Giurisprudenza Costituzionale e Civile

347 PARTE PRIMA 348

Corte costituzionale ; sentenza 19 dicembre 1959, n. 66 ; Pres. Azzariti P., Eel. Sandulli ; Commissario dello Stato

per la Regione siciliana (Avv. dello Stato Bronzini) c.

Pres. Regione siciliana (Avv. Dedin).

denza, al momento della proposizione del presente ricorso, di un

giudizio costituzionale nei confronti della legge reg. 7 maggio 1958 n. 14, cui il citato articolo fa richiamo, a parte la questione della configurabilità di esse come rituale mezzo d'impugnativa, sono superate dal fatto che questa Corte, con la sentenza 15

luglio 1959, n. 47 (Foro it., 1959, I, 1441) ha dichiarato infondati i motivi d'impugnativa che investono le disposizioni della legge 7 maggio 1958 n. 14, cui le «riserve» si riferiscono^ Di ciò ha dato atto, nella discussione orale, lo stesso Avvocato dello Stato.

« Di un solo motivo d'impugnativa occorre dunque giudicare :

quello relativo alla mancanza di indicazione dei mezzi di coper tura degli oneri finanziari, che con la legge impugnata la Re

gione si è assunti. « Come si è detto, la legge sull'istituzione del Corpo regio

nale delle miniere importa per la Regione notevoli oneri finanziari dovuti all'aumento di cinquanta unità nella pianta organica del

personale, a nuove indennità, assicurazioni, corsi di perfeziona mento, viaggi d'istruzione in Italia e all'estero per il personale, oltre, naturalmente, al materiale occorrente per gli uffici. Ed è

singolare che, nonostante la importanza della legge, non si sia

provveduto a indicare i mezzi destinati a far fronte ai notevoli oneri che essa comporta. In tal modo la Regione ha del tutto trascurato l'art. 81, ult. comma, alla cui osservanza è tenuta, come questa Corte ha avuto più volte occasione di affermare (sent. 25 febbraio 1958, n. 9, Foro it., 1958, I, 1237 ; 14 luglio 1958, n. 54, id., 1959, I, 1231 ;9 marzo 1959, n. 11, ibid., 519 ; 18 maggio 1959, n. 30, ibid., 1073 ; 15 luglio 1959, n. 47, cit.), non soltanto il legislatore statale, ma anche quello regionale.

« Nò il difetto della legge impugnata può considerarsi venuto meno, come assume la difesa della Regione, per virtù della so praggiunta legge reg. 8 ottobre 1958 n. 26, che ha approvato gli stati di previsione dell'entrata e della spesa per l'esercizio finanziario 1958-59, durante il quale la legge impugnata è stata promulgata ed è entrata in vigore. È vero che per ottemperare al precetto dell'art. 81, ult. comma, Cost., occorre che il legisla tore abbia riguardo al tempo in cui la legge è destinata ad operare. È altresì vero che la menzionata legge di approvazione del bi

lancio, nella parte relativa all'industria e al commercio, prevede lo stanziamento di somme destinate a coprire oneri derivanti esclusivamente dalla legge in esame (capitolo 357 bis, relativo all'indennità mineraria), e contiene vari capitoli (343 segg., 357 segg., 368) nei quali possono esser comprese altre spese deri vanti dalla legge stessa (peraltro taluni degli oneri previsti dalla

legge, e precisamente quelli relativi all'assicurazione dei funzio nari tecnici, ai corsi di perfezionamento, ai viaggi d'istruzione, non trovano riscontro in alcun capitolo del bilancio).

Ritiene però la Corte che la previsione in bilancio dei fondi destinati a una spesa contemplata da una legge sostanziale non assolve, di per sè sola, al precetto dell'art. 81, ult. comma, Cost..

« Nell'art. 81 il 4° comma forma sistema con il terzo. Mentre quest'ultimo dispone che con la legge di approvazione del bilan cio non si possono stabilire «nuovi tributi e nuove spese », e cioè non si possono aggiungere spese e tributi a quelli contemplati dalla, legislazione sostanziale preesistente, il 4° comma dispone che ogni legge sostanziale che. importi « nuove o maggiori spese » deve indicare i mezzi per farvi fronte, e cioè che non possono ema narsi disposizioni, che importino per l'Erario oneri di più ampia portata rispetto a quelli derivanti dalla legislazione preesistente, se non venga introdotta nella legislazione anche l'indicazione dei mezzi destinati alla copertura dei nuovi oneri. Il precetto del l'art. 81, ult. comma, non implica, è vero, la necessità di accom pagnare l'introduzione dei nuovi oneri con quella di nuove en trate : non è escluso infatti che il legislatore preveda che ai nuovi oneri si faccia fronte con fondi già esistenti nelle casse del l'erario o comunque derivanti da entrate già previste dalla legis lazione in vigore, eventualmente disponendo anche modifica zioni alle destinazioni stabilite dalla legge del bilancio (si vedano, in tali sensi, le sentenze di questa Corte 18 maggio 1959, n. 30 e 15 luglio 1959, n. 47, già citate). Occorre però che sia sempre la legge sostanziale, e cioè una legge destinata a integrare l'ordina mento giuridico, a indicare i mezzi per far fronte alla spesa, e non la legge del bilancio, alla quale l'art. 81, 3° comma, Cost., non consente di apportare innovazioni all'ordinamento giuridico. La legge del bilancio deve istituzionalmente operare nell'ambito e in conformità dell'ordinamento costituito dalla legislazione sostanziale ; e non può prevedere spese od entrate che non trag gano titolo da una legge sostanziale (vedasi la sent, di questa Corte 9 marzo 1959, n. 7).

Sicilia — Piano regolatore — Zona industriale di

Messina — Provvedimento statale di proroga —

Illegittimità (Statuto della Regione siciliana, art. 54).

Non compete allo Stato disporre la proroga dei termini

per l'attuazione del piano regolatore dalla zona industriale di Messina. (1)

« Ne deriva che, per definizione, una legge sostanziale in troduttiva di nuove o maggiori spese non può trovare nelle pre visioni del bilancio il titolo giuridico corrispettivo della spesa, e che l'esistenza iu bilancio di uno o più capitoli relativi a una o

più spese non può, di per sè sola, significare che per quelle spese sia soddisfatta l'esigenza dell'indicazione della corrispondente copertura, voluta dall'art. 81, ult. comma, Cost.

« Per questi motivi, dichiara l'illegittimità costituzionale della legge della Regione siciliana, avente per oggetto « istituzione del Corpo regionale delle miniere », approvata dall'Assemblea

regionale il 19 giugno 1958, promulgata, in pendenza del pre sente ricorso, il 29 luglio 1958 col n. 21, e pubblicata nella Gaz zetta uff iciale della Regione del 29 luglio 1958 n. 46, in riferimento all'art. 81 della Costituzione ».

(1) La Corte costituzionale ha così motivato : « Non contesta lo Stato che spetti alla Regione siciliana ex

art. 14, lett. d, /, g, dello Statuto speciale la competenza legis lativa e di conseguenza quella ammiristrativa a istituire zone industriali e a predisporre ed approvare i relativi piani regolatori. La Regione, da parte sua, riconosce che non rientra nell'ambito del presente giudizio la questione dell'esercizio dei poteri che allo Stato competono, sulla base delle disposizioni contenute nell'art. 23 decreto 11 gennaio 1925 n. 86, per la gestione delle opere pub bliche già costruite in esecuzione del piano regolatore della zona industriale di Messina. Non si può nemmeno contestare, d'altra

parte, che spetti allo Stato la competenza legislativa e ammini strativa per le grandi opere pubbliche di interesse prevalente mente nazionale (art. 14, lett. g, dello Statuto per la Regione siciliana), tra le quali devono essere comprese, ai sensi delle «norme di attuazione» in materia di opere pubbliche (decreto pres. 30 luglio 1950 n. 878), le opere dipendenti da calamità na turali di estensione ed entità particolarmente gravi (art. 3, lett. /, dell'ora citato decreto). Non è sufficiente a limitare, modi ficare o addirittura a travolgere questa competenza statale, comprensiva, com'è pacifico tra le parti, anche della materia ri

guardante le zone industriali (tutte le volte che l'istituzione loro sia in relazione di dipendenza da « calamità naturale), il fatto che la Regione abbia emanato una legge 21 aprile 1953 n. 30, contenente « Provvedimenti per il potenziamento della

viabilità, dell'edilizia popolare e dell'economia della Sicilia », nè che questa legge preveda e regoli agli art. 21 e 22, che ne co stituiscono il titolo IV (costituzione e potenziamento di zone

industriali), la costituzione e il potenziamento di zone industriali nel territorio della Regione. La tesi della difesa regionale secondo la quale a questa legge vanno riconosciuti « effetti sostitutivi ed abrogativi entro il territorio regionale e, quanto alla materia in oggetto, rispetto alla normativa statale anteriore », è una tesi, a giudizio della Corte, infondata, perchè è evidente che il fatto che la legislazione statale e la legislazione regionale abbiano a loro oggetto una medesima materia (nel caso zone industriali), non esclude che, sia l'una sia l'altra, possano essere legittimamente esercitate quando traggano il loro titolo dalle norme costituzio nali che hanno ripartito le competenze tra Stato e Regione, ed abbiano perciò presupposti diversi. E quando ciò sia ammesso, come deve essere ammesso, la conseguenza è che la Regione non ha motivo di lamentarsi che lo Stato non impugnò nei ter mini la legge regionale 21 aprile 1953 n. 30, nè i decreti assesso riali 6 febbraio 1954, n. 415, e 30 giugno 1955 n. 416, che appro varono i piani per la costituzione delle zone indistriali di Cata nia e di Messina.

« La materia del contendere tra Stato e Regione si riduce

pertanto al punto se allo Stato spetti oppure no la potestà di

prorogare i termini per l'attuazione del piano regolatore della

zopa industriale di Messina, approvato con decreto luogotenen ziale 26 gennaio 1919. Lo nega la Regione perchè sostiene che lo Stato non avrebbe potuto prorogare « con un semplice atto am ministrativo » l'efficacia di un piano venuto meno col decorrere del termine, fissato in quindici anni dal decreto luogotenenziale 26 gennaio 1919. Lo afferma, invece, l'Avvocatura dello Stato, eccependo che l'esercizio della competenza amministrativa dello Stato nella specie trova il suo fondamento nella legge 11 dicem bre 1952 n. 2467. Ma si tratta di una affermazione infondata.

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349 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 350

i Corte costituzionale ; sentenza 19 dicembre 1959, n. 64 ;

Pres. Azzariti P., Rei. Cassandro ; Pres. Regione siciliana

(Avv. Ausiello Orlando, Yirga) c. Pres. Cons, ministri (Avv. dello Stato Guglielmi).

(Conflitto d'attribuzione)

« L'ora citata legge del 1952 attribuì al Ministro per i 11. pp. di concerto con quello delle finanze, la potestà di fissare nuovi

termini, con scadenza non oltre il 15 aprile 1961, « per l'ulti mazione dei lavori per l'attuazione dei piani regolatori e di am pliamento degli abitati colpiti dai terremoti del 28 dicembre 1908 e del 13 gennaio 1915 ». La medesima disposizione ricorre nella legge 24 novembre 1941 n. 1363, che concesse al Mini stro dei 11. pp. la potestà di assegnare un ulteriore termine, che non superasse il quinquennio dalla cessazione dello stato di guerra, « per l'attuazione dei piani regolatori o di ampliamento degli abi tati colpiti dai terremoti del 28 dicembre 1908 e del 13 gennaio 1915 ». Ed una disposizione analoga, che si lega con le due ricor date in un nesso unitario, si può leggere nell'art. 11 legge 4 aprile 1935 n. 454, la quale, autorizzando il Ministero dei 11. pp. ad avo care a sè « l'attuazione dei piani regolatori di Messina, Reggio Calabria e Palmi », prorogò di cinque anni il termine previsto dall'art. 87 legge 25 giugno 1865 n. 2359, vale a dire il termine di

venticinque anni che questa legge pone come limite massimo alla attuazione dei piani regolatori. E appunto di venticinque anni era il termine stabilito « per il compimento delle espropriazioni e dei lavori » nell'art. 5 del decreto reale 26 giugno 1910, che ap provò e dichiarò di pubblica utilità il nuovo piano regolatore per la Città di Messina.

« Si tratta, come si vede, di disposizioni che si richiamano di fatto l'una con l'altra e che coprono tutto il periodo di tempo che va dal 1910 al 1961, ma che devono tutte essere riferite, come si ricava dal loro medesimo tenore letterale, al piano re

golatore della Città di Messina, non già a quello della zona indu striale. Del che è conferma il fatto che nel richiamato decreto reale 26 giugno 1910 la zona destinata «a quartiere industriale

compresa tra la via Giuseppe la Farina e la strada ferrata », come l'altra « destinata per edifici militari fatta eccezione per l'accesso alla medesima » « si devono ritenere escluse dal piano e dal vin colo che dalla sua approvazione deriva ». E la riprova, diremo

così, generale, si ricava dalla circostanza che i provvedimenti relativi al piano per la zona industriale seguono una loro via, indipendente da quella dei provvedimenti presi per il piano regolatore della Città. E infatti il perimetro della zona fu deter minato con decreto reale 4 gennaio 1914 ; con decreto luog. 29 luglio 1915 n. 1295, furono emanate « disposizioni per le zone industriali di Messina, Reggio Calabria e Villa S. Giovanni » e furono presi « altri provvedimenti a favore dei paesi danneggiati dal terremoto del 28 dicembre 1908 » ; con decreto luog. 3 set tembre 1916 n. 1322 fu approvato il relativo regolamento ; col decreto luog. 26 gennaio 1919 n. 81 fu approvato il piano regola tore della zona industriale di Messina, e infine col decreto 11 gen naio 1925 n. 86 (convertito in legge 18 marzo 1926 n. 562) fu

stabilito che il Ministero dei 11. pp. provvedesse direttamente alla sistemazione e alla gestione della zona industriale di Mes sina (art. 23).

«Di tutto quanto precede, la prima conseguenza è che, sotto la espressione che ricorre nelle leggi di proroga, « piani regola tori e di ampliamento degli abitati », e che, alle prime, può ap parire generica e assai comprensiva, non possono essere ricon dotte le « zone industriali ». Anche il decreto interministeriale 7

marzo 1953, che ha prorogato al 15 aprile 1901 i termini per l'at tuazione del piano regolatore della Città di Messina, fondando

proprio sulla legge 11 dicembre 1952 n. 2467, mostra di accedere a questa interpretazione, perchè esclude dall'ambito della sua

applicazione la zona industriale, com'è reso evidente, non fosse

altro, dal secondo provvedimento, oggetto del presente conflitto.

L'altra conseguenza è che il richiamo che il decreto intermini

steriale, che ha provocato il conflitto di attribuzione, e l'Avvo

catura dello Stato fanno alla legge più volte citata del 1952

per fondare la competenza statale a prorogare i termini del piano

regolatore della zona industriale di Messina, è infondato ed errato.

Ora, la mancanza di una norma di legge, che autorizzi a proro

gare i termini per l'attuazione del piano, scioglie il nesso o, per

adoperare i termini del decreto pres. 30 luglio 1950 n. 878, il rap

porto di dipendenza tra l'atto amministrativo emanato dallo

Stato nel 1958 e la calamità naturale « di estensione ed entità

particolarmente gravi », che fu il terremoto di Messina del 1908,

rapporto indispensabile per la sussistenza della competenza dello

Stato in materia di zone industriali nel territorio della Regione siciliana. Il decreto interministeriale si pone perciò come un

atto d'invasione della competenza della Regione in materia di

Competenza e giurisdizione in niuteria civile — Giu

diziaria o amministrativa — Ordinanza d'urgenza dei sindaco — Iticorso alla giunta prov. amili, —

Dfetto di giurisdizione del giudice ordinario —

Limiti (Cod. proc. civ., art. 295 ; 1. 20 marzo 1865 n.

2248, ali. E, abolizione del contenzioso amministra

tivo, art. 2).

Il ricorso alla giunta prov. amm. contro un'ordinanza

d'urgenza del sindaco, per ragioni attinenti alla legittimità ed al merito dell'ordinanza stessa, non comporta il difetto di giurisdizione del giudice ordinario a conoscere delle do

mande, le quali abbiano per oggetto diritti soggettivi per fetti, non rilevando che esse presuppongano il previo ac

certamento di una condotta illecita del comune o che siano

comunque collegate in via strumentale con la controversia

amministrativa, potendo da tali circostanze derivare, nella

ricorrenza dei relativi estremi, soltanto la sospensione neces

saria del processo. (1)

industria, urbanistica e lavori pubblici e, in quanto tale, deve essere annullato.

o Per questi motivi, pronunziando sul conflitto d'attribu zione tra lo Stato e la Regione siciliana, sollevato con ricorso della Regione 26 settembre 1958, dichiara che non spetta allo Stato la competenza a prorogare i termini per l'attuazione del

piano regolatore della zona industriale di Messina ; e annulla, in conseguenza, il decreto interministeriale 21 marzo 1958 n. 542 ».

(1) La Corte applica in sostanza alla peculiare fattispecie il principio secondo cui « ai fini della determinazione della compe tenza tra giudice ordinario e giudice amministrativo, occorre

aver riguardo al particolare se le norme di legge, che si assumono

violate, tutelino, in astratto, un diritto soggettivo ovvero un

interesse legittimo, indipendentemente da quella che può essere

stata la condotta della pubblica Amministrazione, nei singoli casi concreti, giacché il quesito determinante in tema di discri

minazione della competenza tra giudice ordinario e giudice amministrativo, è proprio quello di accertare se la condotta

della pubblica Amministrazione abbia leso un preesistente di

ritto perfetto o, invece, solo un preesistente interesse legittimo del privato » : Cass. 18 giugno 1959, n. 1917, Foro it., Mass., 359.

In argomento vedi, pure, da ultimo, Cass. 28 aprile 1959, n. 1254, ibid., 233 ; 11 aprile 1959, n. 1072, id., 1959, I, 755 ; 11 aprile 1959, n. 1073, ibid., 752, con note di richiami.

Nel senso specifico che, in tema di ordinanze contingibili ed urgenti, emanate dal sindaco, avvalendosi del potere attri

buitogli dall'art. 153 della legge com. e prov., t. u. 4 febbraio

1915 n. 148, competente a conoscere, in primo grado, della

controversia, in cui si discuta se il sindaco si sia o meno legitti mamente avvalso del relativo potere, è la giunta prov. amm.

in s. g., alla quale è conferita in materia una competenza anche

nel merito : Vedi, Cons. Stato 30 ottobre 1957, n. 984, id.,

1958, III, 95; e con riferimento al principio che anche alla materia

dei provvedimenti contingibili ed urgenti del sindaco è appli cabile il comune criterio di discriminazione tra la competenza del giudice amministrativo e di quello ordinario : Cass. 28 di

cembre 1957, n. 4773, ibid., I, 7 (nella motivazione) e richiami ivi.

Sull'argomento dei provvedimenti di cui trattasi, vedi

pure Cons. Stato, Sez. V, 17 ottobre 1958, n. 768, id., 1959,

III, 57, con nota di richiami, Cass. 9 giugno 1959, n. 1718,

ibid., I, 915, con nota di Coletti ; e in dottrina : Gleijeses,

Ordinanze di urgenza del sindaco e responsabilità, ibid., IV, 97 ;

Carusi, Sulla pretesa responsabilità dello Stato per l'esecuzione

di ordinanze sindacali contingibili ed urgenti in materia edilizia,

ibid., 265 ; Coletti, Ancora sulla responsabilità dello Stato per l'attività del sindaco quale ufficiale del Governo, in questo vo

lume, IV, 6. * * *

La sentenza è così motivata : « Va premesso che, come emerge dalla normativa, i vigili urbani del Comune di Potenza elevavano

contravvenzione a carico di Antonio Rosa per aver fatto eseguire

lavori di escavazione con uno strapiombo di circa dieci metri

nella scarpata sottostante ad una strada comunale senza adottare

le cautele necessarie a prevenire scoscendimenti di terreno, e

creando in tale guisa una situazione di pericolo per i passanti e per gli operai addetti ai lavori. Successivamente il sindaco, in

seguito di rapporto dell'Ufficio tecnico, con ordinanza 18 giugno

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Page 5: Rivista di Giurisprudenza Costituzionale e Civile

351 PARTE PRIMA

€orte Suprema di Cassazione ; Sezioni unite civili ;

sentenza 14 agosto 1959, n. 2520 ; Pres. Eula P. P., Est.

Danzi, P. M. Pomodoro (conci, conf.) ; Rosa (Avv. Russo,

Bosco) c. Comune di Potenza (Avv. Fornario, Luna).

(Gassa Trib. Potenza 31 dicembre 1957)

1957, ingiungeva al Rosa di costruire a valle della strada un

muro di sostegno idoneo a scongiurare tale pericolo. Rilevando

che il Rosa non aveva adempiuto all'ordine, il Comune ne ini ziava l'esecuzione d'ufficio, ma il Rosa provvedeva allora a chiu

dere il proprio fondo con un recinto continuo di tavole. Il Comune, con ricorso 6 luglio 1957, chiedeva al Pretore di Potenza, ai sensi dell'art. 700 codice di rito, un provvedimento di urgenza che

ingiungesse al Rosa di rimuovere immediatamente dalla zona tutto il recinto o parte di esso, in modo da rendere possibile l'immediata ripresa dei lavori atti a ripristinare la scarpata a

valle della strada. Il Pretore emetteva in pari data il decreto

richiestogli, che veniva eseguito il 16 dello stesso mese. « Il giorno successivo, il Rosa impugnava davanti alla Giunta

prov. amm. l'ordinanza del Sindaco e, successivamente, con atto 24 luglio 1957, conveniva il Comune davanti al Tribunale chie dendo :

<t a) che il giudizio così istituito costituiva il giudizio di

merito relativo al provvedimento d'urgenza emesso dal Pretore ; « b) dichiararsi l'inammissibilità, l'infondatezza o la nul

lità della richiesta di provvedimento fatta dal Comune al Pretore, e quindi la nullità del provvedimento stesso ;

« c) ordinarsi l'apposizione di termini lapidei tra le rispet tive proprietà delle parti ;

« d) dichiararsi che il Comune aveva illegittimamente scaricato sul fondo dell'attore terreno di rifiuto ed altro materiale dalla sovrastante strada comunale, con il pretesto del ripristino di una scarpata a sostegno della strada stessa, ed autorizzarsi la rimozione di tali materiali ;

« e) dichiararsi arbitraria ed inutile la costruzione del muro

intrapresa dal Comune ; « /) ordinarsene la demolizione con la conseguente rimozione

dei relativi materiali a spese del Comune ; « g) condannarsi il Comune stesso al pagamento delle

spese sostenute per la costruzione del muro imposta con l'ordi nanza del Sindaco ;

« h) condannarsi infine il Comune al risarcimento dei danni. « Dopo essersi costituito in giudizio, l'attore con ricorso 10

agosto 1957 al Presidente istruttore, chiedeva di essere reintegrato nel possesso del fondo occupato del Comune a mezzo dei suoi

operai, i quali, con l'appoggio della polizia, avevano abbattuto un tavolato di recinzione e compiuto altri lavori da lui non con

sentiti, immutando lo stato dei luoghi. A sua volta il Comune si costituiva eccependo il difetto di giurisdizione dell'autorità

giudiziaria ordinaria. « L'adito Tribunale, con sentenza 29 novembre-30 dicembre

1957, dichiarava il proprio difetto di giurisdizione compensando interamente tra le parti le spese del giudizio. Il Tribunale, dopo aver premesso che l'ordinanza del Sindaco, adottata in relazione al verbale di contravvenzione dei vigili urbani, doveva farsi rien trare tra i provvedimenti di carattere contingibile ed urgente previsti dall'art. 55 legge com. e prov., rilevava che qualsiasi controversia originata da tale ordinanza rientrava, anche per il

merito, nella giurisdizione della giunta prov. amm. e che, quindi, il giudice ordinario era carente di giurisdizione anche per quanto attiene all'emissione di provvedimenti d'urgenza previsti dal l'art. 700, aggiungendo che tale difetto di giurisdizione si esten deva altresì alle domande di apposizione di termini, di risarci mento dei danni e di reintegra del possesso, dal momento che le dette domande non avevano un oggetto indipendente dalla im

pugnativa dell'ordinanza del Sindaco, ma erano ad essa collegate in via strumentale o conseguenziale.

« Contro tale sentenza, il Rosa ricorre ora per cassazione deducendo con unico motivo, che tali domande rientravano nella giurisdizione del giudice ordinario. (Omissis)

«Non essendovi discussione sul punto — che è poi il solo rilevante per risolvere la questione di giurisdizione — che le do mande sopra specificate fossero tutte rivolte alla tutela di diritti

soggettivi perfetti, che si assumevano lesi dal comportamento del Comune di Potenza, resta a vedere soitanto se, come ha ritenuto il Tribunale, in virtù del ricorso alla Giunta prov. amm. contro l'ordinanza d'urgenza, il difetto di giurisdizione del giu dice ordinario si estenda, oltre che alle ragioni attinenti alla

legittimità ed al merito di tale ordinanza, anche alle domande le quali, pur presupponendo il previo accertamento di una con dotta illecita del Comune, od essendo comunque collegate in via strumentale con la controversia amministrativa, abbiano per

Previdenza sociale — Assicurazione invalidità — Con

tributi figurativi —- Presupposto del minimo contri

buto — Incostituzionalità della normativa —- Que stione non manifestamente infondata (R. d. 1. 4 otto

bre 1935 n. 1827, previdenza sociale, art. 56 ; 1. 4 aprile 1952 n. 218, riordinamento delle pensioni dell'assicu

razione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i su

perstiti, art. 4 ; d. pres. 26 aprile 1957 n. 818, norme

d'attuazione e di coordinamento della 1. 4 aprile 1952

n. 218, art. 10, 11).

Non è manifestamente infondata (e se ne rimette quindi la cognizione alla Corte costituzionale) la questione di in

costituzionalità degli art. 10 e 11 decreto pres. 26 aprile 1957 n. 818, che si assume sorgere da ciò che dette nor

me, introducendo il presupposto di un minimo contributo

agli effetti del riconoscimento dei contributi figurativi, eccederebbero dai limiti segnati, in tema di assicurazione

obbligatoria per la vecchiaia, nell'art. 56 r. decreto legge 4 ottobre 1935 n. 1827. (1)

Tribunale di Genova; ordinanza 26 ottobre 1959 ; Pres. Yocaturo P. ; Massone c. I.n.p.s.

Privative industriali — Giudizio per violazione di diritti di brevetto — Inibitoria provvisoriamente disposta —

Incostituzionalità della normativa — Questione non manifestamente infondata (R. d. 29 giugno 1939 n. 1127, t. u. delle disposizioni in materia di brevetti per inven zioni industriali, art. 83).

Non è manifestamente infondata (e se ne rimette quindi la cognizione alla Corte costituzionale) la questione di incostituzionalità dell'art. 83 r. decreto 29 giugno 1939 n. 1127, per l'eccesso, che si assume perpetrato, dai limiti della delega, accordata al Governo con la legge 2 giugno 1939 n. 739, in tema di privative industriali. (2)

Tribunale di Milano ; ordinanza 25 settembre 1959 ; Pres. Usai P. ; Sgaramella c. Zazzetta.

oggetto diritti soggettivi perfetti. L'opinione affermativa seguita in proposito dalla sentenza impugnata si fonda invero sull'unico

argomento che le anzidette domande risultano tutte collegate, in via strumentale ovvero conseguenziale, alla controversia, in corso davanti al giudice amministrativo, ciò che sembra di per sè sufficiente a rendere manifesto l'errore in cui è caduto il Tribunale.

« La sentenza non ha infatti considerato che, nella specie, tali domande non costituivano in alcun modo l'antecedente logico delle questioni riservate al giudice amministrativo (ciò che avrebbe consentito a questo di risolvere anche le questioni pregiudiziali od incidentali a diritti, pur con efficacia di giudicato limitata alla questione principale) ma che, salvo quella di regola mento di confini ed apposizione di termini, dipendevano tutte dall'accertamento del presupposto della illegittimità del compor tamento del Comune, concretatosi nella emanazione della ordi nanza d'urgenza e nella sua esecuzione, accertamento riservato alla Giunta prov. amm. Ora, è evidente che, da un siffatto rap porto di connessione, non poteva derivare il difetto di giurisdi zione del giudice ordinario, ma soltanto la sospensione necessaria del processo civile, prevista dall'art. 295 cod. proc. civ. di rito, quando la controversia da risolvere dipenda da altra decisione penale, civile od amministrativa di cui devesi attendere la pro nuncia ».

(1) Il testo dell'ordinanza è riprodotto su Le Leggi, 1960, 9.

(2) Il testo dell'ordinanza è riprodotto su Le Leggi, 1959, 1203 ; v., a proposito dell'art. 14 dello stesso decreto, Corte cost. 26 gennaio 1957, n. 37, Foro it., 1957, I, 185, con nota di richiami.

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