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Rivista di giurisprudenza costituzionale e civile

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Rivista di giurisprudenza costituzionale e civile Source: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 12 (DICEMBRE 1995), pp. 3621/3622-3629/3630 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23190713 . Accessed: 26/06/2014 00:03 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.44.79.62 on Thu, 26 Jun 2014 00:03:10 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: Rivista di giurisprudenza costituzionale e civile

Rivista di giurisprudenza costituzionale e civileSource: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 12 (DICEMBRE 1995), pp. 3621/3622-3629/3630Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23190713 .

Accessed: 26/06/2014 00:03

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

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Page 2: Rivista di giurisprudenza costituzionale e civile

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

nelle dichiarazioni rese per il suo rappresentato durante l'ispe

zione dei luoghi effettuata il 20 febbraio 1979 nel predetto pro

cedimento di denunzia di nuova opera.

7) Con significativo comportamento processuale, nel presente

giudizio, Salvatore Lazzaro sostiene, a pag. 3 della comparsa di costituzione, di possedere animo rem sibi habendi i fondi

per cui è causa, sin dal 1963, mentre a pag. 1 della memoria

difensiva 3 giugno 1991, sostiene disinvoltamente che il predet

to possesso ha avuto inizio nel 1960!

8) Un difensore di Salvatore Lazzaro, l'aw. Giuseppe De Gior

gio, ha dichiarato, all'udienza 20 aprile 1993, di aver rinunziato al mandato, ma il Lazzaro non ha provveduto a sostituirlo (al l'udienza di trattazione, addirittura, non è comparso nemmeno

l'altro difensore rimastogli, che è stato sostituito, nella precisa

zione delle conclusioni e nella discussione orale effettuata, dal

l'avv. Vito Donvito che, come si è detto sopra, nel procedimen

to possessorio celebrato nel 1979 rappresentava e difendeva non

il Lazzaro ma lo Scarano).

9) Né il convenuto Donato Lazzaro né il terzo Salvatore Laz

zaro hanno depositato la comparsa conclusionale, che in ogni

giudizio è l'atto finale e riepilogativo che illustra gli argomenti

posti a fondamento delle tesi sostenute, e ciò sebbene il pretore

avesse fissato con ordinanza 27 novembre 1992 l'udienza di pre

cisazione delle conclusioni già per il 29 gennaio 1993 (per la valutazione del complessivo comportamento processuale indica

to nei puti 7, 8 e 9, v. Cass. 5 giugno 1991, n. 6344, id., Rep.

1991, voce Prova civile in genere, n. 12; 25 giugno 1985, n.

3800, id., Rep. 1986, voce cit., n. 31; 21 gennaio 1984, n. 533,

id., Rep. 1984, voce cit., n. 22; 14 dicembre 1982, n. 6885, id., Rep. 1982, voce cit., n. 35; 25 gennaio 1979, n. 575, id., Rep. 1979, voce cit., n. 36). Va aggiunto che ulteriore conferma

della esattezza della soluzione qui accolta si desume dalla valu

tazione dei comportamenti tenuti dai proprietari dei fondi suc

cedutisi negli anni: vendita degli immobili da Arnaldo Malvaci ni a Fernanda Pasetti con atto rogato dal notaio Sorgato il 26

settembre 1968, successione ereditaria dalla Pasetti a Giovanni

Ciolo apertasi a Milano il 29 maggio 1974 e registrata a Milano

il 28 novembre 1974 al n. 6717, nonché atto 14 luglio 1978

n. 39936 del notaio Riccardo Todeschini di Milano, vendita da

Giovanni Ciolo a Donato Lazzaro, attuale convenuto, con atto

3 maggio 1979 n. 43335 del notaio Todeschini di Milano e ri corso 15 febbraio 1979 per denunzia di nuova opera proposto da Giovanni Ciolo, nella qualità di proprietario degli stessi fon

di, nei confronti di Vito Scarano. Tali comportamenti, come

è stato acutamente osservato dalla giurisprudenza, pur se privi

di efficacia interruttiva, indicano la persistenza della titolarità

del diritto dominicale ed impediscono che l'eventuale detenzio

ne di un terzo possa essere considerata possesso uti dominus

per un acquisto della proprietà per usucapione (Cass. 6 maggio

1987, n. 4206, id., Rep. 1987, voce Usucapione, n. 9; App.

Genova 3 aprile 1992, id., Rep. 1992, voce cit., n. 8).

E con massime che sembrano attagliarsi come un guanto al

caso che ci occupa la giurisprudenza di merito ha avuto occa

sione di precisare che: A) non può parlarsi di usucapione a fa

vore di chi, essendo amministratore, abbia detenuto nomine alie

no e non sia in grado di opporre alcun atto di interversione

del possesso (App. Bari 12 aprile 1958, id., Rep. 1958, voce

cit., n. 30); B) l'affidamento dei propri beni ad un terzo, con

l'incarico di curare ed amministrare detti beni e, addirittura,

con l'autorizzazione a goderne i frutti, non basta a costituire

nell'affidatario quell'intenzione di possedere i beni stessi animo

domini, che può dar luogo all'usucapione (App. Caltanisetta

22 febbraio 1958, ibid., n. 28; App. Milano 27 febbraio 1941). All'accoglimento della domanda di rilascio formulata dall'at

tore Scarano consegue la convalida, a norma degli art. 670 s.

c.p.c., del sequestro giudiziario autorizzato in data 7 febbraio

1989 ed eseguito il 3 marzo 1989, nonché lo svincolo della cau

zione di lire 5.000.000 imposta con ordinanza 2 novembre 1990.

Vanno confermati integralmente, inoltre, la motivazione e il

dispositivo del provvedimento possessorio di reintegrazione pro

nunziato con ordinanza 15 febbraio 1990 in favore dello Scara

no, quale custode giudiziario dei fondi in questione, e pertanto detentore degli stessi in seguito ad un provvedimento del giudice.

Rigettate, invece, devono essere, per tutte le considerazioni

sopra esposte, le domande formulate da Salvatore Lazzaro.

(Omissis)

Il Foro Italiano — 1995.

Rivista di giurisprudenza costituzionale e civile

Rimessione del processo — Richiesta — Riproposizione «ad li

bitum» con finalità dilatorie — Questione inammissibile di costituzionalità (Cost., art. 112; cod. proc. pen., art. 46, 49).

È inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli art. 46, 3° comma, e 49, ultimo comma, c.p.p., in quanto per

metterebbero all'imputato di riproporre ad libitum la richiesta

di rimessione del procedimento, basata su motivi anche solo

in apparenza nuovi, in riferimento all'art. 112 Cost. (1)

Corte costituzionale; sentenza 26 ottobre 1995, n. 460 (Gaz

zetta ufficiale, la serie speciale, 2 novembre 1995, n. 45); Pres.

Caianiello, Est. Guizzi; imp. Pahor; interv. Pres. cons, mini stri. Ord. App. Trieste 12 luglio 1994 (G.U., la s.s., n. 39 del 1994).

(1) Il giudice a quo aveva evocato, quale parametro per la verifica

di costituzionalità, l'art. 112 Cost.: le norme denunciate consentirebbe ro «all'imputato di riproporre ad libitum la richiesta di rimessione del

procedimento, basata su motivi anche solo in apparenza nuovi, cosi

favorendo il decorso del termine di prescrizione»; ne risulterebbe, in

tal guisa, compromessa l'effettività del principio dell'azione penale ob

bligatoria. La declaratoria di inammissibilità della quaestio scaturisce, ad avviso

della corte, da una non trascurabile «imprecisione nella denuncia della normativa processuale»: nell'individuare l'oggetto dell'invocata verifi

ca, il rimettente avrebbe pretermesso di censurare proprio il punto de

bole del meccanismo, costituito dall'art. 47, 1° comma, c.p.p., che san

cisce il divieto, per il giudice di merito, di pronunciare la sentenza con

clusiva del grado di giudizio finché la corte di legittimità non abbia

deciso sull'istanza di rimessione; peraltro — continua la Corte costitu

zionale — l'art. 112 Cost, è «inidoneo a garantire, oltre il momento iniziale dell'impulso dato dal pubblico ministero (...), l'efficienza del

processo penale, che pure è bene costituzionalmente protetto». Che la odierna sentenza rivesta un ruolo interlocutorio (ed anzi per

più aspetti anticipatorio di successive e già virtualmente anticipate 'aper

ture') è tuttavia fatto palese dal modulo motivativo che sorregge la sin

tetica enunciazione in diritto: «non si ignorano», vi si afferma a chiare

lettere, «né si sottovalutano gli inconvenienti lamentati dal giudice a

quo, che consistono non soltanto nella possibilità di un uso distorto

della riproposizione, a fini dilatori, della richiesta di rimessione — stan

te il potere esclusivo conferito alla Corte di cassazione di decidere sul

l'ammissibilità e la fondatezza di essa — ma consistono, altresì, nel

l'obbligo per il giudice di merito di fermarsi, ai sensi dell'art. 47, 1°

comma, c.p.p., alle soglie della sentenza» (analoghi dubbi, pur non

sfociati nella formale proposizione di una quaestio, sono stati adom brati da Cass., sez. un., 12 maggio 1995, Romanelli, in questo fascico

lo, II, 681; sul punto cfr. altresì, per un cenno, Spangher, in Commen

to al nuovo codice di procedura penale coordinato da Chiavario, Tori

no, 1989, I, sub art. 47, 242): l'attuale decisum della corte, dunque,

per esplicita ammissione della sentenza n. 460/95 in epigrafe, «non pre clude la possibilità di un riesame della questione ove adeguatamente definita ai sensi dell'art. 23, 1° comma, 1. 11 marzo 1953, n. 87».

I moniti implicitamente ricavabili dalla pronuncia, e una sua lettura

congiunta con le statuizioni di Cass., sez. un., 12 maggio 1995, Roma

nelli, cit., hanno dischiuso un proficuo dibattito: cfr., tra gli altri, Chia

vario, Si all'istanza se ferma l'orologio, in II Sole-24 Ore del 2 novem

bre 1995, 27; Pecorella, Garanzie intoccabili ma deontologia forte,

id., 10 novembre 1995, 23; Pivetti, La Consulta può arrestare le «ri

messioni a catena», id., 9 novembre 1995, 23.

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Page 3: Rivista di giurisprudenza costituzionale e civile

3623 PARTE PRIMA 3624

Trentino-Alto Adige — Provincia di Trento — Dipendenti am

messi al dottorato di ricerca — Congedo straordinario senza

assegni — Mancata previsione — Questione infondata di co

stituzionalità (Cost., art. 3; 1. prov. Trento 29 aprile 1983

n. 12, nuovo ordinamento dei servizi e del personale della

provincia autonoma di Trento, art. 142; 1. 13 agosto 1984 n. 476, norme in materia di borse di studio e dottorato di

ricerca nelle università, art. 2).

È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 142 1. prov. Trento 29 aprile 1983 n. 12 e successive modifica

zioni, nella parte in cui non prevede che il dipendente ammesso ai corsi di dottorato di ricerca sia collocato, per la durata del

corso, in congedo straordinario per motivi di studio senza asse

gni, con il periodo di congedo utile ai fini della progressione in carriera e del trattamento di quiescenza e previdenza, come

stabilito per tutti i pubblici dipendenti dall'art. 2 1. 13 agosto 1984 n. 476, in riferimento all'art. 3 Cost. (1)

Corte costituzionale; sentenza 30 maggio 1995, n. 201 (Gaz

zetta ufficiale, la serie speciale, 7 giugno 1995, n. 24); Pres.

Baldassarre, Est. Mirabelli; Olivo c. Provincia di Trento (Avv.

Onida). Orci. Trga Trento 7 luglio 1994 (G.U., la s.s., n. 3

del 1995).

(1) La Corte costituzionale cosi motiva la decisione di infondatezza: «Dovendo verificare se la disposizione statale sul congedo straordina

rio per la frequenza dei corsi di dottorato di ricerca, proposta quale termine di comparazione, sia idoneo parametro di raffronto per valuta re la denunciata disparità di trattamento tra pubblici dipendenti, è ne cessario preliminarmente determinare l'ambito soggettivo ed oggettivo di applicazione dell'art. 2 1. n. 476 del 1984. Questa disposizione, com

presa nella legge che detta norme in materia di borse di studio e dotto rato di ricerca nelle università, regola la condizione di chi è ammesso ai corsi di dottorato ed è titolare di un rapporto di pubblico impiego, senza distinzione alcuna quanto all'amministrazione di appartenenza. Ciò in ragione della necessità di rendere effettivo lo svolgimento delle attività richieste per la prosecuzione degli studi destinati all'approfondi mento delle metodologie per la ricerca e la formazione scientifica; atti vità e studi che rispondono all'interesse, costituzionalmente rilevante, della ricerca scientifica.

«Al formale inserimento nel contesto della disciplina della ricerca scien tifica e dell'università corrisponde la sostanziale finalità della norma di disciplinare un profilo soggettivo dei corsi di dottorato. Questi ri chiedono un impegno assorbente di chi li frequenta, in corrispondenza ad un elevato onere organizzativo e didattico da parte delle istituzioni universitarie che vi provvedono, con un limitato numero di posti, pro grammati in relazione alle esigenze di sviluppo e di incremento della ricerca scientifica. In questo contesto la disposizione relativa al conge do straordinario ha carattere di norma speciale, che disciplina un aspet to considerato necessariamente connesso all'attività di studio e di ricer ca nell'ambito delle strutture destinate ai corsi di dottorato, con effetti

consequenziali sullo stato giuridico del pubblico dipendente ammesso ai corsi. La disposizione considerata fa quindi corpo con la materia della ricerca scientifica e dell'università, compresa nelle competenze dello Stato, e non costituisce utile elemento di comparazione della specifica disciplina relativa allo stato giuridico del personale».

Nel senso che l'art. 2 1. 476/84 costituisce una norma eccezionale, non estensibile agli assegnatari di borse di studio non preordinate al

conseguimento del dottorato di ricerca, v. Cons. Stato, sez. II, 21 gen naio 1987, n. 133, Foro it., Rep. 1989, voce Istruzione pubblica, n. 415.

Sulla previsione contenuta nell'art. 2 1. 476/84 si vedano pure Tar Toscana, sez. II, 15 aprile 1992, n. 90, id., Rep. 1992, voce cit., nn.

304, 305, secondo cui essa introduce nell'ordinamento un'ipotesi tipica di diritto al congedo straordinario da equiparare, per gli effetti che è destinata a produrre, a quelle disciplinate dall'art. 37 d.p.r. 10 gen naio 1957 n. 3, atteso che la pubblica amministrazione non fruisce di un potere discrezionale di accordarlo, essendo tenuta ex lege a disporre la collocazione del richiedente in congedo e che il fatto dell'ammissione al corso è da ritenersi comprovata causa di forza maggiore dell'assun zione in servizio, intesa come effettivo inizio dell'espletamento delle fun

zioni; Tar Lombardia, sez. III, 3 febbraio 1986, n. 34, id., 1987, III, 172, con nota di richiami, il quale ha ritenuto illegittimo il provvedi mento con cui il rettore dell'università sospende l'inizio dell'attività presso il corso di dottorato di ricerca del borsista chiamato a prestare servizio militare.

Il Foro Italiano — 1995.

Misure di prevenzione — Opere riguardanti la pubblica ammi

nistrazione — Appalto e subappalto — Trattamento sanzio

natorio — Ordinanza di rinvio motivata «per relationem» —

Questione manifestamente inammissibile di costituzionalità

(Cost., art. 3, 25, 27; 1. 13 settembre 1982 n. 646, disposizio ni in materia di misure di prevenzione di carattere patrimo niale ed integrazioni alle leggi 27 dicembre 1956 n. 1423, 10 febbraio 1962 n. 57 e 31 maggio 1965 n. 575. Istituzione di una commissione parlamentare sul fenomeno della mafia, art.

21; d.l. 6 settembre 1982 n. 629, misure urgenti per il coordi

namento della lotta contro la delinquenza mafiosa, art. 2 quin

quies; 1. 12 ottobre 1982 n. 726, conversione in legge, con

modificazioni, del d.l. 6 settembre 1982 n. 629, art. 1; 1. 19

marzo 1990 n. 55, nuove disposizioni per la prevenzione della

delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di manife

stazione di pericolosità sociale, art. 8). Misure di prevenzione — Opere riguardanti la pubblica ammi

nistrazione — Appalto e subappalto — Trattamento sanzio natorio — «Ius superveniens» — Restituzione degli atti al

giudice «a quo» (Cost., art. 3, 25, 27; 1. 13 settembre 1982

n. 646, art. 21; d.l. 6 settembre 1982 n. 629, art. 2 quinquies; 1. 12 ottobre 1982 n. 726, art. 1; 1. 19 marzo 1990 n. 55, art. 8; d.l. 29 aprile 1995 n. 139, disposizioni urgenti in tema

di proroga dei termini relativi ai prcedimenti penali in fase di istruzione formale ed in tema di disciplina sanzionatoria

relativa agli appalti, art. 2).

È manifestamente inammissibile, in quanto sollevata con or

dinanza motivata per relationem ad altro provvedimento di ri

messione di altra autorità giudiziaria, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 21 1. 13 settembre 1982 n. 646, nel testo

modificato dall'art. 2 quinquies d.l. 6 settembre 1982 n. 629,

convertito, con modificazioni, in 1. 12 ottobre 1982 n. 726 e

dall'art. 8 1. 19 marzo 1990 n. 55, nella parte in cui stabilisce

che l'appaltatore di opere riguardanti la pubblica amministra

zione che concede, anche di fatto, in subappalto o a cottimo, in tutto o in parte, le opere stesse senza l'autorizzazione del

l'autorità competente, sia assoggettato, oltre che alla pena del

l'arresto da sei mesi ad un anno, alla pena dell'ammenda pari ad un terzo del valore complessivo dell'opera ricevuta in appal

to, in riferimento agli art. 3, 25, 2° comma, e 27, 3° comma, Cost. (1)

Vanno restituiti al giudice a quo, per un riesame della rile

vanza alla luce della sopravvenuta disciplina contenuta nell'art.

2 d.l. 29 aprile 1995 n. 139, gli atti relativi alla questione di legittimità costituzionale dell'art. 211. 13 settembre 1982 n. 646, nel testo modificato dall'art. 2 quinquies d.l. 6 settembre 1982

n. 629, convertito, con modificazioni, in 1. 12 ottobre 1982 n. 726 e dall'art. 8 1. 19 marzo 1990 n. 55, nella parte in cui stabi

lisce che l'appaltatore di opere riguardanti la pubblica ammini

strazione che concede, anche di fatto, in subappalto o a cotti

mo, in tutto o in parte, le opere stesse senza l'autorizzazione

dell'autorità competente sia assoggettato, oltre che alla pena del

l'arresto da sei mesi ad un anno, alla pena dell'ammenda pari ad un terzo del valore complessivo dell'opera ricevuta in appal

to, in riferimento agli art. 3, 25, 2° comma, e 27, 3° comma, Cost. (2)

Corte costituzionale; ordinanza 16 maggio 1995, n. 169 (Gaz zetta ufficiale, la serie speciale, 24 maggio 1995, n. 22); Pres.

Baldassarre, Est. Caianiello; Pareglio, Cortesi; interv. Pres. cons,

ministri. Orci. Pret. Aosta 24 gennaio 1994 (G.U., la s.s., n.

26 del 1994); Pret. Parma 2 novembre 1994 (G.U. la s.s., n.

3 del 1995).

(1) La corte prosegue nella propria giurisprudenza, rigorosa nel ri chiedere che ogni autorità giudiziaria rimettente pronunci una propria, distinta ordinanza di rimessione, la quale deve contenere una adeguata motivazione sia in ordine alla rilevanza, sia alla non manifesta infonda

tezza, escludendo quindi la possibilità di «far propri» i rilievi contenuti in provvedimenti di altra autorità giudiziaria, come nel presente caso, nelle istanze delle parti o del p.m. oppure in precedente ordinanza dello stesso giudice. Cfr. in proposito Corte cost., ord. 28 novembre 1994, n. 411, G.U., la s.s., n. 50 del 1994; 10 febbraio 1994, n. 28, Foro it., Rep. 1994, voce Impugnazioni penali, n. 110; 31 dicembre 1993, n. 513, ibid., voce Impiegato degli enti locali, n. 246; 11 luglio 1991, n. 339, e 30 maggio 1991, nn. 240 e 234, id., 1991, I, 3273, con nota di richiami e osservazioni di Romboli.

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Page 4: Rivista di giurisprudenza costituzionale e civile

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

(2) Si tratta di uno dei pochi casi (forse dell'unico) in cui lo ius super veniens, sulla cui base la corte procede alla restituzione degli atti per un riesame della rilevanza, è costituito da un d.l. non ancora convertito.

Il d.l. 29 aprile 1995 n. 139 è stato poi convertito, con modificazioni, con la 1. 28 giugno 1995 n. 246 (testo coordinato in Le Leggi, 1995, II, 246).

La Corte costituzionale aveva già affrontato, dichiarandola infonda ta, la questione di costituzionalità relativa al trattamento sanzionatorio stabilito per l'appalto ed il subappalto di opere riguardanti la pubblica amministrazione dall'art. 21 1. 646/82 e successive modificazioni, v. Corte cost. 23 luglio 1987, n. 281, Foro it., 1988, I, 2165, con nota di richia

mi e 9 novembre 1988, n. 1023, id., 1989,1, 3001, con nota di richiami.

Trentino-Alto Adige — Norme di attuazione dello statuto —

Commissione paritetica — Indicazione del presidente — Spet tanza allo Stato — Esclusione (D.p.r. 31 agosto 1972 n. 670,

statuto speciale Trentino-Alto Adige, art. 107). Corte costituzionale — Conflitto di attribuzioni tra enti — So

stituzione dell'atto impugnato — Inammissibilità.

Non spetta allo Stato nominare unilateralmente il presidente

della commissione paritetica di cui all'art. 107, 1° comma, sta

tuto speciale Trentino-Alto Adige e va conseguentemente an

nullato il d.m. del ministro per la funzione pubblica 24 agosto 1994. (1)

È inammissibile, per carenza di interesse, il ricorso per con

flitto di attribuzioni sollevato dalle province autonome di Tren

to e di Bolzano avverso il d.m. del ministro per la funzione

pubblica 9 agosto 1994, sostituito interamente dal d.m. dello

stesso ministro 24 agosto 1994. (2)

Corte costituzionale; sentenza 6 aprile 1995, n. 109 (Gazzetta

ufficiale, la serie speciale, 12 aprile 1995, n. 15); Pres. Baldas sarre, Est. Santosuosso; Province autonome Bolzano (Aw. Riz,

Panunzio) e Trento (Aw. Onida) c. Pres. cons, ministri (Aw. dello Stato Laporta). Conflitto di attribuzione.

(1) L'art. 107 dello statuto speciale del Trentino-Alto Adige prevede la composizione della commissione paritetica, la quale deve essere senti ta per la emanazione delle norme di attuazione dello statuto, ma niente

dice a proposito della nomina del presidente della stessa.

La Corte costituzionale fornisce una interpretazione della disposizio ne secondo cui, cosi come i componenti della commissione paritetica sono nominati in rappresentanza di quattro enti (Stato, regione e le

due province autonome), cosi anche il suo presidente non può che deri

vare da un'intesa fra gli stessi enti ovvero dalla scelta dei componenti che li rappresentano in seno alla commissione.

In ordine alla funzione ed al ruolo della commissione paritetica di

cui all'art. 107, 1° comma, statuto Trentino-Alto Adige, v. Corte cost.

24 marzo 1994, n. 95, Foro it., 1995, I, 767, con nota di richiami, la quale ha dichiarato illegittimo l'art. 2 d.leg. 6 luglio 2993 n. 291, nella parte in cui, per le modifiche alle tabelle relative agli organici del personale degli uffici statali situati nella provincia di Bolzano, ave va sostituito l'espressione «previa intesa», presente nel testo approvato dalla speciale commissione paritetica, con quella «sentito», senza che

la suddetta commissione fosse stata posta in condizione di esprimere il proprio parere sulla modifica sostanziale apportata dal governo.

(2) Sugli aspetti processuali e le decisioni di inammissibilità dei ricorsi

per conflitto di attribuzione tra Stato e regioni nel biennio 1993-94,

v. Romboli, in Foro it., 1995, I, 1750.

Il Foro Italiano — 1995.

Sicilia — Istituto regionale per il credito alla cooperatone —

Personale — Contratti a termine — Autorizzazione — Que stione infondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 97; 1. 18

aprile 1962 n. 230, disciplina del contratto a tempo determi

nato, art. 1).

È infondata la questione di legittimità costituzionale della legge

reg. siciliana approvata dall'assemblea regionale il 26 maggio

1994, nella parte in cui autorizza l'Istituto regionale per il credi

to alla cooperazione ad avvalersi del personale in servizio al

30 ottobre 1992 presso la ex Siciltrading s.p.a. in corso di pro cedura fallimentare, mediante contratti a termine, di durata non

superiore al biennio, per l'assolvimento dei compiti di istituto

e nel rispetto dei limiti di cui all'art. 1 1. 18 aprile 1962 n. 23C ed al contratto collettivo di categoria, in riferimento agli art.

3, 97 Cost. (1)

Corte costituzionale; sentenza 24 febbraio 1995, n. 63 (Gaz

zetta ufficiale, la serie speciale, 8 marzo 1995, n. 10); Pres.

Casavola, Est. Ferri; Commissario dello Stato per la regione siciliana (Aw. dello Stato Russo) c. Regione siciliana (Aw. Tor re, Castaldi).

(1) Il ricorso censurava in particolare la legge regionale, in quanto «ennesima legge-provvedimento», approvata con Io scopo di sostegno ai lavoratori disoccupati, più che di garantire l'efficienza ed il buon

andamento della pubblica amministrazione. La Corte costituzionale nega, da un lato, l'esistenza di un divieto

di leggi-provvedimento in quanto tali e, dall'altro, esclude che possa ritenersi sintomo di irragionevolezza della legge il contenuto particolare e concreto del provvedimento impugnato, nella considerazione che l'en

te destinatario dello stesso viene autorizzato a costituire detti rapporti solo per esigenze connesse ai propri compiti di istituto e nel rispetto dei limiti di cui all'art. 1 1. 230/62; qualora tali esigenze non siano

concretamente presenti la corte afferma che la questione diviene di com

petenza non più della stessa, bensì' del giudice comune in sede di con

trollo di legittimità degli atti emanati in applicazione della legge im

pugnata. In ordine alla configurabilità di leggi-provvedimento regionali, v., nel

senso della loro ammissibilità, Corte cost. 14 luglio 1986, n. 190, Foro

it., 1986, I, 2361, con nota di richiami. Sulle leggi-prowedimento a

livello regionale, v. pure Corte cost. 24 marzo 1988, n. 331, id., 1989,

I, 2675, con nota di richiami; 21 marzo 1989, n. 143, id., 1991, I,

1970, con nota di richiami; 15 luglio 1991, n. 346, id., 1992, I, 1620, con nota di richiami, cui adde Tar Lombardia 12 dicembre 1986, n.

363, id., Rep. 1987, voce Regione, n. 226. Per la inidoneità delle «leggi-provvedimento», in quanto prive di ge

neralità ed astrattezza, a realizzare un fenomeno di successione di leggi

penali nel tempo, v. Cass. 18 giugno 1993, La Cara, id., Rep. 1993, voce Legge penale, n. 11.

In dottrina, v. Carlassare, Garanzia dei diritti e leggi-provvedimento, in Giur. costit., 1986,1, 1488; Piraino, Ancora sulle leggi-provvedimento, in Regioni, 1987, 166; Cacclavillani, Leggi-provvedimento e riserva costituzionale di atto amministrativo, in Giust. civ., 1989, I, 19; Fran

co, Leggi provvedimento, principi generali dell'ordinamento, principio del giusto procedimento, in Giur. costit., 1989, II, 1041; Salvia, Giusto

procedimento, in Giur. costit., 1989, II, 1041; Salvia; Giusto procedi mento e leggi provvedimento regionali, in Regioni, 1990, 1106; Sor

rentino, Garanzia giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi e leggi-provvedimento, in Giur. costit., 1991, 2780.

In tema di legittimità dei contratti a tempo determinato, ai sensi del

l'art. 1 1. 230/62, v. Cass. 29 marzo 1995, n. 3753 e 20 febbraio 1995, n. 1827, Foro it., 1995, I, 1815 e 1152, con nota di richiami e, per

l'applicazione della normativa in tema di contratto di lavoro a tempo determinato al contratto di lavoro part-time, v. Cass. 14 giugno 1995, n. 6713, ibid., 2444, con nota di richiami.

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3627 PARTE PRIMA 3628

Giurisdizione civile — Revocatoria fallimentare — Pagamento a favore di banca straniera — Giurisdizione del giudice italia

no (Cod. civ., art. 1182; cod. proc. civ., art. 4).

Rientra nella giurisdizione del giudice italiano la cognizione della domanda con la quale il curatore del fallimento di società nazionale chiede, ai sensi dell'art. 67, 2° comma, r.d. 16 marzo

1942 n. 267, la revoca del pagamento dalla stessa eseguito a

favore di banca con sede a San Marino. (1)

Corte di cassazione; sezioni unite civili; sentenza 14 febbraio

1995, n. 1572; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Olla, P.M. Aloisi (conci, conf.); Cassa rurale depositi e prestiti di Faetano

(Avv. Boldrini) c. Fall. soc. Gim. Regolamento di giurisdizione.

(1) Com'è ricordato in motivazione, le sezioni unite risolvono la con troversa questione di giurisdizione applicando nella fattispecie il princi pio enunciato dalla richiamata sez. un. 23 febbraio 1990, n. 1396, Foro

it., Rep. 1990, voce Giurisdizione civile, n. 46 (annotata criticamente da Campeis e De Pauli, in Nuova giur. civ., 1990,1, 618; dei medesimi a. cons, pure, La revocatoria fallimentare e lo straniero: giurisdizione e diritto applicabile, in Fallimento, 1990, 673 ss.) secondo cui, l'azione revocatoria promossa dal curatore fallimentare avverso il pagamento eseguito dal fallito a favore di società straniera, rientra nella giurisdi zione del giudice italiano, in quanto la ridetta azione, mirando ad ac

quisire alla massa una somma corrispondente alla solutio revocanda, fa valere un'obbligazione da adempiere presso il domicilio del curatore medesimo (art. 1182, 3° comma, c.c.) sicché trova applicazione, ai fini della giurisdizione, il criterio di collegamento di cui all'art. 4, n. 2, c.p.c., mentre resta esclusa l'invocabilità delle regole in proposito det tate dalla convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, inoperanti in materia fallimentare. Con successiva sentenza 19 dicembre 1990, n.

12031, Foro it., 1991, I, 1482, con nota di F. Caso, le stesse sezioni unite hanno dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice italiano in ordine alla domanda del curatore del fallimento di società nazionale volta ad ottenere la dichiarazione di nullità o di inefficacia dei paga menti coattivamente conseguiti da creditore straniero della società, in

seguito a procedura esecutiva singolare intrapresa in Svizzera, e la con seguente condanna alla restituzione delle somme cosi ottenute. Nella motivazione della menzionata sent. n. 12031 del 1990, priva di riferi menti alla precedente sent. n. 1396 del 1990, la corte ha disatteso i richiami del resistente agli art. 1182, 3° comma, c.c. e 4, n. 2, c.p.c. osservando che «dal punto di vista formale, è dubbio se l'obbligazione restitutoria azionata possa essere ricondotta allo schema del 3° comma dell'art. 1182, il quale si riferisce esclusivamente alle ipotesi in cui l'am montare della prestazione sia stabilito in base ad un titolo convenziona le o giudiziale e si tratti di crediti liquidi ed esigibili, la cui determina zione non richieda alcuna indagine sul quantum, ma possa compiersi mediante un semplice calcolo aritmetico, mentre nel caso in esame se è certa nel suo ammontare la somma richiesta, certo non è il titolo

dell'obbligazione che si pretende d'azionare davanti al giudice italiano; e l'indagine relativa (e con ciò si torna al punto focale della determina zione della giurisdizione) presuppone l'inquadrabilità della pretesa in un contesto che ha per imprescindibili referenti il fallimento italiano e la sua concorrenza con azioni esecutive svoltesi alla stregua del diritto dello Stato nel quale i beni sottoposti ad esecuzione forzata singolare si trovano. E rispetto a tale problema» — ha proseguito la corte —

«alla stregua delle considerazioni che si sono venute svolgendo, deve

negarsi la giurisdizione del giudice italiano sulla domanda che rappre senta un indebito aggiramento dei principi che reggono i rapporti fra giurisdizione italiana che governa il fallimento dichiarato in Italia in quanto tale e gli strumenti di apprensione del ricavato da esecuzione forzata estera su beni del fallito che restano necessariamente attratti nella giurisdizione del giudice del paese straniero, davanti al quale il fallimento avrebbe dovuto avanzare le proprie domande per il recupero di quanto assertamente si pretende dover essere riversato nella massa attiva».

La sentenza è cosi motivata: Svolgimento del processo. — Con atto di citazione notificato il 1° febbraio 1993, l'amministrazione del falli mento della s.p.a. Gim (dichiarato con sentenza del Tribunale di Rimi ni del 19 dicembre 1988) ha convenuto davanti al Tribunale di Rimini la società cooperativa a responsabilità limitata Cassa rurale depositi e prestiti di Faetano, società con sede nella Repubblica di San Marino, ed ha chiesto al giudice adito di dichiarare inefficaci, ai sensi dell'art. 67, 2° comma, 1. fall., i versamenti solutori per un importo complessi vo di lire 523.123.053 effettuati dalla società fallita, nel corso dell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento, sul conto corrente, passivo, intrattenuto da detta società con la agenzia di dogana della convenuta

Il Foro Italiano — 1995.

e, per l'effetto, di condannare la stessa convenuta a pagare, in restitu

zione, l'anzidetta somma, con gli interessi ed il maggior danno. La Cassa rurale depositi e prestiti di Faetano ha proposto regolamen

to preventivo di giurisdizione col quale ha chiesto a questa corte di dichiarare che il giudice italiano difetta di giurisdizione in ordine all'a zione proposta dalla curatela fallimentare. L'amministrazione del falli mento della s.p.a. Gim non ha svolto attività difensiva.

Motivi della decisione. — (Omissis). 2. - Ai fini della risoluzione del la questione proposta col regolamento che ne occupa, non assume rile vanza la convenzione di amicizia e buon vicinato stipulata in Roma il 31 marzo 1939 tra l'Italia e la Repubblica di San Marino (ratificata con 1. 6 giugno 1939 n. 1320) atteso che nessuna clausola di quella convenzione disciplina, anche solo indirettamente, la materia o introdu ce il regime della reciprocità passiva; infatti, non attribuisce ai cittadini di uno dei due Stati contraenti la potestà di convenire davanti all'auto rità giurisdizionale del proprio Stato i cittadini dell'altro Stato, e si limita a consentire, nel 1° comma dell'art. 11, che i cittadini di ciascu no Stato possano agire come attori avanti alle autorità giurisdizionali dell'altro Stato, alle medesime condizioni alle quali ciò è consentito ai nazionali.

Pertanto, la questione non può che essere risolta sulla base dei criteri di collegamento dettati dall'art. 4 c.p.c.

3. - Questa Corte suprema ha già affermato il principio che in forza di tal disposizione spetta al giudice italiano la giurisdizione in ordine all'azione revocatoria proposta dall'aministrazione di un fallimento di chiarato in Italia, al fine di dichiarare l'inefficacia e la condanna alla

restituzione, di un pagamento effettuato dal fallito, anche all'estero, durante il periodo sospetto in favore di una società straniera. Ciò sulla base del rilievo che tale azione, mirando ad acquisire alla massa una somma di denaro determinata corrispondente alla solutio revocanda, fa valere un'obbligazione di pagare (restituire); che, ai sensi dell'art.

1182, 3° comma, c.c. detta obbligazione si deve adempiere presso il domicilio del creditore e, dunque, presso il curatore, ed in Italia; e

che, di conseguenza, sussiste il presupposto (il riguardare la domanda

un'obbligazione da eseguirsi in Italia) per l'applicabilità del criterio di collegamento di cui al n. 2, ultima parte, dell'art. 4 del codice di rito civile (Cass., sez. un., 23 febbraio 1990, n. 1396, Foro it., Rep. 1990, voce Giurisdizione civile, n. 46).

Il principio deve essere ribadito anche perché nei suoi confronti la ricorrente non ha formulato censure diverse da quelle già esaminate e disattese nel precedente arresto.

Alla sua stregua risultano immediatamente infondate le contrarie de duzioni che si riallacciano ad una diversa costruzione dell'oggetto del l'azione revocatoria fallimentare ed alle relative implicazioni, nonché all'insussistenza dei presupposti per l'applicabilità del criterio finale della

reciprocità. Inoltre, risultano inconferenti e per ciò da disattendere, le obiezioni

ancorate alla asserita infruttuosità ed inutilità della azione revocatoria della quale si tratta, in quanto, come è immediatamente palese, atten gono non già alla questione di giurisdizione, ma al merito del giudizio, e taluna, addirittura, all'efficacia in San Marino della sentenza di acco

glimento della revocatoria. Nel contempo, la totale coerenza della situazione di fatto rispetto

all'affermato principio comporta che la giurisdizione in ordine alla azione revocatoria fallimentare proposta del fallimento della s.p.a. Gim appar tiene al giudice italiano.

4. - Pertanto, occorre provvedere alla pronuncia della relativa decla

ratoria, respingendosi, di conseguenza, la contraria conclusione della ricorrente.

Falso (querela di) — Proposizione in via principale — Testa

mento olografo — Mancato riconoscimento — Ammissibilità

(Cod. proc. civ., art. 221).

L'erede, che si ritiene pregiudicato da testamento olografo, può, anche in mancanza del suo riconoscimento, proporre con tro lo stesso querela di falso in via principale. (1)

Corte di cassazione; sezione II civile; sentenza 22 aprile 1994, n. 3833; Pres. Carnevale, Est. Patierno, P.M. Lanni (conci, conf.); Marighetti (Aw. E. Romanelli, Giovannini) c. Marighetti (Avv. Valenza, Taddei). Conferma App. Trento 18 novembre 1989.

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Page 6: Rivista di giurisprudenza costituzionale e civile

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

(1) Com'è precisato in motivazione, la corte risolve, con la riportata sentenza, annotata da Rampolla, in Corriere giur., 1994, 1116 ss., la

questione controversa, uniformandosi all'orientamento espresso da sez. un. 4 giugno 1986, n. 3734, Foro it., 1987, I, 1843, con osservazioni di C. M. Barone (e seguito da Cass. 27 luglio 1992, n. 9013, id., 1994,

I, 2873, ancora con osservazioni di C. M. Barone, e dalle altre pro nunzie da questo ivi ricordate) secondo cui la querela di falso è propo nibile anche contro scrittura privata non riconosciuta.

* * ♦

La sentenza è cosi motivata: Svolgimento del processo. — Con cita

zione del 12 maggio 1980 Antonia Bonoe vedova Marighetti proponeva querela di falso in via principale davanti al Tribunale di Trento nei

confronti di Guido Marighetti al fine di far dichiarare la falsità del

testamento olografo datato 20 novembre 1979 a firma di Ettore Mari

ghetti, con il quale venivano istituiti eredi in parti uguali l'attrice, mo

glie di Ettore Marighetti e il nipote Guido Marighetti; contestualmente

l'attrice chiedeva in subordine l'annullamento del detto testamento per

incapacità di intendere e di volere dell'apparente autore. Il convenuto contrastava le avverse domande deducendone la infon

datezza. (Omissis) Motivi della decisione. — Con il primo motivo denunciando violazio

ne dell'art. 221 c.p.c. in riferimento all'art. 360, n. 3, stesso codice

i ricorrenti lamentano che l'originaria attrice awrebbe proposto querela di falso in via principale avverso un documento, il testamento olografo del coniuge Ettore Marighetti, costituente una semplice scrittura privata e pertanto non impugnabile con detto strumento processuale, che può essere utilizzato soltanto con riferimento ad un atto pubblico ovvero

ad una scrittura privata riconosciuta o legalmente considerata tale.

Il motivo è proponibile, contrariamente all'assunto dei resistenti, in

quanto la questione prospettata non richiede ulteriori indagini o accer

tamenti di fatto, né implica un radicale mutamento dell'intero sistema

difensivo della controparte, ma è infondato. La questione dell'ammissibilità o non della querela di falso avverso

scrittura privata non riconosciuta, che ha visto, peraltro, non in tempi recenti, divisa la giurisprudenza di questa Corte suprema, è stata defini

tivamente risolta dalle sezioni unite con la sentenza n. 3734 del 4 giu

gno 1986 (Foro it., 1987, I, 1843), che trova convinta adesione da parte di questo collegio, con la quale è stato affermato che alla parte nei

cui confronti venga prodotta una scrittura privata (cosi come il testa mento olografo) deve ritenersi consentita, oltre la facoltà di discono

scerla, cosi facendo carico alla controparte di chiedere la verificazione

(addossandosi il relativo onere probatorio), anche la possibilità alterna

tiva, senza riconoscere né espressamente, né tacitamente la scrittura me

desima, di proporre querela di falso, al fine di contestare la genuinità del documento, atteso che in difetto di limitazioni di legge, non può

negarsi a detta parte di optare per uno strumento per lei più gravoso, ma rivolto al conseguimento di un risultato più ampio e definitivo, quello cioè della completa rimozione del valore del documento con effetti erga omnes e non nei soli riguardi della controparte.

Ribadita cosi la proponibilità della querela di falso anche per il testa

mento olografo non riconosciuto da parte del soggetto contro cui il

documento è prodotto, il motivo deve essere disatteso. (Omissis)

Procedimento civile — Azione costitutiva — Ordinanza succes

siva alla chiusura della istruzione — Inammissibilità — Fatti

specie (Cod. civ., art. 1382, 1453, 2908, 2910, 2930; cod. proc. civ., art. 186 quater).

L'ordinanza successiva alla chiusura della istruzione non può essere emanata allorché la domanda di condanna sia conseguen za di una azione costitutiva, quale quella di risoluzione di un

contratto preliminare di compravendita immobiliare. (1)

Tribunale di Trani; ordinanza 8 luglio 1995; Giud. Mastroril

li; Galeazzo c. Soc. Ibis.

(1) Nello stesso senso, in riferimento ad un'azione diretta alla pro nuncia di una sentenza produttiva degli effetti del contratto non con

cluso, v. Trib. Chiavari 28 agosto 1995, Foro it., 1995, I, 3306.

Contra, per la soluzione affermativa, v. G. Costantino, La lunga

agonia del processo civile (note sul d.l. 21 giugno 1995 n. 238), ibid.,

V, 321, per il quale «è evidente che, nel caso di cumulo di domande, la pronuncia dell'ordinanza e la rinuncia della parte intimata alla sen tenza non esonerano il giudice dalla decisione delle altre domande. Il

punto è un altro: occorre chiarire se la pronuncia dell'ordinanza privi il giudice del potere di giudicare su quella "oggetto dell'istanza". Si

tratta di chiedersi, ad esempio, se, esercitata l'azione diretta ad ottenere

una sentenza che produca gli effetti di un contratto non concluso ai

sensi dell'art. 2932 c.c. o un'azione di risoluzione di un contratto, e

chiesto altresì il conseguente risarcimento dei danni, pronunciata l'ordi

nanza in relazione a tale ultima richiesta, il giudice abbia ancora il po tere di provvedere sul risarcimento danni in occasione della pronuncia della sentenza che tiene luogo del contratto o che dichiara la risoluzio

ne; ovvero quale sia la sorte del processo, allorché sia stato chiesto

soltanto il pagamento di una somma ed il giudice abbia provveduto con l'ordinanza a qua, liquidando anche le spese».

Sulla tutela d'urgenza dei diritti dipendenti da pronunce costitutive,

v., peraltro, Pret. Matera 27 maggio 1992, id., 1992, I, 3423, con nota

di richiami.

* ♦ *

L'ordinanza è cosi motivata: Rilevato che l'emissione dell'ordinanza

ai sensi del «nuovo» art. 186 quater richiesto dall'attore presuppone necessariamente una pronuncia (costitutiva) di risoluzione del contrat

to, atteso che l'invocata condanna del convenuto al rilascio dell'immo

bile detenuto ed al pagamento della penale pattuita costituisce pacifica mente una pronuncia accessoria rispetto a quella principale di risoluzione;

ritenuto che lo strumento «eccezionale» di cui al citato art. 186 qua ter può avere ad oggetto soltanto il pagamento di somme ovvero la

consegna o il rilascio di beni «nei limiti dei quali il giudice ritenga pro vato il diritto» non ricomprendendo, dunque, la possibilità di emettere

provvedimenti di natura costitutiva; considerato che sono state ritualmente precisate le conclusioni; per questi motivi, dichiara inammissibile l'istanza avanzata dall'atto

re e rinvia la causa (omissis)

Il Foro Italiano — 1995.

FINE DELLA PARTE PRIMA

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