Rivista di giurisprudenza penaleSource: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 1 (GENNAIO 2000), pp. 61/62-63/64Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23195337 .
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GIURISPRUDENZA PENALE
può sottacersi che, al di là di tale enunciazione, non è dato
rinvenire, nella sentenza impugnata, alcuna esplicitazione in or
dine al contenuto di queste fonti di prova.
L'apparato argomentativo della corte territoriale, per come
strutturato, offre una sola certezza: Benedetto Craxi conosceva
molto bene il sistema di illecito finanziamento del suo partito e i meccanismi perversi che alimentavano tale sistema, entrato
paradossalmente a fare parte, per prassi consolidatasi negli an
ni, della fisiologia organizzativa del partito, e nulla fece per
porre fine ad esso, al quale, anzi, aderì. Questa inerzia di fron
te alla chiara commissione di illeciti di rilevanza penale da parte di soggetti che, a vario titolo, gravitavano nell'area del partito ed operavano per esso può integrare gli estremi del concorso
omissivo? La risposta non può che essere negativa, considerato
che in capo al prevenuto non esisteva una «posizione di garan
zia», avente come specifico contenuto l'impedimento di reati
del tipo di quelli di cui si discute: la posizione di garanzia impli ca la titolarità (da parte del garante) di un potere giuridico ido
neo a impedire il compimento di taluni reati (si pensi, esemplifi
cativamente, alla posizione di garanzia degli amministratori del
le società di capitali, ex art. 2392 c.c., con riguardo all'impedi mento di reati collegati alla gestione della società), potere che
esula dalle funzioni esercitate dal segretario politico di un partito. In conclusione, il concorso del ricorrente nei reati ascrittigli
deve essere ravvisato, in tesi, solo in comportamenti commissi
vi, che siano univocamente sintomatici di una sua partecipazio ne materiale o morale negli stessi illeciti, ma di tutto ciò deve
essere fornita adeguata e logica motivazione, nel rispetto dei
principi che presidiano l'operazione di valutazione della prova. È necessaria un'analisi approfondita e rigorosa dei singoli epi
sodi delittuosi, succedutisi nell'arco di circa un decennio e por tati alla cognizione del giudice, per cogliere in essi quei passaggi concreti che evidenzino il ruolo partecipativo, causalmente rile
vante, del Craxi e non la mera adesione passiva di costui ad
un sistema di illegalità diffusa. (Omissis)
Rivista di giurisprudenza penale
Blocco stradale — Reato — Pena edittale minima — Questione non manifestamente infondata di costituzionalità (Cost., art.
3; cod. pen., art. 610; d.leg. 22 gennaio 1948 n. 66, norme
per assicurare la libera circolazione sulle strade ferrate ed or
dinarie e la libera navigazione, art. 1).
Non è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1,1° comma, d.leg. 22 gennaio 1948 n.
66, nella parte in cui prevede per il reato di blocco stradale
una pena edittale minima di un anno di reclusione, in relazione
all'art. 610 c.p., che stabilisce per il reato di violenza privata
una sanzione minima edittale di oltre venti volte inferiore, in
riferimento all'art. 3 Cost. (1)
Tribunale di Pistoia; ordinanza 9 giugno 1999 (Gazzetta uffi
ciale, la serie speciale, 22 settembre 1999, n. 38); Pres. Signo
relli; imp. Ferri e altri.
(1) Il giudice rimettente sottolinea come il reato di blocco stradale
si configuri come un «reato di condotta», che, in quanto tale, non im
plica la necessità «che si verifichi, in concreto, l'impedimento o l'osta
colo alla libera circolazione essendo sufficiente una condotta a ciò fina
lizzata». Questo profilo vale a differenziare il reato in questione da
quello di violenza privata (art. 610 c.p.), che si perfeziona con l'effetti
II Foro Italiano — 2000.
va costrizione altrui. I due titoli di reato, peraltro, tutelano «beni ana
loghi e [sanzionano] condotte illecite simili», dal momento che la vio lenza «può consistere nell'uso di qualsiasi energia fisica da cui possa derivare una coazione personale». Ne deriva, ad avviso del giudice a
quo, un'irragionevole disparità di trattamento sanzionatorio tra le due
fattispecie di reato, le quali, pur poste entrambe a presidio de «i diritti di libertà dell'individuo e dei gruppi costituzionalmente garantiti», sa rebbero punite con pene di entità eccessivamente diversa: il reato di blocco stradale, infatti, contempla «una pena edittale minima che supe ra di oltre venti volte la sanzione minima edittale» prevista per la vio lenza privata.
Sui rapporti tra il reato di blocco stradale e quello di violenza priva ta, v. Trib. Ragusa 14 aprile 1984, Foro it., 1985, II, 22, con nota di richiami e osservazioni di Rapisarda, in cui si è precisato che non
configura il delitto di blocco stradale, bensì quello di violenza privata, il fatto di più persone aderenti al movimento pacifista che si sdraino sulla sede stradale al fine di impedire l'accesso di automezzi in una base militare della Nato. Corte cost., ord. 19 dicembre 1991, n. 481, id., 1992, I, 1325, con nota di richiami, ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli art. 3,1° com
ma, n. 25, 1. 11 aprile 1990 n. 73 e 3, 1° comma, n. 25, d.p.r. 12
aprile 1990 n. 75, nella parte in cui escludono dall'amnistia il reato di violenza privata aggravato dal numero delle persone, commesso a causa ed in occasione di manifestazioni sindacali, in relazione all'art.
1, 1° comma, lett. f), d.p.r. 75/90 che ha incluso nell'amnistia il reato di blocco stradale quando sia commesso a causa ed in occasione di manifestazioni sindacali o in conseguenza di gravi disagi dovuti a di sfunzioni di pubblici servizi o a problemi abitativi.
Con riguardo all'art. 1, 1° e 3° comma, d.leg. 66/48, era già stata sollevata una questione di legittimità costituzionale, in riferimento ad un diverso tertium comparationis; v. Corte cost. 25 giugno 1996, n.
217, id., Rep. 1996, voce Blocco stradale, n. 2, che ne ha dichiarato
l'infondatezza, non essendosi riscontrato un contrasto, quanto ad un livello giudicato troppo elevato dei minimi edittali, con gli art. 3 e 27, 3° comma, Cost., neppure con riguardo alla fattispecie di raffronto delineata all'art. 432 c.p., non risultando leso, secondo l'immutato ap prezzamento da parte della coscienza collettiva, il limite della ragione volezza alla cui stregua soltanto è consentito operare il controllo costi tuzionale delle discrezionali scelte del legislatore finalizzate alla repres sione di atti integranti fattispecie di delitti dolosi, in particolare tesi ad impedire od ostacolare la libera circolazione sulle strade ferrate ed ordinarie e la libera navigazione.
Sulla configurabilità del reato di blocco stradale, nel senso che è suf ficiente a tal fine anche il solo ingombro della sede viaria con qualsiasi ostacolo, il quale può anche essere costituito da un assembramento di
persone idoneo a rendere la circolazione apprezzabilmente più difficol tosa rispetto alle condizioni normali, v. Cass. 14 ottobre 1997, Carmi
na, id., Rep. 1998, voce cit., n. 1; 11 aprile 1994, Cersosimo, id., Rep. 1994, voce cit., n. 1; 31 ottobre 1986, Pret. Velletri, id., Rep. 1987, voce cit., n. 3; 24 aprile 1986, Cangiano, ibid., n. 2; 11 giugno 1982, Piscitelli, id., Rep. 1984, voce cit., n. 1; 18 marzo 1982, Cellini, id.,
Rep. 1983, voce cit., n. 1. In tal senso, v. anche Trib. Genova 6 giugno 1996, id., Rep. 1997, voce cit., n. 6, secondo cui il legislatore ha inteso
sanzionare qualunque comportamento mediante il quale il soggetto atti vo realizzi l'evento dell'ostruzione od ingombro. Contra, v. Trib. Fer
rara 27 febbraio 1981, id., Rep. 1983, voce cit., n. 2, che ha ritenuto che nella locuzione «impedire od ostacolare la libera circolazione», con
tenuta nell'art. 1 d.leg. 66/48, i due verbi, che sono sinonimi, non indi
cano fattispecie alternative ma rispecchiano un intento rafforzativo; sic
ché per la configurazione della previsione, occorre che vi sia sempre un impedimento assoluto alla libera circolazione. La fattispecie di reato non è stata ritenuta sussistente nel caso in cui il blocco, di breve durata, di una linea ferroviaria o di un'autostrada, attuato da lavoratori duran
te una manifestazione sindacale, fosse stato operato al fine di sensibiliz
zare l'opinione pubblica sui problemi occupazionali e non per impedire la circolazione dei mezzi di trasporto (v. G.i.p. Trib. Milano 12 giugno 1997, id., Rep. 1998, voce cit., n. 2).
Per quanto attiene all'elemento soggettivo del reato, caratterizzato dalla sussistenza di un dolo specifico, in quanto è richiesta, nell'agente, ai fini della punibilità, non soltanto la rappresentazione e volontà della
condotta materiale posta in essere, ma ache la rappresentazione e vo
lontà dell'ulteriore intento, che è quello di impedire od ostacolare la
libera circolazione, v. Trib. Chiavari 27 giugno 1996, id., Rep. 1997, voce cit., n. 4; G.i.p. Trib. Torino 28 febbraio 1996, id., Rep. 1996, voce cit., n. 5; Trib. Verona 8 novembre 1993, ibid., n. 4, commentata
da Monti, Il dolo nel reato di blocco stradale, in Giur. merito, 1996,
320; Cass. 26 aprile 1991, Corollo, Foro it., Rep. 1992, voce cit., n.
1; 24 aprile 1986, Cangiano, id., Rep. 1987, voce cit., n. 4. Contra, nel senso che l'elemento soggettivo richiesto riveste solo apparentemen te la forma del dolo specifico, essendo in realtà sufficiente il solo dolo
generico, poiché l'impedire o l'ostacolare la libera circolazione deve con
siderarsi come una modalità della condotta e non come un ulteriore
intento che l'agente deve rappresentarsi, v. Trib. Chiavari 3 febbraio
1997, id., Rep. 1997, voce cit., n. 3.
Circa la tutela del diritto di sciopero in relazione al reato di blocco
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PARTE SECONDA
stradale o ferroviario, v. Trib. Genova 6 giugno 1996, ibid., n. 5, che
ha ritenuto che, in presenza di fatti volti ad ostacolare la libera circola
zione, non possa essere invocata l'operatività dell'esimente dell'eserci
zio di un diritto, di cui all'art. 51 c.p., poiché l'astensione collettiva
dal lavoro non legittima la lesione di altri diritti costituzionalmente pro tetti (ad es., la libertà di circolazione, art. 16 Cost.); conformemente, v. anche Trib. Verona 8 novembre 1993, id., Rep. 1996, voce cit., n.
7. Nel senso che l'occupazione di strade ferrate da parte di manifestanti
costituisce un comportamento illecito e non rientra nel diritto di sciope ro previsto dall'art. 40 Cost., v. App. Firenze 29 aprile 1996, ibid., n. 6, secondo cui un errore sui limiti del diritto di sciopero, invocato
dagli autori del blocco stradale, si risolve in un errore di diritto non
scusabile in base ai criteri fissati da Corte cost. 24 marzo 1988, n. 364,
id., 1988, I, 1385, con nota di Fiandaca, potendosi però far ricorso
alla scriminante dello stato di necessità quando sussistano i requisiti del danno grave alla persona (ad es., licenziamento di centinaia di ope rai con nessuna prospettiva di ritrovare una nuova occupazione) e del
l'attualità e deU'ineliminabilità del danno (ad es., nessun intervento per bloccare i licenziamenti). Nel senso che la verosimile convinzione che
il comportamento consistente nel blocco stradale e ferroviario sia con
sentito, in quanto azione sussidiaria e di sostegno del diritto di sciope
ro, costituisca scriminante della situazione di illiceità, v. Trib. Livorno
27 gennaio 1995, id., Rep. 1995, voce cit., n. 1. In tema di applicazione di principi costituzionali quali scriminanti del delitto di blocco stradale
o ferroviario, v. anche Trib. Savona 26 settembre 1990, id., Rep. 1992, voce cit., n. 2, e 12 luglio 1990, id., 1991, II, 170, con nota di richiami, secondo cui la protesta di un gruppo di persone di fronte allo stabili
mento nel quale siano impiegate, minacciato di chiusura a causa dei
suoi scarichi altamente inquinanti, configura, ove si sia esplicata pacifi camente, un'ipotesi di esercizio dei diritti di riunione e di libera manife
stazione del pensiero costituzionalmente garantiti ed è, pertanto, ricon
ducibile alla causa di non punibilità ex art. 51 c.p., non integrando il reato di blocco stradale.
Con riferimento alle conseguenze civilistiche del reato di blocco stra
dale, v., in dottrina, E. Colombini, Reato di blocco stradale o ferrovia rio e suoi riflessi civilistici, in Arch, circolaz., 1997, 305 e 401.
Da ultimo, cfr. l'art. 17 d.leg. 30 dicembre 1999 n. 507, depenalizza zione dei reati minori e riforma del sistema sanzionatorio, ai sensi del
l'art. 1 1. 25 giugno 1999 n. 205 (G.U. 31 dicembre 1999, n. 306, suppl. ord. n. 233/L), secondo cui:
«Blocco stradale o ferroviario. 1. Il primo e il secondo comma del
l'articolo 1 del decreto legislativo 22 gennaio 1948, n. 66 sono sostituiti
dai seguenti: 'Chiunque, al fine di impedire od ostacolare la libera circolazione,
depone o abbandona congegni o altri oggetti di qualsiasi specie in una
strada ferrata, è punito con la reclusione da uno a sei anni.
La stessa pena si applica nei confronti di chi, al fine di ostacolare la libera navigazione, depone o abbandona congegni o altri oggetti di
qualsiasi specie in una zona portuale e nelle acque di fiumi, canali o
laghi, o comunque le ostruisce o le ingombra'. 2. Dopo l'articolo 1 del decreto legislativo 22 gennaio 1948, n. 66
è inserito il seguente: 'Art. I-te. — Chiunque, al fine di impedire od ostacolare la libera
circolazione, depone od abbandona congegni o altri oggetti di qualsiasi
specie in una strada ordinaria o comunque ostruisce o ingombra una strada ordinaria o ferrata, è punito, se il fatto non costituisce reato, con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire due milioni a lire otto milioni.
Se il fatto è commesso da più persone, anche non riunite, si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire cinque milioni a lire venti milioni.
Nei casi previsti dai commi precedenti non è ammesso il pagamento in misura ridotta ai sensi dell'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689'.».
Il Foro Italiano — 2000.
Valori mobiliari (fondi di investimento, mercati, intermediazio
ne) — Testo unico — Eccesso di delega — Abrogazione di
un articolo del codice della navigazione — Questione non ma
nifestamente infondata di costituzionalità (Cost., art. 76, 77;
1. 6 febbraio 1996 n. 52, disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità
europee - legge comunitaria 1994, art. 8, 21; d.leg. 24 feb
braio 1998 n. SS1, testo unico delle disposizioni in materia di
intermediazione finanziaria, ai sensi degli art. 8 e 21 1. 6 feb
braio 1996 n. 52, art. 214).
Non è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 214, 1° comma, lett. gg), d.leg. 24 feb
braio 1998 n. 58, nella parte in cui abroga l'intera 1. 28 dicem
bre 1993 n. 561 e dunque l'art. 1161 c. nav., in riferimento
agli art. 76 e 77, 1° comma, Cost. (1)
Pretura di Sassari; ordinanza 25 maggio 1999 (Gazzetta uffi
ciale, la serie speciale, 6 ottobre 1999, n. 40); Giud. ind. prel.
Brianda; imp. Favo.
(1) La motivazione dell'ordinanza di rimessione muove dalla consi
derazione che l'art. 214, 1° comma, lett. gg), d.leg. 24 febbraio 1998 n. 58, disponendo l'abrogazione dell'intera 1. 28 dicembre 1993 n. 561, avrebbe abrogato anche l'art. 1161 c. nav. (abusiva occupazione di spa zio demaniale e inosservanza di limiti alla proprietà privata), sostituito, da ultimo, proprio dall'art. 3, 1° comma, 1. 561/93. Tale oggetto non rientrerebbe nella delega di cui il d.leg. 58/98 è esercizio, circoscritta dall'art. 21 1. 6 febbraio 1996 n. 52 ai «servizi di investimento nel setto re dei valori mobiliari e adeguatezza patrimoniale delle imprese di inve stimento mobiliare e degli enti creditizi». Secondo il giudice rimettente,
pur potendosi forse ritenere che si sia trattato di un errore del legislato re nell'indicazione degli articoli di legge abrogati, non compete all'au
torità giudiziaria provvedere alla modifica delle leggi; non potendosi, peraltro, considerare ragionevole che un bene di particolare rilievo sia stato escluso dalla tutela penale in virtù di un possibile errore nell'indi cazione normativa, il legislatore delegato sarebbe incorso in una viola zione del generale principio di ragionevolezza delle norme, ed in parti colare del principio che presiede al corretto esercizio della funzione legis lativa delegata di cui agli art. 76 e 77, 1° comma, Cost.
Deve osservarsi, al riguardo, che i dubbi sollevati dal giudice rimet
tente circa un possibile errore del legislatore nell'indicazione degli arti coli di legge abrogati sembrerebbero ora confermati dalla lettura del l'art. 15 1. 25 giugno 1999 n. 205 (delega al governo per la depenalizza zione dei reati minori e modifiche al sistema penale e tributario, Le
leggi, 1999, I, 2065), il quale, dopo aver disposto, al 1° comma, la sostituzione della lett. gg) del 1° comma dell'art. 214 d.leg. 58/98, nel senso di limitarne la portata abrogativa all'«art. 1, 1° comma, lett.
m), e [al]l'art. 2, 1° comma, lett. f), 1. 28 dicembre 1993 n. 561», stabi
lisce, al 2° comma, con formula in realtà non priva di aspetti proble matici, che «la 1. 28 dicembre 1993 n. 561, per le parti diverse da quelle indicate nel capoverso del 1° comma, si considera non abrogata dal l'art. 214 d.leg. 24 febbraio 1998 n. 58».
Sulla fattispecie di cui all'art. 1161 c. nav., avente natura di reato
permanente, v. Cass. 16 gennaio 1998, Reale, Foro it., Rep. 1998, voce Reati in materia di navigazione, n. 18; in dottrina, v. Cumuli, Il reato di abusiva occupazione di spazio del demanio marittimo, in Dir. tra
sporti, 1994, 167. Per alcune questioni di legittimità costituzionale sollevate nei con
fronti di disposizioni abrogatrici in riferimento agli art. 76 e 77 Cost., sotto il profilo dell'eccesso di delega, v., nel senso dell'infondatezza, Corte cost. 28 marzo 1996, n. 88, Foro it., Rep. 1996, voce Impiegato dello Stato, n. 835; 29 gennaio 1996, n. 17, ibid., n. 303; 11 febbraio
1982, n. 33, id., 1982, I, 1530, e 2752, con nota di Laserra, Errori di interpretazione e di applicazione nelle vicende di una legge delega-, per un'ipotesi in cui sono invece stati accolti i dubbi sollevati, v. Corte cost. 18 novembre 1993, n. 400, id., 1994, I, 3575, con nota di richiami.
Sul tema dell'errore materiale del legislatore, v. Corte cost. 22 aprile 1992, n. 185, ibid., 3278, con nota di richiami, commentata da Guasti ni e da G.U. Rescigno, in Giur. costit., 1992, 1339 e 2418.
In generale, sull'istituto della delega legislativa, v., in dottrina, Mal
fatti, Rapporti tra deleghe legislative e delegificazioni, Torino, 1999.
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