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Rivista-n1-2011

Date post: 09-Mar-2016
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Editoriale

RIAPERTO AL PUBBLICO IL TEMPIO DI VENERE E ROMA

Nel mese di novembre del 2010, dopo una breve cerimonia svoltasi alla presenza delSottosegretario ai Beni Culturali Francesco Giro, del Soprintendente archeologico diRoma Anna Maria Moretti, e della Direttrice del Foro Romano Maria Antonietta Tomei,

è stata riaperta al pubblico l’area del tempio di Venere e Roma. Si è trattato di un ulteriore passoin avanti nei confronti di quell’articolato programma voluto dal Commissario delegato per le areearcheologiche di Roma, Roberto Cecchi, che prevede la sistemazione, soprattutto in materia di sicu-rezza, di molti monumenti della zona archeologica centrale, con l’intenzione di riaprirli alla frui-zione pubblica anche attraverso nuovi itinerari di visita e adeguati apparati didattici.La storia del tempio è stata particolarmente travagliata sin dal momento della sua progettazione eposa in opera della prima pietra, avvenuta, per espressa volontà dell’imperatore Adriano, il 21 apri-le del 121 d.C. (dies natalis di Roma), se solo si pensa che, come ci informano le fonti, costò la vitaa uno dei più noti architetti ufficiali della Roma imperiale: Apollodoro di Damasco.Sconvolto da un incendio sul finire del III secolo d.C., il tempio ebbe una nuova sistemazione sottoil principato di Massenzio per divenire poi una cava di materiali a cui attinse, a partire dall’epocamedievale, la Roma Cristiana, per realizzare nuove chiese, conventi, basiliche.Fulcro e simbolo per eccellenza della grandezza dell’Urbe al culmine della suo potere su tutte leterre conquistate, il santuario venne liberato solo durante il periodo fascista dalle numerose super-fetazioni edilizie che in parte lo coprivano. Seguirono, dal 1931 in poi, alcuni studi scientifici eindagini archeologiche eseguite, purtroppo, in modo frettoloso, poiché la nascente via dell’Imperodoveva essere inaugurata per il decennale della marcia su Roma nel 1932. Non va inoltre dimen-ticato, che le due metà del tempio, proprio a partire da quegli anni, ebbero due diverse gestioni (ilComune per il lato rivolto verso il Colosseo: la cella di Venere; lo Stato per quello verso il Foro: lacella della dea Roma), comportando così una disparità di interventi programmatici per la tutela evalorizzazione, che solo negli anni ottanta dello scorso secolo sono stati risolti, riunificando il tem-pio sotto l’unica gestione dello Stato e all’interno della più ampia area monumentale del ForoRomano e del Palatino.La riapertura del tempio e del suo percorso che conduce fin all’interno delle due celle, è la direttaconclusione di una serie di opere di restauro e consolidamento di alcune strutture murarie, comequelle delle absidi o come il riassetto della pavimentazione della grande area porticata esterna. Daqui, ora, anche il visitatore meno attento potrà essere coinvolto e rapito non solo nell’ammirare lamaestosità del più grande tempio dell’antichità mai costruito a Roma, ma anche nel godere visiva-mente lo straordinario panorama che si offre dal terrazzamento, dove con un solo colpo d’occhio èpossibile immergersi nello scenario della sottostante valle, su cui sorge ancora l’Anfiteatro Flavioe l’Arco di Costantino, avendo come sfondo le antiche vestigia della Domus Aurea sul Colle Oppioe verso il lato sud la prestigiosa cornice del Palatino.

Bernard Andreae

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DIRETTORE RESPONSABILEMARIA TERESA GARAU

DIRETTORE ESECUTIVOROBERTO LUCIGNANI

DIRETTORE SCIENTIFICOBERNARD ANDREAE

COMITATO SCIENTIFICOPaolo Arata

Funzionario Sovraintendenza Roma CapitaleAlessandra Capodiferro

Funzionario Soprintendenza Archeologica di RomaFiorenzo Catalli

Funzionario Soprintendenza Archeologica di RomaPaola Chini

Funzionario Sovraintendenza Roma CapitaleVincenzo Fiocchi Nicolai

Prof. Archeologia Cristiana Univ. Tor Vergata di RomaGian Luca Gregori

Prof. Ordinario di Antichità Romane, ed Epigrafia Latina, Facoltà Scienze Umanistiche, Univ. Sapienza di Roma

Eugenio La RoccaProf. Ordinario Archeologia e Storia dell’Arte Greca e Romana,

Univ. Sapienza di RomaAnna Maria Liberati

Funzionario Sovraintendenza Roma CapitaleAntonella Magagnini

Funzionario Sovraintendenza Roma CapitaleLuisa Musso

Prof. Archeologia e Storia dell’Arte Greca e Romana e Archeologia delle Provincie Romane, Univ. Roma Tre

Silvia OrlandiProf. associato di Epigrafia Latina presso la Facoltà di Scienze

Umanistiche, Univ. Sapienza di RomaRita Paris

Direttore Museo di Palazzo Massimo alle TermeClaudio Parisi Presicce

Direttore Musei Archeologici e d’Arte Antica di Roma CapitaleGiandomenico Spinola

Responsabile Antichità Classiche e Dipartimento di Archeologia Musei Vaticani

Lucrezia UngaroFunzionario Sovraintendenza Roma Capitale

Laura VendittelliDirettore Museo Crypta Balbi

CAPO REDATTOREALESSANDRA CLEMENTI

REDAZIONELAURA BUCCINO - ALBERTO DANTI - GIOVANNA DI GIACOMO

LUANA RAGOZZINO - GABRIELE ROMANO

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICAROBERTO LUCIGNANI

TRADUZIONEDANIELA WILLIAMS

GRAFICA E IMPAGINAZIONESTUDIOEDESIGN - ROMA

WEB MASTER – PUBBLICITA’MARIA TERESA GARAU

REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE

Via Orazio Antinori, 4 - ROMA

È vietata la riproduzione in alcun modo senza il consenso scrittodell’Associazione Rumon Tiber

IL TEMPIO DI VENEdi Alberto Da

56LA VILLA DEI G

di Gabriele Ro

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SOMMARIO

ERE E ROMAanti

LA VILLA ROMANADI CASALOTTI

di Gabriele Romano e Luana Ragozzino

IL SANTUARIO DI GIOVE DOLICHENO

di Paola Chini

6 70 76GORDIANIomano

RECUPERATE A NEW YORK DUE OPERE STRAORDINARIE

di Flavia Piarulli

I SERVIZI SEGRETI NELL’ANTICA ROMA

di Annamaria Liberati e Enrico Silverio

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IL RESTAURO

PIL TEMPIO

DI VENERE E ROMA

Nelle due pagine: L’area archeologicacentrale in una veduta del 1925

Nella pagina accanto, in alto: VillaRivaldi: particolare del giardino

Nella pagina accanto, in basso: Il tem-pio di Venere e Roma e la collina Veliaprima degli interventi del periodo fasci-sta.Villa Rivaldi: particolare del giardino

er la celebrazione del decen-nale della Marcia su Roma, giànel luglio del 1931, si pensò, conun progetto eclatante e che benrispecchiava le dottrine politichedell’epoca fascista, di realizzareuna strada che dall’Altare dellePatria giungesse al Colosseo: lavia dell’Impero. Dal punto divista ideologico venivano così a

unirsi due importanti simbolidella storia di Roma e dell’Italia:quello riferibile ai valori delRisorgimento, fortemente sotto-lineato nella nuova urbanisticadell’Urbe dalla costruzionedell’Altare della Patria, e quellodell’antico Impero romano,ancora ben presente nella centra-lità del Colosseo. Il collegamentofra questi due monumenti, attra-verso la via dell’Impero, costitui-va quindi, per il Fascismo, uncompletamento naturale, rite-nendosi esso stesso erede e con-tinuatore di quelle due realtàstoriche e realizzando così unconsistente impatto scenograficoper la Capitale, finalizzato acelebrare le sue idee politiche elegittimando così le proprieambizioni di grandezza. L’unicoostacolo per il compimento diquesto programma urbanisticoera costituito da quella collinet-ta, denominata Velia, che sorge-va fra Palatino e Colle Oppio e

su cui si innalzava ancora, indirezione nord, la cinquecente-sca Villa Rivaldi.

Antichissima e connessa conle più antiche vicende legate allanascita di Roma, la Velia compa-re già, in stretto legame con ilPalatino, nel più antico elenco dimontes dell’Urbe, ilSeptimontium, risalente all’epocadei Re. Su di essa, in epocarepubblicana, sono attestate abi-tazioni private di notevole pre-gio, fra le quali spiccava la resi-denza di quel Valerio Publicolache rivestì la carica di consoleinsieme a Giunio Bruto nelprimo anno di fondazione dellaRepubblica (509 a.C.), e soprat-tutto, fra gli edifici di culto, iltempio degli dei Penati, piùvolte nominato dagli scrittoriantichi. L’aspetto di zona resi-denziale perdurò per molti seco-li se si considera che DomizioCalvino, all’inizio dell’età augu-stea, giunse a distruggere il

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sacello di Mutinus Titinus (anticadivinità fallica, assimilabile aldio Priapo), per costruire inquella zona i balnea della suacasa.

Ma per tornare alla distruzio-ne della Velia, è necessario ricor-dare che questi interventi non

erano stati previsti dal pianoregolatore del 1931, e persino nelprimo progetto relativo all’anda-mento della Via dell’Impero, lastrada doveva subire una devia-zione in prossimità della colli-netta, affinché venisse superatamediante una salita, salvaguar-

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Sopra: L’area monumentale centrale nelarticolare del plastico del Museo dellaCiviltà Romana

Sotto: Sterri per la costruzione di Viadell’Impero

dando così sia i giardini dellaVilla Rivaldi, sia le preesistenzearcheologiche affioranti in diver-se aree. Ma la fretta dei lavori egli accesi entusiasmi ideologicidel regime, diedero ampio spa-zio alle ruspe che operarono

profonde demolizioni, ridefi-nendo in modo del tutto nuovo eartificiale l’aspetto dell’area inquestione. Furono a questo pro-posito impiegate ingenti forze dimanovalanza e in condizioni ditotale mancanza di sicurezza,come testimoniano le statistiche,poco conosciute, relative ainumerosi incidenti sul lavoro. Ilrisultato fu l’asportazione dicirca 300.000 mq di terra chedeterminò lo sbancamento dellaVelia per una lunghezza di circa200 m, dopo che furono eseguitiselvaggi espropri a danno dinumerose famiglie e di artigianiche costituivano anche in questazona, uno dei tessuti più caratte-ristici e originali della città. I rin-venimenti archeologici furononotevolissimi, raccolti e conser-vati in casse per essere deposita-ti nei magazzini comunali, men-tre con grande premura furono,

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Sopra: Via dell’Impero durante i lavori diapertura

Sotto: Le strutture edilizie rinvenute aridosso della basilica di Massenzio

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solo in parte, documentate lestrutture murarie che via viaemergevano e che si riferivanospesso a lussuose abitazioni delprimo periodo imperiale. Fratutti questi ritrovamenti, due inparticolare meritano di esserericordati. Il primo si riferisce aquella lussuosa domus rinvenutasotto il giardino di Villa Rivaldi,e che ha restituito ambienti affre-scati con pitture ad encausto eun importante complesso diopere marmoree comprendentiritratti di imperatori e di illustripersonaggi del tempo, nonchécopie o rielaborazioni statuariedi originali greci, fra le qualispiccano la statua di Icaro e unatesta di Apollo, copia da origina-le attribuito a Fidia. Le opere inquestione sono attualmente con-servate presso la CentraleMontemartini. Il secondo nucleofu rinvenuto a ridosso del colon-nato del tempio di Venere eRoma, lungo il lato ovest, difronte all’ex convento di Santa

Sopra: Sterri durante i lavori di sventra-mento della collina Velia

Sotto: Ritratto di Caracalla dalla Domusdi Villa Rivaldi. Roma, CentraleMontemartini

Nella pagina accanto, in basso a sinistra:Testa di Apollo tipo Kassel dalla Domus diVilla Rivaldi. Roma, CentraleMontemartini

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Francesca Romana. Per quest’ul-timo si trattò di una sala ottago-na, pregevolmente decorata darivestimenti in lastrine marmo-ree, da cui si dipartivano quattrocriptoportici che furono ingloba-ti nelle successive fasi di fonda-zione di età neroniana ed adria-nea. L’ampiezza e l’orientamen-to di questi ambienti hanno fattoipotizzare una loro pertinenza airesti abitativi rinvenuti nell’areadella Villa Rivaldi. Di recente,inoltre, una più accurata analisidelle decorazioni marmoree hapermesso di proporre, per que-ste strutture, una datazione allaseconda metà del I secolo d.C.,ipotizzando anche che tutto ilcomplesso possa essere stato diproprietà della nobile famigliadei Domizi Enobarbi, della qualefece parte l’importante figura di

Sopra: Particolare dei motivi ornamentalipresenti sulla volta affrescata del criptoportico

Sotto: Statua di Icaro dalla Domus di VillaRivaldi. Roma, Centrale Montemartini

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Nella pagina accanto: Il criptoporticorinvenuto durante i lavori del 1932

A sinistra: Particolare del criptoportico

In alto: Ruderi rinvenuti sul lato norddella Velia

In basso: Particolare degli sventramentieseguiti per la costruzione di viadell’Impero

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Cneo Domizio Enobarbo, sposodi Agrippina Minore e padreNerone. Lo sbancamento dellaVelia ha anche evidenziato, sulversante nord, le strutture in cal-cestruzzo di fondazione e di ter-razzamento della collina chevennero eseguite all’indomanidell’incendio del 64 d.C., quan-do Nerone, approfittando deldisastroso evento, diede inizio aquel progetto urbanistico cheportò alla costruzione della suacolossale reggia: la Domus Aurea.Gli architetti dell’imperatoreavevano previsto e realizzatoproprio sulla Velia il monumen-tale ingresso, costituito da porti-ci e al cui interno doveva svetta-re la colossale statua bronzea diNerone, alta 120 piedi romani(circa 35 m). Alla morte diNerone anche la Velia rientrò nelprogramma che i Flavi attuarononel restituire alla funzione pub-blica tutte le aree che il loro pre-decessore aveva impropriamen-te destinato agli usi della suapolitica egemonica e in partico-

lare la statua colossale, purrestando nella sua posizione ori-ginaria, venne trasformata inun’immagine del dio Sole.

Pochi anni dopo la sua elezio-ne a imperatore nel 117 d.C.,Adriano decise di erigere untempio alle due principali divi-nità protettrici dell’impero:Venus Felix, quale progenitrice diEnea, e Roma Aeterna. Fortunaatque Aeternitas, quindi, due con-cetti ben radicati in questo perio-do di maturazione dell’imperoromano, pregni di simbolismo, ein cui Adriano volle racchiudereanche l’unione fra le origini diRoma e il suo futuro, qualeguida del mondo, nonché unafusione fra Oriente e Occidenteche l’impero stesso aveva deter-minato. La scelta della Veliacome sito di quello che si appre-stava a essere il più grande tem-pio mai realizzato a Roma, fudettata senza dubbio da motivi

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Nella pagina accanto, in basso:Particolare di uno dei pozzi

A sinistra: Un momento dello svuotamen-to dei pozzi venuti alla luce durante losbancamento della Velia

In basso: Panoramica del taglio della Veliavista dal Colosseo

Sotto: Panoramica del taglio della Veliavista dal Vittoriano

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Sopra: Ricostruzione immaginaria degliedifici posti sulla Velia visti dal ClivoPalatino: si ricon0osce in primo pianol’Arco di Tito e sullo sfondo il tempio diVenere e Roma

A destra: Pianta del tempio di Venere eRoma dalla Forma Urbis Romae diRodolfo Lanciani

Nella pagina accanto: Nel disegno diGiuseppe Gatteschi, il colosso e il tempio diVenere e Roma dietro

scenografici: se da un lato, infat-ti, il tempio costituiva unamagnifica quinta prospettica sulversante orientale del Foro, essopoteva anche ammirarsi in tuttala sua grandezza dai diversipiani dell’Anfiteatro Flavio. Perrealizzare questo progetto fupertanto necessario demolire inparte la precedente fase neronia-na, mantenendo e ampliando ilterrazzamento posto sulla Velia.Il Colosso venne spostato con laforza di 24 elefanti e una voltaliberata l’area fu posta la primapietra. Era il 21 aprile del 121

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d.C., dies natalis di Roma. Uomo colto e dedito agli

studi e all’esercizio di tutte lescienze e delle arti allora piùseguite: medicina, canto, geome-tria, pittura, plastica, Adriano fuanche architetto e a lui si deve ilprogetto esecutivo del tempio.Dione Cassio (storico greco, vis-suto a cavallo tra il II e il III seco-lo d.C.), nella sua Storia Romana,ci descrive, in modo assai pun-tuale, le vicende o meglio ildiverbio sorto tra l’imperatore eApollodoro di Damasco (autoredelle grandi opere ufficiali delprincipato di Traiano), che andòquindi incontro a una tristesorte. Apollodoro, infatti, eraabituato a discutere con Traianoogni nuova creazione o progettoin fase di esecuzione, e immagi-nava di avere le stesse facoltà

anche con Adriano che, diversa-mente, non tollerava critichealtrui. Un primo momento ditensione fra i due si ebbe, ancorvivo Traiano, quando volendo ilgiovane principe intervenirepersonalmente su alcuni proget-ti, fu lapidariamente allontanatoda Apollodoro che lo apostrofòcon queste parole: «vai a dipin-gere le zucche, poiché null’altrotu puoi comprendere». Divenutoimperatore, Adriano, che nonaveva mai dimenticato l’offesa,esiliò il noto architetto, ed eseguìegli stesso i principali pianiurbanistici e architettonici perl’Urbe. Tuttavia, a riguardo delprogetto del tempio di Venere eRoma, l’imperatore chiese nuo-vamente consiglio e approvazio-ne all’architetto damasceno, che,fermo nelle sue idee, inviò ulte-

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Sopra: Plastico ricostruttivo del tempio diVenere e Roma visto dal versante del ForoRomano

Sotto: Pianta del tempio di Venere e Roma:in evidenza le due fasi costruttive di etàimperiale

riori critiche sia in relazione allalimitata altezza del podio, sia aproposito delle due statue diculto, troppo alte rispetto allenicchie, tanto che le divinità, sepur lo avessero voluto, nonavrebbero potuto alzarsi. Dopoqueste risposte Adriano atteseanche qualche anno prima di far

Nella pagina accanto, in alto: Sezioneprospettica ricostruttiva della fase massen-ziana del tempio di Venere e Roma visto davia dei Fori Imperiale

Nella pagina accanto, in basso: IlTempio di Venere e Roma in in disegno diGiuseppe Gatteschi

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uccidere Apollodoro nella suaresidenza in esilio.

Una volta avviati i lavori,questi perdurarono per moltianni e il tempio fu terminatosolo sotto il principato diAntonino Pio che lo dedicò nel138 d.C., come testimoniano lemonete coniate sotto quest’ulti-mo imperatore. Il tempio siestende su una piattaforma di145 per 100 m (500 per 300 piediromani), che in parte poggia sul-l’altura della Velia, in parte siestende verso la valledell’Anfiteatro colmando così ilrelativo salto di quota. Su questaplatea fu collocata, limitatamen-te ai lati lunghi che erano borda-

ti da un’alta struttura murariaarticolata all’esterno (lato viaSacra) in nicchie, un’area porti-cata, formata da colonne di gra-nito grigio e caratterizzata alcentro da due propilei rientranti,le cui colonne presentavanoaltezza e diametro maggioridelle altre e un marmo di diffe-rente qualità e cromia. I lati cortierano invece aperti e occupati,quello verso il Foro da una gra-dinata, quello verso il Colosseoda semplici scalinate laterali.L’area destinata al tempio vero eproprio si trovava leggermentesopraelevata rispetto al pianodel portico e circondata da undoppio periptero (diptero) di

colonne in marmo cipollino diordine corinzio (dieci sulla fron-te e ventidue sui lati lunghi). Siaccedeva quindi al cuore delsantuario che, diversamente daquanto ci si potrebbe aspettare inun tempio canonico, era costitui-to da due celle, ciascuna conantistante pronao, contigue eopposte, aventi in comune ununico muro di fondo. I rispettiviingressi erano quindi collocatiuno verso il Colosseo (deaVenere) e l’altro verso il Foro(dea Roma). Quando nel 283d.C., sotto il principato diCarino, il tempio venne devasta-to da un incendio si pensò allasua ricostruzione solo con l’av-

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vento al potere di Massenzio(306-307 d.C.). Agli interventi diquesto periodo si deve attribuirel’aspetto attuale del tempio.Furono infatti realizzate le dueabsidi con soffitto e catino a cas-settoni stuccati, secondo la modaarchitettonica del tempo; le cellevennero coperte con volta abotte e infine le pareti furonodecorate da nicchie con il timpa-no alternativamente triangolaree centinato e delimitate da colon-nine di porfido su mensole.L’uso di interrompere la staticitàdelle pareti mediante nicchiemosse da colonnine su mensolesi ritrova, per questo periodo, inaltre strutture monumentaliquali la vicina basilica diMassenzio, il muro di fondodella piscina delle terme diDiocleziano o la Curia nel Fororomano (nel restauro dioclezia-neo). Anche il pavimento, cosìcome lo si può ammirare all’in-terno della cella dedicata alladea Roma, era improntato a unaforte policromia, mediante l’usodi incrostazioni marmoree amotivi geometrici, fra cui pri-meggiava il porfido.

Ritornando alla fase adrianeadell’impianto templare, c’è da

sottolineare che la forma e lapianta dell’edificio si manifesta-no nella loro singolarità, percerti aspetti rivoluzionaria. Ilrichiamo e la parziale ripresadelle grandi architetture elleni-stiche, per la quali Adriano ebbeuna vera e propria passione (nona caso sotto questo imperatore siconclusero i lavoridell’Olympeion di Atene), si uni-sce al rifiuto e alla contrapposi-zione allo schema canonico deitempli romani su alto podio.Tuttavia un certo compromessoarchitettonico con la cultura clas-

In basso, a sinistra: Il cantiere di restau-ro e di ricostruzione di alcune delle colonnedel portico esterno del tempio

Sopra: Il tempio di Venere e Roma in unaveduta della fine dell’Ottocento

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sica si nota nel mantenere diver-si elementi propri degli edificitemplari, quali il diptero dicolonne e la forma canonicadelle singole celle; necessario tri-buto a quella civiltà greco-roma-na, per molti secoli imperante, acui anche il rivoluzionario perio-do architettonico iniziato daAdriano, si sente in dovere dioffrire.

Le vicende che interessano iltempio di Venere e Roma non siesauriscono con la finedell’Impero romano. Come spes-so accade per i più importanti eprestigiosi monumenti di Roma,la sua rovina fu procurata piùdalle opere di saccheggio chedagli eventi naturali o dal suoabbandono. Ancora nel 365 d.C.Ammiano Marcellino annoverail tempio fra le meraviglie diRoma. Intorno all’anno 640 d.C.papa Onorio I, dopo aver ricevu-to parere favorevole dall’impe-ratore di Bisanzio Eraclio,asportò le tegole dorate del tem-

pio per riutilizzarle sulla coper-tura della nuova basilica di S.Pietro. La spoliazione delle tego-le proseguì da parte dei Saracenidurante il sacco dell’846 d.C. peressere completata da Paolo VBorghese (1605-1621). La costru-zione della chiesa di S. MariaNova a opera di papa Paolo I(757-767) sul sito della platea edel pronao della cella dedicataalla dea Roma e la sua successi-va trasformazione nella chiesa diS. Francesca Romana, contri-buirà in modo determinante allaspoliazione delle strutture deco-rative del tempio di Venere eRoma.

Rodolfo Lanciani ricordaancora che, al tempo di CarloFea, Soprintendente alleAntichità all’iniziodell’Ottocento, si stava conti-nuando l’opera di asportazionedei marmi, da utilizzare, in que-sto caso, per i lavori intrapresipresso la basilica di S. Paolofuori le mura. Solo il tempestivointervento del Fea impedì il per-pretarsi di quest’ultimo atto divandalismo.

Il recupero del tempio diVenere e Roma comincia proprioin quegli anni iniziali del XIXsecolo. Sotto l’amministrazionefrancese si eseguirono i primiscavi sistematici (1810-1814), per

Sopra: Particolare del cantiere di restaurodel tempio di Venere e Roma nel 1932

Sotto: Veduta del tempio di Venere e Romain una foto del 1932

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Sopra: Panoramica del Tempio di Venere eRoma durante i lavori di restauro

A destra: Il cantiere di restauro e di rico-struzione di alcune delle colonne del porti-co esterno del tempio

Nella pagina accanto: Veduta del lato deltempio dedicato a Venere dal Colosseo

continuare ad opera del Nibbytra il 1827 e il 1829.

Un decisivo apporto per latutela e la salvaguardia dei restimonumentali del tempio si ebbea partire dal 1932 per merito delMuÀoz. In previsione della visi-ta di Hitler a Roma nel 1938,furono avviate indagini archeo-logiche mirate a meglio com-prendere il complesso monu-mentale nel suo aspetto origina-rio. Partecipò a questi lavori iltrentottenne archeologo AntonioMaria Colini. Egli, nelle sue rela-

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zioni di scavo, lamentò sin dalprincipio l’impossibilità di docu-mentare quanto stava emergen-do proprio a causa dell’urgenzacon cui si procedeva, a tal puntoche, in molti casi, non gli fu per-messo di stilare gli stessi rappor-ti di scavo. Sempre in questianni, vennero rialzate alcunecolonne del portico laterale uti-lizzando i numerosi frammentidi granito grigio che si trovava-no ancora sul posto; fu inoltrerealizzato, com’era d’uso duran-te il periodo fascista, il totale iso-lamento del monumento, com-piendo anche saggi di scavovolti a indagare la tecnica

costruttiva della platea di sostru-zione. Infine l’opera di abbelli-mento fu completata mediantepiante di ligustro che ripetevanoil tracciato della peristasi dellecolonne, siepi di bosso lungo ilpercorso dei gradini, e infinealloro a sostituire le pareti dellacella di Venere. Si adottò in que-sto modo quel principiodell’’integrazione dell’immagi-ne’ dei ruderi, mediante vegeta-zione classica, auspicato daGiacomo Boni all’inizio del XXsecolo nel suo sperimentale pro-getto denominato ‘Flora delleRuine’.

Al medesimo periodo si

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Sopra: Gli interventi integrativi eseguiticon essenze arboree sul lato della cella diVenere

Sotto: Particolare del punto di contatto frale absidi delle due celle

A destra: Platea e tempio visti dalla viaSacra come appaiono ai nostri giorni

devono altri interventi di restau-ro e consolidamento eseguiti daAlfonso Bartoli (responsabiledella parte del tempio incorpo-rata nell’ex Convento di S.Francesca Romana, trasformatoin Antiquarium Forense da

Giacomo Boni) all’interno dellacella della dea Roma e che anco-ra oggi si possono ammirare,malgrado una certa forzaturainterpretativa adottata nel ripri-

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Sotto: La cella della dea Roma come appa-re ancora oggi dopo il restauro di A.Bartoli negli anno trenta del XX secolo

stino della pavimentazione. Gliultimi interventi di scavo e diindagine conoscitiva si sonosvolti all’inizio degli anni ottan-ta dello scorso secolo, sia per

chiarire alcuni aspetti strutturalidel monumento, sia per crearenuovi drenaggi alle murature. Sigiunge così ai nostri giorni quan-do attraverso un nuovo progettodi recupero dell’area, è statofinalmente possibile riaprire allafruizione pubblica gran partedegli spazi pertinenti al tempio.Un nuovo percorso didatticoconduce, infatti, il visitatorelungo il portico, dove mirabile esuggestivo è il panorama che siapre sulla valle del Colosseo,fino ad entrare nelle due celleche ancora conservano, malgra-do il passare del tempo, un’at-mosfera di profonda sacralità. �

In basso: Particolare del portico dell’exConvento di S. Francesca Romana con lapavimentazione pertinente alla cella elladea Roma

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IL RINVENIMENTO

IARCHEOLOGIA

E STORIA DEL XVIIIMUNICIPIO

In alto: Pianta della zona

A destra: Panoramica della Polledrara diCecanibbio

Nella pagina accanto, in alto: Teschio dielefante

l suburbio oggi compreso nelXVIII municipio di Roma eracaratterizzato nell’antichità daitracciati delle via Aurelia eCornelia e da una vasta area cheha conservato tracce della fre-quentazione umana a partire giàdal Paleolitico. Per dare un’ideadell’estensione di questo territo-rio basti pensare che raccoglie

sotto la sua amministrazioneun’area compresa tra i quartieriAurelio, Trionfale e Primavalle,fino alle zone dell’agro diCasalotti e Castel di Guido.Studi e ricerche archeologicheeffettuate nel corso degli ultimidecenni hanno permesso di rico-struire la storia legata a questoterritorio. Si sono infatti rilevatetracce della frequentazioneumana a partire dal Paleoliticograzie a ritrovamenti di manu-fatti in selce insieme a ossa digrandi mammiferi oggi estinti enon più presenti in queste aree,come rinoceronti, elefanti, ippo-potami e cervi. A questo propo-sito va ricordata la Polledrara diCecanibbio uno dei più ricchigiacimenti paleontologici rinve-nuto nella zona di Castel diGuido. Qui scavi del 1985 hannoriportato alla luce una parte del-l’ambiente paludoso che caratte-

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rizzava la zona circa 300.000anni fa, con il letto di un corsod’acqua nel quale sono presentinumerosi reperti fossili apparte-nenti all’elefante antico e al bueprimigenio. Notevole lo schele-tro di un elefante che rimaseimprigionato nel fango e checonserva tra le vertebre un cra-nio di lupo. Accanto ai resti fos-

sili troviamo inoltre la presenzadi manufatti litici, testimonianzedella presenza dell’HomoErectus. Nel resto dell’areasuburbana presa in esame si tro-vano si sono trovate poi nume-rose testimonianze della presen-za umana anche durante ilPaleolitico medio, tracce chescompaiono poi fino all’età delrame e del Bronzo, quando cen-tri abitati di modestissimedimensioni sembrano rintraccia-bili dalla presenza di reperticeramici.

A partire dall’VIII secolo a.C.questa vasta area è caratterizzatasecondo la tradizione romanadai Septem Pagi, sette villaggi interritorio etrusco che Romolo,secondo la tradizione, avrebbeconquistato sconfiggendo iVeienti e assediandoli nella lorocittà. Si trattava in sostanza diuna zona di confine tra Roma egli Etruschi, importante perchépermetteva il controllo della rivadestra del Tevere e delle salinealla foce del fiume. A questo pro-posito va ricordata la scopertaeffettuata nel 1983 di un abitatoarcaico in località Acquafreddaall’altezza del sesto miglio dellavia Aurelia. Si tratta di un centroabitato probabilmente etruscocaratterizzato da un sistema didifesa a fossati che doveva tro-

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Sopra: Disegni di utensili in selce dalPaleolitico

Sotto: Canalizzazione romana sotto latenuta Oliveto o Fonte di San Mario

varsi nei pressi del confine traRoma e il territorio etrusco. Inseguito all’espansione romanatutto questa area venne caratte-rizzata dalla presenza di ville epiccoli centri a carattere agricoloche sorsero lungo i tracciativiari, in particolare lungo l’anti-ca via Roma-Caere, poi viaCornelia, probabilmente ricalca-ta nel tratto iniziale dall’odiernavia di Boccea, e inoltre lungo lavia Aurelia, creata da AurelioCotta nel III secolo a.C. su unprecedente tracciato, che daRoma proseguiva verso nordlungo la costa del Tirreno. La viaCornelia, costruita forse da unCornelio e già esistente nel IVsecolo a.C. come ricorda Livio,doveva partire insiemeall’Aurelia dalla Porta Aurelia (oPorta Cornelia) presso il PonteElio (Ponte S. Angelo) e passan-do attraverso il Vaticano oltre-passavano la Porta Cavalleggeri.L’Aurelia qui si divideva in due:Aurelia Vetus (verso VillaPamphili) e Aurelia Nova checon la Cornelia saliva sul colleVaticano. In questo tratto il pae-saggio era caratterizzato dallearcate dell’acquedotto Traiano eda ville suburbane, e, all’altezzadi Villa Pamphili, da necropoli ecolombari, ritrovati all’interno

dei giardini della villa, e da cata-combe cristiane come quella diCalepodio, una delle più antichedi Roma. La Cornelia e l’Aureliagiungevano più avanti al biviooggi conosciuto come laMadonna del Riposo che nell’an-tichità si trovava nel FundusCleandri, probabilmente di pro-prietà di Lucio AurelioCleandro, liberto e prefetto delpretorio dell’imperatoreCommodo. Molte antichità tro-vate in questa zona, compresatra le vie Aurelia Vetus e AureliaNova, sono state raccolte nelcorso dei secoli all’interno diVilla Carpegna. Costruita versola fine del XVII secolo dal cardi-nale Gaspare Carpegna la villafu sede di un’importante colle-zione di sculture antiche e dinumismatica. Alla morte delcardinale le raccolte passarono aiMusei Vaticani, mentre l’impor-tantissima biblioteca che vi eraconservata venne dispersa. Neigiardini e sui muri della villa si

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trovavano iscrizioni in latino edin greco, capitelli antichi, colon-ne e rilievi marmorei. Alcuni diquesti materiali, come alcuneepigrafi sepolcrali e urne cinera-rie scolpite con ritratti dei defun-ti, furono trovate nella campa-

gna circostante e rappresentanola vasta necropoli che dovevatrovarsi sui lati della viaCornelia. Scoperte più recenticonfermano questa sistemazionetopografica: una tomba di etàimperiale fu trovata ai primi del

Sopra: Basoli di strada romana

Sotto: Antica cava di pozzolana in localitàCasotto

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Novecento nei pressi di VillaCarpegna, insieme ad ottotombe coperte a “cappuccina”scavate nel tufo; ancora altretombe furono scoperte, tra que-ste una a camera scavata nel tufo

con tre letti funebri trovata nellazona di CirconvallazioneCornelia. Un’altra raccolta diantichità della zona si potevaammirare nella Villa fatta daPietro da Cortona nella Pineta

Sopra: Resti di opera cementizia di muro asacco

Sotto: Sepolcro in opera reticolata di etàimperiale. Località Riserva Grande

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A sinistra: Speco dell’acquedotto diTraiano presso l’Arco di Tiradiavoli

In basso: Acquedotto di Traiano

Sacchetti. Più avanti in localitàVal Cannuta, il cui nome sembraderivare dai canneti che la carat-terizzavano, i due tracciatidell’Aurelia si riunivano, prose-guendo insieme il loro cammino,mentre la Cornelia deviavaverso la via di Boccea, che sem-bra ricalcarla. Nel punto diincontro dell’Aurelia Vetus con laNova si trova la Torretta Troili chesi fonda sopra una villa romanadi cui oggi non rimane nulla.Anche in questa zona sono state

ritrovate alcune sepolture e dellecanalizzazioni del terreno per l’ir-rigazione di colture. Più avantilungo l’Aurelia si giunge in loca-lità Acquafredda dove si trovaun’altra Torre, dell’Acquafredda,anch’essa costruita su villa roma-na di cui non rimane più traccia.Qui si trova inoltre il fosso dellaMagliana la cui freschezza delleacque diede il nome alla località, edove nel 547 d.C. Totila re deiGoti si fermò prima dell’invasio-ne di Roma. Nella campagna cir-

costante sono stati trovati nume-rosi basoli riconducibili al trac-ciato della via Cornelia che inlocalità Montespaccato era fian-cheggiata da ville rustiche, di cuisono stati trovati alcuni ambien-ti, uno in particolare molto inte-ressante con mosaico pavimen-tale in bianco e nero caratterizza-to dalla figura centrale di Marsialegato ad un albero e motivivegetali tutto intorno. Anche inquesta località sono state trovatealcune tombe. Interessante inol-

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A pag. 34, in alto: Probabile antica cister-na romana sotto il casale di Santa Rufina

A pag. 34, in basso: Fistula aquaria dalbivio di Via Boccea e della Storta

A pag. 35: Base di tavola romana inmarmo con Protomi e Bassorilievi

A sinistra: Mosaico pavimentalePaleocristiano dalla Basilica di SantaRufina o Selva Candida

Sotto: Colonna Paleocristiana dalla TenutaLancellotti

Nella pagina accanto, in alto: L’Arco diTiradiavoli di Paolo V Borghese

Nella pagina accanto, in basso: Castellodi Boccea in una carta del 1500

tre la scoperta fatta nel 1936 diuna statuetta di basalto nero raf-figurante il dio Ptah con manto arete e scettro e nella parte poste-riore un piccolo obelisco scolpitoche reca iscrizione in geroglifici.Proseguendo verso Casalotti sitrova una villa romana recente-mente scavata, descritta inseguito. Tornando sul tragittodell’Aurelia troviamo comeprima statio, indicata nella TabulaPeutingeriana e nell’ItinerarioAntonino al XII miglio della via,la cittadina di Lorium, oggiCastel di Guido. Qui il ritrova-mento di una iscrizione dell’im-peratore Tito del 79 d.C. sembraconfermare la presenza di unavilla imperiale testimoniata dallefonti antiche e nella quale visse emorì nel 161 d.C. Antonino Pio enella quale soggiornò MarcoAurelio, che ricordava come lestrade del luogo fossero sdruc-ciolevoli e caratterizzate da fortipendenze. In tempi recenti èstata scavata qui la Villa delleColonnacce appartenente proba-bilmente a membri della corte

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imperiale e che risulta caratteriz-zata da un impianto termale conraffinati mosaici pavimentali.Nel territorio circostante sonostate trovate molte altre iscrizio-ne relative alla vita del luogo,come testi relativi a diritti di pas-saggio su proprietà private, epi-taffi di schiavi imperiali, comequello di Trofimo, amministrato-re delle proprietà imperiali, eiscrizioni di divinità come laFortuna. Scoperti inoltre moltilaterizi con bolli e fistule di

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piombo che testimoniano l’urba-nizzazione di questo territorio. IlNibby nei primi annidell’Ottocento parla di alcuniritrovamenti effettuati in questazona, tra cui statue di unaGiunone Velata, una Livia informa di Pietà ed una Domiziain abito di Diana, oggi conserva-te ai Musei Vaticani. Scopertainteressante è quella di un mau-soleo romano di IV secolo d.C.trovato sotto la chiesa di SantoSpirito che ne sfruttò le strutturecome fondazioni nel Seicento. Sitratta di una tomba a pianta cir-colare con grande pilastro cen-trale e deambulatorio circolarecoperto da volta a botte con cin-que nicchie sulle pareti che ospi-tano arcosoli per le sepolture.Una sesta nicchia comunica conil corridoio di accesso dellatomba che venne riutilizzato emodificato al momento dellacostruzioni di ambienti connessialla chiesa. Nei pressi si trova ilCasale della Bottaccia, origina-riamente fortificato da due torri,e nei cui dintorni son state trova-te importanti testimonianze di

opere idrauliche romane, comecunicoli, cisterne e conserve perl’acqua piovana. Sempre in que-sta zona è stato trovato nel 1987un mitreo del II secolo d.C. Neltardo impero tutta questa area siva spopolando lentamente fino altracollo seguito alla caduta del-l’impero e alle guerre gotiche.Solo pochi centri abitati si salva-no, tra questi Lorium che divieneanche sede vescovile, S. Rufina,

Sopra: Via di Castel di Guido, Casale dellaBottaccia

Sotto: Porta Cavalleggeri in una foto del1885

Nella pagina accanto, in alto: VillaCarpegna

Nella pagina accanto, in basso: PortaCavalleggeri nell’incisione di GiuseppeVasi del XVII secolo

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centro religioso di primariaimportanza scavato nel 1977-78con scoperta dei resti paleocristia-ni, e forse Malagrotta e Boccea.Nel corso dei secoli altre testimo-nianze si vanno sovrapponendonel tessuto di questo territorio,chiese, come Santa Maria delleFornaci e la Madonna del Riposo,ville come la Carpegna, torri ecasali, fino a giungere alla moder-na urbanizzazione che ha cambia-to radicalmente la topografia sto-rica di tutta l’area. Per concluderesi evidenzia una delle attività cheha caratterizzato parte di questovasto territorio suburbano diRoma e che ha trovato una conti-nuità dall’età romana fino agliinizi del Novecento: si tratta dellaproduzione dei mattoni che hacontribuito a creare i palazzi e lecase di tutta la città e che avveni-va all’interno delle fornaci. Lazona di via delle fornaci fuori

porta Cavalleggeri e PortaFabbrica ne porta ancora il nome,anche sull’altro versante delVaticano si lavorava l’argilla perricavarne laterizi, a Valle Aureliadove il toponimo Valledell’Inferno ricorda ancora oggi ilcalore e il fumo dei forni di pro-duzione e dove si conserva unadelle ultime ciminiere di questefornaci.

Bibliografia:A. Nibby, Analisi storico-topo-

grafica antiquaria della Carta deidintorni di Roma, Roma 1849.

A.V., Il Suburbio di Roma tra levie Aurelia e Cornelia, Roma s.d.

E. Carnabuci, Via Aurelia,Roma 1992

C.Calci, Roma archeologica,Roma 2002.

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LA VILLA ROMANADI CASALOTTI

Nel territorio del XVIII muni-cipio a Roma, nei pressi dell’an-tica via Cornelia, che dalVaticano portava fino aCerveteri, una villa di età impe-riale databile al II sec. d.C. conuna frequentazione attestata finoal IV sec. d.C., è oggi in partevisibile. Esattamente ci troviamo

in località Boccea e attualmentela strada moderna, via diCasalotti, ha tagliato la villa. Ilsuo rinvenimento, casuale,avvenne negli anni ’30 in occa-sione di lavori agricoli. In questaoccasione si rinvenne la parsrustica, con un deposito di dolia(grandi orci per olio e grano)

Sopra: Panoramica dello scavo della villa

Nella pagina accanto, in alto a sinistra:Particolare dell’ambiente pavimentato inlaterizio con cavità per dolio

Nella pagina accanto, in alto a destra:Pavimento a mosaico in bianco e nero conmotivi geometrici;

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costituito da due ambienti unosolo dei quali venne scavato.Questi due ambienti avevanodei pilastri in laterizio a soste-gno della copertura mentre idolia erano disposti irregolar-mente. All’interno di uno deidue ambienti erano conservati 8dolia. Poco lontano, sempredurante gli scavi degli anni ’30,si rinvenne l’impianto termaledella villa, che ha rivelato unodegli ambienti decorati conpavimento a mosaico decoratocon soggetto marino con nereidi, pesci e molluschi. Mosaici simi-li si ritrovarono in ambienti ter-mali di altre ville intorno Roma,come la villa di Plinio aCastetlfusano. Vicino a questoambiente, situato ad un livellopiù basso, ne venne fuori unaltro pavimentato in mosaicobianco.

Negli anni ’80, laSoprintendenza Archeologica diRoma riprese di nuovo gli scavi,mettendo in luce tre ambienti:uno a pianta rettangolare, pavi-mentato in laterizi con cavità cir-colare forse per un dolio; gli altridue pavimentati in cocciopesto elaterizio. Poco lontano una vascarettangolare, un pozzo, una basein pietra per un torcular (un tor-chio per la spremitura di olive ouva) ed una macina. Nel 2000, inoccasione del Giubileo, si ripre-

sero di nuovo gli scavi da partedella Soprintendenza, direttiancora dalla Dott.ssa RitaSantolini, che confermarono lapresenza di un impianto terma-le, attestato ancor meglio dallasala con le suspensurae (pilastriniin mattoni che sorreggono ipavimenti degli ambienti terma-li per permetterne il riscalda-mento) e la pars rustica, caratte-rizzata dai dolia e dal torcularium.

Nello stesso scavo del 2000 sirinvennero anche frammenti dicrustae parietali e intonaci dipin-ti e una fistula plumbea (tubo perl’acqua), con il nome diCalpurnia Caeia, forse la proprie-

taria del fondo.Dagli scavi eseguiti fino ad

oggi, risulta evidente che si trat-ti di una villa che segue un’evo-luzione simile a quella di altreville, attraverso varie fasi: dal-l’età repubblicana con la presen-za di cisterne e cunicoli e divisio-ne in parte residenziale e parteproduttiva, che si mantiene finoall’età imperiale con l’aggiuntadi un impianto termale. �

Sotto: Particolare delle suspnsurae di unambiente termale

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LA SCOPERTA

NIL SANTUARIO DI

GIOVE DOLICHENO

momento, infatti, si era a cono-scenza a Roma di pochi santuaridedicati a Iuppiter Dolichenus,divinità di origine orientale che,assimilata alla massima divinitàromana Iuppiter OptimusMaximus, aveva avuto un largoseguito nel corso del II e del IIIsecolo in tutto il territoriodell’Impero. In questo periodo,infatti, al culto e alla teologiaufficiale si affiancarono movi-menti sincretistici che tendevanoad avvalorare nuove correntifilosofico-religiose, strettamentelegate al dilagare di culti orienta-li misterici. Si assistette, quindi,al fenomeno di una larga diffu-sione di culti provenientidall’Oriente (alcuni già importa-ti in precedenza come nel casodei misteri eleusini di Demetra equelli di Iside). Anchesull’Aventino, forse meno che inaltre aree di Roma, sorsero alcu-ni santuari dedicati a culti stra-

In alto e in basso al centro: Due imma-gini relative allo scavo del santuario diGiove Dolicheno in Via S. Domenicosull’Aventino nel 1935

Nella pagina accanto in alto a destra:Pianta della zona con in evidenza il puntodel ritrovamento

Nella pagina accanto in basso adestra: Particolare di muro affrescato rin-venuto nell’area del santuario

el 1935, nel corso di lavori discavo per la costruzione di unafogna in via di S.Domenicosull’Aventino, vennero alla luce iresti di un santuario dedicato aGiove Dolicheno, che apparveimmediatamente di eccezionaleimportanza per la topografiadell’area, nonché per gli studistorico-religiosi. Fino a quel

nieri, tutti impiantati riadattan-do, secondo le esigenze cultuali,edifici privati già esistenti.Anche il santuario di GioveDolicheno sorse in un settore diun complesso abitativo tardo-

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spazi per accogliere il culto dedi-cato a Iuppiter Dolichenus. Il cultoassunse da subito una connota-zione sincretistica: ad essovenne associato anche quellodelle altre divinità già presentisull’Aventino, come è testimo-niato dal rinvenimento all’inter-no del santuario di numerosestatue di Serapide, Iside,

repubblicano, in uso fino allafine del I secolo e i primi anni delII sec. d.C.: in un’area originaria-mente scoperta, all’inizio del-l’impero di Antonino Pio, venne-ro eseguiti lavori adattando gli

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Dioscuri, Mitra tauroctono,Silvano, Artemide, Onfale,Ercole Vincitore, Venere, Apollo,Dioniso e di rilievi raffiguranti ilSole e la Luna,. Questa moltepli-ce quantità di raffigurazioni didivinità, per lo più già veneratesingolarmente sull’Aventino,dimostra probabilmente il parti-colare sincretismo e la qualitàastrale e cosmica (associazionecon Sole, Luna e Dioscuri) delculto di Giove Dolicheno nelsantuario aventinese, dove unastretta relazione è stata ipotizza-ta soprattutto tra GioveDolicheno-Giunone Dolichena eSerapide-Iside. Da quantoapprendiamo dalle fonti epigra-fiche e archeologiche rinvenute aRoma sin dal ‘500, sappiamo che

A sinistra: Gruppo statuario di Artemideed Efigenia con cervo. Dal Dolocenum.Roma, Musei Capitolini

In basso: Rilievo con Mitra che uccide il toro.Dal Dolocenum. Roma, Musei Capitolini

Sopra: Rilievo con rappresentazioni diGiove Dolicheno. Dal Dolocenum.Roma, Musei Capitolini

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A destra: Statua di Omphale. DalDolocenum. Roma, Musei Capitolini

In basso: Nella foto d’epoca un momentodel trasporto delle statue rinvenute nelcorso degli scavi

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A sinistra: Il cunicolo di discesa nellaDomus adiacente al Santuario

In basso: Particolare di un ambiente dellaDomus con finestra a bocca di lupo

A destra: Ambiente centrale della Domuscon passaggio ancora interrato e pavimentomusivo

nell’Urbe esistevano diversi san-tuari dedicati a IuppiterDolichenus (sull’Esquilino, sulCelio, sul Quirinale, nelTrastevere e nell’Isola Tiberina),di cui uno sull’Aventino, men-zionato dai Cataloghi Regionari(lista di edifici compilata proba-bilmente in età costantiniana)con il nome di Dolocenum.

L’area del santuario, dellaquale si conoscono il limite nord,est e ovest, attualmente non èpiù visibile perché rinterratasubito dopo lo scavo (sono statilasciati praticabili soltanto alcu-ni ambienti della domus adiacen-te, accessibili attraverso unabotola posta sul marciapiede).Essa si compone di tre vani, di

cui quello centrale più ampio.L’aspetto del complesso è possi-bile immaginarlo guardando ilplastico (conservato presso iMusei Capitolini) che fu esegui-to all’epoca dei lavori di scavo.L’area si compone principalmen-te di tre ambienti, suddivisamediante muri che testimonianovarie fasi costruttive e restaurieseguiti nel corso del III sec. d.C.

Il primo ambiente a ovest,una sorta di vestibolo (da alcuniinterpretato come sala per ilculto o come schola), presenta sullato settentrionale una grandenicchia con la parete, originaria-mente rivestita da mosaici emarmi, ornata da tre nicchiette(inizialmente quattro) e con unbancone, coperto da una lastra

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Sopra: Particolare del passaggio dell’am-biente di destra

In basso: Particolare di affresco

Al centro in alto: Particolare dell’am-biente centrale e del passaggio al primoambiente di destra

Nella pagina accanto in basso:Particolare di affresco con uccello

Nella pagina accanto a destra:Particolare del Santuario durante gli scavi

marmorea, posto in basso.All’interno della muratura dellanicchia è stata trovata una mone-ta dell’imperatore Gordiano Pio(238-244 d.C.), che costituisce unterminus post quem della costru-zione di una parte dell’edificio.

L’ambiente contiguo, pavi-mentato come il primo a mosai-co bianco e nero, era probabil-mente la sala principale, diforma allungata e con due ban-coni (se ne sono trovati brevitratti) in muratura addossati allepareti lunghe, queste ultimerivestite di intonaci dipinti.Nell’angolo N-O della sala, daidentificarsi probabilmente conil cenatorium o triclinium (semprepresente nei santuari dedicati aGiove Dolicheno ad imitazionedei santuari mitriaci), è stata rin-

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Addossata all’iscrizione e allaparete N dell’ambiente, è venutaalla luce una sorta di cassa for-mata da tre lastre di marmo concolonnine scolpite agli angoli,probabilmente un altare, prece-duta da un’altra più piccola.Nella parte anteriore vi era un’a-ra rotonda anepigrafe di traver-tino. Gli altari erano probabil-mente destinati alle funzioniproprie del culto, durante il ban-chetto sacro.

Accanto, all’estremità setten-trionale dell’edificio, vi era unterzo ambiente, quasi quadrato,probabilmente con il tetto sorret-to da una sola colonna in cipolli-no posta al centro con la pavi-mentazione in mattoni bipedaliche denota l’importanza secon-daria del locale. La destinazione

d’uso di quest’ambiente è quellapiù problematica: era forse lega-ta a riti di lustrazione.Probabilmente, come in altriculti orientali, infatti, era presen-te anche un rito lustratorio,durante il quale i fedeli si purifi-cavano prima di accedere allaliturgia. Si ha la testimonianza,infatti, di alcuni santuari dedica-ti a Giove Dolicheno sorti pressopozzi o sorgenti d’acqua, pro-prio per soddisfare le esigenzecultuali.

Durante gli scavi è stata tro-vata una copiosa messe di mate-riale archeologico tra cui nume-rose iscrizioni contenenti ele-menti cronologici, necessari perla datazione del santuario, non-ché interessanti notizie sul cultoe sui fedeli. Dalle iscrizioni si

venuta in situ una iscrizionededicata a Giove Dolicheno daipatroni Annius Iulianus e AnniusVictor, contenente l’elenco dipatroni, di candidati e sacerdoti.Tale rilievo è molto importanteper la conoscenza dei gradi ini-ziatici del culto.

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Sopra: Il Santuario di Giove Dolicheno infase di scavo in Via San Domenicosull’Aventino

Sotto: Sculture ed epigrafi rinvenutedurante lo scavo

sono apprese ampie informazio-ni sul culto e sull’organizzazionedei fedeli, detti colitores o fratres.Categoria di essenziale impor-tanza era quella dei patroni, iquali probabilmente sosteneva-no economicamente il tempio ela comunità. Tra di essi, alcuniavevano anche funzioni cultuali

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Sopra: Plastico del Santuario di GioveDolicheno. Roma, Musei Capitolini

Sotto: Statue e iscrizione rinvenute duran-te lo scavo

e si distinguevano come candida-ti (probabilmente aspiranti alsacerdozio). Tra le cariche piùelevate della gerarchia sacerdo-tale (esclusivamente riservataagli uomini) vi era il pater candi-datorum, che presiedeva all’ini-

ziazione dei candidati o all’abili-tazione alla funzione sacerdota-le. Non sappiamo esattamentecome si svolgesse il rito. Oltrealle processioni, uno deimomenti essenziali doveva esse-re il banchetto rituale (comeavveniva anche nel culto mitria-co), la cui esistenza è testimonia-ta dal ritrovamento nei santuaridi sale con banconi e dalla noti-zia di termini quali triclinia ocenatoria. Non conosciamo esat-tamente come era composto ilpasto consumato, ma è probabi-le che una delle portate fossecostituita da carne di toro, ani-male connesso alla divinità stes-sa, anche se non sappiamo inquale momento della liturgiaesso venisse sacrificato. In modoparticolare il rinvenimento distatue e rilievi nei quali GioveDolicheno appare associato adaltre divinità ha evidenziato ilparticolare valore sincretisticodel culto al quale si rivolgevanofedeli provenienti da varie partidell’oriente: le immagini sacre e idoni votivi (statuette di offerentiegiziani, decorazioni zoomorfeecc.), rinvenute nel corso degliscavi, avevano lo scopo, proba-bilmente, di ricreare l’atmosferadella patria di origine. La valen-

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za sincretistica del culto doliche-no testimonia e conferma unfenomeno cultuale tipico dell’e-poca imperiale quando le divi-nità orientali sembravano parti-colarmente atte a soddisfare leesigenze spirituali dei fedeli,meglio di quanto non fosse pos-sibile agli dei tradizionali delpaganesimo romano. In modoparticolare nel corso dell’etàimperiale il predominio dell’ele-mento militare nella compaginedello stato romano fece sentire ilsuo influsso (legato anche alsempre più frequente recluta-mento di soldati tra gli orientali)e portò al dilagare i culti di divi-nità orientali, in particolareGiove Dolicheno e Mitra, cheassumevano l’aspetto di protet-tori dell’esercito. SoprattuttoGiove Dolicheno, era veneratocome protettore e trionfatoreperché garantiva il ritorno, l’in-columità e la vittoria di coloro

che si impegnavano in battaglia:proprio per questi aspetti eraparticolarmente caro ai militari.Infatti, l’aspetto caratteristicosotto il quale era sempre raffigu-rato Giove Dolicheno era di unadivinità guerriera con la bipennee il fulmine nelle mani e con l’a-bito tipico dei militari romani(tunica a maniche corte ricopertadalla corazza), con l’aggiuntadel berretto frigio, evidente indi-zio dell’origine orientale. Ilculto, infatti, era particolarmentediffuso a Doliché (attuale Dulukin Turchia) nella Commagène(regione compresa tra la Cilicia ela Cappadocia),

Giove Dolicheno ricoprivanello stesso tempo anche il ruolodi divinità soterica, ossia tutelaredel benessere della vita presentee di quella futura dei fedeli.Anche per questa sua qualità ilculto incontrò un largo favore intutto il mondo romano: una dif-fusione di ampiezza paragonabi-le a quella del mitraismo. Inoltregli attributi del toro, della bipen-ne e del fulmine individuano l’o-rigine di questa divinità, diffusanel mondo romano da militari emercanti siriani che veneravanonel loro territorio già in antico ildio della tempesta e della piog-gia Baal, dall’ambivalente natu-ra, divinità che protegge edistrugge: la pioggia causadanni al raccolto, ma è ancheportatrice di fertilità. L’idea dibenessere e di fertilità della

Sopra: Statuetta di offerente di tipo egi-zio. Roma, Musei Capitolini

Sotto: Epigrafe rinvenuta durante gliscavi

Nella pagina accanto in alto: Gruppostatuario di Giove Dolicheno su toro.Roma, Musei Capitolini

Nella pagina accanto in basso:Particolare dello scavo di Via SanDomenico

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quale Dolicheno sarebbe ildispensatore è rafforzata anchedalla presenza nel santuariodell’Aventino della statua diSilvano e di un Genio con cornu-copia, evidenti simboli di pro-sperità e abbondanza.

Il Dolocenum dell’Aventino,che raggiunse il suo massimosviluppo nell’età dei Severi, ebbeuna lunga vita rimanendo in usofino all’età costantiniana.Probabilmente, fu distrutto all’e-poca delle invasioni degliOstrogoti: risalgono, infatti,all’età ostrogotica undici piccolemonete di bronzo rinvenutedurante gli scavi, che rappresen-tano l’ultimo segno di vita delsantuario. �

Riferimenti bibliografici: P.CHINI, Il santuario di Giove

Dolicheno, in Aurea Roma. Dallacittà pagana alla città cristiana (acura di S. ENSOLI, E. LAROCCA), Roma 2000, pp. 288-294 (con bibliografia precedente).

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Nelle due pagine in alto: Il Mausoleo eparte della Basilica allo stato attuale

Nella pagina accanto in alto:Particolare dell’area negli anni ’50-‘6

IL RINVENIMENTO

LLA VILLA

DEI GORDIANI

e rovine che si vedono all’al-tezza del terzo miglio della viaPrenestina sono caratterizzatedalla presenza della strutturaconosciuta da secoli con il nomedi Tor de’ Schiavi e identificatacome un grande mausoleo chefaceva parte, insieme alle altrestrutture, di una grande villaimperiale. Tra il 1950 e il 1963

scavi condotti nell’area di questimonumenti emergenti dal terre-no hanno svelato, seppur inmodo non proprio scientificovisto che parte delle struttureritrovate vennero distrutte per lacostruzione di edifici moderni emanca quasi completamente ladocumentazione di questi lavori,la storia costruttiva di questavilla di Tor de’ Schiavi, da alcuniidentificata con la famosa Villadei Gordiani, la dinastia degliimperatori che regnò su Roma el’impero romano nella primametà del III secolo d.C. Questaidentificazione si basa unica-mente su un passo dell’HistoriaAugusta nella vita di GordianoIII scritta da Giulio Capitolino(Gord. III, 32) descrive lungo lavia la ricca villa della famigliaimperiale ampiamente restaura-ta e ristrutturata da Gordiano III(238-244 d.C.), esaltandone lagrandiosità, il fasto e la ricchez-

za: “Est villa eorum (Gordianorum)via Praenestina ducentas columnasin tetrastylo habens, quarum quin-quaginta Carysteae, quinquagintaClaudianae, quinquagintaSynnades, quinquaginta Numidicaepari mensura sunt. In qua basilicaecentenariae tres, cetera huic opericonvenientia et thermae, qualespraeter urbem, ut, nunc, nusquamin orbe terrarum.”

La villa dei Gordiani era dun-que costituita, secondo lo scritto-re del passo citato, da un portica-to con duecento colonne di pre-giati marmi, di cui cinquanta dimarmo caristio, cinquanta dimarmo claudiano, cinquanta dimarmo frigio o sinnadico e cin-quanta di marmo numidico. Nelricco possedimento imperialeerano inoltre tre basiliche, delleterme assai vaste che non aveva-no eguali nel mondo (a parteRoma) e la residenza imperialevera e propria.

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Essendo l’unica prova a soste-gno dell’identificazione dellestrutture al terzo miglio dellaPrenestina, portata per la primavolta dal Ficoroni nel Settecento,ovviamente cominciò subito unaaccesa discussione tra i vari stu-diosi, sostenitori o meno di que-sta identificazione, che continuaancora oggi.

Notizie di ritrovamenti escavi nell’area della villa si

hanno già a partire dal Seicento,con la scoperta di alcune iscri-zioni funerarie. Di conseguenzacominciarono i primi scavi nelSettecento documentati anchedai noti disegni effettuati daPiranesi che rimangono testimo-nianza di uno stato di conserva-zione di parti della villa oggipurtroppo non più visibile.Nell’Ottocento si conosconoalmeno quattro diverse campa-

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gne di scavo che portarono alritrovamento di mosaici, are,busti e sculture. Tra le sculturequi scoperte e poi passate nellacollezione del principeAlessandro Torlonia sono daricordare una copiadell’Olympias o Afrodite fidiacache venne restaurata daGnaccarini, allievo del Canova,un busto ritratto di Menandro,un busto maschile e la copia delcelebre gruppo di Boethos delfanciullo che strozza l’oca. Daquesti terreni sappiamo inoltreprovenire vari busti e lapidi poipassati ai Musei Vaticani, oltre almosaico pavimentale con la rap-presentazione della Gorgone sco-perto durante gli scavi del 1835 epoi collocato a Palazzo Massimo.Sempre in questo periodo si tro-varono altri mosaici pavimentalidi cui uno policromo con la rap-presentazione delle quattro sta-gioni, e proveniente dalle vastesale termali della villa, delle

Sopra: La sala ottagona negli anni ’50-‘60

Sotto: Ricostruzione grafica ipotetica dellaVilla dei Gordiani

Nella pagina accanto in alto: Piantadell’area archeologica

Nella pagina accanto in basso:Ricostruzione grafica ipotetica del Mausoleo

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quali venne trovato anche unpraefurnium. Inoltre numerosisono stati i ritrovamenti relativiad una necropoli ( sarcofagi elapidi funerarie) lungo la viaPrenestina proprio in corrispon-denza del tratto di Tor de’Schiavi.

Il toponimo moderno di Torde’ Schiavi si trova applicato algrande mausoleo a partire dalCinquecento, e viene dal nomedella famiglia che possedevaquesti fondi. In precedenza,forsa da epoca medioevale, erainvece conosciuto comeMonumentum Carucii (probabil-mente il nome di un’altra fami-glia) o monumentum quod diciturstatuarium. Nel Seicento tutta l’a-

rea faceva parte della tenuta diTor Sapienza di proprietà delCollegio Capranica, quindi suc-cessivamente passò sotto il pos-sesso della famiglia dei Massimoe dopo il 1870 divenne proprietàdei Lancillotti che all’inizio delNovecento la vendettero in lottida urbanizzare.

Interessante la descrizionedettagliata che Nibby nellaprima metà dell’Ottocento fa di

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queste rovine della VillaGordianorum nella sua “Carta de’dintorni di Roma”, in particolarequando afferma di vedere all’in-terno del grande mausoleo diTor de’ Schiavi, sotto le finestrecircolari, una fascia dipinta consoggetti cristiani, che mette inrelazione con un possibile riuti-lizzo durante il medioevo diquesta struttura come chiesa, inparticolare come chiesa di S.Andrea, dedicata probabilmenteall’apostolo e di cui rimanenome nel fondo (fundus s.Andreae) di questa zona menzio-nato in un documento dell’anno984. I dipinti medioevali osser-vati dal Nibby con soggetti cri-stiani sono documentati ancoraagli inizi del Novecento daTomassetti che li descrive comeormai quasi svaniti.

Lo scavo principale della villavenne effettuato da parte dellaSoprintendenza del Comune diRoma negli anni Cinquanta e

Sessanta del Novecento e portòalla distruzione di parte dellestrutture ritrovate per la costru-zione di una scuola nella zonanord del complesso. I lavori inte-ressarono dapprima le strutturedella villa, poi l’area ad ovest delMausoleo e quindi la necropolilungo la Prenestina, portandoalla luce parti superstiti dellastruttura, la basilica e una cata-comba, in seguito distrutta, invia Dignano d’Istria. Le ultimeesplorazioni archeologiche ven-nero effettuate negli anniOttanta del Novecento con lascoperta di un certo numero disepolture all’interno della basili-ca.

I lavori di scavo hanno per-messo di tracciare la storia delgrande complesso imperiale.Sappiamo dunque che la villaebbe origine in età repubblicanaed ebbe varie fasi costruttive chela modificarono fino ad assume-re aspetto monumentale di villa

imperiale. I resti della villarepubblicana che non furonodistrutti dalle ruspe furono rein-terrati subitodopo gli scavi, e sivide che intorno a questo nucleooriginario si svilupparono le fasiedilizie successive nel II, III e IVsecolo d.C. testimoniando comel’eventuale residenza deiGordiani si formò probabilmen-te inglobando ed espandendopreesistenti strutture architetto-niche.

Le rovine oggi visibili sonodistribuite lungo i due lati dellastrada con i resti più importantie imponenti collocati sulla sini-stra della via. Sulla destra invecesi trova una grande cisterna apianta quadrata con contraffortie due piani di sei ambienti cia-scuno, e intorno alla quale sipossono vedere i resti di altrestrutture.

Sulla sinistra della Prenestinainvece si trovano le principalistrutture monumentali dellavilla, ora all’interno di un parco.

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Nella pagina accanto: Planimetria delMausoleo

Sopra e sotto: Resti di una villaRepubblicana rinvenuta nell’area durantegli scavi degli anni ’50-‘60

Si possono vedere parti restantidi una cisterna in opera mistadel II secolo d.C. caratterizzatada grandi contrafforti, e a cuivenne sovrapposta una secondacisterna più tarda, coperta convolta a crociera e rivestita di coc-ciopesto. La cisterna superioredoveva costituire la vera e pro-pria riserva idrica della villa,mentre quella inferiore dovevaavere solamente funzione disostegno. La presenza di questeelevato numero di cisterne sem-bra trovare giustificazione nellapresenza di un acquedotto testi-moniata da un frammento diiscrizione, trovato vicino al trac-ciato della via Prenestina, relati-va ad un cippo di delimitazionedell’aqua Augusta, diramazionedell’aqua Claudia o dell’aquaAppia, che venne costruito all’e-poca di Tiberio e che doveva ser-vire al rifornimento idrico dellastruttura e all’alimentazione delsuo vasto e articolato complessotermale.

I resti della villa di età repub-blicana sono stati ritrovati allespalle di queste cisterne e sonocaraterizzati da murature inopera incerta e resti di mosaicipolicromi che, come detto in pre-cedenza, furono rinterrati inseguito agli scavi. Le esplorazio-ni archeologiche hanno permes-so di individuare varie fasi edili-zie della villa e almeno tre diver-si settori con funzioni diverse.La parte centrale era costituitada un atrio corinzio con seicolonne laterizie sul lato conser-vato (parte di queste strutture fudistrutta dalle ruspe nel corsodei lavori) con muri in operaquasi reticolata e pavimento incocciopesto, databili ai primidecenni del I secolo a.C. A suddell’atrio si sono trovati unaserie di ambienti restaurati piùvolte fino al IV secolo d.C.(murature in opera listata), mache originariamente dovevanoavere funzione di balneum, dellostesso periodo cronologico del-l’atrio. Ad ovest di quest’ultimovenne trovato un criptoportico aquattro bracci in opera reticolatacon volta a botte ribassata chevenne rimaneggiato più tardicon muri in opera listata e chedoveva avere probabilmentefunzione di cella vinaria. Tuttal’area della villa ad est dell’atriocentrale doveva essere riservataalla parte produttiva della strut-

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tura visto che sono stati trovatiambienti con cocciopesto evasche di decantazione per l’olioe il vino e stanze per la spremitu-ra di olive e uva. A sud dell’atriola presenza di scarse tracce nonha permesso di chiarire inmaniera precisa la funzione diquesto settore. La datazione diquesto nucleo originario dellavilla è del I secolo a.C. (probabil-mente in età sillana) con modifi-che fino al I secolo d.C.

Nella zona ad est di questonucleo originario della villa nelII secolo d.C. venne creato unsettore termale articolato intornoalla celebre aula absidata con

volta a forma di conchiglia.Questo caratteristico ambienteche originariamente doveva rag-giungere un’altezza di circa 12metri presenta un lato esternorettilineo mentre la parte internacurvilinea è caratterizzata danicchie (se ne conservano tre).Rimane inoltre parte della voltache ha appunto la particolaritàdi avere forma di conchiglia eche conserva decorazioni instucco. Sul lato est, opposto allato caratterizzato dalle nicchie,doveva aprirsi su un giardinocon un porticato curvo a duecolonne. Questa struttura dove-va avere funzione di ninfeo o di

In alto a sinistra: Resti di sepolture rin-venuti nell’area della villa dei Gordiani

In basso a sinistra: Catacombe cristianerinvenute negli anni ’50-‘60

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mostra d’acqua (per la presenzadi canalizzazione per l’acqua) edoveva inoltre essere in rappor-to con una più complessa strut-tura scenografica. Tutta quest’a-rea doveva avere gli ambientipavimentati con mosaici in bian-co e nero decorati da motivi geo-metrici.

L’altro grande monumentosuperstite si trova nell’area sud-ovest della villa. Si tratta dellagrande aula ottagona, monu-mento a cupola identificatocome ninfeo. Questo può esseremesso a confronto con la grandecupola di Baia e il Tempio diMinerva Medica di Roma. Sitratta di un’aula di pianta otta-gonale databile alla secondametà del III secolo d.C. ed iden-tificata come ninfeo o sala relati-va alle terme, di cui dovevanofar parte anche gli ambienti cir-costanti caratterizzati dalla pre-senza della pavimentazione amosaico. Un’altra ipotesi vuolericonoscere in questa sala unasorta di ingresso scenograficoalla villa, come ad esempioavviene per una struttura analo-

Nelle due pagine in alto: Resti dellavilla dei Gordiani negli anni ’50-‘60

Sotto a destra: Strutture della villa inopera reticolata e pareti con resti di intonaco

Sotto: Particolare di una parete affrescata

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ga nel caso del Palazzo diDiocleziano a Spalato.All’interno di questo ambienteottagonale si trovano quattronicchie rettangolari e quattronicchie curvilinee con decorazio-ni in stucco e finestre circolariper l’illuminazione. La copertu-ra è a cupola emisferica, in granparte crollata forse durante ilmedioevo, che si imposta suarchi di scarico e che vennealleggerita da anfore inserite infile concentriche nella muratura.Sui resti di questa struttura inetà medioevale venne costruitauna torre conosciuta nel XIII-XIV secolo come Monumentum,fondata sulla cupola antica cheproprio in questa occasionevenne forse ripristinata e rinfor-zata con l’aggiunta di un pilastrocircolare centrale di sostegnocostituito da scaglie di basalto etufo. Interessante notare comenel corso dei secoli vari studiositentarono di interpretare questomonumento, il Ligorio vi vollericonoscere un tempio, Piranesiun sepolcro, Canina e Nibby

un’aula termale.Nel settore est del parco si

trova il grande mausoleo roton-do conosciuto come Tor de’Schiavi. Il nome è derivato daVincenzo Rossi dello Schiavoche nel 1571 era proprietario delcasale noto in precedenza come

Nella pagina accanto: Gruppo scultoreocon fanciullo che strozza l’ocarinvenuta nell’area della villa. Roma,Musei Capitolini

Sopra: Resti della villa dei Gordiani, sullosfondo il Mausoleo

Sotto: Particolare di un pavimento musivodella villa

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Monumentum e di tutti i terrenicircostanti. Il grandioso monu-mento, dal diametro di base di19 metri, si articola su due pianie può essere accostato alMausoleo di Romolo sulla viaAppia. Il piano inferiore risultaessere seminterrato e vi si puòaccedere attraverso una portaposteriore. È costituito da unambiente anulare con nicchiesemicircolari e rettangolari allaparete che dovevano ospitere isarcofagi, e coperto da una voltaa botte sorretta da un grandepilastro centrale. Al piano supe-riore coperto a cupola si accede-va invece attraverso una scalina-ta che terminava con un pronaotetrastilo (ora crollato) cheimmetteva in un ambiente forseriservato allo svolgimento delculto e nel quale si aprono nic-chie che ricalcano la disposizio-ne di quelle del piano inferiore.La cupola anticamente dovevaessere nascosta dal prolunga-mento del cilindro di base nelquale si aprivano finestre roton-de. Il monumento viene datato

generalmente all’età costantinia-na grazie anche al ritrovamentonelle murature di bolli laterizidell’inizio del IV secolo d.C.Grazie ad alcuni disegni delSeicento di Pietro Santi Bartolisappiamo che la cupola dovevaessere riccamente decorata dapitture con scene di udienzeimperiali, divinità varie e la figu-ra di Giove in trono con il fulmi-ne e l’aquila imperiale. Il mauso-leo per dimensioni e prestigiotestimoniato dalle raffinate, ele-ganti e ricchissime decorazionidovrebbe essere attribuito ad unmembro della famiglia imperia-le, e, vista la sua cronologia, talemembro potrebbe essere ricerca-to tra i componenti della dinastiadei tetrarchi oppure tra gli espo-nenti della famiglia diCostantino. Altra ipotesi vuoleche invece tale mausoleo possaessere appartenuto ad un perso-naggio illustre non appartenentealla famiglia imperiale. Non c’ècomunque certezza sull’identifi-cazione del personaggio o i per-sonaggi sepolti all’interno del

grande Mausoleo all’internodella villa dei Gordiani. Un indi-zio ulteriore per cercare di risol-vere la questione relativa all’at-tribuzione del Mausoleo puòtrovarsi in un frammento d’iscri-zione rinvenuto nei pressi del-l’abside della basilica dove silegge la formula invicto, che puòessere riferita ad un imperatoredi III o IV secolo d.C.

A sud-est del mausoleo si tro-vano invece i resti della basilica,probabilmente edificata pocopiù tardi del mausoleo stesso,con la tipica pianta a circo (67 x29 m.) e composta di tre navate.Le navate laterali risultano sepa-rate da quella centrale da pilastriin opera listata che sostengonoarchi e che si prolungano neldeambulatorio che corre dietrol’abside. La basilica può essereaccostata a quella dei SS.Apostoli presso S. Sebastiano e aquella dei SS. Marcellino e Pietroal Mausoleo di Elena sulla viaLabicana. All’interno della basi-lica della villa dei Gordiani sonostate ritrovate 47 sepolture pove-rissime, forse tutte da attribuireal personale servile della fami-glia imperiale che doveva lavo-rare nella villa. Accanto alla basi-lica sono stati scoperti inoltreresti di colombari databili al Isecolo d.C. e delle catacombe,come in via Dignano d’Istria

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dove è stato rinvenuta una cata-comba su due piani.

Siamo dunque di fronte ad unmonuentale complesso funera-rio con basilica circiforme per lesepolture in prossimità di ungrande mausoleo e di un vastocimitero. Queste caratteristicheconsentono di accostare ilMausoleo di Tor de’ Schiavi alsopra citato Mausoleo di Elenacon la basilica dei S.S. Marcellinoe Pietro sulla via Labicana, com-plesso contemporaneo e appar-tenente allo stesso fondo costan-tiniano “ad duas lauros”.Possiamo utilizzare questo ulte-riore complesso funerario di Torde’ Schiavi per ricostruire unarticolato schema topograficoche nella tarda antichità caratte-rizzò buona parte del suburbioromano, costituito dagli elemen-ti Mausoleo – basilica cimiterialecirciforme – cimitero.

Gli elementi emersi dallericerche condotte nell’area dellavilla al terzo miglio dellaPrenestina non consentono diidentificare con sicurezza questestrutture con la villa deiGordiani, soprattutto in base alfatto che dagli scavi emerge lamancanza di materiali pregiatinel periodo compreso nellaprima metà del III secolo d.C.,corrispondente all’impero delladinastia dei Gordiani. È anche

probabile comunque che il setto-re riscoperto ed esploratoarcheologicamente della villa siaun altro rispetto a quello descrit-to dalle fonti e che di conseguen-za gli edifici descrittinell’Historia Augusta aspettinoancora di essere individuati. Leuniche corrispondenze monu-mentali alle parole delle fontiantiche potrebbero essere trova-te nelle imponenti strutture del-l’aula ottagona e del ninfeoriconducibili ad una lussuosazona termale. Ma al di la del pro-blema dell’identificazione sap-piamo comunque che questavilla di Tor de’ Schiavi dovetteappartenere alla famiglia impe-riale a partire dalla fine del IIIsecolo – inizio del IV secolo d.C.quando all’interno dell’area sicostruisce il grandioso Mausoleoil cui unico nome che possiamoattribuire finora è Tor de’Schiavi. �

Bibliografia:G. Romano, La villa dei

Gordiani, in Forma Urbis (suppl.),9, 2008.

M. De Franceschini, Ville del-l’agro romano, Roma 2005, 144-156.

M. Maiuro, Gordianorum villa,in Lexicon Topographicum UrbisRomae Suburbium, vol. III, 2005,31-36.

Nella pagina accanto in alto a sinistra:I resti di un ambiente termale allo statoattuale

Nelle due pagine in alto: Il Mausoleoallo stato attuale

In basso: I resti della Sala Ottagona allostato attuale

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Nelle due pagine: Il prof. Stefano DeCaro il Tenente Colonnello RaffaeleMancino e il Generale Pasquale Muggeodel nucleo Tutela Patrimonio Culturaledurante la conferenza stampa

Nella pagina accanto in alto a sinistra:Il Generale del nucleo Tutela PatrimonioCulturale Pasquale Muggeo

Nella pagina accanto in basso: LaDott.ssa Mona Forman dell’ICE di NewYork e il Generale Pasquale Muggeodurante la conferenza stampa

L’ATTIVITÀDEL TPC

LIL RECUPERO A NEW YORK

DI DUE OPERESTRAORDINARIE

e attività illegali a danno deibeni culturali (furti, falsificazio-ni, scavi archeologici clandestini,importazioni ed esportazioniillegali) sono, purtroppo, nume-rosissime: il furto, in particolare,costituisce una minaccia persi-stente. Fra le merci più in voga,da sempre, i reperti archeologiciche, dopo aver attraversato clan-destinamente la frontiera, sono

esposti nelle collezioni private,in gallerie d’arte e in musei, conla conseguente decontestualiz-zazione dell’oggetto. I miglioriclienti per i ricettatori risultanoessere i mercati esteri, caratteriz-zati da una forte domanda daparte di galleristi, case d’asta,collezionisti senza scrupoli e, nelpassato, anche di alcune istitu-zioni museali. Talvolta, però,non mancano buone notizienella lotta contro i furti d’arte e iltraffico internazionale di mate-riale archeologico, grazie ainotevoli risultati ottenuti dalComando Carabinieri Tutela delPatrimonio Culturale (TPC) che,in stretta collaborazione con ilMinistero per i Beni e le Attività

Culturali, le relativeSoprintendenze e gli organiinternazionali, ha saputo inter-cettare i binari principali deltraffico illegale e che dal 1969opera per consentire al patrimo-nio italiano di recuperare centi-naia di reperti finiti sui mercatiinternazionali per milioni emilioni di euro.

È il caso di due antichi reper-ti di particolare interesse storico-artistico, sottratti da musei italia-ni negli anni Ottanta e che, comealtri, hanno percorso molti chilo-metri seguendo il traffico illecitodi beni archeologici trafugati erivenduti illegalmente.Particolarmente curiose le circo-stanze del ritrovamento del

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torso marmoreo di statua acefalapanneggiata, raffigurante unadonna con una cornucopia, sim-bolo dell’abbondanza, al bracciosinistro, e identificabile con ladea Fortuna. L’opera, databile alI-II sec. d.C., fu rubata - assiemead altre sei sculture - nella nottefra il 15 e il 16 giugno 1988 daignoti che scassinarono la serra-tura d’ingresso del MuseoCivico ‘Pio Capponi’ diTerracina (Latina). Dal ninfeo diuna qualche villa romana (perornare il quale era stata proba-bilmente scolpita), la statuamigrò così in una delle più esclu-sive gallerie di antiquariato diManhattan, nella centralissimaMadison Avenue.

Quando viene notata daMichele Speranza, maresciallocapo del Reparto OperativoTPC, in vacanza con moglie efigli nella Grande Mela, l’opera èesposta in questa prestigiosa gal-leria. Incuriosito e insospettitodalla presenza di una tale scultu-ra di manifattura romana, il sot-tufficiale chiede informazioni alproprietario che, però, si mostraschivo circa la provenienza delbusto, contrario a far fotografarele opere esposte e si rifiuta dimostrare la licenza di esporta-zione che, in realtà, non ha maiposseduto. Al rientro del mare-

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sciallo in Italia sono partite leindagini e, in via cautelativa, èstata bloccata la vendita dellascultura. Le foto, scattate dinascosto con il cellulare, sonostate utili per il riconoscimentodel reperto, uno dei tanti scheda-ti nella banca dati del ComandoCarabinieri del nucleo TPC, unvero e proprio archivio informa-tizzato mediante cui anche i cit-tadini possono accedere a uncospicuo elenco di immagini e didescrizioni di beni artistici,archeologici e librari saccheggia-ti. Il gallerista, messo di fronteall’evidenza dagli agentidell’ICE (Immigration andCustoms Enforcement) diNewYork, ha deciso di restituirela statua romana e l’opera, gra-zie alla collaborazionedell’Ambasciata Americana, hafinalmente ritrovato la “via di

casa”: ci sono voluti sette mesiper accertarsi che si trattava delbene trafugato e ben vent’anniper ritrovarlo! Il busto marmo-reo, del valore di quasi 500 milaeuro, è stato riportato in Italia easpetta nel caveau del Comandoil nulla osta dell’autorità giudi-ziaria di Latina per essere ripor-tato nel suo museo.

Sopra: Il Maresciallo Capo MicheleSperanza del nucleo Tutela PatrimonioCulturale accanto al “ busto di donna concornucopia” da lui riconosciuto a New York

Sotto: L’immagine dell’asta di Sotheby’s NewYork nel 2006 quando venne “battuto” il bron-zetto romano raffigurante Zeus (o Poseidone)

Nella pagina accanto: Il bronzetto roma-no raffigurante Zeus recuperato daiCarabinieri del nucleo TPC

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Sempre dagli USA arriva uninedito bronzetto romano (cm24,7), raffigurante Zeus (oPoseidone) e databile anch’essoin epoca imperiale (I-II sec. d.C.),che fino alla notte del 13 maggio1980 era conservato nel MuseoNazionale Romano. Il preziosomanufatto, rinvenuto duranteuna campagna di scavo dallaSoprintendenza Archeologica diRoma presso la chiesa dei SantiSergio e Bacco degli Ucraini inpiazza Madonna dei Monti, eraancora inedito: se fosse statopubblicato, probabilmente,sarebbe stato più difficile ven-derlo all’estero. Molto spesso,infatti, il problema non è solol’assenza di sistemi antifurtoefficienti, ma di una mancatacatalogazione e pubblicazione: icontrolli antivandalici e antin-trusione, anche agli addetti allasorveglianza, sono essenziali,ma è altrettanto necessario gesti-re, mediante una capillare archi-viazione dei dati, la grande moledi materiale archeologico delnostro patrimonio. La straordi-naria opera, «una reinterpretazio-ne - secondo l’allora DirettoreGenerale per le Antichità delMinistero dei Beni Culturali, dott.Stefano De Caro - del tema diZeus di Capo Artemisio», unavolta approdata negli Stati Uniti,passa di mano in mano: divieneoggetto di una pubblicazione suuna nota rivista di antiquariatoamericana firmata da MarionTrue (ex curatrice delle antichitàdel J. Paul Getty Museum di LosAngeles, accusata nel 2005 dalgoverno italiano per traffico ille-cito di antichità assieme al mer-cante Giacomo Medici) e vienepersino esposta in una mostraorganizzata nel ClevelandMuseum of Art, prima di compa-rire, nel 2006, nella sedenewyorkese di una delle più anti-che case d’asta del mondo, laSotheby’s. Qui la statuetta èacquistata da una ignara signorae intercettata dai controlli del

Comando TPC che, grazie all’aiu-to di esperti dellaSoprintendenza Archeologica diRoma, in prima istanza delladott.ssa Rita Paris (direttrice delMuseo Nazionale Romano diPalazzo Massimo alle Terme efunzionario dellaSoprintendenza Archeologica diRoma), hanno riconosciuto l’e-semplare romano, la cui ultimavalutazione ammonta a 500 milaeuro. L’intervento mediatoredell’ICE è stato fondamentalenelle trattative con la proprieta-ria, che ha deciso spontaneamen-te di restituire alle autorità italia-ne il prezioso bronzetto: l’operatornerà presto alla fruizione pub-

blica fra i bronzi del MuseoNazionale Romano.

Durante la conferenza stampa,svoltasi il 19 novembre presso ilNucleo TPC, sono state presenta-te le opere recuperate e comuni-cate le dinamiche operative. Oltreal generale Pasquale Muggeo,nuovo comandante del NucleoTutela Patrimonio Culturale, e aigià citati maresciallo capoMichele Speranza, dott. StefanoDe Caro e il tenente colonnelloRaffaele Mancino (TPC), era pre-sente il vice direttore dell’UfficioICE di New York, la dott.ssaMona Forman, che ha contribuitoin prima fila nella positiva riusci-ta delle indagini. �

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In alto, a destra: Particolare di un rilievodall’arco di Traiano a Benevento.L’imperatore conclude un trattato con uncapo germanico alla presenza di Iuppiter,garante della fides contenuta in questoimpegno. Primo quarto del II sec. d.C.

Nella pagina accanto: Plastico di Romaarcaica, particolare della Rupe Tarpea,luogo di esecuzione dei traditori e dei viola-tori della fides

LA STORIA

SDALL’ETÀ ARCAICAALLA CRISI DELLA

REPUBBLICA

e si intende realmente capirequali fossero le minacce allasicurezza interna e chi fossero gliuomini chiamati a fronteggiarleè necessario, soprattutto per ilperiodo che va dall’età arcaicasino alla crisi della repubblica,comprendere il particolare rap-porto tra pubblico e privato, reli-

gione e diritto esistente in Romaantica e del tutto differente daquello dei moderni Stati occi-dentali.

La dimensione del “pubbli-co” non appare così distinta daquella del “privato”. Un ruolocentrale hanno gli organismifamiliari primitivi, la cui federa-zione intorno alla figura del re èalla base della stessa fondazionedi Roma. Essi appaiono in prin-cipio dotati di una marcatadimensione militare e sono spes-so identificati con le gentes.Ancora in epoca storica il poteredel capo famiglia aveva caratteretalmente “sovrano” che nei casidi alto tradimento la punizionedel colpevole spettava sia allacittà che al padre del traditore.

La religione costituiva a suavolta un elemento essenzialedella costituzione romana. Lastessa fondazione di Romasarebbe stata dovuta alla volontàdegli dei e non è dunque un caso

che proprio in età arcaica il mag-gior numero dei comportamentiilleciti considerati pericolosi perla città avesse natura religiosa.

Tra di essi vi era la violazionedella fides, cioè della buona fedeelevata a valore religioso ed adivinità, punita con la precipita-zione. Questa pena venne poiriservata proprio ai traditori,cioè a coloro che per eccellenzaviolavano la fides perché poneva-no in pericolo l’esistenza dellacittà e quindi offendevano anchegli dei che ne avevano guidato lacreazione.

Sino alla crisi della repubblicanon venne mai istituita una spe-cifica struttura per la raccoltadelle informazioni e la tuteladella sicurezza costituzionale. InRoma antica, infatti, tanto lasicurezza politica che quellapubblica per molto tempo pog-geranno non soltanto sulle ordi-narie magistrature, ma in largaparte anche direttamente sul

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sistema di valori civili e religiosidella città e sui meccanismi dicontrollo familiari e pubblici.Essi infatti realizzavano un per-vasivo sistema di controllo che sitraduceva in una vera e propriaauto regolamentazione di cia-scun cittadino.

Questo diffuso sistema di con-trollo sociale si basava sui mecca-nismi della vita associata ed è perquesto che la notte, cioè ilmomento in cui tali meccanismierano sospesi, veniva considera-ta come il teatro di congiure diogni genere. Venne riconosciutauna vera e propria presunzionedi pericolosità per qualsiasi riu-nione che non fosse stata unapubblica assemblea del popoloromano e specie per quelle svolte

di notte: “Sappiamo che nella Leggedelle XII Tavole è stabilito che nessu-no tenga delle riunioni notturne”.

La sicurezza dell’ordine inter-no non era affidata soltanto allemagistrature, all’auto regola-mentazione dei cittadini ed alladelazione, ma era anche il risul-tato dell’impiego di vincoli e rap-porti sociali preesistenti la fonda-zione di Roma e che affondavanole loro radici proprio nel mondodelle gentes aristocratiche, comela clientela, la sodalità, l’amicitia oil rapporto di patronato. Spessoinfatti magistrati o uomini pub-blici non esiteranno per fare fron-te a minacce portate all’ordinecostituzionale, ad impiegarerisorse personali o a mobilitareforze a loro fedeli proprio a causa

di quei legami di antichissimaorigine o di loro analoghi piùmoderni.

Durante i primi anni dellarepubblica aristocratica, adesempio, quando i patres doveva-no difendersi dalla giustizia rivo-luzionaria della plebe, spesso iclientes delle grandi famiglievenivano inviati a saggiare gliumori della folla o a tentareopere di dissuasione più o menocruente. Così ad esempio nelcaso del processo a Cn. MarcioCoriolano, che la tradizionevuole avvenuto nel 491 a.C.:“All’inizio si cercò di evitare il pro-cesso disponendo dei clientes chespaventassero singoli (plebei) pertenerli lontani dalle riunioni e daiconsigli della plebe”.

La crisi dellaRepubblica

Considerata l’importanza deivalori costituzionali laici e reli-giosi della repubblica, si com-prende perché nella storiografiala pericolosità delle congiure siaspesso sottolineata dimostrandocome i congiurati avessero crea-to una serie di vincoli e di valoriopposti ed inconciliabili conquelli che legavano ciascun citta-dino alla repubblica: questotema è presente anche nelle ora-zioni ciceroniane contro Catilina.

E’ tuttavia significativo delcaos istituzionale del I sec. a.C.come, nel quadro del suo sfortu-nato tentativo, Catilina si fosseriappropriato di alcuni simboli evalori repubblicani, cercando diproporsene come il legittimodetentore a tal punto da scende-re in battaglia con l’insegna del-

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l’aquila utilizzata da Caio Marionella campagna di quasi qua-rant’anni prima contro i Cimbried i Teutoni, e a morire come unvero soldato romano venendoritrovato agonizzante “in mezzoai cadaveri dei nemici”.

Ancor prima, la crisi dei valo-ri repubblicani è simboleggiatanel 133 – 132 a.C. dalla vicendadi Tiberio Gracco e dai tribunalistraordinari istituiti per punire isuoi sostenitori. Essa è anche lacrisi del sistema repubblicano diinformazione e sicurezza, che siera retto proprio su quei pervasi-vi valori.

Nascono nuovi strumentigiudiziari, tra cui le corti straor-dinarie per la repressione di sin-

goli crimini, che si trasformanospesso in organi inquisitori concui si mira a colpire il nemicopolitico della parte al potere inquel momento e spesso ciò èvero anche per le successivecorti permanenti di giustizia cri-minale.

Lo strumento impiegato dalsenato per fare fronte alle diver-se congiure e sedizioni che agita-rono questo periodo rimaseinvece il “senatoconsulto ulti-mo”, con cui l’assemblea auto-rizzava la reazione armata deiconsoli in nome della salvezzadella res publica. Pur essendouno strumento di dubbia costi-tuzionalità, la sua votazionedivenne una prassi abituale e

con esso divenne abituale la pro-clamazione del nemico politicocome “hostis publicus”, “nemicopubblico del popolo romano”,che equiparava il destinatario ainemici esterni della repubblica.

In questo clima di crisi conti-nuano ad esistere quei legamisociali che avevano dato vita alprecedente sistema di informa-zioni e sicurezza, ma essi ormaivengono piegati all’interesse delsingolo magistrato o del singolocomandante e non più al supe-riore bene della res publica.

Lo stesso Cicerone non esitò a

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Nella pagina accanto: Cippo terminalemenzionante i magistrati previsti dalla leggeagraria di Tiberio Gracco. Nel 133 – 132 a.C.la vicenda del tribuno ed i processi contro isuoi sostenitori manifestarono definitiva-mente la crisi dei valori repubblicani. DaAtena Lucana, prima metà del II sec. a.C.

A sinistra: Busto di Cicerone. Il famosooratore e uomo politico non esitò a fare usosenza scrupoli delle proprie spie anche a finipersonali. I sec. d.C.

In alto: Grande Rilievo delle imprese diTraiano, particolare della testa di un preto-riano. Lungo la paragnatide dell’elmo è visi-bile il simbolo dello scorpione

Sotto: Grande Plastico di Roma antica, par-ticolare della ricostruzione dei castra pere-grina sul monte Celio. L’organizzazione cheaveva le sue basi in questa caserma costitui-sce il primo esempio di una struttura real-mente specializzata nel servizio di informa-zione e sicurezza

servirsi delle proprie clientelecontro Catilina, lasciando lemagistrature della repubblica insecondo piano: “Senza che tu te neaccorga, gli occhi e le orecchie dimolti ti spieranno e ti terranno sottocontrollo, così come hanno fatto sinoad ora”. Ai contemporanei nonsfuggiva però che Cicerone,come altri, non era immune dalmalcostume dei tempi: “Non èforse vero che (…) ti sei procuratonumerosi individui assetati di dena-ro, attraverso cui tenti di sapere chiha provocato o sembra abbia provo-cato un’offesa, chi odia e chi è odia-

to, chi insidia e chi è insidiato? Permezzo di costoro tu lavori (…)”.

Pochi anni dopo, l’omicidiodi P. Clodio Pulcro ed il rogo delsenato apriranno la stradaall’impiego dei legionari diPompeo in ordine pubblicoall’interno del recinto sacro dellacittà e di lì all’uso dell’esercito inservizio di informazione e sicu-rezza politica la distanza saràbreve: già si intravede all’oriz-zonte l’istituzionalizzazione diqueste strutture militari con lecohortes praetoriae augustee.

I corpi armati che durantel’età delle guerre civili eranostati gli esecutori della volontàdi comandanti ed uomini politicivengono istituzionalizzati daAugusto e divengono ora il prin-cipale strumento della sicurezzainterna. La disciplina del crimi-ne di lesa maestà è aggiornatacon una nuova legge dell’anno 8a.C. L’apparato informativo ègarantito dalla creazione di un

Il principato

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Sopra: Pianta generale dei rinvenimentisotto S. Stefano Rotondo (da Lissi Caronna1986)

Sotto: Mitreo sottostante la chiesa di S.Stefano Rotondo dopo il restauro

servizio di comunicazioni pub-blico, il cursus publicus, nonchédal ricorso alla delazione giudi-ziaria già ampiamente usatadurante la repubblica ed anzifavorita dallo stesso sistemadelle corti permanenti di giusti-zia criminale, in cui ciascun pri-vato, e dunque anche un delato-re opportunamente instradato,

poteva rendersi promotore dellapubblica accusa.

Accanto alle coorti pretorie, ilsistema di informazione e sicu-rezza dell’impero continua a gio-varsi di una vasta gamma di per-sonaggi legati al principe da vin-coli personali o istituzionali manon necessariamente ricollegabi-li ai servizi di informazione esicurezza.

E’ solo con Traiano, o più pro-babilmente con Adriano, che tut-tavia si assiste alla creazione diuna vera e propria struttura spe-cializzata esclusivamente nellaraccolta delle informazioni e nel-l’esecuzione di compiti di sicu-rezza politica: si tratta di un com-plesso apparato che fa capo aduna caserma del monte Celio, icastra peregrina, il cui comandan-te rispondeva soltanto al prefettoal pretorio ed all’imperatore.

All’interno di questa organiz-zazione spicca il ruolo dei frumen-tarii, messaggeri, spie ed esecuto-ri delle condanne a morte emessedall’imperatore e dagli alti fun-zionari. Così ad esempio nel casodi M. Aquilio Felice, inviato nel193 d.C. da Didio Giuliano aduccidere il futuro imperatoreSettimio Severo: “(…) venne invia-to anche il centurione Aquilio, noto

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A destra: Dedica a Giuliano, “restitutoredel mondo romano”. A questo imperatore sideve un netto ridimensionamento dellaschola agentum in rebus, il servizio di infor-mazioni e sicurezza tardo imperiale. DaAceruntia, 355-363 d.C.

assassino di senatori, affinché ucci-desse Severo”. Evidentemente peròAquilio, noto anche come “assas-sino di comandanti”, dovette com-prendere la fragilità della posizio-ne di Didio Giuliano e passaredalla parte di Severo. Da un’epi-grafe apprendiamo infatti comeegli in seguito svolse una notevo-le carriera che lo condusse adiventare prefetto della flotta pre-toria di Ravenna.

Il tardo imperoLo spionaggio militare

dalle origini alla seconda guerra punica

Si deve probabilmente aDiocleziano lo scioglimento delservizio di informazione e sicu-rezza incentrato sui castra pere-grina del monte Celio e la suasostituzione con la nuova scholaagentum in rebus. Come già i fru-mentarii prima di loro, gli agentisono messaggeri, spie ed esecu-tori degli ordini dell’imperatoree degli alti funzionari. Essidipendono forse già conCostantino dal potente magisterofficiorum, il “maestro degli uffi-ci”, vertice della burocrazia cen-trale e periferica, della sicurezzapolitica e della sicurezza perso-nale dell’imperatore.

Degli agentes in rebus faceva-no parte anche i curiosi, ispettoridel servizio di comunicazionipubblico, ed i principes, inviati aricoprire ruoli dirigenziali nelleamministrazioni periferiche pergarantire l’uniformità dell’azio-ne di governo in tutto l’imperoecumenico.

Accanto agli agentes del“maestro degli uffici” continua-no ad operare anche altri fun-zionari legati da particolari rap-

porti di fiducia, spesso malripo-sta, al sovrano in carica. Tra diessi è tristemente famoso il nota-rius, cioè segretario imperiale,Paolo, detto “La Catena” siaperché “era bravissimo a creareindissolubili nodi di calunnie” cheevidentemente anche per i suoimodi brutali. Dopo aver imper-versato contro presunti nemiciinterni, Paolo venne arso vivonel 361 d.C. su ordinedell’Augusto Giuliano insiemecon l’agens in rebus Apodemio,“nemico serio ed instancabile ditutte le brave persone”.

Accanto a questi esempi pocoedificanti spicca invece il casodel notarius Filagrio, che nellostesso periodo arrestò su ordinedi Giuliano il re degli AlamanniVadomario.

La religione costituiva unaparte integrante della costitu-zione romana e la sua importan-za deve essere valutata ancheriguardo la politica estera emilitare. La fides infatti eradovuta anche ai popoli con iquali non esistevano rapporti dialleanza o contro cui si era scesiin guerra soltanto dopo un com-plesso rituale giuridico religio-

In basso: Plastico di Roma arcaica, partico-lare del tempio di Semo Sancus, DiusFidius. Il valore della fides è essenziale per lacomprensione dei principi del sistema diinformazione e sicurezza romano

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so che rendeva il conflitto una“guerra giusta” contro un nemi-co “ingiusto”.

L’intransigenza dei patres del-l’antica repubblica verso ognicomportamento contrario allafides e quindi anche contro lospionaggio è provata dallacuriosa circostanza per cui lalingua latina non possiede untermine preciso per indicare ilcomplesso delle astuzie da met-tere in campo contro il nemico,per esprimere le quali devericorrere alla lingua greca chedefinisce quei comportamentistrateghemata.

La seconda guerra punica edil massiccio ricorso fatto daAnnibale ad ogni spregiudicatostratagemma militare, indusseroalla fine i Romani ad adottare unatteggiamento meno intransi-gente. Nel conflitto annibalico,infatti, la fides romana dovetteopporsi al suo malvagio contral-tare, la Punica fides, ben rappre-sentata dalla stessa attitudine diAnnibale al travestimento edallo spionaggio: “(…) era solitousare parrucche adatte alle età piùdiverse e le cambiava di continuo:allo stesso modo cambiava gli abiti,scegliendoli sempre in accordo conle parrucche. In questo modo riusci-va a rendersi irriconoscibile nonsolo a quelli che lo vedevano disfuggita, ma anche a chi gli erafamiliare”.

Le guerre civili e lospionaggio militare

L’impero: guerra dispie tra Roma

e la Persia

Lo spionaggio militare roma-no venne affinato durante idrammatici anni delle guerrecivili che condussero alla finedella repubblica. I singolicomandanti militari crearonouna rete di servizi informativicostituita da soldati, liberti edamici a loro fedeli che anticipa

organizzazioni destinate adiventare istituzionali a partiredall’impero di Augusto.

Tra le figure di liberti chenelle guerre civili operaronoaccanto alle spie militari è il casodi ricordare Demetrio, che cat-turò Quinto Labieno, il figlio delfamoso legato di Cesare inGallia. Quinto Labieno si eraschierato con gli uccisori diCesare e dopo la loro disfatta siera alleato con i Parti, impegnan-dosi a combattere le forze diAntonio in Oriente. Infine, scon-fitto “Cambiata la veste fuggì e perqualche tempo visse nascosto inCilicia, ma in seguito fu catturatoda Demetrio. Questi era un libertodi Cesare inviato da Antonio aCipro, saputo che Labieno si eranascosto in Cilicia, fece delle indagi-ni e lo catturò”.

Avviandoci alla conclusionedi questi rapidi spunti, piacericordare che lo scacchiere nelquale in età imperiale era piùaccesa la guerra di spie tra Romaed i suoi avversari era natural-mente quello orientale, su cuiincombeva la minaccia persiana.Nell’uno e nell’altro fronte eranosempre attive spie che cercavanodi confondersi in tutti i modi coni mercanti in transito o con lapopolazione locale. Questa pre-senza aumentava naturalmentedurante i conflitti e proprio lo

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storico ed ufficiale imperialeAmmiano Marcellino racconta lacattura nel 359 d.C. di un diser-tore romano divenuto spia deipersiani: “(…) era nato in Gallia,preso la tribù dei Parisii, aveva pre-stato servizio in un’unità di cavalle-ria ma, temendo la punizione per uncerto crimine che aveva commesso,si era rifugiato presso i Persiani edin seguito, fattosi una famiglia conmoglie e figli, in considerazionedella sua onestà era stato mandatocome spia dalla nostra parte edaveva riportato spesso notizie veri-tiere. Adesso invece era stato invia-to dai nobili Tamsapore e Nohodare,che avevano comandato le schieredei razziatori, e ritornava da quelliper riferire quanto aveva appreso.Dopo di ciò, avendoci informaticirca i movimenti dei nemici, venneucciso”.

Procopio di Cesarea ricordainvece le spie romane in Oriente:“(…) da tempo l’erario pagavamolti individui che, recandosi pres-so i nemici ed entrando fino nellareggia persiana con il pretesto di

commerciare o in qualche altromodo ed indagando con esattezzaogni cosa, al loro ritorno in territo-rio romano potevano riferire alleautorità ogni segreto dei nemici”. �

Nella pagina accanto: Base di statuaeretta a Caio Mario. Durante la guerracivile tra Mario e Silla venne fatto unampio uso dei servizi di informazione esicurezza, spesso personalmente fedeli alsingolo comandante militare. Da CereataeMarianae, I sec. d.C.

Sopra: Particolare dalla Colonna Traiana.Due esploratori romani si apprestano ariferire a Traiano. Durante il II sec. d.C. gliesploratori militari si trasformeranno daguide di cavalleria in vere e proprie spie ingrado di penetrare in territorio ostile. IIsec. d.C.

Sotto: Particolare dalla Colonna Traiana.Gli esploratori romani comandati da Ti.Claudio Massimo tentano di raggiungere ilre dei daci Decebalo per catturarlo vivo. Nelcorso del II sec. d.C. le unità di esploratorisubiranno decisive trasformazioni e sarannospesso collocate lungo i confini con vere eproprie funzioni di spionaggio. II sec. d.C

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