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RIVISTA ON LINE I Quaderni · Judy Weiser (psicologa, arte terapista, trainer, autrice, consulente)...

Date post: 20-Jun-2020
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Arte come strumento di introspezione individuale e di indagine sociale Opere come medicine Soggettivo o oggettivo? Particolare o universale? Individuale o collettivo? La questione del “cosa” (contenuto) e del chi” (destinatario) nel campo dell’arte è stata oggetto di infinite disquisizioni, quando a ben guardare il gesto artistico rimane comunque l’espressione di un individuo nei confronti della collettività a cui appartiene, sia che parta da un’urgenza e un bisogno personali che da un fatto o una questione collettivi. Più che di categorie, quindi, l’arte per compiersi necessita della capacità sempre più rara di ascoltare, sia da parte di chi la fa che di chi la riceve. Ascoltare significa dedicare tempo e cura alla voce e alle istanze che da dentro sussurrano o urlano, e a quelle che da fuori chiedono attenzione, azione, reazione. Allora può accadere che un’opera nata dalle esigenze più soggettive riesca a parlare al mondo e, viceversa, che il problema di una comunità estranea ci tocchi nell’intimo. Perché ciò che l’arte riesce ad esprimere (quando ha qualcosa da esprimere) scatena un meccanismo emotivo che trasforma le semplici informazioni in esperienza personale, ovvero in qualcosa che non può più lasciarci indifferenti e che, di conseguenza, diventa difficile dimenticare. Coloro che hanno sperimentato questo fenomeno e questo potere (sia creando che fruendo) nutrono interesse e rispetto nei confronti dell’arte, ritenendola, più che un mezzo di intrattenimento, uno strumento raffinato di introspezione individuale e di indagine sociale, incredibilmente duttile nelle sue infinite applicazioni e potenzialità. Comprendono che l’uomo è specchio del mondo e dedicare tempo alle forme d’arte significa aumentare le occasioni per conoscere e conoscersi, crescere, condividere, trasformare. Opere come medicine, dunque, per raccontare la propria o l’altrui storia... Storie, che hanno Il potere di curare le ferite dell’anima, esprimendo se stessi o lasciandosi invadere dalle visioni degli altri, e che possono consolare, sciogliere, lenire, ispirare, dare forza, energia, speranza… In modi diversi, è anche la storia degli artisti che abbiamo scelto di presentare in questo numero. Buona lettura e Buona Estate a tutti voi! (di Daniela Bestetti) I Quaderni - editoriale pag.1 I Quaderni di Nuova Scena Antica GALLERY GIUGNO 2013. GLI ARTISTI. LE CREAZIONI I Quaderni di Nuova Scena Antica I Quaderni di Nuova Scena Antica nascono per raccogliere gli incontri significativi avvenuti nel panorama artistico contemporaneo internazionale ANNO 5 N. 2 GIUGNO 2013 RIVISTA TRIMESTRALE ARTE MUSICA PERFORMANCE Redazione Italia direttore responsabile SILVIO DA RU’ project & art director DANIELA BESTETTI Nuova Scena Antica 2013 Alcuni diritti riservati www.nuovascenaantica.it RIVISTA ON LINE ARTE MUSICA PERFORMANCE SOMMARIO Editoriale 1 Arte 2 Musica 5 Performance 6 I Quaderni nel mondo 8
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Page 1: RIVISTA ON LINE I Quaderni · Judy Weiser (psicologa, arte terapista, trainer, autrice, consulente) La fotografia è ovviamente un’arte, ma l’arte può anche essere usata come

Arte come strumento di introspezione individuale e di indagine socialeOpere come medicine

Soggettivo o oggettivo? Particolare o universale? Individuale o collettivo? La questione del “cosa” (contenuto) e del “chi” (destinatario) nel campo dell’arte è stata oggetto di infinite disquisizioni, quando a ben guardare il gesto artistico rimane comunque l’espressione di un individuo nei confronti della collettività a cui appart iene, s ia che parta da un’urgenza e un bisogno personali che da un fatto o una questione collettivi. Più che di categorie, quindi, l’arte per compiersi necessita della capacità sempre più rara di ascoltare, sia da parte di chi la fa che di chi la riceve.

Ascoltare significa dedicare tempo e cura alla voce e alle istanze che da dentro sussurrano o urlano, e a quelle che da fuori chiedono attenzione, azione, reazione. Allora può accadere che un’opera nata dal le es igenze più soggettive riesca a parlare al mondo e, viceversa, che i l problema di una

comunità estranea ci tocchi nell’intimo. Perché ciò che l’arte riesce ad esprimere (quando ha qualcosa da esprimere) scatena un meccanismo emotivo che trasforma le semplici informazioni in esperienza personale, ovvero in qualcosa che non può più lasciarci indifferenti e che, di conseguenza, diventa difficile dimenticare.

Coloro che hanno sperimentato questo fenomeno e questo potere (sia creando che fruendo) nutrono interesse e rispetto nei confronti dell’arte, ritenendola, più che un mezzo di intrattenimento, uno strumento raffinato di introspezione indiv iduale e di indagine sociale, incredibilmente duttile nelle sue infinite applicazioni e potenzialità. Comprendono che l’uomo è specchio del mondo e dedicare tempo alle forme d’arte significa aumentare le occasioni per conoscere e conoscers i , crescere, condiv idere, trasformare.

Opere come medicine, dunque, per raccontare la propria o l’altrui storia...

Storie, che hanno Il potere di curare le ferite dell’anima, esprimendo se stessi o lasciandosi invadere dalle visioni degli altri, e che possono consolare, sciogliere, lenire, ispirare, dare forza, energia, speranza…

In modi diversi, è anche la storia degli artisti che abbiamo scelto di presentare in questo numero. Buona lettura e Buona Estate a tutti voi!

(di Daniela Bestetti)

I Quaderni - editoriale pag.1

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GALLERY GIUGNO 2013. GLI ARTISTI. LE CREAZIONI

I Quaderni diNuova Scena AnticaI Quaderni di Nuova Scena Antica nascono per raccogliere gli incontri significativi avvenuti nel panorama artistico contemporaneo internazionale

ANNO 5 N. 2 GIUGNO 2013

RIVISTA TRIMESTRALE

ARTE MUSICA PERFORMANCE

Redazione Italia

direttore responsabile SILVIO DA RU’ project & art director DANIELA BESTETTI

Nuova Scena Antica 2013 Alcuni diritti riservati

www.nuovascenaantica.it

RIVISTA ON LINE

ARTE MUSICA PERFORMANCE

SOMMARIO Editoriale 1 Arte 2 Musica 5 Performance 6 I Quaderni nel mondo 8

Page 2: RIVISTA ON LINE I Quaderni · Judy Weiser (psicologa, arte terapista, trainer, autrice, consulente) La fotografia è ovviamente un’arte, ma l’arte può anche essere usata come

Judy Weiser (psicologa, arte terapista, trainer, autrice, consulente)La fotografia è ovviamente un’arte, ma l’arte può anche essere usata come terapia

per aiutare le persone a comprendere “cosa c’è di nascosto”. Tra le numerose techniche basate sull’arte terapia abbiamo scelto di presentare l’approccio e le tecniche elaborate da Judy Weiser, perché considerano l’essere umano nel suo complesso, dove il tutto è molto di più che la somma delle singole parti.

Quali sono le principali applicazioni e i benefici della FotoTerapia?JW: Una fotografia, intesa come “un tutto”, è decisamente di più della semplice somma dei singoli dettagli che la compongono. Per questo motivo le foto sono strumenti perfetti per catturare tutto contemporaneamente! Certo, è importante considerare ciascun aspetto di una fotografia, ma “la sua storia” (e il contenuto emotivo che chi la guarda vi collega) va al di là della somma di questi “fatti” visivi, ed è anche diversa per ogni individuo che osserva.Attraverso un insieme di tecniche che ho sviluppato - chiamate Tecniche di FotoTerapia - i professionisti in ambito della salute mentale possono utilizzare istantanee, foto di famiglia e anche immagini scattate da altri per aiutare le persone a connettersi con sentimenti, pensieri e ricordi di cui è difficile parlare a parole e dei quali potrebbero non essere completamente consapevoli pur esistendo dentro di loro. Come Psicologa e Arte Terapista non uso le mie Tecniche di FotoTerapia solo per aiutare i miei pazienti; viaggio in tutto il mondo per insegnare ad altri professionisti (Psicologi, Arte Terapisti, Psichiatri) come impiegare queste tecniche con i loro pazienti. Possono rivelarsi molto utili per coloro che vogliono esplorare le proprie foto e quelle di famiglia, imparando di più su se stessi. I fotografi, sia amatori che professionisti, possono usare procedimenti simili (Fotografia Terapeutica) per aiutarsi ed aiutare a migliorare il proprio stato di benessere, ridurre l’esclusione sociale, creare cambiamenti positivi scattando, condividendo, discutendo e anche mostrando le proprie immagini (che solitamente non sono considerate belle abbastanza per chiamarsi “arte”). Così, sebbene la Fotografia Terapeutica non sia propriamente “terapia”, queste attività basate sulla fotografia sono decisamente “terapeutiche”, poiché aiutano le persone a creare foto che possono essere poi impiegate per spiegarsi agli altri (e anche a se stessi!). Per mia esperienza sembra che in Italia ci siano molti più progetti basati su quella che chiamo "Social Action Photography" che altrove in Europa; per esempio le dozzine di progetti mostrati lo scorso anno al Perugia SocialPhotoFest (organizzato da Antonello Turchetti di LuceGrigia) e discussi durante le molte presentazioni e conferenze abbinate.

Le Tecniche di FotoTerapia sono un sistema di 5 elementi collegati tra loro. Pur essendo insegnati singolarmente, lavorano al meglio se impiegati in combinazione.

1) Fotografie scattate dalla persona o che la persona sceglie di conservare, in quanto momenti speciali da custodire per sempre, mostrano cos’è più importante per quella persona.

2) Fotografie scattate alla persona, sia in posa che spontanee, possono mostrare come ci vedono gli altri (spesso in maniera diversa da come percepiamo noi stessi).

3) Autoritratti (in cui il soggetto ha il controllo totale sull’intero processo di realizzazione dell’immagine), mostrano agli altri e a noi stessi come vorremmo essere visti dal mondo.

4) Album di famiglia (sia digitali che stampati), ovvero narrazioni di come quella famiglia si è sviluppata nel tempo e di quali eventi, persone, luoghi e momenti sono considerati importanti, tanto da conservarli per diventare nel tempo “la storia” di quella famiglia.

(l’intervista prosegue alla pagina seguente)

I Quaderni - arte pag. 2

ARTEZOOM ON JUDY

1. Il tuo maggior pregioEntusiasmo per la vita e interesse per il prossimo. Generosità nel dedicare il mio tempo agli altri.

2. Il tuo peggior difettoAccettare di fare più cose di quante abbia tempo di finire (come questo articolo!).

3. Progetti per il futuroIl Progetto Archivio di FotoTerapia dove organizzare tutto il materiale di archivio conservato presso il mio Centro di FotoTerapia in Canada, per donarlo ad un luogo dove possa rimanere accessibile e consultabile gratuitamente (anche on line) in futuro dopo la mia morte.

Bio in sintesi di Judy WeiserPsicologa, arte terapista, consulente, trainer e autrice, è uno dei pionieri del le Tecniche di FotoTerapia. F o n d a t r i c e e D i r e t t r i c e d e l PhotoTherapy Centre di Vancouver (Canada), è considerata l’autorità mond i a l e pe r l e t e c n i c he d i FotoTerapia e Fotografia Terapeutica. In passato redattrice del periodico Phototherapy, Judy è autrice del classico

PhotoTherapy Techniques: Exploring the Secrets of Personal Snapshots and Family Albums(alla terza ristampa, in procinto di essere pubblicato in italiano e coreano), di numerosi ar t icol i professionali, capitoli di libri e di un DVD su questi argomenti – tutti scaricabili gratuitamente dal suo sito (eccetto il libro). Ha creato e segue il primo network e risorsa informativa del settore

PhotoTherapy Techniques in Counseling and Therapye il gruppo Facebook

PhotoTherapy, Therapeutic Photography, Photo Art Therapy, and VideoTherapyE’ nel direttivo del periodico italiano PsicoArt: Rivista on line di arte e psicologia e del canadese Art Therapy Association Journal; è consulente internazionale del Center for Visual Therapies (U.S.A.), dell’Institute for P s y c h o l o g y a n d P h o t o g r a p h y (Messico), di PSYFoto/PSYForte (Russ ia ) , e d i V ideoRepor t & L aDamaSogna t r i c e P r oduz i on i Audiovisive (Italia).

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I Quaderni - performance pag. 3

5) Foto-proiezioni per spiegare come il significato di una foto sia creato dall’osservatore mentre guarda un’immagine, “proiettato” appunto dal soggetto all’oggetto, più che manifesto nella foto in sé.

Queste tecniche non pretendono di insegnare a leggere le foto come un libro, ma allenano i terapisti a capire quali domande fare in base alle foto dei pazienti (e alle interazioni con esse), ricavando molte informazioni utili dalle loro risposte. Coloro che utilizzano la Fotografia Terapeutica usano le stesse cinque tecniche, variate in modo da essere impiegate in ambiti non terapeutici (dove cioè le competenze di un terapista non sono richieste). Le persone possono impiegare la Fotografia Terapeutica per imparare di più su se stessi e migliorare lo sguardo interiore, esaminando le proprie foto più attentamente e/o scattandone di nuove per scoprire dove le loro vite li stanno portando. Come ho scritto nel mio libro: “Le fotografie sono impronte delle nostre menti, specchi delle nostre vite, riflessi dei nostri cuori, ricordi congelati che possiamo tenere nelle nostre mani per s e m p r e , s e l o d e s i d e r i a m o . E s s e documentano non solo dove siamo stati, ma indicano la via dove siamo diretti, che ne siamo coscienti o no.” Questo le rende strumenti molto potenti per aiutare le persone a guarire e migliorare il proprio stato di salute, sia nelle sessioni formali di terapia che attraverso le attività terapeutiche basate sulla fotografia, perché queste tecniche sono un modo di comunicare senza parole, oltre le parole, di cose difficili da esprimere a parole – poco importa che la foto in sé sia considerata “arte”…

Linguaggi non verbali e contenuti emotivi: qual è la differenza principale tra il tuo approccio e quello di altre tecniche psicologiche?JW: Le Tecniche di FotoTerapia usano le fotografie per aiutare le persone a connettersi con pensieri, ricordi, sentimenti ed altri aspetti di sé che vivono ad un livello profondo. Queste cose non sono di facile accesso né discutibili a parole, perché immagazzinate a un livello sensoriale dove le parole non “vivono”. Le parole possono solo tradurre le esperienze interiori ad un osservatore esterno di quel processo più che ri-esperirlo direttamente, e la maggior parte delle terapie psicologiche prevedono esclusivamente il dialogo con il paziente. Si stanno sviluppando terapie basate sulle informazioni registrate dai sensi. Le Tecniche di FotoTerapia sono simili a quelle dell’Arte Terapia ma utilizzano l’immaginario fotografico al posto di disegni e dipinti. E’ importante sapere che le Tecniche di FotoTerapia possono essere facilmente usate da qualsiasi terapista formato da qualunque approccio e metodo, anche senza conoscenza di Arte Terapia. Quindi per rispondere alla tua domanda, la FotoTerapia impiega la fotografia come punto centrale dell’indagine e dell’accesso a quelle parti di sé difficilmente accessibili da un approccio esclusivamente verbale.

La fotografia fissa il tempo, ma il tempo non può essere fissato: è come voler tenere in vita qualcosa per sempre. Che cosa nasconde l’inconscio dietro un’istantanea o un album di famiglia?

JW: La tua domanda suona come ciò che ho scritto nel mio libro: “Una fotografia è al contempo un’illusione reale e una realtà illusoria, un momento catturato nel tempo c h e n o n p o t r à m a i e s s e r l o completamente. Usiamo la pellicola per fermare il tempo, che non può essere fermato. Questi aspetti sono cruciali per una comprensione del perché (e del come) la FotoTerapia lavora : essa permette l’esame complesso di una fetta di tempo congelato per sempre su una pellicola come un “fatto”, e allo stesso tempo porta alla luce la gamma delle infinite realtà visive e simboliche che si presentano in modi diversi a ciascun osservatore.” Guardare una foto ci riporta al momento in cui è stata scattata e tu sei l ì, partecipando all’esperienza come se i tuoi occhi fossero le lenti della macchina. La tua mente non distingue che stai guardando un pezzo di carta o uno schermo di computer: sei nell’immagine come se stesse accadendo ora, vedi in tre

dimensioni e senti tutti i suoni, gli odori e le altre informazioni sensoriali del momento originale, anche se di molti decenni fa.

(l’intervista prosegue alla pagina seguente)

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Quali sono le origini del tuo interesse nella FotoTerapia? Da dove sprigiona?JW: Come molte persone, iniziai a fare foto da adolescente, per conservare un momento speciale “vivo” per sempre. In vacanza io e la mia famiglia fotografavamo gli stessi posti e gli stessi parenti, ma, quando poi si condividevano le immagini, mi accorgevo che le ragioni per cui le avevamo scattate, “la storia” che raccontavano, erano diverse per ciascuno di noi. “Vedevamo” la stessa foto in modo diverso, anche se scattate contemporaneamente. Più tardi alcune delle mie foto “più artistiche” vennero scelte per alcune mostre e mi divertivo ad osservare la gente discutere quando non sapevano che io ero la fotografa. Il motivo per cui avevo fatto una foto spesso non era evidente e cominciai a capire che gli altri vedevano le persone e i luoghi fotografati attraverso i “filtri” delle proprie esperienze personali passate: ricordavano loro qualcuno o qualche posto dov’erano stati, s e n z a c o m p r e n d e r e c h e stavano proiettando le loro personali storie e sentimenti sulla superficie delle mie fotografie. Ne rimasi affascinata! Iniziai a portare un registratore con me alle mostre, ad intervistare le persone facendo domande tipo “Cosa pensi di questa foto?”, “Cosa ti direbbe se potesse parlare?”, Perché credi che il fotografo l’abbia scattata?”, “Qual è la storia di questa foto?”, “Come ti fa sentire?” – e capii che mi trovavo nel bel mezzo di un’indagine culturale su come le differenze tra le persone influenzano la comprensione del mondo e delle altre persone. Compresi subito che potevo utilizzare queste tecniche esplorative fotografiche per imparare di più sui pazienti che seguivo in terapia, aiutandomi a vedere il loro mondo “attraverso i loro occhi” e forse ad ottenere una comprensione maggiore delle cause dei loro problemi nella vita… Più

esploravo e più si definiva la struttura applicativa. Quando mi venne chiesto di scrivere il mio primo articolo sul lavoro che stavo conducendo usando la fotografia, alla domanda “Come chiami questo lavoro?” dovetti improvvisamente dare un nome e scelsi “Tecniche di FotoTerapia”. Quell’articolo, pubblicato nel 1975 (intitolato “FotoTerapia: Fotografia come Verbo”), fu il primo utilizzo al mondo del nome FotoTerapia in un titolo di giornale. In pochi anni trovai altre persone che stavano conducendo un lavoro simile e iniziammo ad incontrarci per conferenze, per avviare un periodico, per creare una rete (per quanto fosse possibile all’epoca senza computers!). Impiego queste tecniche (e insegno come impiegarle) da circa 40 anni e mi entusiasmano ancora, e continuano ad aprire nuove possibilità nell’era della tecnologia digitale.

Grazie, Judy.

(intervista a Judy Weiser del 17.05.2013)

I Quaderni - arte pag. 4

La traduzione italiana del libro PhotoTherapy Techniques:

Exploring the Secrets of Personal Snapshots and Family Albums

(nella foto sopra) sarà disponibile in autunno 2013

nel sito della casa editrice Franco/Angeli.

Per maggiori informazioniwww.phototherapy-centre.com

Per contattare Judy Weiserjweiser@phototherapy-

centre.com

Le foto contenute in questo articolo sono ©Copyright di Judy Weiser e non possono essere utilizzate senza il suo consenso.

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Biglietto per l’Inferno.Folk (gruppo musicale)A volte le storie non finiscono quando finiscono. A volte la vita rimischia le carte e i

progetti che avevano una ragion d’essere riscoprono nel tempo un nuovo senso e rinascono. E’ il caso del gruppo musicale Biglietto per l’Inferno, uno dei miti nostrani della musica Prog e hard-rock, formatosi nel 1972, scioltosi nel 1975 e riformatosi nel 2008 con un nuovo organico, una nuova timbrica e l’inalterata passione per il rock contaminato dalla musica tradizionale popolare, da cui il nuovo nome: Biglietto per l’Inferno.Folk.

Perché avete scelto questo nome nel lontano 1972 e cosa significava allora suonare rock progressivo?BIF: Il nome viene preso da un fumetto di Tex Willer, dove, in una stazione, un cowboy chiede un biglietto di sola andata. Alla richiesta per quale destinazione, “Un biglietto per l’inferno” fu la risposta. Ci è piaciuto e lo abbiamo adottato subito.Allora non esistevano categorie, suonavamo rock e basta. Poi ci hanno etichettato come gruppo Prog. Non sono molto d’accordo… Eravamo e siamo più hard-rock e un poco Prog. Era la nostra gioventù, i nostri primi contatti con i palchi importanti, il vinile, cosa quasi inarrivabile all’epoca. Questo fu il significato della nostra breve esperienza.

Perché vi siete sciolti nel 1975, nonostante l’apprezzamento della critica e del pubblico?BIF: Avremmo dovuto stare fermi per quasi due anni. Tre di noi (Marco, Fausto e Baffo) dovevano andare sotto naia. In aggiunta, la nostra casa discografica non aveva più soldi per produrre i gruppi, tanto è vero che il nostro secondo album Il Tempo della semina non uscì nel ’75 e rimase per sempre negli archivi della Ariston di Milano. Solo grazie ad un audio cassetta, ritrovata durante un trasloco, l’album uscì nel ’92.

Qual è il vantaggio di aver avuto “due vite musicali” e che cosa distingue la musica del Biglietto di oggi da quella di allora?BIF: La scommessa attuale è stata quella di riarrangiare e dare nuove sonorità alle nostre musiche, con l’aggiunta del bagaglio personale e del vissuto musicale di ognuno di noi, fondendo diversi generi musicali (rock, jazz, musica popolare, musical,...). Allora c’era la freschezza e l’energia della gioventù, la possibilità di suonare diverse ore tutti i giorni. Oggi c’è la consapevolezza della poesia e dell’attualità dei testi di Claudio, della fusione magica degli arrangiamenti dei suoni etnici, e dell’impossibilità di lavorare tutti i giorni per via dei vari impegni personali di ognuno.

Questo numero è dedicato all’arte come strumento di introspezione individuale e di indagine sociale. Che cosa ha rappresentato e cosa rappresenta per voi?BIF: La musica è una parte della nostra vita, ci ha accompagnato sempre fin dall’inizio, ci ha fatto crescere, ci ha permesso di stare a contatto con tante situazioni diverse, positive e negative e, ogni volta che sali su un palco, l’emozione è identica a quella dei primi giorni.

Grazie, Biglietto.

(intervista a Biglietto per l’Inferno.Folk del 19.06.2013)

La formazione attuale comprende:

Giuseppe “Pilly” Cossa organetto diatonico, fisarmonica, tastiere Mauro Gnecchi batteria e percussioni Enrico Fagnoni contrabbasso, basso elettrico e basso acustico Franco Giaffreda chitarra elettrica e chitarra acustica Renata Tomasella piffero, flauti, ocarine e voce Ranieri “Ragno” Fumagalli cornamuse, flauti e ocarine Carlo Redi violino e mandolino Mariolina Sala voce

I Quaderni - musica pag. 5

MUSICAZOOM ON BIGLIETTO

1. Il vostro maggior pregioAver scommesso sul progetto “Folk”.

2. Il vostro peggior difettoSiamo lenti come lumache.

3. Progetti per il futuroNel mese di luglio 2013 inizieremo a registrare i brani per il secondo CD con due inediti, l’arrangiamento nuovo di L’amico suicida e Mente sola mente del nostro primo album, e La canzone del padre del secondo.

Bio in sintesi di Biglietto per l’InfernoBisogna avere superato i cinquanta oppure conoscere la storia della musica progressive italiana per ricordarseli. Biglietto per l’Inferno è un gruppo musicale lecchese degli anni ’70 con una singolare storia: fu molto apprezzato dalla critica ed ebbe un discreto successo ma, dopo la pubblicazione di un solo album nel ‘74, si sciolse. Il mitico album,(introvabile) è oggetto di collezione ed è considerato tra i più rari (e belli!) della storia del Prog italiano e tra i 100 più importanti (per quell'anno) del rock a livello mondiale. Il gruppo si è ricostituito con alcuni dei vecchi elementi, l’aggiunta di nuovi musicisti e un nuovo nome: Biglietto per l'Inferno.Folk, a suggellare una maturazione che riporta alle origini della musica, quella popolare, la stessa dalla quale il rock 35 anni fa attingeva le sue linfe progressive. Un grande ritorno con la presenza degli storici Pilly Cossa e Mauro Gnecchi, la benedizione - è il caso di dirlo - di Fra' Claudio (al secolo Claudio Canali) e dei nuovi elementi: i polistrumentisti Renata Tomasella, Ranieri “Ragno” Fumagalli e Carlo Redi, il bassista Enrico Fagnoni, il chitarrista Franco Giaffreda e la cantante Mariolina Sala, a cui spetta l'onore, l'onere e il piacere di far rivivere i testi di Canali. Il mito del Biglietto oggi può essere a s s a p o r a t o d a l v i v o c o n arrangiamenti, sonorità ed atmosfere che aggiungono bellezza alla magia dei brani che Cossa e Canali avevano concepito e che resteranno nel tempo una traccia indelebile nella storia del Prog italiano. Con questa nuova formazione, il Biglietto ha pubblicato il CD Tra l'assurdo e la ragione: non sono più i ragazzi di 35 anni fa, ma riescono ancora a sfoderare l’energia esplosiva del rock, contaminata dalla ricchezza timbrica e creativa della musica popolare tradizionale.

www.bigliettoperlinferno.com

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Aida Talliente (attrice, autrice)Esistono diversi modi di fare teatro, con premesse, condizioni e contesti che ne

influenzano profondamente lo stile e il senso stesso di andare e di stare in scena. Esistono interpreti che sono autori, i cui personaggi nascono solo quando si è raccolto e digerito abbastanza… Aida Talliente, friulana, appartiene alla rara stirpe degli “artigiani della scena”: coloro che con pazienza e cura intagliano su di sé la propria opera.

Che cosa ti avvicina a un nuovo progetto, come riconosci una storia che vale la pena raccontare?AT: Parto quasi sempre da una condizione: che le storie da raccogliere siano storie dimenticate, storie a cui ridare voce e respiro. Per molto tempo ho lavorato in luoghi lontani e in condizioni particolari (con gli indios Guaranì Kaiowà del Brasile, nelle comunità in Malawy, con le ex ragazze soldato in Costa d'Avorio, tra i danzatori di Bali...) ed è lì che lentamente è cresciuta la consapevolezza che ricercare significa tempo, dedizione totale, lavoro continuo. E' necessario “attraversare” le storie per poterle rielaborare e costruire l'azione scenica. Le storie che s'incontrano lungo la strada possono essere molto diverse l'una dall'altra e sicuramente non tutte vibrano addosso allo stesso modo, ma il processo di raccolta è lo stesso: molto tempo sul luogo e con le persone per poterle osservare e ascoltare, molte registrazioni, scritti, libri, studio del materiale storico e poi molto tempo in sala prove dove nascono i lavori. Lavorare così significa in primis assumersi la totale responsabilità della parte produttiva del lavoro. Tempi così “naturalmente” ampi, infatti, non possono essere sostenuti dall'attuale sistema produttivo, per questo ogni spettacolo ha caratteristiche forti: pochi oggetti utilizzati in modo evocativo, una struttura scenica che nasce dal lavoro sui rituali antichi e un duro e rigorosissimo lavoro non narrativo ma attoriale. Non c'è altro, non avendo mezzi che ti permettono di lavorare in altro modo. E le storie arrivano... E arrivano esattamente quelle che devono arrivare.

Quando nascono i tuoi personaggi, quando “sono pronti” per parlare?AT: Dipende. I tempi possono essere diversi ma appena ci sono parole su cui poggiare il corpo e la voce in dinamica, allora inizia tutto il complesso lavoro sul testo e la parola, su come esce la voce, sul suo colore, su come nasce dall'azione. Amo molto il lavoro sul suono, sulla musicalità del testo e di grande aiuto è anche lavorare con i musicisti dal vivo perché le dinamiche della musica permettono di trovare cose che altrimenti non uscirebbero, permettono partiture tra parole e musica che rivelano ancora di più il senso del testo. E' di aiuto anche avere in mente una persona ben precisa e ricercare la qualità della sua voce, il tono, il respiro, il modo di parlare, le rotture dei fiati, i modi di dire... Tutto questo aiuta a “far parlare” un personaggio.

Nel tuo teatro che tipo di interazione si instaura e si consuma tra i diversi elementi in scena, siano essi oggetti, musica, luci, proiezioni, corpi?AT: Ogni storia nasce da un pensiero che diventa il motore principale per poter raccontare. Quello che mi accompagna sulla scena è quasi sempre essenziale e gli oggetti di lavoro sono funzionali alla storia. Sempre di più porto in scena qualcosa che mi è caro, che fa parte in qualche modo anche di una storia più intima e personale. In Sospiro d'Anima c'è un cerchio a terra fatto di pietre regalate da persone, scatole che contengono oggetti appartenenti a mia nonna, vecchie fotografie di Rosina. In Miniere ci sono tre soglie di legno che diventano porte, tombe, case. La tromba suonata in scena

(l’intervista prosegue alla pagina seguente)

I Quaderni - performance pag.6

PERFORMANCEZOOM ON AIDA

1. Il tuo maggior pregioNon pregio ma fortuna: ho avuto un insegnante che ci diceva: “Ragazzi, la ricchezza più grande che potete trovare in questo mestiere è quella di imparare ad essere indipendenti, ad essere autori di voi stessi, di avere il coraggio d i t rovare i l vos t ro linguaggio attraverso una pratica costante e quotidiana”. Grazie a ques te paro le ho in iz ia to ad ascoltare, ad osservare attentamente e a mettere insieme le cose che mi commuovono profondamente. Ho cominciato a viaggiare e a lavorare in luoghi dove le culture sono ancora forti e vive. Da lì piano piano è cominciata la raccolta e un pezzetto della mia storia.

2. Il tuo peggior difettoSono tanti... tanti! Di sicuro il fatto di non saper distribuire gli spettacoli. Un handicap molto grosso, perché i lavori che nascono in tempi lunghi rischiano sempre di fare poche repliche. Purtroppo, non avendo una d i s t r ibuz ione, mi sen to mol to penalizzata perché diventa difficile scrivere, interpretare, produrre e anche dis t r ibuire. Le giornate dovrebbero essere fatte di 48 ore!

3. Progetti per il futuroC'è un pensiero forte che mi gira in testa da molto tempo... Prima non avrei avuto gli strumenti giusti per affrontare questa cosa. Ora credo di sì. Tante cose accadute a livello personale mi portano a pensare di poter dire qualcosa di diverso rispetto ai lavori fatti finora. Ma ancora non è il momento per partire con un nuovo progetto perché l’ultimo sta appena iniziando a vivere e non so quanto e se vivrà. Ancora non dico niente, non ne parlo… Vediamo cosa succede.

Sopra, un altro momento dello spettacolo Miniere.

Foto Claudio Cescutti.

“Miniere”. Foto Claudio Cescutti

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apparteneva a mio nonno; la madonnina che spunta da una delle casse è un regalo di Danio Manfredini. Così anche la musica viene scelta accuratamente per creare gli ambienti o dialogare con i personaggi. Un grande lavoro è anche quello che Luigi Biondi costruisce con le luci. La scena non viene mai soltanto illuminata, ma è un luogo in cui si sviluppa un pensiero, una ricerca rigorosa per raccontare qualcos'altro: un sentimento, una condizione, una verità. Tutto questo nasce lentamente, passo dopo passo, e viene elaborato, testato, modificato fino a che non rimane solo ciò che deve rimanere. Ogni replica è un'occasione per capire cose in più e per arricchire il lavoro.

Questo numero affronta il tema dell’arte come strumento di introspezione individuale e di indagine sociale. Qual è il senso per Aida di andare in scena?AT: Una forte necessità personale. Nasce prima da questo, dal voler affrontare e attraversare qualcosa che sia una storia, una condizione umana, un sentimento. Non sono una regista, e dunque il modo di affrontare un tema deve per forza riguardarmi profondamente e far risuonare corde private. In scena si diventa “altro” solo grazie ad un lavoro ossessivo e minuzioso, ma tutto questo è sempre agito dalla persona, che si porta dentro inevitabilmente il suo vissuto. La cura, l'attenzione del proprio lavoro è strettamente legata alla responsabilità verso ciò che si vuole affrontare. Andare in scena ha un senso se ciò che si porta è materia viva, con una sua verità. Tutto questo avviene solo dopo un “viaggio” fatto di mille cose che sono sia belle che terribili. Certo, il sogno è sempre quello di riuscire a lasciare delle tracce dietro di sé, anche se non sempre si riesce a farlo. Ma è impossibile non provare ancora, ancora e ancora.

Grazie, Aida. (intervista ad Aida Talliente del 07.06.2013)

I Quaderni - performance pag. 7

Bio in sintesi di Aida TallienteA t t r i c e f r i u l a n a , d i p l o m a t a all'Accademia Nazionale Silvio D'amico (Roma). Lavora con diversi reg i s t i i ta l ian i e s t ran ier i : A. Santagata, M. Ferrero, D. Iodice. P.P. Sepe, R. Romei, A. C. Munoz, B. Bert, L. F. Natoli, P. Stein, G. Dall'Aglio. L. Colavero. Compagnia Biancofango. Lavora in numerosi progetti di teatro antropologico in Brasile, Malawy, Costa d'Avorio, Bali, Nicaragua, Messico. Da qualche anno porta avanti un percorso personale come autr ice ed interprete: suoi gl i spettacoli Aysha (2007, Premio ATCL Lazio), Sospiro d'Anima (2009, Premio Ermocolle, Premio Liegro, Premio Museo Cervi, Premio Landieri, Premio Napoli fringe festival), Lady sings the blues (2011), Miniere (2012).

www.aidatalliente.blogspot.com

Ayshahttp://www.youtube.com/

watch?v=jma7yJd2Q_4

Sospiro d'Animahttp://www.youtube.com/

watch?v=XwvFsDOhvbg

Lady sings the blueshttp://www.youtube.com/

watch?v=xfapWlcPMdk

Miniere http://www.youtube.com/

watch?v=wOkApt3adco

“Sospiro d’anima”. Foto Emanuele De Marco

“Aysha” (2007)

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Ed ora la parola ai nostri portavoce dall’estero per scoprire cosa succede nel resto del mondo.

I Quaderni nel Mondo pag. 8

I Quaderni nel mondo(ES) Daniela De Marchi

Andrej Rublev , i l

pittore protagonista dell’omonimo film di A. Tarkovskij (1966), vive tormentato tra il desiderio di libertà di espressione artistica e la tragica realtà

della Russia del XV sec., fatta di repressione e miseria. Mathis der Mahler, personaggio principale dell’opera musicale di P. Hindemith (1938), ambientata nella Germania del XVI sec., si domanda se il suo essere artista sia utile alla società del suo tempo, che rec lama un intervento in prima linea contro l’oppressore (chiara allusione al compositore in lotta contro il regime nazista). In entrambi i casi non viene data una risposta risolutiva, bensì storie di vita comune costellate di i d e a l i , p a s s i o n i , s c o n f i t t e e contraddizioni. Forse perché è la vita stessa l’unica vera fonte a cui attingere, che ci si chiami Omero, Mozart, Dante, Rublev, Shakespeare o Mathis?

www.danielademarchi.es

(BR) Sergio Nunes MeloL ’ A r t e c o m e

indagine sociale è e s i s t i t a f i n d a l l a antichità. Ma questa modalità espressiva è a s s a i p i ù c o m p l e s s a n e l l a modernità perché la

costruzione dell’identità sociale è oggi molto diversificata. Quando politica e ideologia diventano discorsi deboli nei confronti dei ragionamenti più urgenti - come i bisogni reali dei cittadini - un lavoro creativo che tocchi l’essenza della questione può diventare universale. In ques to numero sce lgo d i presentare il documentario No olho d o f u r a c ã o ( N e l l ’ o c c h i o dell’uragano) del regista Michel de Souza e il saggio fotografico Dói em todos nós (Fa male a tutti noi) di Yuri Sardenberg per il coraggio e la sensibilità nei confronti delle cause sociopolitiche che motivano le manifestazioni di protesta in Brasile di questi ultimi mesi, testimoniando la violenza con cui vengono accolte. Due esempi diversi di indagine della stessa realtà...

In questo numero Daniela ha scelto per noi

MARCO BROLLI. Flauta traversera barroca.Siempre me ha impresionado la calma que transmiten los interpretes de música antigua. A qué se debe?MB: Creo que la calma se debe principalmente al hecho que antes de subir a un escenario a tocar un concierto el intérprete de música

antigua tiene que realizar un trabajo previo de estudio, investigación e interpretación del material musical que quiere presentar al público. Y aún más cuando estrena un nuevo programa con su propio ensamble: necesita tiempo y mucha calma para encontrar ideas interesantes. Con esa preparación, a la hora de actuar, el músico se puede expresar con mayor seguridad y con la adecuada dosis de improvisación que nunca debe faltar en una función artística.Cual es la relación de un músico "antiguo" con el ambiente "moderno" en el cual vive?MB: La modernidad ha producido unas herramientas que ayudan al músico “antiguo” a realizar más facilmente sus proyectos. Internet nos permite adquirir rápidamente manuscritos de las bibliotecas de todo el mundo que luego podemos transcribir con un programa de edición músical en nuestro ordenador. El correo eléctronico y el teléfono móvil hacen que estemos más accesibles para las propuestas de trabajo y con los aviones podemos desplazarnos en cualquier sitio para dar conciertos. Todo una ventaja...Los artistas parecen estar en un "limbo" avulso de la realidad y sus problemas prácticos. Como ves la interacción entre el arte, en especial modo el arte antiguo, y la sociedad que la recibe?MB: Se que a mucha gente los artistas parecemos “bichos raros”, pero no lo somos. Yo, por lo menos, no me siento viviendo avulso de la realidad. Simplemente realizo una actividad profesional poco usual que además es mi pasión. La sociedad actual recibe y disfruta más de las artes más inmediatas como cine, arquitectura, pintura, escultura, teatro. La música (ópera y ballet incluidos) necesita de una pequeña preparación para poder disfrutarla mejor. Y este bagaje cultural debería ser proporcionado a través de la educación escolar y los medios de comunicación masiva, sobre todo la televisión.

www.marcobrolli.com

In questo numero Sergio ha scelto per noi

Art as a Form of Social Activism.Given that the non-partisan political movement of protests that started on June 10 in São Paulo is now internationally known, this time I focus on “Art as a Social Quest”, or even better “as a Form of Social Activism”. In a nutshell, this movement was initially motivated by a raise

in the public transportation fare, but this reason soon became the last straw of a long-susta ined set of compla ints regarding Brazil’s stark discrepancy between its privileged rank in the world economy and its failure in meeting its internal basic needs of citizenship. The artworks I present here are related to the violence with which demonstrators were received at Rio’s first demonstration, when the movement was giving clear signs of becoming viral. The first artwork is the short documentary No olho do furacão (In the eye of the hurricane) by Michel de Souza, who, using two cams, one aiming at himself alternatively either from the back or from the front, and another at his frontal view, filmed each event that preceded every shoot of his camera:

http://www.youtube.com/watch?v=zEXea3fsz80The second is a set of pics that integrate the protest photo essay Dói em todos nós (It hurts in all of us) by Yuri Sardenberg. The concept is the portrayal of celebrities as if they had been shot by rubber bullets – an explicit reference to what really happened to

several demonstrators in Rio that night: http://ego.globo.com/famosos/fotos/2013/06/famosos-posam-com-o-olho-roxo-em-campanha-que-pede-mudancas-no-brasil.html#F170914

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I Quaderni di Nuova Scena Antica pag. 9

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Il prossimo appuntamento è per settembre 2013con un nuovo numero de I QUADERNI

Arrivederci

RIVISTA TRIMESTRALEANNO 5 N. 2 - GIUGNO 2013

IN QUESTO NUMEROHanno collaborato:Daniela De Marchi (ES), Sergio Nunes Melo (BR)

Desideriamo ringraziare:Judy Weiser e Antonello TurchettiBiglietto per l’Inferno.Folk e Mauro GnecchiAida Talliente

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