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Sapienza – Università di Roma
Facoltà Farmacia e Medicina
Corso di Laurea in Infermieristica “M”
Sede di Roma (A.O. San Camillo – Forlanini)
DISPENSA1
REVISIONE DELLA LETTERATURA E METODOLOGIA DELLA RICERCA
A cura di Laura Scozzo ed Elisabetta Farcomeni
Argomento Pagine
Introduzione alla Ricerca infermieristica
1 - 16
Aspetti Etici nella Ricerca Infermieristica
16 - 20
Identificazione e Definizione del Problema
20 - 42
Scelta del Disegno di Ricerca
43 - 57
Studi Qualitativi
58 - 63
Campione Campionamento e Popolazione
64 - 71
Metodi di Raccolta Dati
72 – 73
Analisi dei Dati: Statistica Descrittiva, Statistica Inferenziale
74 – 78
Diffusione dei Risultati di Ricerca
78 – 82
Bibliografia
83
1 Le informazioni e i dati contenuti in questo documento sono soggetti ai diritti di proprietà intellettuale di
Laura Scozzo ed Elisabetta Farcomeni e sono tutelati dalla legge in vigore. La riproduzione con qualsiasi mezzo analogico o digitale può essere effettuata solo con il consenso scritto degli Autori.
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INTRODUZIONE ALLA RICERCA INFERMIERISTICA
Le sfide che sta attraversando il Sistema Sanitario Nazionale costringono i
professionisti della salute, ivi compresi gli infermieri, a dover giustificare le loro decisioni.
I termini “diagnosi infermieristica” e “azioni basate sui risultati di ricerca” sono
entrati nel linguaggio comune, sottintendono, come gli infermieri applicano un’assistenza
basata sulle evidenze ottenute dalla ricerca.
La Ricerca Infermieristica è un’attività investigativa sistematica che ha lo scopo di
descrivere, spiegare, prevedere, e manipolare i fenomeni della scienza infermieristica
(Burn et al., 1997). La Ricerca non è una semplice indagine o raccolta di informazioni
come molti potrebbero pensare, ma è la produzione di nuova conoscenza che, grazie al
metodo utilizzato per elaborarla (scientifico) gode di oggettività e generalizzabilità.
Il legame tra scienza e ricerca è imprescindibile tanto che non si può parlare in
alcun modo di conoscenza scientifica, intesa come complesso di conoscenze esatte, senza
un metodo per generare queste conoscenze.
Possiamo tranquillamente affermare che l’infermieristica è una disciplina che nel
corso del XX secolo si è impegnata molto per dotarsi di un proprio linguaggio tecnico
condiviso, di un proprio corpo di studi sufficientemente separato da altre discipline. È
stato definito un proprio oggetto di studio, un linguaggio condiviso ed infine il
riconoscimento della ricerca come modalità per migliorare e controllare le attività
infermieristiche.
L’importanza della Ricerca infermieristica è ormai riconosciuta e non è più
necessario giustificarne il valore. Piuttosto, gli infermieri devono migliorare le loro
competenze nell’ambito della ricerca sia comprendendo il processo di ricerca sia
sviluppando progetti che aumentino le informazioni disponibili per spiegare, modificare e
migliorare la pratica infermieristica.
1.1 Definizione di Ricerca
Il termine ricerca e il verbo ricercare vengono riferiti all’attività di cercare ancora,
cercare un’altra volta, esaminare attentamente, intendendo un esame approfondito di un
determinato oggetto di studio (Cantarelli 2006; Burns, Grove 2001). Un dizionario della
lingua italiana definisce infatti la Ricerca come un’attività che ha per fine il ritrovamento,
il raggiungimento o reperimento di qualcosa (Devoto, Oli, 2004). Il verbo cercare, dal
latino tardo circare, è un derivato di “circa” che significa “intorno”, nel senso di andare
attorno osservando attentamente, perlustrare, esaminare. Il dizionario specifica che è un
tentativo “senza un piano preciso”, contrapponendolo al verbo ricercare definito invece
come “cercare sistematicamente, talvolta minuziosamente, perseguendo uno scopo”. Qui
sta la differenza, nella lingua italiana di cercare e ricercare.
Ma anche nella lingua inglese ci sono i verbi corrispondenti search e researh. In
inglese quando i testi scientifici parlano di search, ci si riferisce alla ricerca che si esegue di
fonti e letteratura in biblioteca, banche dati ed internet per raccogliere dati e materiale
per scopi diversificati. L’utilizzo del termine researh è invece sempre collegato ad attività
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volte a produrre nuove conoscenze attraverso la risposta a nuove domande, a risolvere
nuovi problemi o a verificare conoscenze già esistenti (Dempsey 2000).
Problem Solving Il Problem Solving utilizza conoscenze già prodotte a cui si può attingere attraverso la consultazione di banche dati e letteratura in biblioteca (Search)
Ricerca La ricerca è un indagine sistematica in un ambito delle conoscenze che utilizzando diversi approcci (quantitativo e qualitativo), cerca di dare risposte ad interrogativi o risolvere problemi (Research)
Si parla a volte di ricerca come sinonimo di Problem Solving ma questo non è
corretto perché la ricerca mira all’acquisizione di nuove conoscenze,il Problem Solving
utilizza le conoscenze scientifiche già prodotte.
1.2 Il Metodo Scientifico
Per fare ricerca bisogna conoscere il metodo scientifico. Gli studenti sono portati a
pensare che i ricercatori siano dei “pozzi di scienza” con anni di esperienza. Anche se
questo potrebbe essere vero, essere uno scienziato significa, innanzitutto, possedere una
metodologia per apprendere e generalizzare le nuove conoscenze.
L’indagine scientifica è un processo attraverso cui i dati osservabili e verificabili
del mondo che ci circonda sono raccolti attraverso i sensi, per descrivere, spiegare e
prevedere gli eventi.
Il Metodo Scientifico consta di varie fasi che sono rappresentate dalla:
Selezione e definizione del problema;
Formulazione della domanda di ricerca o dell’ipotesi;
Raccolta ed analisi dei dati;
Comunicazione dei risultati.
Due, sono le caratteristiche esclusive del Metodo Scientifico l’obiettività e l’uso di
dati empirici.
Obiettività Capacità che deve possedere il ricercatore di preservare il più possibile l’indagine scientifica dalle proprie credenze e/o valori
Dati Empirici Dati evidenti, documentabili e ripetibili; in quanto tali provengono dalla realtà piuttosto che dalle opinioni personali del ricercatore.
Applicare il metodo scientifico significa verificare un idea, un intuizione o un
ipotesi. Ad esempio un infermiere può avere l’idea che i pazienti che ricevono
l’insegnamento preoperatorio avranno un recupero post operatorio migliore. Un medico
può intuire che i pazienti che seguono una dieta dimagrante in ospedale possano perdere
più peso rispetto a coloro che seguono la dieta a casa. Entrambi gli esempi sono ipotesi o
intuizioni. È necessario un approccio sistematico di raccolta, analisi e valutazione dei dati
per verificare se queste ipotesi o intuizioni hanno un fondamento.
Il valore del metodo scientifico risiede nel fatto che è replicabile da altri
ricercatori.
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Replicabilità La possibilità che ha uno studio di essere ripetuto utilizzando le medesime variabili e gli stessi metodi. Grazie alla possibilità di essere replicati, i risultati di uno studio possono essere verificati, accrescendo così la loro validità, aumentandone il livello di generalizzabilità.
La Ricerca Infermieristica non è altro che l’applicazione del metodo scientifico allo
studio dei fenomeni di interesse per la professione. I risultati provenienti da questi studi
vanno ad accrescere il corpo di conoscenze specifiche dell’infermieristica. È possibile fare
una differenzazione fra infermieristica ed altre discipline solo sulla base delle materie di
studio.
L’indagine scientifica viene a volte anche chiamata ricerca quantitativa, che è in
grado di compiere generalizzazioni sulla popolazione partendo da osservazioni obiettive,
effettuate su un campione. I metodi quantitativi sono stati ben sviluppati ed utilizzati
ampiamente ed efficacemente nella ricerca infermieristica. Essi enfatizzano la
misurazione, la convalida dell’ipotesi e l’analisi statistica dei dati contribuendo
all’avanzamento dell’infermieristica come scienza.
Quando però il problema di ricerca è riferito alle esperienze soggettive degli
individui, in quei casi è opportuno ricorrere alla ricerca qualitativa. È un approccio che
utilizza metodi di indagine che enfatizzano le descrizioni verbali e i significati di
un’esperienza per un individuo. Il ricercatore in questo caso utilizza l’osservazione
partecipata, le descrizioni verbali, le interviste profonde.
Qualunque sia il metodo utilizzato, i ricercatori hanno la responsabilità di condurre
lo studio con rigore e competenza.
Per triangolazione (Fain, 2004) o metodo misto (Sironi, 2010) si intende l’uso
contemporaneo del metodo quantitativo e qualitativo per raccogliere i dati riguardo ad
un particolare fenomeno.
L’approccio quantitativo e qualitativo sono complementari e forniscono, insieme,
un’accurata descrizione della realtà.
1.3 La Teoria
Il desiderio di trovare risposte agli interrogativi che sorgono osservando la realtà è
una caratteristica originaria dell’uomo. Per esempio Aristotele riteneva che i progressi
della scienza biologica si sarebbero sviluppati attraverso un’osservazione sistematica degli
oggetti e degli eventi del mondo naturale (metodo induttivo); mentre Pitagora credeva
che la conoscenza del mondo naturale si sarebbe sviluppata dal ragionamento
matematico (metodo deduttivo). Dai tentativi dell’uomo di spiegarla e di rispondere alle
domande più profonde sulla sua esistenza sono sorte le scienze come la filosofia, la
matematica, la geometria, la teologia. La fisica moderna nasce con Galileo Galilei (1564 -
1642) Galileo sosteneva l’importanza dell’esperienza come fondamento del sapere.
L’esperienza doveva essere circostanziata, non superficiale, ma fondata su attente e
ripetute osservazioni. È stato per secoli il modello scientifico di riferimento: modello
ipotetico deduttivo.
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Nel settecento nasce il razionalismo legato al pensiero e alle opere di Cartesio
(1596-1650). Egli riteneva la conoscenza un prodotto della ragione, intesa come facoltà
logica, capace di procedere in maniera logica. Secondo tale prospettiva il mondo reale
deve obbedire e conformarsi a principi e leggi razionali, accessibili alla ragione supremo
criterio della conoscenza. In opposizione al razionalismo di Cartesio nasce l’empirismo di
Bacone (1561-1626) concepiva la conoscenza come prodotto dell’esperienza. Tale
concezione filosofica viene considerata la premessa storico-filosofica allo sviluppo delle
discipline sperimentali.
Nel Novecento, grazie a famosi epistemologi nasce il positivismo logico il quale
riteneva indispensabile il rigoroso controllo empirico delle enunciazioni scientifiche. Il
neoempirismo ha proposto, quale criterio di demarcazione tra scienza e non scienza, il
principio di verificazione. In opposizione, al principio di verificazione, Karl Popper (1902 –
1994) propose il falsificazionismo secondo cui migliaia di conferme non rendono certa
una teoria, mentre un solo fatto negativo la falsifica. Il recente sviluppo della disciplina
infermieristica deve molto al concetto di scienza formulato da Karl Popper.
1.4. Metodo Induttivo e Metodo Deduttivo
La teorizzazione e la ricerca richiedono capacità di pensiero e riflessione sui
fenomeni che possono essere osservati con un approccio di tipo induttivo o deduttivo.
Approccio Induttivo richiede la raccolta di osservazioni che portano a conclusioni
o a ipotesi. Questo metodi di generare le conoscenze parte da osservazioni specifiche per
poi giungere ad affermazioni generali che vengono testate attraverso la ricerca. Il
ragionamento induttivo è alla base della ricerca qualitativa.
Approccio Deduttivo permette di generare la conoscenza partendo da fatti noti e
muovendosi dal generale al particolare. Esso consiste nella formulazione di ipotesi sulla
base di una teoria. Il ragionamento deduttivo aiuta ad individuare l’esistenza di relazioni.
Tutte le indagini della ricerca quantitativa possono essere affrontate con il ragionamento
deduttivo (Figura 1.1).2
1.5. Teoria e Ricerca
La costruzione della teoria e della ricerca sono stati presentati di solito agli
studenti in corsi separati. Questa separazione spesso ne causa problemi ai suddetti, in
quanto non comprendono il nesso causale fra teoria e ricerca scientifica. L’accettazione
dell’idea positivista, che ha contraddistinto il ‘900, può aver contribuito a questa netta
distinzione tra teoria e metodo di ricerca.
Sebbene la teoria e la ricerca possono essere considerati due operazioni distinte è
più opportuno considerarle componenti interdipendenti del medesimo processo
scientifico. Il teorico quando costruisce una teoria deve essere ben informato sulle
scoperte empiriche e tenerne conto. La teoria và soggetta a revisione se le ipotesi non
2 Rappresentazione schematica degli approcci induttivo e deduttivo ripresi e modificati da C. Sironi (2010)
pag. 57
5
corrispondono più alle scoperte empiriche, oppure può essere abbandonata a favore di
nuove teorie. A questo punto dovrebbe essere chiaro che, in una disciplina scientifica,
non è corretto giudicare una teoria sulla base della “autorità” ma piuttosto sulla base di
un consenso scientifico. Per esempio non si deve accettare una determinata teoria
infermieristica solo perché uno studioso importante la difende. L’unico modo valido per
giudicare l’accettabilità di una teoria è in base a motivazioni logiche concettuali o
empiriche. La comunità scientifica fa questo tipo di giudizio.
Una teoria è accettata quando in base al parere degli studiosi la teoria offre una
“idonea descrizione della realtà”.
Per validare una teoria è necessario ripetere varie volte lo studio nelle stesse
condizioni ed esaminare le affermazioni teoriche in diverse condizioni o con misure
differenti. Da ciò si deduce che il consenso consegue a numerose prove.
Figura 1.1 Rappresentazione schematica dell’approccio deduttivo e induttivo
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1.6. La Ricerca Infermieristica
La ricerca infermieristica è un’attività investigativa sistematica che ha lo scopo di
descrivere, spiegare, prevedere e manipolare i fenomeni della scienza infermieristica
(Burn et al., 1997). Vi sono diverse definizioni di ricerca infermieristica, vediamone la
principali (tabella 1.1).3
Autori ed anno di pubblicazione
Definizione di Ricerca
International Council of Nurses I.C.N., 2001
La ricerca infermieristica ha l’obiettivo di sviluppare le conoscenze nell’assistenza alla persona sana o ammalata. È volta alla comprensione dei meccanismi genetici, fisiologici, sociali, comportamentali o ambientali che influiscono sulla capacità della persona o della famiglia a mantenere o migliorare una funzionalità ottimale e ridurre gli effetti negativi della malattia
Fain, 2004 Indagine sistematica in un ambito della conoscenza che, utilizzando diversi approcci (quantitativo e qualitativo) cerca di dare risposte a interrogativi o risolvere problemi
Sironi, 2010 La Ricerca Infermieristica è un processo sistematico volto a validare ed integrare conoscenze già esistenti nonché a generarne di nuove che possano influenzare sia direttamente che indirettamente l’assistenza infermieristica, la professione infermieristica e lo sviluppo della scienza infermieristica. La Ricerca Infermieristica riguarda gli ambiti preventivo, curativo, educativo/formativo, organizzativo e dell’assistenza rivolto alle persone, famiglie, comunità sane e malate, in tutti i contesti di vita. La Ricerca Infermieristica, infine, tende al coinvolgimento dei soggetti interessati agli studi e persegue l’integrazione tra i vari professionisti della salute
Tabella1.1 Alcune definizioni di Ricerca Infermieristica
Abbiamo detto che la ricerca è un’attività investigativa che determina conoscenze
scientifiche (per definizione “esatte”) rappresenta il punto di arrivo a cui tendono i
ricercatori ed il punto di partenza , da cui dovrebbero muoversi i clinici.
La ricerca aiuta l’infermiere a pianificare l’assistenza, a elaborare dei programmi
adatti ai bisogni della collettività, a ottimizzare il rapporto costo efficacia dell’assistenza, a
migliorare l’ambito lavorativo e a valutare l’appropriatezza delle prestazioni di assistenza
infermieristica. Si evince che la Metodologia della Ricerca è un argomento ampio,
complesso e che richiede conoscenze approfondite e un impegno di studio continuo. Ma
è altresì vero che la ricerca deve essere alla portata di tutti coloro che sono coinvolti: Lo
Biondo – Wood et al., 2002 hanno affermato che “nel 21° secolo c’è un ruolo nella ricerca
per ogni infermiere che esercita la professione”.
L’American Nurses’ Association Commission of Nursing Research sin dal 1981 ha
delineato le competenze che devono avere gli infermieri nella ricerca ai vari livelli
formativi. A livello di Bachelor Degree l’infermiere deve essere competente in attività
legate principalmente all’utilizzo della ricerca che richiede capacità di lettura critica,
interpretazione dei risultati e loro applicazione nella pratica. Con il Master’s Degree il
professionista deve essere in grado di collaborare a progetti di ricerca e deve saper 3 Alcune definizioni di ricerca della letteratura infermieristica ripresa e modificate da C. Sironi (2010) pag 4
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valutare la rilevanza dei risultati nella pratica clinica. Si passa successivamente a funzioni
di maggiore responsabilità a livello di Doctoral Degree in cui si richiede la capacità di
condurre studi di ricerca in maniera indipendente.
In Europa una prima indicazione sulla ricerca infermieristica l’abbiamo con il
documento del 1996 dal titolo “Ricerca Infermieristica” commissionato dal Comitato
Europeo per la Salute (European Health Commitee, CDSP) e pubblicato dal Consiglio
d’Europa. Questo rapporto costituisce una pietra miliare nella storia della ricerca
infermieristica in Europa, in quanto ha rappresentato il primo tentativo a livello europeo
di incoraggiare i governi ad assumere una maggiore responsabilità per lo sviluppo della
ricerca in ambito infermieristico in modo strategico, sia all’interno che da un capo all’altro
delle nazioni. Si propose come strategia un modello per lo sviluppo della ricerca
infermieristica.
Il modello si basò su cinque punti chiave:
Lo sviluppo di una struttura e organizzazione per la ricerca infermieristica;
L’integrazione fra ricerca infermieristica e pratica;
Il costituirsi di una formazione per la ricerca infermieristica attraverso le
più ampie possibilità formative;
La destinazione di finanziamenti per la ricerca infermieristica e la
formazione;
La promozione e l’aiuto alla cooperazione nazionale e internazionale
attraverso la collaborazione fra nazioni.
Nel 1999 abbiamo un’altra pietra miliare della formazione europea il “Processo di
Bologna”. Esso è un importante processo di armonizzazione dei vari sistemi di istruzione
superiori europei, con l’obiettivo di creare un’Area Europea dell’istruzione Superiore –
EHEA (Europea Higher Education Area) e di promuoverla successivamente su scala
mondiale per aumentarne la competitività. A supporto di tale processo nasce dapprima il
progetto Tuning Educational Structures in Europe è un progetto creato dalle università a
sostegno della concreta realizzazione del Processo di Bologna, individuando nove aree
tematiche fra cui il Nursing. Successivamente in occasione del Comunicato di Berlino del
settembre 2003 vengono elaborati i Descrittori di Dublino. Essi sono degli enunciati
generali dei risultati che lo studente deve ottenere, dopo aver completato con successo,
un ciclo di studi. I risultati attesi devono essere espressi non solo in termini di conoscenze
attese ma anche intermini di competenze ed abilità acquisite.
Per quel che riguarda la formazione per la ricerca infermieristica vengono
individuati come obbiettivi:
Descrittori di livello del Primo Ciclo:
Sfruttare la ricerca per migliorare la pratica infermieristica e per
sviluppare l’attività ad essa connesse;
Descrittori di livello del Secondo Ciclo:
Formulare ed analizzare risultati di studio complessi nel settore di
Scienze infermieristiche in modo indipendente, sistematico e critico;
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Descrittori di livello del Terzo Ciclo:
Un dottorando in Scienze Infermieristiche svilupperà delle competenze
che sono state acquisite attraverso un corso di studi infermieristici che
si è basato sul lavoro empirico, includendo ricerche innovative
condotte indipendentemente. All’interno di un contesto internazionale,
il laureato è in grado di condurre ricerche, di sviluppare e dare dei
compiti in un ambiente accademico, di assistenza sanitaria e in altre
organizzazioni dove è richiesta un’ampia e dettagliata conoscenza delle
ricerche in campo infermieristico.
In Italia la ricerca infermieristica si è sviluppata solo di recente ed un grosso
impulso in tal senso c’è stato con l’introduzione della formazione infermieristica di base in
università – Decreto del MURST del 02 Dicembre 1991 – istitutivo del Diploma
Universitario in Scienze Infermieristiche, che prevedeva al terzo anno un corso di
metodologia della ricerca. Va detto, altresì, che già dal 1974 la scuola speciale per
dirigenti e docenti infermieristiche dell’Università Statale di Milano, grazie al contributo
dell’infermiera americana Vera Maillart, prevedeva al suo interno un corso facoltativo
denominato “Ricerca Infermieristica” la cui docenza fu affidata a Marisa Cantarelli.
Ulteriori richiami a questo argomento li abbiamo avuti successivamente con il
Profilo Professionale 1994, art. 4 “L’infermiere contribuisce […] all’aggiornamento relativo
al proprio profilo professionale e alla ricerca”; con il Decreto del MURST e Ministero della
Sanità del 24 Luglio 1996 – istitutivo del Diploma Universitario per Infermieri – ed infine
con l’istituzione della Laurea in Infermieristica avvenuta nel 1999 con il Decreto
Ministeriale n. 509 del 1999 e successivo Decreto Ministeriale n. 270 del 2004, abrogativo
del precedente, entrambi ribadiscono il necessario contributo che deve dare l’infermiere
laureato alla ricerca.
La Federazione Nazionale Collegi IPASVI, si è espressa anch’essa in merito
all’insegnamento della ricerca infermieristica attraverso l’utilizzo di linee guida rivolti agli
infermieri generali, alle strutture formative, ai servizi infermieristici; ha inserito espliciti
riferimenti all’interno del Codice Deontologico dell’Infermiere del 2009 – Capo III art. 11
“[…] partecipa alla ricerca e cura la diffusione dei risultati”; art. 12 “L’infermiere riconosce
il valore della ricerca, […] per l’evoluzione della conoscenze e per i benefici sull’assistito”.
Per concludere anche alcuni autori hanno espresso le loro opinioni
sull’insegnamento della ricerca infermieristica in Italia: Vellone (2004) sosteneva che
l’infermiere laureato deve conoscere il processo di ricerca e deve saper criticare la
suddetta per poterne applicare i risultati nella pratica. Sironi (2010), sostiene che
l’insegnamento nel corso della Laurea Infermieristica dovrebbe iniziare dal primo
semestre del primo anno della laurea. L’autrice ha proposto, anche, quali livelli deve
acquisire il laureato che sono essenzialmente riconducibili ad una lettura critica della
letteratura.
1.7. Il Processo di Ricerca
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Per gli infermieri che esercitano la loro professione basandosi sulle conoscenze
scientifiche è importante avere la capacità di saper leggere criticamente e di valutare i
risultati della ricerca. Se l’infermiere conosce le fasi del Processo di Ricerca potrà
diventare un utilizzatore della ricerca stessa e non gli mancheranno le abilità per
determinare la qualità ed il merito della produzione scientifica.
Il processo di ricerca è l’insieme delle fasi o momenti che il ricercatore e/o gruppo
di ricercatori deve seguire per poter rispondere al meglio ad una domanda di ricerca o
testare un’ipotesi.
Il processo di ricerca richiede la presa di decisioni su quale metodo adottare ma
allo stesso tempo richiede flessibilità, nel senso che lo stesso problema può essere risolto
con molteplici possibilità.
Il processo di ricerca è circolare: nel condurre lo studio il ricercatore può avere la
necessità di passare ad uno studio più avanzato del processo o di ritornare su stadi già
superati, di ripensare e di rinconcettualizzare il problema di ricerca anche più volte.
L’obiettivo del processo di ricerca non è tanto quello di stabilire delle regole,
quanto di descrivere il pensiero che guida il ricercatore nello studio.
Esistono diversi modelli del processo di ricerca in cui l’ordine ed il numero delle
fasi può subire variazioni, possono essere individuate cinque fasi standard Fain, 2004 (Fig.
2.14) oppure Sironi, 2010 (Figura 3.15) che ne identifica sette.
MODELLO DEL PROCESSO DI RICERCA
FAIN (2004) SIRONI (2010)
Identificazione e Definizione del
Problema;
Scelta del Metodo di Ricerca;
Raccolta Dati;
Analisi dei Dati;
Utilizzazione dei Risultati
Argomento di interesse e
identificazione del Problema;
Revisione della Letteratura;
Formulazione della Domanda o
Ipotesi; Definizione degli Scopi
ed Obiettivi;
Scelta del Disegno di Ricerca;
Raccolta ed Analisi dei Dati;
Interpretazione e discussione dei
Risultati;
Diffusione dei Risultati
4 Fain “La Ricerca Infermieristica: leggerla, comprenderla e applicarla” (2004) pag. 17
5 Sironi “Introduzione alla Ricerca Infermieristica” (2010) pag. 167
11
Esplicitati, ad unico scopo esemplificativo, i due modelli di riferimento del Processo di
Ricerca, dichiariamo sin da subito che prenderemo come riferimento quello proposto
dall’autrice J. A. Fain, (2004).
Nei capitoli che seguono verranno illustrati singolarmente ognuna delle cinque
fasi, per il momento viene data una rapida visione d’insieme.
Il Processo di Ricerca
Argomento di interesse e
identificazione del problema
Revisione
della
letteratura
Formulazione della domanda o ipotesi;
definizione dello/degli scopo/i e/o
obiettivo/i
Scelta del disegno di
ricerca
Raccolta e
analisi dei
dati
Interpretazione e discussione
dei risultati
Diffusione
dei risultati
1 2
3
7
4
5
6
Figura 1.3 Modello del Processo di Ricerca (Sironi, 2010)
12
1.8. Descrizione fasi del Modello di Ricerca
1.8.1. Identificazione e Definizione del Problema
Questa fase consiste nell’individuazione e nella definizione di un area di ricerca
che permetta l’avanzamento della conoscenza infermieristica. Il punto di partenza è
scegliere un argomento a partire da una curiosità, un’esperienza vissuta, un episodio
accaduto, un’intuizione proveniente dall’attenta osservazione delle persone che si
assistono. Gli argomenti di ricerca sono aree problematiche ampie e possono contenere
diversi problemi potenziali di ricerca. A sua volta ciascun problema potenziale di ricerca
può costituire la base per giungere alla formulazione di numerose domande di ricerca con
differenti scopi (Burns, Grove, 2001).
1.8.2. Scelta del Metodo di Ricerca
In questa fase il ricercatore decide il metodo di studio, seleziona il disegno, decide
le caratteristiche che devono possedere i soggetti coinvolti, seleziona gli strumenti e si
assicura che tutte le procedure siano definite con chiarezza. Da questa fase dipende la
scelta dei metodi per l’analisi dei dati.
1.8.3. Raccolta Dati
Con la raccolta dati, il ricercatore, passa alla fase empirica del Processo di Ricerca.
È utile ricordare che nella stesura del progetto di ricerca il ricercatore deve ideare con
attenzione la fase della raccolta dati essa infatti è una delle più dispendiose di tempo e di
energia ed il ricercatore deve mantenere un certo livello di controllo al fine che, questa
fase non gli sfugga di mano.
Burns e Grove (2001) riassumono i problemi che si possono incontrare nella
raccolta dati:
Problemi legati alle persone coinvolte nello studio;
Problemi correlati al ricercatore;
Problemi istituzionali;
Eventi imprevisti.
1.8.4. Analisi dei Dati
In questa fase vengono condotte l’analisi e l’interpretazione dei dati per trarre
valide conclusioni. Vengono utilizzate procedure di statistica, già decisi nella fase di
stesura del progetto di ricerca e messi a punto durante la fase di raccolta dati. Fra le
procedure parametriche i test maggiormente impiegati son il t-test e l’analisi della
varianza o ANOVA. La fase dell’analisi dei dati prevede delle conoscenze di statistica ed il
supporto di programmi informatici, essa si presenta come una delle più impegnative per
il neofita. Le fasi di raccolta ed analisi dei dati si conclude con la loro rappresentazione
che deve essere chiara sintetica e completa, spesso (in fase di progettazione) si chiede il
supporto di esperti di statistica e di informatica.
1.8.5. Utilizzazione dei Risultati
In questa ultima fase del progetto di ricerca la responsabilità del ricercatore è
quella di comunicare i risultati dello studio. Un passaggio facilmente previsto da un
gruppo di ricerca, specie se opera in ambito clinico, è quello di diffondere subito i risultati
all’interno del proprio ambito di lavoro. La diffusione dovrebbe proseguire dal livello
13
locale a quello regionale e nazionale e, in base alla rilevanza e tipologia della ricerca,
sfociare nella presentazione del lavoro svolto in convegni o congressi internazionali
(Gerrish, Lacey, 2006). La presentazione dei risultati della ricerca in eventi divulgativi
nazionali segue ormai le modalità previste a livello internazionale: oral presentation
(presentazione orale), poster (si utilizza la stessa parola anche in italiano), tavole rotonde,
lezioni magistrali (Keynote lecture). Un altro canale divulgativo, sempre più utilizzato dagli
infermieri italiani, è la pubblicazione su riviste nazionali e internazionali.
1.9. Tipi di Ricerca
La consultazione dei manuali di ricerca infermieristica offre un’ampia panoramica
degli studi impiegati nell’ambito della scienza infermieristica. Il neofita potrebbe però
perdersi nelle innumerevoli classificazioni e tipologie, rese meno chiare dall’impegno di
termini differenti per identificare studi molto simili se non identici fra loro. Nei paragrafi a
seguire si intende offrire una panoramica della classificazione degli studi.
1.9.1 Ricerca di Base e Ricerca Applicata
La ricerca di base è spesso definita ricerca “pura” o “fondamentale” e lo scopo
principale è quello di ottenere dati empirici che possono essere utilizzati per sviluppare,
affinare o testare una teoria senza valutare la sua applicazione immediata e diretta nella
pratica clinica. La ricerca di base somiglia molto a ciò che viene fatto in laboratorio e
ricorda il lavoro degli scienziati. L’unico scopo della ricerca di base è l’avanzamento della
conoscenza in un area specifica. Nella tabella, di seguito riportata, viene segnalato l’unico
esempio di ricerca pura condotta in ambito infermieristico dalle sorelle Engler et al, 2004
(tabella 1.26).
La ricerca applicata, come suggerisce la parola stessa, è condotta per produrre
conoscenza utilizzabile nella pratica. Questo tipo di ricerca viene generalmente eseguita
in situazioni reali su soggetti rappresentanti il gruppo su cui i risultati verranno applicati.
Indipendentemente dal tipo di problema studiato: assistenza al paziente, educazione, ecc.
i risultati della ricerca applicata contribuiscono a modificare la pratica corrente. La
maggior parte della ricerca infermieristica clinica è ricerca applicata, raramente di base.
Ricerca di Base
Le sorelle Engler lavorando, come infermiere, in una terapia intensiva cardiochirurgia si posero come domanda: “possibile che non ci sia un modo migliore per risolvere questi problemi se non ricorrere ad una chirurgia così invasiva?” Le Engler iniziarono così ad occuparsi della relazione tra alimentazione e stato di salute del cuore. Approfondirono ovviamente il loro studi, sin dagli anni ottanta, conseguendo lauree in biologia e fisiologia. La risposta più logica alla loro domanda sembrava quella della prevenzione delle malattie cardiovascolari attraverso l’alimentazione e l’esercizio fisico. Questo le indusse ad impostare uno studio, nell’ambito delle scienze alimentari, degli effetti degli acidi grassi omega – 3 sull’apparato cardiovascolare. Si dedicarono per più di 10 anni a questo ambito di ricerca in laboratorio facendo diverse scoperte e pubblicando i risultati su prestigiose riviste biomediche.
Tabella 1.1 esempio di ricerca di base
6 Engler et al, (2004) ripreso da C. Sironi “introduzione alla Ricerca Infermieristica” (2010) pag. 5
14
1.9.2. Ricerca sperimentale e non sperimentale
Nell’approccio quantitativo sono utilizzati disegni di studio utili a descrivere,
esplorare, analizzare o correlare delle variabili fino a testare ipotesi di specifiche relazioni
fra loro. In questi disegni le variabili vengono rappresentate con dei numeri e, a secondo
del disegno di ricerca, viene sempre esercitato un certo grado di controllo. I disegni che
chiedono un maggior livello di controllo da parte dei ricercatori sono quelli che cercano di
individuare relazioni causali tra le diverse variabili e di confermare o negare l’ipotesi
iniziale; quelli più flessibili si propongono invece di descrivere un fenomeno o analizzare le
relazioni tra alcune variabili.
Secondo quanto detto finora i disegni quantitativi possono essere distinti in
sperimentali, quasi-sperimentali e non sperimentali. I disegni sperimentali e quasi-
sperimentali sono caratterizzati dalla presenza dell’esperimento (Watson et al. 2008)
definiscono un esperimento come un insieme di azioni messe in atto dal ricercatore per
verificare o falsificare un’ipotesi o individuare una relazione causale tra due fenomeni o
variabili.
Fra le numerose tipologie di classificazione dei disegni sperimentali o quasi-
sperimentali presenti nei manuali di ricerca nord americani esiste un certo accordo
nell’affermare che sia gli studi sperimentali che nei quasi-sperimentali il campione viene
generalmente suddiviso in due gruppi. Uno di questi riceve il trattamento sperimentale o
intervento, l’altro il trattamento usuale, ovvero un trattamento placebo oppure nessun
trattamento (Watson et al., 2008; Gerrish, Lacey, 2006; Fain 2004;Burns e Grove 2001). La
differenza tra gli studi sperimentali e quelli quasi-sperimentali consiste proprio nel
differente livello di controllo esercitato dal ricercatore sia sulle variabili studiate
(indipendente e dipendente) sia su tutte quelle variabili che potrebbero interferire con
l’esperimento (variabili estranee o interventi o confondenti).
Infine, gli studi non sperimentali, sono facilmente distinguibili da quelli
sperimentali e quasi-sperimentali perché in essi il ricercatore osserva il comportamento
naturale dei fenomeni e non vi è quindi alcuna manipolazione delle variabili in studio.
Questi disegni hanno generalmente lo scopo di descrivere un fenomeno misurandolo o
mettendolo in relazione fra di loro una o più variabili. Gli studi non sperimentali sono
molto utili nell’esplorazione di fenomeni di cui si conosce poco e per questa ragione
spesso precedono la conduzione di studi quasi-sperimentali o sperimentali relativamente
ad un certo problema di ricerca. Gran parte degli studi epidemiologici sono studi non
sperimentali (osservazionali) basati sullo studio di popolazioni esposte a determinate
condizioni per un arco di tempo anche molto lungo.
Esistono diversi disegni non sperimentali che sono stati distinti in due gruppi:
descrittivi e correlazionali.
La ricerca descrittiva ha lo scopo di descrivere in modo sistematico una particolare
situazione o evento che già esiste per spiegare o prevedere in che modo la situazione o
l’evento possono presentarsi nel futuro o essere modificati. Nella ricerca descrittiva si
utilizzano, per raccogliere i dati, questionari, survery, interviste oppure l’osservazione e i
15
soggetti costituenti il campione devono rappresentare sulla scala ridotta la popolazione di
riferimento.
La ricerca correlazionale studia la relazione fra variabili. La correlazione è la
tendenza che possiede una variabile a modificarsi in relazione ai cambiamenti che
avvengono in un'altra (Polit, Beck, 2004). I dati che vengono raccolti devono prevedere
almeno due variabili per lo stesso gruppo di individui e vengono calcolati,
successivamente, dei coefficienti di correlazione tra le misurazioni effettuate.
Nei paesi che iniziano ad occuparsi di ricerca, come il nostro, devono condurre
numerosi studi descrittivi e di correlazione (Pecile, Zanorri 2002; Casati 2005; Marucci et
al., 2005).
1.10. Classificazione della Ricerca in base al tempo
1.10.1 Ricerca Retrospettiva e Prospettica
La ricerca retrospettiva prende in esame dati già raccolti, come quelli delle cartelle
cliniche in cui la variabile dipendente è già stata influenzata dalla variabile indipendente,
l’intento del ricercatore è quello di connettere eventi presenti ed eventi occorsi nel
passato. La ricerca prospettica prende in esame i dati raccolti nel presente esplorando le
presunte cause o le presunte relazioni e, quindi, si spostano più avanti nel tempo per
analizzare l’effetto supposto. La ricerca prospettica inizia nel presente e termina nel
futuro (tabella 1.37).
Ricerca Retrospettiva Ricerca Prospettica
In questo studio retrospettivo viene analizzato l’effetto del parto con l’uso della sedia da parto sulla durata della seconda fase del travaglio, sulle condizioni del feto (indice di Apgar), e sulla quantità di sangue persa dalla madre. I ricercatori analizzarono le cartelle cliniche di 60 primipare nella fase gestazionale compresa tra la 37° e la 41° settimana, per una gravidanza normale ed un travaglio naturale. I dati raccolti da ogni cartella clinica includevano informazioni sul tipo di parto, sull’episiotomia, sulle lacerazioni, sull’anestesia, sull’analgesia, sull’indice di Apgar, sui risultati delle analisi del sangue e sulla durata della seconda fase del travaglio. I ricercatori poterono rilevare che la sedia per il parto non arrecava effetti negativi alle condizioni del bambino, ma che le madri presentavano valori dell’emoglobina e dell’ematocrito molto più bassi rispetto a quelli delle madri che avevano partorito nel normale lettino. Shannahan e Cottrel (1985)
In questo studio prospettico viene confrontata l’efficacia di tre tipi di strumenti per la valutazione evolutiva prescolare, utilizzati dagli infermieri in ambito pediatrico, nel prevedere il successo nella scuola primaria (dalla materna alle elementari) di un gruppo di soggetti nati con gravi carenze di peso (< 1500 g). Il campione era originariamente costituito da 41 bambini nati con queste carenze ed entrati nel campione di studio all’età di 4 anni. Al termine dello studio il campione definitivo era di 35 soggetti, i quali vennero studiati a intervalli per tutto il periodo in questione, dall’inizio della scuola materna fino al termine delle elementari. Schraeder (1993)
Tabella 1.3 esempio di studio retrospettivo e prospettico
7 ShannahanM.D., and Cottrel B.H., Effect of the birth chair on duration of second stage labor, fetal
outcome and maternal blodd loss, Nursing Research, 1985, 34: 89 – 92; Schraeder B.D., Assessment of measures to detect preschool academic risk in very-low-birth-weight children, Nursing Research, 1993, 42: 17 - 21
16
Gli studi prospettici sono tuttavia meno comuni di quelli retrospettivi. Ciò può
essere spiegato dal fatto che il tempo necessario affinché il fenomeno in esame si palesi
può essere molto lungo.
1.10.2 Ricerca Trasversale e Ricerca Longitudinale In una ricerca trasversale (cross sectional) i dati vengono raccolti solo una volta senza alcun interesse per quel che è accaduto nel passato che abbiano potuto influenzare gli eventi o potranno influenzare gli eventi futuri. I dati sono raccolti una sola volta senza follow-up. I risultati sono una misurazione di quello che esiste in quel momento , senza alcun tentativo di documentare cambiamenti nel tempo passato o futuro. Nella ricerca longitudinale i dati vengono raccolti in momenti differenti del continuum temporale su una coorte di soggetti (tabella 1.48)
Ricerca Trasversale Ricerca Longitudinale
In questo studio trasversale sono state utilizzate un intervista faccia a faccia e la consultazione di documentazione clinica. I partecipanti allo studio sono stati selezionati in maniera random in base alla permanenza all’istituto, alle condizioni fisiche e alle esperienze legate al dolore. I partecipanti, inoltre, dovevano saper parlare l’inglese, avere un età >65 anni e senza alterazioni dello stato cognitivo. Per raccogliere i dati del dolore e delle funzioni cognitive è stata utilizzata un’intervista strutturata. Per classificare e valutare il livello cognitivo è stato utilizzatolo short Portable Mental Status Questionnare (SPMSQ). Manz, BD, et al; (2000)
È stato utilizzato un disegno longitudinale, quasi sperimentale con pretest e postest che ha coinvolto un unico gruppo di partecipanti per valutare la fattibilità di un programma di autogestione della dieta per soggetti afroamericani residenti in un area rurale. Gli obiettivi, dello studio erano:
Valutare l’aderenza agli interventi educativi;
Valutare gli effetti dell’educazione all’autogestione della dieta sugli out come psicologici, l’autogestione della dieta e i costi dell’assistenza;
Valutare la capacità di mantenere nello studio le persone reclutate nel campione.
Anderson- Loftin, W, et al; (2002)
Tabella 1.4 esempi di ricerca trasversale e longitudinale
I vantaggi degli studi longitudinali consistono nel fatto che ciascun soggetto viene
seguito separatamente e quindi esso stesso funge da strumento autonomo di controllo,
che le risposte sono più approfondite, e che l’andamento dei dati può essere analizzato
precocemente. Il ricercatore può infatti rilevare i cambiamenti nelle variabili in esame nel
corso del tempo. Al contrario gli studi trasversali implicano una minore perdita di tempo,
sono meno costosi e sono più facilmente gestibili da parte del ricercatore. Tuttavia, i
migliori risultati in termini economici sono controbilanciati dalla ridotta capacità del
ricercatore di effettuare un accertamento evolutivo approfondito delle interrelazioni tra i
fenomeni studiati.
ASPETTI ETICI NELLA RICERCA INFERMIERISTICA
Il XXI secolo si è aperto con numerose sfide per l’uomo. Quella che più di tutte lo
mette alla prova è rappresentata dalla complessità delle situazioni che quotidianamente
8 Manz, BD, et al.; Pain assessment in the cognitively impaired and unimpaired elderly, Pain Manag Nurs
2000, (1) 106; Anderson Loftin W. et al.; Culturally Competent dietery education for southern rural African Americans with diabetes, Diabetes Education, 2005 (28): 245
17
vengono vissute. Per garantire uno sviluppo sostenibile, mediante l’attuazione di progetti
che tengano conto di tutti i fattori della realtà, della scienza e della tecnologia, è
necessario trovare un accordo sui valori ritenuti fondamentali dalla società. Per questo,
operare delle scelte, siano esse economiche, che di altra natura, non può che partire dalla
riflessione sull’uomo e sulla ricerca del suo bene e del bene comune.
Nell’attuale contesto, il richiamo all’istanza etica emerge in modo impellente:
“etica” non è però una parola magica da utilizzare per superare i momenti di crisi. Far
riferimento all’etica significa quindi operare scelte che tengano presenti valori morali
condivisi, quali: il rispetto della dignità e della vita umana in quanto bene fondamentale;
la libertà come responsabilità nei confronti degli altri e il bene per le future generazioni;
l’eguaglianza, l’equità e la giustizia come criteri per valutare la ricaduta delle proprie
scelte verso se stessi e gli altri. Questi valori morali sono quelli che ogni studioso, e nel
nostro caso ogni professionista sanitario, deve sempre considerare quando partecipa ad
attività di ricerca. Per garantire la protezione dei soggetti coinvolti nei progetti di ricerca,
nel dopoguerra si sono sviluppati linee guida e protocolli a tutela di quest’ultimi traendo i
loro principi base dal Codice di Norimberga (1947) e dalla Dichiarazione di Helsinki (1964).
Prima e durante la seconda guerra mondiale erano disponibili poche norme per la
protezione degli individui che partecipavano alla ricerca. Anche se durante la guerra
mondiale la Germania era la nazione più evoluta a livello scientifico e tecnico, il partito
nazista effettuo molti esperimenti non etici sulle popolazioni che discriminava.
2.1. Codice di Norimberga e Dichiarazione di Helsinki
Il processo di Norimberga dovette svolgere l’ingrato compito di giudicare gli atti
orribili e gli esperimenti non etici condotti dai medici nazisti in nome della scienza. Vari
giudici statunitensi che parteciparono al processo di Norimberga svolsero un ruolo chiave
nella stesura del Codice di Norimberga che aveva come obbiettivo quello di proteggere i
soggetti umani coinvolti nella ricerca e di stabilire i principi base per i comportamenti dei
ricercatori. Gli articoli del codice enfatizzano la protezione dei soggetti, il diritto di ritirarsi
dalla sperimentazione e l’adeguata preparazione di coloro che conducono la ricerca
(Tabella 2.1)
Principi Fondamentali del Codice di Norimberga
È assolutamente necessario il consenso libero degli individui
L’esperimento deve produrre risultati vantaggiosi con sufficiente certezza
L’esperimento si deve basare su conoscenze convalidate
L’esperimento non deve determinare sofferenze fisiche e psicologiche non necessarie
Nessun esperimento può essere condotto qualora si ipotizzi la possibilità che si possa verificare morte o disabilità
L’esperimento deve essere condotto solo da personale scientificamente qualificato
Nel corso del trattamento i soggetti umani devono avere la possibilità di interrompere l’esperimento
Nel corso dell’esperimento il ricercatore deve essere preparato ad interrompere l’esperimento se si ravvisa la possibilità che la continuazione dello stesso possa provocare danni, disabilità e morte ai soggetti coinvolti
Tab. 2.1 Codice di Norimberga
18
Nel 1964 si svolse in Finlandia un meeting dell’Associazione Mondiale dei Medici per sviluppare delle linee guida per i medici ricercatori: la Dichiarazione di Helsinki. Oltre a ribadire il Codice di Norimberga delineo due categorie di ricerca: quella che ha un valore terapeutico per i soggetti e quella che non ha un valore terapeutico diretto per i soggetti ma è ugualmente importante (Tabella 2.2).
Principi Fondamentali della Dichiarazione di Helsinki
La ricerca biomedica si distingue in ricerca associata alla cura clinica e ricerca non terapeutica
I protocolli di ricerca prima di iniziare devono essere esaminati da un comitato indipendente
È necessario il consenso informato dei partecipanti
La ricerca deve essere condotta da personale medico/scientifico qualificato
I rischi non devono superare i benefici
Tab. 2.2 Dichiarazione di Helsinki
2.2. Alcuni riferimenti normativi per l’infermiere ricercatore
Si effettua una breve panoramica normativa preceduta da due considerazioni. La
prima è il marginale coinvolgimento degli infermieri nei protocolli di ricerca clinica con
particolare riferimento a quella farmacologica. La seconda considerazione è che la
legislazione italiana ratifica sempre con ritardo materie già deliberate e ratificate dal
Parlamento Europeo.
Da entrambe le normative emerge l’utilità degli infermieri all’interno dei comitati etici di aziende ospedaliere e sanitarie. Con Decreto del Ministero della sanità 18 marzo 1998 viene stabilito come deve essere composto un Comitato Etico (CE): l’indipendenza del CE, le loro funzioni, il consenso informato, le responsabilità del CE. Nel 2006 è uscito un ulteriore Decreto del Ministero della salute dal titolo: “Requisiti minimi per l’istituzione, l’organizzazione e il funzionamento dei comitati etici per le sperimentazioni cliniche dei medicinali” dove viene ulteriormente ribadita la presenza di un infermiere nel CE. Nel 2009 il Comitato centrale IPASVI inserisce nel Codice Deontologico dell’infermiere all’articolo 12, quanto segue: “L’infermiere riconosce il valore della ricerca, della sperimentazione clinica e assistenziale per l’evoluzione delle conoscenze e per i benefici dell’assistito”. Con questa affermazione si sostiene che la ricerca ha un valore per la professione infermieristica in termini di evoluzione delle conoscenze e di bene per l’assistito. Il suddetto articolo, viene chiaramente ispirato, da alcuni documenti internazionali in particolar modo da un documento di ricerca infermieristica prodotto dal Comitato Sanitario Europeo nel 1996 tradotto in Italia dal CNAI nel ’98 dal titolo “Le basi etiche della ricerca infermieristica”. Un documento molto interessante, prodotto a livello internazionale, dagli infermieri inglesi del Royal College of Nursing nel 2009 è il Research Ethics (RCN) che al suo interno contiene gli standard di comportamento professionale. Il suddetto, afferma la necessita del rispetto dei seguenti valori professionali nella ricerca: la tutela della dignità della persona, la tutela dei diritti umani, la tutela della sicurezza, la garanzia del benessere dei partecipanti. È importante che tutte le persone coinvolte nel progetto di ricerca, dai finanziatori ai ricercatori, decidano non solo se impiegare determinate apparecchiature elettromedicali o sostanze poco conosciute, ma anche se è il caso di utilizzare durante interviste e/o indagini domande che potrebbero provocare danni emotivi.
19
Prima di iniziare una ricerca deve essere attentamente valutata la presenza o tutela dei seguenti elementi:
Consenso informato; Riservatezza; Protezione dei dati raccolti; Diritto di ritirarsi; Potenziali benefici; Potenziali danni
Per valutare la completezza e qualità dei protocolli di ricerca, il RCN suggerisce che si sviluppi una rete di esperti (peer review) che offrano sostegno e consulenza ai ricercatori che operano all’interno delle istituzioni e sono chiamati a raccogliere dati per la ricerca. 2.3. Il Consenso Informato nella Ricerca Nel vocabolario della lingua italiana non si trova alcuna definizione di consenso informato, né esiste alcun riferimento al significato che viene oggi attribuito nella pratica sanitaria quotidiana alla voce “consenso”. La ragione di tale mancanza è che questa espressione è la traduzione di informed consent, terminologia coniata negli Stati Uniti nel 1957. Si può attribuire a questa traduzione letterale parte della confusione concettuale su quello che a tutti gli effetti è un processo finalizzato ad ottenere l’adesione consapevole di una persona ad una determinata procedura sanitaria. In Italia, la base giuridica del consenso informato si fonda sugli articoli 13 e 32 della Costituzione che esprimono, rispettivamente, i principi dell’inviolabilità della liberta personale e del rispetto del concetto di salute come bene e diritto fondamentale e inalienabile della persona. Affinché il processo del consenso informato sia completo, devono verificarsi tre eventi: l’informazione da parte del professionista, la comprensione da parte del paziente, l’accettazione del trattamento sanitario da parte di quest’ultimo (Fry, Johnstone, 2004). Inoltre, perché il procedimento sia giuridicamente valido, il paziente deve essere libero ovvero non deve subire inganni o violenze, sia nel momento in cui viene data l’informazione che nel momento in cui viene espressa la volontà. L’informazione deve essere veritiera e completa, deve essere, soprattutto, adeguata alla capacità di comprensione della persona, deve quindi mettere la persona nelle condizioni di esercitare correttamente i suoi diritti. Il consenso deve essere sempre scritto, in modo che la manifestazione della volontà sia inequivocabile. Può essere di varie forme a seconda della complessità dello studio. Altro requisito fondamentale è l’attualità del consenso che comunque deve essere sempre antecedente all’intervento. Concretamente non deve intercorrere troppo tempo fra il consenso e la partecipazione attiva alla ricerca, tale da non far dubitare della persistenza della volontà a partecipare allo studio. Riassumendo, il consenso è completo e valido, se soddisfa le seguenti caratteristiche:
Informato; Consapevole; Personale; Manifesto; Specifico; Preventivo; Attuale e Revocabile
20
Per poter esprimere un consenso realmente valido il paziente deve avere un tempo ragionevole sufficiente per maturare il convincimento e quest’ultimo deve essere scritto in modo tale da risultare comprensibile a tutti indipendentemente dal livello culturale. È fortemente raccomandato che l’acquisizione del consenso informato sia assunta da chi effettua la ricerca e deve essere allegato con la documentazione relativa al protocollo di ricerca. Esso deve essere sempre riconfermato, anche in forma verbale ad ogni fase del processo di ricerca (Polit, Beck, 2010) (Tabella 2.3).
Elementi indispensabili di un Consenso Informato
Titolo di studio
Persone coinvolte nello studio
Invito a partecipare allo studio e le ragioni per cui la persona è stata invitata
Descrizione chiara e dettagliata degli obbiettivi dello studio
Benefici potenziali dello studio per la persona interessata, per la società sia di natura fisiopatologica, psicologica e culturale
Rischi reali e/o potenziali esplicitando con chiarezza le probabilità che queste si verifichino
Descrizione delle modalità di rimborso economico, la dove è previsto
Garanzie per la tutela della privacy
Descrizione della modalità per poter recedere dallo studio
Tab. 2.3 Consenso Informato
IDENTIFICAZIONE E DEFINIZIONE DEL PROBLEMA
Identificazione e la definizione del problema di ricerca iniziano quando viene
individuato un problema potenziale e terminano con almeno un’ipotesi o domanda di
ricerca. Il problema di ricerca denominato anche “definizione del problema” consiste nella
domanda che verrà posta durante lo studio; le ipotesi tentano di rispondere alla domanda
posta dal problema di ricerca. Il primo passo, uno dei requisiti più importanti del processo
di ricerca, è delineare in maniera coincisa l’area di studio e la definizione del problema. Il
ricercatore, al fine di circoscrivere la vasta area di studio esegue in modo accurato e
critico la revisione della letteratura al fine di rendere il problema suscettibile di indagine
empirica. Questo processo può richiedere molto tempo ed energie (figura 3.19).
9 Lo Biondo “Metodologia della ricerca Infermieristica” (2001) pag. 160
21
Nascita dell’idea I rapporti familiari cambiano a mano mano che i parenti anziani divengono più fragili e malati
Elaborazione dell’idea I rapporti cambiano in positivo o in negativo? Quali fattori contribuiscono a definire il tipo di rapporto, sia esso positivo o negativo?
Revisione della letteratura La letteratura suggerisce che lo stress viene percepito da tutti i familiari impegnati nell’assistenza a un anziano, a prescindere dal tipo di rapporto (positivo o negativo). Nonostante fattori quali: le condizioni finanziarie, la durata del periodo di assistenza e lo stato mentale siano stati identificati come agenti stressanti, nessuno di essi è stato verificato empiricamente.
Identificazione delle variabili Variabili potenziali:
Quantità di stress;
Condizioni finanziarie;
Stato mentale dell’anziano;
Età del familiare impegnato nell’assistenza;
Durata del periodo dell’assistenza;
Formulazione del problema di ricerca
Qual è l’effetto dello stress percepito dal familiare e il sostegno sociale sulla sofferenza psicologica dei familiari impegnati nell’assistenza all’anziano?
Figura 3.1 Processo di formulazione del problema di ricerca
22
3.1. Individuazione del Problema (Problem Statement)
L’interesse per ciò che si fa e l’attenzione alla realtà, la capacità di osservazione e
la curiosità sono elementi essenziali per individuare i potenziali problemi di ricerca.
Il punto di partenza è scegliere un argomento a partire da una curiosità,
un’esperienza vissuta, un episodio accaduto. Gli argomenti di ricerca sono aree
problematiche ampie e possono contenere diversi problemi potenziali di ricerca (tabella
3.110).
I tre elementi che un problema finale di ricerca deve contenere sono: la revisione
della letteratura, le ragioni o motivazioni per cui si andrà a formulare la domanda di
ricerca e lo schema teorico di riferimento che costituisce il fondamento concettuale per lo
studio (Wood, Ross-Kerr, 2006).
L’individuazione del problema è la base per il disegno di ricerca: quando il
problema è stato individuato in modo corretto, le rimanenti fasi del processo di ricerca
vengono di conseguenza (figura 3.211).
Argomenti o potenziali aree di ricerca
Alcuni potenziali problemi di ricerca
1 Le cadute accidentali 1.1 Identificare le persone a rischio di caduta in ambito istituzionale 1.2 Monitorare le cadute accidentali in medicina riabilitativa 1.3 Ridurre le cadute accidentali delle persone ricoverate in medicina riabilitativa
2 La valutazione teorica e pratica nella formazione universitaria degli infermieri
2.1 Ridurre il numero di studenti “ripetenti” e “fuori corso” nel corso di laurea per infermieri 2.2 Rivedere le modalità di accesso al corso di laurea per infermiere 2.3 Verificare le modalità di valutazione delle esperienze cliniche degli studenti infermieri
3 L’assistenza infermieristica a domicilio
3.1 Definire la complessità assistenziale dei malati a domicilio 3.2 Assicurare un assistenza infermieristica di qualità a domicilio 3.3 Garantire il coinvolgimento dei caregiver nell’assistenza infermieristica a domicilio
tabella 3.1 Identificazione e sintesi di alcuni potenziali problemi di ricerca
10
C. Sironi “Introduzione alla Ricerca Infermieristica” (2010) ripreso e modificato pag.173 11
C. Sironi “Introduzione alla Ricerca Infermieristica” (2010) ripreso pag. 174
23
Dopo aver individuato un area problematica generale, occorre restringerle e
trasformarla in oggetto di ricerca. Un problema troppo generalizzato richiede la revisione
di molti articoli non specifici, il che comporta una revisione della letteratura più lunga.
Un’eccessiva generalizzazione porta inevitabilmente a uno studio con troppe variabili, che
produce risultati difficili da interpretare (figura 3.312).
12
Lo Biondo “Metodologia della Ricerca Infermieristica”(2001) ripreso e modificato pag. 113
> ASTRAZIONE > CONCRETEZZA
> CHIAREZZA
Dall’argomento al
PROBLEMA DI
RICERCA
DOMANDE
di ricerca o
IPOTESI
REVISIONE
della LETTERATURA
G
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N
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R
A
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P
A
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T
I
C
O
L
A
R
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Figura 3.2 il modo di percepire dall’argomento alla domanda di ricerca
24
Figura 3.3 fasi della ricerca della letteratura
3.2. Caratteristiche del Problema di Ricerca
Il problema di ricerca può essere definito come un’area nella quale esiste una
lacuna di conoscenze nell’ambito infermieristico sia clinico sia professionale e disciplinare
(Burns, Grove, 2001), ma che deve possedere alcune caratteristiche:
Ricercabile;
Significativo;
Fattibile
Definire il concetto, il
problema, l’argomento
Condurre una ricerca manuale
e/o con Data Base elettronici
Eliminare le fonti non
rilevanti
Selezionare le fonti
Salvare le fonti rilevanti per
poterle poi esaminare
Eseguire una lettura rapida
degli abstract ed eliminare
altre fonti non rilevanti
Leggere criticamente
ciascuna fonte
Effettuare una sintesi delle
conoscenze acquisite
25
Innanzitutto il problema deve essere ricercabile, vale a dire che il ricercatore deve
poterlo indagare con una raccolta ed analisi dati. Mediante il metodo scientifico il
ricercatore ottiene informazioni riguardanti i concetti chiave del problema, per arrivare
successivamente a delle conclusioni. Affinché il problema sia oggetto di ricerca è
necessario formulare le definizioni operative di variabili.
I ricercatori definiscono con il termine variabili attributi, proprietà o caratteristiche
di individui, eventi o oggetti esaminati in uno studio. Esempi sono l’età, il peso, l’altezza,
la religione, l’etnia, ecc. L’intento del ricercatore è quello di stabilire in quale modo e
perché le differenze di una variabile sono connesse alle differenze di un’altra.
Un ricercatore, per esempio, può essere interessato alla variabile dolore
postoperatorio. Quest’ultima viene definita tale in quanto non tutti i pazienti presentano
dolore dopo l’intervento chirurgico, o perché l’intensità del dolore postoperatorio muta
da soggetto a soggetto.
Per variabile indipendente si intende la variabile che si suppone possa influire sulla
variabile dipendente. È quindi la variabile che si ipotizza essere il fattore causale nella
relazione oggetto di studio; nella ricerca sperimentale è quella manipolata dal ricercatore
durante l’esperimento in modo da verificare se ha degli effetti misurabili sulla variabile
dipendente.
Negli studi di ricerca non sperimentale, la variabile indipendente non viene in
alcun caso manipolata e si assume che essa sia insorta naturalmente prima o durante lo
studio (tabella 3.213)
Variabile Indipendente
Ricerca Sperimentale Ricerca non Sperimentale
Un ricercatore è interessato a studiare in che modo diverse sedi di iniezione intramuscolare possono incidere sulla percezione del dolore da parte del paziente. A tal fine egli manipolerà la variabile indipendente (sede dell’iniezione intramuscolare) cambiando di volta in volta la zona di iniezione.
Un ricercatore è impegnato a studiare il rapporto fra livello fra il livello di ansia e la percezione del dolore. La variabile indipendente (livello di ansia) non viene manipolata, ma si presuppone che essa nasca e sia osservabile e misurabile nella sua manifestazione naturale.
tabella 3.2 esempio di ricerca sperimentale e non sperimentale
La variabile dipendente viene spesso definita come conseguenza della variabile
indipendente. Essa non può essere in alcun modo manipolata ma solo osservata, si può
presupporre che essa vari a seguito di cambiamenti insorti nella variabile indipendente.
Oltre ad essere ricercabile, il problema di ricerca deve essere anche significativo
(Fain, 2004) o rilevante (Lo Biondo 2001). Il problema di ricerca deve possedere le
potenzialità per contribuire ad ampliare il corpo scientifico delle conoscenze
infermieristiche.
13
Fain “La ricerca Infermieristica leggerla,comprenderla e applicarla” (2004) pag. 20
26
Haber (1998) ha individuato i criteri che devono essere soddisfatti perché un
problema di ricerca possa essere definito significativo:
I pazienti, gli infermieri e la comunità medica in genere potranno
potenzialmente beneficiare del sapere derivato dallo studio;
I risultati potranno essere usati nella pratica infermieristica, nella formazione
professionale o nell’amministrazione;
I risultati saranno significativi dal punto di vista teorico;
I risultati potranno contribuire alla formulazione o alla modifica della pratica o
delle politiche infermieristiche.
Qualora il quesito di ricerca non soddisfi nessuno dei criteri esposti, sarà
opportuno analizzarlo nuovamente o scartarlo.
Ma per quanto un problema possa essere ricercabile e significativo deve essere
soprattutto fattibile.
La fattibilità deve essere analizzata da un punto di vista pragmatico. A prescindere
dalla rilevanza o ricercabilità di un problema, è necessario prendere in considerazione
fattori quali: il tempo, la disponibilità dei soggetti, attrezzature, strutture e fondi;
l’esperienza del ricercatore; questioni di carattere etico. Si tratta di elementi che possono
indurre il ricercatore ad abbandonare l’intento a causa della scarsa fattibilità.
3.3.Individuazione dello Scopo (Purpose Statement)
Lo scopo di uno studio è un affermazione che ne indica l’obiettivo globale e
l’intento della ricerca. Lo scopo dello studio negli articoli di ricerca è generalmente
riportato dopo l’individuazione del problema nella sezione “introduzione” o nella sezione
“Background” ed è sempre riportato prima della revisione delle letteratura.
Brink e Wood (2001) consigliano di scrivere lo scopo in uno dei modi seguenti:
Affermazione Dichiarativa;
Domanda;
Ipotesi
La scelta di uno dei tre modi dipende dalle conoscenze che il ricercatore possiede
sull’argomento in oggetto.
Lo scopo deve anche includere informazioni relative all’intento del ricercatore:
descrivere, identificare, osservare; informazioni riguardanti il contesto: dove raccoglie i
dati; ed infine informazioni riguardanti i soggetti coinvolti.
3.4. Domanda di Ricerca: distinzione in tre livelli
Si è visto che una domanda di ricerca è un quesito esplicitato su un problema o un
argomento che deve essere indagato, esaminato e analizzato (ricercabile).
Una volta assodato che una domanda di ricerca deve essere ricercabile,
significativa e fattibile, si intende ora fornire qualche criterio in più sulla formulazione
delle domande di ricerca, perché la concreta modalità con cui le domande sono formulate
ha un effetto profondo sul processo di ricerca che a essa segue.
27
L’argomento di ricerca può avere differenti livelli di complessità cioè essere
costituito da un solo concetto o idea oppure da numerosi concetti o da una teoria.
È possibile collocare tutta la ricerca entro tre ampi livelli in base all’entità di
conoscenze o di teorie esistenti su un determinato oggetto di studio (tabella 3.314).
Se esiste scarsa letteratura sull’argomento o sulla popolazione che si intende
studiare e lo scopo che si vuole perseguire è la descrizione di questi elementi così come si
presentano in modo naturale, ci si trova nel primo livello di domanda. Le domande di
primo livello sono poste per esplorare e trovare descrizioni di un singolo argomento o
popolazione di cui non si trovi traccia in letteratura. Magari sono reperibili delle fonti su
quell’argomento, ma non in relazione a quella specifica popolazione, oppure si trovano
fonti insufficienti o di scarsa qualità, o ancora, che partano da un punto di vista differente
da quello di interesse del ricercatore. Per ricapitolare sono domande che intendono
esplorare, comprendere e descrivere ciò che esiste, senza intervenire in alcun modo
(contesto naturale).
A un secondo livello esistono conoscenze sia sull’argomento che sulla popolazione
d’interesse, ma il ricercatore intende eseguire una descrizione statistica delle relazioni fra
variabili. Le domande di secondo livello si concentrano sulle relazioni tra variabili già
descritte in passato, ma non ancora messe in relazione fra di loro. Le risposte a domande
di secondo livello consentono di determinare la significatività statistica delle relazioni tra
variabili. Studi di questo tipo, se ben condotti, permettono di sviluppare solide
conoscenze che portano a sviluppare il passo successivo cioè formulare domande che
chiedono di spiegare perché esistono le relazioni studiate, e perché quelle due o più
variabili studiate devono essere in relazione fra loro.
Le domande di terzo livello sono fattibili solo in presenza di un notevole bagaglio
di conoscenze e teorie e consentono di testare ipotesi predittive sulle variabili. Al terzo
livello deve essere specificata la direzione di ciascuna variabile in relazione all’altra e la
variabile indipendente deve essere manipolabile. Quindi, se è reperibile una notevole
quantità di studi, conoscenze e teorie su un determinato argomento e lo scopo dello
studio è testare una teoria mediante la diretta manipolazione della variabili, si è al terzo
livello di domanda.
La distinzione in tre ampie categorie di domande di ricerca è molto utile per il
ricercatore neofita, utile anche a scopo accademico, per capire leggendo un articolo a
quale categoria il disegno di studio appartiene. Disegni di ricerca diversi per rispondere a
domande di ricerca diverse, perché alcuni disegni di studio sono più adatti per rispondere
a determinate domande di ricerca rispetto ad altri. Potrebbe anche accadere, che dopo
un attenta revisione della letteratura, l’entità delle fonti consultate e le loro
caratteristiche portino il ricercatore a rivedere la propria domande e a passare da un
livello all’altro.
Un ultima precisazione, le domande di primo livello sono presenti in studi ove lo
scopo e più frequentemente espresso in forma dichiarativa. Lo scopo degli studi di
14
C. Sironi (2010)“Introduzione alla Ricerca infermieristica” pag. 324
28
secondo livello contiene una domanda, al terzo livello, quando ci sono sufficienti
conoscenze per predire il risultato dello studio e si intende testare la significatività della
predizione, la domanda è di solito formulata sotto forma di ipotesi.
Livello di Ricerca
Tipologie generali di domande di Ricerca Tipologie Generali di Disegni di Ricerca
I Livello Domande che descrivono Disegni di studio per descrivere o capire
II Livello Domande che collegano o mettono in relazione concetti o variabili
Disegni di studio per collegare o metter in relazione
III Livello Domande che predicono o esaminano effetti di manipolazioni
Disegni di studio per manipolare o predire
tabella 3.3 Livelli di ricerca, tipologia di domanda e corrispondenti disegni di studio
3.5. Replicazione
La replicazione è la duplicazione di una procedura di ricerca in un secondo studio
per determinare se i risultati sono riproducibili. Beck (1994) ha dimostrato come
l’applicazione della duplicazione sia assai difficile nella pratica infermieristica in quanto
pochissimi studi si adattano alla replicazione.
Vi sono opinioni controverse sull’importanza degli studi di replicazione, per alcuni
ricercatori, gli studi di replicazione sono poco accademici e meno importanti di una
ricerca originale; per altri, la replicazione, invece, fornisce eccellenti opportunità per
mettere in discussione ricerche precedenti, chiarire risultati contrastanti nella letteratura,
confermare o confutare teorie esistenti (Taunton 1989, Martin 1995).
3.6. Revisione della Letteratura di Riferimento
La revisione della letteratura richiede l’identificazione e l’analisi delle informazioni
pertinenti al problema di ricerca e non è mai una perdita di tempo e di energie. Il suo
scopo principale è quello di conoscere ciò che è già stato fatto, in modo da non ripeterlo
inutilmente, se non deliberatamente.
Philips (1992) ha individuato gli obiettivi della revisione della letteratura:
Determinare cosa si conosce o meno su un argomento, un concetto, o un
problema;
Identificare lacune, coerenze o incoerenze della letteratura relativa a un
argomento, concetto o problema;
Scoprire le correnti di pensiero utilizzate per esaminare un problema;
Dare origine a domande o problemi di ricerca;
Determinare un appropriato disegno/metodo per rispondere a quesiti di
ricerca;
Determinare il bisogno di replicazione o di affinamento di uno studio ben
disegnato;
Promuovere lo sviluppo di protocolli e direttive per la pratica infermieristica;
Scoprire nuovi interventi per la pratica o trovare un “supporto” per il
cambiamento della pratica corrente.
29
Esistono diverse linee guida che possono aiutare il ricercatore neofita ad eseguire
una revisione appropriata della letteratura. Primo, il ricercatore deve evitare la tentazione
di allargare troppo la ricerca, includendo troppa letteratura. È da preferire una revisione
della letteratura molto circoscritta. Secondo, ricordarsi che aree in cui la produzione
scientifica è stata abbondante fornisce molta (troppa) letteratura relativa al problema e
può star a significare, anche, che non esista la necessità di ulteriori ricerche. Terzo, un
idea sbagliata ma molto diffusa è che la significatività di un problema sia correlato con la
quantità di letteratura prodotta: non è così. In alcune aree di ricerca, la mancanza di
letteratura scientifica da maggiore valore allo studio.
Il ricercatore può avviare una corretta revisione della letteratura dopo aver
risposto ai seguenti quesiti:
Di quanti anni indietro bisogna andare?
Quale tipo di letteratura bisogna cercare?
Di quanti articoli e libri si ha bisogno per un’adeguata ricerca?
È necessario cercare informazioni anche al di fuori delle biblioteche?
La preparazione di una revisione scritta comprende numerose tappe che son
riconducibili a tre fasi (tabella 3.4. Tappe per la revisione della letteratura).
Fase 1. Preparazione della revisione della Letteratura
Scegliere l’argomento, delimitare il problema e formulare il quesito/ipotesi; Identificazione parole chiave, le strategie di ricerca nelle banche dati
e modalità di citazione; Identificazione e selezione degli studi da includere:
Tavole riassuntive di estrazione dei dati per l’analisi;
Elaborazione di una mappa di concetti; Selezionare le modalità di citazione dei riferimenti bibliografici
Fase2. Scrivere la revisione
Scrivere la revisione:
Titolo della revisione;
Introduzione, corpo e conclusioni della revisione;
bibliografia
Fase 3. Rileggere e controllare la revisione
Revisione dei contenuti; Scrivere la revisione con un buon stile
Tabella 3.4 tappe per la revisione della letteratura
Dalla scelta dell’argomento alla delimitazione del problema alla formulazione
del quesito/ipotesi. La scelta dell’argomento e la sua focalizzazione è il primo passo da
compiere ed è spesso il più difficile. Può facilitarci il compito la scelta di temi con i quali
abbiamo familiarità o consultare libri di testo e/o effettuare una prima ricerca “grezza”
della letteratura. Una prima revisione di articoli e/o testi sull’argomento può infatti
aiutare a delimitare l’argomento attorno a pochi concetti chiave. Con questi elementi
collegato al problema è possibile formulare uno o più quesiti e/o ipotesi.
Quali sono le fonti di problemi e quindi di ipotesi di ricerca? Difficilmente
un’ipotesi di ricerca deriva dall’ispirazione del ricercatore.
30
Fonti del Problema di Ricerca
L’individuazione del problema può essere una fase complessa nel processo di
ricerca. È altresì importante capire come e dove trovare possibili soggetti di ricerca,
consapevoli, che questa attività potrebbe essere difficile.
In genere, i problemi di ricerca traggono origine, dalla:
Pratica Clinica;
Letteratura;
Teoria
Pratica Infermieristica
La pratica professionale legata ad un esperienza vissuta, un episodio accaduto, un
intuizione proveniente dall’attenta osservazione delle persone che si assistono; sono
contesti dove naturalmente emergono problemi di ricerca. Gli infermieri, nell’esercizio
delle loro attività possono sviluppare grandi abilità di osservazione ed analisi che li porta
ad individuare importanti quesiti suscettibili di indagine scientifica.
Letteratura
Un'altra fonte per individuare problemi di ricerca è la letteratura, che offre le più
svariate prospettive nell’ambito dell’indagine scientifica. Le riviste scientifiche pubblicano
articoli di ricerca dai quali si possono trarre molteplici spunti di studio, anche nell’ottica
della continuazione di un filone di ricerca. Quesiti che i ricercatori stessi ammettono di
non aver saputo dare risposta (limiti).
Teoria
Meleis (1991) definisce la teoria infermieristica come “una concettualizzazione
articolata e trasmessa di realtà inventate o scoperte (fenomeni e relazioni fondamentali)
sull’assistenza infermieristica o su discipline ad esse relative, il cui scopo è quello di
descrivere, spiegare, prevedere o prescrivere l’assistenza infermieristica”. Ella affermò
inoltre che “l’utilizzo principale della teoria è quello di guidare la ricerca. Un ruolo,
quest’ultimo, che si riflette nella pratica e attraverso di essa si evolve. La ricerca convalida
e nel contempo modifica la teoria. La teoria, dunque, guida l’attività pratica.
Alcuni modelli concettuali elaborati da importanti teorici della disciplina
infermieristica sono serviti da base per lo sviluppo di altre teorie. Tra questi annoveriamo
il modello di interazione persona – ambiente del processo vitale di Rogers (1986); il
modello dei sistemi personali, interpersonali e sociali di King (1981), il modello di
autocura della Orem (1991) ed il modello di adattamento della Roy (1984).
Le teorie infermieristiche e quelle di altre discipline permettono di individuare
problemi di ricerca attraverso un processo deduttivo.
31
FONTI DEL PROBLEMA DI RICERCA
Pratica Infermieristica Letteratura Teoria
Un esempio di come la pratica infermieristica possa offrire spunti per la ricerca è lo studio condotto da Beyea e Nicoll (1995) sulla somministrazione dei farmaci per via intramuscolo. Una revisione critica della letteratura metteva in luce che le tecniche esistenti per eseguire le iniezioni intramuscolo non erano fondate sulla ricerca ma riflettevano piuttosto miti, tradizioni, raccomandazioni ormai datate. Gli autori fecero una revisione integrale della letteratura fin dagli anni ’20 e alla fine svilupparono un protocollo basato sui risultati di ricerca. Inoltre, essi individuarono altre aree per studi ulteriori.
Sempre prendendo ad esempio lo studio condotto da Beyea e Nicoll (1995) sulla somministrazione dei farmaci intramuscolo esso individuo molti quesiti di ricerca irrisolti, quali:
Quale volume può essere iniettato con sicurezza e confort per il paziente;
Qual è la velocità di assorbimento del gluteo medio rispetto al muscolo situato in zona ventro – gluteale;
In che modo l’esercizio fisico influenza la velocità di l’assorbimento.
In riferimento alla velocità di assorbimento del gluteo medio rispetto al muscolo situato in zona ventro - gluteale, Evans et al, studiarono il muscolo deltoide e il gluteo medio e trovarono che il primo aveva il tasso di assorbimento più veloce rispetto al secondo.
Un esempio di come problemi di ricerca possano derivare da teorie e modelli concettuale è lo studio di Robinson (1995) in cui l’autore ha condotto una ricerca descrittiva e correlazionale sulle vedove nel secondo anno di lutto. Lo scopo dello studio era di esplorare da una prospettiva infermieristica le risposte al lutto e le variabili che lo condizionavano. La ricerca si basava sul modello di adattamento della Roy: gli stimoli contestuali (supporto e rete sociale, reddito/scolarità, credenze spirituali) erano correlati alla funzione cognator (processo di coping), a sua volta correlato agli out come di adattamento (risposte al lutto).
Tabella 3.5 esempi di problemi di ricerca
Fra le fonti del problema di ricerca vi possono essere compresi anche le questioni
sociali e altre fonti generiche (Fabiani 201215).
Questioni Sociali
Alcuni argomenti possono essere suggeriti dalla riflessione su tematiche politiche
e sociali rilevanti per il sistema e la comunità sanitaria. Ad esempio l’invecchiamento della
popolazione che determina nuove necessità assistenziali, la contrazione di risorse e la
necessità di identificare interventi con un miglior rapporto costo-efficacia, nuovi rischi per
la salute che richiedono l’attenzione verso nuovi focus di prevenzione della salute, le
nuove tecnologie che possono migliorare interventi assistenziali ed educativi
infermieristici.
Altre Fonti
Idee possono emergere attraverso attività di brainstorming con colleghi o
leggendo le priorità di ricerca di un organizzazione sanitaria, ecc.
I due errori più frequenti di questa fase sono non definire in modo chiaro un
argomento e all’interno dell’ipotesi o del quesito non delimitare un problema preciso e
puntuale. È necessario porsi le seguenti domande:
15
Maria Fabiani, “Appunti di Metodologia della Ricerca”, Corso di laurea per Infermieri AA 2012/2013
32
La questione che si intende affrontare nella revisione ha una reale valenza
scientifica?
Quello che si intende approfondire ha una reale rilevanza clinica e
assistenziale?
Il lavoro di revisione porterà nuove conoscenze?
Se la risposta anche ad una sola di queste domande è negativa è necessario
riconsiderare l’argomento scelto.
Identificare le parole chiave e le strategie di ricerca nelle banche dati Prima di
iniziare la ricerca nelle banche dati bisogna verificare il quesito e l’ipotesi di ricerca e
quindi procedere a pianificare la strategia dividendola in più concetti correlati tra loro, se
necessario. Durante le prime ricerche nelle banche dati, se si usa il linguaggio naturale, si
ha la possibilità di non avere risposte (evenienza rara), di avere troppe risposte, fra le
quali è impossibile scegliere ciò che interessa realmente (Information overload), oppure
le risposte non sono pertinenti alla ricerca. Questa è un evenienza frequente quando si
usa un “linguaggio naturale” e non il “dizionario controllato”. Ad esempio PubMed
indicizza utilizzando il tesauro MeSH (Medical Subject Headings) che è un vocabolario di
termini controllati da usare per la ricerca di documenti, serve a dare uniformità alla
banca dati e a garantire che il riferimento venga trovato. Il pregio delle banche dati
risiede nel lavoro di indicizzazione del contenuto informativo degli articoli condotto da
esperti qualificati.
Fonti delle Informazioni
Riviste Infermieristiche
Le fonti principali per la revisione della letteratura sono rappresentate dalle riviste
infermieristiche, mediche e quelle delle scienze sociali e psicologiche, le quali contengono
le informazioni più aggiornate nell’area clinica. Le riviste con referee sono riviste che
utilizzano un panel di revisori, scelti da un editor sulla base delle loro competenze, per
valutare la pubblicazione degli articoli, senza conoscere il nome degli autori (figura 3.416).
Risorse primarie e Risorse secondarie
Una revisione delle letteratura affidabile e ben condotta deve essere
principalmente composta da fonti primarie.
Per fonti primarie si intende un lavoro scritto dalla persona che ha sviluppato la
teoria o condotto la ricerca. Gran parte delle fonti primarie è reperibile nella letteratura
pubblicata.
Per fonti secondarie si intende invece un lavoro scritto da una persona che non
abbia partecipato direttamente a tali attività. Spesso una fonte secondaria consiste in una
replica, in un sommario o in una critica del lavoro teorico o di ricerca svolto da un altro
autore.
16
J. Sansoni: “Scrivere e Pubblicare un articolo di Ricerca: una Guida” Professioni Infermieristiche, 2000.53.1
33
Il ruolo ricoperto dalle fonti secondarie in una revisione della letteratura ben
condotta, sono essenzialmente due:
I. Quando le fonti primarie sono irreperibili, oggi si verifica piuttosto di rado
grazie alla rete informatica e ai prestiti interbibliotecari;
II. Quando le fonti secondarie possono offrire punti di vista diversi su un
problema o su un argomento. Motivazione più frequente.
Database, Indici Abstract
Molti studenti possono accedere alle biblioteche universitarie dove possono avere
l’assistenza di un bibliotecario. In generale, però,effettuare una buona revisione narrativa
della letteratura può essere un compito complesso legato al fatto che ogni anno, vengono
pubblicati migliaia di studi scientifici su migliaia di riviste scientifiche che nessun
infermiere può leggerle tutte.
Oggi, però, sono disponibili in rete varie risorse per reperire informazioni
scientifiche nel campo delle scienze biomediche. Alcune di queste banche dati sono
ricchissime di articoli scientifici, che attraverso potenti e sofisticati motori di ricerca
consentono di trovare in modo efficace ed efficiente gli studi di interesse per il proprio
quesito di ricerca attraverso l’utilizzo di parole chiave e di una particolare sintassi. Tra i
più importanti ritroviamo PubMed per tutte le scienze biomediche generali, Cinahl per le
scienze infermieristiche in particolare. Di recente l’IPASVI ha creato una banca dati
italiana delle referenze infermieristiche: Ilisi.
La banca dati delle revisioni sistematiche più importante di tutte è certamente la
Cochrane Library fondata negli anni ’90 in onore di Archibald Cochrane, che nel 1972 si
poneva il problema della fondatezza scientifica delle scelte operate nella pratica clinica
(tabella 3.617).
Letteratura Grigia
Il termine “Letteratura Grigia” indica, nel gergo dei bibliotecari, quella vasta area
di “documenti non convenzionali” che non vengono diffusi attraverso i normali canali di
pubblicazione commerciale e che quindi sono spesso difficilmente individuabili e
accessibili.
Questa grande categoria include le tesi di Laurea e di Dottorato, rapporti tecnici
aziendali, relazione ai convegni, saggi in attesa di accettazione a riviste specializzate,
dispense universitarie.
La letteratura grigia, in effetti, ha confini sfumati, e con la diffusione di internet, il
concetto stesso di letteratura grigia rischia ancora di più di essere messo in crisi, vista la
facilità con cui ciascuno può mettere a disposizione sul Web ogni genere di
documentazione altrimenti difficile da distribuire o recuperare.
Un settore di letteratura grigia di grande interesse per studenti e ricercatori è
quello delle tesi, purtroppo molto trascurate in Italia. Le Tesi di Dottorato, due copie
devono essere depositate dagli stessi dottorandi presso la Biblioteca Nazionale Centrale
di Roma e Firenze, identificabili e consultabili nei due istituti, che non consentono ne il
17
C. Sironi “Introduzione alla Ricerca Infermieristica” (2010) ripreso e modificato pag. 214 e pag. 215
34
prestito ne la riproduzione. La Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze ha da poco
istituito una serie di e-book aggiornati due volte l’anno.
Il destino delle Tesi di laurea è più incerto, non vi è una normativa organica sia
sulla conservazione che sull’accessibilità di questi documenti. Le modalità di
catalogazione, lettura in sede, riproduzione e prestito sono varie e tutte legate alla
decisione arbitraria di ogni singolo Ateneo. Di sovente anche la semplice visione è legata
all’autorizzazione dell’autore, del relatore o del Presidente di Facoltà; ed il prestito e la
riproduzione sono spesso non consentiti.
Da segnalare un iniziativa privata Tesionline http://www.tesionline.it dove i
laureati italiani possono pubblicare gratuitamente le loro tesi ricavandone la percentuale
dalle consultazioni e/o dalle spedizioni dei full text. È collegata ad analoghi siti
statunitensi http://www.dissertation.com e tedeschi http://www.diplomica.com
Per concludere si consiglia, per il reperimento in rete, di individuare il sito
dell’ente (università, azienda, amministrazione pubblica) che l’ha prodotto, per ottenere il
testo completo o le eventuali modalità per ottenere, a distanza, la fornitura del
documento.
35
PROFESSIONI INFERMIERISTICHE Valutazione del Referee
Titolo dell’articolo: ______________________ Allegate nº _____ tabelle nº_____ figure NOTE PER IL REFEREE: Rispondere sinteticamente alle seguenti domande ed allegare eventualmente, note critiche più particolareggiate A. Il testo è corretto, chiaro ed esauriente in
ogni sua parte? ______________________________________ B. Interesse ed originalità del tema trattato per
la disciplina ______________________________________ C. La metodologia usata nell’impostazione,
raccolta, elaborazione e presentazione dei dati è corretta rispetto al tipo di articolo?
______________________________________ D. Tabelle e grafici sono necessari e
sufficientemente illustrati? ______________________________________ E. Note inerenti la bibliografia ______________________________________ F. Il riassunto in italiano esiste ed è completo?
L’articolo è fornito di riassunto in inglese? ______________________________________ G. Note aggiuntive e commento globale ______________________________________ GUIDIZIO GLOBALE DEL REFEREE (comunque non vincolante per la redazione)
Articolo non pubblicabile Da inviare agli autori perché apportino le
modifiche indicate e da sottoporre nuovamente al giudizio del referee
Da inviare agli autori perché apportino le modifiche indicate che potranno essere verificate a livello redazionale
Pubblicabile subito (con eventuali piccole modifiche redazionali)
Figura 3.4 valutazione del Referee
36
Date base ed indirizzo internet
Ambiti Disciplinari Materiale Indicizzato Altre Caratteristiche
MEDLINE Scienze biomediche, infermieristiche ed ostetriche, veterinarie, odontoiatriche.
MEDLINE è la banca dati della National Library of Medicine degli Stati Uniti d’America. Contiene citazioni bibliografiche, autori e abstract di oltre 4800 riviste scientifiche.
La consultazione è gratuita, molti testi sono scaricabili gratuitamente. Indicizza dal 1996.
CINAHL Scienze infermieristiche ed ostetriche. CINAHL include anche riviste specifiche riguardo fisioterapia.
CINAHL è la banca dati più specifica per le scienze infermieristiche. Contiene oltre 3000 riviste infermieristiche. Inoltre include, in modo selettivo, Tesi di Dottorato, atti di Convegni, capitoli di libri.
Gli articoli sono scaricabili a pagamento o tramite abbonamento. Indicizza dal 1981.
British Nursing Index (BNI)
Scienze infermieristiche ed Ostetriche. Altri contenuti riguardano il Management e le altre Professioni Sanitarie.
Il BNI indicizza oltre 240 riviste infermieristiche, edite, quasi esclusivamente, nel regno Unito.
La consultazione è a pagamento. Indicizza dal 1986.
THE COCHERANE LIBRARY
Scienze biomediche con particolare riferimento all’efficacia dei trattamenti clinici.
La Cocherane Library è una raccolta di oltre 4000 revisioni sistematiche della letteratura svolte dalla Cocherane Collaboration.
Gli articoli sono scaricabili a pagamento o tramite abbonamento.
Tabella 3.6 Principali banche dati elettronici
Identificare e selezionare gli studi da includere La selezione avviene inizialmente dai titoli
e dagli abstract, verificando che il contenuto degli studi sia pertinente e rilevante per
l’ipotesi e la domanda di ricerca bibliografica in termini di area di intervento o di
outcome atteso e di eventuali criteri di inclusione o esclusione stabiliti in precedenza. I
criteri di inclusione possono essere:
Età della pubblicazione;
Principale focus dell’articolo;
Disegno di ricerca;
Gli esiti misurati
I criteri di esclusione:
Età partecipanti allo studio (es. esclusi bambini);
Caratteristiche di alcune popolazioni (es. escludere studi che comprendono
pazienti psichiatrici)
Questa fase viene anche definita skimming che letteralmente significa scrematura.
37
Esaminare e organizzare gli studi selezionati La validità di una revisione è strettamente
legata sia alla qualità degli studi originali sia ai metodi utilizzati dai revisori per
organizzare e sistematizzare le informazioni da sottoporre a revisione. La scelta può
ricadere sulle tavole di estrazione dei dati da cui si ottengono le informazioni necessarie
sulle caratteristiche e i risultati degli studi inclusi. In genere, le informazioni base da
estrarre sono:
Informazioni Generali: autore, data di pubblicazione, ecc;
Caratteristiche dello Studio: disegno, l’obiettivo;
Caratteristiche dei Partecipanti: informazioni sul campione (età, sesso, commorbilità);
Intervento o esposizione e setting: il contesto nel quale è stato condotto lo studio;
Esiti misurati: la descrizione degli esiti e gli eventuali strumenti di misurazione;
Risultati: è importante riportare i principali risultati emersi nello studio;
Osservazioni: è utile annotare osservazioni e riflessioni finalizzate alla domanda/ipotesi di ricerca narrativa
210 citazioni della ricerca bibliografica
150 citazioni dopo l'eliminazione dei doppi
130 abstract esclusi
20 studi selezionati
6 studi non recuperati
14 full text esaminati
5 full text esclusi
9 full text inclusi
Figura 3.5 Esempio di presentazione, attraverso l’uso di una flow chart, di un processo di identificazione e
selezione degli studi
38
Se da questa fase si evidenzia che alcuni studi non sono pertinenti o non
rispondono ai criteri di inclusione stabiliti o sono di bassa qualità vanno esclusi dalla
revisione e si procederà, se necessario, ad una nuova identificazione e selezione degli
articoli di ricerca. Per discutere con maggiore dettaglio i punti di forza e debolezza delle
diverse componenti di uno studio può essere utile valersi di una griglia per ogni articolo di
ricerca. Questo strumento risulta molto utile per il ricercatore neofita perché lo obbliga a
seguire uno schema predefinito (tabella 3.718)
Scheda di Lettura Critica Titolo (ed eventuale sottotitolo): ___________________________________________________________ Rivista: ________________________________________________________________________________ N. di pagine: ___________________________________________________________________________ Autori (segnalare nome, cognome, eventuali titoli di studio, ambito lavorativo. Segnalare se l’autore è noto): __________________________________________________________________________________ _______________________________________________________________________________________ Data (segnalare, se presente, la data in cui è pervenuto l’articolo e quello in cui è stato pubblicato): ______ _______________________________________________________________________________________ Struttura dell’articolo: Abstract (segnalarne la presenza, la qualità e se è scritta in una o più lingue): ________________________ _______________________________________________________________________________________ Parole Chiave: ___________________________________________________________________________ Introduzione (segnalare la presenza e la qualità): ______________________________________________ _______________________________________________________________________________________ _______________________________________________________________________________________ Corpo (valutare se l’articolo ha usato un approccio qualitativo, quantitativo, misto; la presenza il numero e la qualità di schemi, grafici, fotografie, disegni. Valutare l’impiego di uso di fonti, originalità, proporzione tra descrizione analisi e critica): _____________________________________________________________ _______________________________________________________________________________________ _______________________________________________________________________________________ _______________________________________________________________________________________ Conclusioni (segnalarne la presenza, i riferimenti con l’introduzione e il corpo del testo, punti di forza e di debolezza, implicazioni per la pratica clinica o ambiti infermieristici, indicazioni per futuri sviluppi): ______ _______________________________________________________________________________________ _______________________________________________________________________________________ _______________________________________________________________________________________ Bibliografia (segnalarle fonti bibliografiche distinguendole in fonti primarie e fonti secondarie; quanti e quali testi, quanti e quali riviste; la lingua; il sistema utilizzato per riportare le citazioni): _______________ _______________________________________________________________________________________ _______________________________________________________________________________________ Allegati (segnalarne la presenza, la chiarezza, le caratteristiche e la rilevanza): _______________________ _______________________________________________________________________________________ Considerazioni (scrivere un breve riassunto del testo scrivendo due o tre frasi significative che riassumano i temi principali , i risultati e le conclusioni emerse nell’articolo): ____________________________________ _______________________________________________________________________________________ _______________________________________________________________________________________
Tab. 3.7 schema per la lettura critica degli articoli
A questo punto risulta utile, al fine di organizzare i contenuti per scrivere la
revisione della letteratura, costruire una Mappa Concettuale Esso è uno schema che
18
C. Sironi “Introduzione alla Ricerca Infermieristica” (2010) ripreso e modificato pag.393 - 394
39
mette in relazione i concetti chiave e i risultati fondamentali organizzandoli in modo
logico collegandoli fra loro.
I riferimenti bibliografici Gli autori delle pubblicazioni scientifiche riportano in bibliografia
tutte le fonti che sono state citate direttamente o indirettamente, ossia, altri lavori che
non sono stati utilizzati direttamente nel testo, ma che sono stati comunque di aiuto per
la stesura dello stesso.
Queste informazioni possono essere presenti sotto forma di citazioni, ovvero, parti
di testo riportati testualmente; oppure di parafrasi, ovvero, rielaborazioni del contenuto
di un testo altrui. In entrambi i casi, i riferimenti bibliografici sono essenziali e
costituiscono un requisito fondamentale di valore scientifico, a tal fine devono essere
conformi ad alcuni requisiti:
Rigore scientifico nella selezione degli elementi della citazione;
Coerenza ed uniformità nell’applicazione dei criteri di citazione bibliografica;
Chiarezza ed esaustività
Si è evinto che il processo di redazione dei riferimenti bibliografici è costituito da
due parti:
1. La citazione delle fonti;
2. La redazione bibliografica corrispondente
A tal fine può essere utilizzato il metodo Harvard System e il Vancouver Style. Il
Vancouver Style richiede una progressione numerica delle citazioni richiedendo, in fase di
stesura, l’utilizzo di un programma informatico denominato “Reference Manager” per
ovviare a tutto ciò si può scegliere di usare il sistema definito Harvard System, il quale
permette di effettuare inserimenti e modifiche al testo senza alterare la progressione
delle citazioni.
È utile ricordare che l’Harvard System e utilizzato prevalentemente per
pubblicazioni di carattere economico, sociale e umanistico; diversamente il Vancouver
Style costituisce, oggi, lo standard di riferimento per la letteratura biomendica. Esso
presenta un grande vantaggio, rispetto al precedente, che il lettore non deve
interrompere la lettura del testo per visionare la bibliografia.
Si ricorda, che questi non sono i soli sistemi di citazione bibliografica possibili e
qualora lo si ritenga opportuno si rimanda alla consultazione del Chicago Manuel of style
(2003) nel quale sono riportati in maniera completa e dettagliata tutte le modalità dei
riferimenti bibliografici.
3.6. Raccomandazioni per scrivere una Revisione della Letteratura
Dopo che la letteratura è stata ritrovata e letta, il ricercatore deve scriverne una
revisione e, se questi è inesperto, penserà che il passaggio è particolarmente difficile.
La revisione non deve essere la semplice descrizione di quello che altri hanno
pubblicato ma deve essere una discussione critica e ragionata della letteratura esaminata
che mostra una profonda comprensione e consapevolezza delle diverse argomentazioni e
approcci. Deve essere i sintesi ragionata (organizzata in modo logico) e un analisi della
40
letteratura rilevante pubblicata sull’argomento collegata in modo stringente agli obiettivi
della revisione (domanda o ipotesi di ricerca).
Uno degli errori più comuni è presentare una revisione che è semplicemente una
lista di studi: nello studio di Rossi et al (2010) si esamina …; nello studio di Bianchi (2011)
è stato effettuato…. Questa non è un’analisi critica della letteratura esaminata.
La revisione della letteratura deve:
raggruppare gli studi che presentano conclusioni simili;
presentare osservazioni critiche sugli aspetti metodologici (critico non è
sinonimo di negativo. Un approccio critico è quello che analizza e valuta
razionalmente);
rilevare aree in cui i ricercatori sono in disaccordo;
evidenziare studi esemplari;
evidenziare gaps nella ricerca;
mostrare come il proprio lavoro di revisione si collega a studi precedenti;
mostrare come il proprio lavoro di revisione si collega alla letteratura in
generale;
concludere sintetizzando quello che afferma la letteratura e indicando quali
sono le implicazioni per la pratica professionale e possibili direzioni future di
ricerca.
Dopo la revisione della letteratura è necessario scrivere il Rapporto di Ricerca
Bibliografico. Questa fase varia in base alla finalità per cui si è improntata una revisione
bibliografica; esistono delle indicazioni basilari che vanno rispettate qualunque sia la
motivazione per cui si è deciso di affrontare questo processo di ricerca.
I punti essenziali che non devono mai mancare in un rapporto di ricerca
bibliografica, Vellone, Sciuto (2001) successivamente modificato da Marucci, Tiraterra
(2004) sono riportati nello schema a seguire (tabella 3.819)
RAPPORTO DI RICERCA BIBLIOGRAFICA
Titolo del rapporto Deve coincidere con l’argomento trattato
Dividere il rapporto in più paragrafi Per organizzare meglio il lavoro, dando dei titoli specifici, e evitando eventuali ripetizioni
Strutturare il rapporto in tre sezioni: introduzione corpo e conclusione
Introduzione, come dice la parola stessa servirà ad introdurre il lavoro; il corpo è la parte centrale del rapporto che ha una valenza descrittiva dell’argomento trattato, la conclusione che sintetizzerà quanto trovato evidenziando alcune lacune
Bibliografia Permette di avere riferimenti per eventuali approfondimenti, difende la veridicità dell’autore, garantisce l’onestà scientifica non appropriandosi di concetti e studi eseguiti da altri
Tabella 3.8 rapporto di ricerca bibliografico
19
A. R. Marucci, M. F. Tiraterra: “Selezione Critica della Letteratura Infermieristica” Professioni Infermieristiche 2005.58.1
41
3.7. Revisionare la Revisione
Revisione dei contenuti E’ consigliato rivedere i paragrafi sull’identificazione e
definizione del problema e sulla forma delle ipotesi e prestare particolare attenzione alla
coerenza del proprio lavoro:
L’ipotesi formulata è coerente con il problema identificato?
Gli obiettivi conoscitivi della revisione sono strettamente correlati all’ipotesi formulata?
Le parole chiave sono coerenti?
I dati presi in considerazione sono sufficienti ed omogenei? È necessario sincerarsi di aver selezionato il miglior materiale a disposizione e non solo quello utile a confermare la propria ipotesi
Il testo ha una struttura logica ed è ben ripartito?
Può essere suddiviso in più sezioni al fine di migliorarne la chiarezza?
I risultati sono stati ben interpretati e descritti?
Alcuni dati possono essere raccolti in grafici e tabelle?
Si è dato sufficiente spazio alle conclusioni? Ed è coerente con i risultati e la discussione
Le citazioni e la bibliografia sono coerenti e rilevanti con l’ipotesi/problema oggetto di studio?
Scrivere la Revisione con un buon stile Uno dei problemi più comuni per chi deve scrivere
una revisione per la prima volta, è quella di impadronirsi dello stile in cui vengono scritte
le revisioni.
Imparare ad usare un linguaggio esplorativo nel presentare una revisione della letteratura
Le ipotesi non sono provate, ma sono supportate dai risultati delle ricerche; le teorie non sono verificate o confermate, ma possono essere provvisoriamente accettate se ci sono prove evidenti che dimostrino la loro legittimità
Evitare di dispensare opinioni sui risultati della ricerca
Una revisione dovrebbe usare le opinioni con molta cautele, o non riferirle affatto, e dovrebbe chiarire la fonte dell’opinione. Le opinioni del ricercatore non fanno parte di una revisione, fatta eccezione per la valutazione sulla qualità degli studi esistenti.
Usare un buon stile grammaticale e linguistico
Utilizzare correttamente i termini scientifici e tecnici; Nello scrivere è bene evitare:
Termini ridondanti ed ambigui; Le frasi troppo lunghe e complesse. Molti periodi possono
essere divisi in frasi brevi, d’immediata comprensione; L’uso incoerente di terminologie tecniche e di abbreviazioni
non conformi; L’uso eccessivo di verbi passivi, che derivano da una
traduzione errata dall’inglese; Il brusco passaggio di argomenti
Nella figura 3.6 viene proposto in modo schematico il processo di lavoro di una
revisione della narrativa della letteratura.
42
Formulare il problema
Descrivere obiettivi o quesiti
Identificare le parole chiave e i concetti da chiarire
Identificare
riferimenti
potenziali con
ricerca
elettronica e
manuale
Recuperare
riferimenti
che
sembrano
rilevanti
Elencare i
riferimenti per
rilevanza e
appropriatezza
Scartare riferimenti
non rilevanti o non
adatti
Leggere i
riferimenti
rilevanti e
prendere
nota (mappa)
Identificate i nuovi
riferimenti attraverso le
citazioni
Organizzare i
riferimenti
(Tabelle e
Mappe)
Analizzare
ed integrare
il materiale
Scrivere la
Revisione
Figura 3.6 Flusso delle tappe di una Revisione Bibliografica
43
SCELTA DEL DISEGNO DI RICERCA
Fino a questo punto è stato identificato
in modo preciso cosa si intende studiare,
ora si tratterà di decidere come studiarlo.
(Andrew, Halcomb, 2009)
4.1. Definizione del Disegno di Ricerca
Un disegno di ricerca è una sorta di guida scelta dal ricercatore per rispondere a
domande di ricerca o per testare ipotesi. Si tratta quindi di un insieme di linee guida
tramite le quali un ricercatore può ottenere delle risposte a quesiti di indagine (Fain
2004). Il disegno di ricerca si definisce come il piano che descrive la modalità per
rispondere alla domanda di studio ed è sotteso dall’approccio scelto dal ricercatore,
indica la strategia di selezione del campione e i metodi e strumenti previsti per la raccolta
ed analisi dei dati (Sironi 2010).
Lo scopo del disegno di ricerca è quello di fornire una struttura schematica
all’interno della quale poter rispondere a quesiti specifici dello studio.
I disegni di ricerca possono avere una prospettiva quantitativa o qualitativa con
scopi differenti. Lo scopo dei disegni quantitativi è di fornire una guida alla convalida di
teorie o informazioni. Lo scopo dei disegni qualitativi è di descrivere in profondità la vita
sociale.
Qualunque sia il disegno di studio deve comprendere i seguenti aspetti (Parahoo
2006):
L’approccio (quantitativo, qualitativo, triangolazione) ed il quadro teorico di
riferimento;
Il metodo di raccolta dati e le implicazioni etiche;
Il tempo, il luogo e la fonte dei dati;
Il metodo di analisi dei dati.
Inoltre esistono sempre degli elementi sulla base dei quali viene giudicata
l’adeguatezza del disegno di ricerca (Fain 2004):
Congruenza tra disegno e filosofia, teoria e domanda di ricerca;
Livello di sviluppo dei concetti e delle conoscenze;
Obiettivi dello studio;
Controllo sui fenomeni indagati;
Veridicità dei risultati;
Coinvolgimento del ricercatore con i soggetti o partecipanti.
4.2. Ricerca Quantitativa, Qualitativa, Triangolazione
L’indagine scientifica viene a volte definita ricerca quantitativa. La ricerca
quantitativa è un approccio conoscitivo che si basa sulla quantificazione di
comportamenti, caratteristiche e fenomeni. È in grado di compiere generalizzazioni sulla
44
popolazione partendo da osservazioni obiettive, effettuate su un campione. I metodi
quantitativi sono stati ben sviluppati ed utilizzati ampiamente ed efficacemente nella
ricerca infermieristica. Essi enfatizzano:
La misurazione;
La convalida delle ipotesi;
L’analisi statistica dei dati;
servendosi:
Sperimentazioni;
Questionari e/o indagini;
determinano l’avanzamento della scienza infermieristica.
La ricerca qualitativa è un approccio conoscitivo che utilizza metodi di indagine
che enfatizzano la soggettività, le descrizioni verbali ed il significato di un esperienza per
l’individuo. Essi si focalizzano sulla comprensione di un fenomeno nella prospettiva
dell’individuo utilizzando l’osservazione partecipata, le interviste profonde, l’etnografia e
l’analisi dei racconti. La ricerca qualitativa richiede scrupolosità, considerazione dei
dettagli, massima accuratezza.
Per triangolazione si intende l’uso contemporaneo del metodo quantitativo e
qualitativo per raccogliere dati riguardo un particolare fenomeno.
Riassumendo nell’approccio quantitativo, per esempio, il controllo di tutte le
variabili, la significatività statistica dei risultati e l’oggettività del ricercatore nella sua
interpretazione, costituiscono elementi fondamentali nel ritenere validi i risultati di
ricerca. Nell’approccio qualitativo invece, la presenza partecipata del ricercatore sarà non
solo tollerabile ma, in alcuni disegni di studio auspicabile e costituisce essa stessa un atto
di conoscenza. I risultati verranno considerati validi indipendentemente dalla loro
significatività statistica e dalla numerosità del campione, purché ben descritto il contesto
in cui si è svolto lo studio. Nella triangolazione i metodi e gli strumenti quantitativi e
qualitativi verranno utilizzati insieme sia nell’interpretazione dei risultati sia nella
valutazione dell’attendibilità e del rigore della ricerca.
A scopo illustrativo si propongono tre articoli di ricerca che impiegano i tre
approcci (Tabella 4.124).
24
Allcoch N. et al.; Patients referred to a pain management clinic: beliefs, expectations and priorities, Journal of Advanced Nursing, 2007 60 (3): 248 – 356; Carr E. et al.; Patterns and frequency of anxiety in women undergoing gynecological surgery, Journal Clinical Nursing 2006 15 (3): 341 – 352; Le Fort S. et al.; Randomized controlled trial of a community- based psychoeducation program for the self-management of chronic pain, Pain 1998 74 (3): 297 - 306
45
Disegno Quantitativo Disegno Qualitativo Triangolazione
Le Fort et al., 1998 utilizzarono un approccio di tipo quantitativo, conducendo uno studio randomizzato controllato allo scopo di valutare l’efficacia di un programma standardizzato di educazione sanitaria sull’auto-gestione del dolore cronico a domicilio. Vennero reclutati 11° pazienti divisi in gruppo sperimentale (partecipazione al programma) e gruppo di controllo (assistenza standard). Le variabili dipendenti studiate furono: percezione del dolore, livello di autonomia nella vita quotidiana. Queste variabili vennero definite e misurate con opportuni metodi statistici per elaborazione dati. I risultati mostrarono dei benefici statisticamente significativi nei pazienti che avevano partecipato al programma rispetto ai pazienti che avevano ricevuto l’assistenza standard.
Allcock et al, 2007 utilizzarono un approccio qualitativo esplorando il vissuto, le emozioni e le aspettative di alcuni pazienti con dolore cronico seguiti in un centro di terapia del dolore. Allcock e i suoi collaboratori coinvolsero 18 pazienti che accettarono di partecipare a tre focus group. Le discussioni furono audio-registrate e successivamente trascritte. I ricercatori interpretarono e classificarono i dati. Si evinse che le principali aspettative del paziente erano la riduzione del dolore, l’incremento del tempo trascorso senza dolore e la possibilità di svolgere serenamente le attività quotidiane.
Carr et al., 2006 utilizzarono delle scale di valutazione validate da interviste semi-strutturate allo scopo di studiare i livelli di ansia sperimentati dalle donne che dovevano sottoporsi a chirurgia ginecologica d’elezione. L’analisi simultanea dei dati qualitativi e quantitativi mise alla luce che elevati livelli di ansia pre-operatoria erano correlati a maggiori livelli di dolore post-operatorio.
Tabella 4.1 esempi di disegni di ricerca
Talvolta la distinzione tra queste tre modalità di intendere la ricerca viene fondata
sui dati che vengono raccolti, sui disegni di studio, oppure sui metodi e strumenti che
vengono utilizzati. Ciò che spesso non è dichiarato in una ricerca, in particolar modo nei
disegni di ricerche quantitativi è l’approccio filosofico all’interno del quale la ricerca viene
pensata e condotta. A volte tale omissione è dovuta alla tendenza che ha il ricercatore di
ritenerla implicita.
In questa sede ci si limita ad una sintetica descrizione delle caratteristiche delle tre
correnti di pensiero alle quali si riferiscono gli approcci quantitativo, qualitativo e
triangolazione.
La ricerca quantitativa si fonda su assunti filosofici che fanno riferimento alla
corrente positivista, in essa vengono inclusi il post-positivismo, l’empirismo logico e il
realismo critico. Secondo questo paradigma esiste una realtà indipendente dal
ricercatore. Lo scienziato può conoscere e predire le leggi che regolano la realtà e svelare
le relazioni causa-effetto che le governano. I valori del ricercatore non entrano mai in
gioco nel processo di ricerca. La conoscenza avviene, di sovente, attraverso l’uso di un
esperimento. Il linguaggio usato è quello della statistica inferenziale, l’accordo della
comunità scientifica avviene attraverso il principio di falsificazionismo. Il processo di
pensiero è deduttivo.
La ricerca qualitativa si fonda sui principi filosofici della corrente naturalista. Nella
corrente naturalista viene incluso anche l’esistenzialismo e la fenomenologia. Secondo
46
questa filosofia la realtà non esiste in modo indipendente dal ricercatore, ma è una
costruzione degli individui stessi che partecipano alla ricerca. Secondo questo approccio
la soggettività ed i valori del ricercatore devono entrare in gioco nel processo di
conoscenza. I dati, il contesto sono narrati e descritti con le parole e non è auspicabile ne
l’uso di un linguaggio numerico ne di generalizzazione dei risultati. Il processo di pensiero
è induttivo.
In ultimo, i ricercatori che fanno uso della triangolazione fanno riferimento
essenzialmente alla corrente del pragmatismo. Secondo gli esponenti a questa corrente di
pensiero l’adozione di un approccio esclusivo limita lo sviluppo delle conoscenze e la
comprensione dei fenomeni. In quest’ottica l’attenzione viene spostata innanzitutto al
problema, considerato prioritario, e in secondo luogo sul metodo. Ne consegue che tutti
gli approcci ed i metodo possono essere usati purché utili alla comprensione e alla
soluzione del problema (tabella 4.2).
DISEGNO DI RICERCA
Approccio Quantitativo Approccio Qualitativo Triangolazione
Positivista Naturalista Pragmatismo
Obiettività e generalità. I valori del ricercatore non entrano in gioco nel disegno di ricerca.
Soggettività. I valori del ricercatore influenzano i risultati di ricerca.
Approccio pluralistico concentrato sulla domanda di ricerca, dinamico, pratico, libero.
Approccio Deduttivo Approccio Induttivo Innanzitutto il problema poi il metodo
Esperimento Questionario e/o Intervista
Tabella 4.2 Approcci filosofici
47
4.3. Classificazione dei Disegni di Ricerca
I disegni di ricerca sono classificati secondo varie modalità, per semplicità ed
esaustività si sceglie la rappresentazione grafica della suddetta classificazione.
4.4. Disegni Quantitativi
3.4.1. Disegni Sperimentali
I disegni sperimentali richiedono una robusta base teorica e scientifica ed un
livello di controllo significativo. Il controllo sulle variabili ha luogo attraverso l’utilizzo di
strumenti validi e affidabili.
Tre sono gli elementi che costituiscono il “gold standard” degli studi sperimentali:
L’assegnazione Random;
Il Controllo;
Manipolazione della variabile indipendente.
Tabella 4.2 Rappresentazione grafica degli studi quantitativi, qualitativi e triangolazione
Approcci
Qualitativo
Quantitativo
Triangolazione
Quantitativo
Disegni
Sperimentali
Disegni quasi
Sperimentali
Disegni non
Sperimentali
Qualitativo
Fenomenologica
Etnografica
Grounded Theory
Triangolazione
Studi
Convergenti
Studi
Sequenziali
48
Brik e Woods (1994) hanno collocato i disegni sperimentali al livello di indagine più
elevato, che viene anche definito terzo livello.
A tal fine si ritiene opportuno chiarire che la maggior parte delle ricerche
infermieristiche non sono di natura sperimentale. Ciò è dovuto al fatto che tale disciplina
è ancora impegnata a definire i propri contenuti e le proprie teorie specifiche.
Assegnazione Random implica la ripartizione dei soggetti tra il gruppo
sperimentale e il gruppo di controllo su base meramente casuale. Ciò significa che ciascun
soggetto ha uguale possibilità di essere assegnato a uno qualsiasi dei due gruppi.
L’assegnazione causale consente di eliminare qualsiasi tipo di interferenza, da parte del
ricercatore sulla variabile oggetto di studio. Solamente il gruppo sperimentale verrà
esposto durante lo studio alla variabile che si pensa essere causa di un determinato
effetto. Per essere certi che i risultati ottenuti dal gruppo sperimentale siano veramente
dovuti al trattamento (manipolazione della variabile indipendente), si metteranno a
confronto con i risultati ottenuti da un gruppo le cui caratteristiche siano omogenee
(gruppo di controllo). Il gruppo di controllo riceve il trattamento o l’assistenza
normalmente erogata in casi simili.
O’ Sullivan e Jacobson (1992)25
usarono un esperimento clinico di tipo casuale per studiare gli effetti di speciali programmi di educazione sanitaria sulle madri adolescenti e sui loro bambini. Alcune madri, di età non superiore ai 17 anni, e i loro bambini furono assegnati casualmente a uno dei due gruppi dopo aver espresso il proprio consenso. Ciascuna di essa aveva, quindi, un eguale possibilità di essere assegnati al gruppo sperimentale o al gruppo di controllo.
Quindi, nei disegni di studio quantitativi è fondamentale l’identificazione delle
variabili. Ogni variabile, infatti, deve essere definita in modo tale che essa si possa
esplorare, descrivere o misurare. Già definite la variabile indipendente e variabile
dipendente, si definisce, invece, variabile confondente o estranee quelle variabili che
interferiscono nella relazione tra variabile indipendente e variabile dipendente. Queste
devono essere già previste in fase di progettazione e/o identificate e devono essere
controllate dal ricercatore per tutto il processo di ricerca.
Controllo si intende l’introduzione di una o più costanti all’interno del gruppo
sperimentale. Esso avviene preparando con grande accuratezza i protocolli di
sperimentazione, controllando le variabili confondenti e utilizzando il gruppo di controllo.
Manipolazione abbiamo già osservato come i progetti sperimentali per essere
definiti tali vi deve essere una variabile indipendente, manipolata dal ricercatore. Tale
variabile può essere una terapia, un programma di insegnamento, ecc.
4.4.2. Tipologie di Progetto Sperimentale
Campbell e Stanley (1963) hanno definito tre tipologie di disegno sperimentale:
Disegno pretest – posttest;
Posttest con gruppo di controllo;
Quattro gruppi di Salomone.
25
O’ Sullivan A. O. and Javobson B.J., A randomized trial of a health care program for first- timer adolescent mothers and their infants, Nursing Research, 1992 40 (4), 204 - 207
49
Randomizzazione
Pretest Esperimento Posttest
Il classico disegno pretest – posttest con gruppo di controllo è il più riportato in
letteratura. Il disegno preterst e posttest viene anche chiamato “prima e dopo”.
Il ricercatore raccoglie informazioni sulla similitudine dei due gruppi prima
dell’introduzione della variabile indipendente (figura 4.126).
R
R = assegnazione randomizzata gruppo di controllo o gruppo sperimentale;
0 = misurazione della variabile dipendente;
X = applicazione della variabile indipendente
Schaffner (1992)27
utilizzo questo tipo di disegno per determinare gli effetti della voce della madre registrata su cassetta sul comportamento e il tono del parasimpatico dei bambini di 3-5 anni ricoverati per breve tempo in una degenza chirurgica. I bambini erano assegnati in modo random al gruppo che ascoltava la voce registrata della madre che raccontava una storia (sperimentale) o al gruppo che non ascoltava la voce (controllo). Il comportamento del bambino veniva misurato prima e dopo l’ascolto della registrazione.
La seconda tipologia di disegno sperimentale è il solo posttest con gruppo di
controllo, viene anche chiamato il disegno “solo dopo”. Alcuni ricercatori sostengono che
il pretest non è sempre necessario, in special modo quando è stata effettuata una
randomizzazione, oppure in alcuni casi, può essere inappropriato o impossibile procedere
al pretest prima di manipolare la variabile indipendente (figura 4.228).
26
Fain “La Ricerca infermieristica: leggerla, comprenderla e applicarla” (2004) pag. 195 27
Schaffner BH., The effect of a maternal voice audiotape on parasympathetic tone and behavior of hospitalized preschool children, Unpublished dissertation, University of Pennsylvania, 1992 28
Fain “La Ricerca Infermieristica: leggerla, comprenderla e applicarla” (2004) pag. 196
Linea temporale delle fasi dello studio
Gruppi Sperimentale R 0 X 0 Controllo R 0 0
Figura 4.1 Disegno pretest e posttest con gruppo di controllo
50
Randomizzazione Esperimento Posttest
R
R = assegnazione randomizzata gruppo di controllo o gruppo sperimentale;
0 = misurazione della variabile dipendente;
X = applicazione della variabile indipendente
Wikblad e Anderson (1995)29
hanno adottato il disegno sperimentale con solo posttest per mettere a confronto gli effetti di diverse medicazioni sulla guarigione delle ferite chirurgiche di 250 pazienti sottoposti ad intervento di cardiochirurgia. I pazienti erano casualmente assegnati al gruppo di controllo che riceveva una medicazione assorbente convenzionale oppure a una dei due gruppi sperimentali che ricevevano o una medicazione semiocclusiva idroattiva o una medicazione occlusiva con idrocolloidi. Le medicazioni convenzionali erano più efficaci delle medicazioni idroattive nella guarigione delle ferite e non fu trovata alcuna differenza significativa tra la medicazione convenzionale e quella con idrocolloidi. Questo disegno sperimentale ha misurato la variabile dipendente (guarigione della ferita chirurgica) solo dopo l’intervento non è stato effettuato nessun pre-test.
La terza tipologia di disegno sperimentale è quello denominato quattro gruppi di
Salomon. Quest’ultimo è costituito da due gruppi identici a quelli descritti a proposito del
progetto sperimentale classico, e a due gruppi aggiuntivi, definiti gruppo secondario
sperimentale e gruppo secondario di controllo. Tutti e quattro i gruppi sono stati formati
con il metodo di assegnazione causale. Viene eseguito conducendo l’esperimento due
volte, una volta con il pre-test e una volta solo con il post-test. L’utilizzo di questo metodo
di ricerca, comprendente due gruppi che non vengono sottoposti al pre-test consente di
valutare gli effetti di quest’ultimo sul post-test rispetto agli altri due gruppi.
Lo svantaggio principale è la difficoltà legata alla conduzione di due studi
contemporaneamente, poiché richiedono più tempo più lavoro e un maggior
reclutamento di soggetti aventi le stesse caratteristiche (figura 4.330).
29
Wikblad K. And Anderson B.; A comparison of three wound dressing in patients undergoing heart surgery, Nursing Research, 1995 (44) 312 30
Fain “la Ricerca Infermieristica: leggerla, comprenderla e applicarla” (2004) pag. 197
Gruppi Sperimentale R X 0 Controllo R 0
Linea temporale delle fasi di studio
Figura 4.2 disegno solo postest con gruppo di controllo
51
Randomizzazione
Pretest Esperimento Posttest
R = assegnazione randomizzata al gruppo sperimentale o al gruppo di controllo;
0 = misurazione della variabile dipendente;
X = applicazione della variabile indipendente
4.5.Trial Clinici Randomizzati
Gli studi randomizzati controllati (Randomised Controlled Trial, RCT) costituiscono
l’approccio più ampiamente accettato per valutare l’efficacia di un intervento e/o di un
trattamento su un ampio campione di pazienti con caratteristiche equivalenti (Parahoo
2006). Tipicamente essi utilizzano il disegno con gruppo di controllo pretest – postest, i
pazienti vengono seguiti nel tempo e sovente vengono reclutati in più centri.
Lo scopo delle RCT è quello di testare un ipotesi di ricerca attraverso la
spiegazione della relazione causa effetto tra due variabili (Watson et al., 2008).
Caratteristiche essenziali degli RCT sono:
Uso del gruppo sperimentale e del gruppo di controllo;
La Randomizzazione;
Il doppio ceco.
I pazienti sono assegnanti al gruppo sperimentale o al gruppo di controllo tramite
un metodo che massimizza la probabilità che i due gruppi siano simili, tale metodo è la
randomizzazione. La randomizzazione può essere eseguita con diverse modalità è ha lo
scopo di garantire che i due gruppi in studio abbiano caratteristiche il più possibile
omogenee. Questa strategia di campionamento offre due importanti vantaggi: il primo è
che permette di evitare che l’assegnazione al gruppo sperimentale o al gruppo di
controllo possa essere influenzata, anche involontariamente, dalle aspettative del
ricercatore. Il secondo è che l’assegnazione casuale consente di distribuire in entrambi i
gruppi l’eventuale errore derivante dalla presenza di variabili confondenti.
I concetti di cieco e doppio ceco si riferiscono, invece, al livello di controllo
esercitato sulle informazioni in possesso dei pazienti e dei ricercatori.
Gruppi Sperimentale R 0 X 0 Controllo R 0 0 Sperimentale R X 0 Controllo R 0
Linea temporale delle fasi di studio
Figura 4.3 disegno dei quattro gruppi di Salomon
52
Nel caso dello studio in cieco i pazienti ignorano in quale gruppo sono stati
assegnati; nel caso di doppio ceco anche i ricercatore non posseggono questa
informazione. In alcuni studi si fa riferimento al triplo cieco: in questo caso si sottintende
che anche gli addetti alla manipolazione dei dati non sa a quale dei due gruppi essi si
riferiscano.
Alcuni ricercatori infermieristici sostengono che, sebbene gli RCT siano considerati
la miglior forma di evidenza o golden standard per la ricerca clinica, questi studi non sono
molto frequenti nella letteratura infermieristica per diverse ragioni, la principale è che la
natura degli interventi infermieristici rende impossibile mantenere uno studio in cieco o
doppio cieco. Altre motivazioni sono i costi molto elevati per effettuare un’accurata
randomizzazione, costi che spesso sono sostenibili solo per le società farmaceutiche, e
infine ma non ultimo le implicazioni etiche.
Esempio di RCT è la ricerca condotta da Rasero et al. (2000)31
sull’efficacia di due differenti protocolli per il cambio di medicazione del catetere venoso centrale (CVC) in pazienti trapiantati di midollo osseo. Gli autori confrontarono l’efficacia di due protocolli per la sostituzione della medicazione del CVC che prevedevano diversi intervalli di tempo tra una medicazione e quella successiva. Il primo protocollo (trattamento standard) prevedeva il cambio della medicazione ogni 2 giorni per i pazienti con catetere non tunnelizzato e ogni 5 giorni per quelli con catetere venoso tunnelizzato. Il secondo protocollo (trattamento sperimentale) gli intervalli di tempo per il rinnovo della medicazione erano di 5 giorni per i CVC non tunnelizzati e di 10 giorni per i CVC tunnelizzati. Rasero et al. condussero un RCT multicentrico allo scopo di valutare i due protocolli sulla base dello sviluppo delle infezioni del sito d’inserzione. Vennero arruolati 399 pazienti sottoposti a trapianto di midollo osseo in 7 centri italiani. I 139 pazienti a cui era stato posizionato un CVC non tunnelizzato e i 230 pazienti a cui era stato posizionato un CVC tunnelizzato furono randomizzati in due gruppi: il primo sottoposto a trattamento standard e il secondo a trattamento sperimentale. Per ridurre gli errori, a tutti i centri coinvolti fu fornito lo stesso materiale per le medicazioni. Le variabili misurate nel pre-test (al momento del ricovero) e nel post-test (dopo 10 giorni dal ricovero ed ogni 10 giorni) furono: la carica batterica del sito d’inserzione e la tossicità cutanea della medicazione. Il primo parametro fu misurato attraverso tamponi culturali; la tossicità cutanea della medicazione fu misurata con l’utilizzo di un apposita scala di valutazione. I risultati mostrarono che non vi erano differenze statistiche significative (p<0,05) fra gruppo sperimentale e gruppo di controllo. Evidenziarono inoltre che, non vi era nessun aumento delle infezioni del sito d’inserzione del CVC nei pazienti sottoposti a protocollo sperimentale e si riscontrò invece un aumento della tossicità cutanea nel gruppo di controllo: dove la medicazione si sostituiva più frequentemente (ogni due giorni). Gli autori conclusero che un aumento dell’intervallo di tempo nel rinnovo della medicazione del CVC è sicuro per il paziente e consente di ridurre notevolmente i costi dell’assistenza sanitaria riconducibili alla gestione del CVC.
4.5.1. Trial Clinici Randomizzati: un disegno con numerose varianti
Stabilito che il gold-standard della ricerca clinica per dimostrare l’efficacia degli
interventi sanitari è costituito dal Trial Clinici Randomizzati (RCT) si deve considerare che i
Trial possono essere utilizzati per valutare, con diversi obiettivi, i diversi interventi sanitari
in diverse popolazioni e setting. Nel corso degli anni si sono moltiplicate le classificazioni
relative agli RCT in quanto si è arricchita la terminologia sin a dar vita ad un vero e proprio
“linguaggio del Trial” (Tabella 4.332).
31
Rasero L. et al.; Confronto di due differenti protocolli nell’intervallo del cambio di medicazione per cateteri venoso centrali in pazienti trapiantati di midollo osseo: risultati di uno studio multicentrico randomizzato, Assistenza Infermieristica e Ricerca 2000, 19 (2) 112 - 119 32
A. Cartabellotta “Trial controllato randomizzato: un disegno, numerose varianti” AMD, 2011;211-214 rivisto e modificato
53
Classificazione dei Trial Clinci Randomizzati
Classificazione in relazione agli obbiettivi a. Explanatory (efficacy) Programatic (effectiveness); b. Trial di superiorità, di equivalenza, di non inferiorità
Classificazione in base alla modalità di assegnazione dei partecipanti all’intervento a. Disegno parallelo; b. Disegno crossover; c. Disegno fattoriale
Classificazione in relazione al numero di partecipanti a. Mega-Trial:
Trial a campione fisso (fixed-size); Trial sequenziali
Classificazione in relazione al numero dei centri coinvolti
Classificazione dei Trial che considerano le preferenze dei partecipanti
Tab. 4.3 Linguaggio del Trial
Classificazione in base agli obiettivi
a. Explanatory Trial ha come obbiettivo di dimostrare l’efficacia (efficacy) degli
interventi sanitari in contesti sperimentali ideali. Questi studi arruolano
popolazioni selezionate ed omogenee escludendo i pazienti “complessi”;
Pragmatic Trial ha come obbiettivo di dimostrare l’efficacia reale (effectiveness)
di un intervento sanitario. In questi studi i partecipanti vengono randomizzati con
criteri più ampi con il fine di arruolare un campione il più possibile simile alla
popolazione reale, i pazienti vengono inclusi nello studio in base ai sintomi,
piuttosto che sulla base di accurati test diagnostici. I regimi terapeutici sono
flessibili e prevedono che il paziente possa rifiutare il trattamento proposto.
b. Trial di superiorità, di equivalenza, di non inferiorità l’obiettivo del Trial di
superiorità è dimostrare che il trattamento sperimentale è più efficacie rispetto a
quello standard. Risulta statisticamente significativo quando viene rifiutata
l’ipotesi nulla;
I Trial di Equivalenza hanno l’obiettivo di dimostrare che il trattamento
sperimentale è equivalente a quello standard. Questi studi permettono di
dimostrare l’equivalenza assoluta dei trattamenti a confronto. I trial di equivalenza
sono poco diffusi perché richiedono, comunque, l’arruolamento di un numero
molto elevato di partecipanti, senza offrire grandi vantaggi rispetto ai trial di
superiorità;
I Trial di non Inferiorità sono molto diffusi, il loro obiettivo e di dimostrare che il
trattamento sperimentale non è inferiore rispetto al controllo. Senza entrare nel
merito dell’eticità di questi studi, essi si sono diffusi in un particolare periodo
storico, in cui era molto difficile e costoso effettuare studi di equivalenza e/o
superiorità (superiorità di una terapia farmacologica rispetto allo standard). Le
evidenze ottenute con i trial di non inferiorità assicurano comunque al prodotto
l’immissione nel mercato.
54
Modalità di assegnazione dei partecipanti all’intervento
a. Trial con disegno parallelo ciascun gruppo di partecipanti riceve un trattamento
differente: nella sua struttura più semplice a due bracci il gruppo dei trattati riceve
l’intervento sperimentale e il gruppo di controllo il trattamento standard o
placebo;
b. Trial con disegno crossover ciascun partecipante riceve entrambi gli interventi in
studio: sperimentale (A) di controllo (B) con sequenze differenti definite dalla
randomizzazione. In altre parole il gruppo sperimentale riceve la sequenza A→B e
il gruppo di controllo B→A . La criticità principale è l’estensione degli effetti del
primo trattamento che possono alterare la risposta del secondo (carry over effect)
per tale motivo l’utilizzo di questi trial è molto limitato e quando viene utilizzato si
applica fra il primo ed il secondo trattamento un periodo di wash-out;
c. Trial con disegno Fattoriale l’efficacia di due o più interventi sanitari non è
valutata solo individualmente, ma anche in associazione e versus placebo. I
partecipanti, ad esempio, vengono randomizzati in quattro bracci: A, B, A+B,
placebo. Questo tipi di trial viene usato per valutare l’efficacia di interventi di
prevenzione primaria e di promozione della salute.
In relazione al numero di Partecipanti
a. I Mega Trial sono sperimentazioni cliniche, quasi sempre multicentriche, che
arruolano migliaia di partecipanti. Non è, come si è portati a pensare, indice di
qualità l’arruolamento di un elevato numero di partecipanti anzi dietro ai mega
trial vi può essere un deficit metodologico. Sovente l’elevato numero di soggetti
oggetto di studio ha come unico obiettivo quello statistico.
All’interno dei Mega Trial, il ricercatore può utilizzare due modalità per il
campionamento: Trial a campione fisso (fixed size) in cui viene fatta a priori la
stima della dimensione del campione necessario e Trial sequenziali i partecipanti
vengono progressivamente arruolati sino al raggiungimento di una differenza
statisticamente significativa fra i due gruppi.
In relazione al numero dei centri coinvolti
Nei Trial Monocentrici i partecipanti vengono arruolati da un unico centro, mentre
nei Trial Multicentrici da due o più centri, senza alcuna limitazione di numero o di
area geografica. I trial multicentrici permettono l’arruolamento di un numero
molto elevato di partecipanti che permette un aumento dell’applicazione clinica
dei risultati.
Trial che considerano le preferenze dei Partecipanti
In un RCT tradizionale, per definizione, i partecipanti hanno la stessa probabilità di
essere assegnati al gruppo sperimentale o al gruppo di controllo. Questa
peculiarità metodologica determina un errore sistematico (P > 0,05) che viene
accettato dal trial. Nei trial, i pazienti ch vorrebbero essere assegnati all’intervento
da loro “preferito” vengono esclusi dallo studio. Diversa è la situazione se
all’interno dell’RCT viene sperimentato, ad esempio, un farmaco che non è ancora
disponibile sul mercato. In questi casi possono essere utilizzati specifici disegni di
55
Pretest Esperimento Posttest
Trial che considerano la preferenza del paziente (patient preferences trial): il
Disegno di Zelen, oppure il Disegno di Brewin-Bradley ed in fine il Disegno di
Wennberg.
4.6. Disegni quasi sperimentali
I disegni quasi sperimentali sono simili a quelli sperimentali, in cui vi è la
manipolazione della variabile indipendente ma, diversamente da questi, sono assenti
alcune caratteristiche tipiche come il controllo sulla variabile indipendente che non può
essere effettuata a causa della natura stessa della variabile oppure dei soggetti coinvolti.
In altri casi non può essere presente il gruppo di controllo. Tuttavia al pari del disegno
sperimentale vi è sempre una variabile indipendente da manipolare ed il ricercatore è
sempre interessato a verificare le relazioni di causa effetto.
Spesso si è obbligati a utilizzare questa tipologia di disegno a causa della natura
dello studio o del contesto clinico che impedisce di reclutare un gruppo di controllo o di
eseguire un assegnazione randomizzata.
Sono tre le tipologie di disegni di ricerca quasi sperimentali:
Disegno con gruppo di controllo non equivalente;
Disegno con gruppo di controllo solo secondario non equivalente;
Disegno per serie temporali.
I progetti con gruppo di controllo non equivalente vengono usati comunemente
dal ricercatore. Il limite maggiore di questo progetto di ricerca è riconducibile al fatto che
il ricercatore può riporre una fiducia assai limitata nel presupporre che il gruppo
sperimentale e di controllo siano simili all’avvio dello studio. Tuttavia, il disegno si
sostiene relativamente bene, poiché i dati raccolti al momento del pre-test consentono al
ricercatore di confrontare l’equivalenza dei due gruppi relativa ad importanti variabili
antecedenti prima dell’introduzione della variabile indipendente (figura 3.433).
R
R = assegnazione randomizzata gruppo di controllo o gruppo sperimentale;
X = applicazione della variabile indipendente
33
Fain “La ricerca Infermieristica: leggerla,comprenderla e applicarla” (2004) pag. 198
Gruppi Sperimentale 0 X 0 Controllo 0 0
Figura 3.4 disegno con gruppo di controllo non equivalente
Linea temporale delle fasi dello studio
56
Un esempio di studio quasi sperimentale con gruppo di controllo non equivalente34
, potrebbe essere il seguente: il ricercatore è interessato a valutare il dolore post operatorio in due reparti di chirurgia: A e B (con egual numero di pazienti). Gli infermieri del reparto A decidono di utilizzare 2-4 mg di morfina EV ogni 1 o 2 ore; il reparto B continua ad utilizzare 5-8 mg di morfina IM ogni 3 o 4 ore. In questo caso non essendoci stata assegnazione randomizzata il ricercatore si limiterà a confrontare i livelli medi di dolore nei due reparti di degenza, realizzando un disegno quasi sperimentale poiché i gruppi non sono equivalenti.
3.6. Disegni non sperimentali
Gli studi non sperimentali, sono facilmente distinguibili da quelli sperimentali e
quasi-sperimentali perché in essi il ricercatore osserva il comportamento naturale dei
fenomeni e non vi è quindi alcuna manipolazione delle variabili in studio. Questi disegni
hanno generalmente lo scopo di descrivere un fenomeno misurandolo o mettendolo in
relazione tra loro una o più variabili. Gli studi non sperimentali sono molto utili
nell’esplorazione di fenomeni che non si conoscono o che si conoscono poco. Esistono
diversi disegni non sperimentali, che possiamo distinguerli in due grandi gruppi:
Descrittivi;
Correlazionali
Le ricerche descrittive sono indagini finalizzate a descrivere un fenomeno o una
situazione rappresentando numericamente una o più variabili cosi come appaiono in un
campione di riferimento (Watson et al., 2008). Queste variabili possono essere
caratteristiche, comportamenti, attitudini o convinzioni di un gruppo di individui e
generalmente vengono misurate quantitativamente utilizzando questionari e/o interviste
strutturate.
Il termine survey (indagine o sondaggio) è utilizzato sia in senso ampio, per
indicare uno studio descrittivo, sia in senso più ristretto, per intendere una tecnico o
metodologia di raccolta dati.
Lo scopo delle survey è comunemente quello di descrivere numericamente le
conoscenze gli atteggiamenti, i comportamenti o le convinzioni di una popolazione
studiandone un campione rappresentativo. Il ricercatore, applica metodi di statistica
inferenziale, ricava quindi informazioni sulla popolazione in studio.
Gli elementi essenziali che determinano il rigore scientifico di una survey, sono:
La selezione e la numerosità del campione;
La validità e affidabilità dello strumento di raccolta dati
Il campione può essere reclutato in molteplici modalità, le due tecniche principali
sono:
Selezione random;
Campione di convenienza
Nel secondo metodo, meno auspicabile, vengono reclutati quei soggetti che sono
prontamente accessibili per il ricercatore. Il secondo elemento rilevante per determinare
la qualità di una survey è la modalità per la raccolta dati. È auspicabile pianificare un
questionario o una griglia per interviste strutturate che vengano precedute da uno studio
pilota su un piccolo campione al fine di valutarne le performance. 34
Fain “La Ricerca Infermieristica: leggerla, comprenderla e applicarla” (2004) pag. 198
57
Un esempio di survey è lo studio infermieristico condotto da Alvaro e Sili (2007)35
. Gli autori utilizzarono un questionario per valutare il livello di soddisfazione espresso dagli infermieri nei confronti dell’organizzazione sanitaria in cui esercitano la professione (benessere organizzativo). Lo strumento era composto da 74 item ed era stato sviluppato nella facoltà di psicologia di un’università romana in collaborazione con il Dipartimento della funzione pubblica. Quattro aziende sanitarie romane vennero coinvolte nello studio e il questionario distribuito a 965 infermieri che operavano in diversi ambiti assistenziali. La percentuale di risposta fu elevata in quanto 863 questionari (85,2%) furono compilati e restituiti. I dati furono analizzati da tecniche di statistica descrittiva e inferenziale. I risultati mostrano che gli infermieri, sebbene considerassero le condizioni lavorative sufficientemente soddisfacenti, esprimevano sfiducia nei confronti della direzione aziendale, per i seguenti motivi: mancata valorizzazione del personale più competente, assenza di percorsi di carriera, nessun coinvolgimento nelle decisioni strategiche.
I disegni correlazionali nascono dall’esigenza di avere conoscenze più approfondite
sulle variabili in studio e sulle relazioni tra esse esistenti. La correlazione è la tendenza che
possiede una variabile a modificarsi in relazione ai cambiamenti che avvengono in un'altra
(Polit, Beck, 2004). Differentemente dai disegni sperimentali o quasi sperimentali, negli
studi di correlazione la variabile indipendente non è manipolata. Il ricercatore può
utilizzare gli studi di correlazione per descrivere, predire o testare relazioni supportate da
una teoria. Questo tipo di disegno di ricerca può essere di supporto per ulteriori disegni di
ricerca che hanno come obiettivo quello dell’identificazione delle relazioni causali.
La ricerca correlazionale può essere condotta in modo retrospettivo o prospettico.
Molti studi epidemiologi usano dati retrospettivi sui quali si eseguono correlazioni. Un
esempio di studio correlazionale retrospettivo può essere uno studio analitico.
Gli studi analitici hanno la finalità di indagare la correlazione tra uno o più fattori di
rischio e una patologia attraverso l’utilizzo di cartelle cliniche. Secondo il ragionamento
dello studio analitico bisogna distinguere i soggetti coinvolti in due gruppi, il primo
esposto ai fattori di rischio, il secondo gruppo è costituito dai non esposti.
L’epidemiologo, con l’uso di tabelle e pochi calcoli può ipotizzare l’esistenza dei nessi
causali fra esposizione ad un fattore di rischio e malattia.
Gli studi correlazionali longitudinali prospettici sono:
Studio di coorte;
Studio caso – controllo
Una coorte è un gruppo di soggetti con caratteristiche omogenee, nella quale
viene confrontata l’incidenza di malattia in un gruppo di soggetti esposti con quella in un
gruppo di non esposti. Gli studi di coorte hanno notevole durata e quindi costi elevati. Per
ovviare a questi problemi si usa più di sovente gli studi caso – controllo. In questi studi
vengono arruolati direttamente i soggetti malati e se ne valuta retrospettivamente
l’esposizione ai fattori di rischio in studio. Contemporaneamente si recluta un campione
di popolazione sana per valutarne la probabilità di esposizione. Ovviamente il campione di
popolazione reclutato deve avere le stesse caratteristiche di quella dei casi (figura 4.536).
35
Alvaro R., Sili A., Il benessere organizzativo: la percezione degli infermieri romani, Professioni Infermieristiche, 2007, 60 (3): 139 - 147 36
C.Sironi “Introduzione alla Ricerca Infermieristica” (2010) pag. 138
58
Studi sperimentali
Studi quasi sperimentali
DESCRITTIVI (OSSERVAZIONALI) ANALITICI
Trasversali Longitudinali Longitudinali
o Cross Sectional
Studi Studi
Retrospettivi Prospettici
Survey Studi di Studi Studi
Prevalenza Retrospettivi Prospettici
Studi di Studi
Coorte Caso-Controllo
Studi
di Coorte
STUDI QUALITATIVI
L’assistenza infermieristica è una scienza e un arte. La ricerca qualitativa combina
la natura scientifica e quella artistica di tale disciplina per migliorare la comprensione
dell’esperienza sanitaria delle persone. Questo temine generico racchiude una serie di
strutture filosofiche e di metodi di ricerca. Negli ultimi anni, l’interesse per i metodi di
ricerca qualitativi è aumentato in maniera notevole; ciò è documentato dal numero
crescente dei rapporti di ricerca di tipo qualitativo contenuti all’interno delle riviste
professionali infermieristiche.
La ricerca qualitativa è particolarmente adatta allo studio dell’esperienza umana
relativa alla salute, un argomento, quest’ultimo, di interesse fondamentale per la scienza
infermieristica. Poiché i metodi qualitativi sono incentrati sullo studio dell’esperienza
umana nel suo insieme e dei significati a essa attribuiti dal singolo individuo, essi
consentono di capire i complessi comportamenti umani meglio o più a fondo di quanto
non lo consentano le indagini o le altre misure di percezione lineare.
Approccio
Quantitativo
Studi non
sperimentali
Figura 3.5 Rappresentazione grafica degli studi non sperimentali
59
Leininger (1992) afferma che sono stati identificati oltre venti modi di ricerca
qualitativa, ma solo tre sono comunemente utilizzati dagli infermieri:
Fenomenologico,
Etnografico,
Grounded Theory
4.1. Implicazioni Etiche
Vi sono diverse problematiche etiche connesse con la ricerca qualitativa un primo
aspetto è relativo al fatto che lo strumento di ricerca non è un questionario anonimo che
non permette di risalire alla persona che lo ha compilato; una seconda problematica è
che i partecipanti sono esseri umani con le loro esperienze, piuttosto che oggetti per uno
studio. Questi aspetti sono per l’infermiere ricercatore fonte di potenziali conflitti etici.
Il consenso informato che deve essere ottenuto dai partecipanti deve essere
riportato il permesso specifico di registrare su nastro le interviste, di come il ricercatore
assicurerà la riservatezza dei dati e della privacy dei partecipanti. Inoltre nel consenso
informato deve essere riportato la piena libertà di partecipare alla ricerca e di
abbandonare il progetto qualora lo desideri.
4.2. Rigore Scientifico
Il rigore scientifico è una caratteristica che deve essere comune a tutti i metodi di
ricerca. Mentre nella ricerca quantitativa il rigore è raggiunto con una maggiore facilità, in
quanto dipende principalmente dalla validità e dall’affidabilità degli strumenti di ricerca,
nella ricerca qualitativa il rigore scientifico diventa più difficile da raggiungere ma, non per
questo, meno importante.
Guba e Lincoln (1981) sostengono che per assicurare il rigore scientifico nella
ricerca qualitativa bisogna assicurare la Confermabilità (confirmability) che è costituita da
tre elementi:
Verificabilità;
Credibilità;
Appropriatezza
La verificabilità (auditability) è quell’elemento del rigore scientifico che permette
al lettore della ricerca qualitativa di seguire il percorso metodologico e decisionale del
ricercatore e di arrivare a risultati uguali o simili (ma non in contraddizione), considerando
i dati, la prospettiva e la situazione del ricercatore stesso.
La credibilità (credibility) richiede che i risultati dello studio siano descrizioni o
interpretazioni fedeli dell’esperienza vissuta. I risultati devono essere riconosciuti dai
partecipanti come descrizioni accurate della loro esperienza. Questo requisito, per
assicurare il rigore scientifico, può essere rispettato eseguendo più interviste sui
partecipanti e dando a questi l’opportunità di rivedere ed eventualmente correggere le
descrizioni e i temi emersi dall’analisi dei dati.
L’appropriatezza (fittingness) è il grado in cui i risultati di uno studio riflettono i
dati, ossia, i risultati devono essere accuratamente fondati sui vissuti emersi e devono
60
riflettere tutti gli elementi di un esperienza. Il ricercatore può soddisfare questo elemento
usando citazioni dirette dei partecipanti.
4.3. Ricerca Fenomenologica
La fenomenologia è sia una filosofia, sia un metodo di ricerca che esplora e
descrive l’esperienza di tutti i giorni così come appare alla coscienza umana, al fine di
generare o migliorare la comprensione dell’essere umano. La fenomenologia limita
l’indagine filosofica agli atti della coscienza.
La fenomenologia, come metodo di ricerca, è un’indagine rigorosa e sistematica
dei fenomeni. L’approccio è focalizzato sull’analisi descrittiva, retrospettiva e in
profondità dell’esperienza vissuta per l’individuo.
Allo scopo di descrivere chiaramente il processo di strutturazione è opportuno
suddividere la presentazione in argomenti.
Domanda di Ricerca La domanda di ricerca sono quelle che si interrogano
sull’esperienza vissuta. Per esempio: “in che modo i soggetti malati di cancro vivono la
speranza?”. La domanda, negli studi fenomenologici, viene di sovente espressa in forma
affermativa.
Selezione del Campione Solitamente con questo approccio si utilizza un campione
piccolo e propositivo, selezionato da persone che hanno vissuto l’esperienza che si vuole
studiare e che siano capaci e desiderose di descriverla.
Raccolta Dati Il metodo fenomenologico ha una sua unicità nella raccolta dati
poiché il ricercatore è il principale strumento di ricerca che deve poter comprendere i
partecipanti. Il ricercatore può raccogliere i dati in forma scritta o orale. Egli può, infatti,
formulare il quesito su un modulo, oppure condurre un intervista e registrare su
audiocassetta il frutto dell’interazione. Le interviste, in genere, non sono strutturate in
modo da permettere complete libertà espressiva. Il ricercatore interagisce con il
partecipante, per stimolare un’approfondita descrizione dei vissuti. L’intervista prosegue
finché l’esperienza non è completamente descritta anche se vi è la necessita di ulteriori
interviste.
Analisi dei Dati Esistono diversi metodi per l’analisi dei dati nella ricerca
fenomenologica, essi sono:
Metodo Van kaam;
Metodo di Giorgi;
Metodo di Patterson e Zderad;
Metodo di Colaizzi;
Metodo di Parse;
Metodo di Van Manen
Tutti i metodi richiedono che il ricercatore sia coinvolto in un dialogo con i dati e
che utilizzi un ragionamento induttivo e una sintesi. Tutti i modelli includono quanto
segue:
1) Lettura accurata e partecipata dell’intera trascrizione dell’intervista resa
dal partecipante;
61
2) Identificazione e suddivisione della trascrizione in segmenti di pensiero;
3) Rilevamento delle frasi importanti di ciascun segmento del pensiero,
utilizzando le parole del ricercatore;
4) Sintesi preliminare e sintesi finale dell’essenza emersa dalle testimonianze
fornite dai partecipanti, in modo da configurare una descrizione esauriente
dell’esperienza vissuta.
Descrizione dei Risultati Con il metodo fenomenologico il ricercatore offre al lettore un percorso di informazioni che conduce alla domanda di ricerca, passando attraverso le fasi importanti dei partecipanti e l’interpretazione del ricercatore, alla sintesi finale che elabora l’esperienza vissuta.
Un esempio di studio fenomenologico, in ambito infermieristico, è la ricerca condotta da Velloni et al. (2008)
37 Lo studio si propose due scopi: il primo fu quello di descrivere il significato attribuito al concetto di
qualità di vita dai familiari dei pazienti malati di Alzheimer (AD); il secondo fu quello di identificare i fattori che determinano positivamente e negativamente la qualità di vita di queste persone. Il disegno scelto fu uno studio fenomenologico ermeneutico. In un grande ospedale romano, furono reclutati per lo studio 11 uomini e 21 donne coinvolte nell’assistenza ai malati di AD. Tra questi 21 erano le mogli, 9 erano i figli, e due erano amici di persone con AD, l’età era compresa tra i 28 e gli 83 anni. Tra i caregiver coinvolti, 25 vivevano nella stessa casa con il malato assistendolo in media 15 ore al giorno. I dati vennero raccolti utilizzando interviste non strutturate. Le interviste furono audio registrate e successivamente trascritte in modo completo. Le 32 interviste, che durarono in media 90 minuti, vennero analizzate secondo la metodologia fenomenologica ermeneutica. I temi identificati furono sottoposti ai 32 familiari coinvolti nello studio. I risultati mostrarono che i familiari dei pazienti malati di AD associano una buona qualità di vita alla possibilità di poter godere di serenità, tranquillità, benessere psicologico, libertà, buone condizioni economiche. I fattori che maggiormente migliorano la qualità di vita dei caregiver sono, la buona salute del paziente, la possibilità di mantenere una certa indipendenza e di ricevere un maggior aiuto nell’assistenza all’ammalato. La preoccupazione per il futuro, la progressione della malattia del proprio caro e lo stress furono identificati come i principali fattori che influiscono negativamente sulla qualità di vita di queste persone.
4.4. Ricerca Etnografica
L’etnografia è una disciplina molto antica che risale ai tempi dell’antica Grecia.
Erodoto fu il primo etnografo che registrò un infinita varietà di fenomeni relative alle altre
culture con cui entrò in contatto. La tradizione etnografica moderna prese origine dalla
sociologia nella seconda meta dell’800 con studi basati sull’osservazione partecipata. Gli
antropologi successivamente svilupparono l’etnografia come metodo dello studio di
culture diverse, in un periodo storico in cui non si condividevano i metodi di ricerca
esistenti. Essi studiavano i dati raccolti da viaggiatori, esploratori, missionari e persone
che venivano in contatto con altre culture.
L’essenza dell’etnografia è fare lavoro sul campo vivendo la stessa vita delle
persone oggetto di studio. Come osservatore partecipante, il ricercatore, entra nella vita
di tutti i giorni e nelle attività culturali. Osservando cosa succede, parlando con gli
individui e partecipando alle loro attività, il ricercatore giunge alla conoscenza di una
cultura condivisa. Il ricercatore, poi, pubblica i suoi risultati in un libro o in una
37
Vellone E. et. Al.; Quality of life for caregivers of people with Alzheimer’s disease, Journal of Advanced Nursing 2008, 61 (2): 222 - 231
62
monografia definita etnografica. In seguito egli può estrarre parte dei dati per pubblicarli
come articoli su riviste.
Gli infermieri nella metà degli anni ’50, si sono interessati all’etnografia, come
fonte di informazione e metodo di ricerca per comprendere meglio i pazienti provenienti
da culture diverse. Madeline Leininger fu una delle prime infermiere antropologhe
etnografiche. Negli anni ’80 gli studi infermieristici etnografici hanno raggiunto una
posizione di rilievo grazie anche alla numerosa partecipazione di infermieri nei programmi
di dottorato di ricerca in antropologia.
Domanda di Ricerca Gli studi infermieristici etnografici si occupano di questioni
concernenti il modo in cui la conoscenza culturale, le norme, i valori e le altre variabili
influenzano l’esperienza sanitaria degli individui. Uphall (1992) si domando: “in che modo
gli infermieri impiegati nelle varie istituzioni sanitarie (statali, privati, missioni governative
e non governative) percepiscono la collaborazione tra strutture assistenziali locali e quelle
cosmopolite?”.
Selezione del Campione L’etnografo seleziona un gruppo culturale composto da
persone che stanno vivendo il fenomeno in esame. Il ricercatore raccoglie informazioni
generali e informazioni chiave. Le informazione chiave si ottengo intervistando persone
che hanno conoscenze particolari, credito o capacità di comunicazione, disposti a
introdurre l’etnografo nel fenomeno oggetto di studio.
Raccolta Dati La raccolta dei dati negli studi etnografici implica l’osservazione dei
partecipanti o che il ricercatore viva l’ambiente. Si ritiene che la ricerca etnografica nel
campo dell’assistenza infermieristica, implica sempre un intervista faccia a faccia, durante
la quale sia la raccolta dei dati sia la relativa analisi hanno luogo nell’ambiente naturale in
studio. Oltre alle interviste, il ricercatore etnografico, si può avvalere di fotografie, filmati.
Sprdley (1979) identifico quattro categorie di domande di cui deve essere costituita
l’intervista:
Descrittive,
Aperte o ampie,
Strutturali o domande approfondite,
Contrastanti o domande che offrono criteri di esclusione
Attraverso l’osservazione dei partecipanti Mayo (1992) raccolse una serie di
informazioni relative all’attività fisica di un sub-campione composto da 13 donne durante
lo svolgimento di esercizi quali l’aerobica, il jogging, le passeggiate, il sollevamento pesi e
gli esercizi al tappeto. Le domande dell’intervista spaziarono da quelle di tipo aperto: “mi
parli della sua attività fisica”, a quelle di tipo specifico: “che cosa l’aiuta o la blocca a
effettuare l’attività fisica: le persone, i suoi stessi sentimenti, il periodo dell’anno, la
situazione finanziaria?”
Analisi dei Dati I dati vengono raccolti e analizzati simultaneamente. L’analisi dei dati
procede progressivamente man mano che il ricercatore trova il significato dei simboli
culturali espressi dall’informatore con il suo linguaggio. Il linguaggio viene accuratamente
analizzato nelle sue relazioni semantiche. Riprendendo sempre lo studio di Mayo (1992)
sull’attività fisica delle donne afro-americane e sul loro adattamento alle condizioni sciali
63
e fisiche, procedette attraverso i vari livelli di analisi passando dalle domande aperte a
quelle strutturali (raccolta dati).
Descrizione dei Risultati Gli studi etnografici consentono di raccogliere numerosi dati in forma di appunti sul campo, trascrizioni di interviste e di oggetti (per esempio fotografie). Le ricerche etnografiche spesso vengono pubblicate in forma di monografia. Durante la lettura critica è necessario ricordare che i risultati del rapporto di ricerca riportano numerosi esempi. 4.5. Grounded Theory
La Grounded theory è un metodo di ricerca qualitativo sviluppatosi negli anni ’60
negli Stati Uniti. La Grounded theory è un metodo di ricerca che porta alla scoperta di una
teoria dai dati che sono stati ottenuti in modo sistematico attraverso la ricerca. La
Grounded theory differisce dalla ricerca quantitativa perché non prende spunto da una
teoria esistente ma, ne viene generata una originale per spiegare un area sostanziale. La
Grounded theory combina il metodo di ricerca induttivo con il metodo di ricerca
deduttivo. Con il processo induttivo emerge la teoria dai dati e con il processo deduttivo
si testa la teoria dal punto di vista empirico. Nella Grounded theory, diversamente dagli
altri metodi di indagine, il problema di ricerca non si conosce all’inizio ma viene scoperto
man mano che il processo di ricerca va avanti. I ricercatori entrano nell’area d’interesse
senza avere in mete uno specifico quesito di ricerca. Diviene rilevante non forzare i dati
con le proprie convinzioni e/o percezioni sul problema, bensì devono mantenere sempre
la mente aperta. I ricercatori che utilizzano la Grounded theory devono andare sul campo,
studiare l’ambiente, focalizzarsi sulle interazioni sociali. Devono utilizzare l’osservazione
partecipata, le interviste destrutturate e successivamente le interviste formali. Durante
queste attività i ricercatori scrivono note, registrano le interviste per cogliere tutte le
informazioni dei partecipanti reclutati. Vengono utilizzate, successivamente, anche
interviste formali ai quei soggetti con cui si è stabilito un rapporto più collaborativo.
All’inizio il ricercatore formula domande più generiche, man mano che si va a costruire la
teoria, il ricercatore effettua domande più specifiche per avvalorare o smentire la sua
teoria. La Grounded theory è particolarmente utile allo sviluppo della conoscenza
infermieristica poiché l’infermieristica è una disciplina pratica la cui essenza risiede nei
processi che risiedono alle esperienze sociali e che diventano la base degli interventi
infermieristici.
Un esempio di ricerca condotto con il metodo della Grounded theory è quello che è stato condotto da Swanson e Chemitz
38(1993) che descrissero il processo psicosociale che i giovani utilizzano per adattarsi a
vivere con l’herpes genitalis. Sono stati intervistati settanta giovani che avevano avuto una storia di lesioni genitali per almeno sei mesi. Il processo sociale di base per riottenere una valorizzazione del sé aveva tre fasi. Le prima fase, proteggersi, era focalizzata nel vigilare e difendere il sé da un’identità contaminata e un senso di perdita percepito nel periodo della diagnosi. Nella seconda fase, rinnovarsi, il giovane agiva per riappropriarsi del sé raggiungendo e lottando per un equilibrio nella vita. La terza fase, preservarsi, era caratterizzata dall’adozione, da parte dei giovani, di uno stile di vita che permetteva loro di vivere con l’herpes genitalis secondo il loro senso di sé
38
Fain (2004) “La ricerca infermieristica: leggerla, comprenderla e applicarla”, pag. 270 e pag. 271
64
CAMPIONE CAMPIONAMENTO E POPOLAZIONE
La selezione di un campione serve per ottenere informazioni da un piccolo gruppo
per poi generalizzare i risultati a una popolazione. Poiché la generalizzazione alla
popolazione è basata sulle caratteristiche di un campione, quest’ultimo deve essere
omogeneo e rappresentativo. La scelta della tecnica di campionamento avviene sulla base
dello scopo e del disegno di studio che ne determinano la significatività dei risultati della
ricerca.
5.1. Campione Campionamento e Popolazione
Indipendentemente dalle tecniche utilizzate per selezionare il campione, la prima
cosa da fare è definire la popolazione. Una popolazione è un insieme completo di
soggetti, oggetti, eventi o elementi in studio aventi le stesse caratteristiche. Poiché non è
possibile studiare tutti i componenti di una popolazione, viene selezionato da questa un
sottoinsieme, definito campione.
Quando il campione scelto rappresenta la popolazione totale, oggetto di studio, la
popolazione viene definita popolazione target. In alcuni casi non è possibile afferire alla
popolazione target e si ricorre alla popolazione accessibile (Tabella 5.1).
Popolazione Target Popolazione Disponibile
È l’intera popolazione a cui un ricercatore è interessato e su cui è possibile generalizzare i risultati di uno studio.
È la popolazione prontamente disponibile al ricercatore e rappresenta da vicino la popolazione target.
Tab. 5.1 Definizione di popolazione target e disponibile
Il campionamento è un processo mediante il quale viene selezionata una porzione
di popolazione identificativa per partecipare allo studio. Il ricercatore deve scegliere la
modalità di campionamento migliore per consentire a tutte le unità rappresentative di
una popolazione di essere incluse per essere studiate nella ricerca. Considerando quanto
detto finora se il campionamento viene effettuato correttamente permette al ricercatore
un’adeguata generalizzazione dei dati ottenuti. È per tale motivo che esistono vari tipi di
campionamento riconducibili a due grandi categorie: probabilistico e non probabilistico
(Tabella 5.2).
Campioni probabilistici Campioni non Probabilistici
Campione randomizzato semplice; Campione randomizzato stratificato; Campione a grappolo; Campione sistematico
Campione di convenienza: a palla di neve, a rete;
Campione stratificato; Campione propositivo
Tab. 5.2 Tipi di Campione
5.1.1. Tipi di campionamento
Un campionamento probabilistico si ha quando ogni soggetto, oggetto o elemento
in una popolazione ha un’eguale probabilità di essere scelto per formare il campione. Nel
campionamento non probabilistico il campione non è selezionato in maniera casuale e,
conseguentemente, non tutti i soggetti, oggetti o elementi della popolazione hanno la
65
stessa probabilità di essere scelti. Entrambi hanno vantaggi e svantaggi (tabella 5.339). E’
sbagliato affermare che il campionamento probabilistico è da preferire al campionamento
non probabilistico e ciò può condurre ad errori concettuali nella pianificazione dello
studio. La criticità è la medesima la possibilità della generalizzazione dei risultati, la cosa
importante è come viene concettualizzato il problema che si vuole indagare e quali
metodi si utilizzano per raggiungere la rappresentatività.
Strategia di Campionamento
Livello di difficoltà a formare il Campione
Rischi di interferenze Rappresentatività del Campione
Probabilistico
Casuale semplice Laborioso Basso Possibilità di non essere rappresentativa che diminuisce con l’aumentare della dimensione del campione
Casuale stratificato Richiede molto tempo Basso Migliore
A grappolo Richiede meno tempo rispetto al campionamento causale semplice o stratificato
Maggiore possibilità di errore di campionamento rispetto alla strategia casuale semplice o stratificata
Meno rappresentativa della strategia semplice o stratificata
Casuale sistematico Più efficace del campionamento casuale semplice, stratificato o a grappolo
È possibile introdurre, inavvertitamente, un interferenza nella forma della non casualità
Meno rappresentativa se si verifica un’interferenza come risultato della non randomizzazione
Non Probabilistico
Convenienza Molto semplice Maggiore che in ogni altra strategia di campionamento
La rappresentatività è discutibile a causa della tendenza auto selettiva del campione
Stratificato Relativamente semplice Contiene delle fonti non note di interferenza che incidono sulla validità esterna
Una certa rappresentatività è sviluppata utilizzando le conoscenze sulla popolazione di interesse
Propositivo Relativamente semplice L’interferenza aumenta con l’aumentare dell’eterogeneità della popolazione
Capacità molto limitata di generalizzazione poiché il campione è stato selezionato deliberatamente
Tab. 5.3 schema delle strategie di campionamento
39
G. Lo Biondo (2001) “Metodologia della Ricerca Infermieristica” pag. 282
66
5.2. Campionamento Probabilistico
La caratteristica primaria del campionamento probabilistico è rappresentata dalla
selezione casuale degli elementi. La selezione randomizzata si verifica quando le
possibilità di ciascun elemento di essere incluso nel campione siano eguali ed
indipendenti. La selezione random dei soggetti non deve essere confusa con
l’assegnazione randomizzata: quest’ultima si riferisce all’assegnazione dei soggetti ai
gruppi sperimentali o di controllo su una base puramente casuale (figura 5.140).
5.2.1. Campionamento randomizzato semplice
Il campionamento randomizzato semplice consiste in un processo laborioso ed
estremamente controllato in cui ogni soggetto ha un’eguale e indipendente probabilità di
essere estratto. La selezione di un individuo non influenza in alcun modo la selezione di
altri individui. I campioni randomizzati sono soltanto considerati rappresentativi della
popolazione target.
Un campionamento random richiede che il ricercatore identifichi la popolazione
(insieme) e l’identificazione di una cornice di campionamento o quadro di
campionamento e successivamente un campione di unità (sottoinsieme) dal quale verrà
scelto il campione.
La cornice di campionamento (o quadro di campionamento) è una lista di tutti i
soggetti, oggetti, eventi o unità di una popolazione. Una volta identificata la cornice di
campionamento ci sono diversi modi per eseguire la selezione randomizzata, il miglior
metodo di selezionare il campione consiste nell’usare una tabella di numeri casuali
40
Fain (2004) “La Ricerca infermieristica: leggerla, comprenderla e applicarla” pag. 104
Fig. 5.1 Selezione random e assegnazione randomizzata
67
contenenti varie colonne di cifre. Queste tabelle vengono elaborate con programmi
informatici specifici.
Per selezionare un campione randomizzato utilizzando queste tavole, si seguono
delle fasi in successioni:
1) Si identifica la popolazione;
2) Si definisce la numerosità del campione desiderato;
3) Si assegna ad ogni membro della popolazione una numerazione consecutiva;
4) Si sceglie un numero qualsiasi della tavola e da li si procede leggendo i numeri
successivi in verticale o orizzontale
I vantaggi del sistema randomizzato semplice, sono i seguenti:
La selezione del campione non è soggetta all’interferenza consapevole del
ricercatore;
La rappresentatività del campione è massimizzata;
Le differenze fra la popolazione ed il campione preso in esame sono solo legati
al caso;
La possibilità che il campione non sia rappresentativo della popolazione si
riduce al crescere della dimensione del campione
Lo svantaggio principale del campionamento randomizzato semplice è che è
dispendioso in termini di tempo e di risorse economiche.
5.2.2. Campionamento randomizzato stratificato
Per poter effettuare il campionamento randomizzato stratificato la popolazione
dovrà essere suddivisa in strati o sottogruppi, i quali dovranno essere omogenei.
Successivamente si dovrà selezionare casualmente un numero adeguato di soggetti,
oggetti o elementi, in misura proporzionale alla popolazione. L’obiettivo di tale strategia è
quello di ottenere il maggior grado possibile di rappresentatività.
La popolazione viene stratificata in base ad un numero qualsiasi di attributi quali
l’età, il sesso, l’etnia, la religione, lo stato socioeconomico o il livello culturale. Il
campione stratificato, cosi ottenuto, risulterà rappresentativo della popolazione, in
quanto di ogni sottogruppo (stratificazione) vi sarà la rappresentazione proporzionale nel
campione.
Come tutte le altre tecniche di campionamento, anche questa ha i suoi vantaggi e
svantaggi. I vantaggi del campionamento stratificato, sono i seguenti:
La rappresentatività del campione è maggiore;
Il ricercatore dispone di basi valide per confrontare i sottosistemi
Gli svantaggi del campionamento stratificato, sono i seguenti:
L’impegno il tempo e la difficoltà ad ottenere contenenti informazioni
complete sulle variabili fondamentali;
I costi di tempo e di denaro estremamente elevati
5.2.3. Campionamento a Grappolo (cluster)
Nel campionamento a grappolo, detto anche campionamento a più fasi, sono i
gruppi e non gli individui a essere selezionati in modo casuale. Il campionamento a
grappolo è utilizzato quando la popolazione è molto ampia o situata in una vasta area
68
geografica. Alcune volte è l’unico metodo attuabile ed affidabile per selezionare un
campione da una popolazione troppo numerosa. La selezione progredisce partendo da
unità più grandi (grappoli) ad unità più piccole, generalmente si effettuano almeno tre
ripartizioni. La scelta degli individui può essere effettuata sia in modo random semplice o
random stratificato.
I vantaggi principali del campionamento a grappolo, sono:
È molto conveniente in termini di tempo e di denaro di quanto non lo siano
altri tipi di campionamento probabilistico;
È auspicabile utilizzarlo quando la popolazione è numerosa e disseminata sul
territorio
Gli svantaggi del campionamento a grappolo, sono:
Si possono verificare più errori nel campionamento, rispetto agli altri metodi di
campionamento probabilistico;
La gestione dei dati statistici è molto complessa
5.2.4. Campionamento Sistematico
Nel campionamento sistematico gli individui o gli elementi componenti una
popolazione sono selezionati da una lista utilizzando un passo di estrazione. Il passo di
estrazione dipende dalla lunghezza della lista e dalla numerosità del campione
desiderato. Da alcuni ricercatori il campionamento sistematico non viene considerato
campionamento probabilistico e questo perché non tutti i membri di una popolazione
hanno una possibilità indipendente di essere reclutati nel campionamento. Questo
perché nel campionamento sistematico, vi è appunto un passo di estrazione, quindi una
volta selezionato il primo soggetto o oggetto, i successivi verranno inclusi
automaticamente in base al passo di estrazione deciso. Per esempio se dobbiamo estrarre
50 soggetti da una lista di 500 persone decideremo che il passo di estrazione sarà 1 ogni
10, ne consegue che una volta scelto il primo gli altri vengono di conseguenza.
Detto tutto ciò il campionamento può essere probabilistico se la lista della
popolazione è stata effettuata in modo random.
Il vantaggio principale del campionamento sistematico è che è più semplice ed
efficiente rispetto al campionamento randomizzato.
Lo svantaggio di quest’ultima strategia consiste invece nel fatto che l’interferenza,
nella forma della non casualità, può essere introdotta inevitabilmente nella procedura.
5.3. Campionamento non Probabilistico
In molti studi il ricercatore non può selezionare un campione partendo da una
cornice di campionamento poiché esistono reali difficoltà ad accedere in modo casuale
alla popolazione. In questi casi la generalizzazione dei risultati è azzardata poiché i
campioni possono non rappresentare la popolazione.
5.3.1. Campionamento di Convenienza
Il campionamento di convenienza, chiamato anche accidentale è la raccolta di dati
da soggetti o oggetti prontamente disponibili o accessibili al ricercatore. Questo tipo di
campione non utilizza la selezione random, bensì utilizza persone che possono essere
69
volontari, i primi 30 pazienti ricoverati in un determinato reparto, in tutti quei casi in cui i
soggetti sono a portata di mano e accessibili al ricercatore.
Il vantaggio offerto dal campione di convenienza è rappresentato dal fatto che
esso consente al ricercatore di reperire con maggiore facilità i soggetti dello studio.
Questi dovrà solamente preoccuparsi di ottenere il numero sufficiente di soggetti in grado
di soddisfare gli stessi criteri.
Lo svantaggio maggiore è il rischio di interferenza, che risulta essere più elevato
rispetto a qualsiasi altra tipologia di campione. Il problema dell’interferenza è dato dal
fatto che i soggetti tendono ad essere autoselettivi; cioè il ricercatore tende ad avere
informazioni solo dai soggetti che si offrono a partecipare.
5.3.2. Campionamento a palla di neve (snowball)
Il campionamento a palla di neve è un tipo di campionamento che si utilizza
quando non si riesce ad avere una lista di individui accumulabili da caratteristiche ben
precise. Il campionamento a palla di neve è utile negli studi in cui i criteri di inclusione
sono difficili da ritrovare. Il campionamento a palla di neve si serve dei primi membri di
un campione per identificare altri con le stesse caratteristiche. I primi soggetti che
entrano a far parte del campione coinvolgono gli altri, il campione cresce come una palla
di neve.
5.3.3.Campionamento a rete (network)
Il campionamento a rete consiste in una strategia usata per localizzare campioni
difficili o impossibili da reperire in altro modo. Questa strategia si avvale della rete sociale
e del fatto che gli amici possono presentare caratteristiche simili. Quando il ricercatore
identifica alcuni soggetti aventi le caratteristiche desiderate, in genere si rivolge ad essi,
per contattarne altri con le medesime caratteristiche. Il campionamento a rete viene
usato, di sovente, per gli studi qualitativi (rete sociale dei caregivers).
5.3.4. Campionamento Stratificato (quota)
Il campionamento stratificato è simile al campionamento randomizzato stratificato
perché il gruppo di soggetti selezionati riproduce, in proporzione, i sottogruppi della
popolazione. Differisce invece da esso perché la selezione dei soggetti non avviene in
maniera casuale ma con criteri di convenienza. Il campione che si estrae dalla popolazione
può essere proporzionale o non proporzionale alla popolazione target. Se il ricercatore
vuole costruire un campione stratificato proporzionale, deve conoscere in precedenza la
composizione specifica della popolazione target. Per aumentare la possibilità di
stratificare la popolazione oggetto di studio da cui trarre un campione si possono usare
variabili comuni come età, sesso, etnia, livello di istruzione, ecc. Si deve inoltre ricordare
che in questo tipo di campionamento il ricercatore può fare ricorso a soggetti volontari,
per i quali può essere previsto un rimborso. Ne consegue, che la possibilità di interferenza
possa risultare molto elevata, cosi come la possibilità che il campione preso in esame non
rispecchi fedelmente la popolazione oggetto di studio.
70
5.3.5 Campionamento Propositivo
Il campionamento propositivo si tratta di un campionamento non probabilistico in
cui il ricercatore, forte della conoscenza sulla popolazione oggetto di studio, ne seleziona
un campione di soggetti che al meglio possano essere rappresentativi del fenomeno
oggetto di studio. Comunemente utilizzato nelle ricerche qualitative dove il problema
dell’interferenza da parte del ricercatore non ha un ruolo così importante come nella
ricerche quantitative.
5.4. Adeguatezza del Campione
I criteri per il conseguimento di un campione variano a seconda della strategia di
campionamento e del tipo di ricerca (qualitativo o quantitativo), in entrambi i casi deve
essere organizzata sistematicamente.
Negli studi qualitativi, lo scopo è quello di esplorare il significato fenomenologico,
la dimensione del campione, è legato al raggiungimento dello scopo. Il ricercatore recluta
partecipanti fintantoché il fenomeno in studio non è stato a lui chiarito. Nel caso delle
ricerche quantitative, stabilire un rigoroso metodo di procedura di campionamento
ricopre un ruolo fondamentale (figura 5.241).
È possibile identificare numerose fasi generali, in grado di garantire un approccio
coerente da parte del ricercatore. Inizialmente è essenziale identificare la popolazione
target, ossia l’intero gruppo di persone od oggetti sui quali il ricercatore desidera trarre
conclusioni o effettuare generalizzazioni. Successivamente è opportuno delineare la
porzione di popolazione target accessibile. Quindi, bisogna formulare un programma di
campionamento o un protocollo per la selezione effettiva del campione della popolazione
accessibile. Il ricercatore dovrà decidere: il tipo di approccio da utilizzare rispetto ai
soggetti, in quale modo spiegare lo studio e chi dovrà selezionare il campione. A
prescindere da chi attua il programma di campionamento è estremamente importante
che tale processo venga condotto in maniera coerente.
41
G. Lo Biondo (2001) “Metodologia della Ricerca Infermieristica”, ripreso e modificato pag. 296
FASE 3
Sviluppare un programma di campionamento
FASE 2
Delineare la popolazione accessibile
FASE 1
Identificazione della popoplazione target
Fig. 5.2 Sommario di una procedura di campionamento
71
Gli elementi critici che devono essere valutati per determinare l’adeguatezza del
campione sono:
Quanto è rappresentativo il campione rispetto la popolazione target;
Su quale popolazione il ricercatore vuole generalizzare i risultati del suo studio
L’obbiettivo è quello di avere un campione il più rappresentativo possibile con il
più piccolo errore di campionamento. Tutti gli studi contengono qualche errore e i
risultati non saranno mai rappresentativi del 100% della popolazione. I campioni che
hanno troppi bias o che sono troppo piccoli, però, minacciano la validità esterna del
disegno di ricerca.
5.5. Validità Esterna
La validità esterna è quella caratteristica per cui i risultati di uno studio possono
essere generalizzati dal campione ad altri soggetti, alla popolazione ed ad altri contesti. È
impiegata nell’approccio quantitativo, specialmente nei disegni sperimentali proprio in
riferimento a quanto i risultati di uno studio sono rappresentativi dell’intera popolazione
e quindi possono essere generalizzati in quanto non riferibili solo al campione studiato. Vi
sono degli elementi che minacciano la possibilità di generalizzare i risultati di ricerca, ossia
che minacciano la validità esterna, essi sono:
La selezione;
Il contesto;
La storia
La selezione La validità esterna viene minacciata nel caso in cui i soggetti inclusi nel
campione hanno caratteristiche ben precise es. età, sesso, livello socio culturale. Queste
caratteristiche devono essere sempre tenute in debita considerazione qualora si
volessero generalizzare i risultati ottenuti ad un’altra popolazione non aventi le medesime
peculiarità. Questo è uno dei motivi per cui il numero dei soggetti che sono invitati a
partecipare e poi rifiutano dovrebbe sempre essere riportato nel rapporto di ricerca.
Il contesto Anche quando partecipano al progetto di studio soggetti provenienti da
contesti diversi comportano una minaccia per la validità esterna che limita la
generalizzazione. I due o più contesti posso essere studiati separatamente replicando lo
studio. Vi sono contesti culturali e contesti sociali che devono essere presi in
considerazione.
La storia Gli studi eseguiti a distanza di tempo necessitano di essere replicati per
poter essere generalizzati. Statisticamente il campione ha una sua storia. Più è lungo lo
studio (studio di coorte) è maggiori sono le possibilità che le caratteristiche del campione
mutino: abbandono dei partecipanti, esclusione dal campione oggetto di studio perché
non possiede più le caratteristiche in oggetto, ecc. fino a quello che viene definito “la
morte del campione”.
72
METODI DI RACCOLTA DATI La raccolta dati è la parte empirica del processo di ricerca. I metodi e gli strumenti
per la raccolta dati devono essere scelti già nella fase di progettazione dello studio.
Quando si sceglie il progetto di studio si dovrà quindi dichiarare: come si intende
raccogliere i dati, come effettuare l’analisi e come si prevede di presentare i dati raccolti.
Si tratta di passare al “fare”, ma sarà una parte entusiasmante solo se è stata ben
pianificata, prevedendo anche possibili problemi oltre agli inconvenienti che saranno
inevitabili. Risulta molto utile, ad esempio, pianificare il tempo da dedicare alla raccolta
dati su un campione espressa in giorni e in mesi stabiliti. Se il tempo di rilevazione dei dati
si prolunga potrebbero subentrare anche fonti di bias legati alla stanchezza del rilevatore
(Burns, Grove, 2001).
Burns e Grove hanno riassunto i problemi che è possibile incontrare nella raccolta
dati. Essi sono:
Problemi legati alle persone coinvolte nello studio;
Problemi correlati al ricercatore;
Problemi istituzionali;
Eventi imprevisti
Prima di accingersi a raccogliere i dati, si saranno già scelti i software e le
procedure concrete da impiegare per conservarli, analizzarli, ecc.
I metodi quantitativi per la raccolta dati sono:
Le interviste “survey”;
I questionari;
Le scale;
La metodologia Q
6.1. Survey e Questionari
I ricercatori possono ottenere informazioni importanti, solo attraverso domande
dirette che possono essere poste oralmente e/o in forma scritta dal ricercatore in
persona.
La survey è una serie di domande poste ad un gruppo di soggetti al fine di
descrivere, comparare o spiegare, conoscenze e comportamenti.
I questionari sono dei survey strutturati autosomministrati. Si possono
somministrare faccia a faccia, consegnarli all’interessato con un tempo stabilito di rese,
inviarli per posta, ecc. I questionari strutturati chiedono al soggetto di selezionare una fra
le risposte proposte, ne risulterà così facile la codificazione. I questionari non strutturati,
invece, chiedono di fornire liberamente le risposte. Questi questionari trovano scarsa
utilità nei protocolli di ricerca perché non sono suscettibili ad analisi statistiche.
73
Sviluppo di un Questionario
Sviluppare domande specifiche Il miglior modo, di effettuare domande specifiche è quello di inserire all’interno delle domande chiuse dei riferimenti pertinenti, che il soggetto è obbligato a seguire
Utilizzare un linguaggio semplice Assicurarsi che lo stile sia appropriato per il livello educativo e culturale delle persone coinvolte
Ogni domanda rappresenta un concetto
Evitare di fare due o più domande contemporaneamente. Forviano il soggetto coinvolto. Un quesito = un concetto
Delimitare ogni riferimento al tempo
Se vi sono quesiti che richiedono la definizione del tempo, all’interno della domanda, esso deve essere definito chiaramente
Comporre la domanda in modo neutrale
Per avere una risposta neutrale, senza opinioni, si deve formulare una domanda che non dia indicazioni
Oltre a formulare correttamente le domande, all’interno del questionario, a
quest’ultimo deve essere dato un ordine ben preciso delle domande. Perché un
questionario non è la semplice somma di tutte le domande, ma è qualcosa in più.
Ordine delle Domande
Iniziare con l’argomento che il soggetto ritiene maggiormente utile o importante
All’interno della stessa area raggruppare domande dello stesso argomento
Creare una relazione fra gruppi di domande per creare una continuità
Posizionare le domande a cui è facile rispondere all’inizio del questionario e quelle più introspettive o meno gradevoli alla fine
Le domande di natura demografica devono essere poste alla fine
6.2. Scale
Una scala è un insieme di valori numerici assegnati ad ogni singola risposta. Lo
scopo di una scala è quello di conoscere in che intensità quello che viene misurato è
presente nelle persone, infatti dagli item di una scala è possibile ottenere un punteggio
(score). Esistono vari modelli per costruire una scala, uno dei più comuni è la scala Likert.
6.2.1 Scala di Likert
Le scale di Likert consistono in elenchi di affermazioni rispetto ai quali il soggetto
deve esprimersi in termini di “concordo fortemente”, “concordo”, “non concordo”, “non
concordo assolutamente”. Il numero delle categorie della scala di Liker può essere estesa
inserendo categorie neutre (incerto). L’impiego di categorie neutre può talvolta creare
problemi perché spesso corrispondono alle risposte più frequenti e più difficili da
valutare. Ad ogni opzione di risposta deve essere assegnato un valore, un punteggio. Ad
esempio:
Concordo Fortemente = 5 punti
Concordo = 4 punti
Non concordo = 3 punti
Fortemente in disaccordo = 2 punti
Incero = 0 punti
Non è importante il punteggio che viene assegnato purché esso sia pre-assegnato.
Alcuni item per evitare bias nelle risposte vengono formulate con un significato negativo.
Particolare attenzione va riposta in quei item che affrontano tematiche sociale e
psicologiche in cui l’intervistato tende a dare una risposta socialmente accettabile.
74
ANALISI DEI DATI: STATISTICA DESCRITTIVA, STATISTICA INFERENZIALE
Dopo aver accuratamente raccolto i dati, il ricercatore dovrà organizzare le
informazioni ottenute, in dati che ne diano una significatività statistica. Il ricercatore, a
questo punto, dovrà selezionare il metodo o i metodi più idonei alla sua ricerca per
trasformare i dati grezzi, in suo possesso, in dati atti a vagliare la sua ipotesi di ricerca.
Per poter procedere all’organizzazione e alla spiegazione dei dati si ricorre all’uso
di Indici Statistici. Le procedure di statistica sono riconducibili a due grandi categorie:
Statistica Descrittiva Statistica che descrive, riassume ed organizza i dati. Le tecniche descrittive comprendono:
Misure di tendenza centrale: Moda, Mediana, Media; Misure di dispersione: Range, Varianza e Deviazione Standard
Statistica Inferenziale Statistica che consente di effettuare generalizzazioni sulla popolazione sulla base di dati provenienti da un campione.
Procedure Parametriche procedure non parametriche.
7.1. Statistica Descrittiva
Misure di Tendenza Centrale
Media
La Media è la misura di tendenza centrale più comune che viene calcolata
sommando tutti i valori di una distribuzione e dividendo il totale per il numero dei valori
stessi. La sua caratteristica principale risiede nel fatto che la media prende in
considerazione tutti i dati presenti in una distribuzione anche quelli estremi, detti anche
valori erratici, che ne aumentano la sensibilità. La media risulta un dato affidabile,
quando il campione oggetto di studio è stato estratto in modo random. In questo caso la
media, la moda e la mediana sono simili.
Mediana
La Mediana è il valore intermedio di una distribuzione. Definitivo dai ricercatori il
50º percentile perché è il valore al di sopra e al di sotto del quale si trova il 50% delle
osservazioni. La mediana è una misura di tendenza centrale da utilizzare quando i dati
hanno una distribuzione asimmetrica, poiché una delle caratteristiche principali è che non
tiene in considerazione e quindi non è sensibile hai valori estremi.
Le distribuzioni asimmetriche possono essere:
Distribuzione asimmetriche positive: in cui la media è spostata verso i valori più
alti;
Distribuzione asimmetrica negativa: in cui la media è spostata verso i valori più
bassi.
In ogni caso, di distribuzione asimmetrica, la mediana si trova sempre tra la media
e la moda (Figura 5.142).
42
Fain (2004) “La Ricerca infermieristica: leggerla, comprenderla e applicarla” pag. 164
75
Moda
La moda è il punteggio o valore che si verifica più frequentemente in una
distribuzione; è una misura appropriata di tendenza centrale per dati nominali. I dati con
una singola moda sono chiamati uninominali, mentre quelli con due mode binominali.
I ricercatori scelgono le misure di tendenza centrale a seconda del livello di
misurazione, della forma di distribuzione dei dati e degli obiettivi della ricerca.
Misure di Dispersione
Range
Il Range detto anche “campo di variazione”, è la più semplice misura di dispersione
e viene calcolato sottraendo dalla distribuzione il valore più basso e il valore più alto.
Il Range è considerato una misura instabile perché si basa esclusivamente su due
valori nella distribuzione. Risulta estremamente sensibile ai valori erratici.
Varianza e Deviazione Standard
La varianza si calcola sommando i quadrati delle differenze fra i valori osservati e
la media diviso il numero degli osservati.
La radice quadrata della Varianza è definita Deviazione standard ed è la misura di
dispersione più comunemente usata.
Varianza Deviazione Standard
Figura 5.1 Misure di tendenza centrale in una distribuzione asimmetrica e normale
76
Nonostante il Range sia veloce e semplice da ottenere, non è molto affidabile
poiché prende in considerazione solo due valori della distribuzione. La varianza e la
deviazione standard vengono calcolati con tutti i valori. Nonostante tutto ciò la varianza è
poco usata perché non trova utilizzo in tutte le analisi statistiche, a differenza della
deviazione standard, che riflette in modo reale le variabili dei dati e quindi può essere
usata in tutte le analisi statistiche.
7.2. Statistica Inferenziale La statistica inferenziale è quella branca della statistica che si occupa di fare generalizzazioni sulla popolazione sulla base dei dati provenienti da un campione. Nell’ambito della statistica inferenziale sono due i problemi cui usualmente si vuol dare una risposta:
1. Stimare un parametro ignoto della popolazione oggetto di studio; 2. Verificare un ipotesi
Il test statistico è lo strumento basilare intorno al quale ruota tutta la logica della
verifica dell’ipotesi. A questo punto volenti o nolenti, si deve far ricorso alla statistica
inferenziale facendo uso della verifica delle ipotesi.
Il processo della verifica delle ipotesi consiste nello stabilire se una assunzione
fatta possa essere considerata accettabile o meno, sulla base delle informazioni raccolte
(dati) su una parte delle unità oggetto di studio (campione).
Possiamo identificare quattro fasi della verifica delle ipotesi:
1. Definizione delle ipotesi;
2. Definizione del rischio di errore;
3. Scelta del test;
4. Decisione Finale
Analizziamoli, rapidamente, ma nel dettaglio.
1. Definizione delle Ipotesi Lo studioso che vuole applicare i test statistici deve
formulare un ipotesi di partenza su cui lavorare. Ma l’ipotesi di studio è diversa
dall’Ipotesi statistica. Quest’ultima è basata sul presupposta che non ci sia
alcuna differenza fra i gruppi messi a confronto per il carattere oggetto di
studio; per questo motivo viene indicata come Ipotesi Nulla (HO). Se
sussistono motivi per ritenere tale ipotesi non attendibile si dovrà ricorrere
all’Ipotesi Alternativa secondo la quale i gruppi messi a confronto sono diversi
fra loro per il carattere preso in esame;
2. Scelta del rischio di errore Poiché in statistica inferenziale non possono esserci
conclusioni certe, ma solo probabilistiche, sarà necessari stabilire a priori il
rischio di errore che il ricercatore è disposto ad accettare nel respingere
l’ipotesi nulla. Si definisce errore di prima specie viene convenzionalmente
indicato con α = 0,05. In pratica il ricercatore è disposto ad accettare di
raggiungere ad una conclusione errata una volta su venti. Viene definito errore
di seconda specie con β = fra 0,10 e 0,20. Fissare l’uno o l’altro dipende dalla
numerosità del campione;
77
3. Scelta del Test I test statistici sono molteplici e al profano può a volte sembrare
che il ricercatore scelga lo strumento che più degli altri è utile a dimostrare la
sua tesi. La realtà non è proprio così. La scelta del test si basa:
a. Tipo di verifica da effettuare;
b. Grado di conoscenza delle caratteristiche di distribuzione della
variabile oggetto di studio nella popolazione;
c. Numerosità del campione;
d. Tipo di scala
a. Tipo di verifica da effettuare Sulla dipendenza fra variabili, sul confronto fra le
medie, sul confronto fra varianza, sulla simmetria della distribuzione, ecc;
b. Grado di conoscenza delle caratteristiche di distribuzione della variabile
oggetto di studio nella popolazione Sono due le informazioni che è necessario
possedere:
1. Conoscere la forma della distribuzione (distribuzione normale o
distribuzione asimmetrica);
2. Conoscere la variabile nella popolazione, che si ottiene calcolando
la deviazione standard.
Conoscendo queste due informazioni si potrà decidere il test più
opportuno da applicare;
c. Numerosità del campione A tutti è noto, come più è grande il campione e
maggiore è l’attendibilità dei risultati. Esistono, altresì dei test attendibili per
piccoli campioni e sono il test esatto di Fisher ed il t di Student ecc. Si precisa
che si definiscono piccoli campioni quelli inferiori alle 30 unità. La numerosità
del campione dipende dalle caratteristiche oggetto di studio. Test statistici di
più largo uso necessitano come minimo una numerosità campionaria di alcune
centinaia di unità statistiche;
d. Tipo di scala Le scale più comunemente usate sono tre:
1. Scala nominale,
2. Scala ordinale,
3. Scala ad intervalli
1. Scala Nominale Non è previsto un ordine di successione precostituito.
Appartengono a questo gruppo: nazionalità, professione, sesso, ecc. usando
questa scala si può usare unità statistiche di eguaglianza o diseguaglianza
senza poter precisare ne la grandezza ne la direzione.
2. Scala Ordinale Esiste un ordine di successione precostituito ad esempio i mesi
dell’anno (Gennaio, Febbraio, Marzo, ecc), livello di scolarità (elementari,
medie, superiori), il livello sociale (basso, medio, alto). Utilizzando questa scala
può essere applicata l’unità statistica di uguaglianza, maggioranza o
minoranza.
3. Scala ad Intervalli la variabile considerata si presenta con diversi valori
numerici: ne sono esempi l’età, il reddito, il peso, ecc. tali valori, per comodità,
vengono raggruppati in classi. Le classi ad intervalli godono di una proprietà
78
esiste un unità di misura e quindi è sempre possibile calcolare le distanze tra
unità statistiche (60 – 70 Kg, 80 – 90 Kg).
7.2.1 Tipi di Test
I test di statistica inferenziale sono classificati in due grandi gruppi:
a. Test Parametrici;
b. Test non Parametrici
a. Test Parametrici richiedono che siano rispettati alcune condizioni a priori
relative ai parametri della popolazione (es. caratteristiche di distribuzione della
popolazione);
b. Test non Parametrici questi test sono meno potenti dei precedenti, ma hanno
il pregio di poter essere applicati facilmente e senza il timore di basarsi su
ipotesi non sufficientemente verificate (distribution free test).
7.2.2 Decisione Finale
L’elaborazione di un test statistico porta all’elaborazione di un valore che a sua
volta individuerà una probabilità (p) La probabilità che il risultato ottenuto si sia verificato
per il solo effetto del caso; appare così logico pensare che se tale probabilità è grande si
possa attribuire appunto al caso la diversità che si è osservata fra i gruppi messi a
confronto, mentre se è molto piccola si possa ritenere che non sia stato il caso a
determinare il risultato, ma questo sia stato determinato da qualche altro fattore.
Emerge la necessità di stabilire un criterio oggettivo per stabilire quando possa
definirsi piccola o grande. Il problema si risolve facendo il confronto fra la p trovato con la
probabilità dell’errore di prima specie α; se risulta p > α dove α = 0,05 si sarà ottenuto un
risultato plausibile che l’errore si sia verificato per caso e quindi è credibile considerare
valida l’ipotesi nulla di uguaglianza. Al contrario se risulterà p < α si otterrà un risultato
dove è poco probabile che sia dovuto al caso e quindi non è coerente considerare valida
l’ipotesi nulle di uguaglianza. Questa ipotesi nulla verrà rigettata e al suo posto adottata
l’ipotesi alternativa secondo cui la diversità fra i gruppi è reale ed il risultato verrà definito
significativo.
È opportuno precisare che il valore del test è inversamente proporzionale alla
probabilità che il valore stesso individua, ovvero quando il test fornirà un valore grande
individuerà una p piccola e viceversa.
DIFFUSIONE DEI RISULTATI DI RICERCA
È importante che fin dal momento della progettazione di uno studio siano previste
le modalità con le quali avverranno la comunicazione e diffusione dei risultati ottenuti.
Molto spesso i ricercatori, quando arrivano al termine di uno studio che ha richiesto loro
parecchie energie non riescono ad aggiungere altro tempo per dedicarsi alla
disseminazione dei risultati. Per evitare che i risultati di un progetto di ricerca rimangano
sconosciuti alla comunità scientifica o relegati a pochi esperti, è necessario attivare
iniziative efficaci di comunicazione delle conoscenze ai potenziali utilizzatori.
Se la ricerca era stata commissionata il Project leader o ricercatore principale è
tenuto a redigere un rapporto di ricerca completo al committente, che contenga tutti i
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dati. A seconda delle tipologie di ricerca si devono seguire indicazioni diverse e anche il
committente può richiedere rapporti di ricerca diversificati. Se lo studio è molto corposo
e/o è durato molti anni vengono generalmente prodotti due tipi di rapporti di ricerca: una
completa e una sintetica. Il rapporto di ricerca completo deve essere costituito dalle
seguenti parti (Tabella 8.1.).
Rapporto di Ricerca
Titolo Il titolo di uno studio ne fissa l’essenza. È scritto in modo tale da attrarre l’attenzione del lettore. La maggior parte dei titoli non supera le 15 parole
Abstract L’abstract è un breve riassunto di uno studio di ricerca. Gli abstract sono fondamentali perché devono convincere il lettore a continuare a leggere le altre sezioni
Introduzione Nella sezione introduzione vengono riportati: il problema, gli obiettivi dello studio, la revisione della letteratura. Lo scopo dello studio di solito è riportato all’inizio dell’introduzione perché il lettore deve essere da subito invogliato a proseguire nella lettura
Revisione della Letteratura La sezione della revisione della letteratura oltre a riportare una selezione della revisione estremamente aggiornata, dichiara anche la necessità della ricerca svolta. Riporta anche le basi concettuali teoriche che hanno guidato lo studio
Metodo Nella sezione metodo è riportato il disegno di ricerca. Viene riportato il campione, il contesto, le procedure e gli strumenti per la raccolta dati. La sezione metodo termina con la discussione su come saranno analizzati i dati
Risultati La sezione dei risultati contiene i risultati derivanti dall’analisi descrittiva e inferenziale dei dati
Discussione La sezione discussione riguarda l’interpretazione non tecnica (narrativa) dei risultati
Tabella 8.1 Sezioni del Rapporto di Ricerca
La diffusione dei risultati di ricerca dovrebbe proseguire dal livello locale a quello
regionale e nazionale e, in base alla rilevanza della ricerca, sfociare nella presentazione
del lavoro in convegni o congressi nazionali (Gerrish, Lacey, 2006; Polit, Beck, 2004). La
presentazione dei risultati di ricerca a livello nazionale seguono, ormai, le stesse modalità
previste a livello internazionale: oral presentation (comunicazioni orale), poster (si utilizza
la stessa parola anche in italiano), simposi workshop (anche questo termine è spesso
utilizzato al posto di simposio), tavole rotonde, lezioni magistrali (Keynote lecture). Un
altro canale divulgativo, sempre più utilizzato è la pubblicazione su riviste nazionali e
internazionali.
8.1. Pubblicazione di Articoli
La pubblicazione di articoli che riportano i risultati di uno studio è un momento
fondamentale del processo di ricerca nella fase di diffusione dei risultati allo scopo di
favorire l’utilizzo da parte dei professionisti e contribuisce ad accrescere l’ambito
scientifico disciplinare della professione.
Numerosi autori affermano che la prima decisione da prendere riguarda la scelta
della rivista sulla quale pubblicare l’articolo. La scelta della rivista vincola la progettazione
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e la realizzazione dell’articolo da parte degli autori. Il suggerimento generale è quello di
attenersi alle indicazioni (norme editoriali) date dalla rivista, su cui si intende pubblicare.
Un aspetto molto importante da curare è la scelta della rivista dove inviare il manoscritto.
La domanda da porsi è “A chi farebbe piacere leggere i risultati delle mia ricerca?” lo
scopo è quello di inviare l’articolo alla rivista più adeguata, cioè a quella più interessata
all’argomento oggetto di studio. Esso deve avvenire prioritariamente, al fine di seguire al
meglio le norme editoriali di stesura dell’articolo.
Una volta elaborato ed inviato il manoscritto alla rivista, quest’ultimo, in particolar
modo se la rivista indicizzata, verrà sottoposto al processo di peer revier. Esso costituisce
la modalità attraverso la quale viene valutata la qualità dell’articolo da parte di un gruppo
di esperti che costituisce il comitato editoriale di una rivista.
La maggior parte delle riviste assegna il manoscritto a due/quattro referee senza
l’indicazione del nome degli autori. Il processo dei revisori può durare anche molti mesi e
il manoscritto viene valutato in base all’originalità, attualità del problema, obiettività,
onestà, completezza, leggibilità e rigore metodologico (Figura 8.1).
Figura 8.1 Il processo di peer-revier adottato dalle riviste indicizzate
Invio dell’articolo
all’Editor
L’Editor manda
l’articolo ad almeno
due Referee
L’Editor notifica
all’autore le decisioni del
comitato editoriale
I Referee rimandano
all’Editor l’articolo
valutato
Necessità di piccole
modifiche
ARTICOLO
ACCETTATO
Necessità di Rilevanti
modifiche
ARTICOLO
RIFIUTATO
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8.2. Presentazione a convegni
Una seconda opportunità per diffondere i risultati di ricerca è costituita dalla
presentazione orale che può avvenire all’interno di diversi eventi formativi come ad
esempio, convegni, conferenze, congressi, seminari. Le relazioni che presentano i risultati
di ricerca durano dai 10 ai 20 minuti. I relatori devono inviare un abstract della loro
relazione che verrà esaminato da un comitato scientifico e messo in relazione con altri
partecipanti (selezione).
I relatori nell’elaborare la presentazione orale devono tener presenti alcuni
elementi che ne determinano la qualità della relazione stessa (Tabella 8.2).
Aspetti che determinano la qualità di una presentazione orale
Suggerimenti
Contatto con l’audience Acquisire informazioni, il più dettagliate possibili sul target degli ascoltatori
Linguaggio Scegliere il linguaggio più adatto al target degli ascoltatori. Fare molta attenzione all’uso delle terminologie scientifiche
Gestione del Tempo Attenersi rigorosamente alle indicazioni fornite dagli organizzatori, fare almeno una prova possibilmente con il cronometro
Percorso Logico Prevedere che la relazione orale preveda, nel tempo messo a disposizione: introduzione, corpo e conclusioni
La Sintesi Non cadere nel rischio “di voler dire troppo in poco tempo” con il rischi di ridurre l’attenzione da parte dei partecipanti
Spazio per le Domande Ricordarsi che rispondere alle domande è importante in modo paritetico all’esposizione della relazione
Tabella 8.2 Suggerimenti per una buona relazione orale
8.3. Presentazione di un poster
Per contenere i costi e favorire la diffusione dei risultati di ricerca si è sviluppata
un’altra modalità di presentazione rappresentata dai poster. Un poster è una
rappresentazione sintetica e allo stesso tempo accattivante, delle diverse fasi e dei
risultati di uno studio. È in un formato cartaceo, di grandi dimensioni, di solito
accompagnato da altro materiale integrativo, che l’autore distribuisce a chi si dimostra
interessato durante la presentazione.
Per la presentazione di un poster è necessario, da parte degli autori, inviare un
abstract al comitato scientifico che ne valuterà l’appropriatezza scientifica e la coerenza
delle tematiche affrontate dal convegno. Il costo del poster può variare da poche decine a
centinaia di euro, esso dipende dalla qualità della carta, dai colori e dai grafici, ecc.
Devono essere previste al suo interno il titolo, l’abstract, ipotesi, metodo, risultati,
implicazioni e conclusioni (Figura 8.2).
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Figura 8.2 Esempio di disposizione degli elementi fondamentali in un poster
Abstract
___________
Ipotesi
___________
___________
__________
Metodologia
___________
Implicazioni
__________
__________
Conclusioni
__________
__________
__________
__________
Risultati
_________________
_________________
_________________
_________________
_________________
Titolo
Ricercatori __________
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Bibliografia
Documenti
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Sironi C., Introduzione alla Ricerca Infermieristica, Casa Editrice Ambrosiana 2010
Riviste
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laurea e laurea specialistica: le opinioni dei professori associati e dei ricercatori di scienze
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