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Schema di Decreto correttivo Jobs Act intervento sui ...

Date post: 15-Mar-2022
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Schema di Decreto correttivo Jobs Act L intervento sui provvedimenti autorizzatori dei controlli a distanza Pierluigi Rausei - Adapt professional fellow (*) Nello schema di Decreto legislativo adottato dal Consiglio dei Ministri nella seduta del 10 giugno 2016, recante disposizioni integrative e corretti- ve dei Decreti legislativi 15 giugno 2015, n. 81, e 14 settembre 2015, nn. 148, 149, 150 e 151, presentato alla Presidenza del Senato e della Ca- mera dei Deputati il 16 giugno 2016, acquisito come A.G. n. 311/2016 (assegnato il 21 giugno 2016 alle Commissioni competenti di Senato e Camera), si interviene nuovamente sul testo del- l art. 4, Statuto dei lavoratori in materia di autorizzazione ai controlli a distanza da parte del datore di lavoro, tema su cui, peraltro, il Mi- nistero del lavoro era recentemente intervenuto in sede di prassi amministrativa con la nota n. 11241 del 1° giugno 2016 rispetto ai profili ispettivi e sanzionatori in materia, oltreché con la predisposizione di una apposita modulistica uni- taria per la presentazione delle richieste di auto- rizzazione. Di seguito si analizza la portata dell intervento correttivo proposto dal Governo, per poi offrire una sintesi del quadro regolatorio vigente alla lu- ce della prassi ministeriale. La modifica proposta nello schema di Decreto correttivo Nel Capo IV, A.G. n. 311/2016 si modificano, fra le altre, le norme sui poteri del datore di lavo- ro di controllo a distanza dei lavoratori (art. 6, comma 2) con riferimento all art. 4, legge n. 300/1970, come modificato dall art. 23, D.Lgs. n. 151/2015. Lintervento correttivo si muove sull onda del criterio di delega che mirava ad una revisione delle disposizioni in tema di controllo a distanza sugli impianti e sugli strumenti di lavoro, in base allevoluzione tecnologica e tenendo conto delle esigenze produttive ed organizzative dellimpresa da bilanciare con le esigenze di tutela della di- gnità e della riservatezza del lavoratore (art. 1, comma 7, lett. f), legge n. 183/2014). Specificamente, lart. 6, comma 2, modifica lul- timo periodo dellattuale primo comma dellart. 4, legge n. 300/1970, anzitutto per sostituire i ri- ferimenti alle Direzioni territoriali del lavoro e al Ministero del lavoro con quelli allIspettorato na- zionale del lavoro e alle sedi territoriali della nuova Agenzia unica per le ispezioni. In secondo luogo lo schema del Decreto corretti- vo interviene sui profili di contenzioso ammini- strativo rispetto ai provvedimenti dellIspettorato nazionale del lavoro e degli Ispettorati territoriali del lavoro, per sancire che lautorizzazione rila- sciata dalla sede territoriale dellIspettorato na- zionale del lavoro o, in alternativa per le imprese con unità produttive collocate in più ambiti terri- toriali, dalla sede centrale dellIspettorato nazio- nale del lavoro, sono da considerarsi provvedi- menti definitivi, tali, pertanto, da non essere su- scettibili di ricorso gerarchico amministrativo. In realtà, già l attuale disposizione dell art. 4, Statuto dei lavoratori come sostituita dal D.Lgs. n. 151/2015, rispetto a quella previgente, non contiene la previsione esplicita di un contenzioso amministrativo avverso lautorizzazione, essendo stata abrogata la norma che espressamente preve- deva la possibilità di impugnare mediante ricorso alla competente Direzione generale del Ministero del lavoro le decisioni delle Direzioni territoriali (*) LAutore è anche dirigente del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Jobs Act Diritto & Pratica del Lavoro 30/2016 1843 Pierluigi Rausei - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l.
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Schema di Decreto correttivo Jobs Act

L’intervento sui provvedimentiautorizzatori dei controllia distanzaPierluigi Rausei - Adapt professional fellow (*)

Nello schema di Decreto legislativo adottato dalConsiglio dei Ministri nella seduta del 10 giugno2016, recante “disposizioni integrative e corretti-ve dei Decreti legislativi 15 giugno 2015, n. 81,e 14 settembre 2015, nn. 148, 149, 150 e 151”,presentato alla Presidenza del Senato e della Ca-mera dei Deputati il 16 giugno 2016, acquisitocome A.G. n. 311/2016 (assegnato il 21 giugno2016 alle Commissioni competenti di Senato eCamera), si interviene nuovamente sul testo del-l’art. 4, Statuto dei lavoratori in materia diautorizzazione ai controlli a distanza da partedel datore di lavoro, tema su cui, peraltro, il Mi-nistero del lavoro era recentemente intervenutoin sede di prassi amministrativa con la nota n.11241 del 1° giugno 2016 rispetto ai profiliispettivi e sanzionatori in materia, oltreché con lapredisposizione di una apposita modulistica uni-taria per la presentazione delle richieste di auto-rizzazione.Di seguito si analizza la portata dell’interventocorrettivo proposto dal Governo, per poi offrireuna sintesi del quadro regolatorio vigente alla lu-ce della prassi ministeriale.

La modifica proposta nello schemadi Decreto correttivo

Nel Capo IV, A.G. n. 311/2016 si modificano,fra le altre, le norme sui poteri del datore di lavo-ro di controllo a distanza dei lavoratori (art. 6,comma 2) con riferimento all’art. 4, legge n.300/1970, come modificato dall’art. 23, D.Lgs.n. 151/2015.L’intervento correttivo si muove sull’onda delcriterio di delega che mirava ad una revisione

delle disposizioni in tema di controllo a distanzasugli impianti e sugli strumenti di lavoro, in baseall’evoluzione tecnologica e tenendo conto delleesigenze produttive ed organizzative dell’impresada bilanciare con le esigenze di tutela della di-gnità e della riservatezza del lavoratore (art. 1,comma 7, lett. f), legge n. 183/2014).Specificamente, l’art. 6, comma 2, modifica l’ul-timo periodo dell’attuale primo comma dell’art.4, legge n. 300/1970, anzitutto per sostituire i ri-ferimenti alle Direzioni territoriali del lavoro e alMinistero del lavoro con quelli all’Ispettorato na-zionale del lavoro e alle sedi territoriali dellanuova Agenzia unica per le ispezioni.In secondo luogo lo schema del Decreto corretti-vo interviene sui profili di contenzioso ammini-strativo rispetto ai provvedimenti dell’Ispettoratonazionale del lavoro e degli Ispettorati territorialidel lavoro, per sancire che l’autorizzazione rila-sciata dalla sede territoriale dell’Ispettorato na-zionale del lavoro o, in alternativa per le impresecon unità produttive collocate in più ambiti terri-toriali, dalla sede centrale dell’Ispettorato nazio-nale del lavoro, sono da considerarsi provvedi-menti definitivi, tali, pertanto, da non essere su-scettibili di ricorso gerarchico amministrativo.In realtà, già l’attuale disposizione dell’art. 4,Statuto dei lavoratori come sostituita dal D.Lgs.n. 151/2015, rispetto a quella previgente, noncontiene la previsione esplicita di un contenziosoamministrativo avverso l’autorizzazione, essendostata abrogata la norma che espressamente preve-deva la possibilità di impugnare mediante ricorsoalla competente Direzione generale del Ministerodel lavoro le decisioni delle Direzioni territoriali

(*) L’Autore è anche dirigente del Ministero del lavoro edelle politiche sociali.

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del lavoro. Tuttavia in sede ministeriale si è rite-nuto di sostenere che il provvedimento adottatodalla Dtl seguita ad essere ricorribile mediante ri-corso gerarchico alla Direzione generale della tu-tela delle condizioni di lavoro, a norma dell’art.1, comma 1, D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199che in quanto norma di carattere generale con-sente di ricorrere contro il provvedimento ammi-nistrativo di autorizzazione o di diniego dell’Uf-ficio territoriale, dovendosi considerare lo stessoatto “non definitivo”. Nell’attuale quadro regola-torio, quindi, si ritiene possibile proporre ricorsogerarchico entro 30 giorni dalla notifica del prov-vedimento sia per motivi di legittimità che dimerito.Tale possibilità, invece, viene radicalmenteesclusa dall’intervento correttivo dell’A.G. n.311/2016, come espressamente specificato dallaRelazione illustrativa che correda il provvedi-mento normativo, la quale esplicitamente affermache con la modifica normativa proposta “si chia-risce che i provvedimenti autorizzatori adottatidall’Ispettorato sono definitivi per cui non è pos-sibile proporre contro gli stessi ricorso gerarchi-co. Ciò deriva dal fatto che i provvedimenti auto-rizzatori sono adottati tanto dalle sedi territoria-li, quanto, a scelta delle imprese che hanno unitàproduttive dislocate in più ambiti territoriali,dalla sede centrale dell’Ispettorato nazionale dellavoro. E, mentre per i provvedimenti delle sediterritoriali, si potrebbe ipotizzare un ricorso allasede centrale, nei confronti dei provvedimenti diquest’ultima non è possibile individuare un supe-riore gerarchico. Infatti, il rapporto che lega l’I-spettorato al Ministro del lavoro e delle politichesociali si qualifica come rapporto di vigilanza enon gerarchico”.

La disciplina attualedell’art. 4, legge n. 300/1970

L’art. 23, D.Lgs. n. 151/2015 ha riscritto inte-gralmente i contenuti dell’art. 4, legge n.300/1970 (Statuto dei lavoratori), con un inter-vento normativo che si presenta come azione disemplificazione, ma invero le procedure di auto-rizzazione all’installazione e all’utilizzo di stru-menti di controllo a distanza non vengono sem-plificate in sé, permanendo sostanzialmente lestesse condizioni autorizzatorie in assenza di ac-cordo sindacale, mentre sembrano mutare sostan-

zialmente (e incisivamente) le possibilità di im-piegare a qualsiasi fine le informazioni acquisi-te attraverso controlli a distanza, oltre alla indi-viduazione di importanti ipotesi di deroga all’ob-bligo di autorizzazione o di accordo preventivo.La norma attua la delega contenuta nella lett. f),comma 7, articolo unico, legge n. 183/2014, con-sentendo al datore di lavoro una maggiore libertàdi azione, con una previsione normativa che, te-nendo conto delle caratteristiche tecniche dei si-stemi di controllo a distanza in base alla evolu-zione tecnologica, opera un contemperamento eun difficile bilanciamento degli interessi azienda-li (esigenze produttive e organizzative dell’im-presa di tutela anche patrimoniale) e dei dirittisoggettivi personalissimi dei lavoratori (tuteladella dignità e della riservatezza) che possono ri-sultare eccessivamente permissivi per un possibi-le esercizio invasivo del potere di controllo dato-riale, attraverso strumentazioni e apparecchiaturetecnologicamente avanzate.Il comma 1, art. 23, D.Lgs. n. 151/2015 detta lanuova disciplina in materia di installazione e uti-lizzo di impianti audiovisivi e di altri strumentidi controllo che consentano anche potenzialmen-te il controllo a distanza dei lavoratori, sostituen-do il testo previgente (fino al 23 settembre 2015)dell’art. 4, legge n. 300/1970.A ben guardare la norma, anche nell’attuale testoin vigore, seguita a bilanciare i contrapposti inte-ressi/diritti dell’imprenditore ad esercitare il con-trollo connesso ai suoi poteri datoriali e del lavo-ratore a preservare una sfera di privatezza intan-gibile, anche nell’ambito - del luogo e del tempo- del rapporto di lavoro (Cass., sent. n. 15892 del17 luglio 2007).

Presupposti per legittimare i controllia distanza

Il comma 1 (primo periodo) della disposizioneelenca i presupposti che consentono al datore dilavoro - previo accordo collettivo aziendale (conRsa o Rsu) - l’utilizzo di strumenti dai quali pos-sa derivare, anche solo astrattamente, un control-lo a distanza dei lavoratori:• esigenze organizzative e produttive;• sicurezza del lavoro;• tutela del patrimonio aziendale.La norma - che pure aggiunge esplicitamente l’e-sigenza di tutela del patrimonio aziendale, sullascorta di un vasto orientamento giurisprudenziale

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in materia di “controlli difensivi” (ex multis:Trib. Milano 31 marzo 2004; Cass. pen., sez. se-conda, 8 ottobre 1985, n. 8687; Cass., sez. lav., 3aprile 2002, n. 4746) -, nell’individuare i presup-posti che consentono di superare il divieto, riba-dito, di controllo a distanza sulla prestazione la-vorativa, risponde ancora propriamente all’esi-genza, fortemente sentita dal legislatore italianoe più di recente avvertita nell’intero contesto eu-ropeo ed internazionale, di limitare il potere deldatore di lavoro di esercitare la vigilanza sulcomportamento tenuto dai dipendenti nei luoghidove si svolge l’attività lavorativa.La finalità della disposizione in argomento, dun-que, è palesemente quella di impedire non giàogni forma di controllo sull’adempimento regola-re e corretto della prestazione di lavoro, ma inverità di vietare quei controlli che sono posti inessere in forme o con modalità che risultano lesi-ve della dignità dei lavoratori, senza dare rilievo,in principio, al fatto che tale “dignità” risulti ma-nifestazione di riservatezza piuttosto che di liber-tà morale, o di tutela della personalità del lavora-tore o di consapevolezza dei controlli o, infine,di diritto a non essere esposto a controlli obietti-vamente eccessivi ovvero indebiti o illegittimi.In effetti, la disposizione (art. 4, comma 1, se-condo periodo, legge n. 300/1970) sancisce, inprospettiva semplificatoria, che nella ipotesi diimprese con unità produttive situate in Provincediverse della stessa Regione ovvero in più Regio-ni distinte, l’accordo può essere stipulato conRsa e Rsu oppure con le rappresentanze delle or-ganizzazioni sindacali comparativamente più rap-presentative sul piano nazionale.Anche nel nuovo quadro normativo delineato dalJobs Act ove manchi l’accordo con le organizza-zioni sindacali l’installazione degli impianti e de-gli strumenti di controllo può essere preventiva-mente autorizzata della Direzione territoriale dellavoro.Si aggiunge espressamente, sempre in ottica disemplificazione, che laddove l’azienda sia strut-turata in una pluralità di unità produttive, collo-cate in Province di competenza di più Direzioniterritoriali del lavoro (art. 4, comma 1, terzo pe-riodo, legge n. 300/1970), l’autorizzazione possaessere rilasciata del Ministero del lavoro e dellepolitiche sociali, quale opportuna ed utile “alter-nativa” al rilascio da parte delle singole Dtl inte-ressate, al fine di evitare una pluralità di attività

istruttorie (anche con probabili esiti differenzia-ti).L’art. 4, legge n. 300/1970, anche nel nuovo qua-dro regolatorio, si preoccupa di acconsentire agliaccertamenti e ai “controlli difensivi” sulle attivi-tà lavorative e sui luoghi di lavoro, assoggettan-do ancora il consenso ad un vaglio sindacale ov-vero amministrativo di carattere preventivo, alfine di accertare, appunto, che non vi sia alcunipotetico pregiudizio a danno della dignità dellapersona che lavora.

Accordo sindacaleA proposito dell’accordo sindacale richiesto dal-l’art. 4, legge n. 300/1970 (“accordo collettivostipulato dalla rappresentanza sindacale unitariao dalle rappresentanze sindacali aziendali”), sem-bra da ritenersi ancora attuale quanto chiarito dalMinistero del lavoro con risposta ad interpello 5dicembre 2005, n. 2975 secondo cui l’accordosufficiente a rendere legittima l’installazione de-gli impianti e delle apparecchiature potenzial-mente lesive è quello raggiunto “con la solamaggioranza delle Rsa”, purché ad esprimersisiano chiamate le rappresentanze sindacali “dellediverse unità produttive ove può essere attivato ilcontrollo a distanza”.Va rilevato, peraltro, che anche nel nuovo quadroregolatorio potrà darsi spazio a procedure qualequella riconosciuta legittima dalla sentenza Cass.pen., sez. terza, 11 giugno 2012, n. 22611, laddo-ve si è stabilito che “non commette reato il dato-re di lavoro che installa telecamere che riprendo-no i dipendenti, ai quali è stato fatto firmare unfoglio contenente la relativa autorizzazione”.La Suprema Corte ha, infatti, espressamente sta-tuito che “se è vero che non si trattava né diautorizzazione della Rsu né di quella di una com-missione interna, logica vuole che il più conten-ga il meno sì che non può essere negata validitàad un consenso chiaro ed espresso provenientedalla totalità dei lavoratori e non soltanto da unaloro rappresentanza”.Contrariamente al portato giurisprudenziale con-solidato in materia, dunque, la pronuncia richia-mata ha affermato, per la prima volta, che le tu-tele dell’art. 4, Statuto dei lavoratori contro ille-cite o subdole attività di controllo a distanza del-le prestazioni lavorative non si attuano piena-mente soltanto in presenza di un esplicito e moti-vato consenso espresso formalmente dagli orga-

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nismi sindacali rappresentativi già previsti dallamedesima legge n. 300/1970, ma anche quandoil medesimo esplicito consenso venga prestatodirettamente, senza rappresentanza intermedia,dalla generalità dei dipendenti anche solo poten-zialmente interessati dalle azioni di controllo.Ritenere che in caso di sottoscrizione di assenso,resa da tutti i dipendenti su un documento espli-cito, non esista un consenso validamente espres-so per escludere l’integrazione del fatto penal-mente illecito, ha fatto argomentare a Cass. pen.,sez. terza, n. 22611/2012 che l’evocazione di taleprincipio giurisprudenziale nella sentenza impu-gnata (viene annullata senza rinvio perché il fattonon sussiste) “risulta non pertinente e legittima ilconvincimento che il giudice di merito abbia da-to della norma una interpretazione eccessivamen-te formale e meccanicistica limitandosi a consta-tare l’assenza del consenso delle Rsu o di unacommissione interna ed affermando, pertanto,l’equazione che ciò dava automaticamente luogoalla infrazione contestata”.In buona sostanza, la Suprema Corte, argomen-tando sul principio di effettività della norma emotivando sulla inesistenza di disposizioni nor-mative che disciplinino le modalità di acquisizio-ne del consenso da parte dei lavoratori interessatidalle azioni di controllo datoriali, afferma cheopinare nel senso di una non valida manifestazio-ne di assenso da parte di tutti i lavoratori perchénon idoneamente rappresentati in sede sindacale“avrebbe un taglio di un formalismo estremo taleda contrastare con la logica”, anche perché “l’in-terpretazione della norma deve sempre avvenireavendo presente la finalità che essa intende per-seguire”.D’altro canto, sempre a proposito di intesa sinda-cale, non si può sottacere il ruolo della contratta-zione collettiva di secondo livello (aziendale oterritoriale) ovvero di prossimità relativamente altema in argomento. Rileva anche dopo l’inter-vento del D.Lgs. n. 151/2015, su questo piano,stante l’identità normativa sul punto, quanto pre-visto dall’art. 8, commi 1, 2 e 2-bis, D.L. 13 ago-sto 2011, n. 138, come convertito, con modifica-zioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148 (ilcui impianto è stato ritenuto costituzionalmentelegittimo dalla Corte costituzionale con sent. n.221 del 4 ottobre 2012), il quale prevede la pos-sibilità per i contratti collettivi di lavoro sotto-scritti a livello aziendale o territoriale di realizza-

re specifiche intese con efficacia nei confronti ditutti i lavoratori in deroga alla contrattazione col-lettiva nazionale di lavoro e alla legge. In baseall’art. 8, comma 1, prima parte, sono “contrattidi prossimità” i contratti collettivi di lavoro sot-toscritti a livello aziendale o territoriale da orga-nizzazioni sindacali dei lavoratori comparativa-mente più rappresentative sul piano nazionale oterritoriale ovvero dalle loro rappresentanze sin-dacali operanti in azienda, ai sensi della normati-va di legge e degli Accordi interconfederali vi-genti.Tali contratti possono realizzare specifiche inte-se, con efficacia generale (erga omnes) nei con-fronti di tutti i lavoratori interessati, a condizioneche siano state debitamente sottoscritte sulla basedi un criterio maggioritario relativo alle rappre-sentanze sindacali. L’art. 8, comma 1, secondaparte, del D.L. n. 138/2011, convertito in leggen. 148/2011, detta tassativamente le finalità chevanno necessariamente perseguite dalle specifi-che intese le quali, in effetti, devono essere fina-lizzate a perseguire obiettivi di: maggiore occu-pazione, qualità dei contratti di lavoro, adozionedi forme di partecipazione dei lavoratori, emer-sione del lavoro irregolare, incrementi di compe-titività e di salario, gestione delle crisi aziendalie occupazionali, investimenti, avvio di nuove at-tività. Nel comma 2, stesso art. 8 alla lett. a) fra icontenuti regolatori delle specifiche intese modi-ficative, nel far riferimento alle materie inerentil’organizzazione del lavoro e della produzione sirichiamano espressamente gli impianti audiovisi-vi e la introduzione di nuove tecnologie, con ciòvalorizzando le possibilità d’azione della contrat-tazione di prossimità sul tema delicatissimo deicontrolli a distanza.

Provvedimento autorizzatorio amministrativo

Quanto alla misura, alternativa e sussidiaria, delprovvedimento autorizzatorio adottato dall’Uffi-cio territoriale del Ministero del lavoro (a brevedell’Ispettorato nazionale del lavoro di cui alD.Lgs. 14 settembre 2015, n. 149), nessun dub-bio può sussistere, anche nel nuovo quadro nor-mativo, sulla circostanza che il provvedimentoautorizzatorio della Direzione territoriale del la-voro (a breve anche in questo sostituita dall’I-spettorato territoriale del lavoro in attuazione delD.Lgs. n. 149/2015) competente per territorio,debba avvenire su apposita istanza del datore di

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lavoro, nella quale devono essere illustrati i con-tenuti tecnici e strumentali degli impianti di con-trollo a distanza, mentre l’autorizzazione rilascia-ta potrà dettare indicazioni precettive circa lemodalità di utilizzo concreto degli impianti auto-rizzati (Ministero del lavoro, nota n. 7162 del 16aprile 2012).La nuova disposizione non contiene più la previ-sione di un contenzioso amministrativo riguar-dante la decisione assunta dalla Dtl, risultandoinfatti abrogata la norma che permetteva - al da-tore di lavoro o alle rappresentanze sindacali aseconda delle circostanze obiettive dell’esito del-l’istruttoria procedimentale - di impugnare me-diante ricorso alla competente Direzione generaledel Ministero del lavoro le decisioni della Dtl.Tuttavia taluno ritiene che il provvedimentoadottato dalla Dtl seguiterà ad essere ricorribilemediante ricorso gerarchico alla Direzione gene-rale della tutela delle condizioni di lavoro, a nor-ma dell’art. 1, comma 1, D.P.R. 24 novembre1971, n. 1199 che in quanto norma di caratteregenerale consente di ricorrere contro il provvedi-mento amministrativo di autorizzazione o di di-niego dell’Ufficio territoriale, dovendosi conside-rare lo stesso atto “non definitivo”. Sarà possibi-le quindi presentare ricorso gerarchico entro 30giorni dalla notifica del provvedimento sia permotivi di legittimità che di merito, inoltre la co-municazione all’interessato istante del provvedi-mento della Dtl deve contenere l’indicazioneesplicita del termine e della struttura amministra-tiva cui il ricorso deve essere presentato.Tale ricorso non sarà evidentemente più ammis-sibile dopo la correzione apportata dall’A.G. n.311/2016, una volta che il Decreto correttivo saràin vigore.

Gli strumenti di lavoro e quelli di rilevazionedelle presenze

La prima sicura, rilevante e discussa novità delnuovo testo normativo introdotto dal D.Lgs. n.151/2015 è contenuta nel comma 2 del vigenteart. 4, legge n. 300/1970, il quale prevede chel’utilizzo degli strumenti necessari al lavoratoreper svolgere la propria prestazione lavorativa, co-me pure quello delle apparecchiature di rileva-zione e di registrazione degli accessi e delle pre-senze al lavoro, non richiedono la sussistenzadelle causali (organizzative, produttive di sicu-rezza e di tutela patrimoniale) e non esigono il

preventivo accordo sindacale né l’autorizzazionedegli Uffici ministeriali (territoriali o centrale).La relazione tecnica sul punto precisa che accor-do sindacale o autorizzazione ministeriale nonoccorrono neppure quando dagli strumenti e dal-le apparecchiature di lavoro “derivi anche la pos-sibilità di un controllo a distanza del lavorato-re”, con ciò significando un sensibile varco ri-spetto alle tutele originarie in materia, laddoveogni forma di possibile controllo a distanza deilavoratori era soggetta al vaglio sindacale o mini-steriale.Il nuovo art. 4, Statuto dei lavoratori, dunque,consente l’utilizzo degli strumenti di lavoro (co-me PC, tablet, cellulare, smartphone) e di quelliimpiegati per rilevare la presenza al lavoro (co-me badge, rilevatori magnetici o elettronici, oro-logi marcatempo), sembrerebbe anche quando lestesse apparecchiature permettono al datore di la-voro di effettuare un preciso controllo a distanzasulla prestazione lavorativa resa dal lavoratore(tecnologie GPS, RFID, AVM, geolocalizzatori).Tuttavia, secondo quanto evidenziato dalla mo-dulistica ministeriale, se la strumentazione di la-voro fornita al dipendente viene modificata percontrollare il lavoratore, almeno per quanto at-tiene alla localizzazione satellitare GPS a bordodi automezzi aziendali (ma la fattispecie nonsembra essere dissimile potrebbe essere quella diun tablet o di uno smartphone che abbiano in-stallati appositi software di localizzazione), sifuoriesce dall’ambito della disposizione perchéda strumento che serve al lavoratore per renderela prestazione lavorativa essa diviene strumentoche serve al datore di lavoro per controllarne laprestazione, con la conseguenza, quindi, che intali casi si rientra nello spettro generale dell’art.4, legge n. 300/1970 novellato (ricorrenza di par-ticolari esigenze, accordo sindacale o autorizza-zione amministrativa), stante quanto riportato pertabulas nel modello ministeriale unificato di ri-chiesta di autorizzazione all’uso di impianti divideosorveglianza che contempla anche l’ipotesidella geolocalizzazione degli automezzi aziendali(vedi Modulo in calce al presente articolo).

Utilizzo dei dati raccoltiL’altra novità di rilievo apportata dal D.Lgs. n.151/2015 è contenuta nel terzo e ultimo commadel novellato art. 4, Statuto dei lavoratori, il qua-le stabilisce, infatti, che le informazioni raccolte

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dal datore di lavoro sia con strumenti e apparec-chiature oggetto di intesa sindacale o autorizzatidalle strutture ministeriali, sia con gli strumentidi lavoro “sono utilizzabili a tutti i fini connessial rapporto di lavoro”.Si tratta di una apertura notevole rispetto al testoprevigente, in ragione del quale l’utilizzabilitàdei dati raccolti mediante gli strumenti di con-trollo a distanza, per dimostrare l’inadempimentocontrattuale del lavoratore e a sostegno di proce-dimenti disciplinari, ha formato oggetto di pro-nunce giurisprudenziali contrastanti.In ogni caso l’utilizzo delle informazioni raccoltedagli strumenti a distanza è sottoposto ad una du-plice condizione dal comma 3 dell’art. 4, leggen. 300/1970 riscritto dall’art. 23, D.Lgs. n.151/2015:• al lavoratore deve essere stata data una adegua-ta informazione circa le modalità di impiego de-gli strumenti e delle apparecchiature, nonché inmerito alle concrete modalità di svolgimento deicontrolli;• nei confronti di tutti i lavoratori va in ogni casorispettata la normativa in materia di tutela dellaprivacy (D.Lgs. n. 196/2003).Ne deriva, quindi, che l’esonero dalle proceduresindacali o da quelle autorizzatorie amministrati-ve, come pure l’utilizzo dei dati raccolti dai variimpianti ed apparecchiature, sono strettamenteconnessi al rispetto degli obblighi di informativanei confronti dei lavoratori interessati (art. 13,D.Lgs. n. 196/2003), ma anche dalla adozione diun apposito regolamento o policy aziendale chespecifichi dettagliatamente gli usi consentiti etollerati delle strumentazioni e delle apparecchia-ture, i limiti di utilizzo, i modi in cui vengonosvolti i controlli, le conseguenze disciplinari.Inoltre, i dati legittimamente raccolti potrannoessere utilizzati nell’ambito di procedimenti di-sciplinari (a norma del nuovo art. 4, legge n.300/1970), ma a condizione che il datore di lavo-ro rispetti i principi fondamentali del D.Lgs. n.196/2003 con specifico riferimento alla pertinen-za, alla correttezza e alla non eccedenza del trat-tamento dei dati acquisiti e raccolti, nonché al di-vieto di profilazione e di controllo massivo e ge-neralizzato.

Conferma della sanzione penaleL’art. 23, comma 2, D.Lgs. n. 151/2015, nel mo-dificare l’art. 171, D.Lgs. n. 196/2003, conferma

la tutela penale del divieto di operare controlli adistanza con impianti, strumenti e apparecchia-ture non accordate o non autorizzate preventi-vamente.Come nel testo previgente, infatti, la violazionedel nuovo art. 4, legge n. 300/1970 si strutturacome ipotesi di reato punita in combinato dispo-sto con l’art. 38 della stessa legge n. 300/1970.La fattispecie illecita che integra il divieto postodall’art. 4, comma 1, legge n. 300/1970 è data,pertanto, dalla contestuale sussistenza di due di-stinti elementi:a) l’installazione per l’effettivo utilizzo di unaapparecchiatura di tipo audiovisivo o comunqueatta al controllo a distanza “dell’attività dei lavo-ratori” (non quindi della sola attività lavorativa,ma del complesso delle attività anche non atti-nenti all’adempimento della prestazione di lavo-ro);b) la finalità obiettiva di voler assoggettare acontrollo “a distanza” i lavoratori, dovendosi in-tendere il concetto di “distanza” sia nella dimen-sione spaziale (da luogo distante e nascosto) chein quella temporale (in momento successivo e se-greto).Se, in assenza dei presupposti indicati dal com-ma 1 dell’art. 4, Statuto dei lavoratori, il reato sicompie con la mera rilevazione dei due requisitianzidetti, nel caso sussistano, invece, alternativa-mente, uno dei due profili da ultimo tracciati, ri-sulterà penalmente sanzionabile l’installazioneche abbia come ragione fondante e determinanteil controllo a distanza, senza un preventivo ac-cordo sindacale in ambito di rappresentanzeaziendali o priva del provvedimento autorizzati-vo ministeriale.In realtà la struttura della norma non impone unapartecipazione psicologica del datore di lavoro ditipo doloso, giacché appare sufficiente che lostesso sia in colpa, rilevando, piuttosto, le circo-stanze oggettive della idoneità dell’impianto odell’apparecchiatura a consentire il controllo ille-cito.Al punto che è stata ritenuta illecita la condottadella mera installazione di impianti idonei alcontrollo a distanza, sebbene non ancora attivati,essendo in sé integrativa dell’ipotesi di reato lapotenziale idoneità della strumentazione prescel-ta dal datore di lavoro (ad esempio: Cass., sez.lav., 16 settembre 1997, n. 9211; Cass., sez. lav.,6 marzo 1986, n. 1490).

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In effetti, pur dopo l’intervento del D.Lgs. n.196/2003, la fattispecie permaneva penalmente ille-cita, in virtù dell’espresso richiamo contenuto nel-l’art. 171, D.Lgs. n. 196/2003, il quale testualmenteprevedeva che “la violazione delle disposizioni dicui agli artt. 113, comma 1, e 114 è punita con lesanzioni di cui all’art. 38, legge 20 maggio 1970,n. 300”, giacché l’art. 114, D.Lgs. n. 196/2003, silimita a stabilire che “resta fermo quanto dispostodall’art. 4, legge 20 maggio 1970, n. 300”.Con l’intervento specifico nel corpo dell’art. 171,D.Lgs. n. 196/2003, da parte dell’art. 23, comma 2,D.Lgs. n. 151/2015, con richiamo esplicito all’art.4, legge n. 300/1970, ne deriva che il datore di la-voro seguita ad essere punito con la pena alternati-va da euro 154 a euro 1.549 o arresto da 15 giorniad un anno, salvo che il fatto non costituisca piùgrave reato, a norma dell’art. 38, comma 1, leggen. 300/1970, per effetto del rinvio espresso operatodal novellato art. 171, D.Lgs. n. 196/2003, tranneche nei casi più gravi laddove le pene dell’ammen-da e dell’arresto sono applicate congiuntamente.Nell’ipotesi base può trovare applicazione l’istitu-to della prescrizione obbligatoria, ai sensi dell’art.15, D.Lgs. n. 124/2004, per cui il personale ispet-tivo procederà a prescrivere la regolarizzazionedel comportamento datoriale, mediante tempestivoripristino della legalità, che potrà alternativamenteconsistere nel raggiungimento di un accordo conle rappresentanze sindacali ovvero nella rimozio-ne degli impianti e delle apparecchiature di con-trollo a distanza illecitamente installate.A margine va notato che l’art. 23, D.Lgs. n.151/2015 costruisce l’ipotesi di reato non solocon riferimento al comma 1 dell’art. 4, legge n.300/1970, ma anche con riguardo al comma 2, ilquale, tuttavia, non prevede nessun tipo di pre-cetto alternativo astrattamente sanzionabile, limi-tandosi ad esonerare dalle procedure sindacali edamministrative autorizzatorie gli strumenti di la-voro e quelli utilizzati dal datore di lavoro per ri-levare la presenza al lavoro dei lavoratori e il lo-ro orario di lavoro.Si tenga presente che non configurandosi una ipo-tesi di reato “proprio”, della quale potrebbe dive-nire imputabile il solo datore di lavoro, la contrav-venzione in argomento è idonea a colpire anche ilcomportamento dei soggetti deputati al controllo adistanza o comunque addetti all’utilizzo delle ap-parecchiature e degli impianti, che saranno punitialla medesima stregua del datore di lavoro.

I chiarimenti ministeriali sull’attivitàispettiva e sanzionatoria

Il Ministero del lavoro con la nota n. 11241 del1° giugno 2016 ha fornito uno specifico parerein merito agli accertamenti ispettivi e ai profilisanzionatori riguardanti gli impianti audiovisiviinstallati senza accordo sindacale o autorizza-zione ministeriale, alla luce delle previsioni dicui all’art. 4, comma 1, legge n. 300/1970, comesostituito dall’art. 23, comma 1, D.Lgs. n.151/2015.Secondo i chiarimenti ministeriali anche la nuovaformulazione esige che l’installazione di un im-pianto di controllo a distanza “non possa avveni-re antecedentemente a (e quindi in assenza di)uno specifico accordo con le organizzazioni sin-dacali o, in mancanza di esso, alla intervenutaautorizzazione rilasciata da parte della Direzionedel lavoro territorialmente competente”.Come correttamente riferito anche dal Ministero epiù sopra già argomentato, infatti, la violazionedella previsione dell’art. 4, legge n. 300/1970 nonpuò essere esclusa dalla circostanza che gli im-pianti risultano soltanto installati e non ancorafunzionanti, “né dall’eventuale preavviso dato ailavoratori, né infine dal fatto che il controllo siadiscontinuo perché esercitato in locali dove i lavo-ratori possono trovarsi solo saltuariamente” (si ci-tano Cass., sez. lav., n. 9211/1997; n. 1490/1986).La nota ministeriale n. 11241/2016 evidenzia,inoltre, come la Suprema Corte abbia rimarcatoil divieto di installazione degli impianti di con-trollo a distanza in mancanza dei presuppostiprevisti dallo Statuto dei lavoratori, anche a fron-te di telecamere soltanto installate, segnalandoche la condotta criminosa è rappresentata dallamera installazione non autorizzata dell’impianto,a prescindere dal suo effettivo utilizzo (Cass.pen., 30 gennaio 2014, n. 4331: “l’idoneità degliimpianti a ledere il bene giuridico protetto, cioèil diritto alla riservatezza dei lavoratori, necessa-ria affinché il reato sussista (...) è sufficiente an-che se l’impianto non è messo in funzione, poi-ché, configurandosi come un reato di pericolo, lanorma sanziona a priori l’installazione, prescin-dendo dal suo utilizzo o meno.”).Da ultimo, considerata la sanzione penale previ-sta per il mancato rispetto dell’art. 4, legge n.300/1970, i chiarimenti ministeriali affermanoche in caso di accertata installazione di impianti

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di controllo a distanza senza specifico accordocon le organizzazioni sindacali ovvero in man-canza dell’autorizzazione ministeriale, l’ispettoredeve impartire una prescrizione (art. 20, D.Lgs.n. 758/1994), allo scopo di far eliminare la con-travvenzione accertata mediante l’immediata ces-sazione della condotta illecita e la rimozione ma-teriale degli impianti, fissando un termine per laregolarizzazione non eccedente quello tecnica-mente necessario, ma “trattandosi di apparecchia-ture per la cui rimozione è necessario l’interven-to di personale specializzato, si evidenzia che iltempo da assegnare dovrà essere congrue”.

Nei casi in cui, nel periodo di tempo assegnatodall’ispettore si raggiunga l’accordo sindacaleoppure venga rilasciata l’autorizzazione previstadalla legge, a fronte del venire meno dei presup-posti oggettivi dell’illecito e, quindi, dell’avve-nuto ripristino della legalità violata, l’ispettorepuò ammettere il datore di lavoro a pagare in se-de amministrativa, nel termine di 30 giorni, unasomma pari a 387,25 euro, vale a dire al quartodel massimo dell’ammenda stabilita per la con-travvenzione (art. 21, D.Lgs. n. 758/1994).

Tavola 1. Impiego illecito di impianti di controllo a distanza

IMPIEGO ILLECITO DI IMPIANTI DI CONTROLLO A DISTANZA

Illecito Sanzione

Art. 4, comma 1, legge n. 300/1970 come sost. da art. 23, comma1, D.Lgs. n. 151/2015 - art. 114, D.Lgs. n. 196/2003Per aver utilizzato impianti audiovisivi o altre similari apparecchia-ture per finalità di controllo a distanza dell’attività svolta dai lavo-ratori (fatta eccezione per gli strumenti di lavoro e per quelli impie-gati per rilevare la presenza al lavoro) senza previo accordo con lerappresentanze sindacali ovvero, in difetto di accordo, in mancan-za di apposito provvedimento autorizzativo della Direzione territo-riale del lavoro competente per territorio o ancora senza aver os-servato le modalità dettate per l’uso delle apparecchiature dallaDirezione territoriale del lavoro.

Art. 38, legge n. 300/1970 - art. 171, D.Lgs. n. 196/2003, comesost. da art. 23, comma 2, D.Lgs. n. 151/2015Ammenda da € 154 a € 1.549 o arresto da 15 giorni ad un anno,salvo che il fatto non costituisca più grave reato.Nei casi più gravi le pene dell’ammenda e dell’arresto sono appli-cate congiuntamente.Quando per le condizioni economiche del reo l’ammenda può pre-sumersi inefficace anche se applicata nel massimo, il giudice hafacoltà di aumentarla fino al quintuplo.Nei casi più gravi l’Autorità giudiziaria ordina la pubblicazione del-la sentenza penale di condanna nei modi stabiliti dall’art. 36 c.p.Prescrizione obbligatoria (art. 15, D.Lgs. n. 124/2004): è appli-cabile nell’ipotesi base, non invece nei “casi più gravi”; l’ispettoreprocederà a prescrivere l’immediata cessazione delle condotte ille-cite poste in essere in violazione dell’art. 4, legge n. 300/1970, or-dinando la rimozione degli impianti illegali; sanzione pari a €387,25.Oblazione (art. 162-bis c.p.): è ammessa nell’ipotesi base, non in-vece nei “casi più gravi”; sanzione pari a € 774,50.

Tavola 2. Installazione illegittima di impianti di controllo a distanza

INSTALLAZIONE ILLEGITTIMA DI IMPIANTI DI CONTROLLO A DISTANZA

Illecito Sanzione

Art. 4, comma 2, legge n. 300/1970 come sost. da art. 23, comma1, D.Lgs. n. 151/2015 - art. 114 D.Lgs. n. 196/2003Per aver installato impianti audiovisivi o altre similari di controllodai quali tuttavia derivi la concreta possibilità di controllo a distan-za dell’attività dei lavoratori (fatta eccezione per gli strumenti di la-voro e per quelli impiegati per rilevare la presenza al lavoro), senzaprevio accordo con le rappresentanze sindacali ovvero, in difettodi accordo, in mancanza di apposito provvedimento autorizzativodella Direzione territoriale del lavoro competente per territorio oancora senza aver osservato le modalità dettate per l’installazionee il posizionamento delle apparecchiature dalla Direzione territoria-le del lavoro.

Art. 38 legge n. 300/1970 - art. 171 D.Lgs. n. 196/2003, come sost.da art. 23, comma 2, D.Lgs. n. 151/2015Ammenda da € 154 a € 1.549 o arresto da 15 giorni ad un anno,salvo che il fatto non costituisca più grave reato.Nei casi più gravi le pene dell’ammenda e dell’arresto sono appli-cate congiuntamente.Quando per le condizioni economiche del reo l’ammenda può pre-sumersi inefficace anche se applicata nel massimo, il giudice hafacoltà di aumentarla fino al quintuplo.Nei casi più gravi l’Autorità giudiziaria ordina la pubblicazione del-la sentenza penale di condanna nei modi stabiliti dall’art. 36 c.p.Prescrizione obbligatoria (art. 15, D.Lgs. n. 124/2004): è appli-cabile nell’ipotesi base, non invece nei “casi più gravi”; l’ispettoreprocederà a prescrivere l’immediata cessazione delle condotte ille-cite poste in essere in violazione dell’art. 4, legge n. 300/1970, or-dinando la rimozione degli impianti illegali; sanzione pari a €387,25.Oblazione (art. 162-bis c.p.): è ammessa nell’ipotesi base, non in-vece nei “casi più gravi”; sanzione pari a € 774,50.

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