Date post: | 14-Feb-2019 |
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Progetto editoriale e testi: Flavio FioraniProgetto grafico e impaginazione: Enrico AlbisettiCartografia: Sergio Biagi Comunicazione Grafica
www.giunti.it
© 2000, 2017 Giunti Editore S.p.A.Via Bolognese 165 – 50139 Firenze – ItaliaPiazza Virgilio 4 – 20123 Milano – Italia
Prima edizione: aprile 2000
Stampato presso Lito Terrazzi srl, stabilimento di Iolo
LA PACE IMPOSSIBILE » LE CONDIZIONI
DEI VINCITORI 10
» LA GEOGRAFIA DELL’EUROPA 11
» LA SFIDA DEL RILANCIO ECONOMICO 12
» L’AVVENTO DEL NAZISMO 14
» LE TENSIONI NEL VECCHIO CONTINENTE 14
» L’AGGRESSIVITÀ GIAPPONESE IN ASIA 16
» IL FALLIMENTO DELLE DIPLOMAZIE 17
» I LIMITI DELL’APPEASEMENT 18LA GUERRA D’ETIOPIA 19LA GUERRA DI SPAGNA 21
SCOPPIA IL CONFLITTO IL PATTO D’ACCIAIO 24
» ITALIA E GERMANIA 24
» GRAN BRETAGNA E POLONIA 25
» L’ATTEGGIAMENTO DEGLI STATI UNITI 26
» MORIRE PER DANZICA? 27IL RIARMO TEDESCO 28
» IL PATTO TEDESCO-SOVIETICO 30
IL PATTO MOLOTOV-RIBBENTROP 31ADOLF HITLER 32
» LA PASSIVITÀ DI FRANCIA E INGHILTERRA 34
IL CARRO ARMATO 36
» L’INVASIONE DELLA POLONIA 38
» TRA LA GUERRA E LA PACE 39
» L’ATTACCO RUSSO ALLA FINLANDIA 40
SCAPA FLOW 42
» IL FATTORE TEMPO 43LA GRAF SPEE 44
» LA “STRANA GUERRA” 45IL SOTTOMARINO 46
LA CAPITOLAZIONE DELLA FRANCIA » OCCUPATE DANIMARCA
E NORVEGIA 50
» CROLLANO BELGIO E OLANDA 51
WINSTON CHURCHILL 52LA LINEA MAGINOT 54
» LA DÉBACLE FRANCESE 55
» LA SACCA DI DUNKERQUE 55OPERAZIONE “COLPO DI FALCE” 56
» L’AGONIA DI UNA GRANDE POTENZA 58
» L’UMILIAZIONE DI COMPIÈGNE 60
» L’ITALIA ENTRA IN GUERRA 61NOME IN CODICE: LEONE MARINO 62
» L’INGHILTERRA SOTTO I BOMBARDAMENTI 63
LA BATTAGLIA D’INGHILTERRA 64
» LA GRAN BRETAGNA È SOLA 66
» IL REGIME DI VICHY 66IL RADAR 66
» IL PATTO TRIPARTITO 67HENRI-PHILIPPE PÉTAIN 68
Sommario
» L’AMERICA “ARSENALE DELLA DEMOCRAZIA” 69
FRANKLIN DELANO ROOSEVELT 70
» “SPEZZARE LE RENI” ALLA GRECIA 71
CHARLES DE GAULLE 72
» L’ISOLAMENTO DELL’UNIONE SOVIETICA 73
L’ITALIA VERSO LA GUERRA 74
DA TOBRUK ALL’ATLANTICO » LA GUERRA NEL DESERTO 78
CAPO MATAPAN 79
» LA DIFESA DELL’IMPERO INGLESE 82
» LA “FRANCIA LIBERA” CONTRO VICHY 83
ERWIN ROMMEL 84
» SCENDE IN CAMPO L’AFRIKACORPS 85
» L’VIII ARMATA INGLESE ALLA RISCOSSA 86
BERNARD LAW MONTGOMERY 87EL ALAMEIN 90
» L’INVASIONE TEDESCA DEI BALCANI 92
IL LANCIO SU CRETA 94
» LA LEGGE “AFFITTI E PRESTITI” 95
LA BISMARCK 96
» LA BATTAGLIA DELL’ATLANTICO 97
IL “BRANCO DI LUPI” DI DÖNITZ 98ENIGMA 99
» GLI ALLEATI PADRONI DEL NORD AFRICA 100
BARBAROSSA E PEARL HARBOR » GLI OBIETTIVI DI HITLER 105
OPERAZIONE “BARBAROSSA” 106
» IL BLITZKRIEG A ORIENTE 107HEINZ GUDERIAN 107LE UCCISIONI DI MASSA 1091JOSIF STALIN 110
» SALVARE LA “MADRE RUSSIA” 111
ERICH VON MANSTEIN 111
» I SOVIETICI RIPRENDONO L’INIZIATIVA 112
EPURAZIONI NELL’ARMATA ROSSA 112MOSCA E LENINGRADO SOTTO ASSEDIO 113
» IL GIAPPONE E L’ESTREMO ORIENTE 115
HIROHITO 116
» IL GIAPPONE E L’UNIONE SOVIETICA 118
» LA PRESSIONE AMERICANA 118
» LA GUERRA MONDIALE 119ISOROKU YAMAMOTO 119PEARL HARBOR 121
» IL GIAPPONE DILAGA NEL PACIFICO 122
POLITICI E MILITARI GIAPPONESI 122LE PORTAEREI 124
L’EUROPA NELLA MORSA NAZISTA » LA GERMANIZZAZIONE
DELL’EUROPA 128L’IMPERO NAZISTA 130
» LE NECESSITÀ DI UNA GUERRA PROLUNGATA 131
» LA PRODUZIONE COATTA DI MASSA 132
LA RIVOLTA DEL GHETTO DI VARSAVIA 134
» IL DESTINO DEI “SOTTOUOMINI” 135
» LA CONFERENZA DEL WANNSEE 136
» IL SISTEMA CONCENTRAZIONARIO 138
IL SIMBOLO DEL GENOCIDIO 140
» LE FORME DEL COLLABORAZIONISMO 143
» GLI STATI SATELLITI DEL REICH 144
LA FRANCIA DI VICHY 146
» LA CAMPAGNA TEDESCA DELL’ESTATE 149
» I PRIMI ROVESCI TEDESCHI 150
LA GUERRA DEL PACIFICO » IL CEDIMENTO
BRITANNICO IN MALESIA 154L’INDIA IN GUERRA 156
» CADE LA BIRMANIA 158
» GLI AMERICANI LASCIANO LE FILIPPINE 159
LO ZERO 160DOUGLAS MACARTHUR 161
» LA DISFATTA ALLEATA NEL MAR DI GIAVA 161
» IL GIAPPONE ALL’APICE DEI SUOI TRIONFI 163
» LA SFERA DI COPROSPERITÀ ASIATICA 164
» I PUNTI DEBOLI DEL GIAPPONE 166
» UNA STRATEGIA INCERTA 168
» IL SOGNO IMPERIALE GIAPPONESE 170
» MAR DEI CORALLI: LA GUERRA A DISTANZA 171
» I CINQUE MINUTI DI MIDWAY 172
LE “TIGRI VOLANTI” 174MAGIC 176
» L’EPOPEA DEI MARINES A GUADALCANAL 177
LA JEEP 177
» LO SCACCO INGLESE IN BIRMANIA 178
CHESTER W. NIMITZ 179
GLI ALLEATI ALL’OFFENSIVA » OBIETTIVO FINALE:
LA “RESA INCONDIZIONATA” 182
» OBIETTIVO FINALE: LA “VITTORIA TOTALE” 184
» LA RESA DI PAULUS A STALINGRADO 185
» LA BATTAGLIA PER CHARKOV 186
» UN COLOSSALE SCONTRO DI MEZZI CORAZZATI 187
LANCIARAZZI KATIUSCIA 188
» L’ITALIA DOPO LA DISFATTA IN RUSSIA 189
I GENERALI DI STALIN 190
» IL CROLLO DEL REGIME FASCISTA 191
» IL MASSACRO DI CEFALONIA 193
» LA LINEA GUSTAV 194
DAL TERRORE NASCE LA LIBERTÀ 195
ITALIA: DAL 25 LUGLIO ALL’8 SETTEMBRE 196
LA REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA 198
» LA LOTTA PARTIGIANA IN JUGOSLAVIA 200
TITO 201
» I BOMBARDAMENTI SULLA GERMANIA 202
BOMBARDIERI INGLESI E AMERICANI 204
LA CONFERENZA DI TEHERAN 207
LENINGRADO, ROMA, PARIGI, VARSAVIA
L’ARMATA ROSSA ALL’ATTACCO 210
CROLLA IL FRONTE MERIDIONALE TEDESCO 212
L’OFFENSIVA RUSSA D’ESTATE 214
» VARSAVIA INSORGE 216LA GUERRA DELLE DONNE 218LA GUERRA SEGRETA: LE SPIE 220
» LA SITUAZIONE NEI BALCANI 221
» LA CAMPAGNA D’ITALIA 222
» LA LIBERAZIONE DI ROMA 223
PATTON, CLARK, BRADLEY, EISENHOWER 226
OPERAZIONE “OVERLORD” 228
» GLI ALLEATI IN FRANCIA 232COLLABORAZIONISTI 233
» DE GAULLE A PARIGI 234IL FALLITO ATTENTATO A HITLER 234
» AI CONFINI DEL REICH 236
» IL COLPO DI CODA DELLE ARDENNE 236
IL SOL LEVANTE IN RITIRATA » LA GRANDE ASIA
ORIENTALE 241
» UN GIGANTESCO PROBLEMA LOGISTICO 242
» LE OPERAZIONI ANFIBIE NEL PACIFICO 243
TOMOYUKI YAMASHITA 246
» DALLE MARIANNE A SAIPAN 247
» LA RICONQUISTA DELLE FILIPPINE 248
» L’ECATOMBE NIPPONICA A LEYTE 249
» IL GROVIGLIO CINESE 252
CHIANG KAI-SHEK 253
» IMPHAL: IL RISCATTO BRITANNICO 254
» LA RICONQUISTA DI RANGOON 255
MAO ZEDONG 257
» IWO JIMA E OKINAWA 259KAMIKAZE 261
» UNA POSTA IN GIOCO TROPPO ALTA 263
» I RAID AEREI SUL GIAPPONE 264
I DIRITTI DEI PRIGIONIERI 265
DA YALTA A HIROSHIMA » IL FUTURO
DELLA GERMANIA 268
» LA GUERRA DEI PARTIGIANI 270
» I RUSSI ALLE PORTE DELLA PRUSSIA ORIENTALE 271
IL FRONTE INTERNO NEI PAESI IN GUERRA 272
» L’ESODO DAI TERRITORI A EST 274
LA PROPAGANDA 276
» LA CONFERENZA DI YALTA 278
» LA DISTRUZIONE DI DRESDA 279
» LA GERMANIA PROSTRATA 280
» GLI ALLEATI OLTRE IL RENO 282
» L’ASSALTO FINALE A BERLINO 282
» L’ITALIA LIBERATA 284
» FINISCE LA GUERRA IN EUROPA 285
» LA CONFERENZA DI POTSDAM 287
HARRY S. TRUMAN 288
» IL GIAPPONE PRONTO ALLA RESA 289
IL PROGETTO MANHATTAN 290
» COMINCIA L’ERA ATOMICA 291
HIROSHIMA 292
» LA FINE DEL CONFLITTO 293
L’EREDITÀ DEL CONFLITTO » L’IMPATTO DELLA
“GUERRA TOTALE” 297
» IL NUOVO SISTEMA INTERNAZIONALE 298
» GLI ASSETTI TERRITORIALI DELL’EUROPA 299
» I DUE BLOCCHI E LA RICOSTRUZIONE 301
PRIMO LEVI: I COSTRUTTORI DI DOLORE 303IL PROCESSO DI NORIMBERGA 304
» DECOLONIZZAZIONE E TERZO MONDO 306
IL PROCESSO DI TOKYO 307
Tavole cronologiche 309
Indice dei nomi 317
LA PACE IMPOSSIBILE10
Il mondo nel quale oggi viviamo è la diretta conseguenza degli esiti della seconda guerra mondiale. Questa catastrofe dell’età contemporanea ha determinato immani distruzioni umane e materiali, ha coinvolto civili e militari in una misura mai vista fino ad allora, ha sconvolto economie e società, ha palesato lo straordinario sviluppo delle capacità tecnologiche al servizio della volontà distruttrice dei paesi belligeranti e ha rivelato il carattere totale della guerra moderna anche nella sconfitta dei vinti, che si sono arresi, come i vincitori avevano stabilito, senza condizioni. Il con-flitto che tra il 1939 e il 1945 oppone gli Alleati alle potenze dell’Asse sarà la più catastrofica vicenda della storia dell’umanità. Essa si conclude con oltre 51 milioni di morti e con l’ingresso sulla scena della bomba atomica, che condizionerà gli equilibri planetari della seconda metà del secolo. Dall’alleanza tra i paesi vincitori e dal sistema geopolitico sorto dopo il 1945 scaturirà il predominio delle due superpotenze – Stati Uniti e Unione Sovietica – che reggeranno i destini del mondo fino alla caduta del Muro di Berlino nel 1989 e alla disintegrazione del sistema sovietico.
LE CONDIZIONI DEI VINCITORILe cause del secondo conflitto mondiale affondano le loro radici negli
assetti determinatisi a conclusione della Grande Guerra che trent’anni prima ha sconvolto l’Europa.
Per dar vita a un nuovo ordine internazionale, durante la conferenza di Versailles, nel 1919 è fondata la Società delle nazioni: Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Italia e Giappone sono i 5 membri permanenti del Consiglio; altri 4 (i membri temporanei) sono eletti dall’Assemblea ogni tre anni. La sua attività risulta paralizzata fin dalla fondazione perché il Senato americano si rifiuta di ratificare il trattato di Versailles, che fonda una debole pace sul predominio esercitato sui vinti. Privo di mezzi mili-tari adeguati alle sue ambizioni, su molte questioni l’organismo è incapace di prendere decisioni operative.
La Germania – la più potente tra le nazioni sconfitte – ha dovuto su-bire umilianti mutilazioni territoriali sia sulle sue frontiere occidentali (restituzione dell’Alsazia-Lorena alla Francia e occupazione della regione della Saar) sia su quelle orientali (abbandono della Posnania, di parte del-la Prussia orientale e della Slesia, che entrano a far parte della Polonia). La Renania è stata smilitarizzata, la città di Danzica viene internazio-nalizzata e il suo hinterland assegnato alla Polonia. Berlino ha dovuto cedere la flotta da guerra agli inglesi e, in base all’inedito principio che attribuisce alla Germania le responsabilità del conflitto, è stata costretta a pagare un enorme risarcimento di guerra alle potenze dell’Intesa. La Germania è umiliata, ma le condizioni imposte dai vincitori non sono tali da impedire la rinascita economica e militare di un paese che reclama un ruolo di primo piano negli assetti europei.
In apertura, vendita di lattine vuote in strada
a Berlino durante la terribile crisi del 1923.
LA PACE IMPOSSIBILE 11
LA GEOGRAFIA DELL’EUROPAL’Austria è ridotta al solo territorio abitato da popolazioni di lin-
gua tedesca, l’Ungheria è anch’essa mutilata di una porzione di territo-rio (la Transilvania) assegnato alla Romania. Dalle ceneri dell’ex impe-ro austro-ungarico sorgono il nuovo Stato dei serbi, croati e sloveni (la Jugoslavia), attraversato da pericolose tensioni etniche e nazionali, e la Cecoslovacchia (il più economicamente sviluppato tra i nuovi Stati sorti nell’Europa orientale), anch’essa contrassegnata dalla contrapposizione tra la maggioranza boema da un lato e gli slovacchi (nella regione orientale) e la minoranza di lingua tedesca dei Sudeti dall’altro. Nell’Europa orientale la Polonia si trova nella debole condizione di Stato cuscinetto tra Ger-mania e Unione Sovietica. L’Italia ottiene dall’ex impero austro-ungarico Trieste, l’Istria, il Trentino, l’Alto Adige e alcune isole della Dalmazia. Dopo il successo della rivoluzione bolscevica in Russia nel 1917, l’Unione Sovietica vede ridotti i propri territori a favore della Polonia e delle tre nuove repubbliche baltiche (Lettonia, Lituania, Estonia). Nei confronti dello Stato comunista le potenze vincitrici adottano la politica del “cor-done sanitario” per isolare Mosca dal resto dell’Europa.
Isolamento dell’Unione Sovietica, risentimento tedesco verso i vin-citori e malcontento italiano per le magre acquisizioni territoriali sono tra i fattori che condurranno alla progressiva disgregazione degli assetti scaturiti da una pace squilibrata. Gravata da debiti così ingenti da osta-colare la sua ripresa economica, la Germania si avvia verso l’instabilità che contrassegnerà la fragile democrazia della repubblica di Weimar. Gli Stati sorti nell’Europa orientale non saranno in grado di frenare le velleità
In basso, parata militare per la vittoria a Parigi.
In alto, i parigini festeggiano la vittoria nella prima guerra mondiale nel giorno dell’armistizio, sventolando le bandiere delle potenze dell’Intesa.
Bambini tedeschi giocano con aquiloni fatti di banconote. L’inflazione
dà un colpo mortale ai precari equilibridella repubblica
di Weimar: nel 1923il dollaro raggiunge
la quotazione record di 4 miliardi di marchi.
espansionistiche di Germania e Unione Sovietica. La possibilità di accor-di pacifici a cui punta la Società delle nazioni – un’assemblea stabile tra gli Stati che secondo i dettami del suo ideatore, il presidente americano Woodrow Wilson, avrebbe dovuto sostituire la negoziazione alla guerra e assicurare la pace – sono minate alla base dalla mancata partecipazione degli Stati Uniti (in cui prevale l’isolazionismo), dell’Unione Sovietica (esclusa dall’ordinamento di pace e considerata come un corpo estraneo dagli stati liberaldemocratici europei) e, sino al 1926, della Germania.
LA SFIDA DEL RILANCIO ECONOMICO Il tentativo di normalizzare le relazioni politiche e commerciali tra la
Germania e le altre nazioni europee – che ottiene un primo risultato con il patto di Locarno del 1925 e con il patto Briand-Kellogg del 1928, con il quale si bandisce l’uso delle armi per dirimere le controversie tra gli Stati – cozza con l’intransigenza della Francia, che vuole impedire ad ogni costo la rinascita economica e militare della Germania. Concepiti dalla Francia in funzione antitedesca, gli assetti geopolitici dell’area danubia-no-balcanica risultano precari e su di questi, nella seconda metà degli anni Trenta, si rivolgono le mire della Germania nazista e le iniziative delle diplomazie europee.
In Italia il risentimento per i limitati vantaggi territoriali ottenuti dopo la vittoria del 1918 è alimentato dalla retorica del regime fascista
LA PACE IMPOSSIBILE 13
Fascio littorio, pugnale e teschio sono simboli propagandistici del Partito nazionale fascista di Mussolini, così denominato nel congresso del 1921.
I berlinesi in piazza manifestano il senso d’insicurezza e sfiducia nelle istituzioni democratiche generato dalla disoccupazione nel dopoguerra.
che trova in Versailles e nella politica estera rinunciataria dell’“Italietta” liberale i suoi principali bersagli. Il “sistema di Versailles” si scontra con le pretese della “nazione proletaria” di assumere un ruolo degno della sua consistenza demografica (ma non economica) e alimenta un’aperta ostilità verso l’egemonia anglofrancese sulla Società delle nazioni e i paesi che la propaganda fascista definisce “plutocrazie” occidentali.
La costruzione di un ordine internazionale pacifico e stabile include anche la sfida della rinascita economica e produttiva e della ripresa su vasta scala delle relazioni commerciali. Sul rilancio della produzione industriale dei principali paesi europei grava l’enorme peso dei debiti contratti con gli Stati Uniti da Francia e Gran Bretagna per sostenere la loro spesa pubblica nel corso del primo conflitto mondiale.
Tale situazione è resa ancor più precaria dal groviglio finanziario che blocca la ripresa economica delle due maggiori potenze europee, convinte di poter far leva sul pagamento delle riparazioni imposte alla Germania. La collaborazione internazionale e l’impegno collettivo a trovare forme di accordo per attivare la ripresa economica e sbloccare il circuito dei pagamenti internazionali (il Piano Dawes del 1924, con cui le banche di Wall Street concedono crediti alla Germania per stabilizzare il marco e permettere il parziale pagamento delle riparazioni e il Piano Young del 1929, che ne riduce ulteriormente l’ammontare) ridanno momentaneo slancio alle economie europee. L’iniziativa della finanza americana cor-risponde però al disimpegno di Washington nei confronti dell’Europa e alla sua rinuncia a svolgere la funzione di potenza garante degli equilibri politici e militari del vecchio continente.
LA PACE IMPOSSIBILE14
L’AVVENTO DEL NAZISMO È la crisi economica (1929-1933) lo spartiacque tra la precaria stabilità
del primo dopoguerra e l’inizio della corsa verso il conflitto. Il crollo della borsa di Wall Street determina la vertiginosa caduta del commercio mon-diale e l’impennata della disoccupazione (2 milioni in Gran Bretagna, 6 milioni in Germania, 15 negli Stati Uniti). La bufera valutaria che spinge molti paesi ad adottare misure protezionistiche e restrittive rafforza le di-visioni esistenti nel mondo. Il regime monetario del gold standard – fissato nel 1925 allo scopo di garantire la convertibilità delle monete e i flussi di capitali necessari alla crescita economica e allo sviluppo del commercio mondiale – viene abbandonato da Germania, Giappone e Gran Bretagna. La depressione economica mina la legittimità del capitalismo liberista e il suo respiro internazionale, si impongono misure di sostegno all’occupazio-ne e alla produzione, la chiusura protezionista delle economie dà slancio ai nazionalismi, la recessione ingenera sfiducia nelle democrazie. Il crollo del sistema economico internazionale e la divaricazione politico-ideolo-gica tra le democrazie e i regimi fascisti europei registrano un momento di svolta con l’ascesa al potere nel 1933 del Partito nazionalsocialista di Adolf Hitler. La politica di pressione del Reich tedesco sull’Europa cen-trale esaspera le relazioni internazionali, e il processo degenerativo della democrazia liberale e del capitalismo è l’ennesimo colpo assestato ai valori pacifisti dell’internazionalismo wilsoniano, ai precari equilibri sanciti dai trattati del 1919 e a un ordine mondiale in disgregazione.
LE TENSIONI NEL VECCHIO CONTINENTEIl dato paradossale di tale situazione è che le “catene di Versailles”
agiscono da detonatore per un confronto che per le potenze “revisioniste” (Germania, Unione Sovietica, Italia) è l’occasione per aumentare peso po-litico e capacità di manovra, e che porta le nazioni vincitrici a realizzare strumenti bellici per rafforzare la propria sicurezza (la costruzione della linea Maginot sul confine orientale francese) o ad accondiscendere – come fanno gli inglesi – alle richieste del regime nazista di revisione dei trattati al fine di garantire un più sicuro equilibrio di forze. Sullo scenario europeo pesa inoltre il relativo isolamento dell’Unione Sovietica. Impegnata nella costruzione del “socialismo in un solo paese”, la Russia di Stalin subordina la sua strategia internazionale alla difesa della propria posizione geopoliti-ca europea, anche quando si trova di fronte all’espansionismo giapponese in Manciuria e nella Cina del Nord. Il tentativo di rompere l’“accerchia-mento” da parte delle potenze “imperialiste” dà luogo a una serie di patti di non aggressione con le nazioni vicine dell’Europa orientale, che hanno lo scopo di ritardare la nascita di un blocco antisovietico. Ma il calcolo del Cremlino, intenzionato a far sì che l’ostilità inglese nei suoi confronti venga dirottata verso la Germania nazista, si rivelerà errato.
Nella pagina a fianco, giovani tedeschi salutano
il Führer. I discorsi di Hitler alle folle scandiscono l’ascesa
del nazismo, favorendo gli atti di violenza
delle formazioni paramilitari
nazionalsocialiste e i loro metodi terroristici
contro gli avversari politici.
“Giù le mani dalla Ruhr!” recita
il manifesto. Nel 1923 la Francia occupa la ricca
regione di confine tra i due paesi.
LA PACE IMPOSSIBILE16
L’AGGRESSIVITÀ GIAPPONESE IN ASIAAlla tensione politico-diplomatica tra Francia e Gran Bretagna da un
lato e Germania, Italia e Unione Sovietica dall’altro, si aggiunge l’accen-dersi di nuovi focolai di crisi in altre aree del mondo.
Duramente colpito dalla crisi del ’29, e con una brusca inversione di rotta nella sua politica estera, il Giappone sposta l’asse principale dei suoi commerci verso quei mercati asiatici che sono considerati uno spazio vitale per la creazione di una “sfera di coprosperità” in cui il Sol Levante aspira a estendere la sua influenza. Assorbita la Corea e ridottala al rango di co-lonia, nel 1931 il Giappone si impossessa militarmente della Manciuria – approfittando della scarsa autorità esercitata dal governo centrale cinese – e vi fonda uno Stato fantoccio (il Manciukuò) senza prestare ascolto alle intimazioni della Società delle nazioni, e infine abbandona questo organi-smo internazionale nel 1933.
La radicalizzazione in senso bellicista e imperiale del Giappone con-duce, dopo la firma del patto anti-Comintern con la Germania nazista in funzione anticomunista e antisovietica, all’invio 150.000 soldati che invadono il Nord del paese, neutralizzando la resistenza dei nazionalisti del Kuomintang capeggiati da Chiang Kai-shek e dei comunisti di Mao Zedong e impadronendosi di buona parte della Cina settentrionale, seppur a prezzo di perdite non trascurabili. A Shanghai e Nanchino saccheggi, distruzioni e massacri lasciano un saldo di 250.000 morti. Tuttavia, il Giappone non riesce a spezzare la resistenza cinese, attiva fino al 1945 e che darà vita a un fronte unito tra comunisti e nazionalisti, e commette l’errore di sottovalutare l’ampiezza di un conflitto che finisce per estendersi su un fronte di circa 3.000 km.
I giapponesi residenti a Pechino vi accolgono
festanti le truppe nipponiche; 1937.
LA PACE IMPOSSIBILE 17
L’espansionismo di Tokyo può contare su una debole risposta inglese e sull’isolazionismo di Washington e poggia su un esasperato nazionalismo, che sul piano interno vede il potere civile sempre più subordinato alle forze armate. Il Giappone ascende al ruolo di protagonista strategico nell’area del Pacifico e la sua aggressività trova un interlocutore diretto nella Germania – soprattutto nel ministro degli Esteri Joachim von Ribbentrop, che elabora la concezione di un “triangolo politico-mondiale Berlino-Roma-Tokyo” –, che punta anch’essa al ridimensionamento dell’imperialismo inglese.
IL FALLIMENTO DELLE DIPLOMAZIELe reazioni allo sgretolarsi dell’ordine postbellico sono esitanti. Di
fronte alla doppia minaccia della Germania nazista a ovest e del Giappone a est, l’Unione Sovietica sviluppa un nuovo approccio diplomatico, volto a prevenire la guerra attraverso la stipula di patti di non aggressione (con i paesi vicini dell’Europa orientale e con la Francia) e l’adesione alla Società delle nazioni nel 1934.
L’anno prima la Germania ha abbandonato questo organismo e av-viato il riarmo, come strumento principale di un radicale sovvertimento degli equilibri di Versailles e degli assetti europei sulla base di principi ideologico-razziali il cui nucleo è costituito da un antisemitismo radicale.
Una parata a favore del nazismo a Vienna nel maggio del 1938.
LA PACE IMPOSSIBILE18
La strategia hitleriana di lungo periodo è rivolta contro l’Unione So-vietica (la conquista dello “spazio vitale all’Est”), la Gran Bretagna (im-maginata come partner subordinato all’egemonia germanica sull’Europa) e gli Stati Uniti, visti come l’ultimo e più tenace avversario nella lotta per il “predominio mondiale”. L’opzione strategica del Terzo Reich di assegnare la priorità alla militarizzazione dell’economia e della società ha ripercussioni sia sul piano interno che su quello estero. Tra il 1936 e il 1939 la strada che conduce alla ricostituzione del grande Reich germanico passa attraverso una serie di tappe avviate con la soddisfazione delle riven-dicazioni territoriali e culminerà nell’aggressione alla Polonia. Nel marzo 1936 le truppe tedesche rioccupano la Renania, nel marzo 1938 l’An-schluss (annessione) dell’Austria alla Germania sancisce il controllo tedesco sull’area dell’Europa meridionale e sudorientale, mentre l’occupazione e lo smembramento della Cecoslovacchia (con il pretesto dell’accoglimento delle rivendicazioni della minoranza tedesca nei Sudeti) conducono al ritiro di Francia e Gran Bretagna dall’Europa centrorientale.
I LIMITI DELL’APPEASEMENTSe, visti retrospettivamente, l’espansionismo giapponese in Asia e la
politica di potenza tedesca in Europa sembrano le tappe di un’inesorabile marcia verso il baratro della guerra, così non è nella percezione di coloro che in Gran Bretagna, Francia e Stati Uniti ritengono che esistano ancora margini di negoziato per sventare il pericolo di un nuovo conflitto. Dopo la conferenza di Monaco (settembre 1938) inglesi e francesi sono convinti di aver posto un freno al revanscismo hitleriano con le concessioni sui
Retorica imperialista nella pubblicità di una
lampadina.
Ragazze austriache fanno regali
ai soldati tedeschi dopo l’Anschluss, 1938.
LA PACE IMPOSSIBILE 19
LA GUERRA D’ETIOPIAVoluta da Mussolini, malgrado la diffidenza del re e delle alte gerarchie militari, la campagna d’Etiopia manifesta quel po-tenziale aggressivo dell’Italia fascista in politica estera che fino a questo momento era sembrato limitarsi alla retorica propagandistica del regime. Ultimo Stato africano indipen-dente e membro della Società delle nazioni, l’Etiopia è retta dall’imperatore Hailé Selassié. Contando sul tacito assenso di Francia e Gran Bretagna, Mussolini assegna all’impre-sa africana un duplice scopo: aprire nuove possibilità di
insediamento per l’esuberante popolazione italiana e giocare con spregiudicatezza la carta del protagonismo sulla scena internazionale. Il 3 ottobre 1935 le truppe italiane varcano i confini del paese senza alcuna dichiarazione di guerra. Sul campo vengono schierati circa mezzo milione di uomini al comando del generale Pietro Badoglio; la campagna si con-clude con l’ingresso ad Addis Abeba nel maggio 1936. Bom-bardamenti aerei e uso di gas tossici contro villaggi e popo-lazioni inermi testimoniano il carattere spietato di operazioni belliche che segnano l’apogeo della popolarità interna del
fascismo. Mussolini proclama il ritorno dell’impero “sui colli fatali di Roma” e il re Vittorio Emanuele III assume il titolo di imperatore d’Etiopia. Que-sta ennesima sfida violenta agli equilibri di Versailles accentua la crisi delle diplomazie occi-dentali, porta l’Italia all’iso-lamento diplomatico e segna un ulteriore avvicinamento del regime fascista alla Germania nazista.
Soldati etiopi mostrano dei mezzi cingolati italiani catturati durante la guerra.
territori con popolazione tedesca circostanti il Reich (come i Sudeti). La politica di appeasement (pacificazione) delle democrazie occidentali – il cui alfiere è il primo ministro britannico Neville Chamberlain – viene però smentita dall’occupazione di Praga da parte della Germania nel marzo 1939. La conferenza di Monaco, che avrebbe dovuto instaurare un sistema nuovo basato sulla fiducia reciproca tra le quattro grandi potenze europee, fallisce il suo obiettivo.
Ormai appare evidente che la strategia di dominio continentale di Berlino non esclude affatto il ricorso alla guerra. Del resto l’alleanza tra fa-scismo e nazismo ha stravolto i trattati di pace del 1919, a partire dall’ag-gressione italiana all’Etiopia (1935-36), fino alla “prova generale” del conflitto con la guerra civile spagnola (1936-39), in cui Germania e Italia riforniscono di armi e truppe i ribelli franchisti, e al “patto d’acciaio” a carattere offensivo (maggio 1939) stretto tra le due dittature, con il quale Berlino riconosce gli obiettivi di espansione del fascismo nel Mediterraneo e al contempo ottiene mano libera nei suoi programmi di conquista a Est.
Gli equilibri internazionali palesano un’estrema fragilità, e la difesa della sicurezza collettiva si scontra con la radicata ostilità ideologica tra comunismo e capitalismo. La diffidenza reciproca tra le democrazie oc-cidentali e la Russia di Stalin rafforza in quest’ultima la convinzione che la sola contromossa praticabile per scongiurare il formarsi di un fronte “imperialista” in funzione antisovietica ed estendere il proprio controllo su ampi territori dell’Europa orientale sia, nell’estate del 1939, un accordo con la Germania che le consenta di salvaguardare temporaneamente la propria sicurezza.
Nella pagina a fianco, un soldato repubblicano
davanti alla Plaza de Toros, durante la battaglia di Teruel.
Chamberlain nel settembre del 1938, al
suo ritorno in Gran Bretagna sventola in
pubblico una copia del trattato di Monaco in cui Germania e Regno Unito
si impegnano a risolvere le future dispute in maniera
pacifica.
LA PACE IMPOSSIBILE 21
Spagna si gioca alla conferenza di Monaco, dove entrambi i contendenti esercitano le loro pressioni su quanti discutono il futuro della Cecoslovacchia. Senza altri aiuti esterni che quelli dell’Unione Sovietica e dei volontari delle Brigate in-ternazionali, e isolato dall’ipo-crita politica del non intervento francese e inglese, il fronte repubblicano è condannato alla sconfitta. Quando nel febbraio 1939 le truppe franchiste con-quistano la Catalogna, il desti-no della repubblica è segnato: oltre 400.000 rifugiati varcano il confine con la Francia. Il primo aprile Franco annuncia la resa del nemico. Ha inizio la dittatura franchista, che domi-nerà il paese fino alla morte del generalissimo nel 1975.
LA GUERRA DI SPAGNALa guerra civile spagnola, con le sue conseguenze internazio-nali, anticipa per taluni aspetti gli schieramenti che si affron-teranno nella seconda guerra mondiale. Il 17 luglio 1936 la guarnigione militare del Marocco, con a capo il generale Francisco Franco, si ribella al legittimo governo repubblicano di Madrid sostenuto dal Fronte popolare, la coalizione di partiti democratici vittoriosa alle ele-zioni del febbraio precedente. A differenza dello schieramento del governo in carica (minato da aspre contrapposizioni – soprattutto tra anarchici e co-munisti – che ne pregiudicano l’efficacia militare e la coesione politica), quello dei ribelli na-
zionalisti è tenuto saldamente coeso dallo spirito di “crociata” in difesa del cattolicesimo e dall’ostilità per la democrazia e per il programma di rifor-me sociali avviato dal Fronte popolare. Sconfitti alle porte di Madrid e nella battaglia di Guadalajara nel 1937, i nazio-nalisti rilanciano l’offensiva anche grazie ai massicci aiuti in uomini (il corpo di spedizione italiano conta migliaia di effet-tivi) e armi (tedesche). La Ger-mania invia un corpo d’aviazio-ne (la Legione Condor) che si distingue per i bombardamenti sulle città controllate dai re-pubblicani. Quando alla fine di settembre del 1938 si combatte la battaglia dell’Ebro, l’esito della guerra è ancora sospeso. E in buona misura il destino della
SCOPPIA IL CONFLITTO24
Dopo la crisi cecoslovacca il Terzo Reich vuole Danzica e il corridoio che separa la Prussia orientale dalla Germania. La corsa per la supremazia militare tedesca si gioca negli stretti margini che lascia il fattore tempo. Per Hitler si tratta di attraversare il più presto possibile quello “stretto corridoio” che spiana la strada verso il programma di realizzazione del Rei-ch millenario. Egli vuole sorprendere gli avversari con “guerre lampo” per eliminarne il potenziale militare prima che il loro riarmo sia completato. Perciò è essenziale combattere un solo avversario alla volta, per impedire che si riproponga lo scenario dei due fronti della guerra del 1914-18.
L’espansionismo del Reich verso l’area danubiana è supportato dall’in-teresse dell’industria tedesca di assicurarsi il controllo delle materie prime in quell’area dell’Europa. Nel discorso al Reichstag del 30 gennaio 1939, Hitler minaccia il “giudaismo finanziario internazionale fuori e dentro l’Europa” (il bersaglio sono gli Stati Uniti di Roosevelt): se esso avesse spinto i popoli verso la guerra mondiale, questa si sarebbe conclusa non con “la bolscevizzazione della terra e quindi con la vittoria del giudaismo, ma con l’annientamento della razza ebraica”.
ITALIA E GERMANIAIl patto anti-Comintern stretto dalla Germania con il Giappone non si
trasforma in un’alleanza effettiva. Il frutto raccolto dalle incessanti inizia-tive diplomatiche tedesche è il patto d’acciaio siglato il 22 maggio 1939 con l’Italia. L’Italia di Mussolini – acclamato in patria dopo la conferenza di Monaco come “il salvatore della pace” – conferma la sua vocazione
IL PATTO D’ACCIAIO Italia e Germania stringono il 22 maggio 1939 una vera e propria alleanza militare, che il ministro degli Esteri italiano Galeazzo Ciano non esita a de-finire “pura dinamite”. Il patto è inteso come un deterrente che avrebbe fatto piazza pulita del lassismo delle democrazie occidentali, definite sprezzante-mente dalla propaganda fascista “plutocratiche, massoniche e giudaiche”; esso include la clausola che se uno dei due fir-matari si trova impegnato in un
conflitto (offensivo o difensivo che sia) l’alleato deve schierarsi al suo fianco. Sanciti “gli stret-ti legami di amicizia e di soli-darietà tra l’Italia fascista e la Germania nazionalsocialista”, il patto d’acciaio prevede che: “Qualora gli interessi comuni delle Parti contraenti dovesse-ro essere messi in pericolo da avvenimenti internazionali di qualsiasi natura, esse entreran-no senza indugio in consulta-zione sulle misure da prendersi per la tutela di questi loro interessi. Qualora la sicurezza o altri interessi vitali di una delle
due Parti contraenti dovessero essere minacciati dall’esterno, l’altra Parte contraente darà alla Parte minacciata il suo pieno appoggio politico e diploma-tico allo scopo di eliminare questa minaccia. Se malgrado i desideri e le speranze delle Parti contraenti, dovesse accadere che una di esse venisse ad essere im-pegnata in complicazioni belli-che con un’altra o altre Potenze, l’altra Parte contraente si porrà immediatamente come alleata al suo fianco e la sosterrà con tutte le sue forze militari, per terra, per mare e nell’aria”.
“Chi compra da un ebreo tradisce
il suo popolo” si legge su un sottobicchiere tedesco per birrerie.
In apertura, la popolazione di Danzica
in festa saluta il Fuhrer. Il distretto di Danzica verrà conquistato dalle
armate naziste il 19 settembre del 1939.
Galeazzo Ciano, a destra, sottoscrive il patto d’acciao alla presenza di Adolf Hitler. In secondo piano, tra gli altri, si può vedere Hermann Göring, al tempo ministro dell’Aviazione e numero due del nazismo.
totalitaria che la affianca a Hitler: sono i caratteri costitutivi dello Stato fascista, oltre ai calcoli politici del duce, a spingere l’Italia verso una scel-ta di campo orientata alla guerra. Con la connivenza tedesca, nell’aprile 1939 l’Italia aggredisce l’Albania per dare il segno che sta mettendo a punto la sua macchina bellica ed è decisa a giocare un ruolo da “grande potenza”. Le scelte di Mussolini sono però il risultato di una valutazione degli avvenimenti a dir poco contraddittoria: legata a filo doppio l’Italia alla Germania, egli pensa di riuscire a contenere entro i canali della diplo-mazia l’esasperazione delle tensioni internazionali, assumendo un ruolo da mediatore che avrebbe ritardato l’impegno diretto dell’Italia in una guerra ritenuta ormai inevitabile.
GRAN BRETAGNA E POLONIA L’appeasement di Chamberlain prevede che si possano accettare le ri-
chieste tedesche, nella prospettiva di un nuovo ordine europeo che sosti-tuisca quello di Versailles con una collaborazione tra le quattro grandi potenze (Gran Bretagna, Francia, Germania e Italia) che escluda l’Unione Sovietica. Londra ha però nel contempo avviato un programma di riarmo e si prepara all’eventualità di una guerra. Il suo piano strategico si basa sulla sicurezza marittima – in primo luogo delle rotte atlantiche – e a tal fine è predisposta la riorganizzazione del suo arsenale aeronavale. Nel marzo 1939 la Gran Bretagna si fa garante dell’indipendenza e della sovranità della Polonia per fare da contrappeso all’espansionismo tedesco (e ciò in pratica vuol dire che in caso di attacco tedesco sarebbe scoppiata la guerra).