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GIOVANNI STURMANN La Qualità nei Servizi Educativi per la prima infanzia ________________________________________________________________________________ ________________________________________________________________________________ 2003 – diritti riservati pagina 39 di 121 Seconda Parte La Teoria
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La Qualità nei Servizi Educativi per la prima infanzia

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6 – Caratteri Nonostante che la tentazione sia contenibile a fatica, l’obiettivo di questa seconda parte non potrà naturalmente essere assimilabile alla realizzazione di una trattazione, neppure di taglio sintetico, concernente l’evoluzione del pensiero interdisciplinare in tema di intelligenza, educazione, sviluppo, apprendimento ed altre dimensioni parimenti critiche della storia delle civiltà umane conosciute. Fedelmente ai presupposti del lavoro però, una presa di contatto con certune correnti di simili pensieri è senz’altro necessaria ai nostri fini: in particolare quello che ci proponiamo di reperire e focalizzare con questa schematica intrusione tra le maglie della Pedagogia, della Psicologia e della Sociologia e persino di certa Filosofia degli ultimi 150 anni, sta da una parte nell’insieme dei concetti chiave che costituiscono, o sarebbe bene costituissero, i fondamenti teorici operativi dei servizi per la prima infanzia, e dall’altra nell’insieme dei possibili criteri di verifica che la teoria stessa ci renderà disponibili. Il reperimento di questi ultimi è, per i nostri scopi, fatto essenziale per l’individuazione di una qualche forma metrica, tollerabile e non eccessivamente riduttiva, che presenti soprattutto il carattere di significatività, di pertinenza centrale rispetto alla materia: se parleremo di sviluppo cognitivo, di caratteri che lo favoriscono o lo deprivano, vorremo il modo per poter valutare, nel corso del tempo che trascorre, a che punto ci troviamo, se ci siano o meno passi in avanti o se, almeno, vi siano progressi manifesti rispetto ad obiettivi prefissati. Se parleremo di processi educativi, vorremo altrettanto poter valutare la loro rispondenza ai fondamenti teorici, la loro aderenza in continuo ad essi; se parleremo di apprendimento, in qualche modo vorremo poter fissare numerosi istanti per verificarne lo stato di avanzamento, soggetto per soggetto, per capire quando e quanto la nostra opera di erogatori di servizi dedicati a questo scopo si dimostra rispetto ad esso funzionale, o addirittura irrinunciabile, e tutto questo senza il ricorso a test massificati e, in fondo, di sterile consistenza. Ci si renderà facilmente conto che nel prendere in esame la materia si è deciso di procedere, a titolo preliminare, ad una specie di selezione ragionata, tale da evitare dispersioni che potrebbero risultare fatali in termini di concisione, ed atta ad orientare verso le direzioni che ci appaiono preferenziali in tempi ragionevolmente contenuti. E’ ovvio perciò che molti approfondimenti si riveleranno necessari, indispensabili, per la corretta copertura dei numerosi sottintesi e delle approssimazioni espositive che il nostro approccio schematico, nuovamente articolato per processi, inevitabilmente produrrà ad onta degli sforzi, e per ognuno di essi quindi rinviamo alla consigliabile disamina delle fonti citate.

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6.1 – In The Backstage1 Ma prima di ogni altra discussione ci pare utile il tentativo di demarcare uno spazio, per così dire, limitato tra due posizioni estreme le cui tracce sono di antiche origini, sono forti e multiformi; bene o male entro i limiti di questo spazio giostrano quelle correnti, quelle scuole di pensiero che maggiormente gioveranno al nostro caso, per le motivazioni che saranno rispettivamente precisate a tempo debito. Ora, queste due posizioni limite prendono identità intorno ad una divaricazione tra due modi di intendere la conoscenza, e dunque il mondo, che è centrale, epocale diremmo, nella storia del pensiero dell’umanità: il razionalismo2 e l’empirismo3 che più o meno da 2500 anni vediamo sui piatti della bilancia, con alterne fortune, con altalenanti tassi di radicalità e assai rare ipotesi di conciliazione, appaiono due grandi sponde contrapposte su temi alla fine ben maturati ed evidentemente residenti fino nel profondo degli animi pensanti. Certi particolari aspetti dell’una e dell’altra visione sono quelli che servono ai nostri scopi.

Come si pensa? Come si conosce?

Sono in gioco i nostri rapporti con il mondo esterno: cosa ci raggiunge attraverso i sensi, in cosa traduciamo ciò che ci raggiunge, e come lo facciamo? Se pensiamo alle difficoltà che l’argomento presenta tutt’oggi, nonostante certe interessanti rotte intraprese negli ultimi 15 anni in materia di studio del funzionamento del cervello umano, o dell’organizzazione dell’intelligenza, la sua astrazione, la coesistenza del problema con l’intero decorso evolutivo delle civiltà umane per un tempo così lungo non può stupire. E’ d’uso attribuire la nascita della moderna Filosofia a Cartesio4, un padre del Razionalismo, pochi istanti prima che il contradditorio con l’Empirismo si stabilizzasse definitivamente senza in fondo trovare soluzioni di accordo.

Cartesio, a lungo indeciso se fare il soldato piuttosto che lo studioso, nonostante un Metodo fondato sul dubbio, nonostante una piena adesione alle visioni innovative della Rivoluzione Scientifica, pensa che l’intelletto contenga una gran quantità di idee innate, di principi razionali e universali, e che sia questo l’impianto che consente di organizzare quanto deriva dai sensi in tal modo edificando la conoscenza umana.

Ecco quindi i connotati del problema: innatismo o esperienza? In realtà tutto era cominciato molto prima e, se facciamo eccezione al limite temporale di 150 anni di Filosofia cui accennavamo poc’anzi, vale la pena ricordare ad esempio che Platone5 elaborò una prima teoria particolare sulla conoscenza6; una teoria secondo la quale, per l’impossibilità di risolvere la transizione che dai confini del mondo dei sensi in cui siamo costretti, ci consente l’accesso al mondo delle idee, che non dimentichiamo sono per Platone entità eterne, immutabili e trascendenti il mondo sensibile, è necessario chiamare in causa l’immortalità dell’anima e la reincarnazione7. Così un’anima prima di incarnarsi in un corpo si soffermerà nella contemplazione del mondo delle idee, apprendendole e mantenendole in stato latente una volta incarnata poiché, si sa, la nascita induce l’oblio di tutti i ricordi, ed è allora che servirà l’insieme delle circostanze favorevoli alla reminiscenza, date da un opportuno esercizio del proprio intelletto nel mondo sensoriale. Apprendimento: un’anima contemplativa; educazione: esercizio dell’intelletto nel mondo sensoriale per ricordare. Abbiamo dunque un primo mattone dell’Innatismo: l’uomo porta in sé stesso prima di qualsiasi esperienza, quindi fin dalla nascita, il bagaglio definito delle conoscenze, idee, principi, attitudini. Quella di Platone è forse solo la più antica tra le concezioni strutturate che affidano all’innatismo la risoluzione della conoscenza; certo possedere in modo innato idee, principi e attitudini significa saper distinguere in assoluto il

1 Letteralmente: nel retropalco. A differenza dalle quinte, introdotte fin dal XVI secolo per gli interventi di attori sulla scena senza essere visibili dal pubblico, il backstage, nella moderna accezione della musica d’avanguardia, è l’area retrostante al palcoscenico in cui i musicisti attendono il loro turno o, viceversa, in cui ritornano al termine della loro performance. 2 Zingarelli: 1 – qualsiasi indirizzo filosofico che si affidi ai procedimenti della ragione. 2 – dottrina filosofica in base alla quale la ragione rappresenta la condizione necessaria ma non sufficiente di ogni conoscenza. 3 – convinzione radicata della superiorità del ragionamento astratto sull’intuizione. 3 Zingarelli: indirizzo filosofico secondo il quale tutti i dati della conoscenza derivano direttamente o indirettamente dall’esperienza che viene pertanto assunta come unico criterio di verità. 4 Renè Descartes, Le Haye 1596 – Stoccolma 1650. 5 Atene 427-347 a.c. Come tutti sanno devoto allievo di Socrate, fondatore nel 387 della prima scuola di filosofia di cui si abbia notizia: l’Accademia che accolse nel 367 Aristotele, a soli 17 anni. 6 Nell’opera Menone, lo schiavo debitamente stimolato a ricordare la dimostrazione del teorema di Pitogora senza averlo mai conosciuto. 7 L’opera specificamente dedicata a questo tema è il Fedone.

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bene dal male, significa sapere che esiste Dio senza doverlo dimostrare e significa, soprattutto, che simili conoscenze debbono avere tenore universale, valido per tutti ovunque, altro non possono essere che verità assolute. E’ questo, soprattutto nella più raffinata e apparentemente inamovibile versione offerta da Aristotele, un ottimo terreno per lo sviluppo dei valori e delle posizioni religiose ed etiche fondanti del consolidamento del potere della Chiesa, attraverso successive e ulteriori riedizioni e perfezionamenti maggiormente mirati in cui troveremo naturalmente Dio come entità dispensatrice delle idee che sono da ricercare non più, come Platone pensava, in una dimensione lontana dal mondo sensoriale, ma esattamente dentro noi stessi8. E’ noto a tutti che il problema religioso per lungo tempo rimarrà assorbente rispetto a quelli che costituivano i tradizionali campi di studio filosofico, e questo ci pare coincidere con l’innegabile maturazione e rafforzamento dei contenuti della cristianità, molto ramificata e radicata a tutti i livelli delle società nonchè, ben presto, caratterizzata dal crescere della dimensione temporale della propria autorità. La dottrina Scolastica è quella che maggiormente si erge in suo sostegno. Ma è soltanto dopo aver travalicato l’epoca umanistica e rinascimentale che si fanno strada pensieri innovativi, alternativi e, con ciò stesso, potenzialmente distruttivi rispetto alla staticità e alla quiete delle filosofie acquisite. Ci vorrà la scoperta dell’America, l’intero periodo della Rivoluzione Scientifica per dare la prima fatale spallata all’universo così come era conosciuto, ancora quello aristotelico. Copernico9 senza poterlo dimostrare mette il sole al centro del Sistema in luogo della terra, inaugurando una nuova epoca non tanto per l’ipotesi in sé stessa10, tra l’altro ancora frammista di elementi medievali, quanto per il duro colpo ai rapporti dominanti tra teologia e scienza, per il grande esempio che fornisce in materia di libertà di espressione e, prima ancora, di pensiero. Come sappiamo la conferma dell’ipotesi di Copernico toccherà a Galilei11, che non si ferma e propone un equilibrio tra Ragione ed Esperienza attraverso il suo famoso Metodo Scientifico: senza timori nasce una scienza della natura, la Fisica moderna. Istintivamente ci aspetteremmo a questo punto che ad ogni passo in più compiuto dalla Scienza, che ineluttabilmente cresce intorno all’esperienza, corrisponda una nuova incrinatura sul versante delle cose innate di provenienza superiore, ma sarebbe troppo facile. Quando puntualmente scopre la gravitazione universale, teorizza la natura corpuscolare della luce e la natura composta della luce bianca, Isaac Newton12, mentre rifinisce il metodo scientifico con l’introduzione di giusti equilibri tra induzione e deduzione e mentre rivendica il peso dell’esperienza in aperto contrasto con Cartesio, è preoccupato dal pericolo che questi sviluppi possano indurre visioni atee del mondo; a lui pare piuttosto di scorgere un ordine cosmico probante la necessità di un artefice divino . Sarebbe appunto troppo facile, si diceva, la Filosofia s’è fatta oramai regno dell’intersezione di grandi temi, che non sono più trattabili settorialmente. La discussione che si svolge a distanza tra John Locke13 e Gottfried Wilhelm Leibniz14 sulla materia, assume infine, dal nostro punto di vista, un carattere emblematico perché, seppur distinta per il tono pacato e signorile, tipicamente non condurrà ad alcuna risoluzione. Locke è fermamente un’empirista, ritiene che alla nascita la mente umana sia davvero una tabula rasa che attende dai sensi di essere riempita; ci formeremo piano piano delle idee, d’altra parte non oggettive di per sé ma, seppur probabili, in ogni caso relative. Leibniz ragiona in base alle monadi, entità che più o meno chiaramente sono in relazione speculare con l’universo, che percepiscono grazie al fatto che contengono già in sé tutte le proprietà e le relazioni. Le monadi sono distinte e si relazionano grazie all’intervento divino. Per Leibniz, il ragionamento attinge da idee innate, non necessariamente disponibili per tutti e che per questo risultano somiglianti ad attitudini attivabili dall’esperienza15.

8 Sant’Agostino, Tagaste 354 – Ippona 430, nel suo De Immortalitate Animae. 9 Torùn, Pomerania 1473 – Frombork, Prussica Orientale 1543. Soltanto dal letto di morte, nel 1543, Copernico accetta di far pubblicare le sue nuove teorie, osteggiate dalla cristianità nel suo insieme, con l’opera De Revolutionibus Orbium Coelestium. 10 Il pitagorico Aristarco di Samo nel terzo secolo a.c. l’aveva già teorizzata. 11 Pisa 1564 – Arcetri 1642. Nel 1609 costruisce il cannocchiale con il quale compie osservazioni a conferma delle ipotesi copernicane. 12 Woolsthorpe 1642 – Kensington 1727. Nel 1669 la Gravitazione Universale disarma, tra gli altri, anche il maestro di Newton, Isaac Barrow che resosi conto delle straordinarie qualità dell’allievo gli cede la cattedra. Oltre che noto per i motivi che sappiamo, Newton coltiva passioni inattese, quali l’alchimia e lo studio della Bibbia. 13 Bristol 1632 – Oates 1704. Autore, tra l’altro, del Saggio sulla Tolleranza nel 1667, con cui prende posizione contro l’assolutismo monarchico. 14 Lipsia 1646 – Hannover 1716. Noto in matematica per la scoperta del calcolo infinitesimale, per la quale subì infauste accuse di plagio dai seguaci di Newton. 15 Questa concezione è nota come Innatismo Virtuale.

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John Locke attacca l’innatismo frontalmente, pensa a Cartesio ed ai neoplatonici inglesi, propone dovizia di dissertazioni16 in un certo senso empiriche esse stesse, permeate di evidenza da senso comune e corroborate sovente dai nuovi riscontri che solo in quell’epoca di esplorazioni e scoperte in giro per i nuovi mondi si rendono disponibili. La confutazione dell’innatezza delle idee di bene e male, ad esempio, ora si rende possibile osservando come i due concetti trovino significati diversi presso popoli diversi; non c’è quindi alcun carattere di universalità in essi e ciò vale per la stessa idea di Dio, ora che scopriamo popoli lontani che vivono con credenze e miti tra i più diversi. Leibniz però lo avvisa, l’innatismo non è quello contro cui Locke combatte: nessuno ha mai detto che si nasca con le idee già in testa, bensì con elementi di potenzialità17, concetto questo che, per quanto vago e generale, varrà certo la pena di non scordare. Da qui innanzi la storia addenserà innumerevoli evoluzioni di entrambe le dottrine, sempre più rifinite, dettagliate, profonde e articolate, ma certo non sarà per questo il caso di aspettarsi soluzioni veramente capaci di accordare ragione ed esperienza con la piena soddisfazione di tutte le parti in causa. 6.2 – La Posizione di Partenza

E a proposito di traumi, sicuramente deve essere stato un bel colpo per l’opinione pubblica del 1859 il giorno dell’uscita di un’opera intitolata L’Origine della Specie; l’edizione andò esaurita nelle prime 24 ore.

Qualcosa era nell’aria, c’era attesa. Charles Darwin18 era uno scienziato metodico come appare a questo punto logico aspettarsi, e il suo lavoro era

zeppo di dati, informazioni e riscontri sistematici. Già molto noto per i diari pubblicati successivamente ai suoi famosi 57 mesi di navigazione nelle acque

sudamericane e del Pacifico 19, Darwin lavorava alla sua opera sull’evoluzione da 3 anni. Dopo più di 2000 anni di civiltà occidentale, se mai esisteva una sola certezza sopravvissuta alle vicissitudini

dei contenziosi filosofici questa era appunto l’idea della specie umana invariante, l’ultimo baluardo della centralità dell’Uomo per le dottrine religiose, e ora Darwin buttava tutto a mare.

Per certi aspetti, ma è Scienza, la sua teoria è rude. L’Ambiente è lo strumento di selezione naturale, che può d’altra parte favorire certe modificazioni fortuite che

insorgono all’interno di una specie: tra esse, quelle più vantaggiose in termini di conservazione nella lotta per la sopravvivenza saranno oggetto di trasmissione ereditaria.

Il processo è fondamentale poiché fa sì che ogni specie tenda al proprio perfezionamento. E’ uno sgretolamento non tanto della teoretica preesistente, del razionalismo o dell’empirismo, quanto degli

schemi di ragionamento convenzionali con cui l’umanità aveva creduto di procedere imperterrita. L’innatismo dunque perde senso se, come è ovvio, non potremo che trovare nella discendenza qualcosa di

preformato che non si limita all’estinzione delle pinne in favore dei piedi, ma arriva fino al senso etico e sociale nella misura in cui esso può sublimare l’atavico istinto di solidarietà e di cooperazione nel gruppo, se è vero che questo abbia facilitato la buona sopravvivenza nel duro Ambiente.

Le polemiche sull’opera di Darwin furono estreme. Con l’uscita nel 1871 del trattato complementare L’Origine dell’Uomo, per molti vacilla l’idea di un Disegno Divino, di un fine ultimo di ordine superiore; appare in pericolo qualsiasi posizione creazionista.

E’ Herbert Spencer20 a tentare la traslazione dell’evoluzionismo darwiniano dalla biologia alla filosofia; con la sua teoria anche l’empirismo è alle corde: i dati dell’esperienza in fondo sono poca cosa, la loro organizzazione avviene in strutture psichiche preesistenti, preselezionate e conservate ereditariamente, che rivelano dell’esperienza acquisita dalle generazioni antenate.

Queste strutture saranno quindi a priori per l’individuo attuale, a posteriori dal punto di vista della specie.

16 L’opera è il Saggio sull’Intelletto Umano, del 1690. 17 Leibniz fa un commento puntuale al Saggio di Locke nel suo Nuovi Saggi sull’Intelletto Umano, pubblicato postumo. 18 Shrewsbury 1809 – Down, Kent, 1882. Darwin fece le corse per non essere anticipato dal naturalista inglese Alfred R. Wallace (1823-1913) che aveva già diffuso alcune pubblicazioni basate su idee assai simili. Il suo trattato sarà riedito ben 6 volte con Darwin in vita. 19 Viaggio di un Naturalista intorno al Mondo, 1839. 20 Derby 1820 – Brighton 1903, evoluzionista dal 1839 ritenuto dallo stesso Darwin un suo precursore.

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6.3 – Sulla Strada

“… se fossimo bambini potremmo arrampicarci, afferrare cornacchie nel sonno, senza spezzare un solo ramo

e dopo l’ascesa potremmo sbucare oltre le foglie

e restare incantati delle immancabili stelle…”21

INTERAZIONEIndividuo / Ambiente

Metodologie Didattiche

Mentalismo(innatismo)

Cognitivismo

Comportamento = Prestazionedell'Apprendimento ?

Associazionismo Elementi semplici e

invariabili si associano in base a leggi di contiguità spazio-

temporale

Razionalismo idee innate

Gestalt Psicologia della

Forma

PsicoanalisiInconscio

Spontaneità dellavita pulsionale

Freud (1856-1939)

Strutturalismo Costruttivista

Piaget (1896-1980) Fasi di Sviluppo organizzazione di

variabili interdipendenti

Teoria del Campo Lewin (1890-1947)

Ecologia delloSviluppo

Bronfenbrenner ()

Dewey (1859-1952) Educazione Progressiva

Pedagogia: Scienza Sperimentale

cultura democratica libero sviluppo

AMBIENTE Selezione Naturale

Adattamento Evoluzione Strutture Psichiche

Conservate Darwin (1809-1882)

Spencer (1820-1903)

Intelligenze Multiple Gardner ()

Bruner (1915)

Insegnamento = migliorare lecapacità intellettuali per

interpretare e padroneggiare larealtà

Strutturalismo Didattico

FunzionalismoInsieme Strutturato di

Funzioni orientateall'Adattamento

Interazioni tra ProcessoStorico - Culturale e

Sviluppo

Vygotskij (1896-1934)

Empirismo Esperienza

ComportamentismoComportamento

OsservabileBlack Box

Concatenazioni S-RPavlov (1849-1936)

Hull (1884-1952)

Teoria Sistematica delComportamento SOR

Condizionamento Rispondente (classico)

Condizionamento Operante

Idealismo Hegel

Materialismo

Psicologia della Forma

Psicologia Sociale

Psicologia Sperimentale

(1919) Wundt

Introspezione

Fig. 12

Relazioni di influenza, contrasto, convergenza nell’insieme non ordinato degli elementi di studio su intelligenza, apprendimento, comportamento, sviluppo dell’individuo e interazioni con l’ambiente.

Abbiamo tentato di raccogliere nella figura, un po’ in stile brainstorming, una quantità di elementi nevralgici per la sintesi di una posizione finale di carattere teorico di merito. L’impresa non è ovviamente semplice e l’insieme non può che essere parziale, sacrificando una miriade di differenziazioni pur sempre degne di rappresentatività, per le quali rimandiamo a testi specifici.

21 Da Being But Men (non essendo che uomini), di Dylan Thomas (1914-1953) da Poesie Inedite, Giulio Einaudi editore. Thomas è stato poeta di inestimabile valore, da Swansea nel Galles.

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Ci interessa per il momento notare che l’impatto evoluzionista su gran parte delle scienze moderne è indubbiamente consistente; diremmo che il dualismo storico tra innatismo ed esperienza alla fine viene superato con un salto oltremisura, quasi fosse stato del tutto risibile l’aver speso secoli in futili argomentazioni sulle prevalenze di questo o di quel punto di vista. Di colpo fa la sua comparsa, e dalla porta principale, l’idea di un ambiente entità decisiva, addirittura fatale in certi casi, essendo in grado di indurre niente meno che l’estinzione di una specie. Da qui una sensibilità nuova nei confronti di un fattore che, vedremo, si arricchirà rapidamente di connotati essenziali e costruttivi, fino a diventare paritariamente concorrente alla definizione stessa di individuo, fatto alla fine più delle sue interazioni col contesto che di altro. L’insieme degli elementi rappresentato in Figura12, dicevamo, è parziale ma può offrire una visione, anzi una percezione tanto per entrare in tema, della complessità della rete di azioni e reazioni, di influenze evolutive e di contrasti, tipica del campo di indagine che vogliamo osservare; esistono ancora posizioni di rottura, divergenti, più o meno diametrali, o semplicemente consonanti solo per qualche aspetto e non per altri: di alcune di esse, che ci paiono le più significative, ci accingiamo quindi ad offrire una interpretazione. 6.3.1 – Funzionalismo e Comportamentismo Effetti piuttosto radicali dell’impatto evoluzionistico si individuano, per cominciare, in queste due correnti che presentano tra loro una certa consequenzialità. Il Funzionalismo22 , che si ispira tra gli altri al lavoro del filosofo inglese John Stuart Mill23 interpreta la vita psichica come un insieme strutturato di funzioni, delle quali va colta la modalità operativa, il bisogno a cui rispondono, il fine che perseguono, piuttosto che sviluppare l’indagine dettagliata sui loro elementi costitutivi. Quello che genera un comportamento è quindi un processo globale, ogni funzione del quale si definisce in termini di motivazione, stimolo e risposta. Il comportamento umano è adattivo e questo carattere è talmente prioritario che persino le emozioni sono trattate in termini di adattamento e disadattamento. Il Funzionalismo conferisce notevole importanza alla sperimentazione e nel suo ambito nascono la psicometria24, per la valutazione e la misurazione dell’intelligenza tramite test reattivi graduati, e l’equazione d’Intelligenza25, di particolare successo specialmente negli Stati Uniti. Il pragmatismo tipicamente americano, tradizionalmente poco incline ai mezzi toni, è lo sfondo per l’avvento del Comportamentismo26, scuola indubbiamente figlia degli schemi funzionalistici sia per la propensione al testing che per l’orientamento allo studio esclusivo del comportamento, reazione esterna osservabile prodotta da processi che non è possibile indagare: il cervello resta una black box. All’interno di una logica stimolo-risposta, la scuola studia i riflessi (condizionati) come elementi primari a livello fisiologico, come unità analitiche, ereditando in tal modo qualcosa delle idee atomistiche dell’Associazionismo da una parte e, dall’altra, la logica operativa delle connessioni SR sviluppata dal russo Ivan Petrovic Pavlov27. Gli esperimenti sulle connessioni SR sono voluminosi ed incontrano pienamente le attitudini applicative dei comportamentisti; il loro contributo in tema di documentazione di laboratorio è riconosciuto da tutti, anche dalla psicologia moderna. Se in una volta sola pensiamo alle ipotesi relative ad elementi semplici e invariabili che si associano in base a leggi di contiguità spazio-temporale, caratteristiche dell’Associazionismo, ed alle ipotesi dei comportamentisti, per cui solo il comportamento, come estensione finale di un processo complesso, è degno di esame, saremmo indotti quasi spontaneamente a rinviare le prime ad una specie di innatismo, e ad un radicale empirismo le seconde; ma in questo momento è più illuminante osservare come entrambe manifestino un comune carattere di autoesenzione dall’affrontare l’epicentro del problema: qual è la natura di questo complesso processo di base, come avviene la trasformazione di stimoli esterni in comportamento?

22 William James (1842-1910) è il caposcuola tradizionalmente riconosciuto di questa corrente. 23 Londra 1806 – Avignone 1873. La sua opera principale è Il Sistema di Logica Induttiva e Deduttiva del 1843, anche se è probabilmente molto più rinomato nell’opinione comune per gli scritti sui diritti delle donne. 24 Per merito del francese Alfred Binet (1857-1911). 25 QI = età mentale / età cronologica, con età mentale: quella rilevata in funzione dei quesiti superati dal soggetto. 26 Il Behaviorismo è fondato ufficialmente nel 1913 da John Broadus Watson (1878-1958), che pubblica il manifesto della scuola Psycholgy as the behaviourist views it (la psicologia come la vede un comportamentista). 27 1849 – 1936. Pavlov applica metodi della fisiologia allo studio di processi psichici.

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In un contesto quindi in cui, si noti, gli influssi ambientali dal pretesto adattivo iniziale si riducono semplicemente a contribuire alla diversificazione individuale, essendo i processi di apprendimento una loro funzione, in effetti a quanto sembra, il Comportamentismo mirava da un’altra parte.

Era molto più interessato a studiare il comportamento per catalogare le reazioni, per ottenere raggruppamenti rispetto a tipologie diversificate di stimoli sperimentati, muovendosi, in altre parole, verso l’esigenza meccanicistica di prevedere i comportamenti umani, secondo il modello tutto sommato ancora funzionalista e, in modo estremizzato ancora evoluzionistico, di continuità tra uomo e animale. Tentiamo una rappresentazione del processo di condizionamento di Pavlov, quello nella versione cosiddetta classica o di condizionamento rispondente28, seguendo l’idea della connessione SR. Riteniamo infatti che possa giovare ad una valutazione finale relativa alle teorie comportamentiste.

Imitazione di Modelli

Definizione RispostaGenerazione Stmolo

Modifica Risposta

Rinforzo

Effetto Risposta

[ piacere (ricompensa) ]

[ dolore (punizione) ]

stimolo

risposta rispostaconfermata

rispostamodificata

Combinazioni Semplici

Risposte Acquisite

associazionerinforzata

Fig. 13 – Processo di Condizionamento Classico Il funzionamento è evidentemente imperniato sul dualismo ricompensa-punizione, che determina una conferma del comportamento adottato o piuttosto una sua modifica. All’iterarsi del processo si potrà contare, a parità di stimolo, su una specie di capitalizzazione delle risposte acquisite in forza dei successi precedenti, che lascia intendere una possibilità di efficientare il processo nel suo insieme, vista l’opportunità di avvalersi di scorciatoie verso la definizione della risposta successiva. Francamente, osservando la struttura e la semantica del processo descritto, avvertiamo difficoltà ad individuare la necessaria parentela tra un meccanismo di questo tipo e una qualunque idea di apprendimento di alto livello.

Il processo è piuttosto rivelatore di rischi concettuali, come il pericolo, per non dire la tentazione, di scivolare ben presto in un’ottica manipolativa e di controllo sui comportamenti, che riteniamo sia assolutamente da bandire.

28 Più avanti Clark Leonard Hull (1884-1952) elabora la Teoria Sistematica del Comportamento S-O-R, con la quale introduce il concetto di variabili intervenenti, con funzione di collegamento tra input (S) e output(R). A Burrhus F. Skinner (1904-1990) si deve invece l’introduzione del condizionamento operante che si estende anche ai comportamenti spontanei, non prodotti da stimolo.

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6.3.2 – La Psicoanalisi Le critiche alla teoria psicanalitica di Sigmund Freud29 sono conosciute e inerenti primariamente la non dimostrazione scientifica di buona parte degli elementi cardinali. Non nascondiamo peraltro di nutrire nei suoi confronti, sin dall’epoca giovanile, un profondo rispetto e una probabilmente malcelata simpatia, dovuta forse al senso di apertura di un orizzonte dall’indubbio fascino, quandanche disteso attraverso l’analisi di una forse eccessiva quantità di casi patologici. Freud è un deciso oppositore delle teorie comportamentiste, come si capisce facilmente dall’approccio quasi diametrale rispetto ad essi; entriamo ora a piene mani nella scatola nera e non solo, entriamo in quello che può essere il suo comparto più misterioso e inaccessibile, l’inconscio. Nel bene e nel male, non potremo più pensare che il comportamento sia opera unicamente di coscienza, la nostra dimensione mentale in chiaro, dovremo arrenderci ad una complessità davvero superiore che se da una parte ci preoccupa, dall’altra in un certo modo ci riporta nella più familiare posizione di esseri umani contorti e complicati.

Libido Istinto di Sopravvivenza Istinto di Morte

Energia Biologica

CATHEXIS

pulsione sessualedalla nascita

fame / sazietàpiacere / dolore

Istinto di Conservazione dell'IOaggressività

autodistruzione

pensieri, azioni,oggetti, persone

Fig. 14 – Pulsioni, Energia Biologica Non potremo che limitarci a qualche tinta impressionista in materia freudiana come in altre successive. Ma ugualmente confidiamo che una certa visione complessiva dell’impianto teorico negli aspetti che ci interessano risulti comunque ottenibile e utilizzabile. La figura inquadra un principio di fondo della psicoanalisi di Freud, basato sull’esistenza di elementi pulsionali che, come vediamo, sono individuabili in modo differenziato e sono concorrenti alla definizione delle forme di un’Energia Biologica tale da obbligare ad investimenti in pensieri, azioni, oggetti, persone. Non è più interessante, a questo punto, misurarsi sulla somiglianza all’innatismo, ma certo questo impianto gode di una propria spontaneità sufficiente per sottrarsi alla meccanica di una relazione stimolo-risposta più o meno banale. Il comportamento non può essere quindi oggetto di una determinazione quasi aritmetica e ci piace scoprire, in questa sede, che su di esso abbiano influenza anche i nostri desideri e le nostre fantasie. 29 1856-1939. Freud era ebreo, nel 1938 con l’annessione nazista dell’Austria, abbandona Vienna, la sua città natale, per riparare a Londra dove morrà. Le sue opere sono numerose, note a tutti, e largamente diffuse.

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L’Energia Biologica, pulsionale, è immagazzinata secondo Freud nell’unica struttura psicologica con cui si nasce: l’Id o Es.

ID (Es)Super IO

IO (Ego)Mediazione

Conflitti

Coscienza Morale

Senso di Colpa

Principio del Piacere - procrastinazione del piacere - adempimento responsabilità - identificazione con l'immagine idealizzata dei genitori

ANSIA

Sviluppo Sintomi

Sviluppo Meccanismi diDifesa

[ fallimento ][ successo ]

Allontanamento CauseAnsiogene da IO

desideri inconsci rimossi

- regressione - formazione reattiva- isolamento - proiezione - introiezione - autopunizione- sublimazione

Principio di Realtà

- attutudini - desideri appresi - paure - controllo - linguaggio - senso di sè (identità) - giudizio - pensiero - riflessione

EnergiaPulsionale

impulso

Fig. 15 – Strutture Psicologiche Oltre alle Strutture Biologiche la figura tenta, in effetti, di richiamare alcuni dei processi che possono attivarsi in determinate condizioni. Il Super Io si configura intorno ai 5 – 6 anni di età con caratteristiche di contraltare rispetto all’Id, essendo luogo d’origine della Coscienza Morale e del Senso di Colpa, e quella che si crea è una specie di competizione che genera tensione e richiede interventi di mediazione.

Il ruolo dell’Io o Ego è appunto questo: da tempi ancora precedenti al formarsi del Super Io, la Struttura, che si muove in base ad un Principio di Realtà estremamente sfaccettato, svolge grandi attività di compromesso sulle pulsioni, attività che saranno ora maggiormente complicate, e che non necessariamente andranno a buon fine.

Vediamo che in condizioni di insuccesso dell’interazione complessiva tra le tre strutture, esiste secondo Freud un percorso che apre problematiche diverse, un insieme di sottoprocessi, diremmo noi, a loro volta di alta complessità, che direzionano il flusso verso territori di ansia, meccanismi di difesa, somatizzazioni ed altri elementi tipici del campo di osservazione tradizionalmente freudiano.

In questo processo quindi la risoluzione dei fallimenti nella mediazione dell’Io ha sempre un prezzo che si paga per non lasciare via libera a conflitti con la Realtà e, secondo Freud, questo non soltanto è tipico di situazioni all’origine di patologie ma, di fatto, sussiste pienamente nella dicotomia tra la parte cosciente dell’esperienza adulta e la rimozione delle esperienze dell’infanzia.

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Le tre Strutture Psicologiche trovano quindi una univoca corrispondenza con altrettante fasi di sviluppo, con

periodi della crescita dell’individuo, e si delinea una prima distribuzione degli elementi più cruciali in gioco.

Fase orale (neonato)

Fase anale (2,3 anni)

Fase Fallica (5 anni)

Periodo Latenza (6-12 anni)

Fase Genitale (adolescenza)

INFANZIA

piacereattività orale

aumento sensibilità zona analeaumento aggressività

interesse organi sessualiconflitto edipico identificazione con genitore proprio sesso nascita SuperIO

CATHEXISsu oggetto amoroso dell'altro sesso (riproduzione)

Fig. 16 – Fasi di Sviluppo L’insistita connotazione nei termini della sfera sessuale che vediamo trasversale ad ogni fase, fù ulteriore

elemento destabilizzante, ulteriore pretesto critico e scandalistico nelle reazioni dei contemporanei di Freud, ma è peraltro uno dei capisaldi della sua teoria. Freud sostiene infatti che la componente libidica permea l’intera esistenza dell’individuo a partire dalla nascita ed avverte, ed in questo non ricordiamo precursori, che in tutti i casi il vissuto infantile, particolarmente fino ai 5 anni circa, condizionerà irreversibilmente il resto della vita, e sarà bene quindi chi si sappia far fronte alle responsabilità che questo comporta. 6.3.3 – Strutturalismo Avremo ampiamente modo di notare che, d’ora innanzi, l’esigenza di fornire una definizione più o meno dettagliata del processo di sviluppo, tramite la individuazione delle fasi salienti, diverrà una costante. Noteremo che l’idea di un intervallo di tempo infantile al termine del quale una gran parte dei giochi sono fatti indelebilmente, non solo costituirà fondamento delle analisi ma anzi produrrà una compressione dell’intervallo stesso verso un limite sempre più ravvicinato all’istante di partenza, con la conseguenza di riconoscere un’importanza sempre maggiore alla primissima età dell’esistenza.

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Se da una parte il lavoro di Freud nasce e si sviluppa con la determinazione precisa di entrare nel cuore della materia, di studiare le strutture della mente e non solo gli effetti del loro incessante lavorìo, non possiamo evitare di osservare che il quadro generale che ci offre è in ogni caso parziale rispetto al ruolo dell’esterno. Avremo infatti modo di osservare che, d’ora innanzi, il processo evolutivo dell’approccio alla materia fornirà una individuazione incrementalmente sempre più raffinata e puntuale dell’Ambiente, delle relazioni in continuo divenire che con l’Ambiente ognuno di noi stabilisce, istante per istante. Anche la considerazione di questi fattori, costituirà, d’ora innanzi, un’esigenza ulteriore e costante. Se messi di fronte ad un sistema la cui comprensione sia indispensabile, ne riconosciamo il carattere strutturato, ovvero pensiamo di scorgerne una intelleggibile scomponibilità in sottosistemi interagenti, ed eventualmente per ciascuno di questi ci sembra di poterne confermare la stessa proprietà, e se inoltre nel frattempo ci siamo convinti che questo sistema si modifichi in base ad influenze esterne e vieppiù esso stesso influenzi e modifichi l’esterno, allora saremo inevitabilmente interessati a spiegarci l’organizzazione di tutte le variabili in gioco, interne al sistema ed esterne, ed a capirne le interdipendenze. Potremmo anche fondare una scuola Strutturalista.

Ambiente

accomodamento

assimilazione

Schemi di Conoscenza

Evoluzione delleStrutture d'Insieme

esperienze strutturacognitiva

comportamento operativo

nuovo elemento

Schemi di ConoscenzaModificati

Schemi da Modificare

Schemi da Utilizzare

Fig. 17 – Interazione Attiva tra Bambino e Ambiente A Jean Piaget30 dovremo numerose concezioni fondamentali, anche sul piano operativo, di cui sarà necessario fare tesoro, con l’avvertenza che non sarà comunque lui il miglior portavoce sulle tematiche relative al ruolo ambientale nello sviluppo. D’altra parte il processo nella figura, che tratta esattamente di Interazione tra Bambino e Ambiente, esibisce grosse novità in preludio alla dettagliata analisi che Piaget svolge in merito alle fasi di sviluppo: quello che vediamo infatti è, per la prima volta, indiscutibilmente somigliante ad una situazione decisamente dinamica in cui l’individuo, che dispone di determinati meccanismi di elaborazione, non è però meramente vittima di influssi esterni benevoli o malevoli che si voglia, ma al momento di evolvere al livello del perfezionamento delle proprie strutture cognitive d’insieme determina una ricaduta sull’ambiente stesso, come è in fondo ovvio che sia.

30 1896-1980. Di Piaget ricordiamo in particolare La Nascita dell’Intelligenza nel Fanciullo del 1936, ma soprattutto Lo Strutturalismo del 1968, affiancato da un ampio lavoro di revisione di sé stesso, testimoniato da innumerevoli articoli prodotti nell’ultimo decennio della sua vita, dall’interno del Centro di Epistemologia Genetica da lui stesso fondato, rivolti ad una valutazione più marcata e puntuale dell’ambiente nel processo di evoluzione dell’intelligenza umana.

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Questa ricaduta, una determinazione dell’ambiente da parte dell’individuo, è l’elemento che chiude il ciclo rendendo il processo di tipo continuo, iterativo, senza terminazione come abbiamo cercato di rendere percepibile a colpo d’occhio nella figura. Gli stessi meccanismi di elaborazione quindi, fondati sulla capacità di modificare i propri schemi di conoscenza consolidati, sono a loro volta frutto del processo di interazione con l’ambiente e poco importa che potessero essere disponibili in una qualsivoglia forma primitiva a priori, in modo innato. Che ci siano attività di elaborazione all’interno di un organismo, piuttosto che meccanismi più o meno elementari per la generazione di risposte, è cosa che fa la differenza: l’averlo riconosciuto ha procurato a Piaget, in psicologia, la collocazione tra i precursori del Cognitivismo31. Ma il fatto è che a questo punto si azzera la legittimazione a non curarsi dell’ambiente circostante l’individuo in sviluppo, non è più ammissibile agire incautamente nel suo intorno: assistiamo al maturare della consapevolezza sulle eventualità di determinare contesti possibilmente di maggior favore allo sviluppo. Piaget ripesca l’adattamento come target, come modello di equilibrio perseguito in modo evidentemente attivo; definisce il dualismo degli strumenti dell’accomodamento e assimilazione, sottesi dalle abilità invarianti di conservazione e di reversibilità, la capacità di ripristinare uno stato operazionale precedente. L’adattamento è quindi null’altro che uno stato di equilibrio dinamico in perenne alterazione orientato funzionalmente alla risoluzione di problemi e al confronto con le nuove circostanze. Nel modello basato su assimilazione, accomodamento ed equilibrio, l’assimilazione trova corrispondenza nella ripetizione, nel tentativo di adattare gli schemi di conoscenza già noti alla nuova situazione; l’accomodamento corrisponde in un certo senso all’innovazione ottenuta attraverso la modifica degli schemi noti, fintantoché l’equilibrio possa risultare soddisfacente. La visione di Piaget sugli stadi dello sviluppo dell’intelligenza, conseguente a questi presupposti, è estremamente dettagliata ed è il risultato di una consistente parte della sua attività; i quattro stadi distinti che sono individuati, in modo correlato alla tipologia di organizzazione delle strutture cognitive e di costruzione delle operazioni, ovvero di generazione dei comportamenti, sono accomunati dal puntuale ripresentarsi del modello descritto; ogni sottoprocesso sarà leggibile in questi termini, come procedura ricorsiva da un avanzamento al successivo. L’intelligenza quindi appare ugualmente come una forma di comportamento e in quanto tale anch’essa è rivolta all’adattamento: uno scambio di azioni e reazioni tra individuo e ambiente. 6.3.3.1 – Il Processo di Sviluppo Cognitivo di Piaget

Il Processo di Sviluppo Cognitivo secondo Piaget, è rappresentato nella seguente Figura18, che tenta una sua schematizzazione principalmente dal punto di vista della transizione da ogni stadio al successivo.

Come anticipato, si può notare l’identificazione di quattro stadi in sequenza che la figura mette in relazione, con una certa elasticità e tolleranza, con un asse temporale riferito alle fasce di età.

Per comodità di lettura, gli interventi dell’ambiente sono simbolicamente tracciati in ingresso solo verso il primo e l’ultimo stadio mentre, viceversa, non vengono disegnate le azioni in uscita dagli stadi all’ambiente; in generale quindi, l’effetto di ingresso e uscita, da e per l’ambiente, va considerato sottinteso.

I quattro stadi sono evidenziati da riquadri in risalto e sono notoriamente lo stadio dell’Intelligenza Percettiva Senso-Motoria, lo stadio del Pensiero Pre-Operatorio, lo stadio delle Operazioni Concrete e lo stadio delle Operazioni Formali Preposizionali. All’interno del primo stadio, che ricordiamo è quello che riguarda l’età oggetto delle nostre indagini, osserviamo innanzi tutto la presenza di tre livelli di reazioni circolari, insiemi di azioni che vengono ripetute: tipologicamente le reazioni circolari primarie, secondarie e terziarie. Si arriverà, partendo da azioni istintive e comunque non intenzionali, ad azioni intenzionali, quando tra lo stimolo ed il fine saranno frapposte azioni intermedie che testimoniano il tenere in mente l’obiettivo, fino alla interiorizzazione di una sequenza che assicura del possesso di una correlazione tra il mezzo e il fine.

31 Intorno al 1960 viene pubblicato il manifesto del movimento, Plans and the Structure of behaviour (piani e struttura del comportamento) di George A. Miller (psicologo del linguaggio), Eugene Galanter (psicologo matematico) e Karl Pribram (neuropsicologo), per i quali il comportamento si basa sulla elaborazione delle informazioni, in processo continuo tramite una retroazione (feedback) dell’ambiente sui comportamenti in atto.

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Reazioni Circolari Primarie

Reazioni CircolariSecondarie

Reazioni CircolariTerziarie

Eventuale Creazione di Schemi Nuovi

Ambiente stimolo stimolo

schemi noti

stimolo

scheminoti

scheminuovi

servono schemi nuovi

Imitazione Differita Gioco Simbolico Sviluppo LinguaggioVerbale

IntelligenzaRappresentativa

Pensiero Formale

Pensiero Intuitivo

3 mesi

12 mesi

18 mesi

3 - 5 anni

5 - 7 anni

7 - 11 anni

12 - 15 anni

Intelligenza PercettivaSenso - Motoria

Schemi InnatiRelazioni nonIntenzionali

Relazioni Intenzionali con l'Ambiente

Interiorizzazione Sequenze

(mezzo <--> fine)

comprensione dei significati

uso dei simboli rappresentazione:

interiorizzazione delle azioni in simboli

funzionesimbolica

PROBLEMA

Riproduzione Interna del Mondo Esterno

Idea primitiva di Conservazione delle

Grandezze

Conservazione delle Grandezze

Termini Comparativi Reversibilità

Ragionamento Ipotetico - Deduttivo

SOLUZIONE

EgocentrismoAnimismo

IrreversibilitàRagionamenti

Trasduttivi

Pensiero Pre -Operatorio

Operazioni Concrete

Operazioni FormaliProposizionali

3 anni

Fig. 18 – Processo di Sviluppo Cognitivo

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Solo a questo punto, la figura esplicita il sottoprocesso dedicato all’eventuale correzione degli schemi, secondo il modello assimilazione, accomodamento, equilibrio, la cui presenza va intesa ad ogni livello del processo. Di particolare rilevanza l’insieme dei tre sottoprocessi conclusivi di questo stadio, finalizzati a stabilizzare la capacità rappresentativa preliminare allo stadio successivo del Pensiero Pre-Operatorio: secondo Piaget infatti, il ripetersi di attività quali Imitazione Differita e Gioco Simbolico è condizione estremamente favorevole alla rappresentazione mentre il Linguaggio Verbale, che a sua volta implica attività di simbolizzazione, è tipicamente lo strumento necessario alla costruzione di una realtà parallela fatta appunto della rappresentazione delle cose, ovvero il sistema di segni convenzionali mediante il quale l’intelligenza interiorizza l’azione: senza di essa non sapremmo come riferirci mentalmente ad un oggetto senza averlo davanti agli occhi. Senza entrare in dettaglio più del necessario rispetto alla schematizzazione dei tre stadi rimanenti, osserviamo che nel suo complesso quello in figura è un processo decisamente lineare nel quale le possibili difficoltà sono da addebitare unicamente a rischi di rallentamento o arresto nel corso cronologico del suo fluire. Questa osservazione ci invoglia a riflettere sulla possibilità di un utilizzo pratico di questa rappresentazione con l’obiettivo di trarre indicazioni sul progredire del processo di sviluppo di un individuo, tramite osservazioni in tempi intermedi. In buona sostanza, è l’asse temporale di riferimento a costituire il discrimine per l’identificazione di una condizione di successo del processo a questo livello di decomposizione; poiché però l’asse temporale non può che offrire una graduazione giustificabile come media osservata, mentre va concesso ad ogni singolo individuo un tempo relativo proprio, riteniamo che si possa pensare di utilizzare questa sequenza di stadi per valutare lo stato di avanzamento di un soggetto, unicamente a condizione di definire preliminarmente e con la massima precisione possibile il suo stato all’ingresso del sistema. Questa definizione, insieme alla definizione dello stato atteso all’ingresso di ogni sottoprocesso successivo e quindi entro una scadenza da parametrare sui tempi individuali del soggetto stesso, permette certamente di individuare obiettivi intermedi da raggiungere, nonché di riscontrarne il conseguimento. Il rischio di ottenere un indice eccessivamente riduttivo, e di conseguenza scarsamente significativo, è inversamente proporzionale alla capacità dell’osservatore di precisare gli elementi di ingresso e di uscita per ogni sottoprocesso.

A onor del vero, se pensiamo ai contesti di cui trattiamo, ovvero alle strutture dedicate alla fascia di età coperta dallo stadio dell’Intelligenza Percettiva Senso-Motoria, dubitiamo che ciò possa davvero rappresentare un ostacolo particolare visto che in quei luoghi l’organizzazione di attività quali, ad esempio, quelle orientate a sviluppare il gioco simbolico, è all’ordine del giorno, come è prassi comune saper valutare lo stato di un bambino nella prima settimana di inserimento nella struttura.

Si può supporre quindi che la corretta messa a punto di una visione applicativa del processo, ed una sua sistematica e documentata utilizzazione siano certamente possibili quanto di utilità nevralgica. 6.3.4 – Verso l’Orizzonte Generalmente in un laboratorio le connotazioni contestuali della Realtà definiscono un ambiente destinato pur sempre a non superare i confini di una sua buona astrazione.

Noteremo che da questo momento in poi lo sforzo di migliorare la definizione dell’ambiente sarà invece sempre maggiore, poiché quello che si fa strada è di fatto un principio nuovo della psicologia per il quale la interpretazione, in un certo senso idealistica, per cui i processi psichici sono comunque proprietà del tutto interna all’individuo non risulta più corretta, appare insufficiente nella spiegazione di troppi meccanismi sulla cui esistenza non si può dubitare.

Se da una parte quindi si tenterà di risolvere il problema perfezionando l’idea che abbiamo dell’ambiente, termine in effetti vago e ad alto rischio di ambiguità, dall’altra crescerà ineluttabilmente il peso del concetto di interazione, e le due componenti insieme ci allontaneranno per sempre da quell’antico Teatro, da quella scena di opposizioni belle ma inconciliabili e astratte di cui abbiamo visto qualche minimo cenno in precedenza.

Accetteremo perciò in ultima istanza alcuni contributi che riteniamo senz’altro essenziali nella costruzione di una visione d’insieme densa e complessiva, che potrebbe apparire per certi aspetti finale almeno su base transitoria.

Sono contributi che spesso si intersecano temporalmente, dei quali cercheremo di segnalare i passaggi centrali.

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6.3.4.1 – Vygotskij, la Storia, la Cultura Se provassimo a chiedere una definizione dell’ambiente non sarebbero probabilmente molte le persone disponibili a chiamare in causa la Storia, o la Cultura. Eppure a ben vedere, adesso che ne abbiamo fatto il nome, che Storia e Cultura siano determinanti per l’ambiente sembra cosa banale, addirittura naturale. Che l’ambiente in questo istante sia null’altro che il prodotto storico e culturale della vita di generazioni ci appare ovvio, anche volendo intendere il solo mondo fisico, identificazione che non è quella che ci serve. Sembra ovvio, ma molto probabilmente se interrogassimo sulla definizione dell’ambiente riferendoci esplicitamente allo sviluppo e all’apprendimento, i più si riterrebbero soddisfatti parlando di quello familiare, o di quello della scuola tutt’al più. Lev Semyonovic Vygotskij32 è l’artefice di una scuola psicologica storico-culturale33 negli anni venti e trenta. in Unione Sovietica.

Insieme ad A.R. Luria e N.A. Leontiev, la scuola sviluppa una nuova teoria che permetterà a Vygotskij, ma soltanto vent’anni dopo la sua morte, di essere riconosciuto tra i padri della psicologia cognitiva moderna. Vygoskij era molto critico verso gli esponenti della psicologia sovietica, seguaci ancora delle psicologie introspezionistiche e delle filosofie spiritualiste, che al di là dalle incongruenze di posizione rispetto al marxismo, chiudevano, erroneamente secondo Vygotskij, l’insieme delle problematiche ben dentro l’individuo. Più precisamente, come scrivono Luria e Leontiev nella prefazione di uno dei suoi testi fondamentali34, il suo è un “..metodo storico applicato ai processi psichici dell’uomo, una lotta per instaurare una teoria psicologica della coscienza,.., una rielaborazione del complesso problema dei rapporti fra l’apprendimento e lo sviluppo intellettuale infantile”. Vygotskij fa fede al materialismo storico. Se è vero che l’uomo media i suoi rapporti col lavoro attraverso lo strumento, parallelamente la psiche media l’ambiente con il linguaggio, ovvero, il linguaggio è lo strumento per gestire i rapporti con l’ambiente. Concetti come questi fanno in fondo stupire, ma non più di tanto considerando l’epoca oscurantista, che l’approccio di Vygotskij, diremmo linearmente marxiano, potesse trovare così tanti ostacoli. Abbiamo da Vygotskij una visione della coscienza umana come prodotto dello sviluppo dell’uomo nella società, cioè della sua esistenza sociale. L’uomo ha sensazione del mondo che lo circonda, ma ne ha coscienza attraverso i nessi e le relazioni che l’esperienza dell’umanità vi ha scoperto, ovvero nelle qualità essenziali che, per Vygotskij, sono i significati. Ed è affascinante pensare che i significati, le relazioni più complesse alle quali la coscienza dell’umanità è potuta pervenire solo grazie ad un’esperienza millenaria, si scoprano ad un bambino tutto sommato in appena pochi anni di vita; egli fa propri significati già consolidati, socialmente fissati dal linguaggio nelle parole. C’è quindi, anche in questo processo, una ulteriore, parallela, marxiana mediazione che si rende necessaria e che compete all’adulto chiamato a mediare appunto i rapporti, i legami pratici, esistenziali, del bambino rispetto il mondo.

32 1896-1934. Morì di tubercolosi e nella sua breve vita attraversò momenti alterni, a partire da una formidabile ascesa che lo portò tra i dirigenti dell’Istituto di Psicologia di Mosca nel 1924, fino alla caduta in disgrazia nel periodo delle lotte interne al governo Stalin negli anni trenta. Dal 1936 al 1956 le sue opere furono bandite in Unione Sovietica. L’opera considerata massima rappresentazione del suo pensiero è Pensiero e Linguaggio, pubblicata pochi mesi dopo la sua morte e resa disponibile al mondo, tradotta in inglese, soltanto nel 1962. 33 Si considera come testo di partenza della scuola il primo scritto di rilievo di Vygotskij, intitolato La Coscienza come Problema della Psicologia del Comportamento, pubblicato nel 1925. 34 Si tratta di Lo Sviluppo Psichico del Bambino, Editori Riuniti, 1973.

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Processi Storico -Culturali

azioni visibilivalori culturali

dialogo esteriore

- rapporti comunitari- usi sociali

sviluppo

significatiastrazione concettuale

creatività

Interazione con Bambino Interazione con AltrePersone

Uso StrumentiPsicologici (Linguaggio)

Apprendimento

Stato Cognitivo

ALTRE PERSONE BAMBINO

azioni

condivisioneconoscenze

sviluppo

Fig. 19 –Processo di Sviluppo, Interazioni e Condivisione delle Conoscenze L’importanza della mediazione e della disponibilità a condividere le conoscenze da parte dell’adulto giustifica l’aver evidenziato nella figura i due attori protagonisti del processo: il bambino e gli adulti (altre persone nella figura).

Il processo storico-culturale interviene dall’esterno e abbiamo sottinteso per comodità la rappresentazione dei suoi elementi in ingresso che saranno implicitamente provenienti dall’insieme delle componenti, inclusivo quindi degli attori stessi. La distinzione tra elementi quali usi sociali e valori culturali, evidentemente insiemi non disgiunti, è finalizzata a segnalare la possibilità dinamica di una loro diversificazione, quanto meno interpretativa o applicativa, nel passaggio dalla sfera sociale in senso ampio alla quella individuale. Osserviamo che il sistema rappresentato, lineare anch’esso, presenta una certa completezza in termini di definizione di tutti gli elementi di ingresso e di uscita, oggetto della trasformazione da parte dei sottoprocessi tra i quali quello relativo all’apprendimento presenta la condizione particolare di avvalersi delle risorse provenienti dallo Stato Cognitivo e di produrre ugualmente effetto su di esso. Questa caratteristica rende senz’altro misurabile l’interazione tra i due sottoprocessi avvalendosi di una logica simile a quella accennata nel paragrafo precedente a proposito del primo stadio dello sviluppo cognitivo di Piaget, basata su una sufficiente definizione di stato attuale e stato atteso.

Prescindendo dalla pur possibile osservazione aggiuntiva delle capacità di astrazione concettuale e delle capacità creative, in questo caso l’impegno risiede soprattutto nella necessità di individuare e tenere sotto controllo parametri riferibili all’insieme dei significati di cui l’individuo dispone in un determinato istante, quindi correlabili allo stato del linguaggio35, insieme che necessariamente deve manifestare variazioni al verificarsi di un effetto di ritorno successivamente all’attivazione del sottoprocesso di apprendimento.

35 Per citare due titoli sull’argomento, che va trattato in ogni caso con la dovuta cautela, riportiamo Sviluppo del Linguaggio e Interazione Sociale di Luigia Camaioni, ed. Il Mulino, del 1978, e L’Elaborazione del Linguaggio nei Bambini e negli Adulti, di Margaret Harris e Max Coltheart, ed. Il Mulino del 1991, con edizione originale del 1986.

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Non è trascurabile il fatto che la verifica sullo Stato Cognitivo si rende possibile, in questa configurazione di processo, unicamente perché il processo di apprendimento, evidentemente comprensivo della capacità di evolvere i propri strumenti, in qualche modo è precedente, e si attiva grazie all’interazione con l’adulto; se così non fosse, ovvero se per apprendere dovessimo attendere lo sviluppo degli strumenti necessari, il variare dello Stato Cognitivo non sarebbe conoscibile senza passare per altre strade che ne chiariscano gli elementi di ingresso determinanti.

In altre parole possiamo ipotizzare questo tipo di verifica solo perché, come Vygotskij sostiene esplicitamente, l’apprendimento precede sempre lo sviluppo.

E’ inoltre interessante la interpretazione di Vygotskij relativamente ai caratteri e alle funzioni del gioco, al quale attribuisce un ruolo fondamentale nello sviluppo delle capacità, oltrechè intellettuali, anche linguistiche e comportamentali. La figura seguente è una schematizzazione del suo punto di vista.

RealizzazioneImmaginaria

Operazioni entro Area diSviluppo Potenziale

Presa di CoscienzaGraduale delle Proprie

Azioni

desideri insoddisfattiaffetti generalizzati(inconsci)

situazione fittizia

essere sopra la propria etàagire per la gioiasottomissione alle regole del gioco

Attuazione Desideri eAffetti

divisione gioco / lavoroavvicinamento alla realtàlo studio

Divaricazione dei Campi(età prescolare)campo visibile

campo intellettivocampo semantico

distacco dalla realtà

Età Scolare

Fig. 20 –Funzioni e Caratteri del Gioco La Realizzazione Immaginaria recepisce i prodotti dei due sottoprocessi a monte e produce situazioni fittizie, rese possibili dalla divaricazione tra campo visibile e campi intellettivo e semantico, e distacco dalla realtà che consente di accedere all’interno della cosiddetta Area di Sviluppo Potenziale in cui avviene l’elaborazione che fornirà la capacità di osservare regole. La presa di coscienza avviene quindi gradualmente, in avvicinamento alla realtà fino all’età scolare, epoca in cui, come è noto, le regole cominciano a diventare ineludibili. La concezione di Vygotskij in merito alla successione di stadi di sviluppo è oggetto di dubbi suoi propri e critiche anche da parte dei suoi collaboratori, Luria e Leontiev, che riscontrano eccessi nelle approssimazioni e nelle terminologie; dal nostro punto di vista essa non risulta comparabile con la disamina di Piaget, e rinviamo quindi gli interessati ad approfondirne la conoscenza in sedi più opportune. Osserviamo piuttosto che, al termine di questa veloce escursione, l’idea dell’ambiente si è indubbiamente complicata: dal mondo fisico ad un mondo che, con gli occhi del bambino, è in primo luogo portatore di altre persone, capaci di apprezzarne e riferirne una natura dinamica e riconoscibile socialmente.

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6.3.4.2 – La Teoria del Campo

E’ sempre ammirevole chi, giunto al momento di intraprendere passi che ritiene notevoli per la maturazione delle proprie convinzioni, giudica irrinunciabile garantire un rigore scientifico ineccepibile in ogni minimo dettaglio del suo lavoro. E’ questo il caso di Kurt Lewin36 che per supportare i suoi principi mette addirittura a punto un intero impianto matematico basato sulla geometria topologica e vettoriale. Grazie a questa dimensione, che testimonia appunto del notevole senso di rigore che permea la personalità di Lewin, succede che la sua teoria sia estremamente interessante, oltre che per alcuni principi sostanziali, anche per la ricchezza metodologica che offre e che, volendo, potrebbe essere base utile sul piano applicativo. Kurt Lewin è noto ulteriormente in ambito di psicologia sociale per teorizzazioni sulle dinamiche di gruppo che in questa sede trascuriamo, e che sono comunque originate da alcuni passaggi fondamentali della stessa Teoria del Campo. Lewin, che durante la Prima Guerra Mondiale, trascorse lunghi periodi al fronte, dove fù anche ferito, in quelle circostanze scrisse il suo primo articolo, pubblicato con il titolo Paesaggi di Guerra37. Si tratta della descrizione di un paesaggio al fronte, e del suo mutare di significato man mano che si procede nella lenta avanzata verso la linea nemica; il paesaggio che da lontano era percepito come piacevole scena bucolica, con le sue fattorie, i campi, le zone boscose, mentre si avanza gradualmente si trasforma: la sommità della collina è ora un buon posto di osservazione, il fossato all’ombra della macchia di betulle diventa il luogo ideale per la posizione dei mortai. In pochi chilometri di marcia, si è trasformato fino a farsi denso di aspetti minacciosi, andiamo avanti ancora e la collina potrebbe nascondere il nemico, il bosco di betulle potrebbe mimetizzare la trincea. Lo stesso ambiente ha consolato, rassicurato e infine minacciato. Questo è il primo dei concetti fondamentali di Lewin: la preminenza dell’ambiente fenomenologico rispetto a quello reale nel guidare il comportamento. Comprendere il comportamento riferendo le qualità oggettive dell’ambiente senza valutare quale sia il loro significato per le persone che ne fanno parte, sarebbe impossibile. Se quindi consideriamo una Situazione Ambientale in cui si trovino individui, saranno essenziali le interconnessioni tra essi, le relazioni che si stabiliscono come partecipanti ad un gruppo impegnato in attività comuni, complementari o relativamente indipendenti. Tutto ciò che quindi è in relazione con noi è ambiente e le nostre relazioni con esso dipenderanno primariamente da come lo percepiremo. La definizione di una Situazione Ambientale di questa fattura è essenziale nella teoria di Lewin, poichè essa costituisce esattamente lo Spazio Psicologico di Vita di un individuo, il suo Campo Psicologico. Il Campo, dice Lewin, è topologicamente strutturato in regioni o zone, che presentano caratteristiche diverse rispetto al loro modo di correlarsi e l’individuo effettua traslazioni della propria posizione, psicologica, dall’una all’altra a seconda del suo stato, dei suoi obiettivi, e naturalmente in relazione allo stato delle regioni stesse; sono queste transizioni di stato che identificano l’evoluzione psicologica dell’individuo. L’anelito matematico di Lewin si innalza a questo punto, con la formulazione vera e propria della sua Teoria del Campo per la quale il comportamento è funzione dell’interazione tra Persona e Ambiente, intesi questi due ultimi fattori come costitutivi esaustivamente dello Spazio Psicologico di Vita della persona stessa.

Da questo Lewin scrive:

C = f (PA)

con C : il comportamento, o qualunque avvenimento psicologico P: la persona, lo stato della persona

A: il suo ambiente PA: interazione tra Persona e Ambiente

da cui se S: Spazio Psicologico di Vita

allora PA = S, e C = f (S)

36 1890-1947. Fino al 1932 docente all’Università di Berlino e dal 1935 al 1944 all’Università di Psicologia dell’Infanzia dell’Iowa. Dal 1944 fù direttore del Centro di Ricerca sulle Dinamiche di Gruppo all’Istituto di Tecnologia del Massachusetts. Le opere a cui facciamo riferimento sono Una Teoria Dinamica dell’Apprendimento, del 1935, e Principi di Psicologia Topologica, del 1936. 37 Kriegslandschaft, scritto nel 1917 fù pubblicato dalla rivista Zeitschrift fur Angenwandte Psychologie poco dopo la fine del conflitto.

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E: insieme eventipossibili

non E: insieme eventiimpossibili

P A

Processo Percettivo

Influenza DirettaSomatica

Passato Futuro

Posizionamento nel Presente

Perseguimento di un FINE

Locomozione Psicologica

C

modifica(complementare)

modifica di E

modifica di E

(E) U (non E) rappresentazione

di Personalità e Stato di P

fatti quasi-fisici fatti quasi-sociali fatti quasi-concettuali

fatti quasi-fisici timori bisogni

desideri aspirazioni

propositi

fine futuroricordo

cambio diposizione nelloSpazio delleRegioni

attivazione

S: Intera Situazione della Persona (Spazio Psicologico di Vita)

comportamento (avvenimento psicologico)

C = f(S) = f(PA)

Fig. 21 Il Comportamento funzione dell’Interazione tra Persona e Ambiente (lo Spazio Psicologico di Vita)

La rappresentazione nella figura richiede alcune puntualizzazioni, poiché fa riferimento ad alcuni dei principi collaterali della teoria di Lewin, che sono indispensabili alla corretta comprensione della materia. Osserviamo innanzi tutto che vi sono due sottoinsiemi concorrenti sulla persona (P nella figura), l’insieme degli eventi possibili (E) e degli eventi impossibili (non E); essi rappresentano in realtà l’estensione delle possibilità di azione dell’individuo in un certo tempo, ovvero identificano propriamente l’insieme delle azioni possibili o impossibili per lui in quel momento. E’ rilevante il concetto di Lewin per cui l’unione dei due insiemi rappresenta lo stato della persona, e infine la sua Personalità. Se potessimo decidere un momento per lo start del sistema Spazio Psicologico di Vita (S), osserveremmo che i due insiemi si modificano ad ogni locomozione psicologica dell’individuo, restando pur sempre complementari.

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La Persona (P), in un dato tempo, può sempre intervenire unicamente sull’insieme E che di fatto contiene le azioni tra cui può scegliere, l’insieme non E si modifica solo per ripristinare la complementarietà al variare di E. Esiste un principio ulteriore che regola il Campo di Lewin, detto Criterio Dinamico per il quale è reale tutto ciò che produce effetti; è, sotto un rispetto leggermente diverso, l’affermazione definitiva della priorità fenomenologica dell’ambiente rispetto alla sua oggettività. Questo principio in definitiva porta il concetto di ambiente assolutamente oltre i confini delle idee tradizionali, poiché non solo ne divengono parte mondo esterno classicamente inteso, oggetti e persone, ma persino problemi astratti o teorici, come un problema di matematica da risolvere, appartengono all’ambiente. Nella rappresentazione della figura infatti, osserviamo che l’ambiente (A) fornisce ben tre diverse tipologie di elementi, che Lewin chiama appunto fatti in base al Criterio Dinamico citato; tipologie che hanno in comune, per definizione dello stesso Lewin, il quasi della denominazione, prefisso che deve rinviare al modo in cui i fatti saranno percepiti, e quindi al loro effetto, piuttosto che alla loro sostanza oggettiva. Lewin sistematizza quindi i fatti quasi-fisici, quelli percepiti dal mondo sensoriale e fisico classico, i fatti quasi-sociali, quelli che potremmo derivare dai processi storico-culturali di Vygotskij costituiti da usi, costumi, regole, credenze, e in fatti quasi-concettuali, i problemi appunto di tipo teorico. I fatti influiscono sulla persona attraverso il processo percettivo o in modo diretto e somatico ma anche gli eventi banali, come l’essere colpiti da un sasso e cadere per terra, non sono rilevanti per la loro oggettività quanto per come sono percepiti in stretta misura con lo stato del Campo in quell’istante. D’altra parte l’individuo è mosso dall’intenzione di perseguire un obiettivo, che può essere motivata da una qualunque delle categorie che appartengono in quel momento all’insieme degli eventi possibili, associata ai bisogni, ai desideri, i timori, le aspirazioni e altro. Lewin definisce la locomozione psicologica come l’avvicinamento ad un fine o, in modo inverso, il fuggire da un evento; nella sua visione si perseguirà comunque un cambio di posizione nella spazio delle regioni del Campo, determinando modifiche al sistema nella sua interezza. Come vedremo queste regioni sono definite topologicamente e possono dar luogo a difficoltà e impedimenti nel transire dalla propria posizione, nell’effettuare una locomozione psicologica per dirla con Lewin; esse però rispondono al partizionamento dei due insiemi E e non E di cui dicevamo, nel momento in cui esistono zone che danno spazio al Libero Movimento, esistono zone del non-possibile e zone del proibito, distinguendo così gli eventi impossibili in eventi che non siamo ancora in grado di provocare per carenze di strumenti, o eventi che ci è vietato provocare. Hanno un ruolo concorrente alla determinazione di perseguire un fine anche elementi provenienti da passato e futuro, per quanto Lewin tenga a precisare che da entrambe quelle dimensioni l’individuo preleverà l’elemento rendendolo parte integrante della sua intenzione presente. Il Campo è una teoria di estrema efficacia concettuale, quanto un sistema di notevole complessità se si pensa ad ipotesi di interazione tra i punti di vista di più individui. Non è un caso che Lewin intendesse i problemi topologici esclusivamente finalizzati alla determinazione di quali eventi siano possibili in un dato Spazio di Vita e quali no in un certo momento, ovvero a problematiche di tipo quantitativo. Per determinare invece tra questi eventi quale potrà realmente verificarsi in un dato caso, Lewin chiamerà in causa tensioni, in senso fisico, e campi di induzione, avviandosi a definire la sua psicologia vettoriale. In altre parole se la formula di Lewin è vera, ci si domanda cosa fa sì che si determini proprio un comportamento piuttosto che un altro, ed evidentemente ciò si deve a quella determinata Situazione Momentanea della Persona, che però è a sua volta il risultato di una catena di cause convergenti che richiederebbero la piena ricostruzione della storia sia della persona che dell’ambiente. Vediamo infine qualche carattere del metodo topologico con il quale Lewin è convinto di costruire lo strumento necessario per la rappresentazione della psicologia umana, sulla base della Teoria del Campo.

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Come abbiamo detto Lewin offre una rappresentazione della gran parte dei concetti che illustra, ispirandosi ad una forma di geometria topologica, per la quale le distanze non sono rilevanti e sono applicabili piuttosto alcune operazioni generali tipicamente associate agli insiemi. Offriamo alcuni esempi relativamente della sua topologia ambientale, che possono chiarire il senso che Lewin conferisce al concetto di regione o zona psicologica.

Fig. 22 –Regione Connessa, Punti sulla Forntiera La figura mostra a sinistra una regione connessa, detta anche curva di Jordan, caratterizzata dal fatto di essere una linea chiusa che consente di tracciare al suo interno una linea che congiunga due punti senza intersecare sé stessa. La regione rappresenta un determinato stato psicologico dell’individuo in un certo istante: spostarsi, in senso psicologico, ovvero effettuare una locomozione all’interno della medesima regione non richiederà evoluzioni particolari, essendo questo uno degli eventi che già rientrano nell’insieme degli eventi possibili (E); la regione costituisce quindi un primo spazio di libero movimento dell’individuo. In generale un punto interno ad una regione rappresenta la posizione attuale dell’individuo. La parte destra della figura evidenzia i cosiddetti punti di frontiera, identificati dal fatto che per ciascuno di essi non esiste un intorno, per quanto piccolo, interamente appartenente alla regione; i punti di frontiera sono preludio alla necessità di modifiche in vista di una transizione, una locomozione, in una regione confinante.

Fig. 23 –Regioni e Unioni di Regioni Vediamo il caso di due regioni connesse la cui unione è invece non connessa. Le regioni non sono contigue, quindi l’individuo che vuole effettuare una locomozione dal punto 2 al punto 3 deve attraversare di fatto tre regioni, A, B e la regione esterna, travalicando due frontiere; nei fatti ciò rappresenta, ad esempio, la situazione per cui un soggetto in posizione 2 per andare in vacanza all’estero deve prima rinnovare il passaporto, superando la frontiera della regione A, e successivamente recarsi a prendere l’aereo travalicando la frontiera di B; a quel punto si troverà nella posizione psicologica del punto 3.

Regione Connessa Punti sulla Frontiera

1

2

3

4

AB

A: regione connessa B: regione connessa A U B: regione non connessa

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Il movimento psicologico che Lewin individua è appunto quello delle locomozioni nei casi più semplici, ma esiste anche una forma di comunicazione psicologica che in modo più complesso si instaura in circostanze determinate.

Fig. 24 –Locomozione Dinamica e Comunicazione Dinamica La locomozione psicologica, o dinamica, dipende sempre dal grado di resistenza offerto dalle frontiere che deve attraversare, secondo Lewin questo è il concetto di barriera; è rilevante da questo punto di vista la direzione della locomozione. La comunicazione dinamica è invece definita come il grado di influenza di una regione su un’altra, analogamente influenzato dalla resistenza della parete; la comunicazione corrisponde, ad esempio, all’atto del guardare verso: un genitore che guarda il bambino per rafforzare un comando.

Fig. 25 –Punti Inaccessibili Esistono condizioni in cui l’individuo I ha il suo fine nel punto F, inaccessibile allo stato attuale, poiché la locomozione richiede l’attraversamento di una frontiera; le soluzioni psicologiche in queste eventualità possono anche essere molteplici, come nel caso del bambino che vuole un giocattolo per raggiungere il quale deve superare un ostacolo, o trovare un percorso che lo aggiri. La rappresentazione è la seguente.

Fig. 26 –Il Giocattolo Nel caso di Figura26 il bambino può scegliere uno dei due percorsi, w1 e w2, poiché la madre è visibile accanto all’ostacolo e in prossimità del giocattolo.

IF

Punto Inaccessibile

IG

M

W1

W2

I: il bambino M: la madre w1: percorso diretto w2: percorso con l’aiuto della madre

A B

C

AB

C

Locomozione dinamica A U B U C: regione connessa

Comunicazione dinamica A U C: regione connessa

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Interessante è la considerazione di Lewin in merito alla sovrapposizione di regioni, ovvero a due situazioni che si intersecano, in cui l’una prevarrà in termini di attenzione rispetto all’altra in base al suo peso relativo, alla sua importanza o, come Lewin dice, alla sua potenza; la rappresentazione è tutto sommato analoga alla intersezione di insiemi in cui l’individuo si viene a trovare psicologicamente in quel momento. Per concludere proponiamo un ultimo esempio classico di rappresentazione topologica ambientale di Lewin, che giudichiamo interessante in quanto fa riferimento al significato di fatto quasi-concettuale che abbiamo citato in precedenza.

Fig. 27 –Problema: eseguire l’operazione (8*3*74) / (2*3) Il problema è svolgere un’operazione. I tre percorsi psicologici w1, w2 e w3, le tre locomozioni, rappresentano tre diverse scelte possibili, dalla pedissequa esecuzione del calcolo, w2, alla strategia di semplificazione, w1, ad una circostanza per cui non svolgiamo alcuna operazione, ad esempio grazie ad un suggerimento o ad una risoluzione precedentemente avvenuta. 6.3.4.3 – Ecologia dello Sviluppo Umano Se il problema era definire l’ambiente partendo da originarie posizioni blande e generiche, o comunque ridotte al mondo sensoriale, per afferrare più profondamente il complesso delle sue influenze sul pensare e sull’agire, possiamo certamente sostenere di aver fatto già parecchia strada. Abbiamo già attuato una graduale traslazione dell’ambiente da effettivamente esterno all’individuo verso il suo interno tramite una concezione fenomenologica delle influenze, e questo dopo averlo preliminarmente arricchito di un significato ben più poderoso della semplice raccolta furibonda di stimoli sensoriali, attraverso il riconoscimento di valenze conferite dalla storia e dalla cultura. Bene, giungiamo infine ad una sintesi, all’ultima svolta, per cui tutto sommato a ben vedere, individuo e ambiente non sono definibili, non esistono, al di fuori dalla loro interazione. Il Modello Ecologico dello Sviluppo è dovuto a Urie Bronfenbrenner38. Recentemente è stato pubblicato un intervento dell’autore invitato al Commencement Address39 della Pennsylvania State University, in cui pone il problema della Crescita del Caos nella vita dei bambini, dei giovani e delle famiglie, del quale riportiamo un frammento.

38 Mosca 1917. Dall’età di 6 anni vive negli Stati Uniti dove nel 1938 conseguì alla Cornell University titoli in psicologia e in musica. Psicologo per la Difesa durante la Seconda Guerra Mondiale, dal 1948 insegna psicologia e Sviluppo Umano e Studi sulla Famiglia nella stessa Cornell. 39 L’indirizzo iniziale di apertura dell’anno accademico, esattamente il 05/08/2000.

D1D2M

F I w1

w2

w3

M1: moltiplicazione termini numeratore M2: moltiplicazione termini denominatore D: divisione numeratore denominatore D1: divisione per 2 D2: divisione per 3 M: moltiplicazione per 4 I: individuo F: il fine

M1M2D

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“… Potrei presentare ogni fatto, ogni attore per arrivare a questa conclusione.Ma più di due secoli fa il poeta inglese Wordsworth40 lo disse meglio, e in modo più conciso.

Il mondo è troppo per noi; presto o tardi prendendo e consumando, i nostri poteri saranno sfiniti;

nella Natura vediamo ben poco che ci appartenga abbiamo gettato il nostro cuore al vento

Wordsworth lamentava qualcosa di diverso, la negligenza davanti alle meraviglie della Natura, e la sua poetica non può dirci cosa sia la Crescita del Caos, quali ne siano le proprietà. Dobbiamo a questo scopo tornare alla scienza dello sviluppo e dare un nome al fenomeno. Il Caos è una caratteristica dell’ambiente, non un ambiente statico, ma un flusso continuo, impredicibile, e per questo non facilmente assoggettabile al controllo. Se la vostra è una famiglia con bambini, all’inizio questa è semplicemente una situazione noiosa, ancora gestibile. Ma se l’impredicibilità si protrae, soprattutto se siete genitori singoli o siete due genitori che lavorano a tempo pieno, e se avete scarso controllo sulle vostre ore lavorative, che variano anch’esse e ugualmente sono impredicibili al punto che vi torna difficile passare del tempo in famiglia, è quello il momento in cui il Caos esterno può diventare interiorizzato e riflettersi nei vostri sentimenti, nel vostro comportamento, sia al lavoro che a casa. … Oggi il Modello Ecologico può ancora essere applicato a questo fenomeno… la sfida è trasformare la Crescita del Caos in sviluppo umano costruttivo…” Questo pensiero di fronte all’individuazione di un fenomeno nuovo tipico dell’epoca recente, può dare un’idea di cosa vogliamo dire parlando di ecologia o, in altri termini, di sistemi che sono dinamici e complessi e dei quali non è sempre facile, a volte neppure possibile, isolare e definire tutte le variabili né, tanto meno, tutte le interazioni. L’occorrenza di uno o più fenomeni che si verificano, anche ad apparente distanza dal microcosmo che osserviamo, non per questo è ininfluente su di esso; l’effetto si instaura e si rifrange per via diretta o indiretta magari fino alla situazione stessa da cui si dipartiva, in un moto complessivo di interazioni ramificate, fatte di atteggiamenti che si modificano dappertutto, di azioni che cambiano, di motivazioni che si adeguano, di evoluzioni che si perturbano e si stabilizzano. Esistono diverse traduzioni concettuali moderne di questo tipo di condizioni, non ultime quelle specifiche di contesto in economia, in politica, nella tecnologia, e ancora41. Ma Bronfenbrenner si occupa di sviluppo, e la sua fiducia nell’utilità del modello ecologico che mise a punto, anche in questo frangente, sembra incrollabile, al punto che non possiamo esimerci dal capire se ha ragione.

Molte delle idee di Bronfenbrenner si muovono intorno ad alcuni principi fondamentali della Teoria del Campo di Lewin che abbiamo visto; viene anzi svolto uno sviluppo accurato del concetto stesso di Campo, lo Spazio Psicologico di Vita, e si rende in questa sede completo quel quadro interattivo che in fondo Lewin non era interessato a dettagliare più di tanto. Il corpo principale del lavoro di Bronfenbrenner relativamente al suo Modello Ecologico è esaustivamente descritto in un suo libro, Ecologia dello Sviluppo Umano42. Nell’affrontare la sua teoria faremo spesso riferimento ad alcune tra le numerose definizioni, proposizioni o ipotesi che nel testo servono a catalizzare sia i concetti chiave della teoria che numerose condizioni metodologiche rilevanti, di indubbia utilità sul piano strettamente operativo e organizzativo, al momento cioè di mettere in pratica la teoria entro contesti esistenti e reali, nel quadro di strutture per l’infanzia che devono pur sempre fare i conti con i limiti oggettivi delle disponibilità, delle risorse e, non in ultimo, della consapevolezza. In linea con Vygotskij per il gioco delle dimensioni massime dell’esistenza sociale dell’umanità, e con Lewin anche su principi di base come quello del Criterio Dinamico, Bronfenbrenner spiega lo sviluppo in base a processi di influenza sociale distribuiti all’interno dell’ambiente ecologico: un insieme ordinato di strutture incluse una nell’altra.

40 William Wordsworth 1770-1850, grande poeta preromantico inglese. 41 Un esempio è quello di Jay Forrester, teorico dei sistemi dinamici e fondatore del MIT System Dynamics Group, che pubblicò il suo primo libro sulla materia, Industrial Dynamics, nel 1961 per arrivare dieci anni più tardi ad una sviluppata interpretazione su base planetaria con World Dynamics. 42 Testo pubblicato in prima edizione dalla Harvard University Press nel 1979, col titolo The Ecolgy of Human Development. Experiments by Nature and Design.

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6.3.4.3.1 – Processo di Sviluppo e Ambiente Ecologico La definizione di sviluppo è, secondo Bronfenbrenner, quella riportata nella Definizione 7 del testo citato, che tentiamo immediatamente di rappresentare in termini di processo, nella seguente Figura28. Definizione7

Lo sviluppo umano è il processo attraverso il quale l’individuo che cresce acquisisce una concezione dell’ambiente ecologico più estesa, differenziata e valida, e diventa motivato e capace di impegnarsi in attività che lo portano a scoprire le caratteristiche di quell’ambiente, e ad accettarlo o ristrutturarlo, a livelli di complessità che sono analoghi o maggiori, sia nella forma che nel contenuto.

Sviluppo Umano

Impegno in Attività diScoperta delle Proprietà

di AE

Valutazione Proprietà diAE

AE: Ambiente Ecologico

Relazioni tra Individuo e AE Contenuti Complessità delle Attività Molari di Altri appartenenti ad AE

Migliore Concezione di AE

motivazioni capacità

più estesa più differenziatapiù valida

proprietà individuate di AE

proprietà individuate di AE

[ ristrutturare AE ]

[ accettare AE ]

Fig. 28 – Processo di Sviluppo Umano(definizione 7) Senza tema di smentita, sentiamo di affermare che la definizione data abbia carattere centrale; essa si impernia proprio sulla dimensione dinamica che lo sviluppo acquisisce in termini di attività nei confronti dell’ambiente ecologico stesso, al cui interno la partita cominciava.

La rappresentazione della figura cerca di segnalare, in modo per il momento abbastanza criptico, un sintetico insieme di elementi che provengono dall’ambiente ecologico (AE), che si misureranno con le capacità evolutive dell’individuo rivolte alla messa a fuoco delle sue proprietà, processo questo che se da una parte non può che determinare un miglioramento della concezione dell’ambiente, dall’altra apre una fondamentale, e troppo spesso trascurata, fase di valutazione che porta ad un nodo condizionale rispetto alla possibilità che queste proprietà risultino accettabili o meno, proponendo la chiusura del ciclo in caso negativo. Bronfenbrenner è consapevole pienamente che un simile processo è assolutamente privo di staticità; come citavamo in apertura, l’ambiente è un flusso continuo e impredicibile, e per questo afferma in più d’una circostanza che l’adattamento tra essere umano attivo che cresce e le proprietà mutevoli delle situazioni ambientali immediate in cui egli vive non può che essere reciproco e progressivo, e richiede scientificità di analisi: le proprietà della persona, dell’ambiente, la struttura delle situazioni ambientali e dei processi che hanno luogo all’interno di queste e tra di essi vanno considerati come processi interdipendenti e analizzati in termini di sistemi43.

43 Definizione 1 e Proposizione A.

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Troveremo quindi quattro strutture in relazione concentrica, costituenti l’ambiente ecologico, troveremo all’interno di esse situazioni ambientali distinte da specifici elementi e troveremo strutture interpersonali. Le Definizioni 2, 3, 4 e 5, nel testo citato, sono quelle che ci permettono di configurare la struttura dell’ambiente ecologico, fatto necessario alla comprensione delle influenze in gioco.

Individuo i

Attività Ruoli RelazioniInterpersonali

Attività Ruoli RelazioniInterpersonali

SA k - eventi

SA m - eventi

SA n - eventi

SA j Microsistema (def 2)

SA i Microsistema (def 2)

Esosistema (def 4)

Mesosistema (def 3)interrelazione tra SA in cui l'Individuo i è attivo

Macrosistema (def 5)congruenza di forma e contenuto delle strutture sottostanti

a livello di subcultura, cultura, credenze, ideologie

Fig. 29 Ambiente Ecologico: insieme di strutture incluse l’una nell’altra (def. 2, 3 , 4 e 5)

Definizione 2

Un microsistema è uno schema di attività, ruoli e relazioni interpersonali di cui l’individuo in via di sviluppo ha esperienza in un determinato contesto, e che hanno particolari caratteristiche fisiche e concrete.

Definizione 3 Un mesosistema comprende le interrelazioni tra due o più situazioni ambientali alle quali l’individuo in via di sviluppo partecipa attivamente (es: le relazioni tra casa, scuola, gruppo di coetanei; per un adulto: quelle tra famiglia, lavoro e vita sociale).

Definizione 4 Un esosistema è costituito da una o più situazioni ambientali di cui l’individuo in via di sviluppo non è partecipante attivo ma in cui si verificano eventi che determinano, o sono determinati da, ciò che accade nella situazione ambientale che comprende l’individuo stesso.

Definizione 5 Il macrosistema consiste nelle congruenze di forma e contenuto dei sistemi di livello più basso (micro, meso, eso) che si danno a livello di subcultura o di cultura considerate come un tutto, nonché di ogni sistema di credenze o di ideologie che sottostanno a tali congruenze.

L’idea è quella di quattro strutture ognuna inclusiva della precedente, a partire dal microsistema che costituisce l’unità minima, la Situazione Ambientale (SA nella figura) che comprende l’individuo in sviluppo, uno sviluppo che non è modificazione effimera ma una piena riorganizzazione sul piano sia percettivo che dell’azione; se l’individuo

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partecipa in altri microsistemi, l’interazione tra questi ed il microsistema in cui si trova definisce un mesosistema; inoltre se questi microsistemi, costituenti quindi un mesosistema, possono essere influenzati o influenzare gli eventi che si verificano più lontano, in situazioni ambientali in cui l’individuo non partecipa, quest’ultime definiscono un esosistema. Tutte le strutture infine risentono della loro appartenenza ad un macrosistema, la struttura ultima di ordine sociale, culturale e quindi storico, che fissa ideologie e credenze. Il Campo di Kurt Lewin sopravvive dunque in modo egregio, nel suo significato profondo di interazione tra persona e ambiente (PA), viene anzi espanso, dilatato, reso comprensivo di ogni possibile livello di influenza. L’unità di base del sistema è, si diceva, la situazione ambientale, il microsistema. In essa hanno peso, come mostra la figura, ruoli, relazioni interpersonali e attività; nello specifico sono definite attività molari tutti quei comportamenti in atto che vengono percepiti come dotati di significato o intenzione44, e come vedremo esse costituiscono l’ossatura dell’evoluzione delle relazioni interpersonali; quando l’individuo inizia e prosegue attività molari, dalla loro complessità strutturale, dalla varietà dei loro contenuti, potremo desumere il suo stato evolutivo45. Una esemplificazione relativa alle strutture microsistema, mesosistema, ecosistema, deducibile dalle definizioni riportate, potrebbe essere la seguente, che sottintende il macrosistema, e le sue influenze in termini di ideologie, credenze, usi, cultura o sub-cultura della dimensione sociale.

Fig. 30 – Esempio di Ambiente Ecologico Lo scopo della figura è fondamentalmente quello di rendere percepibile come la teoria che trattiamo non presenti affatto vizi di astrattezza: chi di noi non è disponibile a rendersi conto che una cattiva giornata sul lavoro influirà direttamente sul nostro comportamento anche al ritorno a casa, sui nostri ruoli in quest’ altra situazione ambientale: potrà succedere che non avremo spirito per giocare, potrà succedere che torneremo troppo tardi o saremo troppo stanchi. Se ricordiamo i due insiemi di Lewin, degli eventi possibili e impossibili, chi mai potrebbe non accorgersi che una nostra convinzione, che dire, ad esempio religiosa o etica in generale, sarà determinante nel circoscrivere E, l’insieme degli eventi possibili, attraverso la definizione che daremo, per le nostre personali convinzioni, delle azioni da

44 Definizione 12. 45 Proposizione B.

un bambino

a casa in famiglia

all’asilo nido

attività, ruoli, relazioni interpersonalicon genitori, fratelli, altri

attività, ruoli, relazioni interpersonalicon bambini, educatrici

il lavoro del babbo

il lavoro della mamma

la famiglia dell’educatrice X

SA i - microsistema esosistema

mesosistema

SA j - microsistema

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proibire, e di conseguenza per gli eventi non autorizzati; saremo allora chiaramente in presenza di influenze a livello di macrosistema, il livello più alto della configurazione. Ricordiamo ora l’idea di Lewin della locomozione psicologica, il transire da una posizione psicologica attuale ad un’altra, che interpreta il verificarsi di una evoluzione psicologica dell’individuo, all’interno o in estensione del suo Campo psicologico; il concetto è irrinunciabile e nella Definizione 6 del testo di Bronfenbrenner, troviamo la transizione ecologica. Definizione 6

Si verifica un transizione ecologica ogniqualvolta la posizione di un individuo nell’ambiente ecologico si modifica in seguito ad un cambiamento di ruolo, situazione ambientale o entrambi.

Transizione Ecologica

cambiamento di ruolocambiamento di SA

posizione attuale dell'Individuo entro AE

nuova posizionedell'Individuo entro AE

Fig. 31 – Transizione Ecologica Il rigore nell’analisi a cui facevamo cenno in precedenza, è in questo frangente particolarmente rilevante, poichè Bronfenbrenner riconosce il compiersi di uno sviluppo, di un passaggio evolutivo o, infine, di una transizione ecologica, solo in modo dimostrato, avvalendosi del concetto di Validità Evolutiva, per il quale uno sviluppo sussiste solo se potremo stabilire che la modificazione nelle concezioni di un individuo, o nelle sue attività o in entrambe, sia trasferibile ad altre situazioni ambientali in momenti diversi46. Perciò lo sviluppo di un individuo si esprime attraverso transizioni ecologiche con validità evolutiva. Il perfezionamento del Campo psicologico di Lewin, a questo punto, richiede di capire in via ultimativa quali siano le influenze critiche all’interno dell’unità minima dell’ambiente ecologico che, abbiamo detto, è costituita da un microsistema, da una situazione ambientale. Se ricordiamo la rappresentazione della Figura29, osserviamo che in essa l’individuo è alle prese con ruoli, attività e relazioni interpersonali: la sua interazione con questi elementi e l’interazione tra essi è il primo motore evolutivo dello sviluppo. 6.3.4.3.2 – Le Diadi Bronfenbrenner asserisce che lo sviluppo della persona è funzione della varietà di contenuti e della complessità strutturale delle attività molari esibite da altri, che diventano parte del suo campo psicologico o in quanto la coinvolgono in una reciproca partecipazione o in quanto ne attraggono l’attenzione47. Il peso quindi delle attività, ma anche dei ruoli riconoscibili è giocato in termini di relazione. Il lavoro di Bronfenbrenner sulle relazioni e sulla loro evoluzione è particolarmente fine, la sua idea è che esse siano il tessuto di ogni situazione ambientale, e che l’imperfezione della trama sia capace di dar luogo a seri pregiudizi per lo sviluppo.

46 Definizione 9. 47 Ipotesi 1.

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Definizione 13

Si instaura una relazione ogniqualvolta una persona, in una situazione ambientale, presta attenzione ad un’altra, o partecipa alle sue attività.

individuo i individuo j

attività j

svolgepresta

attenzione attività i

partecipa

Attività Molare (def 12)percepita comeSignificativa eIntenzionale

RELAZIONE (def 13)

individuo i individuo j

attività j

svolge

individuo i

individuo j

attività j

svolge

prestaattenzione

svolge

prestaattenzione

RELAZIONE BIDIREZIONALE (diade)

attività i j

individuo i individuo j

partecipa partecipa

DIADE basata suOsservazione(attenzione)

DIADE basatasu AttivitàComuni

Fig. 32 – Le Relazioni A partire dalla Definizione 13 citata, la base di una relazione che si instaura rispetto ad una attività molare, sta nel prestare attenzione o, meglio, nel partecipare all’attività dell’altra persona. L’evoluzione che ne discende è implicitamente nel determinarsi di un segnale di risposta a colui che presta attenzione e, sotto questo profilo, la partecipazione ad un’attività, perdurando, implica di per sè un flusso di risposte, e dal partecipare alle attività dell’altro al concorrere insieme ad un’attività comune il passo è evidentemente breve. Il passaggio da una relazione, per così dire nucleare, come quella schematizzata nella parte alta a sinistra della figura, ad una relazione di fatto bidirezionale segna la nascita di quella che Bronfenbrenner chiama una Diade. La Diade dovrà poi evolversi ma per il momento può sussistere in base ad un prestare attenzione in modo serrato e continuo ricevendo segnali che l’interesse è percepito; è la Diade basata sull’osservazione (o attenzione), che si differenzia dalla Diade basata su attività comune che si verifica quando i partecipanti percepiscono che stanno facendo qualcosa insieme. Le relazioni attraversano lo sviluppo, e lo influenzano decisamente; è in primo luogo nelle Diadi che si deve determinare un rapporto opportuno tra tre componenti centrali capaci di determinarne l’evoluzione e, di conseguenza, capaci di incoraggiare o sfavorire lo sviluppo dell’individuo; le caratteristiche dinamiche sostanziali delle Diadi sono la reciprocità, l’equilibrio di potere e la componente affettiva. Bronfenbrenner formula una quantità di Ipotesi sulle possibilità di evolvere l’assetto relazionale della Diade di partenza, in base al variare dell’equilibrio di queste tre componenti; la loro natura, appunto, di Ipotesi vuole sottendere il legame tra i contenuti espressi e la loro derivazione sperimentale dichiarandoli, implicitamente in un certo qual modo, revedibili e migliorabili48.

48 A proposito dell’aspetto sperimentale va precisato che Bronfenbrenner è estremamente affezionato a questa prassi e, per quanto detto, sarebbe anomalo il contrario. Nel testo a cui facciamo riferimento una grande quantità di Ipotesi e Proposizioni è dedicata alla correttezza delle attività di sperimentazione e di laboratorio.

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Passiamo di conseguenza alla citazione delle Ipotesi 2, 3, 4, 5, 6 e 7 dal testo citato, sullo sviluppo e sull’evoluzione delle Diadi. Ipotesi 2

Quando due persone cominciano a fare attenzione ciascuna all’attività dell’altra c’è una maggiore probabilità che tali attività diventino condivise. DIADI basate sull’attenzione pertanto tendono ad evolvere in DIADI basate sull’attività comune.

Ipotesi 3 Quando due persone condividono un’attività, è probabile che sviluppino sentimenti reciproci più differenziati ed intensi. DIADI basate sull’attività comune, quindi, tendono ad evolvere in DIADIi primarie.

Ipotesi 4 L’impatto di una DIADE sullo sviluppo aumenta in funzione diretta del livello di reciprocità, di corrispondenza reciproca di sentimenti positivi, e di spostamento graduale dell’equilibrio di potere in favore della persona che cresce.

Ipotesi 5 L’apprendimento basato sull’osservazione è facilitato quando la persona che osserva e quella che è osservata ritengono che stanno facendo qualcosa insieme. L’impatto sullo sviluppo di una DIADE basata sull’attenzione tende ad essere maggiore quando essa si colloca nel contesto di una DIADE basata sull’attività comune.

Ipotesi 6 L’impatto sullo sviluppo dell’apprendimento basato sull’osservazione e dell’attività condivisa sarà maggiore se questi ultimi hanno luogo nel contesto di una DIADE primaria caratterizzata da un sentimento positivo reciproco. Se invece nel contesto di una DIADE primaria c’è antagonismo reciproco quest’ultimo disgrega particolarmente l’attività condivisa ed ostacola l’apprendimento basato sull’osservazione.

Ipotesi 7 Apprendimento e sviluppo risultano facilitati qualora la persona che sta crescendo partecipi a strutture progressivamente più complesse di attività reciproca insieme a qualcuno nei confronti del quale abbia sviluppato un attaccamento emotivo intenso e duraturo, e qualora l’equilibrio di potere si sposti gradualmente in favore della persona in via di sviluppo.

Se l’apprendimento va considerato operativo già all’inizio, per tramite di una semplice Diade basata sull’osservazione, la distanza che lo separa dall’assumere quel carattere di strumento tale da consentire infine una concezione delle proprietà dell’ambiente ecologico e, addirittura, un eventuale atteggiamento critico e ricostruttivo nei suoi confronti, non è illimitata; ebbene vediamo attraverso queste Ipotesi quali sono i passaggi centrali del percorso. Se la Diade per osservazione sussiste è quasi naturale che trasli alla Diade per attività comune; in queste due fasi la componente che pesa di più è senz’altro la reciprocità che, da semplice risposta all’attenzione si consolida nella indispensabile interazione necessaria allo svolgimento di attività comuni: essa deve anche permeare l’insorgere di una componente affettiva positiva, ci dice Bronfenbrenner, mentre se si verifica anche un graduale spostamento dell’equilibrio del potere in favore della persona in sviluppo, equilibrio che possiamo intendere ad esempio in termini di orientamento di un asse decisionale in favore del bambino, allora l’impatto della Diade sullo sviluppo, comunque direttamente proporzionale, aumenta. Questo favorire la relazione affettiva è l’elemento cruciale per il transito alla configurazione successiva, ovvero alla Diade Primaria, che si sottolinea per il pericolo di regressione costituito da una relazione affettiva asimmetrica e negativa e che peraltro costituisce il preludio all’ultimo passo. La Diade Evolutiva si basa su relazioni affettive consolidate, su ottima reciprocità e su un equilibrio del potere oramai ben orientato sulla persona che cresce che evidentemente, potendo contare su un contesto sicuro in termini di comunicazione e di affettività, sa utilizzare questo favore del potere, al punto che nella Diade Evolutiva è prevalente l’importanza della complessità dell’attività da svolgere, che deve gradualmente incrementare. La consequenzialità dei passaggi descritti da Bronfenbrenner è estremamente efficace e affermativa; abbiamo quindi gli elementi per proporre una schematizzazione relativa alla evoluzione delle Diadi.

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individuo i individuo j

attività j svolge

presta attenzione

rispostaall'attenzione

DIADE con Osservazione

individuo i

individuo j

attività ij

partecipa

partecipa

attenzione

risposta

favorisce lacondivisione delleAttività (Hp2, Hp5)

reciprocità

DIADE su Attività Comuni

individuo i

individuo j

attività ij

partecipa

partecipa

reciprocità

DIADE PRIMARIA (Hp 6)

RelazioneAffettiva

favorisce laRelazione Affettiva

(Hp3)

individuo i

individuo j

ATTIVITA' ijSTRUTTURATA

partecipa

partecipa

reciprocità

DIADE EVOLUTIVA (Hp7)

RelazioneAffettiva

Relazione Affettivacon caratterere

POSITIVO eAMBIVALENTE

Relazione Affettiva con carattere NEGATIVO e ASIMMETRICO

tendenza a Disgregare la DIADE PRIMARIA

Ostacolo all'Apprendimento basato su OSSERVAZIONE

condivisa

Fig. 33 – Evoluzione della Diade

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Dato il carattere dinamico che distingue la teoria di Bronfenbrenner, è ovvio che qualunque modificazione evolutiva coinvolga il membro di una Diade tenderà ad indurre altrettanto sull’altro membro49, ma in termini di impatto sull’apprendimento e sullo sviluppo, esiste un ultimo aspetto di cui bisogna tener conto: Ipotesi 8

Il grado di adeguatezza di una DIADE in quanto contesto efficace per lo sviluppo dipende dall’esistenza e dalla natura di altre relazioni diadiche con terze persone. La potenzialità evolutiva della DIADE in questione è accresciuta nella misura in cui ciascuna delle DIADI esterne implica sentimenti reciprocamente positivi e i terzi coinvolti in esse sono di sostegno alle attività attinenti lo sviluppo esibite dalla DIADE presa in considerazione. Inversamente, la potenzialità evolutiva della DIADE è pregiudicata nella misura in cui ciascuna delle DIADI esterne è caratterizzata da antagonismo reciproco, o i terzi coinvolti in esse scoraggiano o interferiscono con le attività attinenti lo sviluppo della DIADE in questione.

Questa ipotesi afferma l’opportunità che la Diade interagisca con altre Diadi, parlando qui evidentemente in ambito di mesositema, ovvero di situazioni ambientali distinte alle quali partecipa l’individuo; ma soprattutto si mette a fuoco il danno potenziale che può essere generato da forme di antagonismo tra esse; riducendo le dimensioni potremmo pensare ad una Diade madre-figlio ed un’altra padre-figlio in antagonismo, ovvero padre e madre non la pensano alla stessa maniera e inducono forze opposte che, intuitivamente, possono quasi fisicamente determinare uno stallo.

6.3.4.3.3 – Osservazioni Accostarsi a teorie complesse produce spesso due diversi tipi di atteggiamento, che poi in fondo rimangono potenzialmente convergenti.

Da una parte si tenta di assimilare la dimensione più concettuale, quella che, dall’anima, permetterà tutto sommato di rileggere la quotidianità sotto una luce più profonda e consapevole: se ora possediamo l’idea ecologica di Bronfenbrenner molte cose ci appaiono più chiare e questo ci aiuterà sicuramente, o almeno maggiormente, a prevenire la ricaduta in errori strategici del nostro comportamento. Per chi opera in un settore dedicato all’infanzia questa comprensione, questa assimilazione, è indubbiamente vitale già di per sè, per non dire che possa addirittura rappresentare segno distintivo in termini di qualificazione della propria attività. Ma se come alcuni sostengono, un nodo qualitativo dei servizi per l’infanzia è bene che sia quello della Qualità del Sapere concependo le strutture stesse come luogo di ricerca e di innovazione da esportare50, ci pare importante non sottrarci all’impegno di tentare un draft applicativo anche da questa teoria, per quanto complessa, con lo stesso spirito esplorativo che ci ha mosso nei confronti di Piaget e Vygotskij. A titolo preliminare osserviamo che già dalla teoria così come l’abbiamo presentata, in questa sintesi esigua, riceviamo forti indirizzi di metodo. La gran parte delle affermazioni che Bronfenbrenner compie nello sviluppo della sua teoria, presuppongono la possibilità, e addirittura la necessità, di compiere osservazioni, molto spesso con raggio piuttosto ampio trasversalmente alle strutture concentriche dell’ambiente ecologico che viene definito; quest’ultimo fortunatamente non è più una classe di entità misteriose, non è più vago o impenetrabile e consente la focalizzazione di molti degli elementi dinamicamente in gioco rispetto ad un individuo considerato. A stretto rigore se ci domandiamo quale sia il progresso dello sviluppo di un individuo, ovvero se ricadiamo ancora una volta nella logica del confronto tra uno stato attuale e uno stato atteso che permetta una conclusione logica, scopriamo questa volta che la possibilità di definire quello che abbiamo chiamato stato attuale ammette una tale precisione che la necessità di questo confronto potrebbe decadere. Per cominciare vogliamo sostenere che data una capacità di ricostruire la struttura delle situazioni ambientali a livello di microsistema, al dettaglio delle Diadi esistenti e coinvolte, nonchè delle situazioni di esosistema, evidentemente da definirsi in base ai membri che abbiamo individuato in ciascuna Diade e in ciascun microsistema, otterremo un quadro di ingresso decisamente più fedele, rispetto a quanto potevamo aspettarci fino a Piaget compreso, di quello che può essere lo stato iniziale di un individuo nella sua dimensione dinamica.

49 Proposizione C. 50 Lo sostiene Walter Fornasa, docente di epistemologia genetica presso l’Istituto di Psicologia dell’Università di Parma, nel suo intervento Le Qualità della Qualità pubblicato nella raccolta Prima Infanzia Realtà e Magia Insieme per la Costruzione del Vivere con Agio, a cura di P.O. Costi, Iacopo – Meiattini Edizioni.

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Il confronto con uno stato atteso passa in second’ordine se si tiene conto che disporre di un quadro preciso dello stato iniziale significa, secondo quanto abbiamo appreso, avere una ottima sensazione sull’esistenza in partenza di condizioni favorevoli o sfavorevoli allo sviluppo, cosa che ci permette di disporre azioni preventive per tempo. Un raffronto di verifica sulle attese secondo le considerazioni svolte in merito agli stadi di Piaget, che permangono i più puntuali tutt’ora, sarà sempre possibile quanto appunto attività di seconda battuta. Le definizioni di Bronfenbrenner relativamente a transizione ecologica ed alla sua validità, sono quanto di più esatto si potesse sperare per poterle scientificamente riconoscere; analogamente l’osservazione del progredire delle attività, da molari a complesse, nell’ambito delle Diadi è certamente plausibile, ed altrettanto fattibile è l’osservazione relativa allo stato di progresso delle Diadi stesse, per come ci sono presentate.

A dire il vero, in tema di servizi per l’infanzia, di istituzioni infantili, Bronfenbrenner spende esplicitamente notevoli energie; tralasciando Definizioni relative propriamente alla prassi sperimentale che non è oggetto del nostro studio, proponiamo un presupposto generale sull’argomento, e di seguito una serie di Ipotesi specifiche.

Proposizione H

Se situazioni ambientali differenti hanno effetti differenti sullo sviluppo, allora questi effetti dovrebbero riflettere le principali differenze ecologiche tra le situazioni ambientali in questione, espresse in strutture contrastanti in attività, ruoli e relazioni. L’affermazione si richiama alla problematica delle Diadi antagoniste che, a maggior ragione parlando di

strutture esterne alla famiglia, richiede opportuna valutazione. Le successive due Ipotesi trattano, a titolo generale, di quelli che possiamo intendere come requisiti minimi

delle strutture in termini di competenza e caratteristiche spaziali; non è casuale che Bronfenbrenner parta ponendo l’attenzione sulla componente relazionale.

Ipotesi 15

È molto probabile che un ambiente istituzionale risulti dannoso per lo sviluppo infantile se sono compresenti le seguenti condizioni: l’ambiente fornisce scarse occasioni di interazione bambino-figura allevante nel corso di attività diversificate; la situazione ambientale fisica limita le possibilità di movimento e contiene pochi oggetti utilizzabili dal bambino nella sua attività spontanea.

Ipotesi 17 Il ritardo nello sviluppo dovuto all’istituzionalizzazione si può evitare o annullare collocando il bambino in un ambiente che presenti le seguenti caratteristiche: una situazione ambientale fisica che permetta di muoversi e che contenga degli oggetti utilizzabili dal bambino nella sua attività spontanea; delle figure allevanti disponibili a interagire con il bambino nel corso di attività diversificate; la disponibilità di una figura parentale nei confronti della quale il bambino possa sviluppare un attaccamento intenso.

Quest’ultimo inciso sulla disponibilità di una figura parentale, trova corrispondenza nelle prassi che osserveremo nella terza parte, in quel periodo inziale di ingresso nelle strutture, detto di inserimento. Bronfenbrenner codifica il carattere di progressivo aumento della complessità nelle attività da proporre al bambino nelle seguenti tre ipotesi. Ipotesi 19

La potenzialità evolutiva di una situazione ambientale aumenta nella misura in cui l’ambiente fisico e sociale che essa configura permette alla persona in via di sviluppo di impegnarsi in attività molari progressivamente più complesse, in strutture d’interazione reciproca e in relazioni diadiche primarie con altre persone che partecipano della stessa situazione ambientale, e la motiva a farlo.

Ipotesi 20 Gli effetti immediati e a lungo termine di un’esperienza in situazioni ambientali di gruppo nella prima infanzia non si rifletteranno tanto nei punteggi ottenuti in test di intelligenza e di rendimento o nei processi di interazione quanto, soprattutto, nella natura e varietà delle attività molari esibite dal bambino e nel mutato carattere del suo comportamento e delle sue relazioni nei confronti di adulti e coetanei. (nota: situazioni ambientali di gruppo sono in grado di incrementare lo sviluppo di competenze cognitive e culturali)

Ipotesi 21 La situazione ambientale di gruppo è in grado di incrementare lo sviluppo di competenze cognitive e culturali nei bambini piccoli nella misura in cui gli educatori e il personale della scuola dell’infanzia, nelle loro interazioni con essi, esibiscono comportamenti che stimolano, sostengono ed incoraggiano attività centrate su un compito. Esempi di tali comportamenti sono il porre domande, l’istruire, il rispondere, il lodare, il confortare. Quanto più spesso gli adulti esibiscono comportamenti di questo tipo tanto più i bambini diventano capaci di impegnarsi in attività centrate su un compito e di tipo cooperativo (perseverare nei compiti, pensare, contribuire con idee, fornire opinioni, lavorare insieme).

Di particolare interesse, come vedremo nella terza parte, è la problematica del rapporto numerico tra adulto e bambini nelle strutture; l’Ipotesi seguente sancisce concettualmente l’importanza del rispetto continuo istante per istante di un limite a questo rapporto.

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Ipotesi 22

L’abilità che educatori o insegnanti di scuola d’infanzia dimostrano nell’impegnarsi in attività che favoriscono lo sviluppo infantile dipende da determinate proprietà della situazione ambientale che variano con l’età del bambino. In situazioni ambientali di cui partecipano bambini al di sotto dei 3 anni, e in cui il gruppo è relativamente piccolo, il rapporto numerico adulto-bambini è un fattore cruciale nel determinare la capacità che gli educatori dimostrano di impegnarsi in quel tipo di interazione reciproca, faccia a faccia, che sembra essere la più efficace per soddisfare i bisogni del bambino piccolo e facilitarne lo sviluppo...

L’Ipotesi seguente sarà rilevante nelle nostre analisi poichè affronta il problema del porre un limite alla durata giornaliera del servizio. Ipotesi 23

I bambini che sono stati allevati fin dalla prima infanzia in situazioni ambientali di gruppo per la gran parte della giornata esibiscono con più probabilità comportamenti egocentrici, aggressivi e antisociali sia negli anni prescolari che durante la fanciullezza e l’adolescenza. Tale effetto è particolarmente marcato nei maschi; esso è mediato dal gruppo dei coetanei e si verifica più facilmente in quelle società che incoraggiano, nei gruppi infantili e soprattutto in quelli maschili, espressioni di individualismo, aggressività e indipendenza.

La complessità e varietà delle attività molari hanno una funzione biunivoca rispetto allo sviluppo, se da una parte influiscono fortemente su di esso, e vanno quindi create ed offerte, dall’altra sono la testimonianza che in altre situazioni ambientali uno sviluppo è accaduto, facendo fede al principio di validità ecologica citato. Ipotesi 24

La varietà e la complessità delle attività molari che il bambino è in grado di esibire e in cui si impegna nella situazione dell’asilo nido o della scuola d’infanzia influiscono sul suo sviluppo, così come si manifesta nella varietà e complessità delle attività molari che egli esibisce in altre situazioni ambientali, come la famiglia e, successivamente, la scuola.

Pari importanza hanno naturalmente le strutture interpersonali al nido. Ipotesi 25

La natura e la complessità delle strutture interpersonali che il bambino può utilizzare e nelle quali può essere coinvolto nella situazione ambientale dell’asilo nido o della scuola dell’infanzia influiscono sul suo sviluppo così come riflesso dalla natura e complessità delle strutture interpersonali che il bambino inizia o in cui è coinvolto in altre situazioni ambientali, come la famiglia e, successivamente, la scuola.

Infine, l’ultima ipotesi che riportiamo è ancora inerente al metodo, trattando questa volta la componente

dell’equilibrio del potere.

Ipotesi 26 Il potenziale evolutivo della situazione asilo nido o scuola dell’infanzia dipende dalla misura in cui gli educatori creano e mantengono l’opportunità per i bambini di essere coinvolti in attività molari diverse e progressivamente più complesse, e in strutture interpersonali commisurate alle capacità in evoluzione del bambino stesso, configurando un equilibrio di potere tale da permettere al bambino di introdurre innovazioni sue proprie.

Come si vede, cercando dei parametri generali che ci dicano se una struttura è correttamente disposta rispetto alla teoria di Bronfenbrenner, o ancora se possa migliorare la propria operatività da questo punto di vista, l’impresa non è tanto inaudita: quasi tutte le Ipotesi riportate sembrano infatti chiamare ad una assai circospetta opera di monitoraggio, persino su aspetti raffinati, quali l’osservazione dell’incremento nel grado di complessità e varietà delle attività molari che un figliolo ci farà vedere al suo ritorno a casa.

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6.3.5 – Teorie dell’Educazione

Avviandoci verso la conclusione della Seconda Parte presentiamo alcuni cenni su due personalità che riteniamo abbiano dato un contributo significativo per quanto riguarda l’evoluzione degli aspetti più direttamente didattici maturati a partire dalle scienze e dalle filosofie sull’apprendimento e sullo sviluppo.

6.3.5.1 – John Dewey51 Dewey, a cavallo del novecento, diviene il padre della cosiddetta educazione progressiva, per la quale l’apprendimento vive della interazione con gli altri, con l’ambiente rispetto al quale cerchiamo di adattarci, e soprattutto vive di un continuo processo di sperimentazione, di indagine fattiva fatta di formulazione di ipotesi e della loro verifica. La sua filosofia educativa, estremamente pragmatica, è spesso definita strumentalista e si basa sull’idea che l’istruzione non sia favorita da quella forma di insegnamento dogmatico tipica di quell’epoca di forte incremento della scolarità americana, quanto da una specie di learning-by-doing, imparare facendo, che ci fa capire il peso che Dewey assegna all’esperienza diretta, sul campo. Una rappresentazione del processo di riflessione che secondo Dewey supporta il pragmatismo del suo approccio, è quella della seguente Figura34. Suggestione Iniziale

Intellettualizzazione

Formulazione Ipotesi

Ragionamento(elaborazione mentale)

Verifica Ipotesi tramite Azione

Ambiente

Situazione Confusa e Dubbia

Difficoltà Individuate

Idea Guida

osservazioni e dati Raccolta di Osservazionie Dati

- idea - ampliamento conoscenze - collegamento con altri pensieri

metodo dirisoluzione

Modifiche all'Idea e alMetodo

[ insuccesso ] modifiche

Fig. 34 – Fasi della Riflessione A Dewey si deve lo sforzo di rendere la pedagogia una scienza autonoma e sperimentale.

Il valore dell’esperienza diretta è immediatamente visibile, attraverso la presenza di fasi specifiche che si imperniano sulla Raccolta e Osservazione di Dati e sulla Verifica delle Ipotesi formulate. Quello che Dewey teorizza è una forma di apprendimento sperimentale, per il quale esso si presenta come un processo dialettico che integra esperienza, concetti, osservazioni e azione.

51 1859-1952. Filosofo con forti influenze da Hegel, Peirce e Darwin in particolare. I suoi testi fondamentali sono Il mio Credo Pedagogico, 1897, e Scuola e Società, 1899.

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Rispetto ad un impulso esterno è indispensabile posporre l’azione, per lasciare spazio all’intervento dell’osservazione e del giudizio: l’azione sarà essenziale per il conseguimento del fine. Costruttivamente, anche l’errore ha una dimensione fondamentalmente istruttiva, come ben vediamo nella figura in cui il caso di insuccesso è il passaggio obbligato per la modifica del metodo e la riproposizione di ipotesi. Non stupisce che Dewey, nel suo tempo, si sia attirato notevoli inimicizie proponendo una visione come questa, che implica in modo non nascosto un preciso approccio didattico imperniato sull’organizzazione e la proposta continua di attività significative e rilevanti, risultando fiero oppositore sia delle scuole comuni di allora, di avviamento al lavoro, sulle quali l’industria proponeva la riduzione dell’obbligo scolastico, sia della scuola tradizionale caratterizzata, secondo Dewey, da eccessi disciplinari e dogmatici52.

6.3.5.2 – Jerome Seymour Bruner53 Alla Conferenza di Woods Hole, nel 1959, che spera di proporre e promuovere un nuovo modello educativo e

didattico, Bruner dirige i lavori e presenta la sua relazione conclusiva dal titolo Dopo Dewey. Si ritiene che questo sia il momento in cui la pedagogia nordamericana e occidentale diviene strutturalista. Bruner ha naturalmente una sua idea esatta di come funzioni il processo di sviluppo cognitivo, e con alcune

metafore chiarificatrici, presenta un concetto come quello schematizzato nella seguente figura.

Ambiente Apparato Percettivo

Categorizzazionedell'Oggetto (Concetto)

Fattori Sociali Oggetti

Strategia di Ricezioneesame simultaneo (sincronico)esame successivo (diacronico)messa a fuoco conservatricetentativi e prove successiveCategoria Congiuntiva

(collezione di attributi comuni a oggetti o eventi)

Rapporto di Identità Rapporto di Equivalenza

classificazione delle informazioni col minimo sforzo mnemonico e

senza errori

Pensiero AnaliticoConoscenza Intuitiva

Uso Simboli e Metafora

Dato Unico e Identicodel Mondo Oggettivo

unità logico-discorsiva

mediazione tra realtà empirica e significato mentale comunicabile

Mano dx (emisfero Sin) Mano Sin (emisfero Dx)

natura sintetica (esperienza artistica)

Fig. 35 – Processo di Sviluppo Cognitivo

52 A seguito di queste polemiche che lo coinvolgevano duramente, nel 1904 Dewey lasciò il suo posto di docente all’Università di Chicago per trasferirsi alla Columbia University di New York, dove organizzò una scuola sperimentale finanziata dai genitori degli alunni; in questa scuola restò fino al termine della sua carriera. 53 1915. Nel 1960 ha scritto Il Processo Educativo, sulla necessità di un rinnovamento curricolare basato sulle teorie dello sviluppo cognitivo.

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Vediamo un dettaglio piuttosto puntuale sui due meccanismi percettivi che secondo Bruner tutti utilizziamo per la ricezione e la elaborazione delle informazioni provenienti dall’ambiente circostante, meccanismi ricondotti alle attitudini governate dai due emisferi cerebrali.

Lo Sviluppo Cognitivo si evolve attraverso tre fasi principali che contraddistinguono profondi cambiamenti qualitativi della struttura psichica, una fase di rappresentazione attivante, distinta da azioni finalizzate ad un risultato, una fase di rappresentazione iconica, in cui un concetto è raffigurato per immagini, ed una fase di rappresentazione simbolica, in cui il pensiero si avvale di proposizioni derivate da un sistema di regole o leggi di formazione e trasformazione dei giudizi.

Quest’ultimo stadio ci conduce a quello che nelle teorie di Bruner rappresenta l’aspetto più innovativo in termini educativi e pedagogici, con il quale travalica appunto i confini della continuità sperimentale, già notevoli ed avanzati, di Dewey.

Se la fase finale dello sviluppo cognitivo è giocata sulla capacità di formulare e trasformare giudizi, ciò significa che esiste una specie di forma di apprendimento che attinge dall’interno reiteratamente, con il fine di revisionare i concetti noti in presenza di ulteriori informazioni.

In buona sostanza Bruner pensa che l’apprendimento sia un processo attivo in cui il soggetto si costruisce nuove idee o concetti basandosi sulla propria conoscenza attuale o passata.

Questo somiglia dunque ad un processo di revisione continua che può alimentarsi evidentemente grazie a circostanze ripropositive, che possano sottoporre elementi aggiuntivi rispetto alle idee consolidate.

Bruner raffigura questa attività con la geometria della spirale, per sottolineare la ricorsività del processo. Questa visione ha forti implicazioni sul piano pedagogico e, in generale, educativo. Cessare la proposizione in presenza di un concetto che ci appare acquisito limita inevitabilmente la possibilità

di espansione del concetto stesso che, in qualche modo, l’individuo matura dall’interno della sua conoscenza.

6.4 – Le Intelligenze Multiple

E’ dura a morire tra la gente una forma di pensiero massimalista per cui, bene o male, lo sviluppo dei bambini segue più o meno delle tappe temporalmente omogenee. Ad una certa età si sa camminare, ad un’altra il linguaggio si struttura e, si dice, le femmine avanzano prima, i maschi dopo, e così via. Si tratta appunto di una posizione la cui origine, ovviamente del tutto al di fuori dalla scienza, si richiama ai meandri della domanda sociale, dell’organizzazione che abbiamo sviluppato che richiede una media uniformità, una conformità che se mancasse complicherebbe l’articolazione delle sue strutture, dalle scuole fino al mercato del lavoro.

Siamo certi che gran parte delle scuole di pensiero, delle correnti scientifiche tra quelle che hanno contraddistinto l’evoluzione dell’umanità, avrebbero scommesso tutto su questo genere di certezze, e questo per un motivo che poi è sotto gli occhi di tutti, da generazioni: seppure con una certa tolleranza, le tappe temporalmente omogenee effettivamente appaiono nella realtà, si manifestano nella nostra vita: si può davvero sostenere che, in genere, i bimbi imparano a camminare, imparano a parlare, non oltre una certa età e non prima di un’altra. Qual è allora il problema? Howard Gardner è nato nel 194354 ed è individuo di grande intuito. Pur non essendo, a suo stesso dire, il padre storico della dottrina delle Intelligenze Multiple ne risulta indubbiamente il massimo artefice ed esponente55. E’ oggi possibile a chiunque accedere via Internet ai numerosi siti che forniscono delucidazioni, riepiloghi e aggiornamenti sul lavoro di Gardner, cosicchè la sua teoria è facilmente avvicinabile. In sintesi si tratta di questo.

Se gli esseri umani funzionassero come si è supposto da secoli, con il cervello che si sviluppa ad unicum, rifinendo tutt’al più le sue facoltà come una specie di avanzamento a comparti, sotto un controllo centrale detentore di

54 Grande figura del moderno strutturalismo e della Scienza Cognitiva. Una ventina di libri pubblicati, oltre 400 articoli rivolti alle audience più diverse per diffondere i dettami delle scienze umane moderne. Laureato ad Harvard nel 1965, dal 1971 ha compiuto la gran parte delle sue ricerche presso l’Harvard Medical School e il Boston University Aphasia Research Center svolgendo studi su soggetti affetti da lesioni cerebrali. 55 Il testo di riferimento, molto rinomato, è stato pubblicato in edizione originale nel 1983 con il titolo Frames of Mind. The Theory of Multiple Intelligences, da Basic Books. L’edizione italiana del 1987, a cura di Feltrinelli, dava il titolo Formae Mentis, Saggio sulla Pluralità dell’Intelligenza.

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funzionalità di base che fanno da riferimento per le periferiche, avvalendosi di potenti risorse condivise come la memoria, in moto da chissà quando, non si spiegherebbero alcuni fenomeni particolari. Esistono persone gravemente lesionate in grado di esprimere non tutte le facoltà, ma alcune sì. Persone con ritardo deambulatorio dovuto a gravi asportazioni traumatiche, sanno fare mirabilmente musica. Persone con eccellenti doti linguistiche e letterarie, capaci di cogliere ed esprimere significati tra i più profondi, sono del tutto inefficaci messe davanti ad un problema con le quattro operazioni elementari. Esagerando magari, ma così via. Gli esseri umani, a quanto pare, non funzionano così. La mente è l’insieme di una quantità di intelligenze quasi separate, quasi indipendenti, che possono comunque, questo senz’altro, svilupparsi indipendentemente le une dalle altre. Quelle che più abitualmente chiamiamo facoltà mentali, sono intelligenze e non altro, ma l’equivalenza terminologica, pur impropria a questo punto, ci può aiutare a cogliere il senso della teoria: quante volte infatti sappiamo riconoscere in qualcuno, se non in noi stessi, qualche spiccata propensione o qualche altrettanto categorica inettitudine del terreno intellettivo. Bisogna però essere prudenti.

Gardner, che ad oggi ha identificato 8 intelligenze distinte, fissa dei connotati esatti per il riconoscimento qualificato di una intelligenza, poichè, dichiara, le 8 intelligenze che ha individuato molto probabilmente non sono che il primo gruppo di una serie, che potrebbe anche essere inaspettatamente smisurata. Si stabilisce quindi che per l’identificazione di un’intelligenza nel senso che abbiamo detto siano necessarie le seguenti quattro caratteristiche: 1 – che sia un insieme di competenze tali da mettere in grado un individuo di risolvere gli autentici problemi che incontra nella vita; 2 – che implichi l’abilità di creare un prodotto o servizio effettivo che rappresenti un valore nella propria cultura; 3 – che costituisca il potenziale necessario a scoprire o creare problemi tali da permettere all’individuo di acquisire nuova conoscenza; 4 – che presenti una locazione identificabile nel cervello umano in cui questi tipi di pensieri sono processati. Secondo Gardner le 8 intelligenze identificate fino ad ora sono quelle riportate nella tabella sottostante.

Intelligenza Definizione Prodotto Finale Verbale / Linguistica La abilità di pensare in parole e di usare il linguaggio per

esprimere ed apprezzare significati complessi Poeti, Giornalisti Oratori

Logica / Matematica L’abilità di calcolare, quantificare, considerare proposizioni e ipotesi, e risolvere operazioni matematiche complesse

Matematici, Scienziati Detective

Naturale La capacità di osservare, interpretare e costruire significati dal mondo naturale

Naturalisti, Etologi Guide

Corporale / Cinestetica La capacità di manipolare oggetti e usare una varietà di competenze fisiche incluse le abilità motorie larghe e fini

Atleti, Danzatori Chirurghi

Visuale / Spaziale L’abilità di pensare sia in due che in tre dimensioni Marinai, Piloti, Scultori Pittori, Architetti

Musicale / Ritmica La capacità di discernere e utilizzare timbri, toni e ritmi Compositori, Musicisti Direttori d’orchestra Cantanti

Interpersonale La capacità effettiva di capire e interagire con gli altri Insegnanti, Attori Assistenti sociali Politici

Intrapersonale La capacità di comprendere sè stessi tramite processi di riflessione, inclusivi di pensieri e sentimenti

Psicologi, Filosofi Leader spirituali

Tab.6 – Le Otto Intelligenze di Howard Gardner

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Essendo la situazione in continua evoluzione, da qualche tempo Gardner ha in animo di proporre una ulteriore intelligenza, che definisce esistenziale, descritta dalla capacità di preoccuparsi di contenuti ultimi, di temi spirituali elevati, e che si richiama a figure particolarmente carismatiche, religiose, dell’umanità. Gardner comunque dice: “nel presentare la mia teoria sulle intelligenze multiple, generalmente introduco ogni intelligenza attraverso un ‘prodotto finale’, cioè un ruolo socialmente riconosciuto e ritenuto valido che appare come strettamente legato ad una particolare capacità intellettuale. Così scelgo un poeta per indicare l’intelligenza linguistica, uno scienziato informatico per la logico-matematica, un venditore o uno psicologo clinico per l’interpersonale e così via.”56 Una intelligenza dunque deve innanzi tutto tradursi in un prodotto, e deve essere infine ascrivibile ad una qualche area fisica del cervello; è dagli anni di studio sulle lesioni cerebrali che Gardner valuta di aver potuto localizzare le prime 8 intelligenze. E’ inoltre significativo il suo pensiero, anche nell’ottica che abbiamo cercato di mantenere fino a questo punto, di particolare attenzione alla definizione e al ruolo dell’ambiente. Ci tranquillizziamo quindi osservando che esso anche nella presente circostanza continua ad avere un peso determinante: è infatti l’apprezzamento da parte del contesto che costituisce uno dei criteri per riconoscere una intelligenza, ovvero, essa potrebbe teoricamente non essere più tale in condizioni contestuali differenti entro cui un suo prodotto non abbia motivo di valorizzarsi. Si noti che questo non significa parlare di facoltà che siano necessariamente esprimibili da tutti poichè, come è ad esempio il caso della intelligenza musicale o di quella logico-matematica di Gardner, la stessa eventualità di distinguersi rispetto alla media della massa non costituisce affatto un fattore estraneo ai contesti culturali che l’umanità ha manifestato fino ad oggi; le società hanno conferito sempre un ruolo rilevante alle genialità, alle personalità di livello alto, attraverso le quali forse riescono a liberare aspirazioni collettive altrimenti non risolubili. Ora, ad onta delle nostra particolare predilezione nei confronti di Gardner, in questa sede ci limitiamo a cogliere dalla Teoria delle Intelligenze Multiple, un indirizzo che sarà fondamentale per gli scopi del presente studio. La posizione dominante, massimalista, di cui dicevamo in apertura, non trova fondamento. Pur potendo continuare ad osservare il sussistere di una certa uniformità nella media dei percorsi di sviluppo su larga scala, faremmo un errore madornale se decidessimo di stimare l’intelligenza, e quindi lo sviluppo, secondo una base consuntiva; la lezione delle Intelligenze Multiple ci dice che potremo assistere allo sviluppo particolare di una di esse anche in assenza del pari sviluppo di un’altra e che per ogni singolo individuo il maggiore o minore sviluppo di ciascuna di questo otto o nove intelligenze ci fornirà nient’altro che un quadro della sua personalità in un dato momento. Completamente estranei dunque alla logica sociale del confronto meritocratico che fa così grande ritorno in questa epoca di prassi globali, riteniamo invece che anche se sarà certo inevitabile che il processo educativo comporti fisiologicamente lo sforzo di trasmettere regole e canoni consolidati e, come tali puntualmente travestiti da verità assoluta un’epoca dopo l’altra, la posizione che scegliamo definitivamente sarà quella di saper fornire ad ogni singolo individuo i migliori strumenti per lo sviluppo di ogni intelligenza, da utilizzarsi nei modi e nei tempi che saranno, per trovarsi infine in grado, ricordando Bronfenbrenner, di valutare e possibilmente ristrutturare le proprietà ambientali.

56 Dal suo intervento al Congresso Internazionale del CNIS sui Progressi nella Ricerca sui Disturbi di Apprendimento e l’Handicap, tenutosi a Brescia nel 1998, i cui atti sono pubblicati nel testo Intelligenze Multiple in una Società Multiculturale, Edizioni Junior, 1999.


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