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Semantica dei nuovi media: il wikivocabolario (quinta versione)

Date post: 09-May-2015
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Quaranta parole-chiave (aggiornabilissime) per chi lavora online e sui social media: strategie, tattiche, buone pratiche, strumenti, opportunità e limiti.
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Semantica dei nuovi media: il wikivocabolario (quinta versione) Quaranta parole-chiave per chi lavora online: strategie, tattiche, strumenti, opportunità e limiti di Dino Amenduni Milano IULM Master MASPI 6 Giugno 2013
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Page 1: Semantica dei nuovi media: il wikivocabolario (quinta versione)

Semantica dei nuovi media: il wikivocabolario(quinta versione)

Semantica dei nuovi media: il wikivocabolario(quinta versione)

Quaranta parole-chiave per chi lavora online: strategie, tattiche, strumenti, opportunità e limiti

Quaranta parole-chiave per chi lavora online: strategie, tattiche, strumenti, opportunità e limiti

di Dino Amenduni

Milano IULM Master MASPI6 Giugno 2013

di Dino Amenduni

Milano IULM Master MASPI6 Giugno 2013

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Proforma / Un blog aziendale: perché?

Chi sonoMi chiamo Dino Amenduni([email protected] - http://about.me/dinoamenduni)

Sono il responsabile dei nuovi media e consulente per la comunicazione politica per l’agenzia Proforma di Bari (www.proformaweb.it)

Sono collaboratore e blogger per Finegil-Gruppo Espresso e formatore (su social media marketing e comunicazione politica)

Tutte le mie presentazioni sono disponibili gratuitamente (sia consultazione che download) all’indirizzo: www.slideshare.net/doonie

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Cos’è un wikivocabolario?Un wikivocabolario è un dizionario aperto ai contributi di chi leggerà questo documento (scrivetemi!) e costantemente aggiornato per tenere conto delle continue evoluzioni delle piattaforme di comunicazione digitale (in particolare i social media) e delle relative pratiche di utilizzo per finalità commerciali, istituzionali, sociali, politiche.

È un dizionario perché è un elenco (tassonomia), seppur non esaustivo, di parole-chiave che possono servire come cassetta degli attrezzi per chi lavora online.

È “wiki” perché vive e cresce nella logica del miglioramento continuo della tassonomia, grazie al contributo libero degli utenti che vorranno dire la loro.

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0. Premessa

Conoscere è il primo passo verso una soluzione.

(Vittorio Arrigoni)

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1. Autocomunicazione(di massa), cioè l’evoluzione dei meccanismi di trasmissione di messaggi a pubblici molto grandi. Dalla logica top-down, di stampo televisivo (un mittente, un messaggio, una massa di destinatari), a una nuova diffusione globale dei messaggi, basato sulla possibilità di ogni utente di scegliere come informarsi ed essere informato. Quando tutti parlano dello stesso tema, ma in modo personalizzato, questa modalità di comunicazione è “di massa”, ma anche “individuale” (vedi referendum 2011).

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2. BlogQualsiasi organizzazione, soprattutto quelle a forte tasso di rilevanza mediatica, dovrebbe avere un blog. È uno spazio dove ospitare linguaggi e contenuti “a metà strada” tra il sito istituzionale e i social media che, proprio per la loro natura, richiedono un comportamento quanto più simile alle abitudini degli utenti. Un blog può servire a raccontare le storie di chi è nelle organizzazioni, o come un prezioso archivio di informazioni più difficili da ritrovare sui social media a distanza di tempo.

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3. BudgetSe hai deciso di spostare il fuoco della tua comunicazione sui social media perché “costa meno”, probabilmente hai ragione. Ma se pensi che si possano fare campagne no-cost o troppo low-cost, ti sbagli. Parlare a platee molto ampie richiede un lavoro professionale, dunque competenze, e investimenti degni di una comunicazione professionale, online come offline. La qualità è più importante del portafoglio nel determinare il successo di un contenuto, ma la qualità costa.

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4. CrisiOgni organizzazione esposta mediaticamente ha a che fare (regolarmente) con crisi di comunicazione. La differenza con la comunicazione tradizionale è che online le crisi sono spesso pubbliche, e quindi devono essere gestite pubblicamente. Le crisi si trasformano in opportunità se si ha l’umiltà di riconoscere i propri errori (quando si è sbagliato), la capacità e la volontà di metterli a posto, magari grazie alla collaborazione della persona che ha generato quella crisi.

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5. CronoprogrammaQuando avete tante cose da dire e tanti obiettivi da raggiungere contemporaneamente, può essere utile pianificare la pubblicazione dei contenuti sulla base dei momenti di massimo interesse per i vostri lettori (esempio: se siete un giornale sportivo, aumentate l’intensità nel weekend). Un piano giornaliero e un piano settimanale (flessibile, ovviamente) delle priorità vi aiuteranno a non avere l’ansia da pubblicazione (per le strategie di timing, a cui io non sono molto affezionato, clicca qui).

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6. DatiÈ finita l’era delle intuizioni, degli sciamani, degli spin doctor che vanno a istinto, dei grandi esperti, dell’esperienza sul campo. Sta iniziando l’era dei dati, delle analisi, delle cifre, delle parole, delle stime. I dati sono ovunque, chiedono solo di essere ordinati e, soprattutto, interpretati. Qualche anno fa i dati erano preziose risorse in mano ai più ricchi (gli unici a poterli comprare), oggi sono a disposizione di tutti, gratis o quasi. Serve studiarli, ogni giorno. Ma ne vale la pena.

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7. DissensoNessun politico vince le elezioni col 100% dei voti (neanche Lukashenko in Bielorussia). Nessun essere umano può risultare simpatico a TUTTE le persone che conosce. Vale anche per me. Ci sarà certamente qualcuno che mi considera antipatico, o che considera questo lavoro non all’altezza. Il dissenso fa parte della natura delle relazioni umane. Avere un rapporto positivo e sereno col dissenso (e coi commenti negativi) migliorerà di gran lunga la qualità del vostro lavoro online, e vi renderà più sereni.

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8. EditingQuando hai solo due minuti per leggere un giornale, come scegli le notizie da leggere? Probabilmente ci si basa su elementi di facile decodifica: titolo, didascalie, fotografia scelta. Sui social media, in contesti ad altissimo rischio di overload informativo, si deve curare ogni dettaglio (incluse descrizioni, tag, anteprime) perché questi dettagli possono fare la fortuna di contenuto, talvolta (purtroppo) a prescindere dalla qualità dello stesso.

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9. Effetto StreisandPorta il nome di Barbra Streisand, che qualche anno fa chiese di rimuovere una foto di una sua villa a Malibu perché ritenuta lesiva della sua privacy e pubblicata su Internet. Risultato: la foto fu condivisa da tantissimi utenti online. Morale: i comportamenti ritenuti censori, soprattutto se chiaramente unidirezionali (top-down) generano un effetto boomerang e l’allargamento della crisi comunicativa. Quando ti viene voglia di cancellare qualche commento che non ti piace, ripensaci.

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10. Facebook23 milioni di utenti nel 2013 in Italia (erano 600mila nel 2008, +3200%). Un italiano su tre ha un profilo. Neanche la finale dei mondiali di calcio vi permetterebbe di raggiungere questo pubblico potenziale. Sperimentare sempre nuovi social media è cruciale, ma è impensabile pensare di poter prescindere da Facebook, in Italia, se si vuole comunicare efficacemente online (rapporto utenti Facebook-Twitter nel mondo: 2 a 1; in Italia: circa 6 a 1).

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11. FakeQuando si trova una notizia online, quando si legge un tweet di un profilo di un personaggio pubblico, quando si nota che una notizia bizzarra sta circolando molto in Rete, dedicate un po’ di tempo a verificarne l’attendibilità prima di condividerla. Cadere nella trappola delle “bufale” troppo spesso può minare la vostra stessa autorevolezza come utenti/informatori e, dunque la vostra credibilità all’interno delle reti sociali.

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12. FeedbackQuando un amico commenta una cosa che hai scritto, tu gli rispondi? Probabilmente sì. Se sei un social media manager di un’organizzazione, è importante fare lo stesso. Ignorare è una soluzione comoda ma pericolosa. Ma anche rispondere senza far tesoro di ciò che si è imparato (dagli utenti) è uno spreco imperdonabile: quei dati sono gratuiti, molto spesso genuini, possono aiutarci a migliorare prodotti e servizi. Non basta rispondere, serve trasformare la risposta in valore.

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13. Grammar NaziSe scriverai frasi come “sogno un Italia più serena, più ricca e più felice” sul tuo profilo Facebook, sappi che il primo commento che riceverai riguarderà l’apostrofo che hai dimenticato. Internet ha dato nuova centralità alla forma scritta; i social media rendono molto più facile l’analisi critica delle fonti, errori di grammatica/ortografia/battitura inclusi. Dunque, rileggi attentamente ciò che scrivi, soprattutto se lo scrivi per conto di personaggi pubblici, aziende e organizzazioni.

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14. HashtagÈ la parola utilizzata per definire un argomento di conversazione su Twitter (attraverso questo simbolo -> #). Gli hashtag sono dunque un meccanismo di auto-categorizzazione dei contenuti secondo argomenti, utile sia a chi vuol farsi leggere, sia a chi vuole cercare contenuti coerenti con quel tema. L’hashtag, nato su Twitter, sembra oramai condizionare tutte le principali tassonomie sui social media (Facebook incluso).

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15. InfluencerSono gli utenti a cui le reti sociali di appartenenza riconoscono una qualsivoglia forma di autorevolezza, figlia di una competenza precedentemente dimostrata, o di una popolarità acquisita altrove (ad esempio sui mezzi tradizionali). Un utente influente può essere determinante nel costruire o definire nuove reti sociali, o nel facilitare la veicolazione di un contenuto (ma può anche non riuscire a fare niente di tutto questo. Influenti sì, ma senza esagerare.)

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16. InstantGli utenti dei social media decidono autonomamente gli argomenti di discussione ed è molto difficile che un’organizzazione abbia la forza per imporre, da sola, il tema della conversazione globale. Per questo i brand, i politici, gli enti pubblici, potrebbero trarre molto più vantaggio nel comunicare sfruttando le “onde” dell’attivazione, e adattando la propria creatività a queste onde create spontaneamente, piuttosto che navigare controvento.

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17. IpertestoLa differenza tra un contenuto offline (in particolare giornalistico) e online sta nella possibilità che lo stesso contenuto, pubblicato su una piattaforma digitale, possa essere accompagnato da link, video, approfondimenti, collegamenti ad altri articoli. Chi non utilizza l’ipertestualità per arricchire l’esperienza di lettura e condivisione non sfrutta appieno le potenzialità di Internet (questa presentazione ha almeno un collegamento per ogni parola del wikivocabolario, ad esempio).

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18. Logica redazionaleQualsiasi organizzazione (azienda, ente pubblico, staff di un personaggio pubblico o di un politico, associazione, ente no-profit) che intende comunicare efficacemente sui social media deve dotarsi di competenze tipiche del lavoro giornalistico per garantirsi qualità e indipendenza allo stesso tempo. Servono videomaker, fotografi, (info)grafici, redattori, creativi. Serve anche tenere insieme l’area stampa e lo staff social media. Separare i due gruppi di lavoro, oggi, è dannoso.

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19. Monotonia (da evitare)Una buona pratica non scritta di comunicazione sui social media: fare tesoro delle buone pratiche di comunicazione interpersonale per adattare toni e linguaggi della propria immagine istituzionale a luoghi “conversazionali” come i social media. A partire dall’evitamento della parola monotono (con entrambi gli accenti): bisogna evitare di parlare sempre delle stesse cose (rotazione per argomento) e di usare sempre lo stesso linguaggio (rotazione per formato: aggiornamenti, foto, link, video…)

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20. ObiettiviClausola di autotutela tra due parti (organizzazione e social media-qualcosa) impegnate nella buona riuscita di una strategia di comunicazione sui social media: prima di iniziare, mettete nero su bianco gli obiettivi quantitativi e qualitativi che intendete raggiungere, indicando pure le scadenze temporali. Solo in questo modo potrete misurare l’efficacia delle azioni messe in campo, e dunque valutare se e come continuare la collaborazione.

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21. OfflineIl circolo virtuoso della comunicazione sui social media prevede: a. qualità della comunicazione online; b. rilevanza di ciò che si fa online sui mezzi tradizionali; c. popolarità legata al maggior accesso sui mezzi tradizionali d. ritorno in termini di maggior seguito online. In quest’ottica, la ricerca della rilevanza offline di ciò che si fa online non è solo corretto, è persino utile. L’integrazione tra queste due dimensioni è, dunque, assolutamente auspicabile.

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22. OnestàDue persone che sono in contatto tra loro su Facebook sono definite “amiche”. Per qualcuno il concetto di amicizia, così, è annacquato. In ogni caso il dado è tratto: restano le aspettative sociali collegate a quel concetto. Se un amico ti fa una domanda, si aspetta una risposta. Se ti chiede di dirgli la verità su qualcosa, si aspetta la verità. La comunicazione sui social deve tenere conto di tutto questo, chiunque sia il mittente (e il destinatario).

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23. ParitàI social media sono luoghi di relazione le cui caratteristiche funzionali sono uguali per tutti gli utenti. A prescindere dallo status degli utenti, tutti “navigano” nello stesso ambiente (pensate alle interfacce di Facebook, Twitter, Youtube: uguali per tutti). Questo crea un’attesa sociale di uguaglianza nelle relazioni. Non vuol dire che le gerarchie vadano messe da parte, ma queste ultime non possono essere usate come alibi per ignorare l’interlocutore.

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24. Post-Nella comunicazione classica, il rapporto tra cliente e organizzazione si esauriva nel momento della transazione. Ma quando ogni utente può commentare, positivamente o negativamente (ma soprattutto: spontaneamente) l’esperienza di interazione con un azienda, un personaggio, un ente pubblico, non è possibile interagire con i clienti solo fin quando conviene all’azienda. Ogni cliente/utente, reale o potenziale, può aiutarci ad avere successo (o a fallire).

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25. Prima personaVale soprattutto per i personaggi pubblici. Chi segue gli spazi sui social media del proprio calciatore preferito, del proprio sindaco, del musicista che non sopporta, non vuole parlare con gli staff, con i fan, con i tecnici, con i social media editor: vuole sentire la viva voce della persona che segue. Errori, strafalcioni, imperfezioni incluse. La comunicazione sui social media può (deve?) essere imperfetta, esattamente come la comunicazione di tutti gli esseri umani.

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26. ProcessiLa comunicazione organizzativa sui social media è diversa dalla comunicazione tradizionale perché quest’ultima richiede sforzi concentrati su poche azioni, rivolte a un pubblico spesso generalista. Nel caso della comunicazione sui social media, è possibile raccontare tutto ciò che ha portato alla creazione di quel prodotto o servizio, dunque il suo valore aggiunto. Dalla comunicazione di prodotto si passa alla comunicazione di processo.

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27. RiciclareSui social media, come per il maiale, non si butta via niente. Quando un’organizzazione è citata sui mezzi tradizionali, è importante recuperare quei contenuti e trasformarli in materiale spendibile online. Quando un’azienda produce materiali cartacei (perché non può fare altrimenti) deve, quando i contenuti lo meritano, rilanciarli online per sfruttare il passaparola positivo (e il conseguente aumento del numero dei lettori) generato dalla condivisione dei contenuti.

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28. RisparmioSe acquisti spazi sui mezzi tradizionali, li pagherai a prezzo pieno anche se la campagna non dovesse funzionare. Sui social media al danno non segue la beffa: se la campagna è sbagliata, non generando il traffico sperato (e se la pianificazione è basata sul traffico effettivo), si risparmia. Per questo motivo conviene usare le prime fasi di una campagna per modulare, testare differenti messaggi e diverse strategie di pianificazione prima di entrare nel vivo.

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29. RyanairQuasi tutti i lettori di questa slide sono stati clienti della compagnia aerea irlandese, ma nonostante questa “popolarità”, Ryanair ha deciso di non avere una presenza ufficiale e scientifica sui principali social media (e fa bene). Motivo: i costi della gestione dei commenti negativi dei clienti sono superiori rispetto ai benefici connessi alla gestione delle crisi comunicative. Morale: stare sui social media è straconsigliato, ma non è affatto obbligatorio.

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30. SatiraÈ uno dei registri preferiti dagli utenti quando comunicano online. Attraverso la satira si possono realizzare campagne molto serie, sia giornalistiche che istituzionali che commerciali. Questo vuol dire che qualsiasi organizzazione può non prendersi troppo sul serio, aggiornando i linguaggi e rinunciando ai formalismi, a condizione che non (si) prenda in giro.

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31. Second screenHai visto il Festival di Sanremo (o X-Factor, o Ballarò, o Servizio Pubblico, o gli eventi sportivi, e così via) aggiornando i social media in contemporanea? Non sei il solo: il 36% degli spettatori americani del Superbowl 2013 (circa 50 milioni di persone) ha fatto lo stesso. La competizione tra televisione e Internet non è così dura come si immaginava. Al contrario, spesso la crossmedialità e l’integrazione sono le strade giuste per arricchire le proprie strategie comunicazione online.

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32. SilenzioSe un politico non è mai presente durante il TG delle 20 nell’arco di una settimana, un italiano può non accorgersene, travolto com’è da tutte le notizie (e dalle parole di tutti gli altri politici) che animano il dibattito pubblico. Se quello stesso politico ha una pagina Facebook e non l’aggiorna durante quella stessa settimana, sta comunicando di non aver avuto nulla da dire su ciò che è successo a lui o sui fatti di attualità. Il silenzio, sui social media, può essere assordante.

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33. Sito webPer il 37.1% degli utenti online italiani, il sito Internet di un’azienda è il primo elemento a essere oggetto di una valutazione prima di acquistare un prodotto o un servizio (Censis). Avere un sito non basta più: serve un buon sito. Avere un brutto sito, lento, di difficile visualizzazione o scarsamente aggiornato, equivale a un primo incontro con un cliente che tornerà a casa con una cattiva idea di voi. Potreste perderlo definitivamente.

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34. SmartphoneIl 37.7% degli italiani ha usato uno smartphone nello scorso anno, cioè un telefono che può collegarsi a Internet (dati Censis, ottobre 2012). Il 35% degli italiani tra i 15 e i 65 anni) ha scaricato almeno una applicazione negli ultimi 12 mesi (senza grosse distinzioni tra giovani e meno giovani). La stagione in cui si accede a Internet solo da una postazione fissa è finita, e con lei l’illusione che Internet non sia un posto dove è utile (talvolta necessario) comunicare 7 giorni su 7, 24 ore su 24.

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35. TaggareVuol dire citare un interlocutore sui social media. Può essere la fonte da cui è stato tratto un contenuto (il galateo di Internet prevede che la fonte si citi SEMPRE, la realtà è un po’ meno idilliaca), o semplicemente una persona o un’organizzazione con cui si vuole dialogare, o con cui si vuole co-comunicare una notizia, un evento, un’azione di co-marketing, una scelta condivisa. Taggare vuol dire anche ridurre i gradi di separazione (e spammare, se si esagera).

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36. TimingNell’antica e mai risolta sfida tra velocità e accuratezza nella produzione dei contenuti, i social media spostano l’asse a vantaggio della velocità. Spesso è meglio “uscire” subito con un contenuto di bassa qualità, per attirare maggiore attenzione, piuttosto che uscire con contenuti di alta qualità quando la notizia non interessa più a nessuno. La sfida, però, resta intatta e sempre attuale: velocità senza accuratezza, e accuratezza senza velocità, sono due modi imperfetti di comunicare.

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37. TrollÈ un utente che interviene in una discussione per spostare il fuoco del discorso su un argomento a lui più congeniale, o semplicemente per rendere più complicata (o interrompere) la conversazione. Il troll è nella fisiologia della Rete (chi non ne ha mai incrociato uno sulla propria bacheca?). È quasi impossibile immaginare Internet senza troll. Due consigli: 1. Ignorare (don’t feed the troll), ma non prima di 2. Dimostrare che quell’utente non vuole dialogare, ma solo infastidire.

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38. TwitterStrumento imprescindibile per chi vuole informarsi e informare, per chi vuole monitorare le tendenze giornalistiche e leggere storie da tutto il mondo. Questo non autorizza a pensare che Twitter sia l’unico termometro dell’opinione pubblica italiana (circa 4 milioni di utenti iscritti), come è spesso accaduto in questi mesi, ma tenere d’occhio la timeline con gli aggiornamenti è il modo migliore per sapere cosa sta succedendo, in tempo reale, in Italia e soprattutto nel mondo.

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39. ViraleSe già lavori nel mondo della comunicazione, del marketing e della pubblicità, questa parola (forse) è già il tuo incubo. Qualsiasi cliente sogna un contenuto “virale”, cioè che si diffonda senza grossi sforzi. Ma per realizzare un contenuto virale serve qualità, e soprattutto la viralità non può essere indotta artificialmente. Ma può essere accelerata, ad esempio investendo il proprio budget su contenuti già di qualità, affinché circolino prima e meglio online.

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40. YoutubeOgni minuto, nel mondo, gli utenti di Youtube pubblicano contenuti video per complessive 48 ore. Dal punto di vista di chi consuma contenuti, questo vuol dire che la scelta è infinita (e che non c’è una vera concorrenza). Dal punto di vista di chi li produce, vuol dire che caricare un video è facile, farsi notare lo è molto meno. Come dice Kevin Allocca (Google), un buon video ha tre caratteristiche: piace agli influencer, contiene l’inaspettato, può essere facilmente replicabile e modificabile.

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Video finale. È tutto oro?

No.

(Clicca qui, c’è un video che merita di essere visto,perché dopo tutto questo web-ottimismo, è importante riflettere.)

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0. Conclusione

Ci sono ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio,

di quante ne sogni la tua filosofia.

(William Shakespeare)

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Grazie!Dino Amenduni

http://about.me/[email protected]


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