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sentenza 1° ottobre 1997; Giud. Di Paola; Resta e altro (Avv. Russo, Susca) c. Mastrocristino(Avv. Gadaleta)Source: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 3 (MARZO 1998), pp. 919/920-923/924Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23192337 .
Accessed: 28/06/2014 17:28
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PARTE PRIMA
ciò effettivamente in aderenza allo spirito della già richiamata
direttiva Cee (lett. c, par. 1, dell'art. 11 della direttiva comuni
taria sull'Iva n. 78/388, secondo la quale «. . . in caso di non
pagamento totale o parziale o di riduzione di prezzo dopo che
l'operazione è stata effettuata, la base imponibile viene debita
mente ridotta alle condizioni stabilite dagli Stati membri»). L'eliminazione della parola «avvio», alla luce anche del di
sposto della direttiva Cee, porta, necessariamente, alla conclu
sione che il presupposto per dare luogo alla variazione in dimi
nuzione dell'imposta non può essere ricollegato al solo fatto
dell'apertura di una procedura concorsuale, ma deve trovare
il suo solo presupposto nell'effettivo, reale e accertato inadem
pimento dell'obbligazione del pagamento scaturente dalla ces
sione di beni o servizi assoggettati all'imposta sul valore ag
giunto accertamento questo che potrà essere operato solo in se
de di stesura ed esecuzione del piano di riparto finale.
Si deve altresì aggiungere che nella norma in esame non vi
è nessuna possibilità di aggiungere altro e diverso risultato er
meneutico attraverso l'attribuzione alla particella «o» di un va
lore disgiuntivo sì da poter ritenere che «infruttuoso» debba
riferirsi alle sole procedure esecutive individuali e non anche
a quelle concorsuali.
L'interpretazione letterale della norma, quella storica, e il det
tato della norma comunitaria non consentono soluzioni diverse.
Peraltro, anche la lettura della norma nel suo complesso non
consente l'adozione di soluzioni differenti: tutte le fattispecie richiamate nella disposizione (annullamento, nullità, revoca, ecc.) sono altrettanti casi nei quali l'emissione della nota di variazio
ne è ricollegata ad un inadempimento conseguito ad un'accerta
ta disfunzione del rapporto giuridico sottostante, sì che per una
prima serie di casi l'inadempimento consegue ad un venir meno
dell'obbligo originario e nel contempo ad un venir meno (in tutto o in parte) dell'originario presupposto del tributo (efficace
negozio di cessione di beni o servizi) con la possibilità di proce dere quindi alla quantificazione della variazione. La seconda
serie di ipotesi ricollega la possibilità della variazione in dimi
nuzione del tributo alla sola circostanza dell'inadempimento ef
fettivo e ciò perché solo in tale caso è possibile determinare
in modo certo il quantum della variazione medesima.
L'interpretazione adottata solo apparentemente svuota di con
tenuto le finalità della disposizione.
Infatti, intervenuto il piano di riparto, in sede di distribuzio
ne delle somme, il creditore in tutto o in parte insoddisfatto
potrà dare luogo al procedimento per la variazione in diminu zione dell'Iva con i relativi conseguenti benefici di ordine fiscale.
La circostanza che l'ufficio Iva, a sua volta, non abbia la
possibilità di insinuarsi al passivo del fallimento (si è nella fase
della distribuzione dell'attivo) in via tardiva e, secondo una del
le tesi possibili, in via di surroga — ex art. 1203 c.c. — del
creditore insoddisfatto, sul piano sostanziale non crea una si
tuazione di danno per l'amministrazione, in quanto, se l'attivo fallimentare è incapiente per il creditore procedente, lo sarà an che per l'amministrazione delle finanze, indipendentemente dal momento in cui venga esercitata l'insinuazione.
Sulla base delle suddette considerazioni quindi, il curatore del fallimento potrà legittimamente ricevere le c.d. note di variazio ne solo successivamente all'approvazione del piano di riparto e prima della chiusura della procedura fallimentare, dando rela tivo avviso all'amministrazione competente, nell'ambito della
prestazione della reciproca assistenza tra uffici pubblici. Pertanto, si deve confermare la soluzione adottata dal giudi
ce delegato, dichiarandosi che, fino all'esecuzione del piano di
riparto definitivo, il curatore del fallimento non ha legittima zione a ricevere eventuali note di variazione in diminuzione tra smesse dai creditori e comunque non ha potere alcuno di rico noscere direttamente o indirettamente conseguenze dalla sud detta ricezione.
Il Foro Italiano — 1998.
TRIBUNALE DI BARI; sentenza 1° ottobre 1997; Giud. Di
Paola; Resta e altro (Avv. Russo, Susca) c. Mastrocristino
(Avv. Gadaleta).
TRIBUNALE DI BARI;
Obbligazioni in genere — Quietanza — Natura — Valore pro batorio (Cod. civ., art. 2732).
La quietanza, che contiene l'affermazione dell'avvenuta ricezio
ne di una somma determinata, avendo ad oggetto la verità
di un fatto, costituisce confessione stragiudiziale del fatto stes
so, il valore probatorio della quale non può essere vinto se
non nei limiti consentiti dall'art. 2732 c.c., cioè, provando che la dichiarazione confessoria è stata determinata da errore
di fatto o da violenza. (1)
(1) I. - Nel caso in questione gli attori hanno proposto azione di risoluzione per inadempimento di un contratto di vendita di un suolo
edificatorio, dopo che nell'atto pubblico di vendita avevano dichiarato di aver già ricevuto il prezzo pattuito, rilasciando espressa quietanza. La domanda si fonda su di un preliminare, in cui le parti s'impegnavno a cedere la proprietà del suolo edificatorio in cambio di quella di due unità immobiliari da costruirsi.
La decisione prende le mosse dalla natura giuridica della quietanza, oggi unanimemente riconosciuta in giurisprudenza quale confessione stra
giudiziale, in quanto tale revocabile per errore di fatto o per violenza, ai sensi dell'art. 2732 c.c., e non per causa diversa quale la simulazione della stessa. V., in tal senso, Cass. 23 gennaio 1997, n. 689, Foro it., Mass., 60; 2 aprile 1996, n. 3055, id., Rep. 1996, voce Confessione civile, n. 10; 7 ottobre 1994, n. 8229, id., Rep. 1995, voce cit., n. 10; 10 marzo 1994, n. 2339, id., Rep. 1994, voce cit., n. 4; 5 giugno 1987, n. 4913, id., Rep. 1987, voce Obbligazioni in genere, n. 15, ove la
quietanza a saldo viene qualificata atto unilaterale di riconoscimento dell'avvenuto pagamento, che normalmente non ha natura di transazio ne né di rinuncia; 10 agosto 1982, n. 4485, id., Rep. 1982, voce Confes sione civile, n. 10; 19 febbraio 1980, n. 1224, id., Rep. 1980, voce
cit., nn. 13, 14, per un'ipotesi in cui è stato ritenuto errore di fatto, come tale legittimante l'impugnazione di una quietanza a norma del l'art. 2732 c.c., la divergenza tra volizione del valore della dichiarazio ne e volizione del contenuto materiale della dichiarazione (in quel caso
specifico: si era dichiarato di avere ricevuto una certa somma «a sal
do», mentre si voleva affermare di avere ricevuto la predetta somma «in acconto»); 16 novembre 1979, n. 5955, id.. Rep. 1979, voce cit., n. 9; 19 settembre 1979, n. 4815, ibid., voce Obbligazioni in genere, n. 23, ove si dice anche che l'autore della quietanza può essere ammes so alla prova per testimoni, diretta ad interpretare il tenore ed i limiti della confessione contenuta nella suddetta scrittura, in quanto volta a chiarire ragionevoli dubbi circa la conformità delle parole usate rispetto alla volontà del confitente, e non a dimostrare dichiarazioni contrarie alla scrittura; 29 maggio 1978, n. 2710, id., Rep. 1978, voce cit., n.
26; 10 dicembre 1971, n. 3592, id., 1972, I, 2152, con nota di richiami. Cfr. pure Cass. 10 dicembre 1992, n. 13095, id., 1993, I, 3100, con
nota di A. Zucco, per un emblematico caso in cui alla quietanza, con sacrata in un verbale assembleare da parte dell'amministrazione di una società, non vengono riconosciuti gli effetti di confessione stragiudiziale perché il curatore è parte processuale diversa dalla società fallita.
In dottrina, v. R. Cecchetti, Quietanza, voce dell' Enciclopedia del diritto, Milano, 1987, XXXVIII, 161 ss., il quale si pone in contrasto con la giurisprudenza largamente prevalente che attribuisce alla dichia razione di quietanza carattere di confessione stragiudiziale e, pur rico noscendo la natura non negoziale dell'atto, nega la fondatezza delle
posizioni giurisprudenziali in base ad una serie articolata di argomenti, confutati dalla dottrina più recente; A. Beccaro, Quietanza, in Riv. dir. civ., 1989, II, 717, la quale ritiene valide le argomentazioni soste nute dalla giurisprudenza dominante nel qualificare la quietanza come confessione stragiudiziale, pur rimarcando le contraddizioni giurispru denziali in alcune pronunce della Suprema corte degli anni settanta. Nello stesso senso, v. Cannata, L'adempimento delle obbligazioni, in Trattato diretto da Rescigno, Torino, 1984, IX, 115; contra, Capo bianco, Contributo allo studio della quietanza, Napoli, 1987, 11, passim.
Da ultimo, cfr. C. Granelli, Quietanza, voce del Digesto civ., Tori
no, 1997, XVI, 167 ss., che analizza compiutamente, confutandole, le obiezioni mosse all'inquadramento della «dichiarazione di quietanza» tra quelle confessorie. Lo stesso autore, poi, ritiene che per superare la vincolatività derivante dal carattere di prova legale della dichiarazio ne di quietanza occorrerebbe, ai sensi dell'art. 2732 c.c., dimostrare che il divario tra dichiarato e realtà è conseguenza di un errore o di violenza.
II. - Parte della giurisprudenza ritiene ammissibile l'accertamento della simulazione della quietanza. V., in tal senso, Cass. 28 agosto 1993, n. 9135, Foro it., Rep. 1993, voce Simulazione civile, n. 6; 16 aprile 1993, n. 4522, ibid., n. 5; 21 maggio 1992, n. 6142, id., Rep. 1992, voce cit., n. 24; 3 aprile 1992, n. 4073, ibid., n. 23, ove si ritiene am
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Svolgimento del processo. — Con atto di citazione notificato
il 26 giugno 1995 Resta Giovanni e Resta Ada convenivano in
giudizio Mastrocristino Vito; esponevano di avere stipulato con
il convenuto in data 22 settembre 1994 un atto pubblico di com
pravendita presso lo studio del notaio Francesco Reboli, in vir
tù del quale i germani Resta vendevano al Mastrocristiano «il
suolo edificatorio sito in abitato di Turi, al rione Frascinali, tra le vie Sicilia, Principe di Napoli e Guglielmo De Donato; della superficie reale di mq 651 e catastale di mq 756. Confi
nante con via Sicilia, via Principe di Napoli, via G. De Donato
e proprietà della Coop, edilizia la Speranza. Censito in catasto
alla partita 10720, foglio 16, part. 894, are 7.56», atto pubblico in cui veniva dichiarato che «la vendita medesima segue per il prezzo, dichiarato dalle parti, di lire 120.000.000; prezzo che
i venditori affermano di avere, prima e fuori di quest'atto, già ricevuto dall'acquirente, al quale, pertanto, rilasciano ora a sal
do quietanza, con rinunzia a qualsivoglia diritto di ipoteca lega
le»; di non aver, invece, mai ricevuto quale controprestazione della vendita la somma dichiarata come prezzo né altra diversa
somma, né prima né dopo la stipula dell'atto; ritenendo, per
tanto, che l'acquirente non avesse adempiuto alla propria pre
stazione, concludevano formulando domanda di risoluzione del
contratto di vendita, chiedendo l'ammissione dell'interrogatorio formale del convenuto e della prova testimoniale sul medesimo
fatto, relativo al mancato pagamento della somma indicata nel
l'atto pubblico. (Omissis) Motivi della decisione. — La domanda principale non è fon
data e va, pertanto, rigettata. Considerato che oggetto della domanda proposta, avuto ri
guardo al contenuto dell'atto di citazione, delle deduzioni for
mulate all'udienza di trattazione e della precisazione delle con
clusioni, è l'azione di risoluzione per inadempimento del con
tratto di vendita del 22 settembre 1994; che la domanda si fonda
sul presupposto della mancata esecuzione della prestazione da
parte dell'acquirente, avendo omesso il convenuto di versare la
somma indicata come prezzo della vendita; che gli attori riten
gono di poter provare tale circostanza, non risultante dal conte
nuto del contratto — ove al contrario le parti venditrici hanno
rilasciato espressa quietanza all'acquirente, dichiarando di aver
riscosso la somma prima della stipula dell'atto —, mediante
il contenuto di un precedente contratto stipulato tra le medesi
me parti, con il quale i venditori promettevano di cedere lo
stesso suolo poi venduto con l'atto pubblico a fronte della futu
ra cessione di due unità immobiliari che il convenuto avrebbe
costruito, ovvero attraverso la prova testimoniale indicata nel
l'atto di citazione; ritenuto che a fronte della quietanza contenuta nell'atto pub
blico di vendita, gli attori potevano richiedere di provare unica
mente che la dichiarazione ivi contenuta — unanimemente rico
nosciuta come confessione stragiudiziale — fosse revocata per
errore di fatto o per violenza (arg. ex art. 2732 c.c.) e non
anche — come nella sostanza richiedevano con l'atto di citazio
ne — per causa diversa quale la simulazione della stessa (in
questi termini, v. Cass. 7 ottobre 1994, n. 8229, Foro it., Rep.
1994, voce Confessione civile, n. 6; App. Milano 30 ottobre
1992, id., Rep. 1993, voce Contratto in genere, n. 328); che,
in conseguenza, correttamente sono state ritenute inammissibili
le richieste di prova formulate dagli attori, in quanto dirette
missibile la prova testimoniale contro scritture provenienti da una sola
parte o da un terzo, quale la fattura formata unilateralmente dopo la
conclusione del contratto; 14 dicembre 1989, n. 5623, id., Rep. 1989,
voce cit., n. 4; 31 marzo 1988, n. 2716, id., Rep. 1988, voce Prova
testimoniale, n. 8, per la quale le quietanze sono atti unilaterali non
racchiudenti una convenzione, sì che la simulazione assoluta della quie
tanza, ossia l'ipotesi che la quietanza sia una ricevuta di comodo, può essere fatta valere a norma dell'art. 1414 c.c., senza che costituisca osta
colo all'ammissibilità della relativa prova testimoniale la natura confes
soria della quietanza e la revocabilità della confessione solo in caso
di errore o violenza, implicando la simulazione assoluta della quietanza l'inesistenza o la nullità della confessione per mancanza della volontà
di ammettere l'avvenuta effettuazione del pagamento; App. Ancona 19
maggio 1987, id., 1987, I, 3328, con nota di richiami.
In dottrina, v. Granelli, op. cit., 172; R. Sacco, Simulazione, voce
dell' Enciclopedia giurìdica Treccani, Roma, 1992, XXVIII, passim-, Ca
sella, Simulazione, voce dell' Enciclopedia del diritto, Milano, 1990,
XLII, 606 ss.
Il Foro Italiano — 1998.
a provare la simulazione della quietanza; considerato, peraltro, che anche volendo superare tale ostacolo, aderendo a quella
giurisprudenza che ritiene ammissibile l'accertamento della si
mulazione della quietanza (cfr. Cass. 28 agosto 1993, n. 9135,
ibid., voce Simulazione, n. 5; 16 aprile 1993, n. 4522, ibid., n. 5; 14 dicembre 1989, n. 5623, id., Rep. 1989, voce cit-, n.
4), di là dalla considerazione che gli attori non hanno proposto alcuna domanda di accertamento della simulazione, anzi espres samente escludendo tale possibilità come si deduce dal contenu
to della comparsa conclusionale e della memoria di replica, la
stessa comunque non si sarebbe di certo potuta fondare sull'in
vocata prova testimoniale, inammissibile ai sensi dell'art. 1417
c.c., sicché la circostanza del mancato pagamento del prezzo della vendita non risulta in alcun modo provata;
ritenuto, infine, che neppure il contenuto del documento pro dotto all'udienza di trattazione fornisce elementi idonei per rite
nere fondata la domanda proposta, in quanto pur se consente
di dare per provata la circostanza del mancato versamento del
prezzo da parte dell'acquirente, sulla scorta della considerazio
ne del programma negoziale che con quel contratto le parti ave
vano divisato (la cessione del suolo di proprietà degli attori al
convenuto a fronte della cessione di due unità immobiliari da
realizzarsi a cura dello stesso Mastrocristino, la prima da ese
guirsi a breve distanza di tempo alla stipula della «permuta» — più esattamente da qualificarsi come contratto preliminare di permuta di cosa presente contro cosa futura — le seconde
dopo la realizzazione delle unità immobiliari), allo stesso tempo rivela quale fosse l'oggetto delle reciproche prestazioni che le
parti si impegnavano ad eseguire per dare esecuzione all'accor
do preliminare: si legge, infatti, al punto 9 del contratto stipu lato il 2 agosto 1994: «alla presente scrittura si darà esecuzione
come appresso: a) dopo questa scrittura seguirà entro e non
oltre F8 novembre 1994 un atto pubblico di vendita dell'immo
bile che i germani Resta Giovanni ed Ada stipuleranno con esso
sig. Mastrocristino Vito, per il prezzo, da indicare in atto di
lire centoventi milioni (lire 120.000.000); mentre il valore reale
del suolo promesso in permuta è pari a lire duecentoquaranta tremilioni (lire 243.000.000); b) al momento della fine dei lavori si procederà da parte dell'impresa Mastrocristino Vito in favore
dei germani Resta Giovanni ed Ada o chi per essi alla vendita
delle singole unità immobiliari. Per patto espresso: a) la stipula zione dell'atto di vendita dai germani Resta Giovanni ed Ada
al sig. Mastrocristino Vito previsto alla lett. a) del presente arti
colo, non costituisce superamento di questa scrittura ma è solo
parziale esecuzione della stessa»; sicché la stipula dell'atto pub blico di vendita rappresentava l'adempimento da parte degli at
tori della propria prestazione, cui avrebbe fatto seguito l'esecu
zione da parte del convenuto della propria prestazione, ossia
il trasferimento in proprietà degli immobili a costruirsi, ragion
per cui nessun rilievo in termini di inadempimento può assume
re la circostanza del mancato versamento al prezzo in relazione
all'atto di vendita del 22 settembre 1994, trattandosi in quella sede — come avevano preliminarmente concordato le parti —
di dare parziale esecuzione al contratto di permuta (con la scel
ta della vendita per atto pubblico, che evidentemente si rendeva
necessaria per consentire all'acquirente di utilizzare tale titolo
di proprietà per conseguire le autorizzazioni e concessioni ne
cessarie alla realizzazione degli immobili promossi in permuta);
ritenuto, quanto alla domanda riconvenzionale, che la stessa
va dichiarata improponibile, avendo il convenuto richiesto espres
samente, sia nella comparsa di risposta sia in sede di precisazio
ne delle conclusioni, la condanna generica degli attori al risarci
mento dei danni, con liquidazione differita dell'ammontare dei
danni stessi, in evidente contrasto con il dettato legislativo che
impone al giudice investito della causa, dal cui esito si deduce
l'insorgenza della responsabilità processuale ex art. 96 c.p..c,
la liquidazione dei danni con la sentenza che definisce il giudi zio (cfr. Cass. 6 aprile 1995, n. 4030, id., Rep. 1995, voce Spese
giudiziali civili, n. 24; 1° febbraio 1993, n. 1212, id., 1993, I, 2547);
ritenuto che, in conseguenza delle statuizioni che precedono,
sussistono giusti motivi, da individuarsi nella reciproca soccom
benza, per disporre l'integrale compensazione delle spese di
giudizio; per questi motivi, il Tribunale di Bari, in persona del g.i.
dr. Sergio Di Paola, in funzione di giudice unico, definitiva mente pronunciando sulla domanda proposta da Resta Giovan
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PARTE PRIMA
ni e Resta Ada nei confronti di Mastrocristino Vito, con atto
di citazione notificato il 26 giugno 1995, nonché sulla domanda
riconvenzionale proposta da Mastrocristino Vito nei confronti
di Resta Giovanni e Resta Ada, così provvede: rigetta la do
manda principale; dichiara improponibile la domanda riconven
zionale; dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del giudizio.
I
TRIBUNALE DI ROMA; ordinanza 2 agosto 1997; Giud. Cru
ciane Soc. Sege c. Soc. Starnet.
TRIBUNALE DI ROMA; o o « o
Marchio — Contraffazione — Internet — Nome di dominio — Preuso — Irrilevanza (Cod. proc. civ., art. 700; r.d. 21
giugno 1942 n. 929, testo delle disposizioni legislative in ma teria di marchi registrati, art. 11).
La violazione di un marchio (nella specie: Porta Portese) perpe trata mercé il suo impiego quale domain name di un sito In
ternet, non è esclusa dalla circostanza che tale utilizzo sia
avvenuto previa autorizzazione dell'apposita autorità prepo sta alla registrazione dei nomi di dominio, né dal fatto che
il titolare del marchio non abbia in precedenza registrato presso detta autorità il medesimo nome. (1)
II
TRIBUNALE DI MILANO; ordinanza 22 luglio 1997; Pres. Ciampi, Rei. Rosa; Soc. Logica c. Soc. Amadeus Marketing e Soc. Amadeus Marketing Italia.
Provvedimenti di urgenza — Marchio — Contraffazione — In
ternet — Nome di dominio — Fattispecie (Cod. proc. civ., art. 669 terdecies; r.d. 21 giugno 1942 n. 929, art. 11).
L'utilizzo di un domain name per la denominazione di un sito
Internet, destinato ad ospitare offerte di servizi commerciali
di varia natura provenienti da terzi, va inibito, in quanto co
stituisce violazione del marchio registrato da una società ope rante nel settore dei servizi turistici e alberghieri, solo limita tamente all'offerta, in quel sito, di servizi di natura turistica e alberghiera. (2)
III
TRIBUNALE DI MILANO; ordinanza 10 giugno 1997; Giud.
Marangoni; Soc. Amadeus Marketing e Soc. Amadeus Mart
keting Italia c. Soc. Logica.
Provvedimenti di urgenza — Marchio — Contraffazione — In
ternet — Nome di dominio — Fattispecie (Cod. proc. civ., art. 669 octies, 700; r.d. 21 giugno 1942 n. 929, art. 11).
Va inibito, in quanto integra contraffazione del marchio Ama
deus, l'utilizzo della denominazione Amadeus.lt quale domain
name di un sito Internet destinato ad ospitare offerte di servi
zi commerciali di natura analoga a quelli prestati dalla socie
tà titolare del marchio predetto. (3)
(1-3) I. - Le ordinanze si iscrivono in quello che sembrerebbe deli nearsi come un nuovo filone giurisprudenziale in tema di tutela della proprietà intellettuale (su cui v., per un aggiornato quadro teorico d'in sieme, i contributi raccolti in Diritto ed economia della proprietà intel lettuale a cura di Clerico e Rizzello, Padova, 1998), scaturito dalla necessità di risolvere conflitti tra i tradizionali segni distintivi delle im
prese e i domain names che designano i siti aperti nell'ambito della rete Internet (una descrizione accurata della natura e dei modi di utiliz
II Foro Italiano — 1998.
I
La ricorrente Sege s.r.l. risulta titolare del marchio «Porta
Portese», oltre che della omonima testata giornalistica. Dette
circostanze emergono dalla documentazione prodotta e non so
no state contestate dalla società resistente, che tuttavia ritiene
di poter utilizzare nell'ambito del servizio Internet il dominio
«Porta Portese», in quanto mai utilizzato in precedenza dalla
società titolare e perché attinente ad attività commerciale che
assume diversa da quella esercitata dalla ricorrente.
zo del c.d. ciberspazio si trova in Corte federale Usa, distretto orientale della Pennsylvania, 11 giugno 1996, Foro it., Rep. 1996, voce Diritto
comparato, n. 296, e Riv. dir. ind., 1997, II, 233, con nota di Cucinot
ta, e Dir. informazione e informatica, 1996, 604, con nota di Zeno
Zencovich). È apparso subito chiaro, sin dalle prime pronunce edite in merito
all'innovativa questione (Trib. Modena 23 ottobre 1996, e Trib. Bari 24 luglio 1996, Foro it., 1997, I, 2316, con nota di richiami), che il nodo cruciale della stessa dovesse individuarsi nella possibilità, o no, di qualificare gli stessi domain names come segni distintivi dell'impresa (in senso negativo si è pronunciato Trib. Bari 24 luglio 1996, cit.).
Le pronunce odierne avvalorano l'assunto secondo il quale il c.d. nome di dominio non può ritenersi una semplice casella postale o indi rizzo elettronico, ma deve invece reputarsi come segno distintivo suscet tibile di entrare in conflitto con altri segni «tipici» quali, in particolare, il marchio (v. Magni, Spolidoro, La responsabilità degli operatori in Internet: profili interni e internazionali, in Dir. informazione e infor matica, 1997, 65 ss.).
A favore di tale tesi milita, in primo luogo, la considerazione che il nome di dominio, pur essendo un segno «necessario», nel senso che esso è indispensabile per garantire la presenza di un certo soggetto nella rete e che lo stesso deve essere composto rispettando i vincoli tecnici
imposti dalla rete medesima, è comunque liberamente prescelto dal sog getto interessato. In secondo luogo, va considerato che quest'ultimo tende a far coincidere la denominazione del proprio sito Internet con i segni distintivi che lo identificano o che identificano i suoi prodotti o servizi, al fine di sviluppare al meglio le potenzialità commerciali del l'accesso in rete (Frassi, Internet e segni distintivi, in Riv. dir. ind., 1997, II, 182).
In tal senso, osserva l'ordinanza milanese sub III, il domain name assume una qualche «affinità» con l'insegna, sulla base della considera zione che il sito Internet costituisce il luogo «virtuale» ove l'imprendi tore contatta il cliente fino a concludere con esso il contratto (sul diver so — ma connesso — problema della tutela del consumatore in tale mercato virtuale, v. Redolfi, Reti telematiche e commercio elettronico: la tutela dei consumatori, in Dir. ind., 1997, 245 ss.).
II. - La vicenda oggetto delle ordinanze milanesi si caratterizza per la peculiare natura dell'attività di provider, svolta dalla società resisten te. Il provider affitta presso un gestore di servizi di telecomunicazione una o più linee dedicate (ad Internet), offrendole a sua volta — gene ralmente dietro corrispettivo — ai singoli utenti «finali» (sul punto, nonché sulla distinzione tra Internet Access Providers, che si limitano a offrire l'accesso alla rete, e Internet Services Providers, i quali offro no anche servizi aggiuntivi di editoria elettronica o di cessione di spazi pubblicitari, v. Stabile, La pubblicità in Internet, ibid., 693 ss., non ché Besia, Offerta di connessione ad Internet e pubblicità ingannevole, in Riv. dir. ind., 1997, II, 202, n. 17). Nella specie, per identificare un proprio sito accessibile agli utenti Internet, il provider utilizza una denominazione corrispondente al marchio registrato da altra società, operante nel settore dei servizi turistici e alberghieri. La particolarità del caso sta peraltro nel fatto che il sito Internet coinvolto nella contro versia non offre servizi commerciali della stessa società resistente, ma di altri soggetti, che se ne avvalgono, appunto, come provider. Que st'ultimo opera dunque, per mezzo del sito Amadeus, come semplice veicolo di offerte altrui (tra le quali anche quelle di servizi alberghieri e turistici, naturalmente), svolgendo solo in via mediata un'attività affi ne a quella delle società ricorrenti.
Ciò non toglie (per il giudice cui si chiede tutela cautelare in prime cure, così come per quello del successivo reclamo) che sussista un profi lo di affinità tra le rispettive attività commerciali delle parti in causa, tale da giustificare il giudizio di confondibilità tra marchio e domain name in questione. In particolare, il giudice del reclamo precisa che in tanto è possibile parlare di affinità tra l'attività della società resisten te e quella delle ricorrenti, in quanto la prima si pone, in via strumenta le, come «fase (preliminare ma insostituibile per l'abbonato dell'odier na reclamante) del procedimento tecnico» attraverso il quale viene ero gato il servizio cennato (sul problema cfr., in generale, Cass. 15 maggio 1997, n. 4295, Foro it., Mass., 396; 21 marzo 1995, n. 3247, id.. Rep. 1996, voce Concorrenza (disciplina), n. 127, e Riv. dir. ind., 1995, II, 345, con nota di Levi; App. Milano 19 maggio 1995, Foro it., Rep. 1996, voce Marchio, n. 112, e Giur. dir. ind., 1995, 1028; 16 dicembre 1994, Foro it., Rep. 1996, voce cit., n. 136, e Giur. dir. ind., 1995,
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