sentenza 10 febbraio 1981, n. 12 (Gazzetta ufficiale 13 febbraio 1981, n. 44); Pres. Amadei, Rel.Gionfrida; Tedeschi e Ciampini (Avv. G. Guarino), Del Colle, De Carolis c. Min. poste etelecomunicazioni; interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Azzariti). Ord. Cons. Stato, Sez.VI, 8 luglio 1977 (Gazz. uff. 18 gennaio 1978, n. 18)Source: Il Foro Italiano, Vol. 104, No. 5 (MAGGIO 1981), pp. 1247/1248-1251/1252Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23172732 .
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1247 PARTE PRIMA 1248
VI
Il Pretore, ecc. — Ritiene il pretore che l'attore Otello Sassi, in
dipendenza del dedotto esercizio delle funzioni di scrutatore in
occasione di elezioni amministrative (comunali e regionali), abbia
diritto ad ottenere, dalla convenuta s.a.s. M.e.p.p., sua datrice di
lavoro, la corresponsione, nella misura incontroversa pretesa, delle
retribuzioni relative a tre giorni di ferie. Invero il diritto a
«... tre giorni di ferie retribuiti...» è previsto, in favore dei
lavoratori dipendenti «... chiamati ad adempiere funzioni presso
gli uffici elettorali...», dalla disposizione dell'art. 119 t.u. 30
marzo 1957 n. 361 (delle leggi per la elezione della Camera dei
deputati), che, mediante norme di rinvio al t. u. testé menzionato
(contenute nelle rispettive leggi elettorali: art. 2 legge 27 febbraio
1958 n. 64, art. 50 legge 25 maggio 1970 n. 352, art. 51 legge 24
gennaio 1979 n. 18, art. 2 legge statale 3 febbraio 1964 n. 3 e 49
legge reg. Friuli-Venezia Giulia 27 marzo 1968 n. 20, art. 79 legge
reg. Sardegna 23 marzo 1961 n. 4, art. 2 legge 5 agosto 1962 n.
1257), è stata estesa alle elezioni del Senato, ai referendum, alle
elezioni dei rappresentanti dell'Italia al Parlamento europeo, ed
alle elezioni dei consigli regionali nelle regioni a statuto speciale
Friuli-Venezia Giulia, Sardegna e Valle d'Aosta (per una attenta
esposizione dello stato della legislazione nella soggetta materia,
cfr.: Pret. Bassano del Grappa 30 settembre 1975, Orient, giur.
lav., 1975 e giur. ivi citata anche nell'ampia nota). Viceversa una
norma dello stesso tenore del citato art. 119 t. u. n. 361/1957 non
è contenuta, né richiamata dal t. u. 16 maggio 1960 n. 570 (delle
leggi per la composizione e la elezione degli organi delle ammi
nistrazioni comunali) e dalla legge 17 febbraio 1968 n. 108
(recante le norme per la elezione dei consigli regionali nelle
regioni a statuto normale) — che disciplinano la dedotta fattispe
cie — né per le elezioni dei consigli regionali nelle regioni a
statuto speciale Sicilia (per la quale manca qualsiasi normativa,
statale o regionale, che disciplini la materia) e Trentino-Alto
Adige (per il quale la legge 23 luglio 1973 n. 9 non disciplina la
fattispecie in esame né rinvia ad altre disposizioni). Tuttavia
ritiene il pretore (cfr., nello stesso senso, Trib. Milano 22 marzo
1976, Foro it., Rep. 1976, voce Elezioni, n. 76 e 1° luglio 1976,
id., Rep. 1977, voce cit., n. 27, che — ai lavoratori dipendenti chiamati ad adempiere funzioni elettorali in occasione di elezioni
amministrative (quale l'attuale attore) — si applichi analogica mente (ai sensi dell'art. 12 preleggi) la citata disposizione dell'art.
119 t.u. n. 361/1957.
Invero la previsione normativa del diritto a « ferie retribuite » — che inizialmente era contenuta nella disciplina legislativa delle
elezioni politiche della Camera dei deputati (art. 119 t.u. n.
361/1957) mentre era omessa nella disciplina delle elezioni ammi
nistrative comunali (t.u. n. 570/1960) — è stata successivamente
estesa ad altre elezioni (elezioni del Senato della Repubblica, referendum popolari, elezioni dei rappresentanti dell'Italia al Par
lamento europeo, elezione dei consigli regionali in alcune regioni
a statuto speciale), che, in dipendenza della loro evidente etero
geneità, sembrano inidonee ad assumere comune rilievo al fine
della concessione del diritto previsto. Pertanto il diritto medesimo,
quantomeno a seguito della ricordata estensione della relativa
previsione normativa, non sembra dipendere dal tipo di elezione, « in occasione » della quale il lavoratore abbia adempiuto a
funzioni elettorali, ma, esclusivamente, dallo «... intrinseco con
tenuto pubblicistico del munus ... », cioè dal «... carattere di
generale interesse che rivestono le loro funzioni...» (cosi, te
stualmente, Cass. 27 novembre 1969, n. 2322, id., 1969, I, 2902), funzioni che, peraltro, presentano sostanziale identità in tutti i
procedimenti elettorali (come può desumersi dalla disciplina rela
tiva).
Ne consegue che, quanto meno allo stato attuale della legisla zione in materia, la norma in esame potrebbe essere applicata anche « in occasione » di elezioni amministrative (comunali e
regionali), se non vi ostasse il silenzio delle leggi elettorali
relative (t.u. n. 570/1960 e legge n. 108/1968), silenzio che va
perciò considerato una vera e propria lacuna dell'ordinamento
(cfr. Cass. 5 ottobre 1953, n. 3174, id., 1953, I, 1575) e non già
espressione (sia pure implicita) della volontà del legislatore di
limitare l'applicazione della norma alle fattispecie previste espres samente.
Per colmare tale lacuna, la norma in esame — che persegue lo
scopo (ratio) di fornire la partecipazione dei lavoratori alla
organizzazione delle elezioni in attuazione di fondamentali princi
pi (art. 3, capov., 51 Cost.) (sul punto, cfr. per tutte le citate
Trib. Milano 22 marzo 1976 e 1° luglio 1976) — va applicata
analogicamente (a norma dell'art. 12 preleggi) al dedotto esercizio
di funzioni elettorali in occasione di elezioni amministrative, per
il quale, all'evidenza, ricorre la medesima ratio, non ravvisandosi
alcuna seria ragione di differenziazione, ai fini di che trattasi, in
dipendenza della «... diversità degli organi da eleggere, tutti
egualmente previsti dalla Costituzione, con una loro specifica ed
essenziale funzione...» (cosi testualmente, la citata Trib. Milano
1° luglio 1976);. Non osta (ai sensi dell'art. 14 preleggi) il
preteso carattere « eccezionale » della norma in esame, in quanto
questa, sebbene deroghi al generale principio del sinallagma tra
lavoro e retribuzione (sul quale, cfr., in motivazione, la recente
Cass. 6 giugno 1979, n. 3223, id., 1979, I, 2361), tuttavia non
introduce, nell'ordinamento, una norma « eccezionale », la cui
ratio si esaurisca nella deroga alla « regola generale menzionata »,
bensì una norma che, in dipendenza della sua ratio, ha, invece,
attitudine ad essere applicata anche a fattispecie non prevista
espressamente (quale la fattispecie dedotta nel presente giudizio).
Pertanto, in applicazione analogica della norma in esame, va
riconosciuto all'attore, in dipendenza del dedotto esercizio di
funzioni elettorali in occasione di elezioni amministrative (comu
nali e regionali), il diritto ad ottenere le retribuzioni, relative a
tre giorni di ferie, dalla convenuta datrice di lavoro, che, perciò,
va condannata a corrispondergli l'importo incontroverso, preteso a
tale titolo.
La soluzione proposta — in quanto assicura il medesimo
trattamento economico al lavoratore chiamato ad adempiere fun
zioni elettorali (sostanzialmente identiche) « in occasione » sia di
elezioni politiche che di elezioni amministrative — non solo
risponde al « fondamento » paritario, che è stato autorevolmente
riconosciuto al procedimento di interpretazione analogica (cfr.:
Cass. 14 luglio 1949, n. 1801, id., Rep. 1949, voce Legge, n. 88;
10 maggio 1951, n. 1121, id., 1952, I, 1085), ma consente, altresì,
l'adeguamento della scelta interpretativa ai principi costituzionali
(proposto dall'ordinamento consolidato della giurisprudenza; cfr.
Cass. 12 giugno 1975, n. 2342, id., 1976, I, 408; 27 gennaio 1978,
n. 393, id., Rep. 1978, voce Titoli di credito, n. 83; Cons. Stato,
Sez. IV, 27 maggio 1977, n. 520, id., Rep. 1977, voce Impiegato dello Stato, n. 878), dispensando cosi il giudicante dal sollevare
la questione di legittimità costituzionale della norma in esame
— in quanto non si applicasse « in occasione » delle elezioni
amministrative — in riferimento all'art. 3 Cost, (cfr., tra le nu
merose ordinanze di rimessione alla Corte costituzionale di tale
questione di costituzionalità: Trib. Brescia 10 gennaio 1980, in
G.U. n. 325 del 26 novembre 1980; Trib. Venezia 11 gennaio
1979, G. U. n. 154 del 6 giugno 1979; Pret. Massa 5 luglio 1977,
Foro it., Rep. 1978, voce Elezioni, n. 51; Pret. Reggio Calabria
22 aprile 1977, ibid., n. 53; Pret. Busto Arsizio 13 dicembre 1976,
id., Rep. 1977, voce cit., n. 21; Pret. Genova 17 marzo 1976,
ibid., n. 23). (Omissis) Per questi motivi, ecc.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 10 febbraio 1981, n. 12
(Gazzetta ufficiale 13 febbraio 1981, n. 44); Pres. Amadei, Rei.
Gionfrida; Tedeschi e Ciampini (Avv. G. Guarino), Del Colle,
De Carolis c. Min. poste e telecomunicazioni; interv. Pres.
cons, ministri (Avv. dello Stato Azzariti). Ord. Cons. Stato, Sez. VI, 8 luglio 1977 (Gazz. uff. 18 gennaio 1978, n. 18).
Impiegato dello Stato e pubblico — Posta e telecomunicazioni —
Personale della carriera dell'« esercizio » — Parametri — Que
stione infondata di costituzionalità (Cost., art. 76; legge 18
marzo 1968 n. 249, delega al governo per il riordinamento del
l'amministrazione dello Stato, per il decentramento delle fun
zioni e per il riassetto delle carriere e delle retribuzioni dei
dipendenti statali, art. 13; legge 28 ottobre 1970 n. 775, modi
fiche ed integrazioni alla legge 18 marzo 1968 n. 249, art. 10; d.
pres. 28 dicembre 1970 n. 1079, nuovi stipendi, paghe e retri
buzioni del personale delle amministrazioni dello Stato, com
preso quello ad ordinamento autonomo, quadro II sez. D).
È infondata la questione di costituzionalità della sezione D del
quadro II della tabella unica degli stipendi, paghe e retribuzio
ni, allegata al d. pres. 28 dicembre 1970 n. 1079, nella parte in
cui determina i parametri spettanti alle qualifiche terminale
(dirigente-ispettore superiore) e intermedia (dirigente-ispettore
capo) del personale della carriera dell'« esercizio » dell'ammi
nistrazione delle poste e telecomunicazioni, in riferimento al
l'art. 76 Cost, e in relazione all'art. 10 legge 28 ottobre 1970
n. 775, sostitutivo dell'art. 13 legge di delega 18 marzo 1968 n.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
249 (sul riassetto delle carriere e delle retribuzioni dei dipen denti pubblici). (1)
La Corte, ecc. — 1. - Con l'ordinanza del Consiglio di Stato in
epigrafe indicata, la corte è chiamata a decidere se contrasti con
l'art. 76 Cost. — in quanto non conforme ai criteri della delega di cui all'art. 10 legge n. 775 del 1970, sostitutivo dell'art. 13
legge n. 249 del 1968 — la sezione D quadro II della tabella
unica degli stipendi allegata al d. pres. 28 dicembre 1970 n. 1079, nella parte in cui determina i parametri spettanti alle qualifiche terminale (dirigente-ispettore superiore) e intermedia (dirigente
ispettore capo) del personale della carriera « dell'esercizio » del
l'amministrazione delle poste e telecomunicazioni, di cui alla
tabella XI dell'art. 118 d. pres. n. 1077 del 1970.
Come in narrativa detto, l'ipotesi di violazione della delega
legislativa non è riferita al preteso mancato inquadramento delle
qualifiche suddette nella carriera « direttiva », avendo, anzi, al
riguardo il giudice a quo ritenuto — in difformità dalla prospet tazione dei ricorrenti — che l'attuato inquadramento in carriera
dell'« esercizio », attesa l'inerenza alle qualifiche stesse di man
sioni assolutamente peculiari e tipiche dell'azienda, rispondesse
proprio al criterio fondamentale della riforma voluta dal legislato re delegante, del riordinamento, cioè, secondo qualifiche funzio
nali.
Il criterio direttivo che si dubita violato è, invece, in parti colare quello — soltanto — che si rinviene nell'inciso finale del
2° comma del citato art. 10, secondo cui, rispetto ai parametri minimo e massimo stabiliti per le varie categorie della stessa
normativa di delega, «... differenziazioni... potranno essere am
messe in relazione a diverse od a particolari collocazioni fun
zionali ».
A motivo dell'ipotesi di incostituzionalità cosi delineata deduce
testualmente il Consiglio di Stato che « le mansioni attribuite agli
impiegati in questione e le conseguenti responsabilità, non ap
paiono sostanzialmente dissimili o non equivalenti a quelle che
sono proprie di funzionari per i quali è prevista la possibilità di
conseguire parametri più elevati, quali ad esempio gli appartenen ti a molte carriere ex speciali, in particolare alle carriere di
ragioneria ».
2. - La questione non è fondata.
Va, invero, considerata l'area di discrezionalità in cui incide la
scelta, qui censurata, del legislatore delegato — alla cui valuta
ci) L'ordinanza 8 luglio 1977 del Consiglio di Stato, Sez. VI, è massimata in Foro it., 1978, III, 153, con nota di richiami.
Analoga questione è stata sollevata da Cons. Stato, Sez. VI, 18
ottobre 1977, n. 805, id., Rep. 1977, voce Posta, n. 5. Per ulteriori riferimenti sul riassetto delle carriere e delle retribuzioni
nel settore delle poste e telecomunicazioni, Corte cost. 12 aprile 1978, n. 27, id., 1978', I, 1347, con nota di richiami, che dichiarò infondata la questione di costituzionalità degli art. 115 tab. XIV e nota a, e 118 tab. XIV d. pres. 28 dicembre 1970 n. 1077 nella parte in cui operano raggruppamenti di qualifiche precedentemente tenute distinte in riferi mento agli art. 76 e 77, 1° comma, Cost, ed in relazione all'art. 11 e nota 2 della tabella allegata alla legge 18 marzo 1968 n. 249, modificato con legge 28 ottobre 1970 n. 775; T.A.R. Lazio, Sez. Ili, 20
novembre 1978, n. 942, id., Rep. 1978, voce cit., n. 21. In dottrina, sull'organizzazione autonoma delle poste e telecomunica
zioni, Del Bue, Diritto postale e delle comunicazioni, voce del Novissimo digesto, 1968, V, 992; Lillini, Posta, id., 1968, XIII, 422; P. Sullo, in Nuova rass., 1979, 1302.
Sull'ordinamento ed il riassetto funzionale delle carriere degli impie gati statali, Amendola, Carriera, voce dell'Enciclopedia del diritto, 1960, VI, 308; Violante, in Riv. amm., 1971, 571; Virga, Il pubblico impiego, 1973, 122; Calandra, in Riv. trim. dir. pubbl., 1973, 744; Marongiu, Il riordinamento dell'amministrazione pubblica, 1974; Zappi, in Quaderni rass. sindacale, 1974, 47; Rusciano, L'impiego pubblico in
Italia, 1978, 187; con particolare riferimento alle c. d. carriere speciali, Vitali, in Rass. pari., 1966, 722. Per altri riferimenti cfr. M. S. Gian nini che, quale ministro per la funzione pubblica, ha presentato il
Rapporto sui principali problemi dello Stato, in Foro it., 1979, V, 289. Da ultimo, tra gli altri, v. anche Treu, Contrattazione collettiva
e riforma della pubblica amministrazione, in Riv. trim. dir. proc.
civ., 1980, 1262. Per alcuni esempi di applicazione del giudizio di ragionevolezza da
parte della Corte costituzionale al settore del pubblico impiego, sent.
17 luglio 1975, n. 219, Foro it., 1975, I, 1881, con nota di richiami
e osservazioni di Pizzorusso, che dichiarò l'incostituzionalità delle
norme che non estendevano ai professori universitari di ruolo al par. 825 il trattamento retributivo stabilito per i dirigenti amministrativi, commentata anche da Zagrebelsky, La giustizia costituzionale, 1977, 163 e nota 25; Volpe, L'ingiustizia delle leggi, 1977, 298 ss.
In dottrina, sul principio di ragionevolezza, Agro, Principi fonda
mentali, in Commentario della Costituzione, a cura di G. Branca, 1975, 123 ss.; Cerri, L'eguaglianza nella giurisprudenza costituzionale, 1976, 35 ss.; Ferrara e Zagrebelsky, in Corte costituzionale, vent'anni di
attività, 1978, 89 ss.; Volpe, L'ingiustizia delle leggi, cit., 248 ss.
zione appunto è stato rimesso dal delegante l'eventuale supera mento (« differenziazioni potranno essere ammesse ») dei para metri (minimi e) massimi, stabiliti in via generale per le varie
carriere, in presenza di « particolari collocazioni funzionali » — e
va tenuto presente che il potere di intervento della corte in
relazione a scelte siffatte non può andare oltre il controllo di
ragionevolezza.
Ora, appunto, la normativa impugnata appare non irragionevole in rapporto sia al contenuto della disciplina adottata che al
trattamento comparativo di situazioni sia pur latamente analoghe.
Relativamente al primo profilo, va premesso che il legislatore
delegato, con riguardo al personale dell'amministrazione postale, di cui trattasi, si è trovato a dover valutare — nel contesto
globale del riordinamento delle carriere di tutti i dipendenti dello
Stato ed aziende pubbliche — mansioni ed attribuzioni assoluta
mente peculiari ed atipiche, per di più estremamente eterogenee anche nell'ambito della stessa qualifica.
Ed invero, i direttori ed ispettori di cui alla tabella F (carriera di concetto) allegata alla legge 1958 n. 119 (già gruppo B della L
categoria ex lege 18 aprile 1940 n. 288), ai sensi della normativa
indicata e dei connessi regolamenti e circolari di esecuzione (d. m.
14 marzo 1942, circ. 3 febbraio 1965 n. 2834 ecc.) potevano (e
tale situazione non è in seguito mutata) essere alternativamente ed indifferentemente preposti alle ragionerie provinciali aventi
competenza in materia di riscontro e vigilanza contabile; ovvero invece agli economati, che si limitano a curare la gestione di immobili e la fornitura di materiali; o alle casse provinciali, che
provvedono al movimento e custodia di fondi; agli uffici « conti
correnti», «vaglia e risparmi»; agli uffici di movimento postale,
svolgenti esclusivo servizio di raccolta, avviamento e distribuzione di corrispondenza; agli uffici c. d. promiscui, ecc.
A ciò va aggiunta l'esistenza di rilevanti differenze dimensiona
li, nell'ambito dello stesso tipo di ufficio, in relazione alla diversa
ampiezza dell'area di competenza territoriale delle relative sedi. Al punto che, effettivamente, per talune di tali sedi considerate di
maggiore importanza (Roma, Napoli, Torino ecc.) vi è stato —
come dedotto dalle parti e confermato dalla istruttoria svolta dal
giudice a quo un avvicendamento tra personale con la qua lifica dei ricorrenti e personale della carriera direttiva.
In tale complesso ed articolato contesto ha appunto operato il
legislatore delegato. Ed una volta che — come si è detto — la disciplina attuata
non viene in discussione sotto il profilo della esistenza (anzi motivatamente esclusa) di un eventuale titolo del personale in
questione ad essere inquadrato nella carriera direttiva, l'alternati
va rispetto alla quale la scelta normativa va verificata è quella che in sostanza residuava al legislatore tra l'attribuire all'introdot ta carriera dell'esercizio del personale delle poste e telecomunica zioni (già carriera di concetto ed ex gruppo B) parametri esatta
mente corrispondenti a quelli del rimanente personale di concetto
delle altre pubbliche amministrazioni; ovvero parametri anche
superiori, ravvisando, nella specie, particolari collocazioni funzio
nali ex art. 10, 3° comma, legge 1970 n. 775, cit.
In questa seconda evenienza non è escluso ovviamente che il
legislatore potesse anche spingersi (in risposta alle aspettative della
categoria interessata) fino al punto di fissare parametri più o meno equipollenti a quelli conseguiti dai ragionieri del troncone
direttivo delle ex carriere speciali di altre amministrazioni dello
Stato (di cui all'art. 195 t. u. 1957 n. 3 ed alle successive leggi 29
giugno 1960 n. 650, 23 ottobre 1980 n. 1196, 20 dicembre 1961 n.
1345, d. pres. 18 novembre 1965 n. 1479, ecc.); i quali — per il meccanismo di trasformazione previsto dagli art. 22 legge 1970 n.
775, 147 d. pres. 1970 n. 1077 e d. pres. 1972 n. 319 — avevano
raggiunto, con l'inquadramento nella carriera direttiva ordinaria, i
livelli parametrici a questa relativi.
Ma, com'è altrettanto ovvio, il legislatore poteva anche — pur di fronte ad una ritenuta non coincidenza di collocazioni funzio
nali tra l'introdotta carriera dell'esercizio del personale delle poste e telecomunicazioni ed una normale carriera di concetto —
valutare la relativa differenza in termini meno netti ed addirittura
sfumati.
Quest'ultima soluzione appunto è stata in concreto adottata, articolando la scala parametrica della detta carriera dell'esercizio
in modo che alla qualifica iniziale (« revisore ») ed intermedia
(dirigente-ispettore) sono attribuiti parametri (173 a 232 e 262 a
302) leggermente superiori a quelli (160 a 218 e 255 e 297) delle
corrispondenti qualifiche (segretario; segretario principale) della
carriera ordinaria di concetto; mentre le rispettive qualifiche di
vertice (dirigente superiore per l'esercizio; segretario capo, per il
concetto) raggiungono il medesimo parametro terminale (370) a
sua volta intermedio tra i parametri (307 e 387) assegnati al
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1251 PARTE PRIMA 1252
direttore di divisione ed al direttore di sezione nella carriera
direttiva.
Tale soluzione può anche essere discutibile sul piano del me
rito.
Certo è che essa però non può dirsi intrinsecamente irragione
vole; essendo coerente — ed anzi, sia pure relativamente, miglio rativa — rispetto alla disciplina pregressa: che del resto, nell'arco
di tempo che va dalla legge n. 119 del 1958 al 1970, il legislatore ha mantenuto ferma, nonostante i progetti ed i disegni di mo
difica ripetutamente portati alla sua attenzione.
Né l'irragionevolezza della normativa impugnata emerge sul
piano comparativo. Che anzi, sotto tale aspetto — che investe il
secondo dei due profili innanzi accennati — appare coerente
l'attribuzione al personale in questione di parametri puntualmente identici a quelli stabiliti per il personale dell'esercizio di tutte le
altre aziende autonome, preposte a compiti (v., ad esempio, i c. d.
dirigenti delle stazioni, nell'amministrazione delle ferrovie dello
Stato) anch'essi particolarmente impegnativi. Per questi motivi, dichiara non fondata la questione di legitti
mità costituzionale della sezione D del quadro II della tabella
unica degli stipendi, paghe e retribuzioni, allegata al d. pres. 28
dicembre 1970 n. 1079, nella parte in cui determina i parametri
spettanti al personale dell'esercizio dell'amministrazione delle po ste e telecomunicazioni sollevata, con ordinanza 8 luglio 1977 del
Consiglio di Stato, sez. VI giurisdizionale, per contrasto con
l'art. 76 Cost., in relazione all'art. 10 legge 28 ottobre 1970 n. 775,
sostitutivo dell'art. 13 legge di delega 18 marzo 1968 n. 249 (sul
riassetto delle carriere e delle retribuzioni dei dipendenti pub
blici).
I
CORTE DI CASSAZIONE; Sezioni unite civili; sentenza 6 mag
gio 1981, n. 2808; Pres. G. Rossi, Est. O. Fanelli, P. M. Fabi
(conci, diff.); Soc. Italsider (Avv. G. Guerra, A. Greco) c.
Marra. Regolamento di giurisdizione.
CORTE DI CASSAZIONE;
Giurisdizione civile — Personale protetto dalla legge n. 482 del
1968 — Avviamento al lavoro — Mancata assunzione — Giu
dizio per la costituzione del rapporto — Regolamento di
giurisdizione — Questione di merito — Inammissibilità —
Fattispecie (Cod. proc. civ., art. 17, 41, 367; legge 2 aprile 1968 n. 482, disciplina generale delle assunzioni obbligatorie
presso le pubbliche amministrazioni e lei aziende private, art.
1, 11, 16).
È inammissibile, perché prospetta una questione di merito e non
un problema di giurisdizione, l'istanza per regolamento pre
ventivo con la quale la società, rifiutatasi di assumere il lavo
ratore avviatole ai sensi della legge n. 482 del 1968, deducendo
di aver impugnato avanti il T.A.R. il provvedimento ammini
strativo di avviamento, eccepisce il difetto di giurisdizione del
giudice ordinario sulla domanda del lavoratore diretta ad otte
nere la costituzione del rapporto di lavoro con la stessa società
e la sua condanna al pagamento della retribuzione o quanto meno di un assegno alimentare. (1)
(1) Più che per l'affermazione riassunta nella massima, che si ri
collega ai numerosi precedenti della corte nei quali si è evidenziata
l'impossibilità di dedurre, con il regolamento preventivo di giurisdi zione, questioni di merito (fra le altre, in argomento, sent. 1° di
cembre 1978, n. 5678, Foro it., 1978, I, 2704, con nota redazionale; 6 ottobre 1975, n. 3165, id., 1976, I, 1969, con nota di richiami), la
riportata sentenza si segnala per essersi soffermata, nonostante la
mancanza di qualsiasi deduzione sul punto da parte del ricorrente, sull'orientamento che consente la proposizione del ripetuto regola mento anche nelle ipotesi di c. d. improponibilità assoluta della do
manda nei rapporti fra privati, (orientamento) confermato esplicita mente da Cass. 24 novembre 1978, n. 5511, id., 1979, I, 2710, con
nota di richiami, ed implicitamente da Cass. 19 febbraio 1981, n. 1082,
id., 1981, I, 649, come puntualmente avvertito da G. Tucci in nota
alla sentenza, spec. col. 660, 661. Sebbene condotto in via incidentale e in termini sfumati, il riesame
dell'indirizzo in parola ha permesso alla corte di puntualizzare, alla
stregua dei rilievi svolti sul punto dalla dottrina (A. Proto Pisani
in nota a Cass. 14 ottobre 1977, n. 4372, id., 1977, I, 2422 e a Cass.
10 gennaio 1979, n. 149, id., 1979, I, 2704; F. Cipriani, Il regola mento di giurisdizione, 1977, 205 ss.; e in nota a Cass. 3 giugno 1978, n. 2733, foro it., 1978, I, 1900; Andrioli, Diritto processuale civile, 1979, I, 111-112; G. Tucci, op. loc. cit.) che «in giudizio vertente unicamente tra privati non è prospettabile una questione di
giurisdizione sotto il profilo della ricorrenza di una posizione di
II
CORTE DI CASSAZIONE; Sezioni unite civili; sentenza 5 mag
gio 1981, n. 2774; Pres. G. Rossi, Est. O. Fanelli, P. M.
Fabi (conci, diff.); Soc. Sidermontaggi (Avv. G. Guerra) c.
Luccarella. Regolamento di giurisdizione.
Provvedimenti d'urgenza — Personale protetto dalla legge n. 482
del 1968 — Avviamento al lavoro — Mancata assunzione —
Giudizio per la costituzione del rapporto — Regolamento di
giurisdizione — Successiva ordinanza d'urgenza di correspon sione di assegno alimentare — Ricorso per cassazione — Inam
missibilità — Fattispecie (Cost., art. Ill; cod. proc. civ.,
art. 37, 41, 367, 700; legge 7 aprile 1968 n. 482, art. 11, 16).
L'ordinanza, con la quale il pretore, investito della domanda del
lavoratore, avviato in base alla legge n. 482 del 1968, diretta
ad ottenere la costituzione del rapporto di lavoro con la società
rifiutatasi di assumerlo, in accoglimento del ricorso ex art. 700
cod. proc. civ. proposto dal medesimo lavoratore, dopo il de
posito dell'istanza di regolamento di giurisdizione da parte del
la stessa società, le ordina di corrispondere mensilmente al
l'istante un assegno alimentare, può essere modificata o revo
cata dal giudice del merito ma non itnpugnata con ricorso per
cassazione ai sensi dell'art. Ill Cost. (2)
III
CORTE DI CASSAZIONE; Sezioni unite civili; sentenza 17 feb
braio 1981, n. 941; Pres. G. Rossi, Est. Buffoni, P. M. Fabi
(conci, conf.); Soc. Incredit Sud (Avv. Crialese, Dalfino)
c. Min. lavoro (Avv. dello Stato Salimei). Regolamento di
giurisdizione.
interesse legittimo e non di diritto soggettivo ». E la precisazione, per quanto schematica, rappresenta il primo passo verso una più approfondita riconsiderazione del problema, che dovrebbe consentire
di risolverlo in modo più aderente alla funzione del regolamento di
giurisdizione (cfr. gli autori citati), impedendone l'abuso di cui la
vicenda sulla quale si sono soffermate le sezioni unite (con le ripor tate sentenze e con le coeve dal n. 2777 al n. 2870) fornisce l'enne sima dimostrazione.
(2) Dopo aver ribadito, alla stregua del completo richiamo dei
precedenti giurisprudenziali in argomento, l'inammissibilità del ri corso per cassazione ex art. Ill Cost, (sul punto da ultimo G. Tucci, op. loc. cit.; G. Persico, in Foro it., 1980, V, 185 ss.) avverso i
provvedimenti di urgenza (che, se emessi in corso di causa non pos sono formare oggetto di regolamento di competenza neppure se si siano espressamente pronunciati sulla competenza: da ultimo Cass. 4 dicembre 1980, n. 6327, che sarà riportata nel prossimo fascicolo), la sentenza in epigrafe si è dichiaratamente discostata da Cass. 3 ot tobre 1977, n. 4180, Foro it., 1978, I, 1409, con nota di F. Cipriani, Atti urgenti e provvedimenti cautelari durante la sospensione del pro cesso di merito, affermando che « non è dato rinvenire ipotesi in cui un provvedimento d'urgenza non sia solo provvisorio, e produca, invece, effetti irreversibili risolvendo completamente il conflitto di interessi che ha dato luogo alla lite, perché esso è, in ogni caso, destinato ad essere recepito o caducato dalla sentenza, e, se a questa non si pervenga, a rimanere privo di effetto a seguito della estin zione del processo ». In tal modo la Cassazione sembra avere inteso
porre definitivamente fine ad ogni prospettiva di ampliamento del
l'opposto principio enunciato dalla ripetuta sent. n. 4180 del 1977
(cfr. G. Persico, op. loc. cit.; contra F. Cipriani, op. loc. cit.). A questo punto il discorso, opportunamente integrato dai rilievi
concernenti la revocabilità dei provvedimenti d'urgenza (in propo sito, da ultimo Pret. Siracusa 21 ottobre 1980, Foro it., 1981, I, 559, con nota di richiami) si sarebbe anche potuto concludere, posto che nella specie « sia pure non del tutto perspicuamente » era stato pro posto ricorso ex art. Ill Cost., ed individuato il precedente idoneo a giustificarne l'ammissibilità nell'anzidetta sent. n. 4180 del 1977. Le sezioni unite, invece, hanno preferito darsi carico di ulteriori
questioni non necessarie ai fini del decidere finendo cosi per rendere meno lineare l'iter argomentativo della sentenza.
Inconferenti, oltre che in contrasto con l'espresso riconoscimento della non definitività dell'ordinanza emessa nella specie dal pretore, sono infatti i richiami ai precedenti della corte che hanno ritenuto
appellabile la statuizione di merito, emanata in luogo del chiesto provvedimento d'urgenza, dal giudice competente a conoscere tanto della fase cautelare quanto di quella di merito. Parimenti ultronei
appaiono i rilievi svolti dalla Cassazione circa l'ambito del controllo che il giudice di merito può esercitare sui provvedimenti d'urgenza.
Per quanto riguarda, invece, le battute della parte finale della mo
tivazione, dedicate alla correlazione dei provvedimenti in parola con il regolamento di giurisdizione, è il caso di osservare che trattasi di considerazioni svolte ad abundantiam e con scarsa aderenza al thema decidendum e per ciò difficilmente utilizzabili in una ricostruzione sistematica della cennata correlazione (in argomento, in motivazione Cass. 7 febbraio 1981, n. 767, id., 1981, I, 343 e i rilievi sul punto della nota redazionale).
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