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sentenza 10 giugno 1993, n. 277 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 16 giugno 1993, n. 25); Pres....

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sentenza 10 giugno 1993, n. 277 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 16 giugno 1993, n. 25); Pres. Casavola, Est. Mirabelli; Regione Liguria (Avv. Zanchini) c. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Ferri). Conflitto di attribuzioni Source: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 9 (SETTEMBRE 1993), pp. 2397/2398-2401/2402 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23187696 . Accessed: 25/06/2014 06:45 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.2.32.96 on Wed, 25 Jun 2014 06:45:43 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sentenza 10 giugno 1993, n. 277 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 16 giugno 1993, n. 25);Pres. Casavola, Est. Mirabelli; Regione Liguria (Avv. Zanchini) c. Pres. cons. ministri (Avv. delloStato Ferri). Conflitto di attribuzioniSource: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 9 (SETTEMBRE 1993), pp. 2397/2398-2401/2402Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23187696 .

Accessed: 25/06/2014 06:45

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

che «le condizioni, formali e sostanziali, prescritte dalle diverse

legislazioni nazionali in materia di risarcimento dei danni non

possono essere meno favorevoli di quelle che riguardano recla

mi analoghi di natura interna e non possono essere congegnate in modo da rendere praticamente impossibile o eccessivamente

difficile ottenere il risarcimento». La disciplina in esame sareb

be meno favorevole rispetto all'ordinaria azione di risarcimento

del danno nel nostro ordinamento sia perché fissa un limite mas

simo all'ammontare del risarcimento, sia perché assoggetta il

diritto a un termine breve di decadenza. Sotto il secondo profi

lo, il minor favore sarebbe riscontrabile anche rispetto all'azio

ne speciale (che peraltro non ha natura risarcitoria) per ottenere

la prestazione del fondo di garanzia nel sistema a regime, per la quale il termine di un anno previsto dal 5° comma è di pre

scrizione, non di decadenza.

Sotto il primo profilo la censura è palesemente inconsistente.

Il danno risarcibile del lavoratore è misurato, per quanto ri

guarda la somma capitale, dall'ammontare dei crediti di lavoro

garantiti dalla direttiva, nei termini in cui questa viene tardiva

mente (ma correttamente) attuata dalla legislazione nazionale.

La norma in esame è stata congegnata in modo da ottenere

praticamente un risultato analogo a quello della retroattività della

disciplina dell'intervento del fondo di garanzia nel sistema a

regime, formalmente esclusa dal comma 6° dell'art. 2. In que sto senso si può dire, come scrive l'avvocatura dello Stato, che

l'art. 2 d.p.r. n. 80 del 1992 ha dettato una disciplina unitaria.

Una differenza potrebbe eventualmente manifestarsi per quanto

riguarda la decorrenza degli interessi e della rivalutazione mo

netaria, e infatti, come si è già notato, l'art. 2, 7° comma,

non richiama il comma 5.

Sotto il secondo profilo la censura è inammissibile. Poiché

i lavoratori in causa hanno esercitato l'azione per ottenere l'in

dennità risarcitoria entro il termine decadenziale dell'anno sta

bilito dalla norma delegata, la questione se tale termine sia con

forme alla delega non è pregiudiziale alla definizione del giudi

zio a quo. Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fonda

ta la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, 7° com

ma, primo periodo, d.p.r. 27 gennaio 1992 n. 80 (attuazione

della direttiva 80/987/Cee in materia di tutela dei lavoratori

subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro), solleva

ta, in riferimento all'art. 76 Cost., dal Pretore di Frosinone

con l'ordinanza in epigrafe; dichiara inammissibile la questione

di legittimità costituzionale dell'art. 2, 7° comma, secondo pe

riodo, del citato d.p.r. 27 gennaio 1992 n. 80, sollevata dal no

minato Pretore con la medesima ordinanza.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 10 giugno 1993, n. 277

(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 16 giugno 1993, n. 25);

Pres. Casavola, Est. Mirabelli; Regione Liguria (Avv. Zan

chini) c. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato Ferri). Con

flitto di attribuzioni.

Antichità e belle arti — Musei e biblioteche di enti locali —

Rimozione e restauro di cose di interesse artistico — Autoriz

zazione — Competenza statale (Cost., art. 117, 118; 1. 1°

giugno 1939 n. 1089, tutela delle cose d'interesse artistico o

storico, art. 11; d.p.r. 14 gennaio 1972 n. 3, trasferimento

alle regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative

statali in materia di assistenza scolastica e di musei e bibliote

che di enti locali e dei relativi personali ed uffici, art. 7; d.p.r.

24 luglio 1977 n. 616, attuazione della delega di cui all'art.

1 1. 22 luglio 1975 n. 382, art. 47).

Posto che nell'ambito di musei appartenenti ad enti locali pos

sono esistere beni di tale rilevanza artistica o storica da attin

gere l'interesse culturale nazionale, e che tra le funzioni espres

II Foro Italiano — 1993.

samente delegate alle regioni a statuto ordinario compare la

«manutenzione e la conservazione dell'integrità delle cose rac

colte in musei», ma non il restauro, spetta allo Stato il rila

scio dì autorizzazione, prevista dall'art. 11 l. 1° giugno 1939

n. 1089, alla rimozione ed al restauro di beni d'interesse storico

artistico, appartenenti a musei di enti locali, o di interesse

locale. (1)

Diritto. — 1. - Il conflitto di attribuzione, proposto dalla

regione Liguria in relazione alla ingiunzione che ad essa ha ri

volto il ministero per i beni culturali per sospendere il restauro

di un piviale di proprietà del monastero dei SS. Giacomo e Fi

lippo, in deposito presso il museo di S. Maria di Castello in

Genova, tende ad affermare che non spetta allo Stato rilasciare

l'autorizzazione alla rimozione ed al restauro delle cose di inte

resse artistico, prevista dall'art. 11 1. 1° giugno 1939 n. 1089,

quando si tratti di beni che appartengono a «musei di enti locali

o di interesse locale».

La regione ricorrente rivendica la propria competenza in ma

teria, e di conseguenza assume che l'atto denunciato è invasivo,

perché viola gli art. 117 e 118 Cost., in relazione all'art. 7 d.p.r. 14 gennaio 1972 n. 3 ed all'art. 47 d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616.

La prima di queste disposizioni ha trasferito alle regioni a

statuto ordinario le funzioni amministrative degli organi centra

li e periferici dello Stato, in materia di musei e biblioteche di

enti locali. Il trasferimento riguarda, tra l'altro, le funzioni con

cernenti «la manutenzione delle cose raccolte nei musei e nelle

biblioteche di enti locali o di interesse locale» (art. 7, lett. b,

d.p.r. n. 3 del 1972).

Successivamente, sono state legislativamente definite le fun

zioni amministrative relative alla materia «musei di enti locali»,

come concernenti tutti i servizi e le attività che riguardano l'esi

stenza, la conservazione, il funzionamento, il pubblico godimento

e lo sviluppo dei musei, delle raccolte di interesse artistico ap

partenenti alla regione o ad altri enti sottoposti alla sua vigilan

za, o comunque di interesse locale (art. 47 d.p.r. n. 616 del 1977). La regione Liguria ritiene che il trasferimento di competenze

debba essere riferito non solo alle istituzioni museali, alle rac

colte ed ai beni in esse contenuti, ma (in ragione dell'interesse

locale che i beni esprimono) anche ad ogni funzione di tutela

che si riferisca ad essi, compresa l'autorizzazione (prevista dal

l'art. 11 1. n. 1089 del 1939) per il restauro dei beni. Quest'ulti ma attività sarebbe anzi compresa, ad avviso della regione, nel

la conservazione e manutenzione delle raccolte e dei beni appar tenenti ai musei di enti locali o di interesse locale, ovvero in

essi custoditi. Ricadrebbe quindi in un ambito di funzioni speci

ficamente trasferite alle regioni. 2. - La corte ha già avuto occasione di osservare che la mate

ria «musei e biblioteche di enti locali», attribuita dagli art. 117

e 118 Cost, alla competenza normativa ed amministrativa delle

(1) Il criterio di distinzione delle competenze tra Stato e regioni a

statuto ordinario, basato sulla definizione dell'interesse nazionale o lo cale del bene storico-artistico (e non già sull'appartenenza del bene a

museo statale o locale), è affermato in Corte cost. 28 luglio 1988, n.

921, Foro it., 1991, I, 731, con nota di richiami, cui adde Corte cost.

12 giugno 1991, n. 264, id., 1992, I, 280, e 12 giugno 1991, n. 278,

id., Rep. 1991, voce Regione, n. 281 e in extenso in Giur. costit., 1991,

2204, con nota di Gianfrancesco. In dottrina, cfr. Alibrandi-Ferri, I beni culturali e ambientali, Milano, 1985, 231. Tale criterio è applica bile, secondo quanto affermato dalla pronuncia in epigrafe, sempre che

vi sia stata apposita delega alla regione, per funzioni specifiche (come in materia di licenze per l'esportazione, di cui alla decisione 278/91),

mancando, ad oggi, una onnicomprensiva attribuzione alle regioni delle

funzioni amministrative relative ai beni culturali d'interesse locale.

Sulla competenza regionale in materia di beni culturali, v. Clemente

di San Luca, Un altro piccolo passo nella definizione delle competenze in materia di beni culturali, in Regioni, 1992, 750; Ainis, Una sentenza

su regioni e cultura con un convitato di pietra: lo Stato, id., 1989,

1676; Morbidelli, L'azione regionale e locale per i beni culturali in

Italia, id., 1987, 942; Ainis, Corte, regioni, cultura: appunti su una

questione irrisolta, in Dir. e società, 1987, 443. Più in generale, sui

rapporti fra Stato e sistema delle autonomie locali nella politica dei

beni culturali, v. I beni culturali in Italia — Indagine conoscitiva della

commissione cultura, scienza e istruzione presso la camera dei deputati

(dicembre 1988 - dicembre 1991), Roma, 1992, II, 237 ss.

Sui concetti di rimozione e restauro delle cose d'arte, v. Alibrandi

Ferri, op. cit., 358-9.

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2399 PARTE PRIMA 2400

regioni, nella sequenza delle disposizioni legislative di settore

(in particolare il titolo II del d.p.r. n. 3 del 1972 ed il titolo

III, capo VII, del d.p.r. n. 616 del 1977) ha assunto una dimen

sione che si estende oltre l'ambito soggettivo dell'appartenenza del museo o della biblioteca, per collegare la competenza regio nale al profilo oggettivo della località dell'interesse che tali isti

tuzioni rivestono (sent. n. 921 del 1988, Foro it., 1991, I, 731). Alla base dell'ampio trasferimento di funzioni, operato dall'art.

47 d.p.r. n. 616 del 1977 in materia di musei e biblioteche, vi è la distinzione tra interesse nazionale ed interesse locale,

quale criterio di divisione fra le competenze conservate allo Sta

to e quelle assegnate alle regioni (sent. n. 278 del 1991, id.,

Rep. 1991, voce Regione, n. 281). Il principio di distinzione

delle competenze non è quindi costituito dall'appartenenza del

museo o dei beni in esso raccolti. Risulta cosi superata l'ecce

zione di inammissibilità, formulata dall'avvocatura dello Stato, che intende far leva sul fatto che il piviale da restaurare non

appartiene al museo, ma è in deposito presso di esso.

La corte ha tuttavia allo stesso tempo osservato che, per quanto

riguarda la tutela e la valorizzazione dei beni culturali, il trasfe

rimento di competenze avrebbe dovuto essere stabilito da un'ap

posita legge, che l'art. 48 d.p.r. n. 616 del 1977 prevedeva fosse

emanata entro il 1979. Non è stata quindi modificata la compe tenza statale in questo ambito, giacché il d.p.r. n. 616 del 1977

ha rinviato la determinazione delle competenze da conferire alle

regioni in materia di tutela del patrimonio artistico o storico, in ordine alle quali vi è l'aspettativa di una investitura non an

cora attuata. Sicché, «in attesa della preannunciata normativa

di trasferimento o di delega, nella quale dovrebbero essere defi

nite le diverse competenze e il loro congiunto operare per la

tutela e l'incremento di valori culturali, la situazione normativa

è caratterizzata dall'attribuzione allo Stato dei poteri inerenti

alla protezione del patrimonio storico e artistico della nazione»

(sent. n. 921 del 1988, cit.). D'altra parte, pur rimanendo nell'ambito dei musei apparte

nenti ad enti locali, di sicura competenza regionale, si è non

di rado in presenza di beni di tale rilevanza artistica o storica, da attingere ad un interesse culturale nazionale. L'appartenenza del museo e le attribuzioni in ordine ad esso non rappresentano

quindi un decisivo criterio di discrimine in ordine alla compe tenza relativa all'autorizzazione per il restauro delle singole cose.

In conclusione, si può ritenere che non vi è stata una onni

comprensiva attribuzione alle regioni delle funzioni amministra

tive relative ai beni culturali di interesse locale, idonea a fonda

re la pretesa dell'esclusione del potere statale di autorizzazione

per il restauro di cose di interesse artistico o storico, in ragione di una distinzione di competenza ad adottare tale atto basata

sull'interesse, nazionale o locale, che il bene esprime. Questa distinzione è stata assunta a criterio di discriminazione nell'e

sercizio di competenze statali o regionali, ma esclusivamente per funzioni espressamente delegate alle regioni (in forza dell'art.

9 d.p.r. n. 3 del 1972), quali la concessione di licenze o nulla

osta per l'esportazione dei beni o delle cose di valore artistico

o storico, che è rimasta alla competenza statale se si tratta di

cose rilevanti per il patrimonio artistico, storico o bibliografico

nazionale, mentre è devoluta alla competenza regionale se l'in

teresse che tali cose rivestono è solo locale (sentenza n. 278 del

1991, cit.). Difficilmente, quindi, si può sostenere che, per le altre fun

zioni non delegate, la competenza attribuita alle regioni sia ad dirittura più ampia di quella ad esse espressamente devoluta

in forza di apposite deleghe. 3. - La regione Liguria propone la specifica indicazione delle

funzioni trasferite quale ulteriore argomento per sostenere l'af

fermazione della propria competenza. In particolare la ricorren

te assume che la manutenzione e la conservazione dell'integrità delle cose raccolte nei musei affidati alla propria competenza

(art. 7, lett. h, d.p.r. n. 3 del 1972; art. 47 d.p.r. n. 616 del

1977) designano attività e funzioni che comprendono il restauro

delle cose stesse, quindi anche la competenza al rilascio della

relativa autorizzazione (in base all'art. 11 1. n. 1089 del 1939). L'assimilazione delle nozioni di manutenzione, conservazione

e restauro, ovvero la loro reciproca fungibilità, non può essere

accolta. Il termine restauro» esprime un proprio peculiare con

tenuto ed ha consolidata autonomia concettuale e definitoria.

Già la 1. 20 giugno 1909 n. 364 distingueva il restauro dall'a

dozione di provvidenze idonee ad impedire il deterioramento

Il Foro Italiano — 1993.

delle cose di interesse artistico o storico, come pure dalla cura

della loro integrità e sicurezza. Il r.d. 30 gennaio 1913 n. 363

(tuttora in vigore ai sensi dell'art. 73 1. n. 1089 del 1939), consi

dera la «conservazione» delle cose di interesse storico e artistico

separatamente dai «lavori e restauri». Ancora di recente la 1.

10 febbraio 1992 n. 145 distingue la manutenzione ordinaria

e straordinaria del patrimonio architettonico, archeologico, ar

tistico e storico, bibliografico e archivistico, dal recupero, sal

vaguardia e restauro (art. 1). Quest'ultimo implica sempre un

intervento diretto sulla cosa, volto (nel rispetto dell'identità cul

turale della stessa) a mantenerla o modificarla, per assicurare

o recuperare il valore ideale che essa esprime, preservandolo e garantendone la trasmissione nel tempo.

Si tratta di un'attività che richiede valutazioni tecnico

scientifiche, adeguati metodi esecutivi, talvolta analisi interdi

sciplinare dei problemi che il restauro pone, ed elevatissima spe cializzazione. Tanto più che l'intervento può arrecare pregiudi

zio, anche irreversibile, alla cosa, nella sua fisica consistenza

0 nel valore e nell'identità culturale che esprime ed è destinata

a tramandare. Queste esigenze sono tanto peculiari, nel conte

sto delle attività che riguardano i beni culturali, da aver dato

luogo alla costituzione di un apposito Istituto centrale per il

restauro, con lo specifico scopo di «eseguire e controllare il re

stauro delle opere di antichità e d'arte e di svolgere ricerche

scientifiche dirette a perfezionare ed unificare i metodi» (art. 1 1. 22 luglio 1939 n. 1240).

Il restauro è dunque un'attività che ha caratteristiche proprie, diverse rispetto al mero mantenimento delle condizioni, per lo

più esterne, di conservazione della cosa, secondo le esigenze ti

piche della manutenzione. Il restauro si distingue anche dagli altri interventi diretti ad assicurare l'integrità delle raccolte ed

a valorizzarne la funzione culturale, senza riguardare diretta

mente la cosa né incidere sulla sua fisica consistenza. Caratteri

stiche queste proprie degli interventi di restauro, diretti a reinte

grare quanto del bene è compromesso, a recuperarne il valore

culturale originario, ad assicurare, mediante le appropriate mo

dificazioni, la possibilità di tramandarne l'esistenza ed il mes

saggio ideale.

Non si può pertanto ritenere, come vorrebbe la regione ricor

rente, che, nell'attuale assetto normativo, la competenza alla

manutenzione ed alla conservazione dell'integrità delle cose rac

colte e custodite nei musei di interesse locale (che può riguarda re l'insieme delle cose, in quanto tale significativo), in funzione

della loro gestione e del loro godimento, comprenda anche la

competenza ad autorizzare il restauro, che è diretto ad incidere

immediatamente sulla consistenza e sulla preservazione del va

lore culturale di ciascuna cosa di interesse artistico o storico.

4. - Le considerazioni poste a fondamento della distinzione

concettuale e normativa tra restauro, manutenzione e conserva

zione, delimitano anche la finalità e l'ambito del potere di auto

rizzazione, rimesso alla competenza del ministero per i beni cul

turali. L'autorizzazione al restauro è volta ad esprimere il posi tivo apprezzamento dell'opportunità tecnico-scientifica

dell'intervento sulla cosa di valore artistico o storico, e ad ac

certare la validità delle metodiche che si intendano adottare nel

l'operazione da compiere. Ha pertanto una funzione di tutela

del valore culturale del bene, mediante un atto di necessaria

collaborazione (per gli aspetti tecnico scientifici) con la regione. A quest'ultima è rimessa la funzione di conservazione e manu

tenzione: quindi la piena titolarità della programmazione e del

la determinazione degli interventi da attuare, come pure la ge stione di essi, dovendo in ordine a tali interventi l'autorizzazio

ne statale costituire un supporto ed una verifica tecnica e

culturale, ma non una interferenza amministrativa.

La coesistenza e la concorrenza di distinte competenze, non

sempre delineate nei loro definitivi e precisi confini sul piano normativo, rendono ancor più necessaria e doverosa, nell'attesa

della nuova disciplina da tempo preannunciata, una leale colla

borazione tra Stato e regione, imprescindibile in un settore nel

quale la salvaguardia complessiva del patrimonio artistico e sto

rico della nazione è affidata al responsabile concorso di tutti

gli enti ed i soggetti a diverso titolo coinvolti. 5. - Le considerazioni che precedono consentono di afferma

re che il ricorso proposto dalla regione Liguria non è fondato:

spetta difatti allo Stato autorizzare la rimozione ed il restauro

previsti dall'art. 11 1. 1° giugno 1939 n. 1089, anche quando si tratti di cose appartenenti a musei di enti locali o di interesse

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

locale. Pertanto, l'ingiunzione del soprintendente per i beni ar

tistici e storici di Genova del 3 novembre 1992, n. 4708, non

invade competenze regionali. Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara che spetta

allo Stato autorizzare la rimozione ed il restauro, ai sensi del

l'art. 11 1. 1° giugno 1939 n. 1089, dei beni di interesse artistico o storico appartenenti a musei di enti locali o di interesse locale.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 10 giugno 1993, n. 276

(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 16 giugno 1993, n. 25); Pres. Casa vol a, Est. Mengoni; Fnle-Cgil (Avv. D'Antona,

Ferraro, Ventura) c. Enel (Avv. Gentile, Persiani); in

terv. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato Favara). Ord.

Pret. Torino 9 novembre 1992 (G.U., la s.s., n. 54 del 1992).

Sciopero, serrata e boicottaggio — Sciopero nei servizi pubblici essenziali — Preavviso minimo e indicazione della durata del

lo sciopero — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 40; 1. 20 maggio 1970 n. 300, norme sulla tutela della

libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e del

l'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul colloca

mento, art. 28; 1. 12 giugno 1990 n. 146, norme sull'esercizio

del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali e sulla

salvaguardia dei diritti della persona costituzionalmente tute

lati. Istituzione della commissione di garanzia dell'attuazione

della legge, art. 2, 4).

È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.

2, 7° comma, l. 12 giugno 1990 n. 146, nella parte in cui

non prevede che le disposizioni in tema di preavviso minimo

e di indicazione della durata dello sciopero non si applichino, oltre ai casi di astensione dal lavoro in difesa dell'ordine co

stituzionale o di protesta per gravi eventi lesivi dell'incolumi

tà e della sicurezza dei lavoratori, anche nelle ipotesi di scio

pero di carattere economico-politico, in riferimento all'art.

40 Cost. (1)

(1) Dichiarando infondata la questione di legittimità costituzionale

dell'art. 2, 7° comma, 1. 146/90, sollevata d'ufficio da Pret. Torino 9 novembre 1992, Foro it., 1992, I, 3415, con nota di richiami, la deci

sione in epigrafe disattende entrambe le argomentazioni poste a fonda

mento dell'ordinanza di rinvio.

Risulta in sostanza irrilevante tanto la questione riguardante l'effetti

va erogazione delle prestazioni indispensabili, che imporrebbe l'osser

vanza del preavviso anche quando lo sciopero in concreto non provochi alcun danno per l'utenza, quanto la ritenuta diversità dello sciopero economico-politico rispetto allo sciopero per fini contrattuali, che giu stificherebbe un trattamento differenziato. Il preavviso è, secondo l'o

pinione della corte, un obbligo di natura procedurale configurato dalla

legge come del tutto autonomo e concorrente rispetto agli obblighi so

stanziali, posto a presidio di finalità molteplici la cui valutazione non

può essere rimessa ad un giudizio di dannosità dello sciopero formulato

volta per volta dalle parti (sull'autonomia dell'obbligo di preavviso ri

spetto alla materiale erogazione delle prestazioni indispensabili, v., sul

la medesima fattispecie oggetto della pronuncia in epigrafe relativa allo

sciopero generale indetto dalle confederazioni sindacali contro la mano

vra economica del governo, Pret. Firenze 4 novembre 1992, in questo

fascicolo, parte prima, e in Riv. giur. lav., 1992, II, 875, con osserva

zioni di Bettini e nota di Lamberti, Sul preavviso di sciopero nei servi

zi pubblici essenziali, e Pret. Napoli 20 novembre 1992, giud. Ingala,

Cisnal-Energia c. Enel; una soluzione particolare è invece offerta da

Pret. Napoli 9 novembre 1992, ibid., 874, che ha qualificato il preavvi so un obbligo condizionato alla possibilità di adempierlo, dipendente in sostanza dal tipo di sciopero, ed ha pertanto ritenuto il mancato

rispetto di esso non imputabile al sindacato di categoria, essendo lo

sciopero generale proclamato dalle confederazioni). Mentre l'esigenza di un trattamento differenziato dello sciopero politico-economico viene

ad essere ridimensionata in ragione del riconoscimento di esso come

diritto soggettivo, operato dalla giurisprudenza costituzionale, in rela

zione ad interessi tipicamente economici degli scioperanti (quelli con

II Foro Italiano — 1993.

Diritto. — 1. - Il Pretore di Torino mette in dubbio la con

formità all'art. 40 Cost, dell'art. 2, 7° comma, 1. 12 giugno 1990 n. 146, portante norme sull'esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali, «nella parte in cui non prevede che le disposizioni dello stesso articolo in tema di preavviso mi

nimo e di indicazione della durata dello sciopero non si appli chino, oltre che ai casi di astensione dal lavoro in difesa dell'or

dine costituzionale o di protesta per gravi eventi lesivi dell'inco

lumità e della sicurezza dei lavoratori, anche nelle ipotesi di

sciopero di carattere economico-politico». 2.1. - Da entrambe le parti costituite in giudizio e dall'avvo

catura dello Stato sono state sollevate preliminarmente numero

se eccezioni di inammissibilità, nessuna delle quali può essere

accolta.

Le organizzazioni sindacali ritengono la questione inammissi

bile anzitutto perché, non potendo le modalità procedurali pre scritte dalla 1. n. 146 considerarsi propriamente limiti del diritto

di sciopero nel senso dell'art. 40 Cost., il pretore avrebbe dovu

to accogliere il ricorso applicando all'omissione del preavviso una esimente analoga a quella di cui all'art. 51 c.p., sul riflesso

che il diritto di sciopero è stato esercitato correttamente nei li

miti indicati dalla giurisprudenza costituzionale per lo sciopero nei pubblici servizi; in secondo luogo perché, pur ammesso che

si tratti di limite in senso proprio, il preavviso deve ritenersi

obbligatorio solo nel caso in cui risulti indispensabile per la sal

vaguardia degli utenti, caso non ricorrente nella specie, non aven

do lo sciopero determinato irregolarità nell'erogazione del ser

vizio grazie alle precauzioni adottate dagli stessi lavoratori.

La prima eccezione si fonda su una pretesa distinzione del

l'obbligo di preavviso, in quanto modalità procedurale, dai li

miti del diritto di sciopero previsti dall'art. 40 Cost., chiara

mente contrastata, oltre che da evidenti difficoltà logiche, dalla

lettera dell'art. 1, 2° comma. La legge considera le «regole (so

stanziali) da rispettare» e «le procedure da seguire in caso di

conflitto collettivo» alla stessa stregua, come due ordini di limi

ti del diritto di sciopero strumentali alla salvaguardia del nucleo

essenziale dei diritti degli utenti indicati nel comma precedente. La seconda eccezione è in realtà un'eccezione di merito, che

prospetta una sentenza interpretativa di rigetto, e come tale sa

rà esaminata più avanti.

2.2. - L'Enel deduce tre motivi di inammissibilità. Il primo ravvisa un difetto di motivazione sulla rilevanza della questio

ne, avendo il giudice rimettente omesso di accertare in concreto

se l'osservanza del preavviso avrebbe impedito l'efficace attua

zione dello sciopero. Ma l'ordinanza di rimessione non mira

a una sentenza che esoneri dal preavviso lo sciopero economico

politico quando si verifichi in concreto l'esigenza di immediata

templati nel titolo III della parte I della Costituzione), che giustificano il medesimo trattamento, anche in ordine al preavviso, dello sciopero contrattuale.

Tale lettura sinergica degli obblighi procedurali e sostanziali è co

munque fondata — nella pronuncia della Corte costituzionale — su

una rigorosa delimitazione del campo di applicazione della legge, «la

quale non riguarda tutti i dipendenti delle aziende erogatrici, ma solo

i dipendenti addetti alle attività di erogazione del servizio», ancorché, sul piano applicativo, non sempre sono nitidi i confini tra le diverse attività erogate nell'ambito di un servizio essenziale (sul punto, v. Treu, Le prestazioni indispensabili, in Sciopero e servizi essenziali, Padova,

1991, 14 ss.), sicché non è da escludere che l'obbligo imposto agli uni

tenda ad atteggiarsi, in ragione della interdipendenza delle attività svol

te in un medesimo servizio, a limite riflesso del diritto di sciopero degli altri.

Ai riferimenti dottrinali contenuti in nota a Pret. Torino 9 novembre

1992, cit., adde, Di Stasi, Cerreta, L'obbligo di preavviso dello scio

pero politico-economico è in contrasto con l'art. 40 della Costituzio

ne?, in Dir. lav., 1993, II, 97; AA.VV., Lo sciopero nei servizi pubblici

essenziali, in Quaderni dir. lav. e relazioni ind., 1992, fase. 12, cfr.

inoltre Romagnoli, Solidarismo giuridico e conflitto post-industriale, in Lavoro e dir., 1991, 177, spec. 187, per l'affermazione che la esen

zione dall'obbligo del preavviso disposta dall'art. 2, 7° comma, 1. 146/90

per le tipologie di sciopero ivi contemplate di per sé non fa venir meno

l'obbligo degli scioperanti di garantire le prestazioni indispensabili. Sul contenuto del preavviso, v., in generale, Pret. Torino 17 aprile

1992, Riv. it. dir. lav., 1993, II, 94, con nota di Caro, che ha ritenuto

necessario rinnovare il preavviso qualora le organizzazioni sindacali mo

difichino la durata dello sciopero (ad es., da un'astensione giornaliera ad un'astensione limitata ad alcune ore della giornata), pur rimanendo

invariati i giorni di effettuazione.

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