sentenza 10 giugno 1993, n. 277 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 16 giugno 1993, n. 25);Pres. Casavola, Est. Mirabelli; Regione Liguria (Avv. Zanchini) c. Pres. cons. ministri (Avv. delloStato Ferri). Conflitto di attribuzioniSource: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 9 (SETTEMBRE 1993), pp. 2397/2398-2401/2402Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23187696 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
che «le condizioni, formali e sostanziali, prescritte dalle diverse
legislazioni nazionali in materia di risarcimento dei danni non
possono essere meno favorevoli di quelle che riguardano recla
mi analoghi di natura interna e non possono essere congegnate in modo da rendere praticamente impossibile o eccessivamente
difficile ottenere il risarcimento». La disciplina in esame sareb
be meno favorevole rispetto all'ordinaria azione di risarcimento
del danno nel nostro ordinamento sia perché fissa un limite mas
simo all'ammontare del risarcimento, sia perché assoggetta il
diritto a un termine breve di decadenza. Sotto il secondo profi
lo, il minor favore sarebbe riscontrabile anche rispetto all'azio
ne speciale (che peraltro non ha natura risarcitoria) per ottenere
la prestazione del fondo di garanzia nel sistema a regime, per la quale il termine di un anno previsto dal 5° comma è di pre
scrizione, non di decadenza.
Sotto il primo profilo la censura è palesemente inconsistente.
Il danno risarcibile del lavoratore è misurato, per quanto ri
guarda la somma capitale, dall'ammontare dei crediti di lavoro
garantiti dalla direttiva, nei termini in cui questa viene tardiva
mente (ma correttamente) attuata dalla legislazione nazionale.
La norma in esame è stata congegnata in modo da ottenere
praticamente un risultato analogo a quello della retroattività della
disciplina dell'intervento del fondo di garanzia nel sistema a
regime, formalmente esclusa dal comma 6° dell'art. 2. In que sto senso si può dire, come scrive l'avvocatura dello Stato, che
l'art. 2 d.p.r. n. 80 del 1992 ha dettato una disciplina unitaria.
Una differenza potrebbe eventualmente manifestarsi per quanto
riguarda la decorrenza degli interessi e della rivalutazione mo
netaria, e infatti, come si è già notato, l'art. 2, 7° comma,
non richiama il comma 5.
Sotto il secondo profilo la censura è inammissibile. Poiché
i lavoratori in causa hanno esercitato l'azione per ottenere l'in
dennità risarcitoria entro il termine decadenziale dell'anno sta
bilito dalla norma delegata, la questione se tale termine sia con
forme alla delega non è pregiudiziale alla definizione del giudi
zio a quo. Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fonda
ta la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, 7° com
ma, primo periodo, d.p.r. 27 gennaio 1992 n. 80 (attuazione
della direttiva 80/987/Cee in materia di tutela dei lavoratori
subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro), solleva
ta, in riferimento all'art. 76 Cost., dal Pretore di Frosinone
con l'ordinanza in epigrafe; dichiara inammissibile la questione
di legittimità costituzionale dell'art. 2, 7° comma, secondo pe
riodo, del citato d.p.r. 27 gennaio 1992 n. 80, sollevata dal no
minato Pretore con la medesima ordinanza.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 10 giugno 1993, n. 277
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 16 giugno 1993, n. 25);
Pres. Casavola, Est. Mirabelli; Regione Liguria (Avv. Zan
chini) c. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato Ferri). Con
flitto di attribuzioni.
Antichità e belle arti — Musei e biblioteche di enti locali —
Rimozione e restauro di cose di interesse artistico — Autoriz
zazione — Competenza statale (Cost., art. 117, 118; 1. 1°
giugno 1939 n. 1089, tutela delle cose d'interesse artistico o
storico, art. 11; d.p.r. 14 gennaio 1972 n. 3, trasferimento
alle regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative
statali in materia di assistenza scolastica e di musei e bibliote
che di enti locali e dei relativi personali ed uffici, art. 7; d.p.r.
24 luglio 1977 n. 616, attuazione della delega di cui all'art.
1 1. 22 luglio 1975 n. 382, art. 47).
Posto che nell'ambito di musei appartenenti ad enti locali pos
sono esistere beni di tale rilevanza artistica o storica da attin
gere l'interesse culturale nazionale, e che tra le funzioni espres
II Foro Italiano — 1993.
samente delegate alle regioni a statuto ordinario compare la
«manutenzione e la conservazione dell'integrità delle cose rac
colte in musei», ma non il restauro, spetta allo Stato il rila
scio dì autorizzazione, prevista dall'art. 11 l. 1° giugno 1939
n. 1089, alla rimozione ed al restauro di beni d'interesse storico
artistico, appartenenti a musei di enti locali, o di interesse
locale. (1)
Diritto. — 1. - Il conflitto di attribuzione, proposto dalla
regione Liguria in relazione alla ingiunzione che ad essa ha ri
volto il ministero per i beni culturali per sospendere il restauro
di un piviale di proprietà del monastero dei SS. Giacomo e Fi
lippo, in deposito presso il museo di S. Maria di Castello in
Genova, tende ad affermare che non spetta allo Stato rilasciare
l'autorizzazione alla rimozione ed al restauro delle cose di inte
resse artistico, prevista dall'art. 11 1. 1° giugno 1939 n. 1089,
quando si tratti di beni che appartengono a «musei di enti locali
o di interesse locale».
La regione ricorrente rivendica la propria competenza in ma
teria, e di conseguenza assume che l'atto denunciato è invasivo,
perché viola gli art. 117 e 118 Cost., in relazione all'art. 7 d.p.r. 14 gennaio 1972 n. 3 ed all'art. 47 d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616.
La prima di queste disposizioni ha trasferito alle regioni a
statuto ordinario le funzioni amministrative degli organi centra
li e periferici dello Stato, in materia di musei e biblioteche di
enti locali. Il trasferimento riguarda, tra l'altro, le funzioni con
cernenti «la manutenzione delle cose raccolte nei musei e nelle
biblioteche di enti locali o di interesse locale» (art. 7, lett. b,
d.p.r. n. 3 del 1972).
Successivamente, sono state legislativamente definite le fun
zioni amministrative relative alla materia «musei di enti locali»,
come concernenti tutti i servizi e le attività che riguardano l'esi
stenza, la conservazione, il funzionamento, il pubblico godimento
e lo sviluppo dei musei, delle raccolte di interesse artistico ap
partenenti alla regione o ad altri enti sottoposti alla sua vigilan
za, o comunque di interesse locale (art. 47 d.p.r. n. 616 del 1977). La regione Liguria ritiene che il trasferimento di competenze
debba essere riferito non solo alle istituzioni museali, alle rac
colte ed ai beni in esse contenuti, ma (in ragione dell'interesse
locale che i beni esprimono) anche ad ogni funzione di tutela
che si riferisca ad essi, compresa l'autorizzazione (prevista dal
l'art. 11 1. n. 1089 del 1939) per il restauro dei beni. Quest'ulti ma attività sarebbe anzi compresa, ad avviso della regione, nel
la conservazione e manutenzione delle raccolte e dei beni appar tenenti ai musei di enti locali o di interesse locale, ovvero in
essi custoditi. Ricadrebbe quindi in un ambito di funzioni speci
ficamente trasferite alle regioni. 2. - La corte ha già avuto occasione di osservare che la mate
ria «musei e biblioteche di enti locali», attribuita dagli art. 117
e 118 Cost, alla competenza normativa ed amministrativa delle
(1) Il criterio di distinzione delle competenze tra Stato e regioni a
statuto ordinario, basato sulla definizione dell'interesse nazionale o lo cale del bene storico-artistico (e non già sull'appartenenza del bene a
museo statale o locale), è affermato in Corte cost. 28 luglio 1988, n.
921, Foro it., 1991, I, 731, con nota di richiami, cui adde Corte cost.
12 giugno 1991, n. 264, id., 1992, I, 280, e 12 giugno 1991, n. 278,
id., Rep. 1991, voce Regione, n. 281 e in extenso in Giur. costit., 1991,
2204, con nota di Gianfrancesco. In dottrina, cfr. Alibrandi-Ferri, I beni culturali e ambientali, Milano, 1985, 231. Tale criterio è applica bile, secondo quanto affermato dalla pronuncia in epigrafe, sempre che
vi sia stata apposita delega alla regione, per funzioni specifiche (come in materia di licenze per l'esportazione, di cui alla decisione 278/91),
mancando, ad oggi, una onnicomprensiva attribuzione alle regioni delle
funzioni amministrative relative ai beni culturali d'interesse locale.
Sulla competenza regionale in materia di beni culturali, v. Clemente
di San Luca, Un altro piccolo passo nella definizione delle competenze in materia di beni culturali, in Regioni, 1992, 750; Ainis, Una sentenza
su regioni e cultura con un convitato di pietra: lo Stato, id., 1989,
1676; Morbidelli, L'azione regionale e locale per i beni culturali in
Italia, id., 1987, 942; Ainis, Corte, regioni, cultura: appunti su una
questione irrisolta, in Dir. e società, 1987, 443. Più in generale, sui
rapporti fra Stato e sistema delle autonomie locali nella politica dei
beni culturali, v. I beni culturali in Italia — Indagine conoscitiva della
commissione cultura, scienza e istruzione presso la camera dei deputati
(dicembre 1988 - dicembre 1991), Roma, 1992, II, 237 ss.
Sui concetti di rimozione e restauro delle cose d'arte, v. Alibrandi
Ferri, op. cit., 358-9.
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2399 PARTE PRIMA 2400
regioni, nella sequenza delle disposizioni legislative di settore
(in particolare il titolo II del d.p.r. n. 3 del 1972 ed il titolo
III, capo VII, del d.p.r. n. 616 del 1977) ha assunto una dimen
sione che si estende oltre l'ambito soggettivo dell'appartenenza del museo o della biblioteca, per collegare la competenza regio nale al profilo oggettivo della località dell'interesse che tali isti
tuzioni rivestono (sent. n. 921 del 1988, Foro it., 1991, I, 731). Alla base dell'ampio trasferimento di funzioni, operato dall'art.
47 d.p.r. n. 616 del 1977 in materia di musei e biblioteche, vi è la distinzione tra interesse nazionale ed interesse locale,
quale criterio di divisione fra le competenze conservate allo Sta
to e quelle assegnate alle regioni (sent. n. 278 del 1991, id.,
Rep. 1991, voce Regione, n. 281). Il principio di distinzione
delle competenze non è quindi costituito dall'appartenenza del
museo o dei beni in esso raccolti. Risulta cosi superata l'ecce
zione di inammissibilità, formulata dall'avvocatura dello Stato, che intende far leva sul fatto che il piviale da restaurare non
appartiene al museo, ma è in deposito presso di esso.
La corte ha tuttavia allo stesso tempo osservato che, per quanto
riguarda la tutela e la valorizzazione dei beni culturali, il trasfe
rimento di competenze avrebbe dovuto essere stabilito da un'ap
posita legge, che l'art. 48 d.p.r. n. 616 del 1977 prevedeva fosse
emanata entro il 1979. Non è stata quindi modificata la compe tenza statale in questo ambito, giacché il d.p.r. n. 616 del 1977
ha rinviato la determinazione delle competenze da conferire alle
regioni in materia di tutela del patrimonio artistico o storico, in ordine alle quali vi è l'aspettativa di una investitura non an
cora attuata. Sicché, «in attesa della preannunciata normativa
di trasferimento o di delega, nella quale dovrebbero essere defi
nite le diverse competenze e il loro congiunto operare per la
tutela e l'incremento di valori culturali, la situazione normativa
è caratterizzata dall'attribuzione allo Stato dei poteri inerenti
alla protezione del patrimonio storico e artistico della nazione»
(sent. n. 921 del 1988, cit.). D'altra parte, pur rimanendo nell'ambito dei musei apparte
nenti ad enti locali, di sicura competenza regionale, si è non
di rado in presenza di beni di tale rilevanza artistica o storica, da attingere ad un interesse culturale nazionale. L'appartenenza del museo e le attribuzioni in ordine ad esso non rappresentano
quindi un decisivo criterio di discrimine in ordine alla compe tenza relativa all'autorizzazione per il restauro delle singole cose.
In conclusione, si può ritenere che non vi è stata una onni
comprensiva attribuzione alle regioni delle funzioni amministra
tive relative ai beni culturali di interesse locale, idonea a fonda
re la pretesa dell'esclusione del potere statale di autorizzazione
per il restauro di cose di interesse artistico o storico, in ragione di una distinzione di competenza ad adottare tale atto basata
sull'interesse, nazionale o locale, che il bene esprime. Questa distinzione è stata assunta a criterio di discriminazione nell'e
sercizio di competenze statali o regionali, ma esclusivamente per funzioni espressamente delegate alle regioni (in forza dell'art.
9 d.p.r. n. 3 del 1972), quali la concessione di licenze o nulla
osta per l'esportazione dei beni o delle cose di valore artistico
o storico, che è rimasta alla competenza statale se si tratta di
cose rilevanti per il patrimonio artistico, storico o bibliografico
nazionale, mentre è devoluta alla competenza regionale se l'in
teresse che tali cose rivestono è solo locale (sentenza n. 278 del
1991, cit.). Difficilmente, quindi, si può sostenere che, per le altre fun
zioni non delegate, la competenza attribuita alle regioni sia ad dirittura più ampia di quella ad esse espressamente devoluta
in forza di apposite deleghe. 3. - La regione Liguria propone la specifica indicazione delle
funzioni trasferite quale ulteriore argomento per sostenere l'af
fermazione della propria competenza. In particolare la ricorren
te assume che la manutenzione e la conservazione dell'integrità delle cose raccolte nei musei affidati alla propria competenza
(art. 7, lett. h, d.p.r. n. 3 del 1972; art. 47 d.p.r. n. 616 del
1977) designano attività e funzioni che comprendono il restauro
delle cose stesse, quindi anche la competenza al rilascio della
relativa autorizzazione (in base all'art. 11 1. n. 1089 del 1939). L'assimilazione delle nozioni di manutenzione, conservazione
e restauro, ovvero la loro reciproca fungibilità, non può essere
accolta. Il termine restauro» esprime un proprio peculiare con
tenuto ed ha consolidata autonomia concettuale e definitoria.
Già la 1. 20 giugno 1909 n. 364 distingueva il restauro dall'a
dozione di provvidenze idonee ad impedire il deterioramento
Il Foro Italiano — 1993.
delle cose di interesse artistico o storico, come pure dalla cura
della loro integrità e sicurezza. Il r.d. 30 gennaio 1913 n. 363
(tuttora in vigore ai sensi dell'art. 73 1. n. 1089 del 1939), consi
dera la «conservazione» delle cose di interesse storico e artistico
separatamente dai «lavori e restauri». Ancora di recente la 1.
10 febbraio 1992 n. 145 distingue la manutenzione ordinaria
e straordinaria del patrimonio architettonico, archeologico, ar
tistico e storico, bibliografico e archivistico, dal recupero, sal
vaguardia e restauro (art. 1). Quest'ultimo implica sempre un
intervento diretto sulla cosa, volto (nel rispetto dell'identità cul
turale della stessa) a mantenerla o modificarla, per assicurare
o recuperare il valore ideale che essa esprime, preservandolo e garantendone la trasmissione nel tempo.
Si tratta di un'attività che richiede valutazioni tecnico
scientifiche, adeguati metodi esecutivi, talvolta analisi interdi
sciplinare dei problemi che il restauro pone, ed elevatissima spe cializzazione. Tanto più che l'intervento può arrecare pregiudi
zio, anche irreversibile, alla cosa, nella sua fisica consistenza
0 nel valore e nell'identità culturale che esprime ed è destinata
a tramandare. Queste esigenze sono tanto peculiari, nel conte
sto delle attività che riguardano i beni culturali, da aver dato
luogo alla costituzione di un apposito Istituto centrale per il
restauro, con lo specifico scopo di «eseguire e controllare il re
stauro delle opere di antichità e d'arte e di svolgere ricerche
scientifiche dirette a perfezionare ed unificare i metodi» (art. 1 1. 22 luglio 1939 n. 1240).
Il restauro è dunque un'attività che ha caratteristiche proprie, diverse rispetto al mero mantenimento delle condizioni, per lo
più esterne, di conservazione della cosa, secondo le esigenze ti
piche della manutenzione. Il restauro si distingue anche dagli altri interventi diretti ad assicurare l'integrità delle raccolte ed
a valorizzarne la funzione culturale, senza riguardare diretta
mente la cosa né incidere sulla sua fisica consistenza. Caratteri
stiche queste proprie degli interventi di restauro, diretti a reinte
grare quanto del bene è compromesso, a recuperarne il valore
culturale originario, ad assicurare, mediante le appropriate mo
dificazioni, la possibilità di tramandarne l'esistenza ed il mes
saggio ideale.
Non si può pertanto ritenere, come vorrebbe la regione ricor
rente, che, nell'attuale assetto normativo, la competenza alla
manutenzione ed alla conservazione dell'integrità delle cose rac
colte e custodite nei musei di interesse locale (che può riguarda re l'insieme delle cose, in quanto tale significativo), in funzione
della loro gestione e del loro godimento, comprenda anche la
competenza ad autorizzare il restauro, che è diretto ad incidere
immediatamente sulla consistenza e sulla preservazione del va
lore culturale di ciascuna cosa di interesse artistico o storico.
4. - Le considerazioni poste a fondamento della distinzione
concettuale e normativa tra restauro, manutenzione e conserva
zione, delimitano anche la finalità e l'ambito del potere di auto
rizzazione, rimesso alla competenza del ministero per i beni cul
turali. L'autorizzazione al restauro è volta ad esprimere il posi tivo apprezzamento dell'opportunità tecnico-scientifica
dell'intervento sulla cosa di valore artistico o storico, e ad ac
certare la validità delle metodiche che si intendano adottare nel
l'operazione da compiere. Ha pertanto una funzione di tutela
del valore culturale del bene, mediante un atto di necessaria
collaborazione (per gli aspetti tecnico scientifici) con la regione. A quest'ultima è rimessa la funzione di conservazione e manu
tenzione: quindi la piena titolarità della programmazione e del
la determinazione degli interventi da attuare, come pure la ge stione di essi, dovendo in ordine a tali interventi l'autorizzazio
ne statale costituire un supporto ed una verifica tecnica e
culturale, ma non una interferenza amministrativa.
La coesistenza e la concorrenza di distinte competenze, non
sempre delineate nei loro definitivi e precisi confini sul piano normativo, rendono ancor più necessaria e doverosa, nell'attesa
della nuova disciplina da tempo preannunciata, una leale colla
borazione tra Stato e regione, imprescindibile in un settore nel
quale la salvaguardia complessiva del patrimonio artistico e sto
rico della nazione è affidata al responsabile concorso di tutti
gli enti ed i soggetti a diverso titolo coinvolti. 5. - Le considerazioni che precedono consentono di afferma
re che il ricorso proposto dalla regione Liguria non è fondato:
spetta difatti allo Stato autorizzare la rimozione ed il restauro
previsti dall'art. 11 1. 1° giugno 1939 n. 1089, anche quando si tratti di cose appartenenti a musei di enti locali o di interesse
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
locale. Pertanto, l'ingiunzione del soprintendente per i beni ar
tistici e storici di Genova del 3 novembre 1992, n. 4708, non
invade competenze regionali. Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara che spetta
allo Stato autorizzare la rimozione ed il restauro, ai sensi del
l'art. 11 1. 1° giugno 1939 n. 1089, dei beni di interesse artistico o storico appartenenti a musei di enti locali o di interesse locale.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 10 giugno 1993, n. 276
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 16 giugno 1993, n. 25); Pres. Casa vol a, Est. Mengoni; Fnle-Cgil (Avv. D'Antona,
Ferraro, Ventura) c. Enel (Avv. Gentile, Persiani); in
terv. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato Favara). Ord.
Pret. Torino 9 novembre 1992 (G.U., la s.s., n. 54 del 1992).
Sciopero, serrata e boicottaggio — Sciopero nei servizi pubblici essenziali — Preavviso minimo e indicazione della durata del
lo sciopero — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 40; 1. 20 maggio 1970 n. 300, norme sulla tutela della
libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e del
l'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul colloca
mento, art. 28; 1. 12 giugno 1990 n. 146, norme sull'esercizio
del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali e sulla
salvaguardia dei diritti della persona costituzionalmente tute
lati. Istituzione della commissione di garanzia dell'attuazione
della legge, art. 2, 4).
È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.
2, 7° comma, l. 12 giugno 1990 n. 146, nella parte in cui
non prevede che le disposizioni in tema di preavviso minimo
e di indicazione della durata dello sciopero non si applichino, oltre ai casi di astensione dal lavoro in difesa dell'ordine co
stituzionale o di protesta per gravi eventi lesivi dell'incolumi
tà e della sicurezza dei lavoratori, anche nelle ipotesi di scio
pero di carattere economico-politico, in riferimento all'art.
40 Cost. (1)
(1) Dichiarando infondata la questione di legittimità costituzionale
dell'art. 2, 7° comma, 1. 146/90, sollevata d'ufficio da Pret. Torino 9 novembre 1992, Foro it., 1992, I, 3415, con nota di richiami, la deci
sione in epigrafe disattende entrambe le argomentazioni poste a fonda
mento dell'ordinanza di rinvio.
Risulta in sostanza irrilevante tanto la questione riguardante l'effetti
va erogazione delle prestazioni indispensabili, che imporrebbe l'osser
vanza del preavviso anche quando lo sciopero in concreto non provochi alcun danno per l'utenza, quanto la ritenuta diversità dello sciopero economico-politico rispetto allo sciopero per fini contrattuali, che giu stificherebbe un trattamento differenziato. Il preavviso è, secondo l'o
pinione della corte, un obbligo di natura procedurale configurato dalla
legge come del tutto autonomo e concorrente rispetto agli obblighi so
stanziali, posto a presidio di finalità molteplici la cui valutazione non
può essere rimessa ad un giudizio di dannosità dello sciopero formulato
volta per volta dalle parti (sull'autonomia dell'obbligo di preavviso ri
spetto alla materiale erogazione delle prestazioni indispensabili, v., sul
la medesima fattispecie oggetto della pronuncia in epigrafe relativa allo
sciopero generale indetto dalle confederazioni sindacali contro la mano
vra economica del governo, Pret. Firenze 4 novembre 1992, in questo
fascicolo, parte prima, e in Riv. giur. lav., 1992, II, 875, con osserva
zioni di Bettini e nota di Lamberti, Sul preavviso di sciopero nei servi
zi pubblici essenziali, e Pret. Napoli 20 novembre 1992, giud. Ingala,
Cisnal-Energia c. Enel; una soluzione particolare è invece offerta da
Pret. Napoli 9 novembre 1992, ibid., 874, che ha qualificato il preavvi so un obbligo condizionato alla possibilità di adempierlo, dipendente in sostanza dal tipo di sciopero, ed ha pertanto ritenuto il mancato
rispetto di esso non imputabile al sindacato di categoria, essendo lo
sciopero generale proclamato dalle confederazioni). Mentre l'esigenza di un trattamento differenziato dello sciopero politico-economico viene
ad essere ridimensionata in ragione del riconoscimento di esso come
diritto soggettivo, operato dalla giurisprudenza costituzionale, in rela
zione ad interessi tipicamente economici degli scioperanti (quelli con
II Foro Italiano — 1993.
Diritto. — 1. - Il Pretore di Torino mette in dubbio la con
formità all'art. 40 Cost, dell'art. 2, 7° comma, 1. 12 giugno 1990 n. 146, portante norme sull'esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali, «nella parte in cui non prevede che le disposizioni dello stesso articolo in tema di preavviso mi
nimo e di indicazione della durata dello sciopero non si appli chino, oltre che ai casi di astensione dal lavoro in difesa dell'or
dine costituzionale o di protesta per gravi eventi lesivi dell'inco
lumità e della sicurezza dei lavoratori, anche nelle ipotesi di
sciopero di carattere economico-politico». 2.1. - Da entrambe le parti costituite in giudizio e dall'avvo
catura dello Stato sono state sollevate preliminarmente numero
se eccezioni di inammissibilità, nessuna delle quali può essere
accolta.
Le organizzazioni sindacali ritengono la questione inammissi
bile anzitutto perché, non potendo le modalità procedurali pre scritte dalla 1. n. 146 considerarsi propriamente limiti del diritto
di sciopero nel senso dell'art. 40 Cost., il pretore avrebbe dovu
to accogliere il ricorso applicando all'omissione del preavviso una esimente analoga a quella di cui all'art. 51 c.p., sul riflesso
che il diritto di sciopero è stato esercitato correttamente nei li
miti indicati dalla giurisprudenza costituzionale per lo sciopero nei pubblici servizi; in secondo luogo perché, pur ammesso che
si tratti di limite in senso proprio, il preavviso deve ritenersi
obbligatorio solo nel caso in cui risulti indispensabile per la sal
vaguardia degli utenti, caso non ricorrente nella specie, non aven
do lo sciopero determinato irregolarità nell'erogazione del ser
vizio grazie alle precauzioni adottate dagli stessi lavoratori.
La prima eccezione si fonda su una pretesa distinzione del
l'obbligo di preavviso, in quanto modalità procedurale, dai li
miti del diritto di sciopero previsti dall'art. 40 Cost., chiara
mente contrastata, oltre che da evidenti difficoltà logiche, dalla
lettera dell'art. 1, 2° comma. La legge considera le «regole (so
stanziali) da rispettare» e «le procedure da seguire in caso di
conflitto collettivo» alla stessa stregua, come due ordini di limi
ti del diritto di sciopero strumentali alla salvaguardia del nucleo
essenziale dei diritti degli utenti indicati nel comma precedente. La seconda eccezione è in realtà un'eccezione di merito, che
prospetta una sentenza interpretativa di rigetto, e come tale sa
rà esaminata più avanti.
2.2. - L'Enel deduce tre motivi di inammissibilità. Il primo ravvisa un difetto di motivazione sulla rilevanza della questio
ne, avendo il giudice rimettente omesso di accertare in concreto
se l'osservanza del preavviso avrebbe impedito l'efficace attua
zione dello sciopero. Ma l'ordinanza di rimessione non mira
a una sentenza che esoneri dal preavviso lo sciopero economico
politico quando si verifichi in concreto l'esigenza di immediata
templati nel titolo III della parte I della Costituzione), che giustificano il medesimo trattamento, anche in ordine al preavviso, dello sciopero contrattuale.
Tale lettura sinergica degli obblighi procedurali e sostanziali è co
munque fondata — nella pronuncia della Corte costituzionale — su
una rigorosa delimitazione del campo di applicazione della legge, «la
quale non riguarda tutti i dipendenti delle aziende erogatrici, ma solo
i dipendenti addetti alle attività di erogazione del servizio», ancorché, sul piano applicativo, non sempre sono nitidi i confini tra le diverse attività erogate nell'ambito di un servizio essenziale (sul punto, v. Treu, Le prestazioni indispensabili, in Sciopero e servizi essenziali, Padova,
1991, 14 ss.), sicché non è da escludere che l'obbligo imposto agli uni
tenda ad atteggiarsi, in ragione della interdipendenza delle attività svol
te in un medesimo servizio, a limite riflesso del diritto di sciopero degli altri.
Ai riferimenti dottrinali contenuti in nota a Pret. Torino 9 novembre
1992, cit., adde, Di Stasi, Cerreta, L'obbligo di preavviso dello scio
pero politico-economico è in contrasto con l'art. 40 della Costituzio
ne?, in Dir. lav., 1993, II, 97; AA.VV., Lo sciopero nei servizi pubblici
essenziali, in Quaderni dir. lav. e relazioni ind., 1992, fase. 12, cfr.
inoltre Romagnoli, Solidarismo giuridico e conflitto post-industriale, in Lavoro e dir., 1991, 177, spec. 187, per l'affermazione che la esen
zione dall'obbligo del preavviso disposta dall'art. 2, 7° comma, 1. 146/90
per le tipologie di sciopero ivi contemplate di per sé non fa venir meno
l'obbligo degli scioperanti di garantire le prestazioni indispensabili. Sul contenuto del preavviso, v., in generale, Pret. Torino 17 aprile
1992, Riv. it. dir. lav., 1993, II, 94, con nota di Caro, che ha ritenuto
necessario rinnovare il preavviso qualora le organizzazioni sindacali mo
difichino la durata dello sciopero (ad es., da un'astensione giornaliera ad un'astensione limitata ad alcune ore della giornata), pur rimanendo
invariati i giorni di effettuazione.
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