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sentenza 11 giugno 2003, n. 203 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 18 giugno 2003, n. 24); Pres....

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sentenza 11 giugno 2003, n. 203 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 18 giugno 2003, n. 24); Pres. Chieppa, Est. Bile; Azienda casa Emilia-Romagna (Acer) c. Piconese e altri. Ord. Trib. Modena 18 luglio 2002 (G.U., 1 a s.s., n. 40 del 2002) Source: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 9 (SETTEMBRE 2003), pp. 2223/2224-2227/2228 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23198406 . Accessed: 24/06/2014 23:47 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.2.32.152 on Tue, 24 Jun 2014 23:47:17 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sentenza 11 giugno 2003, n. 203 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 18 giugno 2003, n. 24);Pres. Chieppa, Est. Bile; Azienda casa Emilia-Romagna (Acer) c. Piconese e altri. Ord. Trib.Modena 18 luglio 2002 (G.U., 1 a s.s., n. 40 del 2002)Source: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 9 (SETTEMBRE 2003), pp. 2223/2224-2227/2228Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23198406 .

Accessed: 24/06/2014 23:47

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2223 PARTE PRIMA 2224

uxorio a succedere nel contratto di locazione, allorché sia ces

sata la convivenza e non vi sia prole comune; che il giudice a quo considera la norma impugnata lesiva del

principio di eguaglianza, sia con riguardo alla posizione del co

niuge sia con riguardo a quella del già convivente con prole comune;

che, come questa corte ha più volte affermato, la convivenza

more uxorio, basata svlY affectio quotidiana, liberamente ed in

ogni istante revocabile, presenta caratteristiche così profonda mente diverse dal rapporto coniugale da impedire l'automatica

assimilazione delle due situazioni al fine di desumerne l'esigen za costituzionale di una parificazione di trattamento (tra le tante, ordinanza n. 491 del 2000, id., Rep. 2001, voce Matrimonio, n.

168; sentenza n. 352 del 2000, id.. Rep. 2000, voce Azione pe nale tra congiunti, n. 2; ordinanza n. 313 del 2000, id., 2002, I,

356); che le stesse considerazioni valgono in relazione alla compa

razione tra la cessazione della convivenza con prole e la cessa zione di quella senza prole, trattandosi, pure in questo caso, di

situazioni del tutto disomogenee, rispetto alle quali non sono in

vocabili né il principio di eguaglianza, né le argomentazioni contenute nella sentenza n. 404 del 1988, la cui ratio decidendi

per la conservazione dell'abitazione alla residua comunità fa miliare si fondò appunto sull'esistenza di prole naturale e quindi

sull'esigenza di tutelare un nucleo familiare; che pertanto la prospettata questione deve dichiararsi manife

stamente infondata.

Visti gli art. 26, 2° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87 e 9, 2°

comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara la manife sta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 6 1. 27 luglio 1978 n. 392 (disciplina delle locazioni di immobili urbani), sollevata, in riferimento all'art. 3 Cost., dal Tribunale di Roma, con l'ordinanza in epigrafe.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 11 giugno 2003, n. 203 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 18 giugno 2003, n.

24); Pres. Chieppa, Est. Bile; Azienda casa Emilia-Romagna (Acer) c. Piconese e altri. Ord. Trib. Modena 18 luglio 2002

(G.U., la s.s., n. 40 del 2002).

Edilizia popolare, economica e sovvenzionata — Alloggi del l'Istituto autonomo case popolari — Morosità dell'asse

gnatario — Decreto ingiuntivo con ordine di rilascio —

Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 24; r.d. 28 aprile 1938 n. 1165, approvazione del t.u. delle dispo sizioni sull'edilizia popolare ed economica, art. 32; 1. 27 lu

glio 1978 n. 392, disciplina delle locazioni di immobili urba ni, art. 55).

E infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 32 r.d. 28 aprile 1938 n. 1165, nella parte in cui prevede che

gli istituti autonomi per le case popolari, nelle ipotesi di mancato pagamento di rate di fitto, possono chiedere al giu dice di ingiungere, con decreto, all'inquilino moroso di pa gare entro un determinato termine, disponendo lo sfratto in caso di inadempienza, in riferimento agli art. 3 e 24 Cost. (1)

(1) Come si rammenta in motivazione, la questione di costituziona lità dello speciale procedimento monitorio previsto dall'art. 32 r.d. 1165/38 era stata già ritenuta infondata da Corte cost. 22 dicembre 1969, n. 159, Foro it., 1970,1, 381 (che, tuttavia, aveva dichiarato ille

gittimi il 3° ed il 7° comma dell'articolo, nella parte in cui prevedeva no, per il pagamento dei canoni scaduti e per l'opposizione all'ingiun zione, termini eccessivamente esigui, più brevi di quelli stabiliti dal l'art. 641 c.p.c. per il comune procedimento ingiuntivo) e, successiva

II Foro Italiano — 2003.

Diritto. — 1. - Il Tribunale di Modena propone la questione di legittimità costituzionale dell'art. 32 r.d. 28 aprile 1938 n.

1165 (approvazione del t.u. delle disposizioni sull'edilizia po polare ed economica). La norma prevede che gli istituti per le

case popolari possono richiedere al giudice di ingiungere, con

decreto, all'inquilino moroso di pagare il dovuto entro un certo

termine dalla notifica, trascorso il quale si procede allo sfratto; contro il decreto l'inquilino può proporre opposizione, e il giu dice può in casi gravi sospendere l'esecuzione.

Il rimettente ritiene che questo procedimento violi gli art. 3 e

24 Cost., in quanto assoggetta gli assegnatari di alloggi di edili zia residenziale pubblica ad una disciplina ingiustificatamente deteriore rispetto agli altri conduttori di locazioni abitative e le

de il loro diritto di difesa. Al riguardo, pone in rilievo che i conduttori comuni, in caso

di morosità, possono essere chiamati in giudizio dal locatore

con il procedimento per convalida di sfratto e non sono assog

gettati, come gli assegnatari, ad un ordine di sfratto emesso

inaudita altera parte; fruiscono di un termine di comparizione non concesso agli assegnatari; possono esercitare il diritto di di

fesa nella fase speciale del procedimento per convalida oppo nendosi ad essa personalmente, senza il ministero di un difenso

re, necessario invece per l'opposizione al decreto di cui alla

norma impugnata; possono, a differenza degli assegnatari, pro porre opposizione tardiva; possono sanare la morosità, fruendo

del «termine di grazia» previsto dall'art. 55 1. n. 392 del 1978, non concesso agli assegnatari.

mente, da Corte cost. 19 novembre 1991, n. 419, id., 1992, I, 302, con nota di richiami e osservazioni di F. Donati (riportata anche in Giust. civ., 1992, I, 313, con nota di N. Izzo, e Giur. costit., 1991, 3565, con nota di R. Bin), nella cui motivazione si auspicava, peraltro, un inter vento del legislatore volto a rendere la disciplina in questione più ri

spettosa della rilevanza costituzionale del diritto all'abitazione. La corte, ponendosi nel solco di tali precedenti, conferma che le pe

culiari caratteristiche della disciplina sostanziale delle locazioni aventi ad oggetto alloggi di edilizia residenziale pubblica giustificano un trat tamento processuale differenziato, osservando come, in realtà, le censu re mosse dal giudice a quo si appuntino su talune differenze normal mente intercorrenti tra i procedimenti di tipo monitorio, qual è quello prescelto nella sua discrezionalità dal legislatore del 1938, e quelli in trodotti con la notifica di un atto. Il profilo inerente all'impossibilità per l'assegnatario di opporsi personalmente al decreto d'ingiunzione e

sfratto, senza ricorrere ad un legale, viene agevolmente liquidato in ba se al rilievo che la possibilità della difesa personale, ammessa nella fa se sommaria del procedimento per convalida di sfratto di cui agli art. 657 ss. c.p.c., costituisce eccezione alla regola generale. Non si manca, peraltro, di sottolineare: a) da un lato, che, contrariamente alle aspetta tive del giudice rimettente, un'eventuale declaratoria di illegittimità co stituzionale della norma impugnata non varrebbe a rendere applicabile alle locazioni di alloggi di edilizia residenziale pubblica la disciplina sulla sanatoria della morosità prevista dall'art. 55 1. 392/78, essendo tali rapporti esclusi dall'ambito di applicazione dell'art. 5 stessa legge, in tema di valutazione della gravità dell'inadempimento del conduttore nel pagamento della pigione; b) dall'altro lato, che, essendo l'esecuzio ne dello sfratto ex art. 32 r.d. 1165/38 condizionata al mancato paga mento del canone entro il termine di cui all'art. 641 c.p.c. (elevato a

quaranta giorni dal d.l. 432/95, convertito con modifiche nella 1.

534/95), l'assegnatario di alloggio di edilizia residenziale pubblica può sanare la morosità nel termine di quaranta giorni dalla notifica del de creto d'ingiunzione e sfratto, venendo così a trovarsi, in definitiva, in una situazione più vantaggiosa di quella in cui si troverebbe se il loca tore agisse per la risoluzione del contratto con il rito ordinario o con il

procedimento per convalida di sfratto, giacché in entrambi tali casi, at tesa la rilevata inapplicabilità del c.d. termine di grazia ex art. 55 1. 392/78 ai rapporti locatizi in discorso, l'adempimento successivo alla

proposizione della domanda non potrebbe impedire la pronunzia di rila scio.

Circa l'ambito di operatività dell'art. 55 1. 392/78, nel senso che il meccanismo di sanatoria della morosità previsto da tale norma, pur po tendo essere utilizzato sia nel procedimento speciale per convalida di sfratto ex art. 658 c.p.c., sia nel caso di azione ordinaria di risoluzione contrattuale ex art. 1453 c.c. (v., da ultimo, Cass. 24 febbraio 2000, n. 2087, Foro it., 2000, I, 1130, con nota di richiami), può trovare appli cazione solo con riferimento alle locazioni abitative ordinarie, soggette al regime di determinazione legale del canone, attesa la stretta correla zione tra il predetto art. 55 e l'art. 5 1. 392/78, in tema di valutazione della gravità dell'inadempimento, v. Cass. 28 aprile 1999, n. 272/SU, id., 1999, I, 1774, con nota di richiami di D. Piombo; e, successiva mente, Cass. 18 ottobre 2001, n. 12743, id., 2002, I, 68; Corte cost., ord. 14 dicembre 2001, n. 410, ibid., 313; Cass. 23 gennaio 2002, n. 741, id., Rep. 2002, voce Locazione, n. 307. [D. Piombo]

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

2. - La questione non è fondata.

3. - La norma impugnata è stata già esaminata due volte da

questa corte.

La sentenza n. 159 del 1969 (Foro it., 1970, I, 381) ha affer

mato che il procedimento in esame non contrasta con gli art. 3 e

24 Cost., perché, unificando l'ingiunzione di pagamento e lo

sfratto, mira ad assicurare agli enti gestori dell'edilizia residen

ziale pubblica una procedura più rapida per il recupero dei ca

noni scaduti ed il rilascio dell'alloggio da parte dell'inquilino

inadempiente, al fine di garantire il perseguimento di scopi di

pubblico interesse, e non menoma i diritti del conduttore alla di

fesa ed alla tutela giurisdizionale. Nel contempo, ha dichiarato

l'illegittimità costituzionale dell'art. 32 nelle parti in cui per il pagamento dei canoni scaduti e per l'opposizione al decreto fis

sava termini notevolmente più brevi di quelli stabiliti dall'art.

641 c.p.c. per l'ordinario procedimento di ingiunzione. A sua volta, la sentenza n. 419 del 1991 {id., 1992,1, 302) —

pur accogliendo un'interpretazione adeguatrice della norma in

esame, che consente al giudice, una volta proposta l'opposizio ne, di tutelare le ragioni del conduttore nel rispetto della rile

vanza costituzionale del diritto all'abitazione — ha esplicita mente auspicato una riforma della materia in vista del suo pieno

adeguamento ai principi costituzionali.

4. - Nel solco delle citate sentenze, si deve confermare che la

peculiarità di disciplina sostanziale delle locazioni di edilizia re sidenziale pubblica comporta che anche il loro trattamento pro cessuale può essere diverso da quello delle altre locazioni ad

uso abitativo. Secondo la norma impugnata questa tutela proces suale particolare si attua mediante uno speciale procedimento di

natura monitoria, che inizia con il ricorso dell'ente locatore al

giudice per ottenere (nei confronti del conduttore di cui sia di

mostrata la morosità) un decreto contenente sia l'ingiunzione a

pagare entro un certo termine, sia lo sfratto in caso di mancato

pagamento, e prosegue con la notifica di tale decreto al condut

tore e l'eventuale opposizione di costui.

Se, dunque, la previsione di siffatta tutela è di per sé espres sione di discrezionalità legislativa, ne discende che è ininfluen

te, ai fini della proposta questione di legittimità costituzionale, l'enunciazione delle differenze riscontrabili tra questo procedi mento e quelli cui possono ricorrere i locatori nelle comuni lo

cazioni abitative (ma anche, in alternativa, come ammette la

giurisprudenza, gli stessi enti gestori di edilizia residenziale), ossia il processo di cognizione secondo il rito dell'art. 447 bis

c.p.c. e quello per convalida di sfratto.

5. - È appunto questo il senso delle censure formulate dal

giudice rimettente a proposito della situazione in cui versa il

conduttore di edilizia residenziale, destinatario di un provvedi mento di rilascio emesso inaudita altera parte (mentre il con

duttore comune è citato in giudizio per l'eventuale convalida

dello sfratto) e non tutelato (a differenza di questo) dal termine

di comparizione di cui all'art. 660, 4° comma, c.p.c.

Questi rilievi, in realtà, si limitano a segnalare talune diffe

renze tra il procedimento particolare per le locazioni di edilizia

residenziale e quelli utilizzabili per le altre locazioni abitative.

Ma sono differenze che normalmente intercorrono tra i proce dimenti monitori, che iniziano con il ricorso di una parte al giu dice, per ottenere un provvedimento da notificare poi all'altra

parte, e quelli che iniziano invece con la notifica, ad opera del

l'attore, di un atto, quale ad esempio la citazione, recante l'in

vito al convenuto a comparire all'udienza. Nei primi, infatti, la

pronuncia del giudice inevitabilmente precede la formazione del

contraddittorio, differita all'eventuale opposizione dell'intima

to; nei secondi, invece, la sequenza è rovesciata, perché l'in

staurazione del contraddittorio di necessità è anteriore ad ogni intervento del giudice. Tali diversità strutturali comportano,

naturalmente, che i termini di comparizione vengano in rilievo

in momenti diversi.

Del resto, secondo la costante giurisprudenza della corte, il

legislatore può nella sua discrezionalità prevedere differenziate

tipologie di procedimenti, in ragione di esigenze che le giustifi chino, non essendo costituzionalmente tenuto ad una costante

uniformità di disciplina. 6. - Parimenti infondata è la censura concernente la necessità

per l'assegnatario di ricorrere alla difesa tecnica per opporsi al

decreto d'ingiunzione e sfratto, laddove il conduttore comune

può, nella prima fase del procedimento per convalida, opporsi ad essa personalmente.

Il Foro Italiano — 2003.

L'argomento è prospettato in via di mera eventualità dallo

stesso rimettente che, dovendo provvedere sulla richiesta di

emissione del decreto, si trova ancora nella fase sommaria del

procedimento. Esso sarebbe perciò inidoneo a porre una que stione di legittimità costituzionale. Comunque la possibilità della difesa personale

— ponendosi come eccezione rispetto alla

regola generale del processo civile in tema di difesa tecnica —

non può essere estesa a casi non previsti, se non sulla base di

valutazioni discrezionali del legislatore.

Analogo carattere di eventualità ha anche il rilievo in ordine

ad una pretesa difficoltà di avvalersi del patrocinio a spese dello

Stato.

7. - L'affermazione secondo cui contro il decreto previsto dalla norma impugnata non sarebbero proponibili le opposizioni tardive di cui agli art. 650 e 668 c.p.c.

— a parte ogni rilievo

sulla fase in cui la questione di legittimità costituzionale è stata

sollevata — è del tutto priva di motivazione.

Ed il rimettente non esplora la possibilità di pervenire invece

ad una soluzione positiva del problema, nella prospettiva di

schiusa dalla sentenza n. 159 del 1969, che ha esteso al giudizio in esame la disciplina del codice di procedura civile relativa ai

termini per le opposizioni ad ingiunzione. 8. - L'ordinanza ritiene poi che un'eventuale decisione di in

costituzionalità dell'art. 32 r.d. n. 1165 del 1938 renderebbe ap

plicabile alle locazioni di edilizia residenziale pubblica il c.d. «termine di grazia» di cui all'art. 55 1. n. 392 del 1978.

La tesi è infondata, in quanto l'estraneità di tale termine alle

locazioni in esame deriva da norme diverse da quella impugna ta.

Il ricordato art. 55 assume infatti come norma presupposto il

precedente art. 5, che individua le ipotesi in cui il conduttore di

immobile adibito ad uso abitativo può essere considerato moro

so agli effetti della concessione di quel termine. Ma l'art. 26

stessa legge escludeva l'applicabilità all'edilizia residenziale

pubblica degli articoli concernenti le locazioni di immobili ur

bani ad uso di abitazione, e quindi anche dell'art. 5 e, di rifles

so, dell'art. 55.

Pertanto, il principio posto dalla giurisprudenza di legittimità —

per cui, nel vigore della 1. n. 392 del 1978, il termine di gra zia non poteva essere concesso per le locazioni abitative non

soggette a quella legge — non poteva non valere anche per l'e

dilizia residenziale. La situazione non è mutata nel nuovo regime delle locazioni

abitative introdotto dalla 1. n. 431 del 1998, che, ai sensi del

l'art. 1, 2° comma, lett. b), non si applica agli alloggi di edilizia

residenziale pubblica. 9. - Occorre infine considerare che sulle condizioni di eserci

zio del diritto di difesa nel procedimento in esame hanno signi ficativamente inciso sia le ricordate decisioni della corte, sia le

recenti innovazioni legislative in tema di processo civile.

In particolare — valutando le ultime modifiche apportate alla

disciplina del decreto ingiuntivo alla luce della sentenza n. 159

del 1969 — il termine per l'opposizione al provvedimento di

cui all'impugnato art. 32 (come, del resto, avverte lo stesso ri

mettente) deve ritenersi ora di quaranta giorni. Orbene, poiché la pronuncia prevista dalla norma impugnata

cumula l'ordine di sfratto con quello di pagamento della somma

dovuta nel termine per l'opposizione, ne deriva che il rilascio,

oggetto della condanna, lungi dall'essere immediato, è condi

zionato al mancato pagamento in quel termine, onde l'assegna tario può, in sostanza, evitare lo sfratto sanando la morosità nei

quaranta giorni dalla notifica del decreto. Questa situazione è

per lui più vantaggiosa dì quella in cui verserebbe se il locatore

agisse per la risoluzione del contratto, con il rito ordinario o con

il procedimento per convalida, perché sia nell'uno che nell'altro

caso l'adempimento successivo alla domanda non impedirebbe la pronuncia di rilascio. Nell'ordinario giudizio di risoluzione infatti la rilevata inapplicabilità del termine di grazia ricondur

rebbe la fattispecie all'art. 1453, ultimo comma, c.c., secondo

cui l'adempimento tardivo non evita la risoluzione del contratto.

E nel procedimento per convalida, sempre in forza di questa

norma, il rilascio dovrebbe essere disposto anche dopo un tale

adempimento — se non nella fase sommaria: art. 663, 3° com

ma, c.p.c. — di sicuro con la sentenza di risoluzione pronun

ziata a contraddittorio pieno. La conservazione del procedimento in esame, alla luce del

l'elevazione del termine per l'opposizione, esprime quindi oggi

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2227 PARTE PRIMA 2228

un non irragionevole bilanciamento fra le contrapposte esigenze di assicurare all'assegnatario un regime sostanziale particolar mente favorevole (specie nell'attuale disciplina improntata alla

progressiva liberalizzazione del canone locatizio) ed all'ente lo catore un peculiare strumento processuale di tutela di fronte alla

morosità.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 32 r.d. 28

aprile 1938 n. 1165 (approvazione del t.u. delle disposizioni sull'edilizia popolare ed economica), sollevata, in riferimento

agli art. 3 e 24 Cost., dal Tribunale di Modena, con l'ordinanza in epigrafe.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 11 giugno 2003, n. 201 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 18 giugno 2003, n. 24); Pres. Chieppa, Est. Zagrebelsky; Pres. cons, ministri

(Avv. dello Stato Favara) c. Regione Lombardia.

Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Lombar dia — Cariche elettive — Regime transitorio — Consiglie re regionale — Cariche elettive presso province e comuni — Incompatibilità — Limiti — Incostituzionalità (Cost., art. 117, 122; 1. 23 aprile 1981 n. 154, norme in materia di

ineleggibilità ed incompatibilità alle cariche di consigliere re gionale, provinciale, comunale e circoscrizionale e in materia di incompatibilità degli addetti al servizio sanitario nazionale, art. 4; d.leg. 18 agosto 2000 n. 267, t.u. delle leggi sull'ordi namento degli enti locali, art. 65; 1. reg. Lombardia 6 marzo 2002 n. 4, norme per l'attuazione della programmazione re

gionale e per la modifica e l'integrazione di disposizioni le

gislative, art. 1).

E incostituzionale l'art. 1, 4° comma, l. reg. Lombardia 6 mar

zo 2002 n. 4, nella parte in cui stabilisce che, in fase di prima attuazione dell'art. 122 Cost, ed in attesa di una disciplina organica della materia, la carica di consigliere regionale è

incompatibile con quelle di presidente e assessore provinciale e di sindaco ed assessore comunale, limitatamente ai comuni

capoluogo di provincia ed a quelli con popolazione superiore a centomila abitanti. ( 1 )

(1) Con riguardo ai limiti che si frappongono all'elettorato passivo dei consiglieri regionali, v. Cass. 12 dicembre 2002, n. 17810, in questo fascicolo, 1, 2430, con nota di richiami.

* * *

Il funzionamento (e la funzionalità) del giudizio in via principale dopo la riforma del titolo V: osservazioni a margine della prima sentenza parziale «con riserva».

I. - Tra le molteplici ripercussioni che la riforma del titolo V della

parte seconda della Costituzione ha avuto sull'intero ordinamento giu ridico, degne di attenzione sono quelle che si sono riverberate diretta mente sulla Corte costituzionale. Il riferimento va, ovviamente, alla modifica dell'art. 127 Cost., a seguito della quale il giudizio in via

principale ha subito una ristrutturazione ab imis, volta a parificare la

posizione delle regioni a quella dello Stato, fatta eccezione — quanto meno ad avviso dei primi commentatori deU'obiter dictum contenuto nella sent. n. 94 del 2003, Foro it., 2003,1, 1308 (Ruggeri, Riforma del titolo V e vizi delle leggi regionali: verso la conferma della vecchia giurisprudenza?, in Forum di Quaderni costituzionali [<http:// www2.unife.it/forumcostituzionale/index.html>, 12 giugno 2003]) —

delle cause d'invalidità denunciabili dalle une e dall'altro. Sul nuovo giudizio in via principale, la dottrina ha già avuto modo di

soffermarsi, salutando con favore una riforma che pone al passo con i

tempi le vie d'accesso alla giurisdizione costituzionale (v., ex plurimis, Groppi, La I. cost. 3/01 tra attuazione e autoapplicazione, in Groppi

II Foro Italiano — 2003.

Diritto. — 1. - Con il ricorso in esame, il presidente del con

siglio dei ministri solleva questione di legittimità costituzionale

dell'art. 1, 3° comma, lett. b), e 4° comma, e dell'art. 3, 12°

comma, 1. reg. Lombardia 6 marzo 2002 n. 4 (norme per l'attua

zione della programmazione regionale e per la modifica e l'in

tegrazione di disposizioni legislative). Le norme così sottoposte al giudizio di legittimità costituzionale riguardano materie com

pletamente diverse, senza alcun collegamento tra loro, e preci

Olivetti (a cura di), La Repubblica delle autonomie. Regioni ed enti locali nel nuovo titolo V, Torino, 2001, 219; Lamarque, Il nuovo art. 127 Cost, e il giudizio di legittimità costituzionale in via di azione, in

Quaderni costituzionali, 2002, 96; Mangiameli, Corte costituzionale e titolo V: l'impatto della riforma, in Giur. costit., 2002, 457; Romboli, Riforma del titolo V della Costituzione e processo costituzionale: le

prime risposte della corte (con qualche disattenzione), in Foro it., 2002, I, 2529; Dello Sbarba, Le impugnazioni delle leggi statali e re

gionali, in Volpe (a cura di), Alla ricerca dell'Italia federale, Pisa, 2003, 209; Pensovecchio Li Bassi, Sul controllo delle leggi regionali, in Foro it., 2003,1, 396), ed interrogandosi sulla sorte di quelle peculia rità che nelle pieghe della disciplina anteriore si erano sviluppate (si pensi, in particolare, ai dubbi circa la sorte che sarà riservata al conten zioso inerente alle leggi siciliane: cfr. Di Cosimo, Nuova disciplina del controllo sulle leggi regionali. Il caso delle regioni a statuto speciale, in Istituzioni de! federalismo, 2002, fase. 2, 355; Rossi, Il controllo di costituzionalità della legge regionale siciliana dopo le modifiche del l'art. 127 Cost., in Atti del seminario di Palermo, 15 aprile 2002, su «La specialità siciliana dopo la riforma del titolo V della Costituzione», in corso di pubblicazione).

Le conseguenze di sistema sul funzionamento della Corte costituzio nale non si arrestano, però, alla modifica del procedimento di instaura zione. La 1. cost. n. 3 del 2001 è stata, infatti, foriera di conseguenze di

ampio respiro, che, muovendo dal giudizio in via principale, si vanno irradiando sull'organo di giustizia costituzionale nel suo complesso: dalla crescita poderosa del numero di ricorsi agli aggiustamenti proce durali volti a fronteggiarla, fino alla progressiva collocazione della corte al centro della dialettica politica.

II. - In ordine al primo punto, i dati ricavabili dalla prassi più recente

segnano — anche solo limitandosi al giudizio in via principale — un incremento significativo del contenzioso tra lo Stato e le regioni. Pren dendo come riferimento il periodo compreso tra l'8 novembre 2001 (data di entrata in vigore della 1. cost. n. 3 del 2001) ed il 12 giugno 2003, il numero di ricorsi proposti si attesta a quota 147, a fronte dei 67

proposti tra il 1° gennaio 2000 ed il 7 novembre 2001 (in un periodo, dunque, leggermente più lungo di quello a noi più prossimo). A questo aumento, di più del doppio dei ricorsi proposti, non corrisponde un dato

analogo relativo ai ricorsi decisi, che sono passati dai 76 del periodo 2000 - 7 novembre 2001, ai 72 (dì cui uno parzialmente: v. infra) del

periodo successivo. Il saldo negativo che ne risulta tra i ricorsi proposti e quelli decisi ammonta dunque a 75, in (netta) controtendenza rispetto al saldo positivo di 10 del periodo precedente.

Estendendo la prospettiva a tutto il contenzioso in via principale, il dato che emerge è che i ricorsi pendenti, che al 7 novembre 2001 erano 37, sono oggi ben 165 (di cui uno parzialmente deciso), dei quali 8 ri

salgono al 1997, 7 al 1998, 4 al 1999, 3 al 2000, 12 al 2001, 81 al 2002 e 50 al 2003.

Alla luce di questi dati, è del tutto evidente la difficoltà in cui versa la Corte costituzionale nel gestire la mole di ricorsi presentati. La prima conseguenza è quella dell'allungamento dei tempi di decisione, ben te stimoniata dalla provenienza dei ricorsi decisi anno per anno. A questo proposito, giova sottolineare come, nel 1997, 28 ricorsi sui 33 decisi fossero iscritti nei registri dell'anno in corso o di quello precedente. Nel 1998 già si assisteva ad un certo cambiamento, poiché soltanto 1 ricorso (contro i 6 del 1997) era iscritto nel registro dell'anno in corso; il registro dell'anno precedente restava quello più rappresentato, ma la distanza rispetto all'anno ancora anteriore si assottigliava considere volmente: 27 ricorsi contro 20. Il 1999 vedeva un consolidamento di

questa tendenza, che si riverberava, da un lato, nell'assenza di ricorsi decisi che fossero iscritti nel registro dell'anno in corso e, dall'altro, nella (chiara) prevalenza, in sede di decisione, dei ricorsi iscritti nel re

gistro del 1997 rispetto a quelli del 1998 (25 contro 9). Il 2000 segnava un ulteriore aggravamento del ritardo, tale per cui 36 ricorsi su 44 era no iscritti nei registri degli anni 1997 e 1998, mentre un ulteriore ricor so proveniva dal 1994. Nel 2001, seppure nel quadro di tendenziale mi

glioramento, i dati restavano qualitativamente analoghi: 26 ricorsi su 40 provenivano, infatti, dagli anni 1998 e 1999, mentre 2 soltanto erano iscritti nel registro del 2001. Nel 2002, il recupero della prevalenza dei ricorsi decisi tra quelli iscritti negli ultimi due anni, oltre che appena accennato (27 ricorsi iscritti nel 2001 e nel 2002 su un totale di 43 de cisi), si dimostrava effimero, stante il dato quantitativo del saldo tra ri corsi proposti e ricorsi decisi. Ne è una prima parziale dimostrazione il dato dei primi cinque mesi e mezzo del 2003, nei quali 7 ricorsi decisi

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