sentenza 14 gennaio 1985, n. 1 (Gazzetta ufficiale 23 gennaio 1985, n. 19 bis); Pres. Elia, Rel.Paladin; Lucentini (Avv. Coronas) c. Min. grazia e giustizia; interv. Pres. cons. ministri (Avv.dello Stato Ferri). Ord. Cons. Stato, sez. IV, 8 novembre 1983 (Gazz. uff. 9 maggio 1984, n. 127)Source: Il Foro Italiano, Vol. 108, No. 1 (GENNAIO 1985), pp. 1/2-3/4Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23177502 .
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Anno CX Roma, 1985 Volume CVIH
IL FORO
ITALIANO
PARTE PRIMA
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 14 gennaio 1985, n. 1
(Gazzetta ufficiale 23 gennaio 1985, n. 19 bis); Pres. Elia,
Rei. Paladin; Lucentini (Aw. Coronas) c. Min. grazia e giu
stizia; interv. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato Ferri). Ord. Cons. Stato, sez. IV, 8 novembre 1983 (Gazz. uff. 9 mag
gio 1984, n. 127).
CORTE COSTITUZIONALE;
Ordinamento giudiziario — Nomina a magistrato di Cassazione — Mancata partecipazione a scrutinio — Valutazione favore
vole — Benefici previsti dall'art. 20 1. n. 831/73 — Conse
guimento — Decorrenza dall'entrata in vigore della stessa legge — Incostituzionalità (Cost., art. 3; 1. 20 dicembre 1973 n. 831,
modifiche dell'ordinamento giudiziario per la nomina a magi strato di Cassazione e per il conferimento degli uffici direttivi
superiori, art. 21).
È illegittimo, per contrasto con il principio costituzionale d'egua
glianza, l'art. 21, 6° comma, l. 20 dicembre 1973 n. 831, nella
parte in cui dispone che i magistrati, i quali per qualsiasi motivo non abbiano partecipato ad alcun scrutinio per la
nomina a magistrato di Cassazione, pur avendo l'anzianità
necessaria, conseguono agli effetti giuridici i benefìci previsti nel
precedente articolo — in caso di valutazione favorevole — dal
momento dell'entrata in vigore della medesima legge, anziché
con l'anteriore decorrenza spettante al più anziano fra i magi strati di cui al 5° comma, mantenendo rispetto ai magistrati stessi il precedente collocamento in ruolo. (1)
(1) L'ordinanza di rimessione è indicata su Le leggi, 1984, 543 e ri
portata in Giur. costit., 1984, II, 958. Prima di formulare l'affermazione riprodotta nella massima la corte
ha osservato, concordando con la IV sezione del Consiglio di Stato, che la questione dalla stessa sollevata « conserva rilevanza nel giudizio a quo » sebbene la sentenza 10 maggio 1982, n. 86 (Foro it., 1982, I, 1497, con richiami e nota di A. Pizzorusso; annotata pure da M. Stella Richter, in Giust. civ., 1982, I, 1697, da Lattanzi, in Cass.
pen., 1982, 893, da Longo, in Giur. it., 1982, I, 1, 1473 e da
Annunziata, id., 1983, I, 1, 1) abbia dichiarato costituzionalmente
illegittimo l'art. 7 1. n. 831/73, «nella parte in cui prevedeva che la
conseguita valutazione favorevole comportasse la nomina a magistrato di Cassazione, indipendentemente dal conferimento delle relative fun zioni », ed annullato l'art. 10 stessa legge, « nella parte in cui non
prevedeva che la nomina a magistrato di Cassazione, circa i magistrati dichiarati idonei ai sensi dell'art. 7, fosse contestuale al conferimento delle relative funzioni ».
Il rilievo vale anche, e a maggior ragione, con riguardo alla dichiarazione (non considerata dalla riportata sentenza ma del pari contenuta nella medesima Corte cost. 10 maggio 1982, n. 86) di inammissibilità della questione di costituzionalità dell'art. 21, 6° com
ma, 1. 20 dicembre 1973 n. 831, in relazione all'art. 3 Cost., perché sollevata condizionatamente all'accoglimento di altra questione di costi tuzionalità dichiarata invece inammissibile.
Per qualche riferimento, a proposito di criteri di conferimento degli uffici giudiziari direttivi, T.A.R. Puglia 1° agosto 1984, n. 536, Foro
it., 1984, III, 346, con ulteriori indicazioni.
Il Foro Italiano — 1985 — Parte I-1.
Diritto. — 1. - L'ordinanza di rimessione osserva giustamente che la proposta questione conserva rilevanza nel giudizio a quo, malgra do la corte abbia in parte annullato, con sentenza n. 86 del 1982
(Foro it., 1982, I, 1497), l'art. 7 e l'art. 10 1. 20 dicembre 1973 n. 831 (recante «modifiche dell'ordinamento giudiziario per la nomi na a magistrato di Cassazione e per il conferimento degli uffici direttivi superiori »).
Vero è che l'art. 7 è stato dichiarato costituzionalmente illegit timo, nella parte in cui prevedeva che la conseguita valutazione favorevole comportasse la nomina a magistrato di Cassazione, indipendentemente dal conferimento delle relative funzioni; e che l'art. 10 ha formato, a sua volta, l'oggetto di una pronuncia di
accoglimento, nella parte in cui non prevedeva che la nomina a
magistrato di Cassazione, circa i magistrati dichiarati idonei ai sensi dell'art. 7, fosse contestuale al conferimento delle relative funzioni. Ma non si può dire che, per effetto di tali decisioni, siano ormai divenuti del tutto inapplicabili tanto l'impugnato 6° comma dell'art. 21 1. cit. (là dove si dispone che « i magistrati che per qualsiasi motivo non abbiano partecipato ad alcun scrutinio
per la nomina a magistrato di Cassazione, pure avendo l'anzianità
necessaria, ... sono sottoposti, a domanda, alla valutazione con i criteri indicati dall'art. 1 e, in caso di valutazione favorevole, conseguono la nomina agli effetti giuridici ed economici con decorrenza dall'entrata in vigore della presente legge ») quanto il 5° comma del medesimo articolo, che il Consiglio di Stato utilizza come tertium comparationis. In ogni caso, infatti, rimangono fermi i rapporti ormai esauriti; e resta che l'art. 7 1. n. 831 conserva vigore nella parte concernente l'attribuzione di un trattamento economico corrispondente a quello che compete ai
magistrati di Cassazione. Sicché, per tali aspetti, continua ad
operare — nei giudizi riguardanti « i magistrati che per qualsiasi motivo non abbiano partecipato ad alcun scrutinio...» — l'art.
21, 6° comma, della legge stessa.
2. - In sostanza, secondo il giudice a quo la norma impugnata viola il principio costituzionale d'eguaglianza, dal momento che essa equipara i magistrati in questione a « coloro che abbiano
riportato in sede di scrutinio giudizio sfavorevole », anziché farli beneficiare del miglior trattamento previsto per i magistrati meno anziani di cui al 5° comma: in ordine ai quali si è stabilito che essi conseguano la nomina a magistrati di Cassazione, limitata mente agli « effetti giuridici », non già dall'entrata in vigore della 1. n. 831 ma sin dal compimento dell'anzianità prevista nell'art. 4 (sette anni dalla nomina a magistrato di corte d'appello), indipen dentemente dalla maggiore anzianità richiesta ai sensi dell'art. 27, 1° comma, della previgente 1. 4 gennaio 1963 n. 1, per la
partecipazione al relativo scrutinio (nove anni dalla promozione a
magistrato di corte d'appello). In tale prospettiva, dunque, il 5° comma dell'art. 21 vale non soltanto per fornire argomenti per l'accoglimento dell'impugnativa, ma funge da norma che questa corte dovrebbe rendere applicabile al I aso in esame, per sanare la denunciata disparità di trattamento.
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PARTE PRIMA
Ciò posto, la questione si dimostra fondata. Giova premettere, in tal senso, che la precedente disciplina delle promozioni a
magistrato di Corte di cassazione non collocava sul medesimo
piano i magistrati astenutisi dagli scrutini ed i magistrati scrutina ti con giudizio sfavorevole: al contrario, l'art. 30, 2° comma, 1. n.
1/63 regolava unicamente la seconda di queste situazioni, dispo nendo che « i magistrati di corte d'appello che in due scrutini
consecutivi non hanno ottenuto la qualifica di merito distinto non
possono partecipare ad altro scrutinio per la promozione a
magistrato di Corte di cassazione se non sono decorsi almeno due anni dall'ultima deliberazione emessa nei loro confronti » (ed
aggiungendo che, « se nemmeno nel terzo scrutinio conseguono tale qualifica, non possono partecipare ad altro scrutinio»).
Pertanto, la norma impugnata non trova una ragione giustificativa nell'assunto che i magistrati astenutisi dagli scrutini siano stati
parificati ai magistrati sfavorevolmente scrutinati, poiché per entrambi il legislatore avrebbe ritenuto dimostrata l'inadeguatezza ad esser nominati magistrati di Cassazione.
In effetti, nel difendere la legittimità costituzionale della norma
impugnata, l'avvocatura dello Stato non ha argomentato in questi
termini, limitandosi invece a sostenere che i magistrati astenutisi
dagli scrutini avrebbero con ciò manifestato « una carenza di
interesse alla promozione », ragionevolmente presa in considera
zione dal legislatore stesso. Ma anche un tale assunto si presenta
inadeguato allo scopo. Da un lato, il passivo atteggiamento tenuto
in precedenza dai soggetti in questione non basta a giustificare la
norma impugnata, dati i criteri affatto nuovi che la 1. n. 831
introduce nel disciplinare la valutazione dei magistrati di corte
d'appello: dal momento che cessa di vigere il sistema degli
scrutini, aventi ad oggetto — accanto ad altre doti — lavori
giudiziari, pubblicazioni ed ulteriori titoli; e subentra invece un
sistema di progressione a ruolo aperto, mediante valutazioni
vertenti sulla « preparazione e capacità tecnico-professionale »,
sulla « laboriosità e diligenza dimostrate nell'esercizio delle fun
zioni », sui « precedenti relativi al servizio prestato » (cfr. l'art. 1,
1° comma, 1. cit.). D'altro lato, non può essere sottovalutata la
circostanza che, in base all'art. 9 1. n. 831, «i magistrati di
Cassazione continuano ad esercitare le funzioni precedenti fino a
quando non siano assegnati ad un ufficio corrispondente alle
nuove funzioni »: il che comporta un mutamento di tale portata, da generare un interesse alla progressione anche in capo a coloro
che precedentemente non avessero ambito a venire promossi.
3. - Ne segue che la norma in esame dev'essere annullata, per contrasto con il principio costituzionale d'eguaglianza. Nella situa
zione or ora descritta, non trova infatti giustificazione l'aver
discriminato fra i magistrati rispettivamente considerati dal 5° e
dal 6° comma, 1" parte, del citato art. 21, nessuno dei quali si
era sottoposto agli scrutini previsti dalla 1. n. 1/63. Ed anzi
l'ingiustificatezza emerge con tanto maggiore evidenza, in quanto i
meno anziani si sono visti promossi agli effetti giuridici — non
appena ottenuta la valutazione favorevole del consiglio superiore della magistratura — al compimento del settimo anno dalla
nomina a magistrato di corte d'appello, con una anticipazione di
due anni rispetto al periodo richiesto dall'art. 27, 1° comma, della
previgente 1. n. 1; laddove i più anziani, pur avendo maturato i
nove anni dapprima prescritti, non hanno ottenuto la corrispon dente nomina se non dall'entrata in vigore della 1. n. 831.
La conseguente pronuncia di accoglimento deve, però, contener
si nei termini fissati dall'ordinanza di rimessione, mediante la
quale il Consiglio di Stato ha giustamente tenuto in considerazio
ne l'esigenza di evitare che i magistrati astenutisi dagli scrutini
siano trattati alla medesima stregua o vengano addirittura privile
giati rispetto a chi abbia superato la prova, beneficiando di
quanto disposto dal 4° comma dell'art. 21. Per un primo verso,
dunque, va ribadito che anche in questa sede vale la previsione dell'art. 15 1. n. 831: per cui «coloro che conseguono la nomina
per effetto delle disposizioni contenute negli articoli precedenti non possono in alcun caso essere collocati nel ruolo di anzianità
prima dei magistrati che abbiano conseguito la nomina a magi
strato di Cassazione anteriormente all'entrata in vigore della
presente legge ». Per un secondo verso, l'impugnato 6° comma
dell'art. 21 va dichiarato illegittimo — stando al petitum del
Consiglio di Stato — nella parte in cui fa decorrere il consegui mento dei relativi benefici dall'entrata in vigore della legge
predetta, anziché anticiparlo, agli effetti giuridici, sin dal momen
to della nomina del più anziano fra i magistrati considerati nel
precedente 5° comma: poiché, se tale anticipazione avesse co
munque riguardo al compimento dell'anzianità di sette anni quale
magistrato d'appello, ai sensi dell'art. 4 1. cit., il 5° comma
Il Foro Italiano — 1985.
verrebbe fatto operare al di là dei limiti oggettivi che ne segnano il naturale ambito di applicazione.
Per questi motivi, la Corte costituzionale, dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 21, 6° comma, 1. 20 dicembre 1973 n. 831, nella parte in cui dispone che i magistrati che per qualsiasi motivo non abbiano partecipato ad alcun scrutinio per la nomina a magistrato di Cassazione, pure avendo l'anzianità necessaria, conseguono agli effetti giuridici i benefici previsti nel precedente articolo — in caso di valutazione favorevole — dal momento dell'entrata in vigore della medesima legge, anziché con l'anteriore decorrenza spettante al più anziano fra i magistrati di cui al 5°
comma, mantenendo rispetto ai magistrati stessi il precedente collocamento in ruolo.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 6 dicembre 1984, n. 269
(Gazzetta ufficiale 12 dicembre 1984, n. 341); Pres. Elia, Rei.
Conso; Trincherà; interv. Pres. cons, ministri (Aw. dello Stato
Azzariti). Ord. Trib. Perugia 27 settembre 1983 (Gazz. uff. 21 marzo 1984, n. 81).
Imputato — Infermità di mente sopravvenuta — Sospensione del
processo — Imputato detenuto — Questione inammissibile di costituzionalità (Cost., art. 13; cod. proc. pen., art. 88).
È inammissibile, per incerta prospettazione del thema deciden
dum, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 88, 1° e 3" comma, c.p.c., nella parte in cui estende ai procedimenti contro imputati detenuti l'obbligo di sospensione del processo per sopravvenuta infermità di mente, in riferimento all'art. 13, ult. comma, Cost. (1)
Fatto. — Nel corso dell'istruttoria formale a carico di Trincherà
Luciano, imputato del delitto di omicidio volontario pluriaggrava to, il giudice istruttore del Tribunale di Perugia, ordinato il
ricovero dell'imputato in ospedale psichiatrico giudiziario ai sensi
dell'art. 206 c.p., disponeva perizia psichiatrica per accertare il
suo stato di mente tanto al momento del fatto che durante il
procedimento. Dalla perizia emergeva che il Trincherà, pur risultando al
momento del fatto in condizioni di mente tali da scemare, senza
escluderla, la capacità di intendere e di volere, versava al
(1) Per la inammissibilità di questioni di costituzionalità sollevate con ordinanze che non definiscono esaurientemente il thema deciden dum, cfr. Corte cost. 14 marzo 1984, n. 67, Foro it., 1984, I, 1751, con nota di richiami.
Sull'art. 88 c.p.p., la corte si è già pronunciata: con sentenza n. 23/79, id., 1979, I, 1354, con nota di richiami, che ha dichiarato infondata la questione di costituzionalità della norma, nella parte in cui limita la previsione della sospensione del processo penale per incapacità dell'imputato all'ipotesi dell'infermità sopravvenuta, esclu dendone invece l'applicazione all'ipotesi di infermità già sussistente al tempo in cui fu commesso il reato e successivamente protrattasi; con sentenza n. 12/79, ibid., che ha dichiarato infondata la questione di costituzionalità della norma nella parte in cui non prevede la sospen sione obbligatoria del procedimento nell'ipotesi in cui l'imputato versi in stato di infermità fisica tale da riverberarsi sulle sue facoltà mentali sino a renderlo incapace di attuare ogni e qualsiasi forma di autodifesa; con sentenza n. 213/74, id., 1974, I, 2952, con nota di richiami, che ha dichiarato infondata la questione di costituzionalità del combinato disposto degli art. 88 e 497 c.p.p., per i quali i fenomeni patologici da cui sia affetto l'imputato, se, pur determinando infermità mentale, siano di durata imprevedibile, non giustificherebbero la sospensione o il rinvio del dibattimento; con sentenza n. 205/71, id., 1972, I, 302, con nota di richiami, che ha dichiarato infondata la questione di costituzionalità dell'art. 88 c.p.p., ove prevede la sola infermità di mente (e non anche l'impossibilità fisica) come causa di esclusione dell'incapacità di intendere e di volere, la quale, a sua volta, giustifica la sospensione del procedimento penale.
Cfr., altresì, Corte cost. n. 141/82, id., 1982, I, 2105, commentata da Manacorda, id., 1983, I, 292 e da Vassalli, in Giur. costit., 1982, I, 1238, che ha dichiarato infondata la questione di costituzionalità degli art. 88 c.p.p. e 206 c.p., nella parte in cui dispongono che, in caso di sopravvenuta infermità di mente dell'imputato capace al momento del fatto, sia pronunciata ordinanza di sospensione del procedimento e si ordini, ove occorra, il ricovero dell'imputato stesso in ospedale psi chiatrico.
In dottrina, cons, da ultimo: Macchia, Imputato, voce del Novissi mo digesto, appendice, Torino, 1983, IV, 117; Russo, Sospensione del
procedimento penale ai sensi dell'art. 88 c.p.p., in Riv. it. medicina
legale, 1982, 824.
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