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sentenza 15 febbraio 2000, n. 58 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 23 febbraio 2000, n. 9);...

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sentenza 15 febbraio 2000, n. 58 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 23 febbraio 2000, n. 9); Pres. Vassalli, Est. Capotosti; Trib. Bergamo c. Camera dei deputati (Avv. Abbamonte). Conflitto di attribuzione Source: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 4 (APRILE 2000), pp. 1041/1042-1045/1046 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23194511 . Accessed: 24/06/2014 23:42 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 62.122.73.17 on Tue, 24 Jun 2014 23:42:50 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sentenza 15 febbraio 2000, n. 58 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 23 febbraio 2000, n. 9); Pres. Vassalli, Est. Capotosti; Trib. Bergamo c. Camera dei deputati (Avv. Abbamonte).

sentenza 15 febbraio 2000, n. 58 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 23 febbraio 2000, n. 9);Pres. Vassalli, Est. Capotosti; Trib. Bergamo c. Camera dei deputati (Avv. Abbamonte).Conflitto di attribuzioneSource: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 4 (APRILE 2000), pp. 1041/1042-1045/1046Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23194511 .

Accessed: 24/06/2014 23:42

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1041 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 1042

I

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 15 febbraio 2000, n.

58 (Gazzetta ufficiale, 1a serie speciale, 23 febbraio 2000, n.

9); Pres. Vassalli, Est. Capotosti; Trib. Bergamo c. Camera

dei deputati (Avv. Abbamonte). Conflitto di attribuzione.

CORTE COSTITUZIONALE;

Parlamento — Parlamentare — Immunità per voti dati e opi nioni espresse — Conflitto tra poteri — Spettanza alla came

ra dei deputati — Esclusione — Fattispecie (Cost., art. 68).

Non spetta alla camera dei deputati, per difetto del nesso fun zionale tra opinioni espresse dal parlamentare ed esercizio delle

relative funzioni, dichiarare che i fatti per i quali è in corso

presso il Tribunale di Bergamo procedimento penale a carico

dell'on. Sgarbi, per le dichiarazioni da lui rese nel corso del

programma «Sgarbi quotidiani» nei confronti della dott.ssa

Gemma Cotti Cornetti, concernono opinioni espresse nell'e

sercizio delle funzioni parlamentari, ai sensi dell'art. 68, 1°

comma, Cost., in quanto le suddette dichiarazioni, rese fuori dalle camere, non riproducono il contenuto di alcun specifico atto parlamentare; va pertanto annullata, per aver interferito in modo illegittimo nella sfera di attribuzioni dell'autorità giu

diziaria ricorrente, la deliberazione di insindacabilità adottata

dalla camera dei deputati nella seduta del 25 giugno 1998. (1)

li

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 15 febbraio 2000, n.

56 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 23 febbraio 2000, n.

9); Pres. Vassalli, Est. Guizzi; G.i.p. Trib. Salerno c. Ca

mera dei deputati (Aw. Abbamonte). Conflitto di attribuzione.

Parlamento — Parlamentare — Immunità per voti dati e opi nioni espresse — Conflitto tra poteri — Spettanza alla came

ra dei deputati — Esclusione — Fattispecie (Cost., art. 68).

Non spetta alla camera dei deputati, per palese difetto del nesso

funzionale tra opinioni espresse dal parlamentare ed esercizio

delle relative funzioni, dichiarare che i fatti per i quali è in

corso presso il Tribunale di Salerno procedimento penale a

carico dell'on. Sgarbi, per le dichiarazioni da lui rese nel cor

so del programma «Sgarbi quotidiani» nei confronti del dott.

Luigi Esposito, concernono opinioni espresse nell'esercizio delle

funzioni parlamentari, ai sensi dell'art. 68, 10 comma, Cost.,

in quanto le suddette dichiarazioni, rese fuori dalle camere,

non riproducono il contenuto di alcun atto parlamentare tipi

co; va pertanto annullata, per aver interferito in modo illegit timo nella sfera di attribuzioni dell'autorità giudiziaria ricor

(1-2) La Corte costituzionale fa applicazione dei principi fissati in

particolare con le recenti decisioni 17 gennaio 2000, nn. 11 e 10 (Foro

it., 2000, I, 331, con nota di richiami e osservazioni di Romboli) allo

scopo anche di limitare i moki conflitti in materia di immunità parla mentare di cui all'art. 68, 1° comma, Cost, e comunque di delimitare

per quanto possibile con chiarezza gli spazi di intervento in materia

da riconoscere a sé stessa, all'autorità giudiziaria ed alle camere.

La corte ribadisce (cfr. anche Corte cost. 24 marzo 2000, n. 82, in

questo fascicolo, parte prima) che rientra nella propria competenza la

verifica della sussistenza del nesso funzionale tra dichiarazioni rese e

attività parlamentare, mentre spetta al giudice verificare se tali esterna

zioni integrino gli estremi del reato ascritto al deputato o siano manife

stazioni del diritto di critica politica e che il nesso funzionale sussiste

solo nel caso in cui sia riscontrabile una corrispondenza sostanziale di

contenuti con l'atto parlamentare, non essendo sufficiente una mera

comunanza di tematiche.

Il conflitto risolto con la sent. n. 58 del 2000 era stato dichiarato

ammissibile dalla Corte costituzionale con ord. 16 aprile 1999, n. 130,

G.U., la s.s., n. 16 del 1999, mentre quello deciso con la sent. n. 56

del 2000, con ord. 30 dicembre 1998, n. 469, id., n. 2 del 1999.

La corte ribadisce ancora la propria giurisprudenza nel senso della

ammissibilità del conflitto proposto dall'autorità giudiziaria attraverso

la forma dell'ordinanza, anziché con quella del ricorso (v. Corte cost.

17 gennaio 2000, nn. 11 e 10, cit., con nota di richiami). In ordine alla serie di conflitti che hanno visto in questi ultimi anni

contrapposti l'autorità giudiziaria e le camere in merito al campo di

applicazione dell'immunità per voti dati ed opinioni espresse di cui al

l'art. 68, 1° comma, Cost., v. Corte cost., ord. 17 gennaio 2000, n.

16, Foro it., 2000, I, 329, con nota di richiami.

Il Foro Italiano — 2000 — Parte 1-20.

rente, la deliberazione di insindacabilità adottata dalla came

ra dei deputati nella seduta del 22 ottobre 1997 (in motivazio

ne, la corte ha precisato che non è sufficiente, per la sussi

stenza del nesso funzionale tra la dichiarazione e l'attività

parlamentare, né la semplice comunanza di argomento, né

l'invocazione dell'esistenza di un «contesto politico» in cui

la dichiarazione si inserisca, in quanto siffatto tipo di collega menti non vale, di per sé, a conferire il carattere di attività

parlamentare a manifestazioni di pensiero oggettivamente estra

nee ad essa). (2)

I

Diritto. — 1. - Il conflitto di attribuzione tra poteri dello

Stato ha ad oggetto la deliberazione con la quale la camera

dei deputati, nella seduta del 25 giugno 1998, ha dichiarato che

i fatti per i quali era in corso innanzi al Tribunale di Bergamo, seconda sezione penale, il giudizio per diffamazione aggravata nei confronti del deputato Vittorio Sgarbi riguardano opinioni

espresse nell'esercizio delle funzioni parlamentari e, conseguen

temente, sarebbero insindacabili ai sensi dell'art. 68, 1° com

ma, Cost.

Il Tribunale di Bergamo sostiene che detta deliberazione vio

lerebbe la propria sfera di attribuzioni, costituzionalmente ga

rantita, in quanto la camera dei deputati non avrebbe corretta

mente esercitato il potere ad essa spettante, di dichiarare l'in

sindacabilità delle dichiarazioni rese dal deputato Sgarbi. A suo

avviso, la camera avrebbe arbitrariamente ritenuto insindacabili

le dichiarazioni, omettendo di considerare che esse costituireb

bero meri apprezzamenti personali e che non sarebbe «riscon

trabile alcuna connessione con atti tipici della funzione parla mentare» e neppure «un qualche intento divulgativo di una scelta

o di un'attività politico-parlamentare», come ha riconosciuto

la stessa giunta per le autorizzazioni a procedere, sottolineando

che esse erano «da riportare a intenti polemici del tutto avulsi

dalla funzione parlamentare, anche se latamente intesa». Il Tri

bunale di Bergamo chiede, quindi, che la corte annulli la delibe

razione di insindacabilità adottata dalla camera.

2. - In linea preliminare deve essere confermata l'ammissibili

tà del conflitto di attribuzione in esame, già dichiarata da que sta corte in sede di sommaria delibazione con l'ordinanza n.

130 del 1999.

Sotto il profilo dei requisiti soggettivi, devono infatti ritenersi

legittimati ad essere parti del presente conflitto sia il Tribunale

di Bergamo, in quanto organo giurisdizionale competente a di

chiarare definitivamente la volontà del potere cui appartiene, in posizione di piena indipendenza garantita dalla Costituzione,

sia la camera dei deputati, dato che essa è competente a dichia

rare in modo definitivo la volontà del potere che rappresenta

in ordine all'applicabilità ai suoi componenti dell'art. 68. 1°

comma, Cost, (tra le più recenti, sent. n. 417 del 1999, Foro

it., 2000, I, 333; n. 329 del 1999, id., 1999, I, 3115, e n. 289

del 1998, id., 1998, I, 2634). Sotto il profilo oggettivo, avendo

il tribunale denunciato la lesione della propria sfera di attribu

zioni costituzionalmente garantita, parimenti sussiste la materia

del conflitto (explurimis, sent. n. 11 del 2000, id., 2000, I, 331). La forma dell'ordinanza utilizzata dalla seconda sezione pe

nale del Tribunale di Bergamo non può, infine, di per sé sola,

comportare la irricevibilità del conflitto, in quanto l'atto, pos

sedendo nella specie tutti i requisiti stabiliti dagli art. 37 1. n.

87 del 1953 e 26 delle norme integrative per i giudizi davanti

alla corte, può considerarsi, per le ragioni indicate nelle decisio

ni n. 10 del 2000 (ibid., 332) e n. 11 del 2000, cit., di questa

corte, idoneo a conseguire lo scopo cui è preordinato e a con

sentire la valida instaurazione del contraddittorio.

3. - Nel merito il ricorso è fondato.

Il conflitto di attribuzioni in esame si incentra su alcune di

chiarazioni rese dal deputato Sgarbi nel corso di un programma

televisivo e per le quali è pendente il giudizio per il reato di

diffamazione aggravata. Secondo la giurisprudenza di questa corte ad essa spetta di

esaminare, come giudice dei conflitti, non certo il merito del

giudizio penale, ma piuttosto, trattandosi di un conflitto per

menomazione, se dal potere esercitato dalla camera di apparte

nenza in base all'art. 68, 1° comma, Cost, sia derivata o meno

la lamentata, illegittima interferenza nella sfera di attribuzione

dell'autorità giudiziaria ricorrente.

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1043 PARTE PRIMA 1044

In particolare, trattandosi, nella specie, di opinioni espresse al di fuori dell'ambito dei lavori parlamentari, va riscontrata

l'esistenza del nesso funzionale, che deve consistere non già in

una semplice forma di collegamento — di argomento o di con

testo — fra attività parlamentare e dichiarazioni, ma più preci samente nella «identificabilità della dichiarazione stessa quale

espressione di attività parlamentare» (sent. n. 10 del 2000, cit.). Pertanto la riproduzione all'esterno delle camere di dichiarazio

ni già espresse in un atto parlamentare è insindacabile «solo

ove sia riscontrabile corrispondenza sostanziale di contenuti con

l'atto parlamentare, non essendo sufficiente a questo riguardo una mera comunanza di tematiche» (sent. n. 11 del 2000, cit.).

In questo senso, nella vicenda in esame, si era mossa la giun ta per le autorizzazioni a procedere della camera dei deputati, la quale, nella seduta del 12 settembre 1996, aveva approvato la proposta di dichiarare che le opinioni del deputato Sgarbi non erano state espresse nell'esercizio delle proprie funzioni,

poiché «si era in presenza di affermazioni gravi da riportare a intenti polemici del tutto avulsi dalla funzione parlamentare anche se latamente intesa». Vero è però che tale proposta era

stata respinta dall'assemblea, nella seduta del 25 giugno 1998,

senza peraltro che risultasse un'esplicita argomentazione con

traria, se non quella di un componente, il quale appunto ritene

va apprezzabile che «un parlamentare possa esprimere un giudi zio e sottoporre all'attenzione dell'opinione pubblica il modo

in cui i magistrati giudicano altri magistrati; si tratta di una

presa di posizione che non può non essere ricondotta alla fun

zione di parlamentare». Da queste delibere emerge comunque in modo chiaro che le

dichiarazioni in questione, rese fuori delle camere, non riprodu cono il contenuto di nessuno specifico atto parlamentare, cosic

ché non sono identificabili come espressione di attività parla mentare del deputato Sgarbi. Manca dunque, ai fini del ricono

scimento dell'insindacabilità, il requisito del nesso funzionale

tra opinioni espresse dai parlamentare ed esercizio delle relative

funzioni; «requisito che, come più volte affermato da questa

corte, costituisce l'indefettibile presupposto di legittimità della

deliberazione parlamentare di insindacabilità» (sent. n. 329 del

1999, cit.). Per queste ragioni le opinioni espresse, nella fattispecie in

esame, dal deputato Sgarbi non possono ritenersi rese nell'eser

cizio delle funzioni parlamentari e quindi rispetto ad esse non

è applicabile l'immunità, ai sensi dell'art. 68, 1° comma, Cost.

La camera dei deputati, adottando la deliberazione in oggetto ha pertanto interferito, in modo illegittimo, nella sfera di attri

buzioni dell'autorità giudiziaria ricorrente e conseguentemente deve essere disposto l'annullamento della predetta deliberazione.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara che non

spetta alla camera dei deputati dichiarare l'insindacabilità, ai

sensi dell'art. 68, 1° comma, Cost., delle opinioni espresse dal

deputato Vittorio Sgarbi, in ordine alle quali è stato promosso davanti al Tribunale di Bergamo il giudizio penale indicato in

epigrafe; di conseguenza annulla la deliberazione adottata dalla

camera dei deputati nella seduta del 25 giugno 1998.

II

Diritto. — 1. - Il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Salerno ha promosso conflitto di attribuzione

fra poteri dello Stato nei confronti della camera dei deputati

che, ai sensi dell'art. 68, 1° comma, Cost., aveva affermato, il 22 ottobre 1997, l'insindacabilità di opinioni espresse dal de

putato Vittorio Sgarbi nel corso di una trasmissione televisiva,

oggetto di procedimento penale pendente innanzi ad esso.

Nell'ordinanza con la quale promuove il conflitto, il giudice sostiene che la delibera parlamentare sarebbe affetta da un vi

zio in procedendo, giacché la camera dei deputati ha seguito una procedura disciplinata da un decreto-legge, il n. 555 del

1996, decaduto per mancata conversione; tale deliberazione sa rebbe comunque priva del presupposto giustificativo, e cioè del

necessario collegamento delle opinioni espresse con la funzione

parlamentare (a quest'ultimo riguardo egli richiama una pro nuncia della Corte di cassazione, V sezione penale, 16 dicembre

1997, n. 11667). Costituitasi in giudizio, la camera ha replicato che la delibera

d'insindacabilità è legittima, dal momento che le opinioni mani

II Foro Italiano — 2000.

festate dal parlamentare rientrano nella funzione di controllo

del buon funzionamento degli apparati pubblici e vanno ricon

dotte al mandato politico garantito dall'art. 68, 1° comma, Cost.

2. - Deve essere innanzitutto dichiarata l'ammissibilità del con

flitto, benché promosso con ordinanza e non con ricorso. È

ben vero che nel conflitto di attribuzione fra poteri il giudice,

quale titolare della funzione giurisdizionale, si fa promotore del

giudizio, come parte ricorrente, per tutelare il proprio ambito

di attribuzioni. L'atto introduttivo è dunque atto del giudizio

costituzionale, ne assume i contenuti e le forme, e segue le sue

regole procedurali. Ma da ciò non deriva l'irricevibilità del pre sente conflitto perché promosso con ordinanza. Sussistono in

fatti, nella specie, i requisiti sostanziali di un valido ricorso, come definiti dall'art. 37 1. n. 87 del 1953 e dall'art. 26 delle

norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale,

essendo indicati con sufficiente chiarezza i motivi del ricorso,

l'atto da cui si afferma discendere la lesione delle attribuzioni

e il vizio che — ad avviso del giudice — inficierebbe la delibera

di insindacabilità. L'atto è pervenuto alla cancelleria di questa corte in forma che è assimilabile al deposito di cui al citato

art. 26 ed è stato, dopo l'ordinanza di ammissibilità, regolar mente notificato e depositato.

Si deve quindi passare al merito.

3. - Questa corte è chiamata ad accertare se le dichiarazioni

rese dal deputato Sgarbi nel corso della trasmissione televisiva

del 24 gennaio 1995, in precedenza citata, possano essere legitti mamente ricomprese nelle funzioni parlamentari, e se l'affer

mazione della prerogativa da parte delle camere rispetti il nesso

funzionale tra la dichiarazione e l'attività parlamentare richie

sto dall'art. 68, 1° comma. Spetta invece al giudice ordinario

il compito di verificare se tali esternazioni integrino gli estremi

del reato ascritto al deputato, o siano manifestazione del diritto

di critica politica anche nei confronti di atti e comportamenti dei titolari degli organi giudiziari.

È pacifico che costituiscono opinioni formulate nell'esercizio

della funzione quelle espresse nel corso dei lavori della camera

e dei suoi organi, in occasione dell'espletamento di una qualsia si funzione di cui la camera è titolare, o manifestate in atti, anche individuali, che siano estrinsecazione delle facoltà pro

prie di deputati e senatori. Nel normale svolgimento della vita

democratica, le opinioni che il parlamentare espone al di fuori

dell'ambito funzionale rappresentano esercizio della libertà di

espressione comune a tutti i consociati, alle quali non può quin di estendersi (senza snaturarla) la prerogativa introdotta dal

l'art. 68, 1° comma, Cost.

Non è infatti compatibile con l'impianto della nostra Carta

costituzionale un'accezione della funzione parlamentare che ri

comprenda l'attività politica svolta in qualsiasi sede e nella qua le sia irrilevante la qualità di membro delle camere. In proposi to va considerato che le funzioni conferite agli organi costitu

zionali non designano generiche finalità, ma poteri giuridicamente definiti; e questo vale altresì per la funzione parlamentare, che

ha natura generale. Ciò che la differenzia da altre funzioni co

stituzionalmente tutelate, ma a carattere specializzato (v. sent,

nn. 11 e 10 del 2000, Foro it., 2000, I, 331, e, nella giuris

prudenza risalente, sent. n. 375 del 1997, id., 1998, I, 342, e

n. 148 del 1983, id., 1983, I, 1800). Occorre dunque che la prerogativa trovi una sua delimitazio

ne funzionale: senza di essa, la prassi attuativa trasformerebbe

l'istituto in una sorta di privilegio personale, conferendo a de

putati e senatori uno statuto personale di favore circa l'ambito

e i limiti della libertà di manifestazione del pensiero. Con evi

dente distorsione del principio di eguaglianza e di pari opportu nità fra i cittadini nella dialettica politica.

4. - La semplice comunanza di argomento fra la dichiarazio

ne resa ai mezzi di comunicazione o in dibattiti pubblici e le

opinioni espresse in sede parlamentare non basta a estendere

alla prima l'insindacabilità che copre le seconde. Né si può in

vocare a tal fine l'esistenza di un «contesto» politico in cui la

dichiarazione si inserisca, giacché siffatto tipo di collegamenti non vale, di per sé, a conferire il carattere di attività parlamen tare a manifestazioni di pensiero oggettivamente estranee ad essa.

Deve esservi, dunque, un preciso nesso funzionale fra la di

chiarazione e l'attività parlamentare: nesso che può legittima mente essere affermato dalle camere anche quando le dichiara

zioni siano sostanzialmente riproduttive dell'opinione sostenuta

in sede parlamentare. La prerogativa costituzionale rileva, in

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

fatti, non soltanto per l'occasione specifica in cui l'opinione è espressa in ambito parlamentare, ma riguarda il contenuto storico di essa, pure quando ne sia realizzata la diffusione pub blica. Perché la pubblicità accompagna l'attività parlamentare,

necessariamente, assicurando il ruolo fondamentale delle came re nella libera dialettica politica.

L'insindacabilità si estende, quindi, a tutte le altre sedi, e

occasioni, in cui l'opinione sia riprodotta nel suo contenuto so stanziale (v. ancora sent. nn. 10 e 11 del 2000).

5. - Ciò premesso, si può analizzare la delibera di insindaca

bilità impugnata attraverso il presente conflitto di attribuzione.

L'esame della relazione della giunta per le autorizzazioni a

procedere della camera (XIII legislatura, doc. IV-ter, n. 38-A, del 12 febbraio 1997) e del successivo dibattito in assemblea

(22 ottobre 1997) dimostra che la delibera è stata adottata sulla base di un generico riferimento alla «azione politica» svolta dal

deputato Sgarbi, «dentro e fuori il parlamento», sui temi atti

nenti all'amministrazione della giustizia e alla tutela dei soggetti

sottoposti a carcerazione preventiva. E qui va osservato che non vi è alcun richiamo di atti tipici di funzione con riguardo alla

vicenda oggetto dell'esternazione in esame. Anzi, la relazione

riconosce che essa è stata resa extra moenia\ e il precedente rilievo sul «carattere divulgativo» è presente nella relazione del la giunta quale mero argomento di stile che non trova alcun

conforto nei dati di fatto offerti al vaglio della giunta e, poi, del plenum (v. il documento IV-ter, n. 38-A e il dibattito in

assemblea, entrambi citati). Anche le circostanze in cui ha avuto luogo la dichiarazione

dell'on. Sgarbi confermano la sua estraneità all'ambito funzio

nale: si tratta di valutazioni compiute quale «opinionista» nel

corso di una trasmissione televisiva, senza alcuna specifica con

nessione con dibattiti parlamentari, interrogazioni, inchieste, di

scussioni di progetti di legge; né si può far richiamo, per sorreg

gere la delibera d'insindacabilità, ad altri interventi del parla mentare sui temi della giustizia e su diverse vicende individuali.

Del resto, non risulta nemmeno che abbia fatto uso della facol

tà contemplata dall'art. 67 1. 26 luglio 1975 n. 354, sull'ordina

mento penitenziario, di visitare gli istituti penitenziari per accer

tare in concreto le condizioni di detenzione, al fine di esercitare

eventualmente, nelle forme appropriate, il sindacato ispettivo che la Costituzione gli riconosce.

Mancando palesemente il nesso funzionale richiesto dall'art.

68, 1° comma, Cost., la delibera della camera dei deputati del

22 ottobre 1997 risulta illegittima e deve essere annullata per invasione dell'ambito di attribuzioni costituzionalmente garan tito all'autorità giudiziaria.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara che non

spetta alla camera dei deputati statuire che i fatti per i quali è in corso presso il Tribunale di Salerno il procedimento penale a carico del deputato Vittorio Sgarbi per il delitto previsto e

punito dagli art. 595 c.p., 13 1. 8 febbraio 1948 n. 47, e 30, 4° comma, 1. 6 agosto 1990 n. 223, concernono opinioni espres se nell'esercizio delle funzioni, ai sensi dell'art. 68, 1° comma, Cost.; di conseguenza annulla la deliberazione in tal senso adot

tata dalla camera dei deputati il 22 ottobre 1997.

Il Foro Italiano — 2000.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 15 febbraio 2000, n. 53 (Gazzetta ufficiale, 1a serie speciale, 23 febbraio 2000, n.

9); Pres. Vassalli, Est. Contri; Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato Palmieri) c. Regione Umbria (Avv. Pedetta).

Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Umbria —

Caccia — Calendario venatorio per la stagione 1998-1999 —

Variazione — Parere contrario dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica — Approvazione con legge regionale —

Leg ge a termine — Cessata materia del contendere (Cost., art.

117; 1. 11 febbraio 1992 n. 157, norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio, art.

18; 1. reg. Umbria 17 maggio 1994 n. 14, norme per la prote zione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo vena

torio, art. 32).

Va dichiarata la cessata materia del contendere in ordine alla

questione di legittimità costituzionale della delibera legislativa della regione Umbria riapprovata il 6 luglio 1998, la quale prevedeva, per dieci specie di fauna selvatica, l'anticipazione dell'apertura della caccia per la stagione venatoria 1998-1999, nonostante il parere negativo espresso dall'Istituto nazionale

per la fauna selvatica (in motivazione, la corte ha rilevato come nella specie era impugnata una normativa derogatoria a termine, la quale, essendo riferita alla sola stagione 1998-1999, aveva perduto definitivamente ogni effetto al 31

gennaio 1999). (1)

Fatto. — 1. - Con ricorso regolarmente notificato e deposita to, il presidente del consiglio dei ministri solleva in via principa le — in riferimento agli art. 117 Cost, e 18 1. 11 febbraio 1992

(1) La Corte costituzionale non affronta nel merito la questione, in centrata sul carattere vincolante o meno del richiesto parere dell'Istitu to nazionale per la fauna selvatica per la variazione del calendario ve natorio approvato dalla regione, ma rileva come la normativa impugna ta ha ormai perduto ogni possibilità di trovare applicazione, trattandosi di una disciplina a termine scaduta il 31 gennaio 1999. Per precedenti dichiarazioni di cessata materia del contendere, in considerazione della natura di legge a termine della disciplina impugnata, v. Corte cost. 17 febbraio 1987, nn. 46 e 45, Foro it., Rep. 1987, voci Valle d'Aosta, n. 3 e Regione, n. 231; 28 febbraio 1983, n. 37, id., 1983, I, 1791, con nota di richiami e osservazioni di Volpe, commentata da Bartole, in Regioni, 1983, 740.

Per l'affermazione secondo cui l'omissione di un parere obbligatorio, quale quello dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica previsto dal l'art. 18 1. 157/92, rende invalido, siccome violazione delle regole del

procedimento e violazione di legge, l'atto amministrativo con cui la

regione modifica il calendario generale di caccia, che pertanto va disap plicato incidentalmente nel procedimento penale, v. Cass. 12 dicembre 1998, Zito, Ced Cass., rv. 212601.

Per altre questioni di costituzionalità relative alla disciplina regionale sulla caccia in cui è venuto in considerazione il necessario parere dell'I stituto nazionale per la fauna selvatica, v. Corte cost., ord. 9 luglio 1998, n. 264, Foro it., 1999, I, 392, con nota di richiami, circa la ge stione in concessione degli impianti per la cattura degli uccelli da utiliz zare come richiami vivi; 16 giugno 1995, n. 248, id., 1996, I, 45, con nota di richiami, che ha ritenuto infondata la questione di costituziona lità della delibera legislativa riapprovata dalla regione Toscana il 20 settembre 1994, nella parte in cui procede all'individuazione di aree del suo patrimonio agricolo-forestale da sottrarre al divieto di caccia, acquisito il parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica; 13 feb braio 1995, n. 35, id., 1997, I, 348, con nota di richiami, che ha dichia rato l'incostituzionalità dell'art. 9, 1° comma, lett. a), 1. reg. Lazio

riapprovata il 4 maggio 1994, nella parte in cui consentiva la cattura di animali per scopi scientifici senza il parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica.

Nel senso che l'art. 18, 3° comma, 1. 157/92, il quale assoggetta il

provvedimento di variazione degli elenchi delle specie cacciabili alla pro posta del ministro dell'agricoltura e delle foreste, d'intesa con il mini stro per l'ambiente, sentito l'Istituto nazionale per la fauna selvatica, esclude la permanenza di una competenza esclusiva in materia del mini stro per l'ambiente fondata sull'art. 1 1. 8 luglio 1986 n. 349, istitutiva del ministero per l'ambiente, v. Tar Lombardia, sez. Brescia, ord. 27 novembre 1992, n. 793, id., Rep. 1993, voce Caccia, n. 15.

In ordine alla disciplina regionale dei periodi venatori e dei limiti alla possibilità di variazione degli stessi, v. Corte cost. 14 maggio 1999, nn. 169 e 168, id., 1999, I, 2450, con nota di richiami e osservazioni di Romboli, a proposito delle modalità di esercizio delle deroghe alle misure di protezione disposte per la conservazione degli uccelli selvatici; 17 luglio 1998, n. 277, ibid., 436, con nota di richiami.

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