sentenza 15 febbraio 2000, n. 58 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 23 febbraio 2000, n. 9);Pres. Vassalli, Est. Capotosti; Trib. Bergamo c. Camera dei deputati (Avv. Abbamonte).Conflitto di attribuzioneSource: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 4 (APRILE 2000), pp. 1041/1042-1045/1046Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23194511 .
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1041 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 1042
I
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 15 febbraio 2000, n.
58 (Gazzetta ufficiale, 1a serie speciale, 23 febbraio 2000, n.
9); Pres. Vassalli, Est. Capotosti; Trib. Bergamo c. Camera
dei deputati (Avv. Abbamonte). Conflitto di attribuzione.
CORTE COSTITUZIONALE;
Parlamento — Parlamentare — Immunità per voti dati e opi nioni espresse — Conflitto tra poteri — Spettanza alla came
ra dei deputati — Esclusione — Fattispecie (Cost., art. 68).
Non spetta alla camera dei deputati, per difetto del nesso fun zionale tra opinioni espresse dal parlamentare ed esercizio delle
relative funzioni, dichiarare che i fatti per i quali è in corso
presso il Tribunale di Bergamo procedimento penale a carico
dell'on. Sgarbi, per le dichiarazioni da lui rese nel corso del
programma «Sgarbi quotidiani» nei confronti della dott.ssa
Gemma Cotti Cornetti, concernono opinioni espresse nell'e
sercizio delle funzioni parlamentari, ai sensi dell'art. 68, 1°
comma, Cost., in quanto le suddette dichiarazioni, rese fuori dalle camere, non riproducono il contenuto di alcun specifico atto parlamentare; va pertanto annullata, per aver interferito in modo illegittimo nella sfera di attribuzioni dell'autorità giu
diziaria ricorrente, la deliberazione di insindacabilità adottata
dalla camera dei deputati nella seduta del 25 giugno 1998. (1)
li
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 15 febbraio 2000, n.
56 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 23 febbraio 2000, n.
9); Pres. Vassalli, Est. Guizzi; G.i.p. Trib. Salerno c. Ca
mera dei deputati (Aw. Abbamonte). Conflitto di attribuzione.
Parlamento — Parlamentare — Immunità per voti dati e opi nioni espresse — Conflitto tra poteri — Spettanza alla came
ra dei deputati — Esclusione — Fattispecie (Cost., art. 68).
Non spetta alla camera dei deputati, per palese difetto del nesso
funzionale tra opinioni espresse dal parlamentare ed esercizio
delle relative funzioni, dichiarare che i fatti per i quali è in
corso presso il Tribunale di Salerno procedimento penale a
carico dell'on. Sgarbi, per le dichiarazioni da lui rese nel cor
so del programma «Sgarbi quotidiani» nei confronti del dott.
Luigi Esposito, concernono opinioni espresse nell'esercizio delle
funzioni parlamentari, ai sensi dell'art. 68, 10 comma, Cost.,
in quanto le suddette dichiarazioni, rese fuori dalle camere,
non riproducono il contenuto di alcun atto parlamentare tipi
co; va pertanto annullata, per aver interferito in modo illegit timo nella sfera di attribuzioni dell'autorità giudiziaria ricor
(1-2) La Corte costituzionale fa applicazione dei principi fissati in
particolare con le recenti decisioni 17 gennaio 2000, nn. 11 e 10 (Foro
it., 2000, I, 331, con nota di richiami e osservazioni di Romboli) allo
scopo anche di limitare i moki conflitti in materia di immunità parla mentare di cui all'art. 68, 1° comma, Cost, e comunque di delimitare
per quanto possibile con chiarezza gli spazi di intervento in materia
da riconoscere a sé stessa, all'autorità giudiziaria ed alle camere.
La corte ribadisce (cfr. anche Corte cost. 24 marzo 2000, n. 82, in
questo fascicolo, parte prima) che rientra nella propria competenza la
verifica della sussistenza del nesso funzionale tra dichiarazioni rese e
attività parlamentare, mentre spetta al giudice verificare se tali esterna
zioni integrino gli estremi del reato ascritto al deputato o siano manife
stazioni del diritto di critica politica e che il nesso funzionale sussiste
solo nel caso in cui sia riscontrabile una corrispondenza sostanziale di
contenuti con l'atto parlamentare, non essendo sufficiente una mera
comunanza di tematiche.
Il conflitto risolto con la sent. n. 58 del 2000 era stato dichiarato
ammissibile dalla Corte costituzionale con ord. 16 aprile 1999, n. 130,
G.U., la s.s., n. 16 del 1999, mentre quello deciso con la sent. n. 56
del 2000, con ord. 30 dicembre 1998, n. 469, id., n. 2 del 1999.
La corte ribadisce ancora la propria giurisprudenza nel senso della
ammissibilità del conflitto proposto dall'autorità giudiziaria attraverso
la forma dell'ordinanza, anziché con quella del ricorso (v. Corte cost.
17 gennaio 2000, nn. 11 e 10, cit., con nota di richiami). In ordine alla serie di conflitti che hanno visto in questi ultimi anni
contrapposti l'autorità giudiziaria e le camere in merito al campo di
applicazione dell'immunità per voti dati ed opinioni espresse di cui al
l'art. 68, 1° comma, Cost., v. Corte cost., ord. 17 gennaio 2000, n.
16, Foro it., 2000, I, 329, con nota di richiami.
Il Foro Italiano — 2000 — Parte 1-20.
rente, la deliberazione di insindacabilità adottata dalla came
ra dei deputati nella seduta del 22 ottobre 1997 (in motivazio
ne, la corte ha precisato che non è sufficiente, per la sussi
stenza del nesso funzionale tra la dichiarazione e l'attività
parlamentare, né la semplice comunanza di argomento, né
l'invocazione dell'esistenza di un «contesto politico» in cui
la dichiarazione si inserisca, in quanto siffatto tipo di collega menti non vale, di per sé, a conferire il carattere di attività
parlamentare a manifestazioni di pensiero oggettivamente estra
nee ad essa). (2)
I
Diritto. — 1. - Il conflitto di attribuzione tra poteri dello
Stato ha ad oggetto la deliberazione con la quale la camera
dei deputati, nella seduta del 25 giugno 1998, ha dichiarato che
i fatti per i quali era in corso innanzi al Tribunale di Bergamo, seconda sezione penale, il giudizio per diffamazione aggravata nei confronti del deputato Vittorio Sgarbi riguardano opinioni
espresse nell'esercizio delle funzioni parlamentari e, conseguen
temente, sarebbero insindacabili ai sensi dell'art. 68, 1° com
ma, Cost.
Il Tribunale di Bergamo sostiene che detta deliberazione vio
lerebbe la propria sfera di attribuzioni, costituzionalmente ga
rantita, in quanto la camera dei deputati non avrebbe corretta
mente esercitato il potere ad essa spettante, di dichiarare l'in
sindacabilità delle dichiarazioni rese dal deputato Sgarbi. A suo
avviso, la camera avrebbe arbitrariamente ritenuto insindacabili
le dichiarazioni, omettendo di considerare che esse costituireb
bero meri apprezzamenti personali e che non sarebbe «riscon
trabile alcuna connessione con atti tipici della funzione parla mentare» e neppure «un qualche intento divulgativo di una scelta
o di un'attività politico-parlamentare», come ha riconosciuto
la stessa giunta per le autorizzazioni a procedere, sottolineando
che esse erano «da riportare a intenti polemici del tutto avulsi
dalla funzione parlamentare, anche se latamente intesa». Il Tri
bunale di Bergamo chiede, quindi, che la corte annulli la delibe
razione di insindacabilità adottata dalla camera.
2. - In linea preliminare deve essere confermata l'ammissibili
tà del conflitto di attribuzione in esame, già dichiarata da que sta corte in sede di sommaria delibazione con l'ordinanza n.
130 del 1999.
Sotto il profilo dei requisiti soggettivi, devono infatti ritenersi
legittimati ad essere parti del presente conflitto sia il Tribunale
di Bergamo, in quanto organo giurisdizionale competente a di
chiarare definitivamente la volontà del potere cui appartiene, in posizione di piena indipendenza garantita dalla Costituzione,
sia la camera dei deputati, dato che essa è competente a dichia
rare in modo definitivo la volontà del potere che rappresenta
in ordine all'applicabilità ai suoi componenti dell'art. 68. 1°
comma, Cost, (tra le più recenti, sent. n. 417 del 1999, Foro
it., 2000, I, 333; n. 329 del 1999, id., 1999, I, 3115, e n. 289
del 1998, id., 1998, I, 2634). Sotto il profilo oggettivo, avendo
il tribunale denunciato la lesione della propria sfera di attribu
zioni costituzionalmente garantita, parimenti sussiste la materia
del conflitto (explurimis, sent. n. 11 del 2000, id., 2000, I, 331). La forma dell'ordinanza utilizzata dalla seconda sezione pe
nale del Tribunale di Bergamo non può, infine, di per sé sola,
comportare la irricevibilità del conflitto, in quanto l'atto, pos
sedendo nella specie tutti i requisiti stabiliti dagli art. 37 1. n.
87 del 1953 e 26 delle norme integrative per i giudizi davanti
alla corte, può considerarsi, per le ragioni indicate nelle decisio
ni n. 10 del 2000 (ibid., 332) e n. 11 del 2000, cit., di questa
corte, idoneo a conseguire lo scopo cui è preordinato e a con
sentire la valida instaurazione del contraddittorio.
3. - Nel merito il ricorso è fondato.
Il conflitto di attribuzioni in esame si incentra su alcune di
chiarazioni rese dal deputato Sgarbi nel corso di un programma
televisivo e per le quali è pendente il giudizio per il reato di
diffamazione aggravata. Secondo la giurisprudenza di questa corte ad essa spetta di
esaminare, come giudice dei conflitti, non certo il merito del
giudizio penale, ma piuttosto, trattandosi di un conflitto per
menomazione, se dal potere esercitato dalla camera di apparte
nenza in base all'art. 68, 1° comma, Cost, sia derivata o meno
la lamentata, illegittima interferenza nella sfera di attribuzione
dell'autorità giudiziaria ricorrente.
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1043 PARTE PRIMA 1044
In particolare, trattandosi, nella specie, di opinioni espresse al di fuori dell'ambito dei lavori parlamentari, va riscontrata
l'esistenza del nesso funzionale, che deve consistere non già in
una semplice forma di collegamento — di argomento o di con
testo — fra attività parlamentare e dichiarazioni, ma più preci samente nella «identificabilità della dichiarazione stessa quale
espressione di attività parlamentare» (sent. n. 10 del 2000, cit.). Pertanto la riproduzione all'esterno delle camere di dichiarazio
ni già espresse in un atto parlamentare è insindacabile «solo
ove sia riscontrabile corrispondenza sostanziale di contenuti con
l'atto parlamentare, non essendo sufficiente a questo riguardo una mera comunanza di tematiche» (sent. n. 11 del 2000, cit.).
In questo senso, nella vicenda in esame, si era mossa la giun ta per le autorizzazioni a procedere della camera dei deputati, la quale, nella seduta del 12 settembre 1996, aveva approvato la proposta di dichiarare che le opinioni del deputato Sgarbi non erano state espresse nell'esercizio delle proprie funzioni,
poiché «si era in presenza di affermazioni gravi da riportare a intenti polemici del tutto avulsi dalla funzione parlamentare anche se latamente intesa». Vero è però che tale proposta era
stata respinta dall'assemblea, nella seduta del 25 giugno 1998,
senza peraltro che risultasse un'esplicita argomentazione con
traria, se non quella di un componente, il quale appunto ritene
va apprezzabile che «un parlamentare possa esprimere un giudi zio e sottoporre all'attenzione dell'opinione pubblica il modo
in cui i magistrati giudicano altri magistrati; si tratta di una
presa di posizione che non può non essere ricondotta alla fun
zione di parlamentare». Da queste delibere emerge comunque in modo chiaro che le
dichiarazioni in questione, rese fuori delle camere, non riprodu cono il contenuto di nessuno specifico atto parlamentare, cosic
ché non sono identificabili come espressione di attività parla mentare del deputato Sgarbi. Manca dunque, ai fini del ricono
scimento dell'insindacabilità, il requisito del nesso funzionale
tra opinioni espresse dai parlamentare ed esercizio delle relative
funzioni; «requisito che, come più volte affermato da questa
corte, costituisce l'indefettibile presupposto di legittimità della
deliberazione parlamentare di insindacabilità» (sent. n. 329 del
1999, cit.). Per queste ragioni le opinioni espresse, nella fattispecie in
esame, dal deputato Sgarbi non possono ritenersi rese nell'eser
cizio delle funzioni parlamentari e quindi rispetto ad esse non
è applicabile l'immunità, ai sensi dell'art. 68, 1° comma, Cost.
La camera dei deputati, adottando la deliberazione in oggetto ha pertanto interferito, in modo illegittimo, nella sfera di attri
buzioni dell'autorità giudiziaria ricorrente e conseguentemente deve essere disposto l'annullamento della predetta deliberazione.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara che non
spetta alla camera dei deputati dichiarare l'insindacabilità, ai
sensi dell'art. 68, 1° comma, Cost., delle opinioni espresse dal
deputato Vittorio Sgarbi, in ordine alle quali è stato promosso davanti al Tribunale di Bergamo il giudizio penale indicato in
epigrafe; di conseguenza annulla la deliberazione adottata dalla
camera dei deputati nella seduta del 25 giugno 1998.
II
Diritto. — 1. - Il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Salerno ha promosso conflitto di attribuzione
fra poteri dello Stato nei confronti della camera dei deputati
che, ai sensi dell'art. 68, 1° comma, Cost., aveva affermato, il 22 ottobre 1997, l'insindacabilità di opinioni espresse dal de
putato Vittorio Sgarbi nel corso di una trasmissione televisiva,
oggetto di procedimento penale pendente innanzi ad esso.
Nell'ordinanza con la quale promuove il conflitto, il giudice sostiene che la delibera parlamentare sarebbe affetta da un vi
zio in procedendo, giacché la camera dei deputati ha seguito una procedura disciplinata da un decreto-legge, il n. 555 del
1996, decaduto per mancata conversione; tale deliberazione sa rebbe comunque priva del presupposto giustificativo, e cioè del
necessario collegamento delle opinioni espresse con la funzione
parlamentare (a quest'ultimo riguardo egli richiama una pro nuncia della Corte di cassazione, V sezione penale, 16 dicembre
1997, n. 11667). Costituitasi in giudizio, la camera ha replicato che la delibera
d'insindacabilità è legittima, dal momento che le opinioni mani
II Foro Italiano — 2000.
festate dal parlamentare rientrano nella funzione di controllo
del buon funzionamento degli apparati pubblici e vanno ricon
dotte al mandato politico garantito dall'art. 68, 1° comma, Cost.
2. - Deve essere innanzitutto dichiarata l'ammissibilità del con
flitto, benché promosso con ordinanza e non con ricorso. È
ben vero che nel conflitto di attribuzione fra poteri il giudice,
quale titolare della funzione giurisdizionale, si fa promotore del
giudizio, come parte ricorrente, per tutelare il proprio ambito
di attribuzioni. L'atto introduttivo è dunque atto del giudizio
costituzionale, ne assume i contenuti e le forme, e segue le sue
regole procedurali. Ma da ciò non deriva l'irricevibilità del pre sente conflitto perché promosso con ordinanza. Sussistono in
fatti, nella specie, i requisiti sostanziali di un valido ricorso, come definiti dall'art. 37 1. n. 87 del 1953 e dall'art. 26 delle
norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale,
essendo indicati con sufficiente chiarezza i motivi del ricorso,
l'atto da cui si afferma discendere la lesione delle attribuzioni
e il vizio che — ad avviso del giudice — inficierebbe la delibera
di insindacabilità. L'atto è pervenuto alla cancelleria di questa corte in forma che è assimilabile al deposito di cui al citato
art. 26 ed è stato, dopo l'ordinanza di ammissibilità, regolar mente notificato e depositato.
Si deve quindi passare al merito.
3. - Questa corte è chiamata ad accertare se le dichiarazioni
rese dal deputato Sgarbi nel corso della trasmissione televisiva
del 24 gennaio 1995, in precedenza citata, possano essere legitti mamente ricomprese nelle funzioni parlamentari, e se l'affer
mazione della prerogativa da parte delle camere rispetti il nesso
funzionale tra la dichiarazione e l'attività parlamentare richie
sto dall'art. 68, 1° comma. Spetta invece al giudice ordinario
il compito di verificare se tali esternazioni integrino gli estremi
del reato ascritto al deputato, o siano manifestazione del diritto
di critica politica anche nei confronti di atti e comportamenti dei titolari degli organi giudiziari.
È pacifico che costituiscono opinioni formulate nell'esercizio
della funzione quelle espresse nel corso dei lavori della camera
e dei suoi organi, in occasione dell'espletamento di una qualsia si funzione di cui la camera è titolare, o manifestate in atti, anche individuali, che siano estrinsecazione delle facoltà pro
prie di deputati e senatori. Nel normale svolgimento della vita
democratica, le opinioni che il parlamentare espone al di fuori
dell'ambito funzionale rappresentano esercizio della libertà di
espressione comune a tutti i consociati, alle quali non può quin di estendersi (senza snaturarla) la prerogativa introdotta dal
l'art. 68, 1° comma, Cost.
Non è infatti compatibile con l'impianto della nostra Carta
costituzionale un'accezione della funzione parlamentare che ri
comprenda l'attività politica svolta in qualsiasi sede e nella qua le sia irrilevante la qualità di membro delle camere. In proposi to va considerato che le funzioni conferite agli organi costitu
zionali non designano generiche finalità, ma poteri giuridicamente definiti; e questo vale altresì per la funzione parlamentare, che
ha natura generale. Ciò che la differenzia da altre funzioni co
stituzionalmente tutelate, ma a carattere specializzato (v. sent,
nn. 11 e 10 del 2000, Foro it., 2000, I, 331, e, nella giuris
prudenza risalente, sent. n. 375 del 1997, id., 1998, I, 342, e
n. 148 del 1983, id., 1983, I, 1800). Occorre dunque che la prerogativa trovi una sua delimitazio
ne funzionale: senza di essa, la prassi attuativa trasformerebbe
l'istituto in una sorta di privilegio personale, conferendo a de
putati e senatori uno statuto personale di favore circa l'ambito
e i limiti della libertà di manifestazione del pensiero. Con evi
dente distorsione del principio di eguaglianza e di pari opportu nità fra i cittadini nella dialettica politica.
4. - La semplice comunanza di argomento fra la dichiarazio
ne resa ai mezzi di comunicazione o in dibattiti pubblici e le
opinioni espresse in sede parlamentare non basta a estendere
alla prima l'insindacabilità che copre le seconde. Né si può in
vocare a tal fine l'esistenza di un «contesto» politico in cui la
dichiarazione si inserisca, giacché siffatto tipo di collegamenti non vale, di per sé, a conferire il carattere di attività parlamen tare a manifestazioni di pensiero oggettivamente estranee ad essa.
Deve esservi, dunque, un preciso nesso funzionale fra la di
chiarazione e l'attività parlamentare: nesso che può legittima mente essere affermato dalle camere anche quando le dichiara
zioni siano sostanzialmente riproduttive dell'opinione sostenuta
in sede parlamentare. La prerogativa costituzionale rileva, in
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
fatti, non soltanto per l'occasione specifica in cui l'opinione è espressa in ambito parlamentare, ma riguarda il contenuto storico di essa, pure quando ne sia realizzata la diffusione pub blica. Perché la pubblicità accompagna l'attività parlamentare,
necessariamente, assicurando il ruolo fondamentale delle came re nella libera dialettica politica.
L'insindacabilità si estende, quindi, a tutte le altre sedi, e
occasioni, in cui l'opinione sia riprodotta nel suo contenuto so stanziale (v. ancora sent. nn. 10 e 11 del 2000).
5. - Ciò premesso, si può analizzare la delibera di insindaca
bilità impugnata attraverso il presente conflitto di attribuzione.
L'esame della relazione della giunta per le autorizzazioni a
procedere della camera (XIII legislatura, doc. IV-ter, n. 38-A, del 12 febbraio 1997) e del successivo dibattito in assemblea
(22 ottobre 1997) dimostra che la delibera è stata adottata sulla base di un generico riferimento alla «azione politica» svolta dal
deputato Sgarbi, «dentro e fuori il parlamento», sui temi atti
nenti all'amministrazione della giustizia e alla tutela dei soggetti
sottoposti a carcerazione preventiva. E qui va osservato che non vi è alcun richiamo di atti tipici di funzione con riguardo alla
vicenda oggetto dell'esternazione in esame. Anzi, la relazione
riconosce che essa è stata resa extra moenia\ e il precedente rilievo sul «carattere divulgativo» è presente nella relazione del la giunta quale mero argomento di stile che non trova alcun
conforto nei dati di fatto offerti al vaglio della giunta e, poi, del plenum (v. il documento IV-ter, n. 38-A e il dibattito in
assemblea, entrambi citati). Anche le circostanze in cui ha avuto luogo la dichiarazione
dell'on. Sgarbi confermano la sua estraneità all'ambito funzio
nale: si tratta di valutazioni compiute quale «opinionista» nel
corso di una trasmissione televisiva, senza alcuna specifica con
nessione con dibattiti parlamentari, interrogazioni, inchieste, di
scussioni di progetti di legge; né si può far richiamo, per sorreg
gere la delibera d'insindacabilità, ad altri interventi del parla mentare sui temi della giustizia e su diverse vicende individuali.
Del resto, non risulta nemmeno che abbia fatto uso della facol
tà contemplata dall'art. 67 1. 26 luglio 1975 n. 354, sull'ordina
mento penitenziario, di visitare gli istituti penitenziari per accer
tare in concreto le condizioni di detenzione, al fine di esercitare
eventualmente, nelle forme appropriate, il sindacato ispettivo che la Costituzione gli riconosce.
Mancando palesemente il nesso funzionale richiesto dall'art.
68, 1° comma, Cost., la delibera della camera dei deputati del
22 ottobre 1997 risulta illegittima e deve essere annullata per invasione dell'ambito di attribuzioni costituzionalmente garan tito all'autorità giudiziaria.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara che non
spetta alla camera dei deputati statuire che i fatti per i quali è in corso presso il Tribunale di Salerno il procedimento penale a carico del deputato Vittorio Sgarbi per il delitto previsto e
punito dagli art. 595 c.p., 13 1. 8 febbraio 1948 n. 47, e 30, 4° comma, 1. 6 agosto 1990 n. 223, concernono opinioni espres se nell'esercizio delle funzioni, ai sensi dell'art. 68, 1° comma, Cost.; di conseguenza annulla la deliberazione in tal senso adot
tata dalla camera dei deputati il 22 ottobre 1997.
Il Foro Italiano — 2000.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 15 febbraio 2000, n. 53 (Gazzetta ufficiale, 1a serie speciale, 23 febbraio 2000, n.
9); Pres. Vassalli, Est. Contri; Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato Palmieri) c. Regione Umbria (Avv. Pedetta).
Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Umbria —
Caccia — Calendario venatorio per la stagione 1998-1999 —
Variazione — Parere contrario dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica — Approvazione con legge regionale —
Leg ge a termine — Cessata materia del contendere (Cost., art.
117; 1. 11 febbraio 1992 n. 157, norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio, art.
18; 1. reg. Umbria 17 maggio 1994 n. 14, norme per la prote zione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo vena
torio, art. 32).
Va dichiarata la cessata materia del contendere in ordine alla
questione di legittimità costituzionale della delibera legislativa della regione Umbria riapprovata il 6 luglio 1998, la quale prevedeva, per dieci specie di fauna selvatica, l'anticipazione dell'apertura della caccia per la stagione venatoria 1998-1999, nonostante il parere negativo espresso dall'Istituto nazionale
per la fauna selvatica (in motivazione, la corte ha rilevato come nella specie era impugnata una normativa derogatoria a termine, la quale, essendo riferita alla sola stagione 1998-1999, aveva perduto definitivamente ogni effetto al 31
gennaio 1999). (1)
Fatto. — 1. - Con ricorso regolarmente notificato e deposita to, il presidente del consiglio dei ministri solleva in via principa le — in riferimento agli art. 117 Cost, e 18 1. 11 febbraio 1992
(1) La Corte costituzionale non affronta nel merito la questione, in centrata sul carattere vincolante o meno del richiesto parere dell'Istitu to nazionale per la fauna selvatica per la variazione del calendario ve natorio approvato dalla regione, ma rileva come la normativa impugna ta ha ormai perduto ogni possibilità di trovare applicazione, trattandosi di una disciplina a termine scaduta il 31 gennaio 1999. Per precedenti dichiarazioni di cessata materia del contendere, in considerazione della natura di legge a termine della disciplina impugnata, v. Corte cost. 17 febbraio 1987, nn. 46 e 45, Foro it., Rep. 1987, voci Valle d'Aosta, n. 3 e Regione, n. 231; 28 febbraio 1983, n. 37, id., 1983, I, 1791, con nota di richiami e osservazioni di Volpe, commentata da Bartole, in Regioni, 1983, 740.
Per l'affermazione secondo cui l'omissione di un parere obbligatorio, quale quello dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica previsto dal l'art. 18 1. 157/92, rende invalido, siccome violazione delle regole del
procedimento e violazione di legge, l'atto amministrativo con cui la
regione modifica il calendario generale di caccia, che pertanto va disap plicato incidentalmente nel procedimento penale, v. Cass. 12 dicembre 1998, Zito, Ced Cass., rv. 212601.
Per altre questioni di costituzionalità relative alla disciplina regionale sulla caccia in cui è venuto in considerazione il necessario parere dell'I stituto nazionale per la fauna selvatica, v. Corte cost., ord. 9 luglio 1998, n. 264, Foro it., 1999, I, 392, con nota di richiami, circa la ge stione in concessione degli impianti per la cattura degli uccelli da utiliz zare come richiami vivi; 16 giugno 1995, n. 248, id., 1996, I, 45, con nota di richiami, che ha ritenuto infondata la questione di costituziona lità della delibera legislativa riapprovata dalla regione Toscana il 20 settembre 1994, nella parte in cui procede all'individuazione di aree del suo patrimonio agricolo-forestale da sottrarre al divieto di caccia, acquisito il parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica; 13 feb braio 1995, n. 35, id., 1997, I, 348, con nota di richiami, che ha dichia rato l'incostituzionalità dell'art. 9, 1° comma, lett. a), 1. reg. Lazio
riapprovata il 4 maggio 1994, nella parte in cui consentiva la cattura di animali per scopi scientifici senza il parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica.
Nel senso che l'art. 18, 3° comma, 1. 157/92, il quale assoggetta il
provvedimento di variazione degli elenchi delle specie cacciabili alla pro posta del ministro dell'agricoltura e delle foreste, d'intesa con il mini stro per l'ambiente, sentito l'Istituto nazionale per la fauna selvatica, esclude la permanenza di una competenza esclusiva in materia del mini stro per l'ambiente fondata sull'art. 1 1. 8 luglio 1986 n. 349, istitutiva del ministero per l'ambiente, v. Tar Lombardia, sez. Brescia, ord. 27 novembre 1992, n. 793, id., Rep. 1993, voce Caccia, n. 15.
In ordine alla disciplina regionale dei periodi venatori e dei limiti alla possibilità di variazione degli stessi, v. Corte cost. 14 maggio 1999, nn. 169 e 168, id., 1999, I, 2450, con nota di richiami e osservazioni di Romboli, a proposito delle modalità di esercizio delle deroghe alle misure di protezione disposte per la conservazione degli uccelli selvatici; 17 luglio 1998, n. 277, ibid., 436, con nota di richiami.
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