Sentenza 16 luglio 1968, n. 105; Pres. Sandulli P., Rel. De Marco; Pres. Cons. ministri (Avv.dello Stato Tracanna) c. Pres. Regione siciliana (Avv. G. Guarino)Source: Il Foro Italiano, Vol. 91, No. 10 (OTTOBRE 1968), pp. 2371/2372-2377/2378Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23157397 .
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2371 PARTE PRIMA 2372
Il problema è infatti, sostanzialmente, unico: cioè se siano o meno conciliabili, sotto il riguardo della legittimità costituzio
nale, le norme che pongono a carico dei genitori, sotto com minatoria di sanzioni, prestazioni relative all'adempimento del
l'obbligo scolastico, talvolta eccessivamente onerose o impos sibili ad essere sopportate da tutti i genitori in egual modo e
misura, mentre l'istruzione inferiore, nella sua fase obbliga toria, dovrebbe essere gratuita, intendendosi la gratuità del
l'art. 34 della Costituzione, in senso ampio, comprensivo anche
di tutti i mezzi sussidiari (libri, mezzi di trasporto). La corte osserva che i motivi addotti nella precedente sen
tenza per dimostrare l'infondatezza della questione riguardante
gli art. 4 e 9 della legge n. 1859 del 1962 conservano uguale validità per dimostrare anche l'infondatezza della questione ri
guardante l'art. 8.
I limiti interpretativi ivi assegnati al concetto di gratuità della scuola dell'obbligo, ineriscono al sistema, quale espresso dalla Costituzione e quale recepito, con richiamo formalmente
espresso, dalla legge predetta (vedi art. 1 costituente premessa dell'ordinamento).
Una volta stabilito (come è stato stabilito) che non è ine
rente essenzialmente al concetto di gratuità della scuola anche la fornitura obbligatoria da parte dello Stato dei mezzi di tra
sporto ad uso degli scolari, vengono meno i dubbi di costituzio nalità sollevati dal Pretore di Larino in relazione alla perma nenza dell'obbligo da parte dei genitori, pur senza la corri
spondente prestazione statuale del trasporto, asserita come ob
bligatoria. D'altra parte, nel contesto della motivazione della prece
dente sentenza la corte ha già considerato i limiti della obbli
gatorietà dell'adempimento del dovere di istruzione da parte dei genitori in relazione proprio all'art. 8 della legge ed alla comminata sanzione penale, osservando che l'ipotesi contrav venzionale di cui all'art. 731 cod. pen. viene a perdere carat
tere di illiceità in presenza di « giusti motivi » discriminanti: il che vale ad escludere che detto dovere debba intendersi come
incondizionato comando, insuscettibile di una valutazione che consenta invece di tener conto della eventuale inattuabilità del
l'adempimento. A parte ciò, considerata la questione, in via di principio e
con riferimento all'art. 34 della Costituzione, ed alla interpre tazione già datane, la corte ritiene di non potere che unifor mare l'attuale decisione alla precedente.
La connessione tra l'obbligatorietà e gratuità dell'istruzione
va intesa con razionale valutazione dei due termini del bi
nomio, che esclude ogni subordinazione del principio di obbli
gatorietà ad un concetto soverchiamente estensivo della gra tuità.
L'art. 8 della legge impugnata appare perciò immune dai denunciati vizi.
Rimane l'esigenza, già rilevata dalla corte nella precedente sentenza, che siano, sempre più e meglio, resi effettivi quegli strumenti, previsti espressamente dall'art. 9 della legge impu gnata, atti ad agevolare, in ogni direzione, l'adempimento del
l'obbligo scolastico. Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non
fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8 della legge 31 dicembre 1962 n. 1859, concernente «istituzione e ordinamento della scuola media statale » in relazione agli art. 3 e 34, 2° comma, della Costituzione.
CORTE COSTITUZIONALE
Sentenza 16 luglio 1968, n. 105; Pres. Sandulli P., Rei. De
Marco; Pres. Cons, ministri (Avv. dello Stato Tracanna) c. Pres. Regione siciliana (Avv. G. Guarino).
(Conflitto di attribuzione)
Sicilia — Ente per la riforma agraria in Sicilia — Regolamenti
organici adottati senza il preventivo concerto con lo Stato — Illegittimità (D. 1. 5 agosto 1947 n. 778, aggiornamento
del trattamento economico dei dipendenti delle amministra
zioni statali, degli enti locali ed, in genere, degli enti di
diritto pubblico, art. 11; legge reg. sic. 12 maggio 1959
n. 21, riordinamento dell'Ente per la riforma agraria in Si
cilia, art. 9; legge reg. sic. 10 agosto 1965 n. 21, trasforma
zione dell'E.r.a.s. in Ente di sviluppo agricolo).
Poiché trattasi di ente, che, sebbene divenuto pararegionale, ha continuato ad essere, effettivamente e per la massima
parte, finanziato dallo Stato (nel solo esercizio, nel corso
del quale è stata adottata la deliberazione, di cui è ricorso, ha ottenuto assegnazioni per l'ammontare di 9 miliardi e
958 milioni, riscuotendone per l'importo di 5 miliardi e 562
milioni), spetta allo Stato, e precisamente al ministro del te
soro, partecipare, attraverso il concerto previsto dall'art. 11
del decreto legisl. 5 agosto 1947 n. 778, alla emanazione dei
provvedimenti di approvazione, da parte della Regione si
ciliana, delle deliberazioni dell'E.r.a.s. concernenti deter
minazioni in materia di trattamento economico di quiescenza del personale. (1)
Di conseguenza, deve annullarsi l'atto dell'assessore regionale
per l'agricoltura e le foreste in data 1" ottobre 1962, n.
10254, col quale è stata approvata la deliberazione del
l'E.r.a.s. in data 6 luglio 1962, n. 1054. (2)
La Corte, ecc. — Fatto. — Con deliberazione in data 6
luglio 1962, n. 1054, approvata il successivo 1° ottobre dall'as
sessore regionale dell'agricoltura, il consiglio di amministra
zione dell'E.r.a.s., ora Ente di sviluppo agricolo per la Sicilia, adottava talune norme e criteri per il miglioramento del trat
tamento di quiescenza dovuto al personale dipendente, al di
chiarato intento di dare applicazione, nelle more dell'approva zione del regolamento organico da parte degli organi di con
trollo, agli art. 16 e 17 del regolamento stesso.
Su ricorso di un dipendente dell'E.r.a.s. che chiedeva l'ap
plicazione di tali norme più favorevoli, avendo l'Avvocatura
dello Stato eccepito che la deliberazione 6 luglio 1962 doveva
ritenersi inefficace, perché adottata senza il preventivo con
certo con lo Stato (ministro per il tesoro) prescritto dall'art.
11 del decreto legisl. 5 agosto 1947 n. 778, il Consiglio di giu stizia amministrativa della Regione siciliana, con decisione 29
aprile-19 ottobre 1967, n. 382 (Foro it., 1968, III, 229), rile
vava che la denunziata violazione del citato art. 11 avrebbe
potuto porre in essere non un vizio di legittimità, deducibile
in sede di giurisdizione amministrativa, ma un vizio di legit timità costituzionale che avrebbe potuto dar luogo ad un con
<1-2) Con ordinanza 20 giugno 1968, n. 71, la corte aveva
sospeso, in applicazione dell'art. 40 legge 11 marzo 1953 n. 87 e dell'art. 28 norme integrative, il provvedimento ora annullato. Con altra ordinanza 2 luglio 1968, n. 82, ha altresì sospeso le deliberazioni dell'E.s.a. {già E.r.a.s.) 9 agosto 1967, n. 919 e 10 agosto 1967, n. 920, rispettivamente di approvazione del rego lamento organico per il personale impiegatizio e per il personale operaio, nonché 'la deliberazione 3 aprile 1968, n. 141, con la
quale l'ente ha ritenuto di prendere atto della esecutività dei re
golamenti organici anche in mancanza dell'approvazione da parte dell'assessore regionale dell'agricoltura e delle foreste, impugnate col separato ricorso (non ancora deciso) di cui è parola nella
presente sentenza. Precedentemente, con la sentenza 9 giugno 1961, n. 32
(Foro it., 1961, I, 1055, con nota di richiami) la corte aveva dichiarato incostituzionali alcuni articoli della legge reg. 12 maggio 1959 n. 21, relativa all'E.r.a.s., mentre con la sentenza 19 aprile 1962, n. 35, id., 1962, I, 1055, con nota di richiami, aveva respinto un ricorso per conflitto di attribuzioni proposto dalla Regione, affermando la legittimità dell'assoggettamento della gestione finan ziaria dell'ente al controllo della Corte dei conti.
Nella sentenza riportata è da segnalare, tra l'altro, l'afferma zione secondo la quale la conoscenza dell'atto da parte di organi come la Corte dei conti o l'Avvocatura dello Stato, pur organi camente inquadrati nella Presidenza del Consiglio dei ministri, non significa conoscenza dell'atto da parte di quest'ultima ai fini della tempestività del ricorso.
La decisione 19 ottobre 1967, n. 382, del Consiglio di giustizia amministrativa della Regione siciliana, richiamata nel «fatto » della presente, leggesi in questo volume, III, 229, con nota di richiami.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
flitto di attribuzioni di competenza di questa corte e, poiché tale conflitto non risultava sollevato, dichiarava esecutiva la
deliberazione suddetta.
Venuto a conoscenza di questa decisione, il magistrato della Corte dei conti delegato presso l'E.s.a. con funzioni di con
trollo, con nota 29 novembre 1967, n. 1278, ne dava notizia
alla Presidenza del Consiglio dei ministri, ai fini di un even tuale ricorso per regolamento di competenza.
Infatti, con ricorso notificato il 29 gennaio 1968 e deposi tato il 17 febbraio successivo, il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, ha sollevato il conflitto di attribuzioni, chiedendo a
questa corte di dichiarare, in relazione alla deliberazione 6
luglio 1962, n. 1054 dell'E.r.a.s., approvata dall'assessorato
agricoltura e foreste della Regione siciliana il 1° ottobre suc
cessivo, che l'approvazione spetta, bensì a tale assessorato, ma previo accordo od intesa con l'organo dello Stato (ministero del tesoro) e, in conseguenza, di annullare l'approvazione ac
cordata dal solo assessore.
A sostegno del gravame, premesso che deve ritenersi tem
pestivo, in quanto solo attraverso la lettera del magistrato della
Corte dei conti, la Presidenza del Consiglio ha avuto notizia
dell'atto impugnato, si deduce quanto segue:
a) L'E.r.a.s. (ora Ente di sviluppo agricolo) è ente al quale 10 Stato contribuisce in via ordinaria, come tale, sottoposto al controllo della Corte dei conti e, di conseguenza, doveva, come deve, considerarsi soggetto alla particolare tutela isti
tuita dal decreto legisl. n. 778 del 5 agosto 1947, che con l'art.
11 dispose che i regolamenti organici, concernenti la disci
plina economica e giuridica degli enti, al cui mantenimento lo
Stato concorra con contributi a carattere continuativo, sono
soggetti all'approvazione del ministero competente di concerto
con quello del tesoro.
b) È vero che col decreto legislativo 7 maggio 1948 n.
789, in attuazione dello Statuto speciale, le attribuzioni del
ministero dell'agricoltura e delle foreste, nel territorio della
Regione siciliana, sono state trasferite all'amministrazione re
gionale, ma è vero, altresì', che non sono state trasferite anche
le attribuzioni del ministero del tesoro.
In conseguenza, poiché è chiaro che non potevano essere
trasferiti alla Regione poteri maggiori di quelli attribuiti al
ministero dell'agricoltura e foreste, il limite del « concerto »
col ministero del tesoro sussiste anche per la Regione. (Omissis) Diritto. — 1. - Debbono, anzitutto, essere esaminate le
pregiudiziali, sollevate dal patrocinio della Regione siciliana:
a) In ordine a quella di tardività del ricorso, si osserva
che, se è vero che il provvedimento, in riferimento al quale è stato sollevato il conflitto di attribuzioni, risale al 1962, è
vero altresì che, non trattandosi di atto soggetto a notificazione
o a pubblicazione, il termine per l'impugnazione decorre dal
giorno in cui si dimostri che l'ufficio legittimato a proporla, nella specie la Presidenza del Consiglio dei ministri, ne abbia
avuto conoscenza.
Dagli atti, non risulta in alcun modo che questa conoscen
za ci sia stata, prima che il magistrato della Corte dei conti,
delegato presso l'E.s.a. con funzioni di controllo, con nota
29 novembre 1967, n. 1278, desse notizia alla Presidenza del
Consiglio dei ministri della decisione del Consiglio di giustizia amministrativa della Regione siciliana 29 aprile -19 ottobre
1967, n. 382, con la quale si rilevava la possibilità del con
flitto di attribuzione, sollevato, poi, col ricorso in esame.
Ma il patrocinio della Regione sostiene che tale conoscenza
debba ritenersi verificata, attraverso quella che, indubbiamente, hanno avuto, rispettivamente, fin da quando la deliberazione
de qua venne adottata e fin da quando venne impugnata in sede
giurisdizionale amministrativa, il magistrato della Corte dei
conti delegato presso l'E.s.a. con funzioni di controllo e l'av
vocato dello Stato, che difese l'E.r.a.s. davanti al Consiglio di
giustizia amministrativa della Regione siciliana.
Infatti, secondo il patrocinio della Regione, poiché tanto
la Corte dei conti quanto l'Avvocatura dello Stato sono orga nicamente inquadrate nella Presidenza del Consiglio dei mini
stri e tenute a riferire alla medesima, la conoscenza dell'atto
impugnabile da parte di appartenenti a quegli organi, per ra
gioni delle loro attribuzioni, implica necessariamente cono
scenza da parte della Presidenza del Consiglio, essendo evi
dente che non può pretendersi la conoscenza personale da
parte del Presidente del Consiglio. Ritiene però la corte, sulla base della posizione e delle
funzioni dei due anzidetti organi, nessuno dei quali può con
siderarsi incorporato nella Presidenza del Consiglio dei ministri, che solo con la comunicazione agli uffici propri della Presi
denza del Consiglio, si sia verificata, per quest'ultima, la co
noscenza idonea a far decorrere il termine per l'impugnativa; e tale comunicazione ebbe luogo soltanto con la citata lettera
del 29 novembre 1967.
In conseguenza, questa prima pregiudiziale deve ricono
scersi infondata.
b) La pregiudiziale relativa all'ammissibilità per difetto di
giurisdizione, sollevata nella memoria depositata il 7 giugno 1968 sul semplice presupposto che si fosse impugnata autono
mamente, per conflitto di attribuzioni, la deliberazione del
l'E.r.a.s. 6 luglio 1962, n. 1054 poi approvata dalla Regione, è
stata in udienza ampliata e modificata. Ha osservato la difesa
regionale che l'approvazione, essendo intervenuta quando la
deliberazione era divenuta esecutiva per decorrenza del ter mine di cui all'art. 9 della legge regionale 12 maggio 1959 n. 21, dovrebbe ritenersi giuridicamente inesistente; cosicché sol
tanto la deliberazione suddetta sarebbe in condizioni di co
stituire oggetto della proposta impugnativa. Invece, secondo
le norme costituzionali, questa corte ha competenza limitata
ai conflitti di attribuzioni tra Stato e Regioni (o fra Regioni); onde lo Stato non potrebbe avvalersi di tale mezzo nei con
fronti di un atto amministrativo, posto in essere da un ente,
quale l'E.r.a.s., diverso dalla Regione. Ma la pregiudiziale è sotto ogni aspetto infondata.
Anzitutto, in linea di fatto, come si rileva dal ricorso, l'im
pugnativa è diretta ad ottenere la dichiarazione che « l'appro vazione spetta, in base alle norme ed ai principi costituzionali, all'assessore regionale dell'agricoltura previo accordo od inte
sa con l'organo dello Stato (ministero del tesoro) ».
Deve, poi, rilevarsi che né l'art. 6 né l'art. 9 della legge re
gionale 12 maggio 1959 n. 21, prevedono che le deliberazioni
del consiglio di amministrazione dell'E.r.a.s. soggette all'ap
provazione dell'assessore per l'agricoltura possano divenire
esecutive per decorrenza di termini: l'ultimo comma dell'art.
6, infatti, dispone: « L'approvazione è accordata o negata en
tro venti giorni dalla ricezione della deliberazione » e l'ultimo
comma dell'art. 9 dispone: « Entro i successivi trenta giorni l'assessore provvede in via definitiva ».
Dunque, cosi per l'approvazione come per il diniego della
medesima, è sempre richiesta una pronunzia espressa dell'as
sessore, cosicché l'inutile decorrenza dei termini, come sopra
stabiliti, anche se dovessero ritenersi perentori e non sempli cemente ordinatori, potrebbe tutt'al più determinare la cadu
cazione e non l'esecutività della deliberazione soggetta al con
trollo assessoriale.
Non occorre dunque soffermarsi sul problema se attraverso
un conflitto di attribuzione si possano denunciare a questa corte, oltre agli atti propri di una Regione, anche quelli di enti strumentali della Regione, tra i quali, come tra breve si dirà, rientra l'E.r.a.s.
c) Secondo il patrocinio della Regione, il ricorso sarebbe
inammissibile per carenza di un interesse attuale. Ciò perché la deliberazione n. 1054 del 1962 avrebbe perduto ogni effi
cacia autonoma, per effetto della legge regionale 10 agosto 1965 n. 21, la quale disciplina la trasformazione dell'E.r.a.s. in
E.s.a.
Con l'art. 28 di tale legge si dispone, infatti, che il perso nale, già dipendente dall'E.r.a.s., comunque mantenuto in ser
vizio dall'E.s.a., «conserva lo stato giuridico conseguito al 31
dicembre 1964 ed il trattamento economico vigente all'en
trata in vigore della legge».
Sempre secondo il patrocinio della Regione « tale norma ha
assunto come proprio contenuto tutti i provvedimenti, con cui
in precedenza era stato disciplinato lo stato giuridico ed eco
nomico del personale, con un rinvio che ha efficacia integral mente novativa, onde non è più consentito discutere della le
gittimità di tali provvedimenti, in quanto il loro contenuto è
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2375 PARTE PRIMA 2376.
assunto dalla nuova norma come semplice fatto, indipendente mente dalla loro qualificazione giuridica ».
Senonché è assai facile obiettare che il citato art. 28 (il
quale riproduce alla lettera le disposizioni dell'art. 8 della legge statale 14 luglio 1965 n. 901, di « Delega al Governo per l'or
ganizzazione degli enti di sviluppo e norme relative alla loro
attività ») manifestamente non ha altro contenuto e significato che quello di rispettare i diritti « quesiti » del personale, di
provenienza E.r.a.s., mantenuto in servizio dall'E.s.a.
Orbene, è noto che possono essere rispettati soltanto i
diritti legittimamente quesiti. Né può essere presa in considerazione la pretesa disparità
di trattamento che, secondo il patrocinio della Regione, derive
rebbe da un eventuale annullamento della ripetuta delibera
zione n. 1054 del 1962. Ammesso, infatti, che qualcuno possa beneficiare di un atto illegittimo, non è questo un motivo va
lido per estendere l'illegittimità ad altri, onde evitare quella
disparità. D'altra parte è già stato proposto altro ricorso per con
flitto di attribuzione in ordine alle deliberazioni dell'E.s.a. 9
agosto 1967, n. 919, e 10 agosto 1967, n. 920, rispettivamente di
approvazione del regolamento organico per il personale im
piegatizio (che avrebbe recepito il contenuto della delibera
zione n. 1054 del 1962) e per il personale operaio, della deli
berazione 3 aprile 1968, n. 141, con la quale l'ente ha ritenuto
di prendere atto dell'esecutività dei regolamenti organici, an
che in mancanza dell'approvazione da parte dell'assessorato
dell'agricoltura, nonché del comportamento dell'assessorato, in
ordine all'approvazione delle deliberazioni anzidette; cosicché
non può affermarsi con sicurezza, come fa il patrocinio della
Regione, che attraverso tale regolamento il personale dell'E.s.a., che cesserà dal servizio dopo l'emanazione di esso, potrà go dere del trattamento già preveduto dalla deliberazione n. 1054
del 1962.
2. - Dimostrata la infondatezza delle pregiudiziali sollevate
dal patrocinio della Regione, passando all'esame del merito si
rileva.
Come si è esposto in narrativa, la questione prospettata a
questa corte col ricorso è quella di accertare se per la vali
dità delle deliberazioni del consiglio di amministrazione del
l'E.r.a.s. concernenti regolamenti organici del personale, sia
sufficiente l'approvazione dell'assessore per l'agricoltura e fo
reste o sia anche necessario il previo concerto con il ministero
del tesoro, preveduto dall'art. 11 del decreto legisl. 5 agosto 1947 n. 778, omettendosi il quale debba ritenersi invasa la
sfera di competenza dello Stato, in violazione degli art. 14 e
20 dello Statuto speciale per la Regione siciliana, nonché delle
relative norme di attuazione, approvate col decreto legisl. 7
maggio 1948 n. 789, il tutto con riferimento alla deliberazione
del consiglio di amministrazione dell'E.r.a.s. 6 luglio 1962, n.
1054, approvata dall'assessorato regionale dell'agricoltura e
foreste, con atto 1° ottobre 1962, n. 10254.
Ai sensi degli art. 10 e 11 del decreto legislativo n. 778 del
1947, i regolamenti organici concernenti la determinazione della
consistenza numerica e la disciplina giuridica ed economica dei
personali degli enti parastatali ed in genere di tutti gli enti ed
istituti di diritto pubblico, anche con ordinamento autonomo
sottoposti a vigilanza o a tutela dello Stato o al cui manteni
mento lo Stato concorra con contributi a carattere continuati
vo, devono essere approvati mediante provvedimenti da ema nare dal ministero competente di concerto col ministro del
tesoro.
Per dimostrare che queste norme non sono applicabili nel
caso che ha dato origine al presente giudizio, il patrocinio del
l'E.r.a.s., oggi E.s.a., oppone: a) la deliberazione 6 luglio 1962, n. 1054 non ha carat
tere di regolamento organico; b) l'art. 11 del decreto legisl. n. 778 del 1947 non è ap
plicabile all'E.r.a.s. (e tanto meno all'E.s.a.) perché si tratta
di enti che hanno una propria autonomia finanziaria ed al
mantenimento dei quali lo Stato è completamente estraneo;
c) comunque, la Regione, facendo uso della sua potestà di legislazione esclusiva in materia di agricoltura e foreste, ha
disciplinato compiutamente, con la legge 12 maggio 1959 n.
21, la struttura ed il funzionamento dell'E.r.a.s.
In tale legge non è preveduto alcun intervento del mini
stero del tesoro nell'approvazione delle deliberazioni dell'ente, e poiché tale intervento è preveduto da una legge statale or
dinaria e non costituzionale, che, quindi, ben poteva, come può, essere abrogata dalla Regione nell'esercizio della sua potestà di legislazione esclusiva, può ritenersi che, in forza della nor
mativa regionale, l'art. 11 del decreto legisl. n. 778 del 1947
sia stato, per quanto attiene alla materia dell'agricoltura e fo
reste, abrogato. 3. - Chiariti, cosi, i vari aspetti sotto i quali la questione
viene prospettata è facile rilevare quanto segue: a) Che la deliberazione 6 luglio 1962, n. 1054 non abbia
carattere di regolamento organico, sia pure parziale, non può assolutamente affermarsi.
Anzitutto, come premessa di tale deliberazione, vi è il
dichiarato intendimento di anticipare, per quanto attiene al
trattamento di quiescenza, l'applicazione del regolamento or
ganico del personale, allora in corso di approvazione da parte
degli organi di controllo, del quale regolamento, infatti, sono
recepiti gli art. 16 e 17.
Ma, a parte tale rilievo, che pure dimostra quale fosse la
volontà dell'amministrazione, è il contenuto obiettivo della de
liberazione che chiaramente ne denunzia il carattere.
Ben lungi dal provvedere in modo particolare e specifico su
questioni singole e concrete, con i due articoli, adottati da
quella deliberazione, sono, invero, disciplinati in modo gene rale ed astratto, da un lato, i termini, le condizioni ed i modi
del preavviso di licenziamento, la facoltà di corresponsione dell'indennità sostitutiva, nonché i criteri di determinazione
della medesima, dall'altro lato, i casi in cui sia dovuta l'in
dennità di licenziamento e l'ammontare della medesima. Si
tratta cioè di materia tipica dei regolamenti attinenti al tratta
mento del personale.
b) Con la legge 2 gennaio 1940 n. 1 e con il r. decreto 26
febbraio 1940 n. 247, fu costituito l'Ente per la colonizzazione
del latifondo siciliano sottoposto alla tutela e vigilanza del mi
nistero dell'agricoltura. Tale ente aveva chiaramente i carat
teri dell'ente di diritto pubblico parastatale. Entrato in vigore lo Statuto speciale per la Regione sici
liana e trasferite alla Regione, in forza delle norme di attua
zione approvate con decreto legisl. 7 maggio 1948 n. 789, le
attribuzioni del ministero dell'agricoltura e foreste, la Regione
stessa, facendo uso della potestà di legislazione esclusiva in
materia di agricoltura e foreste di cui all'art. 14, lett. a, dello
Statuto speciale, con la legge 27 dicembre 1950 n. 104, disci
plinò la riforma agraria in Sicilia.
Con l'art. 2 di tale legge, che contempla gli organi di at
tuazione della riforma, e precisamente con il 2° comma si di
spone: « Nei casi espressamente previsti, l'assessorato (del
l'agricoltura e foreste) si avvale dell'Ente di colonizzazione del
latifondo siciliano, che assume la denominazione di Ente per la riforma agraria in Sicilia (E.r.a.s.) ». L'ente diventò cosi
un ente strumentale della Regione, e cioè un ente pararegio nale.
A sua volta l'art. 48 della stessa legge, sotto il titolo: « Spe se per l'attuazione della riforma » dispone: « Alle spese occor
renti per l'esecuzione della presente legge si prowederà con
i fondi, che saranno destinati alla Regione siciliana in dipen denza della legge 10 agosto 1950 n. 646, e degli stanziamenti
comunque disposti dallo Stato, per l'attuazione della riforma
agraria, anche in riferimento alle leggi concernenti l'agricol tura che prevedono contributi, concorsi e sussidi ». Nonostante
la trasformazione in ente pararegionale l'E.r.a.s. continuò dun
que ad essere finanziato dallo Stato, almeno per quanto attiene
alla sua funzione di organo di attuazione della riforma fon
diaria.
Di ciò si ha la prova tanto nei bilanci di previsione del ministero dell'agricoltura e foreste, che dal 1950 a tutt'oggi
contemplano tutti, in apposito capitolo, le somme da corrispon dere agli enti di colonizzazione e di trasformazione fondiaria, tra gli altri, preveduti dalla legge regionale siciliana n. 104 del
1950, quanto, più specificamente, dalla relazione della Corte dei
conti al Parlamento. Nella parte di quest'ultima che riguarda l'E.r.a.s. (esercizi 1961-62, 1962-63 e 1963-64 - voi. 7°), si legge infatti (pag. 7, parte seconda, par. 2): « I mezzi di cui l'Ente
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
per la riforma agraria in Sicilia ha potuto disporre per lo svol
gimento dell'attività di riforma, sono rappresentati, in massima
parte, da assegnazioni statali ». Più specificamente nell'esercizio 1962-63 —- che è quello nel corso del quale è stata adottata la
deliberazione che al presente ricorso ha dato origine ■—
l'E.r.a.s. ha ottenuto assegnazioni statali per l'importo di 9
miliardi e 958 milioni, e ne riscosse per l'importo di 5 miliardi
e 562 milioni (v. il prospetto a pag. 8, voi. cit., dell'anzidetta
relazione). Ciò è tanto più significativo, in quanto conferma che « gli
ulteriori ed eventuali apporti dello Stato » preveduti come
fonti di finanziamento dell'ente dall'art. 14 della legge regio nale 12 maggio 1959 n. 21, non costituiscono una ipotesi
astratta, bensì una realtà concreta.
Dalla sua costituzione fino alla trasformazione in E.s.a.
{legge regionale 10 agosto 1965 n. 21), l'E.r.a.s. ha dunque ot
tenuto continuativamente contributi statali. Ad esso deve perciò essere applicato l'art. 11 del decreto legisl. n. 778 del 1947.
Né il trasferimento alla Regione, in sede di norme di at
tuazione dello Statuto regionale, delle attribuzioni del mini
stero dell'agricoltura e foreste può condurre a diverso avviso,
perché non potevano trasferirsi e non furono trasferiti poteri
maggiori di quelli che rientravano nelle attribuzioni del mini
stero dell'agricoltura. Nella materia in esame quel ministero
doveva agire invece di concerto col ministero del tesoro; e le
attribuzioni di questo ultimo ministero non sono state tra
sferite alla Regione. D'altra parte, il fatto che la legge regionale 12 maggio 1959
n. 21, agli art. 6 e 9, contempla, per la deliberazione del con
siglio di amministrazione dell'E.r.a.s., soltanto l'approvazione dell'assessorato dell'agricoltura e foreste e non prevede l'ipo tesi di concerto col ministro del tesoro, non implica, né può
implicare soppressione, tanto meno implicita, di quel concerto.
Significa soltanto che la Regione ha rettamente mantenuto
l'esercizio della sua potestà legislativa esclusiva nei limiti sta
tutari ed ha, quindi, legiferato soltanto nella materia dell'agri coltura e foreste ad essa trasferita, mentre non ha ritenuto di
poter fare altrettanto, neppure in via indiretta, nella materia
di competenza del ministero del tesoro, nella quale non ha nep
pure potestà legislativa concorrente.
In conseguenza di questa interpretazione delle norme de
gli art. 6 e 9 della legge regionale 12 maggio 1959 n. 21, il
ricorso deve essere accolto, mentre rimane esclusa ogni fon
datezza della questione relativa alla legittimità costituzionale
delle norme stesse, cui ha accennato nelle proprie difese l'Av
vocatura dello Stato.
c) Dalle considerazioni che precedono risulta altresì la
piena infondatezza della tesi della abrogazione tacita, per ef
fetto della legislazione regionale, con essa incompatibile, del
l'art. 11 del decreto legisl. n. 778, nell'ambito territoriale della
Regione siciliana.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara spettare allo Stato, e precisamente al ministero del tesoro, partecipare, attraverso il concerto previsto dall'art. 11 del decreto legisl. 5 agosto 1947 n. 778, alla emanazione dei provvedimenti di ap
provazione, da parte della Regione siciliana, delle deliberazioni
dell'E.r.a.s. concernenti determinazioni in materia di tratta
mento economico di quiescenza del personale dipendente dal
l'ente; annulla di conseguenza l'atto dell'assessore regionale per
l'agricoltura e foreste in data 1° ottobre 1962, n. 10254, col
quale è stata approvata la deliberazione dell'E.r.a.s. in data 6
luglio 1962, n. 1054.
CORTE COSTITUZIONALE
Sentenza 16 luglio 1968, n. 104 (Gazzetta ufficiale 20 luglio 1968, n. 184); Pres. Sandulli P., Rei. Rocchetti; imp. Bresciani; interv. Pres. Cons, ministri (Avv. dello Stato
Azzariti).
Pena — Ammenda — Aumento per le condizioni economiche
del reo — Questione infondata di costituzionalità (Costitu zione, art. 3; cod. pen., art. 26, 2° comma).
È infondata la questione di costituzionalità dell'art. 26, 2° com
ma, cod. pen., per il quale, quando per le condizioni eco
nomiche del reo l'ammenda stabilita dalla legge può pre sumersi inefficace anche se applicata nel massimo, il giu dice ha facoltà di aumentarla fino al triplo, in riferimento all'art. 3 Costituzione. (1)
La Corte, ecc. — Come risulta dalla giurisprudenza co
stante di questa corte, il principio di uguaglianza sancito dal
l'art. 3 della Costituzione postula non solo che a situazioni og
gettivamente uguali debba corrispondere un eguale tratta
mento, ma anche che a situazioni oggettivamente diverse debba
corrispondere un trattamento differenziato.
Accertare l'eguaglianza o la diversità delle situazioni, ai
fini del trattamento da applicare, è compito del legislatore, il
quale vi provvede nell'esercizio di una discrezionalità che
trova limite soltanto nella ragionevolezza delle statuizioni.
Frequenti occasioni all'esercizio di tale discrezionalità of
fre al legislatore la disciplina dei reati e delle pene, ove, di
fronte alla variabile complessità della condotta antigiuridica dei singoli, l'attuazione di una riparatrice giustizia distribu
tiva esige la differenziazione più che l'uniformità.
Risponde anzi alle esigenze del sistema penale che allo
stesso giudice sia conferita una certa discrezionalità fra il
minimo e il massimo previsto dalla legge nell'attribuzione della
pena, al fine della sua determinazione in concreto (art. 133
cod. pen.). Nell'esercizio di tale potere discrezionale il giudice deve
tener conto, al fine di valutare la gravità del reato e la capa cità a delinquere del colpevole, di elementi attinenti alla per sonalità del reo desunti dal suo carattere, dalla sua vita e
dalla sua condotta, anche anteriore al commesso reato, e
persino dalle condizioni di vita individuale, familiare e sociale
di lui (art. 133 cod. pen.).
(1) L'ordinanza 8 novembre 1966 del Pretore di Iseo è mas simata in Foro it., 1967, II, 392, e riprodotta su Le leggi, 1967, appendice: Corte cost., 67, e in Giust. civ., 1967, III, 186, con nota di G. Corso.
Sull'aggravamento della pena in dipendenza delle condizioni economiche del reo, v. Ondei, in Riv. pen., 1936, 766; Manzini, in Ann. dir. proc. pen., 1938, II, 893; Piroddi, id., 1939, II, 981; Ondei, in Giust. pen., 1951, I, 962; Manzini, Trattato di dir. pen. it., Ill, 1961, pag. 140; Frosali, Pena pecuniaria, voce del Novis simo digesto, XII, 1965, pag. 847.
È dubbio se tale aumento costituisca una circostanza aggra vante (e come tale l'eventuale applicazione dell'art. 26, 2° comma, nonché dell'art. 24, 3° comma, in caso di delitti, debba essere contestata all'imputato) o semplice criterio di determinazione della
pena (per il quale non si richieda contestazione): nel primo senso, Cass. 5 aprile 1957, Di Lorenzo, Foro it., Rep. 1958, voce Sentenza
penale, nn. 64, 65; 11 maggio 1962, Moschini, id., Rep. 1963, voce Tassa sul consumo, nn. 190, 191; nel secondo, Cass. 26
aprile 1956, Brunner, id., Rep. 1956, voce Pena, n. 38, e gli scritti di Manzini, Ondei e Piroddi, citati.
Per l'orientamento giurisprudenziale della Corte costituzionale in tema di pene pecuniarie, v. le sentenze 12 marzo 1962, n. 15, Foro it., 1962, I, 828; 27 marzo 1962, n. 29, ibid., 603; 15 maggio 1963, n. 67, id., 1963, I, 1290; 11 dicembre 1964, n. Ill, id., 1965, I, 1; 12 febbraio 1966, n. 12, id., 1966, I, 550; 9 marzo
1967, n. 25, id., 1967, I, 682. A commento di esse v. Cristiani, in Giur. costit., 1962, 163; Pisani, in Riv. it. dir. proc. pen., 1962, 596; Esposito, in Giur. costit., 1963, 661; Gorlani, in Giur. it., 1963, I, 1, 1; Bricola, La discrezionalità nel diritto penale, 1965, pag. 367; C. F. Grosso, in Riv. it. dir. proc. pen., 1966, 999; Ranieri, in Scuola positiva, 1966, 266; Sigismondo in Giur.
costit., 1966, 146.
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