sentenza 16 maggio 1983; Giud. Giannoni; Pera (Avv. Petrocelli) c. Cassa nazionale previdenza eassistenza avvocati e procuratori (Avv. Garibotti, Cogliati Dezza, Berliri)Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1983), pp. 2031/2032-2033/2034Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23175365 .
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2031 PARTE PRIMA 2032
c. p. c. Nella specie deve quindi ordinarsi al conservatore (in
accoglimento dell'istanza del ricorrente e conformemente alle
conclusioni del p. m., sia pure con la retroestesa diversa motiva
zione) di procedere all'annotazione richiesta (restando in questa sede assorbita ogni ulteriore questione in ordine alla tempestività della richiesta della relativa formalità, che solo potrà costituire
oggetto di eccezione e decisione nella competente sede processuale esecutiva).
Per questi motivi, visti gli art. 30 1. 25 giugno 1943 n. 540 e
745 c. p. c., ordina al conservatore dei registri immobiliari di
Milano III di procedere alla annotazione di sentenza ex art. 156, 2° comma, disp. att. c. p. c. richiesta da Migliozzi Carlo con
istanza 20 ottobre 1981 e rifiutata dal conservatore medesimo
con provvedimento 21 ottobre 1981. Il p.m. provveda ex art. 30, 3° comma, 1. n. 540/43 a comunicare la presente decisione al
ministero di grazia e giustizia ed al ministero delle finanze.
PRETURA DI LUCCA; sentenza 16 maggio 1983; Giud. Gian
noni; Pera (Avv. Petrocelli) c. Cassa nazionale previdenza e
assistenza avvocati e procuratori (Aw. Garibotti, Cogliati
Dezza, Berliri).
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Avvocato e procuratore — Previdenza forense — Contributo in
tegrativo — Corrispettivi da attività diverse da quella profes sionale forense — Assoggettabilità — Esclusione (L. 20 settem
bre 1980 n. 576, riforma del sistema previdenziale forense, art. 11).
Non vanno assoggettati al contributo integrativo, dovuto dai pro
fessionisti iscritti alla Cassa nazionale di previdenza e assi
stenza per gli avvocati e procuratori ai sensi dell'art. Il l. 20
settembre 1980 n. 576, i corrispettivi, anche se soggetti ad i.v.a.,
afferenti ad attività diverse da quella professionale forense
(nella specie, si trattava di proventi derivanti dalla attività di
amministratore di società svolta dal professionista). (1)
Svolgimento del processo. — Con ricorso depositato il 9 ot
tobre 1982, Pera prof. Giuseppe chiedeva pronuncia di accerta
mento in ordine alla non assoggettabilità al contributo integra tivo previdenziale previsto dall'art. 11 1. 20 settembre 1980 n. 576 dei proventi derivanti dalla di lui posizione di ammini
stratore della Cassa di risparmio di Lucca (vice presidente). Si costituiva in giudizio la Cassa nazionale di previdenza e
assistenza avvocati e procuratori, osservando: a) il problema portato sub iudice è quello del trattamento agli effetti del con
tributo integrativo dei compensi derivanti da attività di colla borazione coordinata e continuativa (art. 49, lett. a, d.p.r. n. 597 del 1973) esercitata da avvocati iscritti o tenuti a iscriversi alla cassa di previdenza; b) l'art. 11 1. n. 576 del 1980 al T comma dispone che « a partire dal 1° gennaio del secondo an
no successivo all'entrata in vigore della presente legge, tutti gli
(1) È, per quel che risulta, la prima sentenza edita ad occuparsi del contributo integrativo di cui all'art. 11 1. 576/80.
In dottrina, si esprime in senso conforme G. Cazzador, in Nuove leggi civ., 1981, 61, il quale prende anche in esame il caso in cui il professionista rivenda beni acquistati per l'esercizio dell'attività pro fessionale realizzando cosi un'operazione rientrante nel volume d'af fari ai fini dell'i.v.a., ma che non può ritenersi assoggettabile al con tributo integrativo. Pret. Roma, ord. 8 giugno 1981, Foro it., 1981, li, 2063, con nota di richiami, con provvedimento d'urgenza concesso ad alcuni professionisti i quali, iscrittisi agli albi professionali dopo il compimento del quarantesimo anno di età, non avrebbero potuto conseguire il diritto alle prestazioni previdenziali, li ha esonerati dal pagamento dei contributi soggettivi e non anche di quelli integrativi (si legge nell'ordinanza) « vuoi per la loro finalità assistenziale, vuoi per la loro ripetibilità nei confronti del cliente ».
Sul contributo soggettivo ex art. 10 1. 576/80, cfr. Cass., sez. un., 1° marzo 1983, n. 1534, id., 1983, I, 919, con nota di richiami.
Sull'obbligatorietà di iscrizione alla Cassa di previdenza per tutti
gli iscritti agli albi forensi anche se svolgono attività di insegnamento o siano pensionati, v. Pret. Torino 23 dicembre 1981, id., 1982, 1, 886, con nota di richiami, e, con riferimento alla normativa previ gente alla 1. 576/80, Cass. 23 giugno 1981, n. 4091, ibid., 173, con nota di richiami; mentre, per i dubbi di costituzionalità in merito, v. Pret. Bari, ord. 23 settembre 1981, ibid., 1487, con nota di richiami, e Pret. Lucca 17 ottobre 1981, ibid., 303, con nota di richiami.
Altra dibattuta questione in merito al contributo integrativo è stata risolta dall'art. 2 1. 2 maggio 1983, n. 175 {Le leggi, 1983, 873) che ha aggiunto all'art. 11 1. 576/80 il seguente comma: «Il contributo
integrativo non è soggetto all'i.r.p.e.f. né all'i.v.a. e non concorre alla formazione del reddito professionale ».
iscritti agli albi di avvocato e di procuratore ... devono appli care una maggiorazione percentuale su tutti i corrispostivi rien
tranti nel volume di affari ai fini dell'i.v.a.... »; c) appare evi
dente il significato della norma nel senso che la maggiorazione
percentuale non si applica solo sui proventi professionali, sib
bene su tutti i corrispettivi rientranti nel volume di affari ai
fini dell'i.v.a.; d) il 2° comma dell'art. 5 d.p.r. n. 633 del 1972
nel testo sostituito dall'art. 1 d.p.r. n. 24 del 1979 dispone che
le prestazioni dei servizi inerenti ai rapporti di collaborazione
coordinata e continuativa rese da soggetti che esercitano per
professione abituale altre attività di lavoro autonomo, si consi
derano effettuate nell'esercizio di arti e professioni; e) ne con
segue la conclusione in termini di evidente volontà del legisla tore di applicare il contributo integrativo su tutti i proventi che
concorrono a determinare il volume di affari ai fini dell'i.v.a.,
ancorché dipendenti da prestazioni di servizi estranei alla atti
vità professionale; /) la conclusione che precede è rafforzata
dal confronto con l'art. 10 1. n. 576/80 dove l'assoggettamento al contributo soggettivo obbligatorio è espressamente limitato
al reddito professionale netto risultante dalla dichiarazione ai
fini dell'i.r.p.e.f. (cfr. art. 49 d.p.r. 597/73 che distingue tra red
dito di lavoro autonomo derivante da arti e professioni e altri
redditi di lavoro autonomo quali quelli derivanti da rapporti di collaborazione coordinata e continuativa); g) l'accolta con
clusione, peraltro, non comporta che i proventi derivanti da at
tività diverse dall'esercizio della professione forense debbano
concorrere a formare quel volume di affari sul quale si applica il contributo integrativo, giacché l'art. 36, 3° comma, d.p.r. 633/ 72 dispone agli effetti dell'i.v.a. che « i soggetti che esercitano
più imprese o più attività nell'ambito della stessa impresa, ov
vero più arti o professioni, hanno facoltà di optare per l'appli cazione separata della imposta relativamente ad alcuna delle at
tività esercitate... », con la conseguenza, in tale ipotesi, chc
il contributo integrativo sarà applicabile sui soli corrispettivi che formano il volume di affari dell'attività professionale.
Tanto premesso, concludeva per la reiezione del ricorso non
avendo il prof. Pera fornito la prova che i compensi derivanti
dalla attività di vice presidente della Cassa di risparmio di Luc
ca afferiscono, agli effetti dell'i.v.a., ad un diverso volume di
affari rispetto a quello comprendente i compensi della attività
forense.
Motivi della decisione. — La convenuta Cassa nazionale di
previdenza ed assistenza avvocati e procuratori resiste alla do
manda del ricorrente poiché individua nel disposto dell'art. 36
d.p.r. n. 633/72 — e nella facoltà ivi prevista di optare per l'ap
plicazione separata dell'imposta relativamente ad alcuna delle
attività esercitate da parte del soggetto che svolge più arti e
professioni — il dato positivo « razionalizzante » una normativa la cui interpretazione letterale, in difetto della norma citata, condurrebbe a conclusioni in aperto contrasto — come non esita ad affermare la stessa difesa dell'ente -— col « semplice consenso ».
L'opinione di questo pretore, nella delicata questione sotto
posta all'esame, è invece nel senso della inapplicabilità, al caso
di specie, del menzionato art. 36 d.p.r. n. 633/72.
L'art. 49, 3° comma, lett. a), d.p.r. n. 597/73 è espressamente richiamato (al 2° comma) dall'art. 5 d.p.r. n. 633/72 per escludere le prestazioni di servizi inerenti ai rapporti di collaborazione
continuativa e coordinata, dall'ambito dell'esercizio di arti e
professioni definite — al 1° comma — come esercizio, per pro fessione abituale, di qualsiasi attività di lavoro autonomo.
Posto che ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e dell'imposta sul valore aggiunto rileva un identico concetto di esercizio di arte e professione e posto che i redditi derivanti dai
rapporti di collaborazione coordinata e continuativa aventi per oggetto la prestazione senza vincolo di subordinazione di attività diverse da quelle considerate nei titoli secondo e quinto del d.p.r. n. 597/73 sono, per dizione di legge, redditi di lavoro autonomo
ulteriori (testualmente: « sono inoltre redditi di lavoro auto nomo », cfr. art. 59 d.p.r. n. 597/73) rispetto a quelli derivanti dall'esercizio di arti e professioni, sembra corretto ritenere, del 2° comma dell'art. 5 1. i.v.a., l'interpretazione — sostenuta dalla difesa del ricorrente — che non annulla la positiva collo cazione in categorie concettuali distinte dell'esercizio di (arte e) professione, da un lato, e dei rapporti di collaborazione conti nuativa e coordinata, dall'altro, ma spiega il precetto emergente in via di eccezione dalla disposizione in esame in funzione della individuazione delle attività imponibili.
In altri termini, come a determinare i redditi di lavoro auto nomo ai fini dell'i.r.p.e.f. (art. 50 d.p.r. 597/73) concorrono, coi
proventi derivanti dall'esercizio di una professione, i redditi de rivanti dai rapporti di collaborazione di cui alla lett. a) dell'art.
49, cosi, a formare il volume di affari ai fini dell'i.v.a. (art. 20
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
d.p.r. 633/72), le prestazioni dei servizi inerenti ai rapporti in
questione concorrono con l'esercizio della professione che even tualmente il medesimo soggetto svolga (art. 5, 2° comma), senza
che ciò comporti l'unificazione delle due attività in una unica
categoria concettuale di appartenenza. Se si accede alla interpretazione ora prospettata, non c'è dubbio
che l'art. 36 legge i.v.a., contemplando l'ipotesi del soggetto che
esplica più arti e professioni, risulta inapplicabile al caso in
specie, caratterizzato dalla unicità dell'attività professionale; con
la conseguenza che la decisione sul ricorso dipende unicamente
dalla interpretazione dell'art. 11 legge sulla previdenza forense.
Norma, quest'ultima, che — ad avviso del giudicante — deve
essere letta, in coerenza al sistema previdenziale di cui è parte
(e che vede le prestazioni corrisposte dalla cassa tutte commisu
rate, percentualmente, al reddito professionale), come affermativa
dell'obbligo degli iscritti all'applicazione della maggiorazione per centuale su tutti i corrispettivi che formano il volume di affari
dell'attività professionale, con esclusione di quelli afferenti at
tività diverse.
La distinzione tra gli uni e gli altri all'interno del volume di
affari ai fini dell'i.v.a. e le relative attività di accertamento/dimo
strazione, si collocano su un piano diverso e non influente sulla
soluzione di diritto della questione dedotta. (Omissis)
PRETURA DI MODENA; sentenza 21 febbraio 1983; Giud.
Persico; Carrino (Avv. Cremonini, Personè) c. Prefetto di
Modena.
PRETURA DI MODENA;
circolazione stradale — veicolo immatricolato in uno stato estero
membro della CEE colto a circolare dopo la reimportazione in
Italia privo di una nuova carta di circolazione — Confisca — Ille
gittimità (L. 24 novembre 1981 n. 689, modifiche al sistema
penale, art. 21).
Non è applicabile la misura della confisca ex art. 21 l. 689/81 al proprietario del veicolo che, già immatricolato in uno Stato
estero membro della CEE, circoli dopo la reimportazione in
Italia privo di una nuova carta di circolazione. (1)
Motivi della decisione. — L'opposizione merita di essere ac
colta per un duplice ordine di motivi, alcuni del tutto peculiari a questa vicenda, altri coincidenti con quegli stessi motivi che
sono stati esposti da questo giudicante in altre decisioni, riguar danti la medesima questione dèlia confisca di veicoli, rinvenuti e ritenuti « privi della carta di circolazione » (cfr. per tutte
sent. n. 537/82 in data 4 novembre 1982, Foro it., 1983, I, 409). Fatti peculiari della presente vicenda sono: 1) la provenienza
estera del veicolo, ed in particolare dal regno dei Paesi Bassi, ove risultava munito di certificato di immatricolazione mod. 287/A
targa DB - 47+80, rilasciato l'8 novembre 1973, e l'avvenuta
importazione avvenuta il 6 gennaio 1979 come risulta dalla di
chiarazione prodotta, rilasciata dalla dogana di Lecce; 2) la cir
costanza che, in origine, il veicolo fosse stato munito di un
documento (la citata carta di circolazione olandese) che attestava
le caratteristiche tecniche di idoneità alla circolazione, oggi leg
gibili nella traduzione, giurata in data 9 ottobre 1982 alla Pretura di Lecce e qui prodotta; 3) la circostanza che sul veicolo sia stato
installato un cassone costruito dalla O.M.C, officine meccaniche
Carmosino di Modugno che rilasciava certificato di origine in
data 1° febbraio 1979 e che sulla carta di circolazione mod. MC
807 rilasciata in data 20 febbraio 1979 da quell'ufficio motoriz
zazione civile si citi la provenienza dall'Olanda con importazione 6 gennaio 1979; 4) la domanda di immatricolazione presentata il
19 novembre 1982 dal Carrino allo stesso ufficio M.C. di Lecce,
(1) La fattispecie concreta rende peculiare la decisione trattandosi di veicolo originariamente immatricolato nei 'Paesi Bassi, all'interno
quindi della CEE. Il Pretore di Modena ricava a contrario il principio di cui in mas
sima facendo applicazione di quanto da lui stesso statuito nella sen tenza 4 novembre 1982 (Foro it., 1983, I, 509, con nota di richiami) verso cui opera uno specifico richiamo. In quella occasione egli ri
tenne, dopo aver differenziato le situazioni contemplate negli art. 13, 3° comma, e 21, 3° comma, 1. 689/81, che la confisca prevista dal l'ultimo articolo citato potesse colpire non i veicoli conformi a tipo omologato (che seppure sprovvisti di carta di circolazione hanno
diritto alla immatricolazione) bensì' i veicoli da esaminare concreta mente e che sono sprovvisti dì carta di circolazione in quanto impos sibilitati a ottenerla per motivi tecnici: ipotesi, questa, in cui non
rientrano, secondo l'iter argomentativo del giudice emiliano, i veicoli
già immatricolati in uno Stato CEE.
con avvenuto rilascio di foglio di via ed infine l'aver ottenuto
da ultimo la targa LE/370960 qui esibita.
Risultando cosi ricostruiti i fatti, il rilievo che l'opponente avrebbe circolato oltre l'anno di proroga legale con i soli docu
menti esteri, non vale a sorreggere il provvedimento opposto. Sulla natura della confisca di cui si tratta, da intendersi in
senso restrittivo ed eccezionale e sotto pena di evidente ille
gittimità costituzionale di una diversa interpretazione, basti qui rinviare ai principi precedentemente accolti.
In fatto il comportamento dell'opponente è apparso improntato dalla ripetuta intenzione di conformarsi agli obblighi di legge,
posto che il certificato 20 febbraio 1979 rilasciato dalla M.C. di
Lecce fu prorogato in data 22 maggio 1981 di un anno eviden
temente per sua richiesta e in seguito ulteriormente prorogato al
21 maggio 1983, come si rileva dai documenti prodotti, cosicché
vale qui l'osservazione che non può farsi ricadere sull'utente
l'evidente lentezza dell'apparato burocratico dello Stato.
Ma, nel caso presente, rilievo di assoluta preminenza e preva lenza è che il veicolo, in quanto immatricolato in Olanda, fu
munito della ricordata carta di circolazione olandese, in quanto ritenuto tecnicamente rispondente ai requisiti di quel paese.
E poiché sia il regno dei Paesi Bassi sia la repubblioa ita
liana sono Stati membri della CEE e sicuramente i rispettivi cit
tadini hanno, tra le altre facoltà, quella di vendersi i veicoli tra
loro, risulta facile constatare che il veicolo di cui si tratta non
può rientrare in quelli che « non ebbero mai la carta di circo
lazione perché non approvati e non approvabili per motivi tec
nici », categoria che resta l'àmbito unico di applicazione della
sanzione della confisca.
Le eventuali disfunzioni successive, i ritardi, le imperfezioni non costituiscono base sufficiente per ritenere accertata la viola
zione ipotizzata a carico del Carrino.
Assorbiti restano tutti i motivi diversi e ulteriori di opposi zione. (Omissis)
PRETURA DI ROMA; sentenza 25 gennaio 1983; Giud. Giu
liani; Mainini (Avv. Cardarelli) c. Favale (Aw. Torroni).
PRETURA DI ROMA; T l AXTT • lV^.oifiini fAirir
IVCVOCctZlUllC L»uiu UE una pttiic in UMimu utu ama —- i.su&ini — Silenzio su fatti sfavorevoli — Sufficienza — Fattispecie
(Cod. proc. civ., art. 395). Revocazione — Documento decisivo — Fattispecie (Cod. proc.
civ., art. 395).
La cosciente falsità dell'allegazione o il silenzio su fatti sfavore
voli, qualora si risolva in un artificio soggettivamente ed og
gettivamente idoneo a paralizzare o sviare la difesa dell'avver
sario o ad impedire al giudice l'accertamento della verità, in
tegra gli estremi del dolo revocatorio (nella specie, il locatore
aveva taciuto nel giudizio d'appello di un procedimento di ri
lascio d'immobile per necessità l'imminente rilascio di un pro
prio appartamento da parte di altro suo inquilino). (1)
(1) Non si rinvengono precedenti specifici. In linea generale, tuttavia, si è negato che la falsa allegazione o il
silenzio su fatti sfavorevoli possano concretare il dolo revocatorio di
cui all'art. 395, n. 1, c.p.c., il quale, invece, consisterebbe in artifici
e raggiri tali da paralizzare la difesa avversaria e da impedire al
giudice di accertare la verità. Invero, è stato affermato che per co
stituire il dolo revocatorio non basta una qualsiasi condotta sleale, ma
è necessaria una condotta che violi la posizione giuridica dell'altra
parte, impedendole di svolgere dinanzi al giudice la propria difesa:
pertanto i comuni espedienti difensivi, con cui una parte si giova di
una situazione di svantaggio in cui versi l'altra, non imputabile ad un
proprio fatto positivo, sono estranei al dolo processuale che, nel si
stema vigente, non impone alle parti il dovere di portare a conoscen
za del giudice fatti pregiudizievoli per la propria linea difensiva: v.
Cass. 15 settembre 1981, n. 5105, Foro it., Rep. 1981, voce Revoca
zione, n. 4; 29 aprile 1980, n. 2833. id., Rep. 1980. voce cit., n. 4-,
22 aprile 1977, n. 1488, id., Rep. 1977, voce cit., n. 2; 18 aprile 1977,
n. 1435, ibid., n. 1; 5 giugno 1976, n. 2052, id., Rep. 1976, voce cit..
n. 2; 24 aprile 1974, n. 1176, id., Rep. 1974, voce cit., n. 1: 7 luglio
1973, n. 1957, id., Rep. 1973, voce cit., n. 3, secondo cui il dolo
processuale si identifica nel raggiro ed è rilevante solo se la sentenza
sia l'effetto necessario di esso; 14 luglio 1972, n. 2435, id., Rep. 1972, voce cit., n. 3; 7 luglio 1972, n. 2256, ibid., n. 3; 25 gennaio 1965, n. 130, id., 1965, I, 1305; è stato in particolare ravvisato dolo revo
catorio nella condotta dei locatari di un appartamento che nel corso
del giudizio per la cessazione della proroga legale del relativo con
tratto di locazione non avevano comunicato al locatore la morte di
uno di loro, venendo cosi a beneficiare di una sentenza ad essi favo
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