sentenza 18 luglio 1983, n. 215 (Gazzetta ufficiale 27 luglio 1983, n. 205); Pres. Elia, Rel. Conso;imp. Tzonis ed altri; interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Carafa). Ord. App. Catania 13luglio 1978 (Gazz. uff. 17 gennaio 1979, n. 17); Trib. Napoli 5 maggio 1980 (id. 16 agosto 1980,n. 215); Trib. Gorizia 14 aprile 1981 (id. 25 novembre 1981, n. 325); Cass. 10 luglio 1981 (id. 15settembre 1982, n. 255)Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 11 (NOVEMBRE 1983), pp. 2643/2644-2649/2650Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23175405 .
Accessed: 28/06/2014 12:21
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp
.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].
.
Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.
http://www.jstor.org
This content downloaded from 185.31.195.178 on Sat, 28 Jun 2014 12:21:30 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
2643 PARTE PRIMA 2644
soltanto annualmente senza seguire cronologicamente i periodi di
mancanza di lavoro.
Ne consegue che — non derivando dall'impugnato art. 1 1. n.
952 del 1949 l'ostacolo alla concessione dell'assegno natalizio —
la questione di legittimità costituzionale deve essere dichiarata
inammissibile.
Per questi motivi, dichiara inammissibile la questione di legit timità costituzionale dell'art. 1 1. 23 dicembre 1949 n. 952
(concessione di un assegno speciale ai lavoratori disoccupati nella
ricorrenza natalizia) proposta dal Tribunale di Reggio Emilia,
con ordinanza 15 luglio 1976, in riferimento all'art. 3 Cost.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 18 luglio 1983, n. 215
(Gazzetta ufficiale 27 luglio 1983, n. 205); Pres. Elia, Rei.
Conso; imp. Tzonis ed altri; interv. Pres. cons, ministri (Aw. dello Stato Carafa). Ord. App. Catania 13 luglio 1978 (Gazz. uff. 17 gennaio 1979, n. 17); Trib. Napoli 5 maggio 1980 (id. 16 agosto 1980, n. 215); Trib. Gorizia 14 aprile 1981 (id. 25 novembre 1981, n. 325); Cass. 10 luglio 1981 {id. 15 set
tembre 1982, n. 255).
Contrabbando — Reati in materia doganale — Reati relativi al
monopolio dei sali e dei tabacchi — Libertà personale dell'im
putato — Straniero — Arresto obbligatorio e divieto di libera
zione in mancanza di cauzione o di malleveria — Incostituzio
nalità (Cost., art. 3; d.p.r. 23 gennaio 1973 n. 43, t.u. delle dispo sizioni legislative in materia doganale, art. 332; 1. 17 luglio 1942
n. 907, legge sul monopolio dei sali e dei tabacchi, art. 108).
Sono illegittimi, per violazione dell'art. 3 Cost., l'art. 332, 1°
e 2° comma, d.p.r. 23 gennaio 1973 n. 43 e, in applicazione dell'art. 27 l. 11 marzo 1953 n. 87, l'art. 108, 1" e 2° comma, l.
17 luglio 1942 n. 907, limitatamente alle parti in cui prevedono l'arresto obbligatorio e il divieto di liberazione se non viene
prestata idonea cauzione o malleveria per il pagamento della
pena pecuniaria, nei confronti dello straniero imputato di reati
previsti, rispettivamente, dal t.u. leggi doganali e dalla legge sul monopolio dei sali e dei tabacchi. (1)
(1) Le ordinanze di rimessione App. Catania 13 luglio 1978, Trib.
Napoli 5 maggio 1980, Trib. Gorizia 14 aprile 1981, Cass. 10 luglio 1981, sono riassunte in Foro it., 1979, II, 170; id., Rep. 1981, voce Contrabbando, n. 33; id., Rep. 1982, voce cit., n. 19; in Giust. pen., 1983, I, 58.
Le questioni di legittimità proposte, in riferimento agli art. 3, 10, 13 e 27 Cost., rispetto all'art. 139 della precedente legge doganale 25 settembre 1940 n. 1424, avente una formulazione del tutto identica all'art. 332 d.p.r. 23 gennaio 1973 n. 43, ora dichiarato incostituziona
le, erano state ritenute non fondate da Corte cost. 23 marzo 1964, n.
26, Foro it., 1964, I, 876, e 23 novembre 1967, n. 120, id., 1968, I, 20, con note di richiami. L'illegittimità costituzionale dell'art. 136
c.p. relativo alla conversione della pena pecuniaria in detentiva nel caso di insolvibilità del condannato è stata dichiarata da Corte cost. 21 novembre 1979, n. 131, id., 1979, I, 2801, con nota di richiami. Sui riflessi della incostituzionalità dell'art. 136 c.p. rispetto alla determinazione dei limiti di pena entro i quali è consentita la concessione della sospensione condizionale dell'esecuzione della con danna ai sensi dell'art. 163 c.p., Cass. 12 aprile 1980, Grande e 12 aprile 1980, Leopardi, id., 1980, li, 81 e 673, con note di richiami. Corte cost. 20 marzo 1970, n. 39, id., 1970, I, 1021, ha dichiarato incostituzionale l'art. 220 t.u. leggi di p.s., in relazione all'art. 85 stesso t.u., nella parte in cui prevede l'arresto obbligatorio in flagranza per reato punibile con la sola pena dell'ammenda. Corte cost. 12
aprile 1973, n. 42, id., 1973, I, 1699, con nota di richiami, ha dichiarato l'incostituzionalità dell'art. 15, 2° comma, d.l.c.p.s. 15 settembre 1947 n. 896, contenente disposizioni sulla disciplina dei prezzi, nella parte in cui prescrive l'emissione obbligatoria del manda to di cattura, anche quando ai sensi dell'art. 11, ult. cpv., il fatto sia contestato come di lieve entità e perciò punibile solo con l'ammenda. Sull'applicazione del principio di uguaglianza rispetto agli stranieri, Corte cost. 23 luglio 1974, n. 244, id., 1974, I, 2942; 23 aprile 1974, n. 109, ibid.. 1562; 5 aprile 1971, n. 76, id., 1971, I, 1406; 16 luglio 1970, n. 144, id., 1970, I, 2033; 26 giugno 1969, n. 104, id., 1969, I, 2084, con note di richiami. La più recente giurisprudenza ordinaria ha anticipato, sotto certi aspetti, la decisione qui riportata. Infatti, Cass. 26 settembre 1980, Grakas, id., Rep. 1981, voce Libertà personale dell'imputato, n. 22, ha ritenuto che lo straniero condannato con sentenza definitiva dev'essere scarcerato se abbia scontato preventiva mente la pena detentiva, non ostando alla liberazione il mancato pagamento della pena pecuniaria non più convertibile dopo la dichia razione di incostituzionalità dell'art. 136 c.p. Secondo Giud. istr. Trib. Roma 23 dicembre 1980, id., Rep. 1982, voce Contrabbando, n. 20, poiché a seguito della incostituzionalità dell'art. 136 c.p. la limitazione della libertà personale appare legittima solo quando il reato per il
Diritto. — 1. - Anche se con riferimento a parametri costitu
zionali parzialmente differenziati, le quattro ordinanze riassunte
in narrativa riguardano tutte l'art. 332 d.p.r. 23 gennaio 1973 n.
43: i relativi giudizi possono, quindi, essere riuniti e decisi con
unica sentenza.
2. - Più esattamente, come puntualizza nel suo dispositivo l'ordinanza della Corte di cassazione, le questioni dedotte assog
gettano a vaglio di costituzionalità la « parte in cui il detto
articolo impone la carcerazione preventiva e fa divieto di ordina
re la liberazione degli imputati stranieri, che non prestino cau
zione o malleveria per il pagamento delle multe e delle ammen
de ». Anzi, poiché l'art. 332 d.p.r. 23 gennaio 1973 n. 43 consta
di cinque comma, il primo dei quali impone che sia arrestato
immediatamente ed il secondo vieta che sia liberato anteriormen
te alle scadenze ivi stabilite non soltanto l'imputato « straniero
che non dà idonea cauzione o malleveria per il pagamento delle
multe e delle ammende », ma anche l'imputato di cui « non è
nota» l'identità personale, la «parte» in discussione viene ad
identificarsi con la parte del 1° comma e la parte del 2° comma
concernenti l'imputato straniero, mentre restano impregiudicate, oltre ai tre comma successivi, le analoghe parti concernenti
l'imputato di cui non è stata accertata l'identità personale.
3.- L'art. 332 d.p.r. 23 gennaio 1973 n. 43 (t.u. delle disposi zioni legislative in materia doganale) riproducce, alla lettera, l'art. 139 1. 25 settembre 1940 n. 1424 (legge doganale), già
oggetto di due interventi da parte di questa corte, sfociati
entrambi in pronunce di rigetto. Ed invero, dapprima, è stata
dichiarata non fondata, con la sentenza n. 26 del 1964 (Foro it.,
1964, I, 876), una questione di legittimità dell'art. 139, 2° comma, ultimo periodo (« Tuttavia, la detenzione del colpevole non può
superare il massimo della pena stabilita dalla legge per il reato
di cui è imputato, od i tre mesi quando contro di lui si procede
per contravvenzione »), in riferimento all'art. 13, 5° comma,
Cost., e, poi, con la sentenza n. 120 del 1967 (id., 1968, I, 20), una questione di legittimità dell'art. 139, in riferimento agli art. 3
(collegato, nella parte motiva, con l'art. 2), 10, 2° comma, e 27
Cost., cosi « da escludere », fra l'altro, l'esistenza di « una illegit tima discriminazione per lo straniero » rispetto al cittadino.
quale si procede è punibile con pena detentiva, per i reati doganali punibili con la sola pena pecuniaria non è più consentita consentita la carcerazione preventiva.
Ben diverso è stato l'orientamento della giurisprudenza precedente: Cass. 28 novembre 1979, Pylaras, id., Rep. 1980, voce cit., n. 20, ha escluso qualsiasi contrasto fra l'art. 332 1. doganale n. 43/73 e l'art. 5, n. 3, 1. n. 848/55 con la quale fu ratificata la convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali; per Cass. 27 febbraio 1970, Cubrilo, id., Rep. 1970, voce cit., n. 66, il divieto di liberazione dello straniero che non abbia prestato cauzione o malleverie opera anche se, intervenuta sentenza di condanna non definitiva, la pena detentiva inflitta sia già stata interamente scontata, ma resti da pagare la pena pecuniaria; secondo Cass. 3 settembre 1965, Michich, id., Rep. 1965, voce Libertà persona le dell'imputato, n. 28 e 3 novembre 1961, Luchinger, id., Rep. 1962, voce Contrabbando, n. 56, l'arresto obbligatorio e il divieto di liberazione previsti dall'art. 139 1. doganale n. 1424/40 sono imposti dalla necessità di tutelare l'interesse finanziario dello Stato che, mentre nel suo territorio può agevolmente agire sul patrimonio del cittadino, ne è carente nei confronti dello straniero che sia tornato in patria; per Cass. 31 luglio 1964, Seebacher, id., Rep. 1965, voce cit., n. 61; 13 maggio 1964, Renna, ibid., n. 60; 5 marzo 1962, Olsen, id., Rep. 1962, voce cit., n. 55, l'arresto previsto dall'art. 139 1. doganale n. 1424/40 può aver luogo, indipendentemente dalla flagranza, anche rispetto a reati punibili con la sola pena pecuniaria e non è consentita la sostituzione della cauzione o della malleveria con l'obbli go della presentazione periodica agli uffici di polizia giudiziaria; per Cass. 2 luglio 1980, Liovdakis, id., Rep. 1881, voce cit., n. 32 e 13 dicembre 1979, Thiakodimitris, id., 1980, II, 682, con nota di richiami, le disposizioni che impongono l'arresto e il divieto di liberazione dello straniero imputato di reati di contrabbando, in mancanza di idonea cauzione o malleveria, sono applicabili anche ai cittadini (nella specie, greci) per i quali vale la clausola della nazione più favorita.
In dottrina, sull'arresto e sul divieto di liberazione dello straniero imputato di reati doganali, Azzali, Contravvenzione doganale, voce dell'Enciclopedia del diritto, 1961, IX, 713; Carulli, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1964, 577 e 1164; Camassa, in Riv. pen., 1964, II, 85 e 394; Chiavario, in Giur. costit., 1967, 1583; Campeis-De Pauli, in Dir. e pratica trib., 1982, II, 491; Di Torchio, in Giur. it., 1982, II, 133 e Riv. it. dir. e proc. pen., 1980, 1085; Del Gaudio, ibid., 1463; Ferro, in Fisco, 1980, 3054; Giuliani, Violazioni e sanzioni delle leggi tributarie, 1981, 400; Le Pera, in Giust. pen., 1982, III, 242; Melchionda, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1968, 289; Peruggia, in Dir. e pratica trib., 1982, II, 818; Noschese, in Rass. avv. Stato, 1973, I, 632; Sbordone, Il t.u. delle disposizioni legislative in materia do ganale, 1978, 262; Zhara Buda, in Riv. pen., 1959, II, 1032. Sulla incostituzionalità dell'art. 136 c.p., Conso, in Giur. costit., 1979, I, 1046; Franco, ibid., 1058; Padovani, in Mass. pen., 1980, 26.
This content downloaded from 185.31.195.178 on Sat, 28 Jun 2014 12:21:30 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
4. - Poiché anche i giudizi ora riuniti, considerati nel loro
insieme, coinvolgono parametri facenti capo agli art. 2, 3, 10, 13 e 27 Cost,, occorre verificare in via preliminare se le ordinan
ze di rimessione sottopongano ad indagine profili in qualche modo diversi da quelli esaminati in precedenza, tanto più che
l'avvocatura dello Stato, nell'atto di intervento del presidente del
consiglio dei ministri nel giudizio promosso dalla sezione istrutto
ria della Corte d'appello di Catania, formula inizialmente una
richiesta di manifesta infondatezza, asserendo che « tutti i profili di pretesa incostituzionalità » della norma in discussione « sono
stati già esaminati e risolti negativamente dalla corte ».
In proposito, è agevole rilevare, anzitutto, che le altre tre
ordinanze (giudice istruttore del Tribunale di Napoli, Tribunale
di Gorizia, Corte di cassazione) — tutte emanate dopo la
pubblicazione della sentenza 21 novembre 1979, n. 131 (id., 1979,
I, 2801), con cui questa corte ha dichiarato non legittimo l'istituto della conversione in pene detentive delle pene pecuniarie non eseguite per insolvibilità del condannato (v. art. 136 testo
originario del c.p. 1930; art. 586, 4° comma, testo originario del
c.p.p. 1930) — si richiamano più o meno direttamente a tale
pronuncia, ravvisando nel suo dispositivo (Tribunale di Gorizia, Corte di cassazione) o in alcuni passaggi della sua motivazione
(giudice istruttore del Tribunale di Napoli) nuovi elementi atti a
proporre, nei riguardi dell'art. 332 d.p.r. 23 gennaio 1973 n. 43, dubbi di costituzionalità prospettati senza successo nei riguardi dell'art. 139 1. 25 settembre 1940 n. 1424. Quanto, poi, all'ordi
nanza della sezione istruttoria della Corte d'appello di Catania, è
significativo che anch'essa, benché anteriore alla sentenza n. 131
del 1979, muova alla norma, tra gli altri addebiti, quello di
realizzare « una conversione preventiva della pena pecuniaria in
detentiva con considerevole aggravamento », mai prima portato all'attenzione di questa corte.
5. - Ciò premesso, le censure attualmente rivolte all'art. 332
d,p.r. 23 gennaio 1973 n. 43, nella parte o, meglio, nelle parti che già si è avuto modo di circoscrivere, si possono sintetizzare
cosi:
A) Tutte le ordinanze in esame reputano violato l'art. 3 Cost.,
anche se sotto angolature differenti, senza che, peraltro, queste si
escludano a vicenda, tanto da trovarsi talora affiancate nella
stessa ordinanza.
Cosi, la Corte di cassazione assume leso l'art. 3, in primo
luogo, «attesoché sembra contrario ad ogni criterio di ragionevo lezza privare della libertà personale l'imputato per un reato in
ordine al quale non potrà mai essere comminata una pena detentiva neppure a titolo di conversione dell'originaria commina
toria di pena pecuniaria»; e, subito dopo, «anche sotto il profilo
del diverso e quindi irragionevole trattamento riservato allo
straniero abbiente rispetto a quello che non lo è ». Questa
seconda prospettazione si ritrova, e da sola, nell'ordinanza del
giudice istruttore del Tribunale di Napoli, mentre il Tribunale di
Gorizia si sofferma sulla diseguaglianza di trattamento fra lo
straniero e il cittadino italiano, ritenendo riproponibile la temati
ca disattesa dalla sentenza n. 120 del 1967, in quanto la dise
guaglianza risulterebbe ora « più palese », una volta eliminata la
possibilità di conversione della pena pecuniaria in detentiva. A
sua volta, la sezione istruttoria della Corte d'appello di Catania
ravvisa un'« aperta violazione del principio di eguaglianza, in
relazione al diritto primario della libertà ed in adempimento ai
trattati internazionali » (da qui il concominante riferimento agli art. 2 e 10 Cost.), dato che «nei casi di contrabbando commesso
da straniero lo stato di abienza o di impossibilità a prestare la
cauzione, in considerazione anche della mancanza di previsione di possibilità di sostituirla con altre misure (com'è secondo il
codice di procedura penale), costituisce un particolare aggrava mento della posizione personale dell'imputato, perché fa diventa
re obbligatoria la carcerazione preventiva anche nei casi in cui,
secondo la legge comune, la cattura è vietata e per un tempo
corrispondente al massimo della pena. Di converso, il pagamento della cauzione riduce quest'obbligatoria espiazione preventiva al
minimo »: con il che la diseguaglianza fra straniero e cittadino
italiano viene ad aggiungersi alla diseguaglianza fra straniero
abbiente e straniero non abbiente.
B) Due ordinanze (sezione istruttoria della Corte d'appello di
Catania, Corte di cassazione) assumono leso anche l'art. 13, 5°
comma, Cost., riprospettando la tematica disattesa dalla sentenza
n. 26 del 1964, ma non più attraverso un puro e semplice
raffronto con i termini massimi ordinariamente previsti dall'art.
272 c.p.p., bensì' attraverso la rilevazione degli eccessi insiti nella
deroga a tale articolo. « Un limite di carcerazione preventiva
pari al massimo della pena snatura il concetto stesso della
carcerazione preventiva » si legge nell'ordinanza della sezione
istruttoria della Corte d'appello di Catania; di « termini di carce
razione preventiva irragionevolmente eccessivi, di gran lunga
superiori a quelli indicati dall'art. 272 c.p.p. per delitti carichi di
maggior disvalore giuridico-sociale, quale, ad es., l'omicidio volon
tario » si parla nell'ordinanza della Corte di cassazione.
C) Le stesse due ordinanze appena ricordate ipotizzano, infine, un contrasto con l'art. 27, 2° comma, Cost., non potendo la
presunzione di non colpevolezza consentire che l'imputato sia « sottoposto, nel corso del processo, a misure restrittive in via
cautelare, sostanzialmente più onerose di quelle cui sarebbe in
concreto assoggettato nel caso di accertamento definitivo della sua
colpevolezza » (cosi l'ordinanza della Corte di cassazione), stante la « certa realizzazione di una carcerazione preventiva ... superio re alla pena che concretamente sarà inflitta » (cosi, anche se in
modo generico, l'ordinanza della sezione istruttoria della Corte
d'appello di Catania). 6. - Prima di analizzare la consistenza dei dubbi che si sono
riassunti, occorre dar cenno della tesi interpretativa, non priva di riscontri giurisprudenziali e dottrinali, secondo cui la declaratoria di illegittimità dell'art. 136 testo originario del c.p. 1930, facendo
venir meno un presupposto di applicabilità dell'art. 332 d.p.r. 23
gennaio 1973 n. 43 (appunto, la conversione della pena pecunia ria in pena detentiva), ne avrebbe determinato l'abrogazione: e
questo non solo nei confronti degli stranieri destinatari di nuove
imputazioni comportanti pene pecuniarie, ma anche nei confronti
degli stranieri in detenzione preventiva per analoghe imputazioni
precedentemente contestate. Le ordinanze del giudice istruttore del Tribunale di Napoli, del
Tribunale di Gorizia e della Corte di cassazione impediscono di considerare una tale interpretazione diritto vivente; anzi, l'ultima di dette ordinanze induce a ravvisare il diritto vivente proprio in
coincidenza con l'interpretazione all'esame di questa corte, basata sulla persistente vigenza dell'art. 332 d.p.r. n. 43/73.
Piuttosto, ci si deve far carico di una più attenta messa a
punto dei rapporti tra il testo dell'art. 136 c.p. dichiarato illegit timo dalla sentenza n. 131 del 1979 e l'art. 332 del decreto n. 43 del 1973, a causa della differente configurazione che a tali
rapporti danno, da un lato, le ordinanze della Corte di cassazio ne e del Tribunale di Gorizia e, dall'altro, l'ordinanza del giudice istruttore del Tribunale di Napoli. Mentre la Corte di cassazione
(e cosi sostanzialmente anche il Tribunale di Gorizia) ritiene « l'arresto obbligatorio e il divieto di liberazione dello straniero che non presti cauzione o malleveria (per il pagameno della multa e dell'ammenda) giustificato soltanto dalla funzione caute lare della carcerazione preventiva in ordine all'esecuzione dell'e ventuale condanna », il giudice istruttore del Tribunale di Napoli considera l'art. 332 del decreto n. 43 del 1973 «norma autonoma e indipendente rispetto all'art. 136 c.p. », in quanto le due norme « estrinsecano la loro operatività su due piani completamente diversi » (e cioè: la prima nell'ambito del processo di cognizione, la seconda con esclusivo riferimento alla fase dell'esecuzione), muovendo da « presupposti » diversi (e cioè: la prima dal sem
plice fatto che lo straniero non presti idonea cauzione o malleve
ria, la seconda dal rigoroso accertamento dell'insolvibilità del
condannato).
Effettivamente, né la diversità dei piani (o, meglio, degli ambiti
processuali) applicativi, né la diversità dei rispettivi presupposti
possono essere negate. La diversità degli ambiti processuali, nonostante l'inappropriato uso per ben quattro volte dell'espres sione « colpevole » da parte dell'art. 332 d,p.r. 23 gennaio 1973
n. 43 (come già da parte dell'art. 139 1. 25 settembre 1940 n.
1424), è ribadita dal similare art. 108 1. 17 luglio 1942 n. 907
(legge sul monopolio dei sali e dei tabacchi), che fa sistematico
uso dell'espressione « imputato », ad eccezione di un caso, co
munque chiaramente riconducibile nel processo di cognizione (vi si parla, infatti, di « massimo della pena stabilita dalla legge », con ovvio riferimento alla sanzione irrogatale in astratto); la
diversità dei presupposti — nonostante il completo silenzio serba
to dall'art. 332 del decreto n. 43 del 1973, come già dall'art. 139
1. n. 1424 del 1940, per quanto riguarda il momento del passag
gio dal processo di cognizione alla fase dell'esecuzione — è
riconosciuta, dopo le incertezze del passato, dall'ormai costante
giurisprudenza della Corte di cassazione, richiamata nelle premes
se dell'ordinanza di rimessione della corte stessa, che ritiene
contra legem la detenzione dello straniero una volta che la
condanna a pena pecuniaria sia divenuta irrevocabile e, quindi,
esecutiva.
Tutto ciò non comporta, peraltro, né che l'estromissione dall'ordi
namento della convertibilità della pena pecuniaria in pena deten
tiva nel corso dell'esecuzione, a seguito della declaratoria di
illegittimità dell'art. 136 c.p. da parte della sentenza n. 131 del
1979, sia priva di ripercussioni sulle valutazioni di costituzionali
tà dell'art. 332 d.p.r. 23 gennaio 1973 n. 43; né che i principi
argomentativi ispiratori della decisione cosi' ripetutamente men
zionata siano aprioristicamente estranei alla presente tematica.
This content downloaded from 185.31.195.178 on Sat, 28 Jun 2014 12:21:30 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
2647 PARTE PRIMA 2648
Del resto, la stessa ordinanza del giudice istruttore del Tribunale
di Napoli, pur nell'ottica della separatezza delle due norme, conclude la sua motivazione con un esplicito richiamo alla parte della sentenza n. 131 del 1979 volta a stigmatizzare il retaggio di
concezioni arcaiche o paleogiuridiche « basate sulla fungibilità tra
libertà e patrimonio personali ».
7. - Venendo alle censure dedotte, le prime a dover essere
sottoposte ad esame sono sicuramente quelle imperniate in vario
modo sull'art. 3 Cost., non tanto perché la loro presenza si
riscontra in tutti i provvedimenti di rimessione, quanto perché
esse, coinvolgendo l'istituto dell'arresto obbligatorio dello stranie
ro che non dia idonea cauzione o malleveria per il pagamento delle pene pecuniarie (e, dunque, l'art o, meglio, l'« in sé »
dell'istituto), precedono, in ordine logico, le censure che, come
quelle imperniate sugli art. 13, 5° comma, e 27, 2° comma, Cost.,
si soffermano particolarmente sull'esorbitante durata dell'arresto
(e, dunque, sul quantum o, meglio, sul « grado di intensità »
dell'istituto).
Tra le censure che si rifanno all'art. 3 Cost, viene ad occupare, a sua volta, una posizione di priorità nei confronti delle altre
quella che per l'art. 332 d.p.r. 23 gennaio 1973 n. 43, si traduce
in un addebito di irrazionalità intrinseca. Questa priorità —
evidenziata dalla stessa ordinanza della Corte di cassazione che, nel sollevare tale addebito, ne aggiunge, come già si è visto, un
secondo, rivolto in subordine contro la differenziazione dello
straniero abbiente e straniero non abbiente — trova spiegazione nell'incidenza che l'eventuale irrazionalità intrinseca avrebbe sul
l'essenza stessa dell'istituto: viceversa, i profili di comparazione, come quelli tra lo straniero abbiente e lo straniero non abbiente
o tra il cittadino e lo straniero (il che vale anche per i parametri
degli art. 2 e 10 Cost., richiamati, unitamente all'art. 3, dalla
sezione istruttoria della Corte d'appello di Catania), limitandosi a
contestare una differenza di trattamento, non mettono in discus
sione, anzi presuppongono, la legittimità dei termini normativi,
oggetto di raffronto comparativo, in se e di per se considerati.
A questo punto, dunque, si deve affrontare la tematica dei
rapporti tra l'art. 332 d.p.r. 23 gennaio 1973 n. 43 e l'art. 3
Cost., sotto il primo dei profili prospettati dall'ordinanza della
Corte di cassazione (irrazionalità intrinseca).
8. - La questione è fondata.
Già in due occasioni questa corte era pervenuta a dichiarare
illegittime, per contrasto con l'art. 3 Cost., norme che imponeva no la carcerazione preventiva per reati punibili con sola pena
pecuniaria: nel primo caso (sentenza n. 39 del 1970, id., 1970, I,
1021) la questione verteva sull'arresto obbligatorio in flagranza nei
confronti del contravventore al divieto di comparire mascherato
in luogo pubblico o aperto al pubblico, cioè di un contravventore
che, « tutt'al più, sarà passibile della pena dell'ammenda » (art. 85 e 220 r.d. 18 giugno 1931 n. 773); nel secondo caso (sentenza n. 42
del 1973, id., 1973, I, 1699) era in discussione l'emissione del man dato di cattura obbligatoriamente prevista anche per le ipotesi nel le quali il fatto di vendere o mettere in vendita merci a prezzi supe riori, in quanto addebitato come « di lieve entità », può essere « punito solo con la multa » (art. 14, 3° comma, e 15, 2° comma, del d.l.c.p.s. 15 settembre 1947 n. 896).
Per la prima sentenza, la specifica ipotesi di carcerazione
preventiva non trovava giustificazione di fronte all'art. 3 Cost, (là invocato a causa della diversità di trattamento riscontrabile ri
spetto a tutti gli altri reati punibili con pena detentiva ma non suscettibili di arresto in flagranza) « né con la gravità del reato, che, anzi, la legge stessa considera di cosi' scarsa entità da
comportare, come si è detto, la sanzione contravvenzionale del l'ammenda; né con ragionevoli motivi di prevenzione, ché la mascheratura è lungi dal denotare, di per sé, una qualsiasi pericolosità del soggetto attivo »: due argomentazioni, queste, che non si possono ripetere tali e quali in ordine ai delitti per le cui
ipotesi non aggravate il d.p.r. 23 gennaio 1973 n. 43 commina la sola pena della multa (le contravvenzioni punibili con la sola
pena dell'ammenda sono ora depenalizzate, non esistendo ipotesi aggravate punibili con l'arresto). A sua volta, per la seconda
sentenza, l'irrazionalità ex art. 3 Cost, era da ravvisare nell'essere l'autorità giudiziaria « obbligatoriamente tenuta a disporre la cattura anche per un fatto nel quale essa stessa, nella sua
preliminare delibazione, ravvisi gli estremi della tenuità »: una
considerazione, pure questa, che non trova pieno riscontro nel settore regolamentato dal d.p.r. n. 43 del 1973. D'altra parte, per quanto riguarda l'art. 332 di tale decreto, che prescrive l'arresto quando non sia data cauzione o malleveria « per il pagamento delle multe o delle ammende », essendovi in allora posto per la conversione della pena pecuniaria insoluta in pena detentiva, non mancava la possibilità che la pena detentiva, pur non commina
bile all'atto della condanna, subentrasse alla pena pecuniaria in
sede di esecuzione.
Come osserva l'ordinanza della Corte di cassazione, adesso che,
a seguito della sentenza n. 131 del 1979, la pena detentiva non
può più subentrare alla pena pecuniaria insoluta, la previsione di
una carcerazione preventiva cosi' finalizzata, a carico di un imputa to nei cui confronti la pena detentiva non potrà più trovare
esecuzione in alcun modo ed in alcuna forma, si appalesa « contraria ad ogni criterio di ragionevolezza », qualunque sia
l'entità della pena pecuniaria irrogatile. A tutto concedere sulla natura giuridica di questa speciale
figura di carcerazione preventiva (arresto obbligatorio e divieto di
liberazione se non viene prestata idonea cauzione o malleveria
per il pagamento della pena pecuniaria; liberazione dovuta e,
pertanto, non libertà provvisoria, ma scarcerazione immediata se
viene prestata idonea cauzione o malleveria), e, quindi, anche ad
ammettere che si sia in presenza non di un'anticipata espiazione della pena (in tal caso, si arriverebbe all'assurdità di far scontare
sotto forma di carcerazione preventiva un'eventuale sanzione non
espiabile sotto specie di pena detentiva), bensì di una misura
cautelare sussidiaria e mediata rispetto alla misura cautelare
principale e diretta (cioè, la cauzione o malleveria) preordinata soltanto ad assicurare il pagamento della pena pecuniaria, un
dato rimane innegabile: l'arresto obbligatorio e il divieto di
scarcerazione si risolvono in un mezzo di pressione esercitato
sulla persona fisica dell'imputato all'unico fine di costringerlo all'esborso anticipato di una somma che, in caso di condanna a
pena pecuniaria, non potrebbe mai essere ottenuta dallo Stato
utilizzando nella fase dell'esecuzione analoghi strumenti di coer
cizione fisica.
Questo insieme di valutazioni — che, facendo leva su un
riverbero della sentenza n. 131 del 1979, portano a concludere
nel senso di una palese irrazionalità delle prescrizioni in esame, anche tenuto conto di quelle che sono le normali finalità della
carcerazione preventiva: un'irrazionalità tanto più grave e tanto
meno tollerabile in quanto a risentirne è un fondamentale valore
quale la libertà personale — coinvolge, anzitutto, le ipotesi (normalmente, ma non esclusivamente, prese in considerazione dalle ordinanze di rimessione) nelle quali l'applicazione dell'art. 332 d.p.r. n. 43 del 1973 concerne reati punibili esclusivamente con pena pecuniaria. Ma ciò non toglie che ne rimangano coinvolte anche le ipotesi in cui il prolungarsi dell'arresto dello straniero abbia attinenza a reati punibili congiuntamente con
pena detentiva e con pena pecuniaria (o — anche se questa eventualità non trova riscontro nelle previsione del d.p.r. 23
gennaio 1973 n. 43 — con pena detentiva alternativamente a
pena pecuniaria): ovviamente, e sempreché rispetto alla pena detentiva la carcerazione preventiva trovi titolo nelle ordinarie
previsioni delle leggi processuali penali, l'irrazionalità dell'arresto verrà a delinearsi quando il periodo di carcerazione già sofferto assorba i rapporti con la pena detentiva, cosi che il suo prose guire trovi titolo soltanto nella mancata prestazione della cauzio ne o della malleveria preordinata a garantire il pagamento della
pena pecuniaria. L'art. 332 d.p.r. 23 gennaio 1973 n. 43, va, dunque, dichiarato
illegittimo relativamente sia alle parole del 1° comma: « ovvero
quando si tratta di straniero che non dà idonea cauzione o malleveria per il pagamento delle multe e delle ammende », sia alle parole del 2° comma: « o, trattandosi di straniero, fino a che
questi non ha pagato la cauzione o la malleveria ». Per le ragioni già dette, tale conclusione esime la corte dall'e
saminare le ulteriori censure, di portata analoga o più ridotta, prospettate dalle ordinanze di rimessione in riferimento agli altri
profili concernenti l'art. 3 Cost., nonché gli art. 2, 10, 13, 5° comma, e 27, 2° comma, Cost.
In applicazione dell'art. 27 1. 11 marzo 1953 n. 87, è pure da dichiarare illegittimo negli stessi termini il già menzionato art. 108 1. 17 luglio 1942 n. 907, che, con riguardo alle violazioni
penalmente sanzionate del monopolio dei sali e dei tabacchi, configura per lo straniero casi di arresto con prescrizioni presso ché identiche; pertanto, anche questa declaratoria conseguenziale di illegittimità investe le corrispondenti parole dei primi due comma di detto articolo.
Per questi motivi, a) dichiara l'illegittimità costituzionale del l'art. 332, 1° comma, d.p.r. 23 gennaio 1973 n. 43 (t.u. delle
disposizioni legislative in materia doganale), relativamente alle
parole: « ovvero quando si tratta di straniero che non dà idonea cauzione o malleveria per il pagamento delle multe o delle ammende »; b) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 332, 2°
comma, d.p.r. 23 gennaio 1973 n. 43 (t.u. delle disposizioni legislative in materia doganale), relativamente alle parole: « o, trattandosi di straniero, fino a che questi non ha pagato la cauzione o la malleveria »; c) dichiara, in applicazione dell'art.
This content downloaded from 185.31.195.178 on Sat, 28 Jun 2014 12:21:30 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
27 1. 11 marzo 1953 n. 87, l'illegittimità costituzionale dell'art.
108, 1° comma, 1. 17 luglio 1942 n. 907 (legge sul monopolio dei
sali e dei tabacchi), relativamente alle parole: « ovvero quando si tratta di straniero che non dà idonea cauzione o malleveria
per il pagamento delle multe o delle ammende »; d) dichiara, in
applicazione dell'art. 27 1. 11 marzo 1953 n. 87, l'illegittimità costituzionale dell'art. 108, 2° comma, 1. 17 luglio 1942 n. 907
(legge sul monopolio dei sali e dei tabacchi), relativamente alle
parole: «o, trattandosi di straniero, fino a che questi non ha
prestato la cauzione o la malleveria ».
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 6 luglio 1983, n. 208
(Gazzetta ufficiale 13 luglio 1983, n. 191); Pres. Elia, Rei. Fer
rari; imp. Susin; interv. Pres. cons, ministri (Aw. dello Stato Chiarotti). Ord. Trib. Belluno 22 ottobre 1976 (Gazz. uff. 5 gennaio 1977, n. 4).
Testimoni in materia penale — Falsa testimonianza — Arresto
provvisorio — Assunzione della qualità di imputato — Discre
zionalità delle garanzie difensive — Questione inammissibile di costituzionalità (Cost., art. 3, 24; cod. proc. pen., art. 359).
Testimoni in materia penale — Falsa testimonianza — Arresto
provvisorio — Assunzione della qualità di imputato — Que stione inammissibile di costituzionalità (Cost., art. 13; cod.
proc. pen., art. 78, 359).
E inammissibile, per difetto di rilevanza, la questione di legitti mità costituzionale dell'art. 359 c.p.p., in riferimento agli art. 3 e 24 Cost., nella parte in cui rimette alla mera discrezionalità del giudice la determinazione del momento consumativo del reato di falsa testimonianza e l'assunzione della qualità di
imputato da parte del testimone con le relative garanzie di
difesa (essendo stata la predetta questione sollevata d'ufficio dopo che lo stesso giudice aveva respinto l'eccezione difensiva di nullità sul rilievo che nel momento del riesame del teste
successivo all'arresto provvisorio colui che è stato chiamato a
deporre non ha ancora commesso il reato di falsa testimonian
za, non assume la qualità di imputato e non ha necessità di
garanzie di difesa). ( 1) E inammissibile, per difetto di motivazione sulla rilevanza, la
questione di legittimità costituzionale dell'art. 78 c.p.p. in relazione all'art. 359 stesso codice e in riferimento all'art. 13
Cost. (essendo stata la predetta questione sollevata d'ufficio senza alcun cenno all'iter logico che porterebbe a ravvisare
una violazione dell'art. 13 Cost, e dopo che lo stesso giudice aveva respinto l'eccezione difensiva di nullità con l'osservare che
l'arresto previsto dall'art. 78 c.p.p. non è evidentemente quello
provvisorio menzionato nell'art. 359 c.p.p.). (2)
(1-2) L'ordinanza di rimessione, Trib. Belluno 22 ottobre 1976 è massimata in Foro it., 1977, II, 222.
Cass. 30 gennaio 1979, Savio, id., Rep. 1980, voce Testimoni in materia
penale, n. 18, ha ritenuto manifestamente infondata la questione di le
gittimità costituzionale dell'art. 359 c.p.p., per preteso contrasto con l'art.
24, 2° comma, Cost., osservando che il testimone, se ritratta il falso e manifesta il vero, conserva la sua qualità di testimone e la testimo nianza può essere utilizzata nel processo; mentre, se non ritratta il falso e non manifesta il vero, viene arrestato e nel relativo giudizio ha diritto all'assistenza del difensore come tutti gli imputati; la ritrattazione ha la duplice funzione, infatti, di deposizione testimoniale e di causa estintiva del reato, mentre la pronuncia di non doversi
procedere perché l'imputato non è punibile, non presuppone la nomina del difensore. iPer Cass. 14 febbraio 1979, Di Palma, ibid., n.
17, l'art. 359 c.p.p., in merito ai poteri del giudice nei confronti dei testimoni renitenti, falsi o reticenti, consente di distinguere due momenti: un primo momento nel quale l'ammonizione del giudice a
dire la verità può portare sino all'arresto provvisorio, con la possibili tà di proseguire l'esame anche il giorno successivo, ed un secondo, che può essere autonomo o seguire il primo, nel quale il giudice,
persistendo il teste nella deposizione ritenuta falsa o reticente, emette
mandato di arresto; solo da questo momento si applicano le garanzie difensive previste per l'imputato e la ritrattazione, che costituisce
causa di non punibilità, richiede una decisione giurisdizionale. Corte cost. 13 febbraio 1974, n. 26, id., 1974, I, 999, con nota di richiami, ha dichiarato non fondata, in riferimento agli art. 3 e 24 Cost., la
questione di legittimità costituzionale dell'art. 458 c.p.p. nella parte in
cui consente che in determinate ipotesi non si proceda a giudizio immediato per il reato di falsa testimonianza commesso in udienza.
Analoga questione proposta in riferimento all'art. 25 Cost, è stata
dichiarata non fondata da Corte cost. 9 luglio 1963, n. 122, id., 1963, I, 1810, con nota di richiami. Corte cost. 9 dicembre 1982, n. 206,
ibid., 2105, con nota di richiami, ha dichiarato non fondata la
questione di legittimità costituzionale dell'art. 376 c.p., in riferimento
Diritto. — 1. - Nella vicenda giudiziaria di cui all'ordinanza
del Tribunale di Belluno, e nella quale certo Susin Guido è
chiamato a rispondere di violazione della legge Merlin, venivano
coinvolte due donne — tali Sovilla Antonella e Pescador Maria
Luisa —, le quali, assunte come testi, negarono in un primo
tempo di essersi ripetutamente prostituite su sollecitazione del
Susin ed in casa dello stesso. Il giudice istruttore, reputando mendaci e reticenti le loro deposizioni, ne ordinò l'arresto prov
visorio, successivamente al quale le due donne diedero una ben
diversa versione dei fatti, che il giudice istruttore ritenne verite
ria e tale, unitamente ad altro materiale probatorio raccolto, da
giustificare il rinvio a giudizio del prevenuto. Ma la dife
sa di questi eccepì dinanzi al tribunale la nullità — insa
nabile ai sensi dell'art. 185 c.p.p. — delle suddette deposizioni
testimoniali e, quindi, del rinvio a giudizio del Susin, per violazione dei diritti di difesa, in quanto le due donne, una volta
ordinatone l'arresto provvisorio, dovevano considerarsi indiziate
di reato e, conseguentemente, « il loro interrogatorio successivo
(di ritrattazione) doveva essere assunto con le garanzie di cui
all'art. 304 c.p.p. ». Il tribunale rigettò l'eccezione, osservando in
contrario che « nel momento del riesame del teste, dopo l'arresto
provvisorio, colui che è stato chiamato a deporre non ha ancora
commesso reato di falsa testimonianza, non assume la qualità di
imputato e non ha necessità di garanzie di difesa », giacché « l'arresto di cui si dice nell'art. 78 c.p.p. non è evidentemente
quello provvisorio enunciato nell'art. 359 c.p.p. ».
2. - Il giudice a quo, tuttavia, ha sollevato d'ufficio, subito
dopo l'apertura del dibattimento, le questioni di legittimità costi
tuzionale degli art. 359 c.p.p. in riferimento agli art. 3 e 24
Cost, e 78 stesso codice di rito, in relazione al menzionato art.
359, per asserito contrasto con l'art. 13 Cost. Secondo il Tribuna
le di Belluno, la norma di cui all'art. 359 c.p.p. « rimette alla
mera discrezionalità del giudice il momento consumativo del
reato »: non sarebbe la legge in via preventiva, infatti, bensì il
giudice di volta in volta « a fare assumere o meno al teste la
qualità di imputato », secondo che « a suo arbitrio, non ritenga o
ritenga di diffidarlo nuovamente o di arrestarlo in via provviso ria »; e poiché ne deriverebbero « gravi conseguenze di disparità di trattamento per identici comportamenti di coloro che sono
chiamati a prestare l'ufficio di teste », risulterebbe « evidente ... il
contrasto tra le disposizioni di cui all'art. 359 c.p.p. e gli art. 3 e
24 Cost. », nonché « tra l'art. 78 c.p.p., in relazione all'art. 359
stesso codice, e l'art. 13 Cost. ».
3. - La questione di legittimità costituzionale dell'art. 359 c.p.p., sollevata in riferimento agli art. 3 e 24 Cost., è inammissibile.
Si può prescindere dalla duplice considerazione che la vio
lazione del diritto di difesa va valutata nei confronti del sog
getto imputato nel giudizio principale, cioè del Susin Guido, e
che dagli atti di causa risulta raccolto in istruttoria copioso materiale probatorio — oltre le deposizioni delle due sunnomina
te testi — il quale, essendo stata la questione sollevata in
apertura del dibattimento, non ha avuto la possibilità di essere
vagliato dal Tribunale di Belluno ai fini dell'attendibilità delle
due testimoni di cui sopra. Non può non rilevarsi, viceversa, che
l'ordinanza appare palesemente contraddittoria nel suo riferimen
to all'art. 24: il giudice a quo, infatti, ne denuncia d'ufficio la
violazione subito dopo averla esclusa, allorché la stessa censura era stata formulata dalla difesa; conseguentemente, una volta
negata la nullità delle deposizioni e del rinvio a giudizio, la
questione risulta sollevata nella sua astrattezza. Ciò involge anche
il riferimento all'art. 3, a riguardo del quale va comunque
aggiunto che l'ordinanza non è sufficientemente chiara.
agli art. 3 e 24 Cost., nella parte in cui prevede che i termini per la ritrattazione della falsa testimonianza resa in un procedimento penale sono diversi e più brevi rispetto a quello posto dal 2° comma dello stesso articolo per la ritrattazione della falsa testimonianza intervenuta in un giudizio civile.
Sulla natura giuridica della ritrattazione, v. Cass. 10 marzo 1980, Orsolini, id., 1980, II, 654, con osservazioni di Boschi. Sul momento consumativo del reato di falsa testimonianza, v., tra le altre, Cass. 7 novembre 1977, Fornasari, id., Rep. 1978, voce Falsa testimonianza, n.
2; 6 maggio 1976, Montrone, id., Rep. 1976, voce cit., n. 6; Pret. Pisa 20 novembre 1973, id., 1974, II, 163, con nota di richiami.
In dottrina, sull'osservanza della garanzia di difesa in relazione al
disposto dell'art. 359 c.p.p., Antolisei, Manuale di diritto penale, parte speciale, Milano, 1977, II, 850; Guarneri, in Atti dell'VlII convegno De Nicola, 1974, 225; Santoro, Testimonianza, perizia, interpretazione (falsità in), voce del Novissimo digesto, 1973, XIX, 302; Aimonetto, in Giur. it., 1980, II, 507; Marini, in Dir. e pratica trib., 1980, II, 960; Tessitore, in Giur. costit., 1979, I, 54; Galati, in Riv. it. dir. e
proc. pen., 1972, 385; Pettenati, id., 1964, 557; Foschini, in Arch,
pen., 1962, II, 405; Chiarotti, id., 1958, II, 57.
This content downloaded from 185.31.195.178 on Sat, 28 Jun 2014 12:21:30 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions