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sentenza 19 giugno 1996; Pres. Cofano, Est. Bernabai; Di Giacomo (Avv. Celli) c. Soc. Casa Città(Avv. Salis)Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 6 (GIUGNO 1997), pp. 1995/1996-1997/1998Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23192057 .
Accessed: 25/06/2014 04:24
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1995 PARTE PRIMA 1996
Pertanto, essendo stata proposta la riconvenzionale come do
manda di valore indeterminato (poiché l'opponente non ha quan
tificato, neanche indirettamente, il suo controcredito e l'ecce
denza rispetto alla somma ingiunta), essa appartiene alla com
petenza di questo ufficio, e non può essere rimessa al pretore, neanche per connessione con la domanda principale, poiché gli art. 34, 35 e 36 non consentono deroghe alla competenza per valore del giudice superiore (cfr. Cass. 19 novembre 1984, n.
5910, id., Rep. 1984, voce Competenza civile, n. 87; 13 dicem bre 1982, n. 6839, id., Rep. 1982, voce Locazione, n. 625).
È peraltro appena il caso di sottolineare che l'indipendenza e l'autonomia tra le causae petendi della domanda principale e di quella riconvenzionale (la cui relazione logico-giuridica è rappresentata esclusivamente dall'eventuale effetto estintivo del
credito principale conseguente all'eccepita compensazione) scon
giura nel caso di specie ogni timore di possibile contrasto tra
i giudicati che in ciascuna sede giudiziarià competente verranno
a formarsi su ognuna di esse.
Si provvede pertanto, con apposita ordinanza, a separare la
domanda riconvenzionale da quella rimessa al pretore, ed a re
stituire la prima al ruolo istruttorio, poiché l'anticipata assun
zione della causa in decisione non ha consentito alcuna pronun cia sulle richieste istruttorie dell'attore in riconvenzione, formu
late già in citazione e richiamate nelle conclusioni.
TRIBUNALE DI ROMA; sentenza 19 giugno 1996; Pres. Co
fano, Est. Bernabai; Di Giacomo (Aw. Celli) c. Soc. Casa
Città (Aw. Salis).
TRIBUNALE DI ROMA;
Mediazione e mediatore — Mediazione immobiliare — Obbligo di diligenza a carico del mediatore — Fattispecie (Cod. civ., art. 1759).
Il mediatore ha l'obbligo, ulteriore rispetto a quello di mettere
in contatto le parti dell'affare, di svolgere un'attività di veri
fica della fattibilità giuridica e della regolarità formale del
l'affare, propedeutica al suo naturale sbocco contrattuale. (1)
(1) Il proprium dell'attività del mediatore, una volta che si ponga mente al ruolo degli agenti in affari di mediazione, vivifica il «prototi
po classico della prestazione di risultato: perché si è pagati solo se c'è il risultato» (così Galgano, La nuova figura del mediatore tra profes sionista e intellettuale ed imprenditore, in La disciplina della mediazio
ne, atti del convegno di Verona del 3 e 4 novembre 1989, Padova, 1991, 41). La premessa permette di chiudere il cerchio con l'obbligo di informazione, previsto dall'art. 1759 c.c., in forza del quale il media tore è tenuto a fornire alle parti tutte le circostanze idonee a porle in grado di valutare la convenienza e la sicurezza dell'operazione eco nomica proposta. Per quanto, infatti, l'apprezzamento circa la bontà dell'affare intermediato spetti unicamente alle parti, la sentenza in epi grafe sposta ancor più avanti il punto di equilibrio rispetto all'opinio ne, pacifica (v. Di Omo, Mediazione e mediatori, voce del Digesto comm., Torino, 1993, IX, 399), secondo cui il mediatore adempie all'obbligo di informazione anche limitandosi a trasmettere alle parti le informa zioni così come le ha ricevute, senza cioè compiere particolari indagini sulla sicurezza dell'affare, sulla sua opportunità economica dal punto di vista tecnico o, infine, sulla veridicità e fondatezza dei fatti cui le informazioni si riferiscono. Infatti, si richiede l'ulteriore sforzo di veri ficare se sussistano le condizioni affinché l'affare vada utilmente in porto: altrimenti, ne risulterebbe frustrata la ratio stessa della norma su ricor
data, volta ad impedire che l'interesse personale del mediatore prenda il sopravvento su quello delle parti contraenti, che potrebbe risultare
compromesso da una falsa rappresentazione della realtà. Appare con
gruo allora richiedere che il mediatore si attivi anche in ordine alle cir
II Foro Italiano — 1997.
Svolgimento del processo. — Con citazione notificata il 25
marzo 1992 il sig. Domenico Di Giacomo conveniva dinanzi
al Tribunale di Roma la s.r.l. Casa Città ed il sig. Antonio
Scaringella, esponendo: — che sul quotidiano II Messaggero di Roma, nell'ottobre
del 1990 erano apparsi, per due volte, annunzi pubblicitari di
vendita di un terreno edificabilc di mq 1.000 in località Casalot ti, verso il prezzo di lire 130.000.000, ed egli, interessato all'af fare, aveva preso contatto con la s.r.l. Casa Città, che aveva
curato l'annunzio pubblicitario, venendo da questa indirizzato
al funzionario dell'ufficio vendita, sig. Antonio Scaringella; — che, in data 17 ottobre 1990, dopo aver ricevuto confer
ma, dal predetto fuzionario, della edificabilità, si era irrevoca
bilmente impegnato all'acquisto dell'immobile, descritto come
«lotto terreno intercluso immediatamente edificabilc previa con
cessione edilizia da chiedere da parte dall'acquirente»; — che, successivamente, in data 20 novembre 1990, aveva
stipulato il contratto preliminare di compravendita, versando
complessivamente la somma di lire 64.000.000 in conto prezzo; — che, per contro, non era stato possibile stipulare l'atto
definitivo perché l'immobile era risultato gravato da trascrizio
ni e prescrizioni pregiudizievoli, anche anteriori alla proposta irrevocabile 17 ottobre 1990, e inoltre non conforme alle carat
teristiche urbanistiche e tipologiche indicate nella pubblicità; — che la Casa Città aveva percepito una provvigione di lire
5.000.000 e si era rifiutata di restituirla. Tutto ciò premesso, chiedeva la condanna della s.r.l. Casa Città alla rifusione della
predetta somma oltre al risarcimento del danno ed alle spese di giudizio. (Omissis)
Motivi della decisione. — La domanda è fondata.
Per dirimere la questione cruciale della controversia, riguar
dante le obbligazioni del mediatore, occorre chiarire che la fun
zione di quest'ultimo è tanto più alla luce della disciplina della
1. 3 febbraio 1989 n. 39, che ne ha reso l'attività professionale
protetta, mediante l'obbligo di iscrizione in apposito ruolo —
non può consistere nel solo porre in contatto due soggetti inte
ressati ad una compravendita; ma anche nello svolgere un'atti
vità di verifica della fattibilità giuridica e regolarità formale del l'affare, propedeutica al suo naturale sbocco contrattuale.
Se così non fosse, non si vede quale sarebbe la ragione della
necessaria iscrizione del mediatore nell'apposito ruolo, dato che
la sua funzione si ridurrebbe, più o meno, alla commissione
costanze che avrebbe dovuto conoscere, perché rilevanti per la conclu
sione dell'affare (v., in questo senso, Mora, Un caso di responsabilità del mediatore ex art. 1759, 1° comma, c.c., in Resp. civ., 1993, 624, che richiama la discrezionalità del mediatore nel valutare l'affare e la
sua sicurezza, comunicando conseguentemente le — sole — circostanze
che possono influire sulla conclusione dello stesso): soprattutto perché,
per dirla con il collegio romano, proprio la professionalizzazione che deriva dall'istituzione del ruolo importa responsabilità più penetranti.
Non tutta la dottrina, però, concorda con questa impostazione: per
l'opposta conclusione, secondo cui non si può porre a carico del media
tore un particolare obbligo di accertamento delle circostanze relative
all'affare, v. R. Rossi, Obblighi di informazione e responsabilità del
«broker» (nota a App. Bologna 18 luglio 1992), in Foro it., 1993, I, 579.
Di contro, Carraro, La mediazione, Padova, 1960, 153, già sostene
va che l'ampia previsione di cui al 1° comma dell'art. 1759 consentireb
be di ritenere l'obbligo di informazione esteso alla valutazione econo
mica dell'affare, alla sua idoneità a far raggiungere gli scopi desiderati
dalle parti ed anche alla sicurezza dell'affare stesso in ordine alla solvi bilità delle parti (assunto il necessario coordinamento con il 3° comma
dell'art. 1764, che risulta essere il punto dolens della diatriba dottrina ria: v., ancora, Rossi, cit., 579).
Per quanto riguarda, in particolare, la mediazione immobiliare, si
afferma che l'obbligo in questione si riferisce non solo alle circostanze
accertate, ma anche a quelle di cui il mediatore abbia avuto semplice mente notizia, con particolare riferimento al certificato di abitabilità:
Cass. 3 giugno 1993, n. 6219, Foro it., Rep. 1994, voce Mediazione, n. 17. Inoltre, per Trib. Trieste 2 dicembre 1991, id., Rep. 1995, voce
cit., n. 25, la responsabilità in questione si estende alle circostanze che, sebbene non conosciute dal mediatore, lo stesso avrebbe dovuto cono scere o per espresso incarico del cliente o perché rientranti nel contenu
to della prestazione che il mediatore usualmente s'impegna a svolgere in favore del cliente (nella specie, il mediatore non aveva comunicato
all'acquirente il carattere abusivo dell'appartamento proposto in acqui sto, di cui, peraltro, non era a conoscenza).
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
della pubblicità su giornali, specializzati o no, che le stesse parti
potrebbero fare per proprio conto.
Al contrario, proprio la sua professionalizzazione importa re
sponsabilità più penetranti; del resto già prefigurate nella disci
plina codicistica, e in particolare all'art. 1759 c.c., secondo il
quale il mediatore deve comunicare alle parti le circostanze a
lui note relative alla valutazione ed alla sicurezza dell'affare che
possano influire sulla conclusione di esso. Discende da questa norma anche l'obbligo di espletare un'istruttoria sulla sicurezza
dell'affare: non potendo invocare la propria ignoranza di even
tuali difformità della proposta, rispetto alla realtà giuridica, il
mediatore che non abbia accertato, con la diligenza specifica a lui richiesta, la verità della descrizione del bene e delle garan zie offerte dal venditore sulla libertà da iscrizioni e trascrizioni
pregiudizievoli. S'intende che egli non dovrà andare al di là di un controllo
puramente formale, esperibile sulla scorta della documentazio
ne riguardante il bene promesso in vendita (atto di provenienza, visure catastali) che la stessa venditrice dovrà mettere a sua di
sposizione. Ma resta il fatto che un mediatore che, come nel caso di
specie, pubblichi o faccia pubblicare due inserti su quotidiani, a proprio nome, nei quali il fatto della natura edificabilc del
terreno, suscita nei terzi un affidamento, legittimato proprio dalla spendita del nome dell'agente immobiliare, quale operato re professionale: affidamento che peraltro non vi sarebbe, se
le medesime notizie provenissero dal soggetto privato interessa
to alla vendita (caveat emptorì). Nella specie, è stato accertato dal c.t.u., con motivazione dif
fusa, immune da vizi logici, che il terreno non è edificabilc per ché non intercluso.
E la responsabilità della venditrice, che aveva garantito quel la caratteristica, non fa veir meno quella concorrente del me
diatore (Cass. 9 aprile 1984, n. 2277, Foro it., Rep. 1984, voce
Mediazione, nn. 10, 15) per aver reso pubblica la proposta, sen
za usare l'ordinaria diligenza nel verificare preventivamente i
dati esposti in forma pubblica. Ne consegue l'obbligo del mediatore di restituire la provvi
gione, documentata in lire. 5.000.000, con gli interessi legali dalla domanda; mentre va respinta la domanda svolta nei con
fronti dello Scaringella di cui non è stata provata l'attività me
diatrice in proprio o per conto della Casa Città, nelle trattative
intercorse.
Nessuna altra voce di danno è stata dimostrata.
TRIBUNALE DI REGGIO EMILIA; ordinanza 6 giugno 1996; Giud. Costanzo; Cigarini (Aw. Timeo) c. Gerace (Aw. Bel
vedere).
TRIBUNALE DI REGGIO EMILIA;
Esecuzione provvisoria e sospensione dell'esecuzione — Inibito
ria della sentenza di primo grado — Disciplina transitoria —
Ambito di applicazione — Fattispecie (Cod. proc. civ., art.
282, 283, 351; 1. 26 novembre 1990 n. 353, provvedimenti
urgenti per il processo civile, art. 90; d.l. 18 ottobre 1995
n. 432, interventi urgenti sul processo civile e sulla disciplina transitoria della 1. 26 novembre 1990 n. 353, relativa al mede
simo processo, art. 9; 1. 20 dicembre 1995 n. 534, conversione
in legge, con modificazioni, del. d.l. 18 ottobre 1995 n. 432).
L'espressione «giudizi pendenti alla data del 30 aprile 1995»
contenuta nell'art. 90 I. 353/90, così come modificato dalla
li Foro Italiano — 1997.
/. 20 dicembre 1995 n. 534, va intesa nel senso che la penden
za si riferisca al giudizio nel suo complesso e non al grado, con la conseguenza che, ove il solo giudizio d'appello, e non
il giudizio nel suo complesso, sia stato instaurato dopo il 30
aprile 1995, all'istanza di sospensione della efficacia esecutiva
della sentenza impugnata si applica l'art. 351 c.p.c. nel testo
vigente anteriormente a tale data. (1)
Premesso che Cigarini Mauser ha proposto appello contro
la sentenza 20 novembre 1995, provvisoriamente esecutiva ex
(1) La pronuncia si segnala per aver affrontato una delle numerose
questioni di diritto transitorio sorte per effetto della entrata in vigore della 1. 353/90, o meglio soprattutto in forza dei decreti legge interve nuti successivamente a tale legge al fine di incidere sul suo contenuto e sul profilo temporale inerente la sua entrata in vigore. In particolare, la questione interpretativa di cui sopra è riconducibile alla modifica, ad opera dei citati decreti legge, dell'art. 90 1. 353/90. Detta norma
prevedeva, all'8c comma, quale principio generale che: «per quanto non
disposto dai commi da 1 a 7, le disposizioni della presente legge si
applicano ai giudizi pendenti» (cfr., fra gli altri, sulla disciplina transi toria prevista da tale norma: Montesano-Arieta, Il nuovo processo civile, Napoli, 1991, 175 ss.; Consolo-Luiso-Sassani, La riforma del
processo civile, Milano, 1991, 175 ss.; Consolo-Luiso-Sassani, La ri
forma del processo civile, Milano, 1993, 587 ss.; Attardi, Le nuove
disposizioni sul processo civile, Padova, 1991, 281 ss.; Vaccarella
Capponi-Cecchella, Il processo civile dopo le riforme, Torino, 1992, 391 ss.). Tale principio è stato sostanzialmente ribaltato dal d.l. 21 aprile 1995 n. 121 che all'art. 1 ha previsto, quale principio generale, che: «ai giudizi pendenti alla data del 30 aprile 1995 si applicano le disposi zioni vigenti anteriormente a tale data». Questa modifica è stata poi confermata dai successivi d. 1. 21 giugno 1995 n. 238, 9 agosto 1995 n. 347, 18 ottobre 1995 n. 432 e dalla legge di conversione 20 dicembre 1995 n. 534, con la conseguenza che l'attuale disciplina transitoria del
processo civile prevede che:
a) le «nuove» disposizioni del codice di procedura civile di cui alla 1. 353/90 si applicano integralmente ai soli processi iniziati dopo il 30
aprile 1995;
b) ai «giudizi pendenti» a tale data si applicano le norme anterior mente vigenti (le norme, cioè, del codice di procedura civile nel testo anteriore alla 1. 353/90 e le disposizioni che in base alla 1. 4 dicembre 1992 n. 477 già si applicano ai giudizi iniziati dopo il 1° gennaio 1993), con l'eccezione di talune innovazioni di immediata applicazione anche ai giudizi pendenti (art. 5, 40, 42, 181, 186 bis, 186 ter, 186 quater, 295, 336, 360, 361, 367, 371 bis, 373, 375, 377, 384, 391 bis, 398, 495,
525) (per un più dettagliato esame delle tormentate vicende inerenti l'en trata in vigore del novellato processo civile, cfr., fra gli altri, Capponi, La disciplina transitoria del nuovo processo civile, in Corriere giur., 1995, 526 ss.; Id., Su taluni problemi delta disciplina transitoria delle recenti riforme de!processo civile, in Foro it., 1992, V, 225 ss.; Pagni, La nuova disciplina transitoria della legge di riforma del processo civi
le, in Giur. it., 1995, IV, 212 ss.; Balena, Ancora «interventi urgenti» sulla riforma del processo civile (osservazioni sui d.l. 21 giugno 1995 n. 238 e 9 agosto 1995 n. 347), ibid., 317 ss.; Luiso, Il d.l. 238/95 sul processo civile, ibid., 241 ss.; Id., L'entrata in vigore della riforma del processo civile e il d.l. 21 aprile 1995 n. 121, ibid., 3; G. Costanti
no, Il processo civile nel 1993: note sul rinvio della riforma, in Foro
it., 1992, V, 417 ss.; Id., lì processo incivile nel 1995 (note sulla appli cazione dimezzata della riforma), id., 1995, V, 225 ss.; Id., La lunga agonia del processo civile (Note sul d.l. 21 giugno 1995 n. 238), ibid., 321 ss.; Id., La giustizia civile e Biancaneve (note sulla I. 20 dicembre 1995 n. 534), id., 1996, V, 1 ss.; Vaccarella-Capponi-Ceccheila, Gli interventi sulla riforma del processo civile, Torino, 1992).
Quello da ultimo richiamato è appunto il dato normativo che ha co stituito oggetto del problema interpretativo affrontato dall'ordinanza di cui sopra. Tale problema consiste, in sostanza, nello stabilire se l'e
spressione «giudizi pendenti» alla data del 30 aprile 1995 sia da inten dersi come riferita al giudizio nel suo complesso (come ha ritenuto il
Tribunale di Reggio Emilia) o invece al solo grado di giudizio. In giurisprudenza, sostanzialmente nello stesso senso della ordinanza
in epigrafe: App. Milano, ord. 19 maggio 1995, Foro it., Rep. 1995, voce Esecuzione provvisoria, n. 3, e Giur. it., 1995, I, 2, 797, con nota
di Onntboni; App. Firenze, ord. 18 ottobre 1995, e 4 dicembre 1995, Toscana lav. giur., 1996, 12 ss. Più in generale, sulla nozione di pen denza, vedi, da ultimo, App. Roma 7 maggio 1993, Foro it., 1993,
I, 1979; Trib. Milano 3 settembre 1988, Pret. Cosenza 13 dicembre
1988, e Pret. Milano 9 febbraio 1988, id., 1990, I, 670, con nota di
richiami; cfr. anche Trib. Latina 12 dicembre 1996, in questo fascicolo, I, 1986.
In dottrina, nel senso che l'espressione «giudizi pendenti» di cui al «nuovo» art. 90 vada intesa nel senso che la pendenza sia «chiaramente
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