+ All Categories
Home > Documents > sentenza 19 ottobre 2001, n. 335 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 24 ottobre 2001, n. 41);...

sentenza 19 ottobre 2001, n. 335 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 24 ottobre 2001, n. 41);...

Date post: 31-Jan-2017
Category:
Upload: hadat
View: 214 times
Download: 1 times
Share this document with a friend
4
sentenza 19 ottobre 2001, n. 335 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 24 ottobre 2001, n. 41); Pres. Ruperto, Est. Capotosti; Soc. Gesteco e altra (Avv. Barel, Corbo) c. Provincia di Udine e altra; interv. Regione Friuli-Venezia Giulia (Avv. Marzi). Ord. Tar Friuli-Venezia Giulia 14 gennaio 2000 (G.U., 1 a s.s., n. 29 del 2000) Source: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 2 (FEBBRAIO 2002), pp. 335/336-339/340 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23196379 . Accessed: 28/06/2014 09:45 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.238.114.163 on Sat, 28 Jun 2014 09:45:23 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript
Page 1: sentenza 19 ottobre 2001, n. 335 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 24 ottobre 2001, n. 41); Pres. Ruperto, Est. Capotosti; Soc. Gesteco e altra (Avv. Barel, Corbo) c. Provincia

sentenza 19 ottobre 2001, n. 335 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 24 ottobre 2001, n. 41);Pres. Ruperto, Est. Capotosti; Soc. Gesteco e altra (Avv. Barel, Corbo) c. Provincia di Udine ealtra; interv. Regione Friuli-Venezia Giulia (Avv. Marzi). Ord. Tar Friuli-Venezia Giulia 14gennaio 2000 (G.U., 1 a s.s., n. 29 del 2000)Source: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 2 (FEBBRAIO 2002), pp. 335/336-339/340Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23196379 .

Accessed: 28/06/2014 09:45

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 91.238.114.163 on Sat, 28 Jun 2014 09:45:23 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 2: sentenza 19 ottobre 2001, n. 335 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 24 ottobre 2001, n. 41); Pres. Ruperto, Est. Capotosti; Soc. Gesteco e altra (Avv. Barel, Corbo) c. Provincia

PARTE PRIMA 336

za di atti o di procedimenti relativi alle entrate e alle spese del

l'ente, in ordine ai quali possano essersi esplicate competenze deliberative dello stesso consiglio o di organi interni di esso, e

che nei giudizi di conto possano innestarsi, ovvero dalle risul

tanze di essi prendere spunto, eventuali giudizi di responsabilità amministrativa, è evenienza ulteriore ed eventuale. Solo nel mo

mento in cui dovessero attivarsi tali responsabilità in sede giu diziale, si porrebbe il problema di distinguere fra atti che, per essere frutto di voti ed opinioni espresse dai componenti del

Consiglio nell'esercizio delle loro funzioni, possano risultare

coperti dalla insindacabilità, nei limiti oggettivi in cui questa as

siste le attività dei consigli regionali (cfr., ad es., sentenze n. 69

del 1985, id., 1985,1, 1274; n. 289 del 1997 e n. 392 del 1999), ed atti (od omissioni) invece estranei a tale prerogativa e quindi suscettibili di dare luogo a chiamata in responsabilità.

Tutto ciò resta, comunque, estraneo al tema, cui unicamente

ha riguardo il presente giudizio, della spettanza alla Corte dei

conti del potere di sottoporre gli agenti contabili dei consigli al

giudizio di conto: spettanza che, in base alle considerazioni fi

nora svolte, deve in definitiva affermarsi.

6. - La presente pronuncia di merito assorbe la decisione sul

l'istanza di sospensione degli atti impugnati. Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi, di

chiara che spetta alla Corte dei conti, sezione giurisdizionale re

gionale per il Trentino-Alto Adige, prescrivere all'agente con

tabile del consiglio della regione Trentino-Alto Adige e all'a

gente contabile del consiglio della provincia autonoma di Trento

il termine per la presentazione dei conti relativi alla propria ge stione, al fine della instaurazione dei relativi giudizi di conto.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 19 ottobre 2001, n. 335 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 24 ottobre 2001, n.

41); Pres. Ruperto, Est. Capotosti; Soc. Gesteco e altra

(Avv. Barel, Corbo) c. Provincia di Udine e altra; interv.

Regione Friuli-Venezia Giulia (Avv. Marzi). Ord. Tar Friuli

Venezia Giulia 14 gennaio 2000 (G.U., la s.s., n. 29 del

2000).

Friuli-Venezia Giulia — Impianti di discarica di rifiuti im portati da altre regioni — Divieto — Incostituzionalità

(Cost., art. 3, 41, 120; 1. reg. Friuli-Venezia Giulia 28 novem bre 1988 n. 65, modifiche ed integrazioni alla 1. reg. 7 settem bre 1987 n. 30, ed ulteriori norme in materia di smaltimento dei rifiuti solidi, art. 16; 1. reg. Friuli-Venezia Giulia 14 giu gno 1996 n. 22, modifiche alla 1. reg. 7 settembre 1987 n. 30, ed ulteriori norme in materia di smaltimento dei rifiuti solidi e di attività estrattive, art. 29; d.leg. 5 febbraio 1997 n. 22, at tuazione delle direttive 91/156/Cee sui rifiuti, 91/689/Cee sui rifiuti pericolosi e 94/62/Ce sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio, art. 5).

Sono incostituzionali gli art. 29 l. reg. Friuli-Venezia Giulia 14

giugno 1996 n. 22 e 16 l. reg. Friuli-Venezia Giulia 28 no vembre 1988 n. 65, limitatamente al divieto di smaltimento nelle discariche regionali dei rifiuti di provenienza extrare

gionale diversi da quelli urbani non pericolosi. (1)

(1)1.- Come ricorda anche la sentenza in epigrafe, la giurisprudenza costituzionale si è occupata più volte del problema, posto dalla legisla zione regionale, relativo al divieto di smaltimento in ambito regionale di rifiuti di provenienza extraregionale: infatti, esaminando in altra oc casione proprio le stesse norme regionali oggetto del presente caso, Corte cost. 3 giugno 1998, n. 196, Foro it., 1998, I, 2339, ha statuito la

Il Foro Italiano — 2002.

Diritto. — 1. - La questione di legittimità costituzionale sol

levata dal Tar Friuli-Venezia Giulia con l'ordinanza indicata in

epigrafe concerne l'art. 16, 4° comma, 1. reg. Friuli-Venezia

Giulia 28 novembre 1988 n. 65, così come interpretato autenti

camente dall'art. 29 1. reg. 14 giugno 1996 n. 22, nella parte in

cui «nell'impedire che sia autorizzato lo smaltimento di rifiuti

eccedenti il fabbisogno calcolato su base regionale e nel con

sentire che essi siano conferiti in discarica soltanto se di prove nienza regionale» viola gli art. 4, 5 e 6 dello statuto speciale del

Friuli-Venezia Giulia, nonché gli art. 3, 41 e 120 Cost.

legittimità di tale divieto in relazione ai rifiuti urbani non pericolosi e ai rifiuti speciali assimilabili valorizzando il principio di autosufficienza stabilito espressamente dall'art. 5, 3° comma, lett. a), d.leg. 22/97; vi

ceversa, Corte cost. 14 luglio 2000, n. 281, id., 2000, I, 3074, ha stabi lito che il divieto di smaltimento dei rifiuti pericolosi extraregionali non sia giustificato dal principio di autosufficienza locale giacché que sti rifiuti necessitano di processi di smaltimento appropriati e specializ zati.

Nella fattispecie in esame, la corte si è occupata dei rifiuti speciali non pericolosi ed ha ritenuto che anche per questi l'esigenza di impianti appropriati e di tecnologie idonee fosse tale da superare la predetermi nazione di ambiti territoriali connessa al criterio dell'autosufficienza locale nello smaltimento.

Di un certo rilievo è il passaggio della sentenza in epigrafe in cui, ri cordando la precedente sentenza n. 281 del 2000, limita ai soli rifiuti

pericolosi la portata della declaratoria d'incostituzionalità dell'art. 18, 1° comma, 1. reg. Piemonte 59/95. La questione, invero, è interessante

perché nel dispositivo della citata sentenza si dichiara tout court l'ille

gittimità della norma regionale, che non riguarda soltanto i rifiuti peri colosi, mentre in motivazione il discorso è ristretto a questa sola tipo logia di rifiuti. Non è azzardato, perciò, opinare che tale puntualizza zione abbia il valore di un'interpretazione «autentica» del decisum del 2000.

Ad ogni buon conto, va segnalato che Cass. 15 marzo 2001, n. 3756, id., Mass., 301 (in una fattispecie in cui si discuteva della competenza per territorio a decidere di una violazione amministrativa di carattere

permanente consistente nella fraudolenta «triangolazione» di rifiuti

provenienti dalla Lombardia e smaltiti in una discarica piemontese), in motivazione ha messo in luce il contrasto tra dispositivo e motivazione della sentenza n. 281 del 2000 e procedendo perciò alla eterointegra zione del dispositivo ha concluso che la pronunzia sull'art. 18 deve in tendersi limitata alla sola ipotesi di indebito smaltimento dei rifiuti pe ricolosi di provenienza extraregionale.

II. - In materia di smaltimento dei rifiuti, oltre Cass. 28 aprile 2000, Pizzuti, relativa alla questione della bonifica dei siti inquinanti (in que sto fascicolo, II, 127), vanno ricordate due recenti ordinanze della Cor te di giustizia.

In un procedimento penale si era contestato ad un soggetto, che ave va comunicato alla provincia che intendeva svolgere attività di recupero di rifiuti, il reato previsto dall'art. 21 1. 241/90, in relazione all'art. 483

c.p., sul presupposto che egli aveva reso una falsa attestazione dichia rando di conferire i rifiuti, per il completamento delle operazioni di re

cupero, ad una ditta che. dagli accertamenti esperiti, effettuava invece

operazioni di messa in riserva dei rifiuti medesimi senza procedere per ciò all'effettivo completamento delle operazioni di recupero previste dal d.m. 5 febbraio 1998. Alla corte è stata quindi posta la questione pregiudiziale «se la direttiva del consiglio 18 marzo 1991 n. 91/156/Cee ammetta l'esecuzione della fase della messa in riserva di ri fiuti per sottoporli, oltre che a una delle operazioni indicate nei punti da R 1 a R 12 nell'allegato II B, anche ad altra autonoma fase di messa in riserva dei rifiuti medesimi oppure se la direttiva imponga al soggetto che esegua la fase della messa in riserva di rifiuti di conferirli esclusi vamente ad un soggetto che effettui le operazioni di recupero degli stessi».

La corte (ord. 19 settembre 2001, causa C-18/00, Perino, inedita) os serva in primo luogo che la punibilità del comportamento dell'indagato non risulta chiaramente dalla normativa nazionale e che perciò l'inter

pretazione dell'allegato II B della direttiva 75/442 chiesta dal giudice a

quo è diretta ad accertare se l'imputato possa essere assoggettato a san zione penale direttamente sul fondamento di tale direttiva. Fatta questa premessa, la corte ricorda che, secondo la propria giurisprudenza co

stante, una direttiva di per sé non può creare obblighi a carico di un

singolo (non può quindi essere fatta valere in quanto tale nei confronti dello stesso) e non può avere l'effetto, di per sé e indipendentemente da una legge interna di uno Stato membro adottata per la sua attuazione, di determinare o di aggravare la responsabilità penale di coloro che agi scono in violazione delle sue disposizioni. La corte conclude allora nel senso che, anche ammettendo che la direttiva 75/442 imponga alla per sona che effettua l'operazione di messa in riserva di rifiuti di cui al

punto R 13 dell'allegato II B della direttiva di consegnarli esclusiva mente ad una persona che effettua operazioni di recupero di tali rifiuti,

This content downloaded from 91.238.114.163 on Sat, 28 Jun 2014 09:45:23 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 3: sentenza 19 ottobre 2001, n. 335 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 24 ottobre 2001, n. 41); Pres. Ruperto, Est. Capotosti; Soc. Gesteco e altra (Avv. Barel, Corbo) c. Provincia

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Secondo il giudice rimettente, infatti, le predette norme re

gionali non si conformano ai principi fondamentali posti dal

l'allora vigente d.p.r. 10 settembre 1982 n. 915 in quanto, vio

lando interessi nazionali unitari, ostacolano «il funzionamento

di un'organizzazione a livello nazionale dello smaltimento che

permetta anche alla regioni la cui produzione di rifiuti ecceda le

capacità di smaltimento di collocarli in discariche controllate e

non abusive di altre regioni, senza pericoli per la salute pubbli ca». Inoltre le stesse norme sarebbero in contrasto, secondo il

giudice a quo, anche con gli art. 3, 41 e 120 Cost, a causa del

l'arbitraria ed «illegittima imposizione di ostacoli e limitazioni

(...) alla libera circolazione di cose e all'esercizio della profes sione» in danno degli esercenti lo smaltimento dei rifiuti nella

regione Friuli-Venezia Giulia.

2. - In via preliminare va respinta l'eccezione d'inammissibi

lità per irrilevanza sollevata dalla regione Friuli-Venezia Giulia

in riferimento alla sopravvenienza della 1. reg. 9 novembre 1998

n. 13, che avrebbe introdotto un nuovo regime autorizzatorio

delle discariche di rifiuti. Il Tar Friuli-Venezia Giulia — al quale erano stati, per sopravvenienza legislativa, restituiti gli atti con ordinanza di questa corte n. 442 del 1999 (Foro it., Rep. 2000, voce Friuli-Venezia Giulia, n. 1) dopo una precedente re

stituzione disposta, per analogo motivo, con ordinanza n. 22 del

1998 (id., Rep. 1998, voce Sanità pubblica, n. 658) — ha infatti non implausibilmente motivato la permanenza della rilevanza in

base alla circostanza che la normativa sopravvenuta non ha ca

rattere retroattivo e riguarda quindi solo il regime delle nuove

autorizzazioni.

3. - La questione è fondata nei limiti di seguito prospettati. Le censurate norme della regione Friuli-Venezia Giulia, che

sostanzialmente dispongono il divieto di smaltimento nelle di

scariche regionali dei rifiuti di provenienza extraregionale anche

rispetto, secondo il giudice a quo, ai «rifiuti speciali non tossici

e non nocivi», vanno scrutinate tenendo conto, in particolare, del d.leg. 5 febbraio 1997 n. 22, che ha sostituito, confermando

ne peraltro i principi, il previgente d.p.r. n. 915 del 1982 e che

disciplina la «gestione dei rifiuti» mediante disposizioni che si autoqualificano principi fondamentali della legislazione statale,

ai sensi dell'art. 117 Cost., nonché «norme di riforma economi

co-sociale» nei confronti delle regioni a statuto speciale. La giurisprudenza costituzionale si è occupata più volte del

problema, posto dalla legislazione regionale, relativo al divieto

di smaltimento in ambito regionale di rifiuti di provenienza ex

traregionale, pervenendo sostanzialmente ad una duplice solu

zione in relazione alla tipologia dei rifiuti in questione. Da un

lato, infatti, si è statuito, proprio in riferimento alle stesse norme

regionali in esame, che alla luce del principio dell'autosuffi

cienza — stabilito espressamente dall'art. 5, 3° comma, lett. a), decreto n. 22 del 1997 — il divieto di smaltimento dei rifiuti di

produzione extraregionale è pienamente applicabile ai rifiuti ur

bani non pericolosi nonché ai rifiuti speciali assimilabili (sen tenza n. 196 del 1998, id., 1998, I, 2339); dall'altro lato, si è in

vece statuito che il principio dell'autosufficienza locale ed il

connesso divieto di smaltimento dei rifiuti di provenienza extra

regionale non possono valere per quelli «pericolosi» — com

prensivi quindi anche, secondo la disciplina introdotta dal de

creto n. 22 del 1997, di quelli che la previgente normativa del

d.p.r. n. 915 del 1982 definiva «tossici e nocivi» — i quali ne

cessitano di processi di smaltimento appropriati e specializzati

(sentenza n. 281 del 2000, id., 2000,1, 3074).

l'interpretazione di tale direttiva chiesta dal giudice a quo non può fon

dare una condanna dell'indagato nella causa principale. In un altro caso, in cui il g.i.p. presso la ex Pretura circondariale di

Roma aveva chiesto alla Corte di giustizia di chiarire se la locuzione

«trasporti di rifiuti a titolo professionale» sia equivalente a «trasporti di

rifiuti prodotti da terzi» (come prevede l'art. 30, 4° comma, d.leg. 22/97), la corte (ord. 29 maggio 2001, inedita), pur evidenziando che

«la nozione di trasporto di rifiuti a titolo professionale contenuta nel

l'art. 12 si riferisce non solo a coloro che trasportano, nell'esercizio

della loro attività professionale di trasportatori, rifiuti prodotti da terzi, ma anche a coloro che, pur non esercitando la professione di trasporta tori, nondimeno trasportino nell'ambito della loro attività professionale rifiuti da essi stessi prodotti», conclude come nel caso prima riportato che «l'interpretazione di tale articolo chiesta dal giudice nazionale non

può costituire il fondamento di una condanna dell'imputato nella causa

principale». [V. Paone]

Il Foro Italiano — 2002.

È pertanto nell'ambito di questa duplice soluzione giurispru denziale che va inquadrata la questione in esame che riguarda i

rifiuti «speciali» non pericolosi, antecedentemente definiti «non

tossici e non nocivi», per i quali occorre dunque verificare se

valga o meno il criterio prioritario dell'autosufficienza nello

smaltimento, tenendo conto che la disciplina legislativa dei con

ferimenti nelle discariche prende in considerazione sia il luogo di produzione sia le caratteristiche di pericolosità dei rifiuti.

Ed invero il criterio del luogo d'origine, valutato insieme con

l'assenza di elementi di pericolosità, è stato seguito nei con

fronti dei rifiuti urbani non pericolosi, rispetto ai quali «l'am

bito territoriale ottimale per lo smaltimento» è considerato «lo

gicamente limitato e predeterminabile in relazione ai luoghi di

produzione», stabilendo infatti l'art. 23 decreto n. 22 che esso

coincida di regola con il territorio provinciale, in modo da ga rantire al suo interno l'autosufficienza dello smaltimento (sen tenza n. 281 del 2000). Invece il criterio della pericolosità è

stato ritenuto prevalente rispetto a quello del luogo di produzio ne in riferimento ai rifiuti che si definiscono appunto «pericolo si», giacché per il loro smaltimento, date le loro caratteristiche,

appare prioritaria, alla luce del principio desumibile dall'art. 5,

3° comma, lett. b) e c), decreto n. 22, l'esigenza di impianti ap

propriati e specializzati e di tecnologie idonee; esigenza che

contrasta con una rigida predeterminazione di ambiti territoriali

ottimali e con la connessa previsione di autosufficienza locale

nello smaltimento.

Ciò premesso, va ricordato che i rifiuti «speciali», secondo la

classificazione dell'art. 7 citato decreto n. 22, costituiscono una

variegata tipologia comprensiva, prescindendo dalle caratteristi

che di eventuale pericolosità, di ben dieci categorie di rifiuti di

diversa origine. La loro produzione è generalmente connessa ad

attività lavorative: di tipo agricolo, edilizio, industriale, artigia nale, commerciale, sanitario e così via, sicché la loro localizza

zione normalmente non è distribuita in modo omogeneo sul ter

ritorio e comunque non è facilmente predeterminabile, così co

me non è facilmente prevedibile la dimensione quantitativa e

qualitativa del materiale da smaltire. Va inoltre considerata, in

relazione a questa tipologia di rifiuti che presentano caratteristi

che così diverse tra di loro, la necessità che siano utilizzati im

pianti di smaltimento appropriati o addirittura, per qualcuna delle categorie indicate, come ad esempio i rifiuti sanitari o i

veicoli a motore, impianti «specializzati», secondo quanto ap

punto prevede l'art. 5, 3° comma, lett. b), decreto n. 22 del

1997, che, sul punto, oltre tutto, conferma l'impianto del previ

gente d.p.r. n. 915 del 1982.

Risulta dunque evidente la ragione per cui anche per i rifiuti

«speciali», al pari di quelli pericolosi, il legislatore statale non

predetermina un ambito territoriale ottimale, che valga a garan tire l'obiettivo specifico dell'autosufficienza nello smaltimento, fissato in modo espresso dall'art. 5, 3° comma, lett. a), decreto

n. 22 per i soli rifiuti urbani non pericolosi. In questa ottica ap

pare quindi incongruo il divieto di conferimento nelle discariche

regionali, imposto dalle norme censurate, di rifiuti speciali pro venienti da altre regioni, in quanto tale divieto non solo può

pregiudicare il conseguimento della finalità di consentire lo

smaltimento di tali rifiuti «in uno degli impianti appropriati più vicini» (art. 5, 3° comma, lett. b, decreto n. 22 del 1997), ma

introduce addirittura, in contrasto con l'art. 120 Cost., un osta

colo alla libera circolazione di cose tra le regioni, senza che sus

sistano ragione giustificatrici, neppure di ordine sanitario e am

bientale (cfr. sentenze n. 207 del 2001; n. 362 del 1998, id.,

1999,1, 42, e n. 264 del 1996, id., 1996,1, 3289). Del resto, anche alla luce della normativa comunitaria il ri

fiuto è pur sempre considerato un «prodotto», in quanto tale

fruente, in via di principio e salvo specifiche eccezioni, della

generale libertà di circolazione delle merci. In questo senso va

in particolare segnalato che la Corte di giustizia delle Comunità

europee ancora recentemente ha statuito, a proposito di certi ri

fiuti speciali non pericolosi, che l'art. 34 del trattato Ce (ora art.

29 Ce) si oppone ad un sistema di raccolta e di presa in carico

che costituisca, di fatto o di diritto, un ostacolo all'esportazione; «tale ostacolo non può essere giustificato alla luce dell'art. 36

del trattato Ce [divenuto, in seguito a modifica, art. 30 Ce], o

mediante il richiamo a finalità di tutela dell'ambiente (...), in

mancanza di qualsiasi indizio di pericolo per la salute o la vita

delle persone o degli animali, o per la preservazione delle specie

vegetali, ovvero di pericolo per l'ambiente» (Corte giust. 23

maggio 2000, causa C-209/98).

This content downloaded from 91.238.114.163 on Sat, 28 Jun 2014 09:45:23 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 4: sentenza 19 ottobre 2001, n. 335 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 24 ottobre 2001, n. 41); Pres. Ruperto, Est. Capotosti; Soc. Gesteco e altra (Avv. Barel, Corbo) c. Provincia

PARTE PRIMA 340

Va quindi esclusa la possibilità di estensione ai rifiuti diversi

da quelli urbani non pericolosi del principio specifico dell'auto

sufficienza locale nello smaltimento e va invece applicato —

come questa corte ebbe modo di affermare nella ricordata deci

sione n. 281 del 2000 a proposito dei rifiuti «pericolosi» — an

che ai rifiuti «speciali» non pericolosi il diverso criterio, pure

previsto dal legislatore, della specializzazione dell'impianto di

smaltimento integrato dal criterio della prossimità, considerato

il contesto geografico, al luogo di produzione in modo da ridur

re il più possibile la movimentazione dei rifiuti, secondo la pre visione dell'art. 22, 3° comma, lett. c), citato decreto n. 22 del

1997. In definita, le argomentazioni che precedono dimostrano che

il divieto di smaltimento nelle discariche regionali di rifiuti di provenienza extraregionale contenuto nelle norme della regione Friuli-Venezia Giulia denunciate contrasta, nella parte in cui ri

guarda i rifiuti diversi da quelli urbani non pericolosi, con l'art.

120 Cost, ed inoltre non si adegua alle citate norme di riforma

economico-sociale introdotte in materia dal decreto n. 22 del

1997. Restano così assorbiti gli ulteriori profili di censura.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegitti mità costituzionale degli art. 29 1. reg. Friuli-Venezia Giulia 14

giugno 1996 n. 22 (modifiche alla 1. reg. 7 settembre 1987 n. 30

ed ulteriori norme in materia di smaltimento dei rifiuti solidi e

di attività estrattive) e 16, 4° comma, 1. reg. Friuli-Venezia Giu

lia 28 novembre 1988 n. 65 (modifiche ed integrazioni alla 1.

reg. 7 settembre 1987 n. 30 ed ulteriori norme in materia di

smaltimento dei rifiuti solidi), limitatamente al divieto di smal

timento nelle discariche regionali dei rifiuti di provenienza ex

traregionale diversi da quelli urbani non pericolosi.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 17 maggio 2001, n. 137 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 23 maggio 2001, n.

20); Pres. Ruperto, Est. Neppi Modona; Corte d'appello di

Milano c. Camera dei deputati (Avv. Luciani). Conflitto di

attribuzione.

Parlamento — Parlamentare — Immunità per voti dati e

opinioni espresse — Conflitto tra poteri — Spettanza alla

camera dei deputati — Esclusione — Fattispecie (Cost., art. 68).

Non spetta alla camera dei deputati deliberare che i fatti per i

quali è in corso avanti alla Corte d'appello di Milano proce dimento penale nei confronti dei deputati Roberto Maroni, Umberto Bossi, Davide Carlo Caparmi, Piergiorgio Marti nelli e Roberto Calderoli per i reati di oltraggio e di resisten

za a pubblico ufficiale e del deputato Mario Borghezio per il reato di oltraggio, concernono opinioni espresse nell'eserci

zio delle loro funzioni a norma dell'art. 68, 1° comma, Cost,

(la corte ha precisato che tale disposizione si riferisce unica

mente alle «opinioni espresse» e ai «voti dati» dai parla mentari nell'esercizio delle loro funzioni, per cui non può ri

guardare comportamenti materiali che sono stati qualificati come oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale); vanno per tanto annullate, per aver interferito in modo illegittimo nella

sfera di attribuzioni dell'autorità giudiziaria ricorrente, le

deliberazioni di insindacabilità adottate dalla camera dei de

putati nella seduta del 16 marzo 1999. (1)

(1) La sentenza si può leggere in Foro it., 2001, I, 2145, con nota di richiami.

Se ne riproduce la massima per pubblicare la nota di F. Marone.

* * *

Il Foro Italiano — 2002.

Resistenza a pubblico ufficiale e insindacabilità delle opinioni dei

parlamentari: Corte costituzionale, parlamento e art. 68 Cost.

1. - Con la sentenza 17 maggio 2001, n. 137, in epigrafe, la Corte co stituzionale (in coerenza con l'indirizzo giurisprudenziale inaugurato con le sentenze nn. 10 e 11 del 2000 (1)), risolvendo il giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato dalia Corte

d'appello di Milano avverso la deliberazione della camera dei deputati del 16 marzo 1999, ha annullato questa deliberazione. Si ricorda bre vemente che con la succitata delibera di insindacabilità si facevano rientrare i reati di oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale, contestati ad alcuni deputati leghisti (2), nell'alveo dell'insindacabilità delle opi nioni espresse dai parlamentari. I suddetti deputati erano stati condan nati per i reati di oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale, commessi durante una perquisizione della sede milanese del partito Lega nord. Nel corso del giudizio di appello, la camera dei deputati, con delibera del 16 marzo 1999, aveva deciso per l'insindacabilità dei fatti conte stati. Avverso questa delibera la Corte d'appello di Milano ha sollevato conflitto di attribuzione, rilevando, nell'atto introduttivo del giudizio, che non è condivisibile quanto sostenuto dall'on. Borrometi, relatore della giunta per le autorizzazioni a procedere (con tesi fatta propria successivamente dall'aula), e cioè che il nesso funzionale tra il reato di

oltraggio contestato ai deputati e l'esercizio della funzione parlamenta re si riscontra nella «decisa battaglia [. . .] condotta (dagli esponenti della Lega nord) a favore della loro tesi politica tanto da ottenere la le

gittimazione della denominazione del loro gruppo parlamentare, il cui fine [. . .] è individuato nell'indipendenza della Padania. In questo sen so la viva protesta, anche attraverso epiteti ingiuriosi, a fronte di un'at tività della polizia che, sia pur legittima, appariva simbolicamente co me una minaccia nei confronti di tali fini, può essere qualificata come manifestazione di opinioni espresse nell'esercizio di funzioni parla mentari». Non si può ravvisare, prosegue la corte d'appello, nella dife sa di una tesi politica, pur «non estranea a rivendicazioni avanzate an che nell'ambito parlamentare», il nesso funzionale con atti tipici del l'attività parlamentare, «presupposto essenziale del potere valutativo attribuito alle camere».

In ordine, poi, ai fatti contestati perché rientranti nella fattispecie del reato di resistenza a pubblico ufficiale, la corte ricorrente osserva che la rilevanza penale del reato di resistenza sta proprio nella «contrapposi zione violenta a quello stesso potere statuale di cui la funzione parla mentare è espressione di rango elevato».

La difesa della camera dei deputati, dopo aver eccepito preliminar mente l'irricevibilità del ricorso della Corte d'appello di Milano perché avente la forma dell'ordinanza anziché del ricorso, affronta il merito della questione e, richiamando le sentenze emesse dal 1993 fino alla n. 417 del 1999 (3), sostiene che la giurisprudenza della Corte costituzio nale si attesta su di una posizione interpretativa del 1° comma dell'art. 68 Cost, intermedia, tra chi sostiene che la garanzia dell'insindacabilità

copra solo gli atti parlamentari tipici, e chi invece sostiene che debba essere estesa a tutta l'attività politica del parlamentare. Per quanto ri

guarda poi il mutamento giurisprudenziale avvenuto a partire dalla sentenza n. 10 del 2000 la camera prende atto del nuovo corso inter

pretativo, osservando però che questo non sarebbe ancora consolidato e

aggiunge che il nuovo corso interpretativo del nesso funzionale, secon do cui è necessaria la corrispondenza sostanziale delle opinioni espres se dal parlamentare con il contenuto di un atto parlamentare tipico, non

può trovare applicazione nel caso di specie, poiché si tratta di opinioni espresse per reazione ad un fatto imprevedibile, in ordine al quale non si può chiedere la «formale 'anticipazione' di tali opinioni in sede par lamentare». In merito, infine, ai fatti integranti il reato di resistenza, la difesa afferma che ben può un'opinione essere espressa attraverso un

comportamento materiale, a maggior ragione attraverso la resistenza che va letta in chiave di strumentalità rispetto al conseguimento di un obiettivo finale (nel caso di specie, l'indipendenza e l'autonomia del

partito Lega nord). La Corte costituzionale ha deciso in primo luogo per l'infondatezza

delle eccezioni di irricevibilità e inammissibilità sollevate dalla camera, motivando per relationem con il richiamo alle sentenze nn. 420 (4), 321

(5), 320 (6), 58 (7), 56 (8), 11, e 10 del 2000, osservando che non sono state prospettate argomentazioni che dovrebbero indurre a rivedere

quella giurisprudenza. Nel merito, la corte ha accolto il ricorso della Corte d'appello di

Milano, poiché la riconducibilità delle opinioni espresse dai parlamen

ti ) Le due decisioni possono leggersi in Foro it., 2000,1, 331.

(2) Si trattava più precisamente dei deputati Roberto Maroni, Um berto Bossi, Mario Borghezio, Davide Carlo Caparini, Piergiorgio Martinelli e Roberto Calderoli.

(3) Foro it., 2000,1, 333.

(4) Foro it.. 2000,1, 3400.

(5) Foro it., 2000.1, 2744.

(6) Foro it., 2000,1, 2744.

(7) Foro it., 2000,1, 1041.

(8) Foro it., 2000,1, 1041.

This content downloaded from 91.238.114.163 on Sat, 28 Jun 2014 09:45:23 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended