sentenza 19 settembre 1984; Pres. N. Visalli, Est. Verzillo; Soc. Lloyd Italico e L'Ancora (Avv.Scioscia, Scofone) c. Testa (Avv. Pomenti)Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 12 (DICEMBRE 1984), pp. 3025/3026-3027/3028Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23178357 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
esclusivamente in materia tributaria (la cui procedura non rientra
nell'ambito delle citate leggi sulla depenalizzazione) deriva, se
condo la ricorrente, dal fatto che la somma, di cui si è ingiunto il pagamento, è costituita solo dal tributo evaso e dalla relativa
soprattassa (che non configura una sanzione penale).
L'amministrazione ricorrente censura, in via gravata, la senten
za impugnata, nel merito, con il secondo e con il terzo motivo, denunciando la violazione del n. 1 della tabella annessa alla 1. 24
gennaio 1978 n. 27, nonché dell'art. 8 d.l. 8 ottobre 1976 n. 691, convertito in 1. 30 novembre 1976 n. 786, in quanto il pretore avrebbe erroneamente ritenuto non dovuta la tassa di circolazio
ne, nonostante che da nessuna delle disposizioni in materia fosse
dato ricavare che l'autoveicolo in via di trasformazione nella sua
destinazione possa circolare senza il pagamento della tassa di
circolazione (2° motivo); e deducendo il vizio logico di motiva
zione, nel quale il pretore sarebbe incorso, nell'affermare che la
classificazione del veicolo come autocarro non era posteriore alla
contravvenzione, pur dando per ammesso che il Tosto circolava
proprio allo scopo di recarsi ad ottenere detta classificazione (3°
motivo).
Deve, innanzi tutto, dissentirsi dall'avviso espresso dal procura tore generale, il quale ha concluso per la inammissibilità del
ricorso in base alla considerazione che, deducendosi da parte della amministrazione ricorrente la natura tributaria della contro
versia e, quindi, la inapplicabilità della norma sulla depenaliz zazione e del relativo procedimento giurisdizionale, la sentenza
del pretore doveva essere impugnata nei modi ordinari e non già, ai sensi dell'art. Ill Cost., mediante il ricorso per cassazione.
A parte il dubbio circa la riferibilità della tesi sostenuta dal
procuratore generale all'intero ricorso ovvero soltanto al primo motivo e non anche agli altri due, volti a censurare il merito
della decisione del pretore nell'ambito del procedimento qual è
previsto e disciplinato dalle leggi di depenalizzazione, la corte
ritiene che, essendosi instaurato il giudizio secondo lo schema
previsto dall'art. 9 1. n. 317/67 ed avendo il pretore deciso in
virtù dei poteri che tale norma gli riconosce quale giudice in unico grado ed esclusivo, i rimedi contro la decisione vadano
ricercati nell'ambito dello stesso tipo di procedimento e nelle
norme che lo disciplinano, sia che si deducano violazioni di
norme sostanziali, sia che si facciano valere vizi del procedimen to, compresi quelli che attengono alla competenza e alla potestas iudicandi del pretore.
Il ritenere possibile una commistione dei modi del procedimen to speciale con quelli del procedimento ordinario, già difficilmente sostenibile sotto il profilo sistematico (in quanto ciascuno di tali
procedimenti è governato da regole proprie), postulerebbe già risolto in un determinato senso il problema di diritto sostanziale, che invece è ancora sub iudice, circa la natura — tributaria o
non — della controversia, che è il giudice dell'impugnazione, previsto dalle stesse norme attributive del potere decisionale al
pretore, a dover deliberare.
Ciò premesso, la corte ritiene fondato il primo motivo del
ricorso.
La 1. 3 maggio 1967 n. 317, all'art. 1, stabilisce che non costuiscono reato, e sono soggette alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma, le violazioni delle norme in tema di circolazione stradale e delle norme dei regolamenti locali, quando in esse sia prevista soltanto l'ammenda. Ampliando l'am bito delle modificazioni del sistema sanzionano, la successiva 1. 24 dicembre 1975 n. 706, dispone la sostituzione della sanzione
amministrativa all'ammenda per tutte le violazioni per le quali è
prevista soltanto la pena dell'ammenda, salve le esclusioni previ ste dall'art. 14 e salvo quanto dispone l'art. 10 per le violazioni
previste da leggi finanziarie (punite — si ripete — soltanto con
l'ammenda), il quale stabilisce che il trasgressore è tenuto al
pagamento di una somma a titolo di pena pecuniaria e che, se la
legge finanziaria prevede, oltre all'ammenda, una pena pecuniaria, l'ammontare di questa si aggiunge alla somma dovuta a titolo di
pena pecuniaria in luogo dell'ammenda. Il successivo art. 11, dopo avere stabilito che alle pene pecuniarie previste dall'articolo
precedente (cioè alle ammende convertite in pene pecuniarie ed a
quelle comminate da leggi finanziarie oltre l'ammenda) si appli cano le disposizioni della 1. 7 gennaio 1929 n. 4 e sue
modificazioni, salvo che sia diversamente disposto dalla 1. 706/75 o da leggi speciali dispone, fra l'alro, l'applicazione delle dispo sizioni contenute nel 4° comma dell'art. 8 (che riguarda la riscossione coattiva della somma dovuta, con l'osservanza delle norme del t.u. 14 aprile 1910 n. 639), senza peraltro richiamare il 6° comma di detto articolo, che, rinvia alle disposizioni dei comma dal 4° ali'8° dell'art. 9 1. n. 317/67, sul provvedimento dell'opposizione.
Orbene — a prescindere dalla questione se il disegno avuto di
mira dal legislatore del 1975 sia stato unicamente quello di
depenalizzare le violazioni alle leggi tributarie già previste con
l'ammenda e di unificare in unica sanzione pecuniaria quelle (ove
esistenti) punite tanto con l'ammenda che con la pena pecuniaria, ovvero quello di assoggettare al procedimento proprio delle leggi di depenalizzazione le sanzioni nelle quali sono state convertite le
ammende previste per le violazioni di leggi finanziarie e, infine, ove dovesse accogliersi questa tesi, quello di assoggettare ad
analoga disciplina anche le pene pecuniarie (non penali) dovute
oltre all'ammenda ed a questa unificata a tutti gli effetti — è
certo che, non vertendosi nel caso in esame né in tema di « ammende » (cioè di sanzioni originariamente penali che, per effetto delle citate leggi, sono state convertite in sanzioni ammi
nistrative) né in tema di pene pecuniarie irrogate « oltre all'am
menda », la disciplina della depenalizzazione non è applicabile né
sul piano sostanziale né su quello processuale. Decisiva è la considerazione che, nel caso in esame, la somma
di cui si è ingiunto il pagamento è costituito dalla c.d. « tassa di
circolazione » e della relativa soprattassa, onde la controversia ha
esclusivo contenuto tributario e di essa deve conoscere, ai sensi
dell'art. 9 c.p.c., in primo grado il tribunale e, in ispecie, il
Tribunale di Napoli, ai sensi dell'art. 25 c.p.c., trattandosi di
tributo dovuto allo Stato, non compreso tra quelli la cognizione dei quali appartenga alla competenza delle nuove commissioni
tributarie in base all'art. 1 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 636.
È noto, infatti, che la c.d. « tassa di circolazione », nonostante
tale sua tradizionale denominazione, ha natura di vera e propria
imposta (costituendo una forma di prelievo di ricchezza fondata
su una manifestazione di capacità contributiva ed essendo pa cificamente inquadrata dalla dottrina nella categoria dei tributi
minori), che colpisce la circolazione sulle strade ed aree pubbli che degli autoveicoli e di altri automezzi (t.u. 5 febbraio 1953 n.
39 e successive modificazioni). Ed è, altresì, noto che le sanzioni applicabili in caso di
trasgressione, indicate come « pene pecuniarie » nell'allegato 2 del
citato testo unico ed ora come « soprattasse » nella 1. 24 gennaio 1978 n. 27, non hanno carattere penale, ma amministrativo (gli art. 3 e 5 1. n. 4/29 definiscono le pene pecuniarie e le
soprattasse « sanzioni civili » impropriamente, al solo scopo di
chiarire che non sono sanzioni penali); e che la irrogazione della
soprattassa, come in tutti gli altri casi in cui essa sia l'unica
sanzione applicabile, viene attratta nella sequenza procedimentale
amministrativa, posta in essere dall'ufficio competente per il
recupero del tributo non versato, e giurisdizionale, cui dà luogo la opposizione del contribuente contro l'ingiunzione di pagamen
to, posto che la soprattassa è configurata come multiplo o
frazione del tributo e la sua applicazione (che avviene mediante
un automatico meccanismo implicante una semplice operazione
aritmetica) dipende dall'accertamento che l'imposta è dovuta e
dalla misura in cui essa è dovuta.
Pertanto, il ricorso dell'amministrazione delle finanze dev'essere
accolto nel primo motivo, con assorbimento delle censure formu
late con il secondo e con il terzo motivo; e, in conseguenza, la
sentenza del Pretore di Bonefro dev'essere cassata con rinvio al
Tribunale di Napoli, quale giudice competente a conoscere la
controversia, ai sensi degli art. 9 e 25 c.p.c. (Omissis)
CORTE D'APPELLO DI ROMA; sentenza 19 settembre 1984; Pres. N. Visalli, Est. Verzillo; Soc. Lloyd Italico e L'Ancora
(Avv. Scioscia, Scofone) e. Testa (Avv. Pomenti).
CORTE D'APPELLO DI ROMA;
Assicurazione (contratto di) — Furto — Danni successivi alla
sottrazione dell'autoveicolo — Risarcibilità — Condizioni.
La garanzia assicurativa relativa al furto comprende anche i
danni successivi alla sottrazione del veicolo e dipendenti dalla
circolazione dell'autovettura ad opera del ladro, in quanto
legati da un rapporto di causalità con il furto (nella specie,
inoltre, l'assicuratore non aveva dimostrato l'esistenza di parti colari clausole limitative). (1)
(1) La decisione riafferma il principio che ritiene direttamente
collegati all'esecuzione del furto tutti i danni successivi provocati dalla
condotta del ladro: su una tale interpretazione della locuzione « danni diretti », v., da ultimo, App. Genova 25 novembre 1982, Foro it., Rep.
1983, voce Assicurazione (contratto), n. 156 (nonché Trib. Milano 22
febbraio 1982, ibid., n. 157, in merito al profilo della quantificazione dell'indennizzo spettante all'assicurato, e risultante dalla differenza tra
il valore del veicolo al momento del furto ed il valore dell'automezzo
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3027 PARTE PRIMA 3028
Motivi della decisione. — Con l'unico motivo d'appello la s.p.a.
Lloyd Italico & L'Ancora lamenta che il tribunale errò nel
ritenere compresi nella garanzia assicurativa contro il furto i
danni derivati all'autovettura del Testa dall'incidente nel quale
questa era rimasta coinvolta in conseguenza della circolazione
successiva alla sua sottrazione. Non possono ricomprendersi nel
concetto di danni dipendenti da furto tutti quelli commessi
volontariamente da ignoti ladri e che possono costituire ipotesi di
danneggiamento oppure verificatisi accidentalmente durante il
tempo in cui il bene è stato sottratto alla disponibilità del
proprietario e riferibili, come nel caso in esame, alla circolazione
del veicolo posta in essere dagli autori della sottrazione. Questi
ultimi danni non sono ricollegabili al furto se non in via del
tutto indiretta, essendo, invece, dovuti ad un fatto nuovo e
sopravvenuto che, se volontario, può qualificarsi come danneg
giamento, ma che resta, comunque, escluso dalla garanzia assicu
rativa stipulata dalle parti.
Il motivo è infondato. Esattamente il tribunale ebbe a ritenere che dovessero essere compresi in tale garanzia, in difetto di
prova da parte dell'assicuratore di particolari clausole limitative
risultanti dal contratto di assicurazione (le quali nella specie non
sussistono), anche i danni successivi alla sottrazione del veicolo e
dipendenti dalla circolazione del medesimo ad opera di ignoti ladri i quali avevano urtato, guidando l'autovettura rubata, contro
un palo della illuminazione pubblica e causato danni al veicolo. Tale conclusione dei primi giudici si fonda sulla considerazione
che per danni causati nell'esecuzione del furto debbono intendersi
tutti quelli che sono conseguenza di tale reato e non solo quelli determinati per conseguire l'impossessamento materiale dell'auto
mezzo, in quanto, essendo questo nella disponibilità dei ladri, i
danni che, comunque, risultano ad esso causati sono conseguen ziali al furto stesso. L'appellante, per inficiare tale conclusione,
ha richiamato gran parte della giurisprudenza di merito che
convalida il suo assunto (Trib. Chieti 25 gennaio 1977, Foro it.,
Rep. 1978, voce Assicurazione (contratto), n. 131; Trib. Varese 23
aprile 1981, id., Rep. 1981, voce cit., n. 143; Trib. Milano 7
luglio 1975, id., Rep. 1977, voce cit., n. 227; e 20 luglio 1978, id.,
Rep. 1978, voce cit., n. 133). Nel senso che essa ritiene che, in
caso di assicurazione contro il furto di un veicolo, sono risarcibili
i danni collegati alla sottrazione da un nesso di causalità (ossia
causati per impossessarsi del veicolo o per fuggire a bordo dello
stesso nell'immediatezza del furto ed allontanarsi dal luogo del
reato) e non quelli connessi a quest'ultimo da un semplice
rapporto di occasionalità, come i danni prodotti dal ladro — il
quale circola sull'auto rubata — in conseguenza di sinistro o
derivanti da atti vandalici compiuti sul mezzo da costui.
Non si ritiene di poter aderire alla giurisprudenza citata perché i danni riportati dal veicolo sottratto per effetto di un incidente
dovuto alla circolazione del mezzo rubato, come nella specie, sono in rapporto di causalità o non di mera occasionalità con il
furto e, quindi, debbono essere ricompresi, di regola, nella garanzia
assicurativa stipulata per tale evento dannoso. Per convincersi
meglio di ciò, basta tener presente il principio affermato dal
Supremo collegio (Cass. 14 giugno 1982, n. 3621, id., Rep. 1982,
voce Responsabilità civile, n. 71) secondo cui tutti gli antecedenti,
in mancanza dei quali, l'evento dannoso non si sarebbe verificato, debbono considerarsi causa di esso, senza che sia dato distinguere tra quelli che hanno operato in via diretta e prossima e quelli che hanno avuto influenza soltanto indiretta e remota, salvo che
l'antecedente prossimo sia stato di rilievo tale da essere da solo
sufficiente a determinare l'evento, nel qual caso esso esclude il
nesso eziologico tra quest'ultimo e gli altri antecedenti. Ora è di
considerato nelle condizioni del ritrovamento « ivi compresi i danni da
circolazione stradale subiti successivamente al furto »); contra Pret.
Milano 9 marzo 1982, id., 1983, I, 251, con nota di richiami; ma, come si è messo in evidenza nella massima, la questione viene giuocata in buona parte sul versante delle pattuizioni intervenute tra l'assicura
tore ed il danneggiato (cfr. Pret. Milano 9 marzo 1982, cit.). In dottrina, cfr. Antinozzi, Due questioni in tema di assicurazione
furto, in Dir. e pratica assic., 1983, 280, 284, che propende per la
soluzione restrittiva in quanto, « diversamente operando, si trasforme
rebbe la garanzia contro i danni da furto, in una garanzia casko
dell'autoveicolo condotto dal ladro » (e v. già, dello stesso a., Furto e
danneggiamento dell'autoveicolo, id., 1981, 124, 129 s.), nel senso,
invece, della risarcibilità di tutti i danni legati alla commissione del
furto, v. Cavalluzzo, Una sentenza discutibile su una questione mai
discussa, id., 1978, 340 ss.; cfr., inoltre, Marciani, Danni risarcibili
nell'assicurazione degli autoveicoli contro il furto, in Riv. giur. circolaz.
trasp., 1983, 294 s., a parere del quale sarebbe auspicabile una
chiarificazione delle clausole contrattuali relative alla determinazione
dell'ampiezza della garanzia.
tutta evidenza che l'incidente ed i conseguenti danni riportati da un veicolo rubato non si sarebbero verificati se il mezzo non
fosse stato sottratto, cosicché il furto rappresenta l'antecedente
logico e necessario del successivo danneggiamento, collegato a
quest'ultimo da un nesso di causalità. È conseguenziale, quindi, ritenere che il rischio assicurato con la polizza contro il furto
copra, di regola, ogni danno rapportabile all'impossessamento ed
alla successiva circolazione del veicolo, non potendosi considerare la garanzia assicurativa limitata ai soli danni prodotti al veicolo stesso per attuarne l'impossessamento.
Se si seguisse la diversa tesi dell'appellante, si giungerebbe alla
conclusione assurda di ritenere risarcibili, in virtù della polizza
assicurativa, i maggiori danni sofferti dal proprietario del veicolo sottratto e non più restituito e di escludere il risarcimento dei
minori danni (quando, ad es., il veicolo sottratto venga recupera to dal proprietario), causati al mezzo dal ladro in conseguenza della sua circolazione o di atti vandalici compiuti sul medesimo. Tale conclusione snaturerebbe, d'altra parte, la finalità dell'assi curazione contro i danni che ha lo scopo, in mancanza di
clausole limitative, d'indennizzare l'assicurato di tutti i danni verificatisi in dipendenza di un sinistro assicurato e non di alcuni
di essi, con esclusione di altri, pur essendo questi ultimi conse
guenza del sinistro medesimo.
Sotto tale profilo non si possono distinguere, in ordine all'assi curazione contro il furto, i danni che ne sono effetto diretto, da
quelli che dipendono da fatti distinti e sopravvenuti al reato
(come i danni dipendenti dalla successiva circolazione del veicolo
rubato) e che, nonostante ciò, si ricollegano al furto, come al
loro antecedente logico e necessario. Quindi, nella specie, non si
può limitare, come sostiene l'appellante, l'operatività della garan zia assicurativa alla sola rottura del bloccasterzo e della maniglia della porta dell'autovettura, resa necessaria per eseguire la sottra zione del mezzo in pregiudizio del proprietario, e negarla per i
danni provocati al veicolo da un incidente conseguente alla sua
messa in circolazione ad opera dei ladri, rientrando entrambi
questi danni in tale garanzia assicurativa, in conformità a quanto ritenuto dal tribunale.
L'errore di fondo dell'assunto dell'appellante e della giurispru denza di merito da lui richiamata è di confondere la causa con
l'occasione nella produzione di un evento dannoso. Secondo la
Cassazione (Cass. 11 settembre 1978, n. 4114, id., Rep. 1978, voce
cit., n. 44; 20 gennaio 1983, n. 567, id., 1983, I, 1624), in
presenza di quest'ultimo, tutti gli antecedenti senza i quali esso non si sarebbe verificato, come si è detto, debbono essere considerati come sue cause; a questa regola fa eccezione il
principio di causalità efficiente, di cui al capoverso dell'art. 41
c.p., secondo cui la causa sufficiente, da sola a produrre l'evento esclude il nesso eziologico tra questo o le altre cause antecedenti
facendole scadere al rango di mere occasioni. Ne consegue che, mentre i danni prodotti da un incidente ad un autoveicolo rubato e guidato dai ladri in epoca posteriore al furto o da altre persone alle quali i medesimi hanno ceduto il veicolo sono collegati con il furto medesimo da un nesso causale, in quanto l'evento dannoso appare una conseguenza normale, secondo una sequenza costante, di tale antecedente, lo stesso non può dirsi, ad esempio, nel caso di veicolo rubato ed abbandonato in aperta campagna dai ladri e successivamente ritrovato dal proprietario il quale, nel
riportarlo a casa, urta contro un ostacolo e produce danni al veicolo. In quest'ultima ipotesi, i danni non sono collegati al
furto da un nesso di causalità, ma di mera occasionalità, perché la successiva condotta del proprietario è stata da sola sufficiente a
produrre e quindi essi normalmente non possono ricomprendersi nella garanzia assicurativa de qua. Dopo tali considerazioni va confermato quanto già esposto precedentemente, e cioè che i danni derivati al veicolo rubato dalla circolazione o da atti
vandalici compiuti dai ladri, sono compresi, in mancanza di
particolari clausole limitative della responsabilità dell'assicuratore, nella garanzia assicurativa, convenuta contro il furto.
L'appello va, quindi, respinto, con la conferma della sentenza
impugnata, dandosi atto, come documentato dall'appellante, che il Testa ha riscosso, in data 11 giugno 1982, l'indennizzo liquidato gli. (Omissis)
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