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sentenza 22 aprile 2002, n. 127 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 24 aprile 2002, n. 17);Pres. Ruperto, Est. Vari; Andreazza e altri (Avv. Miscione) c. Soc. Ferrovie dello Stato (Avv.Pessi) e altro; interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Stipo). Ord. Trib. Treviso 10novembre 2000 (G.U., 1 a s.s., n. 3 del 2001)Source: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 2002), pp. 1933/1934-1939/1940Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23196525 .
Accessed: 25/06/2014 07:43
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
dell'importo massimo di lire quindicimila integrerebbe un'irra
gionevole disparità di trattamento rispetto ad altre analoghe si
tuazioni;
che, infatti, secondo il giudice a quo, tenuto conto che la ratio
dell'obbligo di prestare cauzione è quella di apprestare una ga ranzia economica per gli eventuali danni cagionati dal notaio
nell'esercizio delle sue funzioni, non si potrebbe giustificare la
disparità fra l'importo — «veramente risibile» — della cauzione
imposta ai notai e quello, di gran lunga superiore, della cauzione
imposta agli esercenti un'altra professione controllata dallo
Stato, i raccomandatari marittimi; che l'irragionevolezza della norma impugnata sarebbe con
fermata dalla previsione, contenuta nei «principi di deontologia
professionale dei notai», approvati dal Consiglio nazionale del
notariato il 24 febbraio 1994, secondo cui «il notaio deve poter
rispondere in modo adeguato, anche mediante specifiche forme
assicurative, per i rischi inerenti l'esercizio della professione», con ciò implicitamente riconoscendosi l'assoluta inidoneità a tal
fine della cauzione stabilita dalla legge; che è intervenuto il presidente del consiglio, chiedendo in
primo luogo che la questione sia dichiarata inammissibile, sia
perché non si desumerebbe in termini univoci, dall'ordinanza,
se è denunciata l'irragionevolezza in sé della norma impugnata o la ingiustificata disparità di trattamento dei notai rispetto ad
altre categorie di operatori; sia perché all'eventuale accogli mento della questione conseguirebbe che i notai non sarebbero
tenuti a prestare alcuna cauzione, sicché la materia resterebbe
priva di disciplina; secondo l'avvocatura erariale, il giudice a
quo avrebbe dovuto, sulla base delle argomentazioni addotte,
dichiarare non idonea la cauzione prestata, così che il giudizio
potesse poi svolgersi davanti alla corte d'appello in sede di ri
corso promosso dall'interessato o dal pubblico ministero, come
previsto dall'art. 21,2° comma, della legge; che la questione sarebbe comunque, secondo l'interveniente,
infondata, in quanto non sarebbe possibile mettere a confronto
le due categorie professionali dei notai e dei raccomandatari
marittimi, per la diversa natura dell'attività svolta, la diversità
dell'ambiente in cui esse operano e degli utenti dei rispettivi
servizi;
che, sotto il profilo della ragionevolezza, l'infondatezza della
questione risulterebbe dalla considerazione per cui, se la cau
zione in esame dovesse essere prestata in misura sufficiente a
coprire i danni di rilevante dimensione che si possono cagionare nell'esercizio della professione notarile, si finirebbe per limitare
l'accesso alla professione a pochi soggetti dotati di grande ca
pacità patrimoniale, con conseguente violazione dell'art. 3
Cost.: in ciò risiederebbe la ragione del mancato aggiornamento di tale garanzia ormai non più adeguata ai tempi.
Considerato che la questione sollevata dal Tribunale di Savo
na non riguarda la legittimità dell'obbligo in sé di prestare la
cauzione (art. 18, n. 1, 1. n. 89 del 1913), nelle forme previste dalla legge (in titoli del debito pubblico o emessi o garantiti dallo Stato, o con deposito di denaro, o con prima ipoteca sui
beni immobili: art. 19 stessa legge), obbligo del quale si contesti
il fondamento o la ragionevolezza in considerazione dell'attuale
inadeguatezza dell'importo a suo tempo stabilito e in seguito non aggiornato: ma investe solo la determinazione legislativa
dell'importo della cauzione, come contenuta nell'art. 20 della
legge, sotto il profilo della irragionevole ed ingiustificata dispa rità di trattamento rispetto ad altre categorie di professionisti, in
particolare i raccomandatari marittimi; che la questione così proposta appare manifestamente infon
data, non potendosi istituire alcun utile confronto, rilevante ai
fini dell'art. 3 Cost., tra la disciplina della cauzione richiesta ai
notai e quella delle garanzie che debbono essere prestate dai
soggetti — titolari di imprese individuali o amministratori di società o institori — che chiedono l'iscrizione nell'elenco dei
raccomandatari marittimi, ai fini dello svolgimento, sulla base
di mandato con o senza rappresentanza conferito dall'armatore
o dal vettore, nonché con o senza contratto di agenzia, di attività
contrattuale, di prestazione di servizi e di assistenza per la tutela
degli interessi a loro affidati (art. 2 1. 4 aprile 1977 n. 135, re
cante «disciplina della professione di raccomandatario maritti
mo»): evidenti essendo le differenze tra i due ordini di attività messi a raffronto, sotto il profilo, fra l'altro, della loro natura e
dei requisiti richiesti per l'accesso.
Visti gli art. 26, 2° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87 e 9, 2°
Il Foro Italiano — 2002.
comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte
costituzionale.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara la manife
sta infondatezza della questione di legittimità costituzionale
dell'art. 20 1. 16 febbraio 1913 n. 89 (ordinamento del notariato
e degli archivi notarili), sollevata, in riferimento all'art. 3 Cost., dal Tribunale di Savona con l'ordinanza in epigrafe.
I
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 22 aprile 2002, n. 127 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 24 aprile 2002, n.
17); Pres. Ruperto, Est. Vari; Andreazza e altri (Avv. Mi
scione) c. Soc. Ferrovie dello Stato (Avv. Pessi) e altro; in
terv. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato Stipo). Ord. Trib.
Treviso 10 novembre 2000 (G.U., la s.s., n. 3 del 2001).
Previdenza e assistenza sociale — Esposizione ultradecen
nale all'amianto — Rivalutazione dei periodi assicurativi —
Dipendenti delle Ferrovie dello Stato — Questione in
fondata di costituzionalità (Cost., art. 3; 1. 27 marzo 1992 n.
257, norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amian
to, art. 13; d.l. 5 giugno 1993 n. 169, disposizioni urgenti per i
lavoratori del settore dell'amianto, art. 1; 1. 4 agosto 1993 n.
271, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 5 giu gno 1993 n. 169; 1. 23 dicembre 2000 n. 388, disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
(legge finanziaria 2001), art. 80).
È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.
13, 8° comma, l. 27 marzo 1992 n. 257, come modificato dal
l'art. 1,1° comma, d.l. 5 giugno 1993 n. 169, convertito, con
modificazioni, nella l. 4 agosto 1993 n. 271, nella parte in cui
non prevede l'applicabilità del benefìcio pensionistico ivi
contemplato ai lavoratori dipendenti delle Ferrovie dello
Stato, in riferimento all'art. 3 Cost, (in motivazione, la corte
afferma che la disposizione denunciata può essere interpre tata nel senso che la stessa consente di ricomprendere nel
previsto benefìcio previdenziale anche i lavoratori delle Fer
rovie dello Stato). (1)
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 10 aprile
2002, n. 5082; Pres. Ravagnani, Est. Lamorgese, P.M. De
Augustinis (conci, conf.); Inps (Avv. De Angelis, Di Lullo)
c. Paoli (Avv. Del Rosso). Cassa Trib. Firenze 30 giugno 1999 e decide nel merito.
Previdenza e assistenza sociale — Lavoratori del settore
dell'amianto — Lavoratori autonomi — Rivalutazione dei
periodi assicurativi — Esclusione (L. 27 marzo 1992 n. 257,
art. 13; d.l. 5 giugno 1993 n. 169, art. 1; 1. 4 agosto 1993 n.
271).
(1) La Corte costituzionale, attraverso una pronuncia di tipo inter
pretativo, salva la disposizione impugnata, e prosegue nella «espansio ne» dei soggetti beneficiari della rivalutazione dei periodi assicurativi
di cui all'art. 13 1. n. 257 del 1992 (con conseguenti riflessi sul debito
pubblico, essendo ormai superata la cifra a suo tempo preventivata), af
fermando la spettanza del beneficio stesso anche in favore di lavoratori
iscritti a gestioni previdenziali diverse dall'lnps. Per l'applicabilità del beneficio anche ai dipendenti delle aziende a
capitale pubblico, quali le Ferrovie dello Stato, Trib. Vicenza 20 luglio
2000, Foro it., Rep. 2000, voce Previdenza sociale, n. 545.
Per l'individuazione dei soggetti beneficiari (ed in particolare per la
spettanza del beneficio ai titolari di pensione), cfr. Cass. 6 novembre
2001, n. 13719, id., 2002, I, 1458.
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PARTE PRIMA 1936
// benefìcio della rivalutazione dei periodi assicurativi previsto dall'art. 13, 8° comma, l. n. 257 del 1992 in favore dei lavo
ratori del settore dell'amianto, non si applica ai lavoratori
autonomi. (2)
I
Diritto. — 1. - Il Tribunale di Treviso ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, 8° comma, 1. 27 marzo
1992 n. 257 (norme relative alla cessazione dell'impiego del
l'amianto), come modificato dall'art. 1, 1° comma, d.l. 5 giugno 1993 n. 169 (disposizioni urgenti per i lavoratori del settore del
l'amianto), convertito, con modificazioni, nella 1. 4 agosto 1993
n. 271.
La disposizione stabilisce che, «per i lavoratori che siano stati
esposti all'amianto per un periodo superiore a dieci anni, l'inte
ro periodo lavorativo soggetto all'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti da esposizione all'a
mianto gestita dall'Inail, è moltiplicato, ai fini delle prestazioni
pensionistiche, per il coefficiente 1,5». Ad avviso del rimettente, la norma censurata, «nella parte in
cui non prevede l'applicabilità del beneficio pensionistico ivi contemplato ai lavoratori dipendenti delle Ferrovie dello Stato
s.p.a.», violerebbe l'art. 3 Cost., introducendo «una irragione vole disparità di trattamento tra lavoratori dipendenti di imprese
private e lavoratori dipendenti di imprese non private a fronte di
una identica situazione di prolungata esposizione all'amianto».
2. - In via preliminare deve essere rilevata la tardività e, per
ciò, l'inammissibilità della costituzione di Andreazza Giancarlo
ed altri, ricorrenti del giudizio a quo, effettuata con memoria
depositata oltre il termine stabilito dagli art. 25, 2° comma, 1. n.
87 del 1953 e 3 delle norme integrative per i giudizi davanti alla
Corte costituzionale.
3. - Sempre in via preliminare, vanno esaminate le eccezioni
di inammissibilità sollevate dalle parti costituite, le quali addu cono un difetto di motivazione dell'ordinanza di rimessione in
punto di rilevanza: mentre, secondo l'Inps, sarebbe assente ogni riferimento specifico alle singole posizioni dei lavoratori inte
ressati al beneficio previsto dalla disposizione censurata, ad av
viso delle Ferrovie dello Stato non sarebbe possibile la verifica
sulla «necessaria pregiudizialità logico-giuridica della questione sollevata rispetto alle domande svolte dai lavoratori» nel giudi zio principale.
Le eccezioni non possono trovare accoglimento. Infatti, come si rileva dall'ordinanza di rimessione, il giudice
a quo non solo ha fornito, sia pure sinteticamente, i necessari
elementi di descrizione della fattispecie sottoposta alla sua co
gnizione, precisando che i ricorrenti sono tutti dipendenti delle
Ferrovie dello Stato s.p.a., assegnati a vari impianti e mansioni, ma ha anche plausibilmente motivato sull'applicabilità, nel giu dizio principale, della norma denunciata, che ha per oggetto l'accertamento del diritto dei ricorrenti stessi al beneficio previ sto dalla norma medesima. Il che consente, perciò, di apprezzare
adeguatamente la sussistenza del nesso di pregiudizialità tra il
proposto incidente di costituzionalità e il giudizio a quo. 4. - Nel merito la questione non è fondata.
Questa corte, con la sentenza n. 5 del 2000 (Foro it., 2001,1,
1494), ha già avuto modo di affrontare, sebbene sotto profili di
versi da quello attualmente all'esame, lo scrutinio di costituzio
nalità dell'art. 13, 8° comma, anche ora denunciato, dichiarando
non fondate le censure allora sollevate, le quali prospettavano il
contrasto della menzionata disposizione con gli art. 3 e 8, 4°
comma, Cost., a motivo dell'asserita indeterminatezza, oggetti
(2) Non constano precedenti. Mentre la Corte costituzionale «allar
ga» i soggetti beneficiari delle disposizioni emanate per i lavoratori
esposti all'amianto, la Corte di cassazione, con la riportata sentenza, «restringe» i soggetti beneficiari, escludendo i lavoratori autonomi.
Si va sempre più consolidando l'indirizzo giurisprudenziale per la
legittimazione passiva del solo Inps (con esclusione dell'lnail e del datore di lavoro): oltre alla giurisprudenza richiamata nella nota reda zionale alla citata Cass. 13719/01, v. Cass. 20 febbraio 2002, n. 2447, inedita.
Sull'art. 13, 8° comma, 1. n. 257 del 1992, cfr. anche Cass. 15 mag gio 2002, n. 7084, in questo fascicolo, 1, 1970, con nota di richiami.
Il Foro Italiano — 2002.
va e soggettiva, della fattispecie legale attributiva del beneficio
della rivalutazione dei periodi assicurativi.
In quell'occasione si è evidenziato che la norma censurata —
nel testo risultante dalla soppressione (operata in sede di con
versione in legge del d.l. n. 169 del 1993) della locuzione «di
pendenti dalle imprese che estraggono amianto o utilizzano
amianto come materia prima, anche se in corso di dismissione o
sottoposte a procedure fallimentari o fallite o dismesse» — con
ferisce essenziale rilievo, «ai fini dell'applicazione del beneficio
previdenziale, all'assoggettamento dei lavoratori all'assicura
zione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dal
l'amianto, escludendo, al tempo stesso, ogni selezione che possa derivare dal riferimento alla tipologia dell'attività produttiva del
datore di lavoro».
Coerentemente con tale conclusione, che trova conferma pro
prio nelle vicende normative che hanno preceduto l'approvazio ne del testo attuale dell'8° comma dell'art. 13, lo scopo della
disposizione medesima è stato rinvenuto «nella finalità di offri
re, ai lavoratori esposti all'amianto per un apprezzabile periodo di tempo (almeno dieci anni), un beneficio correlato alla possi bile incidenza invalidante di lavorazioni che, in qualche modo,
presentano potenzialità morbigene». E ciò attraverso un precetto ritenuto da questa corte «ade
guatamente definito negli elementi costitutivi della fattispecie che ne è oggetto e congruamente correlato allo scopo che il le
gislatore si è prefisso», ove si consideri il rapporto che, nel
l'ambito della stessa disposizione, è dato rinvenire tra il dato di
riferimento temporale e la nozione di rischio morbigeno, carat
terizzante il sistema dell'assicurazione obbligatoria gestita dal
l'Inail. Un rischio che, in materia di prevenzione da esposizione al
l'amianto, il legislatore ha individuato in forza dei criteri posti dal d.leg. 15 agosto 1991 n. 277 (e successive modificazioni).
5. - Così definite portata e finalità del precetto sospettato di
incostituzionalità, va osservato che il rimettente, nel sollevare la
questione, muove dal presupposto che la norma denunciata ri
servi il beneficio pensionistico della rivalutazione dei periodi assicurativi «ai lavoratori dipendenti da aziende private», senza
possibilità di estensione ai dipendenti delle Ferrovie dello Stato; e ciò «quanto meno per il periodo antecedente al 1° gennaio 1996», data in cui la gestione dell'assicurazione infortuni, per detti dipendenti, passò all'Inali.
In tal senso deporrebbe, secondo il giudice a quo, non solo il
riferimento al periodo di lavoro soggetto all'assicurazione ob
bligatoria contro le malattie da amianto gestita dall'Inail, «ma
anche l'intero contesto dell'articolo in esame», e, segnatamente, il successivo 10° comma che «impone alle imprese (private)
l'obbligo di versare all'Inps (gestione di cui all'art. 37 1. 9 mar
zo 1989 n. 88) un contributo per ogni dipendente che abbia
fruito del pensionamento anticipato». Donde la conclusione, trattane dal giudice a quo, dell'esclusiva pertinenza del benefi
cio previdenziale in esame ai lavoratori iscritti all'assicurazione
generale obbligatoria gestita dall'Inps e non già, anche, ai «la
voratori iscritti ad altri fondi pensione e, in particolare, al fondo
pensione istituito con 1. n. 418 del 1908 per i ferrovieri», sop
presso soltanto dal 1° aprile 2000, in forza dell'art. 43 1. n. 488
del 1999. Detto assunto va considerato, però, tutt'altro che pacifico, es
sendo frutto di una non adeguata indagine sulla ratio della di
sposizione denunciata.
Indagine tanto più necessaria ove si consideri non solo l'as
senza, nel caso specifico, di diritto vivente, ma anche l'esigen za, evidenziata dalla costante giurisprudenza di questa corte, di
una doverosa ricerca, tra più soluzioni interpretative possibili, di
quella costituzionalmente adeguata, posto che l'incostituziona
lità di una disposizione può dichiararsi soltanto ove sia impossi bile darne un'interpretazione costituzionale e non già perché è
possibile darne interpretazioni incostituzionali.
6. - In questa prospettiva, occorre rilevare che l'interpretazio ne adottata dal giudice a quo non risulta essere l'unica possibi le, militando per una diversa lettura della disposizione censurata
plurimi elementi esegetici, i quali portano a ritenere che essa sia volta a tutelare, in linea generale, tutti i lavoratori esposti all'a
mianto, in presenza, beninteso, dei presupposti fissati dalla di
sposizione stessa, secondo quanto evidenziato dalla già ricor
data sentenza di questa corte n. 5 del 2000. Presupposti richiesti
proprio perché la 1. n. 271 del 1993 ha voluto tener conto della
capacità dell'amianto di produrre danni sull'organismo in rela
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
zione al tempo di esposizione, sì da attribuire il benefìcio della
maggiorazione dell'anzianità contributiva in funzione compen sativa dell'obiettiva pericolosità dell'attività lavorativa svolta.
Obiettiva pericolosità che indubbiamente non manca anche
nell'ambito del servizio ferroviario, ove l'eliminazione e lo
smaltimento del materiale rotabile contenente amianto, già esplicitamente incluso tra i prodotti la cui produzione e com
mercializzazione erano destinate, sia pure gradualmente, a ces
sare (lett. d della tabella allegata alla 1. n. 257 del 1992), si po ne, tuttora, come problema di non secondaria importanza (cfr. il
«Secondo addendum al contratto di programma tra ministro dei
trasporti e le Ferrovie dello Stato s.p.a. 1994-2000», di cui alla
deliberazione 22 giugno 2000 del Cipe). 7. - Così individuata la causa giustificativa della norma de
nunciata, non corretta appare, anzitutto, la qualificazione, da
parte del giudice a quo, dei lavoratori delle Ferrovie dello Stato
come dipendenti di «imprese non private», senza, con ciò, av
vedersi che, alla data di entrata in vigore della disposizione de
nunciata (frutto della modifica apportata, all'art. 13, 8° comma, 1. n. 257 del 1992, della 1. 4 agosto 1993 n. 271, di conversione
del d.l. n. 169 del 1993), l'ente cui essi appartenevano (istituito dalla 1. n. 210 del 1985, in luogo della già azienda autonoma
delle Ferrovie dello Stato) era stato trasformato in società per azioni, in virtù della delibera Cipe del 12 agosto 1992: trasfor
mazione che, come anche rilevato da questa corte (sentenza n.
179 del 1996, id., Rep. 1996, voce Infortuni sul lavoro, n. 37), ha dato luogo ad un «organismo societario privatistico (sia pure a configurazione speciale)».
Inoltre, anche se, come ricorda il rimettente, il personale fer
roviario è stato assicurato presso l'Inail soltanto dal 1° gennaio 1996, in forza dell'art. 2, 13° comma, d.l. n. 510 del 1996, con
vertito nella 1. n. 608 del 1996, non può ignorarsi che la stessa
disposizione ha posto a carico dell'Inail, a decorrere sempre dal
1° gennaio 1996, tutte le prestazioni, comprese quelle relative
agli eventi infortunistici e alle manifestazioni di malattie profes sionali verificatisi entro il 31 dicembre 1995 e non ancora defi
niti, essendo all'uopo contemplato, dal successivo 15° comma,
l'obbligo delle Ferrovie dello Stato s.p.a. di versare all'Inail una
riserva matematica per il pagamento di tutte le predette presta zioni.
Un'ipotesi, questa, di rapporto successorio ex lege, che ha
avuto come esito, da un lato, il venir meno della posizione delle
Ferrovie dello Stato quale ente assicuratore contro gli infortuni
sul lavoro e le malattie professionali del personale dipendente, e
dall'altro, la concentrazione in capo all'Inail della relativa ge stione assicurativa, essendo a suo carico, a partire dal 1° gen naio 1996, non soltanto le prestazioni dovute per gli eventi in
sorti dopo detta data, ma anche quelle relative ad eventi pre
gressi, se non definiti entro il 31 dicembre 1995.
E ciò senza trascurare che anche in precedenza il personale ferroviario, benché escluso, per effetto dell'art. 127 d.p.r. n.
1124 del 1965 (ora abrogato dall'art. 53, 7° comma, 1. n. 449
del 1997), dalla gestione assicurativa Inail, fruiva, con eroga zione a diretto carico delle Ferrovie dello Stato, di una tutela as
sicurativa contro gli infortuni corrispondente a quella contem
plata dallo stesso decreto.
Non può, infine, convenirsi sul peso che il rimettente tende ad
annettere, sul piano sistematico, al disposto del 10° comma del
l'art. 13 della legge in esame, che, imponendo l'obbligo di ver
sare all'Inps uno specifico contributo per ogni dipendente che
abbia fruito del pensionamento anticipato, conforterebbe la tesi
che il beneficio di cui all'8° comma denunciato riguardi i lavo
ratori iscritti all'assicurazione generale obbligatoria gestita dal
l'Inps. A tacer del fatto che, dal 1° aprile 2000, la gestione pensioni
stica del personale delle Ferrovie dello Stato è stata affidata al
l'Inps, presso il quale ente è istituito un apposito fondo, con
contestuale soppressione di quello istituito con 1. n. 418 del
1908 (art. 43 1. n. 488 del 1999), l'argomento addotto dal giudi ce a quo, pretermettendo, ancora una volta, la dovuta considera
zione della ratio della norma censurata, non tiene adeguata mente conto del fatto che — come rilevato, del resto, dalla stes
sa giurisprudenza ordinaria — non può essere certo la diversità
dell'onere contributivo per le imprese e finanziario per gli isti
tuti previdenziali, risultante dal menzionato 10° comma dell'art.
13, a costituire, di per sé, un elemento interpretativo per esclu
dere la spettanza del beneficio stesso anche in favore di lavora
tori iscritti a gestioni previdenziali diverse dall'Inps.
Il Foro Italiano — 2002.
8. - Alla luce delle motivazioni che precedono, la disposizio ne denunciata si presta, dunque, ad essere interpretata in modo
diverso da quello prospettato dal rimettente, consentendo in
particolare di ricomprendere nel previsto beneficio previden ziale anche i lavoratori delle Ferrovie dello Stato, beninteso, in
presenza dei richiesti presupposti, attinenti, segnatamente, al
l'esposizione ultradecennale all'amianto, alla soggezione all'as
sicurazione obbligatoria contro le malattie professionali deri
vanti dall'esposizione all'amianto e al rischio morbigeno, se
condo quanto innanzi già evidenziato.
Donde l'insussistenza del prospettato vulnus all'art. 3 Cost.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fondata
la questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, 8° comma, 1. 27 marzo 1992 n. 257 (norme relative alla cessazione dell'im
piego dell'amianto), come modificato dall'art. 1,1° comma, d.l.
5 giugno 1993 n. 169 (disposizioni urgenti per i lavoratori del
settore dell'amianto), convertito, con modificazioni, nella 1. 4
agosto 1993 n. 271, sollevata, in riferimento all'art. 3 Cost., dal
Tribunale di Treviso, con l'ordinanza in epigrafe.
II
Svolgimento del processo. — Con sentenza del 28 settembre
1998 il Pretore di Firenze rigettava la domanda avanzata nei
confronti dell'Inps da Orlando Paoli e diretta ad ottenere il rico
noscimento del diritto alla rivalutazione, ai fini pensionistici —
ai sensi dell'art. 13, 8° comma, 1. 27 marzo 1992 n. 257, come
modificato dall'art. 1 d.l. 5 giugno 1993 n. 169, convertito, con
modificazioni, nella 1. 4 agosto 1993 n. 271 — della propria po sizione contributiva nel periodo, dal 10 ottobre 1967 al 31 di
cembre 1990, in cui aveva prestato la sua attività lavorativa con
esposizione al rischio amianto. Il pretore era pervenuto a tale
conclusione, avendo ritenuto che, pur essendo certi l'uso e la
manipolazione da parte dell'attore, nel periodo indicato, di og
getti contenenti amianto, non risultava l'entità dell'esposizione al rischio amianto con una concentrazione di polveri superiori alle 0.1 fibre/cc per otto ore al giorno, soglia minima di cui al
l'art. 24, 3° comma, d.leg. n. 277 del 1991.
Questa decisione, su appello del Paoli, è stata riformata dal
tribunale della stessa sede con pronuncia depositata il 30 giugno
1999, che ha accolto la domanda del lavoratore in base al rilievo
che requisito dell'invocato beneficio è soltanto la prolungata
esposizione all'amianto in conseguenza dell'attività lavorativa, senza necessità di una soglia minima di concentrazione di pol veri. La condizione di rischio richiesta dalla norma era nella
specie sussistente, essendo stato accertato attraverso le risultan
ze di cause che il Paoli aveva lavorato presso un'officina mec
canica di riparazioni automobili dal 1967 al 1990, effettuando, tra l'altro, sostituzioni di pezzi
— e precisamente, dischi di fri
zioni e ferodi di freni — contenenti amianto, con esposizione alle relative polveri, in quanto il lavoratore, nel corso di dette
sostituzioni, doveva provvedere alla limatura delle pastiglie e
quindi alla rimozione di eventuali residui con aria compressa. Per la cassazione della sentenza d'appello l'Inps ricorre a
questa corte, formulando un solo motivo.
Il Paoli resiste con controricorso.
Motivi della decisione. — Con l'unico mezzo di annulla
mento l'istituto ricorrente denuncia, in relazione all'art. 360, nn.
3 e 5, c.p.c., violazione e falsa applicazione dell'art. 13, 8°
comma, 1. 27 marzo 1992 n. 257, come modificato dal d.l. 5
giugno 1993 n. 169, convertito, con modificazioni, nella 1. 4
agosto 1993 n. 271. La censura è articolata in due profili. Nel
primo, il ricorrente sottolinea la natura eccezionale della norma
denunciata, in quanto diretta ad agevolare il pensionamento an
ticipato di un numero limitato di lavoratori interessati, esposti ad un rischio effettivo per la salute a causa di una particolare
esposizione all'amianto, e che esula dalla previsione di quella
disposizione una concessione del beneficio allargata a tutti i la
voratori che in qualche modo lavorino in luoghi comportanti
esposizione all'amianto. Deduce che ai fini in questione è ne
cessaria una esposizione all'amianto tale da comportare effetti
vo rischio per la salute del singolo lavoratore e da essere perciò
soggetto ad assicurazione Inail, sussistente quando la concentra
zione media sia superiore ai valori indicati nel 3° commà del
l'art. 24 d.leg. 15 agosto 1991 n. 277, nella specie esclusa dal
primo giudice. Quel che rileva ai fini dell'invocato beneficio,
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1939 PARTE PRIMA 1940
sottolinea l'Inps, è il rischio specifico individuale e non quello di area o potenziale o ambientale.
Nella seconda parte della censura il ricorrente sostiene la
inapplicabilità della disposizione dettata dal citato art. 13, 8°
comma, ai lavoratori autonomi, categoria in cui deve essere
compreso il Paoli, essendo artigiano.
Questo secondo profilo, che deve essere esaminato prelimi narmente perché assorbente in caso di accoglimento, è fondato.
Si deve infatti considerare che come è circostanza del tutto
pacifica in atti (v. pure le deduzioni svolte in proposito dal resi
stente nella penultima pagina del controricorso) che costui, nel
periodo indicato e per il quale chiede la rivalutazione contribu
tiva, era artigiano, e in quanto lavoratore autonomo non può in
vocare a suo favore l'applicabilità della richiamata disciplina. Invero, come già evidenziato da questa corte sin dalle pro
nunce nn. 6605 (Foro it., Rep. 1998, voce Previdenza sociale, n. 531) e 6620 (id., Rep. 1999, voce cit., n. 477), entrambe del 7
luglio 1998, le finalità perseguite dalla disposizione in esame
erano quelle di favorire l'allontanamento dei lavoratori da situa
zioni di pericolo in relazione ad occupazioni, all'epoca in atto,
presso imprese operanti nel settore amianto, e di evitare per
quanto possibile la disoccupazione involontaria, agevolandone il prepensionamento o il conseguimento della pensione di an
zianità o di vecchiaia, dei dipendenti licenziati dalle aziende datrici di lavoro, che, obbligate a dismettere tale sostanza dal lo
ro ciclo produttivo, erano costrette a cessare la loro attività (so
prattutto se il loro ciclo produttivo non poteva prescindere dal
l'utilizzazione dell'amianto come materia prima). Finalità che
non potrebbero ravvisarsi con riguardo ai lavoratori autonomi, non vincolati ad una determinata attività lavorativa se non da lo
ro scelta ed avendo essi, soprattutto in un settore di attività
quale quello in cui operava l'odierno resistente, libertà di sosti
tuire, per l'espletamento del lavoro, ai materiali da usare con
componenti di amianto altri che ne siano privi, scegliendoli nel
l'ampia gamma offerta dal mercato.
Del resto, il complesso delle disposizioni contenute nell'art.
13 è nel senso della riferibilità della relativa disciplina in via esclusiva ai lavoratori dipendenti. Già il titolo dell'articolo è
«trattamento straordinario di integrazione salariale e pensiona mento anticipato» ed evidentemente la prima misura agevolativa non può che concernere i lavoratori dipendenti. Per la seconda, il 5° comma ne prevede l'esercizio della facoltà da parte dei la
voratori in numero non superiore a quello delle eccedenze ac
certate dal Cipe, stabilendo gli adempimenti da eseguire, anche
in relazione alle scadenze temporali previste, sia per i dipen denti interessati che per le imprese datrici di lavoro, alle quali fa
carico anche della selezione fra le domande, in base alle esigen ze aziendali di ristrutturazione e riorganizzazione, se superiori alle eccedenze accertate. Il 6° comma concerne la rivalutazione ai fini pensionistici della contribuzione obbligatoria dei lavora
tori delle miniere o delle cave di amianto, il 7° quella dei dipen denti dalle imprese di cui al 1° comma (utilizzatrici o ostrattrici di amianto, impegnate in processi di ristrutturazione e riconver
sione), anche se in corso di dismissione o sottoposte a procedure fallimentari o fallite, che abbiano contratto malattie professio nali a causa dell'esposizione all'amianto. L'8° comma, che
nella sua formulazione originaria prevedeva la rivalutazione delle prestazioni pensionistiche per i periodi di lavoro soggetti all'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall'esposizione all'amianto gestita dall'Inail allorché
superiore ai dieci anni, è stato modificato dal d.l. 5 giugno 1993
n. 169, emanato al fine di chiarire che il periodo di contribuzio
ne da rivalutare è tutto quello di esposizione al rischio amianto e non soltanto quello eccedente il decennio: la frase inizialmente
riportata nella stesura iniziale del decreto legge —
«per i lavo
ratori dipendenti da imprese che estraggono amianto o utilizza
no amianto come materia prima, anche se in corso di dismissio
ne o sottoposte a procedure fallimentari o fallite o dismesse» —
è stata sostituita, a seguito della modifica apportata in sede di
conversione nella 1. 4 agosto 1993 n. 271, con l'espressione «per i lavoratori» senza alcun'altra specificazione. Ma questa modifica, come è evidenziato dalla relazione dei lavori parla mentari, fu disposta per evitare l'esclusione dal beneficio di
quei dipendenti dalle dette imprese i quali, pur avendo esercitato
per più di dieci anni mansioni lavorative comportanti esposizio ne al rischio amianto, avessero cambiato attività o impresa, e
non di certo per allargare la categoria dei destinatari del benefi
II Foro Italiano — 2002.
ciò, sino ad estenderlo, con lo stravolgimento della 1. n. 257 del
1992, ai lavoratori autonomi.
L'inapplicabilità della disposizione dell'art. 13, 8° comma, 1.
cit. al Paoli rende superfluo l'accertamento del rischio qualifi cato di amianto, cui è subordinato il beneficio in questione.
Il ricorso va dunque accolto. Cassata la sentenza impugnata,
poiché si tratta di violazione di legge e non sono necessari ulte
riori accertamenti di fatto, la causa deve essere decisa nel meri
to, con il rigetto della domanda proposta dal Paoli con ricorso al
Pretore di Firenze.
CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 19 marzo 2002, n.
71 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 27 marzo 2002, n.
13); Pres. Ruperto, Est. Onida. Ord. Trib. min. L'Aquila 1°
marzo 2001 (G.U., la s.s., n. 26 del 2001).
Animali (uccisione, danneggiamento, maltrattamenti, omes
sa custodia e malgoverno) — Maltrattamento —
Ipotesi
aggravata — Pena accessoria della pubblicazione della
sentenza — Applicabilità ai minori — Questione manife
stamente inammissibile di costituzionalità (Cost., art. 3, 31; cod. pen., art. 98, 727).
E manifestamente inammissibile, in quanto non esiste nell 'ordi
namento la norma della cui costituzionalità il rimettente du
bita, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 727, 2°
comma, c.p., nella parte in cui prevederebbe, anche per il mi
norenne, l'applicazione automatica della pena accessoria
della pubblicazione della sentenza, in caso di condanna per
l'ipotesi aggravata del reato contravvenzionale di maltratta
mento di animali, in riferimento agli art. 3, 2° comma, e 31, 2° comma, Cost. (1)
(1) Di fronte al giudice a quo, il quale osservava come l'effetto de nunciato derivasse in maniera «chiara» ed «inequivocabile» dall'art.
727, 2° comma, c.p., per il quale pertanto non era possibile alcuna in
terpretazione «adeguatrice», la Corte costituzionale sottolinea, in so
stanza, come al giudice sia «sfuggito» l'art. 98 c.p., in base al quale al minore possono essere applicate le sole pene accessorie dell'interdizio ne dai pubblici uffici e della sospensione dall'esercizio della potestà genitoriale. La corte conclude così con una motivazione abbastanza anomala per la sua giurisprudenza, giustificando la manifesta inammis sibilità dell'eccezione di costituzionalità sulla base della «inesistenza nell'ordinamento della norma della cui legittimità costituzionale il ri mettente dubita».
In ordine alla pena accessoria della decadenza dalla potestà parentale nei confronti di minori, v. Trib. min. Roma 20 luglio 1992, Foro it., Rep. 1993, voce Potestà dei genitori, n. 9, secondo cui questa si esten de a tutti i figli minori del condannato, e non rimane circoscritta al sin
golo minore rimasto vittima degli abusi paterni; 12 dicembre 1985, id., Rep. 1986, voce cit., n. 10.
Nel senso che la confisca prevista, per violazione dell'art. 58 cod.
strada, dall'art. 21, 3° comma, 1. 24 novembre 1981 n. 689, stante la sua natura necessaria, è applicabile anche nei confronti del minore di anni diciotto, che non può essere assoggettato a sanzione pecuniaria, in
quanto detta sanzione amministrativa accessoria prescinde dalla irroga zione della pena pecuniaria e deve essere disposta anche nei casi in cui non venga emessa l'ordinanza-ingiunzione di pagamento della sanzione
pecuniaria, v. Cass. 15 febbraio 1993, n. 1863, id., Rep. 1993, voce Circolazione stradale, n. 173.
Per l'incostituzionalità degli art. 222, 1°, 2° e 4° comma, 206, 1°
comma, c.p., nelle parti in cui prevedevano l'applicazione anche ai mi nori della misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giu diziario, v. Corte cost. 24 luglio 1998, n. 324, id., 1999,1, 763, con nota di richiami e osservazioni di Di Chiara, e, sugli effetti di tale pronun cia, Cass. 19 maggio 1999, Stillitani, id., Rep. 1999, voce Misure di si
curezza, n. 6. Per l'incostituzionalità degli art. 17 e 22 c.p., nella parte in cui non
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