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sentenza 22 gennaio 2003; Giud. De Marzo; Frosini e altri (Avv. Venturi) c. Inps (Avv. Minicucci)

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sentenza 22 gennaio 2003; Giud. De Marzo; Frosini e altri (Avv. Venturi) c. Inps (Avv. Minicucci) Source: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 3 (MARZO 2003), pp. 909/910-911/912 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23197975 . Accessed: 28/06/2014 16:51 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 92.63.106.124 on Sat, 28 Jun 2014 16:51:08 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sentenza 22 gennaio 2003; Giud. De Marzo; Frosini e altri (Avv. Venturi) c. Inps (Avv. Minicucci)

sentenza 22 gennaio 2003; Giud. De Marzo; Frosini e altri (Avv. Venturi) c. Inps (Avv.Minicucci)Source: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 3 (MARZO 2003), pp. 909/910-911/912Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23197975 .

Accessed: 28/06/2014 16:51

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

TRIBUNALE DI PISTOIA; sentenza 22 gennaio 2003; Giud.

De Marzo; Frosini e altri (Avv. Venturi) c. Inps (Avv. Meni

cucci).

TRIBUNALE DI PISTOIA;

Previdenza e assistenza sociale — Esposizione ultradecen

nale all'amianto — Rivalutazione dei periodi assicurativi — Soggetti beneficiari — Indebito pensionistico — Resti tuzione — Limiti (Cod. proc. civ., art. 306; disp. att. cod.

proc. civ., art. 152; 1. 27 marzo 1992 n. 257, norme relative al

la cessazione dell'impiego dell'amianto, art. 13; d.l. 5 giugno 1993 n. 169, disposizioni urgenti per i lavoratori del settore

dell'amianto, art. 1; 1. 4 agosto 1993 n. 271, conversione in

legge, con modificazioni, del d.l. 5 giugno 1993 n. 169; 1. 23

dicembre 2000 n. 388, disposizioni per la formazione del bi

lancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria

2001), art. 80; 1. 27 dicembre 2002 n. 289, disposizioni per la

formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato

(legge finanziaria 2003), art. 39, 95).

Nei casi di indebito pensionistico derivante dalla rivalutazione dei periodi assicurativi in favore di lavoratori con esposizio ne ultradecennale all'amianto, disposta, nei confronti di la

voratori già in pensione alla data del 28 aprile 1992, da sen

tenze riformate nei successivi gradi di giudizio in favore del

l'ente previdenziale con sentenze definitive, non sono suscet

tibili di restituzione le somme recuperate alla data del 1°

gennaio 2003. (1)

(1) La sentenza in rassegna si confronta con il problema dei limiti della ripetizione, da parte dell'Inps, delle somme versate in favore di

lavoratori, con esposizione ultradecennale all'amianto, per effetto del

l'ipervalutazione contributiva disposta con sentenze esecutive, rifor mate da decisioni irrevocabili nei successivi gradi del giudizio.

A seguito del consolidarsi dell'orientamento della Suprema corte, che escluse la spettanza del beneficio pensionistico in favore di quanti, alla data di entrata in vigore della 1. 27 marzo 1992 n. 257, fossero ti tolari di pensione di anzianità, di vecchiaia o di inabilità (v., di recente, Cass. 6 novembre 2001, n. 13719, Foro it., 2002, I, 1458, con nota di

richiami; l'orientamento, inaugurato presso i giudici di legittimità da Cass. 7 luglio 1998, n. 6605, id., Rep. 1998, voce Previdenza sociale, n. 531, è stato avallato dalla Corte costituzionale, con la sentenza 31 ottobre 2002, n. 434, G.U., la s.s., 6 novembre 2002, n. 44), il legislato re è intervenuto con il proposito di favorire la definizione dell'ampio contenzioso creatosi e ha previsto che, in caso di rinuncia all'azione

giudiziaria promossa da parte dei lavoratori esposti all'amianto aventi i

requisiti di cui alla 1. 27 marzo 1992 n. 257, e cessati dall'attività lavo rativa antecedentemente all'entrata in vigore della predetta legge, la causa si sarebbe estinta e le spese e gli onorari relativi alle attività ante cedenti all'estinzione sarebbero rimasti compensati (art. 80. 25° com

ma, 1. 23 dicembre 2000 n. 388; con circolare Inps n. 215 del 7 dicem bre 2001 sono stati forniti i criteri applicativi di tale previsione). Lo stesso art. 80, 25° comma, 1. 388/00 ha precluso all'Inps l'azione di re

cupero dei relativi importi oggetto di ripetizione di indebito nei con fronti dei titolari di pensione interessati.

La norma, avente una chiara finalità «transattiva» (Cass. 13719/01,

cit.), non si occupava di quanti, a seguito della riforma della sentenza di

primo grado da parte dei giudici di seconde cure, non avevano ritenuto di interporre gravame, proprio in considerazione della posizione as sunta dalla giurisprudenza di legittimità (la questione di legittimità della norma, censurata dai giudici rimettenti, in quanto concretante «una forma indiretta di coazione a rinunciare alla prosecuzione del giu dizio», non è stata affrontata da Corte cost. 434/02, cit., proprio in ra

gione della ritenuta legittimità costituzionale dell'art. 13 1. 257/92, in

terpretato nel senso che esclude dal beneficio i soggetti già pensionati per anzianità o vecchiaia al momento dell'entrata in vigore della legge).

La questione è stata acuita dalla legge finanziaria per il 2003 (27 di cembre 2002 n. 289), che, con l'art. 39, 9° comma, ha esteso la regola dell'irripetibilità ai casi di indebito pensionistico in esame, ma solo in re lazione ai recuperi non ancora effettuati al 1° gennaio 2003, che segna la data di entrata in vigore della legge finanziaria (art. 95 1. 289/02).

La sentenza in rassegna, valorizzando la finalità di agevolare la defi nizione del contenzioso perseguita dall'art. 80 1. 388/00, finalità evi dentemente insussistente nel caso di mancata impugnazione della deci sione sfavorevole in punto di rivalutazione contributiva, ha concluso

per la non equiparabilità delle due situazioni e, implicitamente, per la

manifesta infondatezza della questione di legittimità dell'art. 80 cit., nella parte in cui non contempla quanti avevano prestato acquiescenza a tali decisioni, nonché dell'art. 39 1. 289/02, nella parte in cui non in

cide, con riferimento alla posizione di questi ultimi, sui recuperi già ef

fettuati al 1° gennaio 2003. Con circolare n. 7 del 17 gennaio 2003, l'Inps ha ritenuto di porre a

carico degli interessati, che non abbiano sanato la propria situazione

debitoria in unica soluzione e per i quali è ancora in corso l'azione di

recupero, l'onere di presentare apposita domanda al fine di ottenere l'abbandono dell'indebito a loro carico.

Il Foro Italiano — 2003.

Svolgimento del processo. — Con ricorso depositato il 18 ot

tobre 2002, i ricorrenti in epigrafe indicati, premesso: che essi,

già dipendenti della Breda costruzioni ferroviarie di Pistoia, erano stati collocati in pensione di anzianità anteriormente al

1992; che essi, a fronte dell'ultradecennale esposizione all'a

mianto, avevano ottenuto, in primo grado, il riconoscimento

della rivalutazione contributiva di cui all'art. 13 1. 257/92; che i

giudici di appello, uniformandosi all'orientamento maturato

presso la Suprema corte, avevano riformato tale decisione, dal

momento che i ricorrenti, al momento dell'entrata in vigore della 1. 257/92, erano ormai in pensione; che essi non avevano

impugnato la decisione, proprio in considerazione dell'orienta

mento ormai consolidato della Corte di cassazione; che l'Inps aveva richiesto la restituzione delle somme indebitamente ver

sate; tutto ciò premesso, hanno chiesto di riconoscere che, ai

sensi dell'art. 80, 25° comma, 1. 388/00, l'Inps non è autorizzata

a ripetere gli indebiti pensionistici corrisposti in forza della

sentenza di primo grado loro favorevole e, conseguentemente, di condannare l'istituto previdenziale a restituire a tutti i ricor

renti gli importi pensionistici già trattenuti. In subordine, i ricor

renti hanno prospettato questione di legittimità costituzionale

dell'art. 80, 25° comma, per violazione dell'art. 3 Cost.

Nel costituirsi in giudizio, l'Inps ha contestato il fondamento

della pretesa. Motivi della decisione. — L'art. 80, 25° comma, 1. 23 dicem

bre 2000 n. 388 dispone che, in caso di rinuncia all'azione giu diziaria promossa da parte dei lavoratori esposti all'amianto

aventi i requisiti di cui alla 1, 27 marzo 1992 n. 257, e cessati

dall'attività lavorativa antecedentemente all'entrata in vigore della predetta legge, la causa si estingue e le spese e gli onorari

relativi alle attività antecedenti all'estinzione sono compensati. Non si dà luogo da parte dell'Inps al recupero dei relativi im

porti oggetto di ripetizione di indebito nei confronti dei titolari

di pensione interessati.

Il tenore letterale della previsione è tale da escludere che la

limitazione prevista per l'esercizio dell'azione di ripetizione di

indebito possa essere estesa alla diversa ipotesi, ricorrente nel

caso sottoposto all'esame di questo giudice, di indebito pensio nistico derivante da sentenze favorevoli agli interessati rifor

mate nei successivi gradi di giudizio in favore dell'ente previ denziale con sentenze definitive. Infatti, l'uso dell'aggettivo «relativi» rivela che gli importi ai quali si riferisce l'ultimo pe riodo del 25° comma sono quelli erogati in forza del favorevole, ancorché provvisorio, esito dell'esercizio dell'azione giudizia ria, oggetto della rinuncia. In tal modo, è rafforzato in modo non

equivoco quel collegamento tra i due periodi che la collocazione

nell'unico 25° comma già lascia intendere.

In realtà, è chiaro che lo scopo della norma era quello di de

flazionare il contenzioso alimentato dalla formulazione dell'art.

13 1. 27 marzo 1992 n. 257, come modificato dall'art. 1 d.l. 5

giugno 1993 n. 169, convertito, con modificazioni, con 1. 4 ago sto 1993 n. 271 (v., al riguardo, Cass. 25 ottobre 2001, n.

13195, Foro it., Rep. 2001, voce Previdenza sociale, n. 479), nello stesso momento in cui si forniva, nello stesso 25° comma

dell'art. 80 cit., un'interpretazione autentica del quadro norma

tivo, attraverso il riferimento ai «lavoratori cessati dall'attività

lavorativa antecedentemente alla data di entrata in vigore» della

1. 257/92. Quest'ultima puntualizzazione, destinata a consolidare l'indi

rizzo affermatosi presso la Suprema corte con la sentenza 7 lu

glio 1998, n. 6605 (id., Rep. 1998, voce cit., n. 531), si è quindi accompagnata in un contesto sostanzialmente «transattivo» alla

finalità di salvaguardare l'esigenza collettiva rivolta all'elimi

nazione in tempi solleciti di controversie fra cittadini e pubblici

poteri (per la rilevanza di tale obiettivo nell'ambito della legis lazione concernente l'indebito pensionistico, anche se in un

contesto normativo diverso, v., sempre in motivazione, Cass. 26

luglio 2001, n. 10270, id., Rep. 2001, voce cit., n. 506). Escluso che la rinuncia all'azione da parte del ricorrente po

tesse ragionevolmente comportare, secondo la disciplina ordina

ria (art. 306, 4° comma, c.p.c.), l'obbligo del rimborso delle

spese in favore della controparte e ciò in forza dell'art. 152

disp. att. c.p.c. (per tale considerazione, v. Cass. 13195/01, cit.,

in motivazione), la reale contropartita prevista in favore del ri

corrente è rappresentata dall'esclusione della ripetizione delle

somme già conseguite per effetto di titoli giudiziari non divenuti

definitivi.

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PARTE PRIMA

Se così è, l'art. 80, 25° comma, in esame non introduce alcu

na discriminazione rispetto ai ricorrenti che abbiano scelto di fa

re acquiescenza alle decisioni sfavorevoli. In altre parole, il le

gislatore del 2000 non ha attribuito a coloro che rinunciavano

all'azione un beneficio pensionistico, la cui qualifica di indebito

ha anzi confermato, avallando l'orientamento giurisprudenziale, ma ha solo limitato, per finalità di interesse collettivo, il diritto

dell'ente previdenziale di recuperare l'indebito.

Tale considerazione dimostra che la situazione delle due ca

tegorie non è equiparabile, con conseguente manifesta infonda

tezza della questione di legittimità della norma, in riferimento

all'art. 3 Cost.

In tale contesto, la scelta del legislatore del 2002 (art. 39, 9°

comma, 1. 27 dicembre 2002 n. 289) di estendere la regola del

l'irripetibilità ai casi di indebito pensionistico derivante da sen

tenze favorevoli agli interessati riformate nei successivi gradi di

giudizio in favore dell'ente previdenziale con sentenze definiti

ve, ma comunque solo in relazione ai recuperi non ancora ef

fettuati alla data di entrata in vigore della medesima 1. 289/02, non è imposta dal rispetto del principio di uguaglianza, ma

esprime un'opzione discrezionale, legittimamente circoscrivi

bile nel tempo E, pertanto, alla stregua di tale ultima previsione che va defi

nita la presente controversia.

TRIBUNALE DI CATANIA; ordinanza 23 dicembre 2002; Giud. Sciacca; Soc. Ferro c. Soc. Barbagallo Sebastiano e al

tra.

TRIBUNALE DI CATANIA;

Concorrenza (disciplina della) — Comunicazioni pubblicita rie — Mendace autoattribuzione di esclusiva — Concor

renza sleale (Cod. civ., art. 2598).

E responsabile di atti di concorrenza sleale per appropriazione di pregi l'imprenditore che, in una comunicazione pubblicita ria, dichiari, mendacemente, di essere rivenditore esclusivo di

prodotti di determinati marchi (nella specie, calzature), in

realtà distribuiti nella stessa zona da un imprenditore con

corrente, alcuni in esclusiva. (1)

(1 ) I. - Il provvedimento in epigrafe riconduce la condotta sanzionata alla concorrenza sleale per appropriazione di pregi «di prodotti o del

l'impresa di un concorrente», espressamente prevista dall'art. 2598, n.

2, c.c. (pur se il giudice catanese sembra non escludere l'autonoma ri levanza della pubblicità non veritiera: si tratta comunque di spunto non

sviluppato quanto ai risvolti giuridici). Si tratta di fattispecie di cui la

giurisprudenza (di legittimità, ma soprattutto di merito) ha frequente mente avuto occasione di occuparsi.

Cfr. Cass. 19 febbraio 2000, n. 1911, Foro it., 2001, I, 265, con am

pia nota di richiami (cui adde i provvedimenti indicati in prosieguo) che ha escluso l'illecito concorrenziale a fronte della condotta di

un'impresa che si attribuiva, in dépliants pubblicitari, il merito di esse re una delle poche in grado di progettare ed eseguire determinati lavo

ri). II. - La giurisprudenza di merito individua la concorrenza sleale per

appropriazione di pregi anche nell'impiego (non autorizzato) in mate riali pubblicitari di immagini o di affermazioni relative, in realtà, a pro dotti di un'impresa concorrente: si tratta di una forma tipica di aggan ciamento all'attività altrui (sempre che si riscontri l'attribuzione a sé dei pregi che contraddistinguono i prodotti presentati — illecitamente — come propri).

Cfr., in termini, Trib. Tortona 29 agosto 1996, id., Rep. 1999, voce Concorrenza (disciplina), n. 259; Trib. Reggio Emilia 18 dicembre 1998, id.. Rep. 2001, voce cit., n. 351 (per esteso, Giur. dir. ind., 1999, 808); Trib. Bologna 4 maggio 1999, Foro it.. Rep. 1999, voce cit., n. 260 (esclude l'illecito concorrenziale a fronte della riproduzione nei

propri cataloghi di fotografie relative a pezzi di ricambio per moto Du cati, di cui è titolare il concorrente); Trib. Ravenna 11 maggio 1999, ibid., n. 257 (relativa alla riproduzione fotografica nei propri cataloghi di opere in mosaico realizzate dal concorrente; l'illecito concorrenziale

Il Foro Italiano — 2003.

Con ricorso depositato in cancelleria il 9 dicembre 2002, noti

ficato il 14 successivo, la Ferro s.r.l. esponeva: — di essere titolare di attività di vendita al minuto di calzatu

re, pelletterie ed accessori, nelle proprie sedi in Catania, piazza Trento, n. 3a/3b/3c/3d e via Etnea, n. 225;

— che tra i marchi commercializzati dalla ditta ricorrente vi

erano: la linea prodotti «Cesare Paciotti» della Paciotti s.p.a., la

linea prodotti «Alexander Nicolette», della Alexander Nicolette

s.p.a. e la linea prodotti «Campanile», del Calzaturificio f.lli

Campanile s.p.a.; con la precisazione di essere rivenditrice

esclusiva della linea prodotti «Cesare Paciotti» della Paciotti

s.p.a.; — che in data 3 novembre 2002 veniva pubblicato sul quoti

diano La Sicilia di Catania un inserto pubblicitario mercè il

quale la ditta Barbagallo reclamizzava i marchi di calzature of

ferti in vendita al pubblico; — che tale annuncio pubblicitario conteneva l'espressione

«collezioni esclusive» autunno-inverno ed indicava, tra i marchi

commercializzati, anche quelli di Cesare Paciotti, Campanile e

Alexander Nicolette.

Tanto premesso, rilevava : — che l'espressione «collezioni esclusive», per la sua alloca

zione all'interno dell'inserto pubblicitario, per il suo accosta

mento a prestigiosi marchi di prodotti calzaturieri, costituisse

motivo di confusione e di errore nella fase di apprendimento e

lettura del messaggio da parte dei clienti, siccome determinativo

in questi ultimi del convincimento, per le espressioni usate, che

i marchi pubblicizzati fossero venduti in esclusiva dalla ditta

Barbagallo s.r.l.; — che tale condotta, appalesante un atto di concorrenza

sleale, ai sensi dell'art. 2598 c.c., era resa ancor più palese dalla

pubblicizzazione di un marchio — Cesare Paciotti — del quale la ditta Barbagallo non era né concessionaria né rivenditrice, es

sendo della stessa l'unica esclusivista essa ricorrente; — che, pertanto, la condotta della ditta Barbagallo aveva pro

vocato sviamento della clientela, nonché discredito della società

ricorrente in quanto, per le forme pubblicitarie utilizzate, oltre

per appropriazione di pregi è stato riconosciuto anche perché la raffigu razione era significativa della particolare competenza tecnica dell'im

prenditore che le ha realizzate); Trib. Napoli 6 luglio 1999, ibid., n. 256

(i tre ultimi provvedimenti sono riportati per esteso in Dir. ind., 1999, 329, con nota di Medri); App. Bologna 26 ottobre 2000, Foro it., Rep. 2001, voce Marchio, n. 111 (per esteso, Dir. ind., 2001, 247; è relativa al marchio Parmacotto, indebitamente avvantaggiato della maggiore notorietà ed apprezzamento del famoso prosciutto crudo di Parma).

Costituisce atto di concorrenza sleale per appropriazione di pregi an che l'adozione di una denominazione di origine controllata in assenza dei presupposti previsti dalla normativa che la disciplina: v. App. Bolo

gna 24 giugno 1996, Foro it.. Rep. 1999, voce Concorrenza (discipli na), n. 255.

Ai fini dell'affermazione dell'illecito concorrenziale sembra però necessario che, all'appropriazione dei pregi altrui, consegua una con creta possibilità di confusione dei consumatori: v. Trib. Torino 23 mar zo 1999, id., Rep. 2001, voce cit., n. 359 (relativa all'inserimento, in una pubblicazione destinata a riparatori di apparecchi radio, TV e vi

deoregistratori, di schemi elettrici tratti dalla pubblicazione di un con corrente, non tale da determinare un rischio di confusione circa la pro venienza della pubblicazione; il tribunale ha peraltro ritenuto sussi stente la concorrenza sleale ai sensi dell'art. 2598. n. 3, e non già n. 1).

III. - Il provvedimento in rassegna, sanzionando ai sensi dell'art.

2598, n. 2, la mendace autoattribuzione da parte di un imprenditore di una data qualità — quella di esclusivista di un certo prodotto — con ferma un indirizzo già espresso da numerosi giudici di merito.

Cfr. App. Milano 9 novembre 1990, id., Rep. 1993, voce cit., n. 179

(relativa al distributore che nelle comunicazioni pubblicitarie si quali fica come agente autorizzato di un'impresa produttrice senza più es serlo, ciò con pregiudizio del nuovo distributore esclusivo); Trib. Mi lano 4 luglio 1991, ibid., n. 181 (relativa ad un'impresa che si presen tava quale «distributrice» di un servizio di cui non aveva la disponibi lità, essendo contrattualmente obbligata a fornirlo ad un imprenditore concorrente); Trib. Torino 31 marzo 1992, id., Rep. 1994, voce cit., n.

232; Trib. Napoli 30 marzo 1994, richiamata dall'ordinanza in rasse

gna, id., Rep. 1995, voce cit., n. 375; App. Milano 1° luglio 1994, id., Rep. 1996, voce cit., n. 301 (sanziona la condotta dell'imprenditore qualificatosi indebitamente come importatore esclusivo di un determi nato prodotto); Trib. Milano 29 settembre 1994, ibid., n. 302 (relativa ad un soggetto mendacemente qualificatosi come distributore del pro duttore di un certo bene); 28 novembre 1996, id., Rep. 1999, voce cit., n. 258.

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