sentenza 25 luglio 1985, n. 221 (Gazzetta ufficiale 7 agosto 1985, n. 185 bis); Pres. Roehrssen,Rel. Greco; Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Laporta). Ord. Pret. Modena 24 gennaio 1978(G. U. n. 127 del 1978); Pret. Modena 30 marzo 1978 (G. U. n. 243 del 1978); Pret. Modena 30novembre 1978 (G. U. n. 87 del 1979); Pret. Bologna 9 novembre 1979 (G. U. n. 138 del 1980);Pret. Enna 14 novembre 1979 (G. U. n. 131 del 1 ...Source: Il Foro Italiano, Vol. 109, No. 2 (FEBBRAIO 1986), pp. 341/342-345/346Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23180483 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
d.p.r. 29 dicembre 1973 n. 1092, t.u. sul trattamento di
quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato, art. 52, 254, 256).
È illegittimo, per violazione dell'art. 3 Cost., l'art. 32, 4° comma, l. 3 aprile 1958 n. 460, nella parte in cui non prevedeva che anche i sottufficiali di pubblica sicurezza potessero conseguire la pensione al compimento di quindici anni di servizio se
dispensati dal servizio di autorità, o rimossi dal grado, o cessati
comunque dal servizio per effetto di condanna penale. (1)
Diritto. — La corte si è già pronunziata nel senso della
sindacabilità anche di norme abrogate ogniqualvolta si tratti di
« efficacia » e di « applicazione » della legge, « indipendentemente dalla sua avvenuta abrogazione », e sempre che si tratti di
situazioni maturate anteriormente alla data in cui la norma ha
cessato di avere vigore (sent. n. 255/82, Foro it., 1983, I, 843;
77/63, id., 1963, I, 1284, e 4/59, id., 1959, I, 177). Passando, quindi, al merito della controversia, va osservato che,
anche in ordine ad esso la corte si è favorevolmente espressa dichiarando l'illegittimità di trattamenti differenziati in materia di
pensione, quando si tratti di persone appartenenti alle stesse forze
armate che abbiano analoghi doveri e versino nelle stesse condi
zioni: e ciò in quanto la differenza di grado non può avere alcuna rilevanza rispetto agli anni di servizio necessari per conseguire il diritto a pensione {sent. n. 255/83, cit., e 144/71, id.,
1971, I, 2144). Nella specie la disparità di trattamento appare evidente dato
che, all'epoca, quando le forze di p.s. erano inquadrate nelle forze armate dello Stato, mentre l'ufficiale, rimosso dal grado a
seguito di condanna penale, poteva conseguire la pensione purché avesse compiuto comunque quindici anni di servizio, il sottuffi
ciale, invece, non poteva conseguirla se non fosse stato in servizio
almeno vent'anni.
Talché, limitatamente agli effetti di applicazione della norma
denunziata alle fattispecie nella quale rientra l'ipotesi in esame, va dichiarata l'illegittimità della norma in parte qua.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 32, 4" comma, 1. 3 aprile 1958 n. 460
(statuto giuridico ed avanzamento dei sottufficiali del corpo delle
guardie di pubblica sicurezza), nella parte in cui non prevedeva che anche i sottufficiali di p.s. potessero conseguire la pensione al
compimento di quindici anni di servizio se dispensati dal servizio
di autorità, o rimossi dal grado, o cessati comunque dal servizio
per effetto di condanna penale.
(1) L'ordinanza di rimessione, Corte conti, sez. Ili, 11 giugno 1979 è massimata in Foro it., 1980, III, 527, con nota di richiami.
La stessa questione è stata sollevata da Corte conti, sez. Ili, 28
luglio 1979, n. 43563, id., Rep. 1981, voce Pubblica sicurezza (ammi nistrazione della), n. 4.
La Corte costituzionale aveva restituito gli atti al giudice a quo (Corte conti, sez. Ili, ord. 15 maggio 1974, id., Rep. 1976, voce Agente di p.s., n. 9) per il riesame della rilevanza a seguito dell'entrata in vigore del t.u. 1092/73 con ord. 6 maggio 1976, n. 114, id., 1977, I, 246, con nota di richiami.
Questione analoga a quella accolta dalla decisione in epigrafe è stata vagliata da Corte cost. 30 dicembre 1982, n. 255, id., 1983, I, 843, con nota di richiami, che ha eliminato la disparità di trattamento esistente, in base all'art. 20 1. 18 ottobre 1961 n. 1168, tra ufficiali e sottufficiali dei carabinieri.
Per riferimenti sul t.u. 1092/73 v. Corte cost. 15 luglio 1985, n. 203 in questo fascicolo, I, con nota di richiami.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 25 luglio 1985, n. 221
(Gazzetta ufjiciale 7 agosto 1985, n. 185 bis); Pres. Roehrs
sen, Rei. Greco; Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato
Laporta). Ord. Pret. Modena 24 gennaio 1978 (G. U. n. 127 del
1978); Pret. Modena 30 marzo 1978 (G. U. n. 243 del 1978);
Pret. Modena 30 novembre 1978 (G. U. n. 87 del 1979); Pret.
Bologna 9 novembre 1979 (G.U. n. 138 del 1980); Pret. Enna
14 novembre 1979 (G.U. n. 131 del 1980); Pret. Modena 12
febbraio 1980 (G.U. n. 145 del 1980); Pret. Ancona 27
febbraio 1980 (G. U. n. 187 del 1980); Trib. Lanusei 15
luglio 1981 (G. U. n. 109 del 1982).
Infortuni sul lavoro e malattie professionali — Agricoltura —
Indennità giornaliera per inabilità temporanea assoluta —
Il Foro Italiano — 1986.
Aventi diritto — Soci lavoratori di cooperative agricole —
Esclusione — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 38; d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124, t.u. delle dispo sizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni
sul lavoro e le malattie professionali, art. 205, 213).
È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 213
d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124 nella parte in cui, attribuendo il di
ritto all'indennità giornaliera per inabilità temporanea assoluta
derivante da infortunio sul lavoro in agricoltura, alle sole catego rie di soggetti individuate alle lett. a) e c) dell'art. 205 del
medesimo decreto, ne esclude i soci di cooperative conduttrici
di aziende agricole o forestali ed i partecipanti ad affittanze
collettive, che nei lavori agricoli od equiparati prestino opera manuale abituale ovvero esercitino funzioni di direzione o di
sorveglianza del lavoro manuale altrui, in riferimento agli art. 3
e 38 Cost. (1)
Diritto. — 1. - Le questioni sollevate da tutte le ordinanze de
quibus, anche per l'interpretazione data dai giudici del rinvio al
rapporto socio di cooperativa di lavoro agricolo e cooperativa,
(1) L'ordinanza di rimessione del Pretore di Modena 24 gennaio 1978 è massimata in Foro it., 1978, I, 2372, con nota di richiami.
Le altre ordinanze di rimessione sono massimate: Pret. Modena 30 marzo 1978, id., Rep. 1978, voce Infortuni sul lavoro, n. 300; Pret. Modena 30 novembre 1978, id., Rep. 1979, voce cit., n. 268; Pret.
Bologna 9 novembre 1979, id., Rep. 1980, voce cit., n. 224; Pret. Enna 14 novembre 1979, ibid., n. 223; Pret. Modena 12 febbraio 1980, ibid., n. 222; Pret. Ancona 27 febbraio 1980, id., Rep. 1981, voce cit., n. 236; Trib. Lanusei 15 luglio 1981, id., Rep 1982, voce cit., n. 425.
La decisione della corte giunge posteriormente all'avvenuta ride finizione della materia ad opera del legislatore il quale, con 1. del 10 maggio 1982 n. 251, ha provveduto ad estendere al settore
agricolo — in ragione della ormai generalizzata adozione, in agri coltura, di macchinari e procedure lavorative idonei a produrre ri schi omogenei a quelli presenti nelle lavorazioni industriali — il trattamento previdenziale previsto per il settore industriale.
Le (non più vigenti) norme denunziate hanno comunque resistito al sindacato della corte che, attraverso una impostazione storico-siste matica, è pervenuta ad affermare la conformità al dettato costi
tuzionale, ritenendo insussistente la disparità di trattamento che, sotto un duplice profilo, era stata ipotizzata dai giudici a quibus.
In particolare, il differente trattamento previdenziale accordato dalla 1. 1124/65 ai lavoratori autonomi dell'industria, rispetto ai lavoratori autonomi dell'agricoltura, è ritenuto dalla corte legittimo in ragione della diversa attitudine a produrre rischio manifestata dall'attività industriale
rispetto a lavorazioni agricole in gran parte caratterizzate da procedure pre-macchinistiche. Per un'impostazione analoga v. Cass. 8 dicembre
1981, n. 6508, id., Rep. 1981, voce cit., n. 177.
Sotto altro profilo, la mancata equiparazione, nell'ambito dello stesso settore agricolo, del trattamento previdenziale riservato ai lavoratori autonomi rispetto a quello dei lavoratori dipendenti, trova sufficiente
giustificazione nel differente ambito di incidenza dell'infortunio sul
lavoro, per l'una e l'altra categoria. Più precisamente, la corte chiarisce come il legislatore del 1965
abbia correttamente considerato, alla base della indicata differenza di trattamento previdenziale, l'importanza non determinante che l'inabilità
temporanea assoluta assume sulla situazione di un lavoratore autonomo
(traendo questi «... il corrispettivo della propria opera da un'attività che era riferibile non esclusivamente a lui come singolo ... ») a fronte del peso decisivo che la medesima inabilità riveste per la situazione del lavoratore dipendente che, al di fuori del salario individuale, non
dispone di altri mezzi di sussistenza.
In questo stesso ordine di idee, e specificatamente nel senso che
l'esclusione dei compartecipanti familiari agricoli (come i piccoli coloni) dal diritto all'indennità, non susciti dubbi di legittimità costitu zionale con riferimento agli art. 3 e 38 Cost., v. Cass. 2 novembre 1982, n. 5766, id., Rep. 1982, voce cit., n. 314, e 10 dicembre 1981, n.
6545, id., Rep. 1981, voce cit., n. 175. In senso contrario, in dottrina, G. Galligani, Indennità per inabilità
temporanea da infortunio sul lavoro agricolo e coltivatori diretti (nota a Pret. Ancona 27 febbraio 1980, cit.), in Giur. it., 1982, I, 2, 281.
Una differente soluzione è poi prospettata, per il tramite di un vero e proprio scavalcamento della questione di legittimità costituzionale, da Trib. Rimini 8 luglio 1980, Foro it., Rep. 1981, voce cit., n. 239, a cui avviso la condizione di sostanziale subordinazione in cui versa il socio di cooperativa agricola che svolga di fatto attività lavorativa presso la stessa cooperativa, fa si che detto socio rientri nella categoria di cui alla lett. a) dell'art. 205 (e non in quella di cui alla lett. b), con la
conseguente spettanza del diritto di indennità. Conf. Trib. Forlì 8
luglio 1980, id., Rep. 1981, voce cit., n. 240; 16 ottobre 1979, ibid., n.
241; Pret. Rimini 18 aprile 1980, ibid., n. 242; Pret. Forlì 24 aprile 1979, ibid., n. 243.
Per un conforme orientamento v. in dottrina M. Biagi, Ancora in tema di cooperative e di rapporti di lavoro, in Giur. comm., 1980, II, 815.
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PARTE PRIMA
come più diffusamente si dirà in seguito, sono sostanzialmente
identiche, sicché possono essere decise con un'unica sentenza.
2. - Il Pretore di Modena, con le ordinanze del 24 gennaio 1978 (r.o. n. 133/79); del 30 marzo 1978 (r.o. n. 277/78); del 30
novembre 1978 (r.o. n. 56/79); il Pretore di Bologna, con
l'ordinanza del 9 novembre 1979 (r.o. n. 170/80); il Tribunale di
Lanusei, con l'ordinanza del 15 luglio 1981 (r.o. n. 4/82), hanno
denunciato l'illegittimità costituzionale degli art. 213, 1° comma,
d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124 e 205, lett. a) e c), dello stesso
d.p.r., nella parte in cui non comprende i soci di cooperative
agricole di lavoro tra gli aventi diritto all'indennità per inabilità
temporanea assoluta, conseguente a infortunio sul lavoro in
agricoltura, non assoggettato a trattamento industriale, in riferi
mento agli art. 3, 1° comma, Cost, e 38, 2° comma, Cost.
Il Pretore di Enna, con l'ordinanza del 14 novembre 1979 (r.o. n. 193); il Pretore di Modena, con l'ordinanza del 12 febbraio
1980 (r.o. n. 222/80); il Pretore di Ancona, con l'ordinanza del
27 febbraio 1980 (r.o. n. 365/80), hanno sollevato il dubbio di
costituzionalità degli stessi articoli sempre in riferimento agli art.
3, 1° comma, e 38, 2° comma, Cost., in quanto non comprendono tra gli aventi diritto alla detta indennità i coltivatori diretti, da
considerarsi lavoratori autonomi, e le loro mogli. La questione, in sostanza, si pone negli stessi termini in quanto
i giudici, nelle ordinanze del primo gruppo, hanno testualmente
affermato che l'art. 205, 2° comma, d.p.r. n. 1124 del 1965
estende l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro ai soci di
cooperative di lavoro agricolo ed ai partecipanti di affittanze
collettive, quando presso aziende agricole forestali siano addetti a
lavori agricoli e dispone, inoltre, espressamente la loro assimila
zione ai proprietari, mezzadri ed affittuari che prestino abitual
mente opera manuale nelle rispettive aziende, sicché anche essi, siccome inclusi nella lettera b) dell'art. 205 d.p.r. citato, non sono
compresi tra coloro che hanno diritto a percepire l'indennità
giornaliera per inabilità temporanea assoluta, a seguito di infortu
nio agricolo senza trattamento industriale, ai sensi dell'art. 213
del detto d.p.r. Pertanto, questa corte, secondo l'interpretazione dei giudici a
quibus per quanto riguarda i soci di cooperative agricole e di
lavoro e ritenendo che sono certamente da comprendersi tra i
lavoratori autonomi i coltivatori diretti alla stessa stregua dei
mezzadri ed affittuari, deve risolvere il dubbio di costituzionalità
delle citate norme (art. 213, 1° comma, e 205, lett. a e c, d.p.r. n.
1124 del 1965) nella parte in cui non comprendono, tra gli aventi
diritto all'indennità giornaliera per inabilità temporanea assoluta, i lavoratori autonomi e gli assimilati, ai sensi della lett. b) del
citato art. 205 del detto d.p.r.; e cioè in riferimento all'art. 3, 1"
comma, Cost., per il diverso e deteriore trattamento riservato ai
suddetti lavoratori (compresi i soci di cooperative agricole di
lavoro) rispetto a quelli che prestano la loro opera, in analoga condizione, nel settore industriale, nonché rispetto agli stessi
lavoratori agricoli dipendenti o subordinati; nonché in riferimento
all'art. 38, 2" comma, Cost., in quanto detta esclusione si tradur
rebbe nella mancanza di tutela di lavoratori impossibilitati a
procacciare, per essi e per i propri familiari, adeguati mezzi di
sussistenza, siccome inabili.
3. - Passando all'esame della questione, questa corte rileva,
anzitutto, che ormai la 1. 10 maggio 1982 n. 251, che ha dettato ulteriori norme in materia di assicurazione contro gli infortuni e
le malattie professionali, all'art. 4 ha riconosciuto il diritto alla
corresponsione dell'indennità giornaliera di cui trattasi anche ai
lavoratori compresi nella lett. b) dell'art. 205 d.p.r. n. 1124 del
1965 ed interessati nella controversia, quando dall'infortunio
subito derivi l'astensione dal lavoro per più di tre giorni, a
partire dal quarto giorno e per tutta la durata dell'inabilità,
compresi i giorni festivi. Ma, siccome ai sensi dell'art. 21 della
stessa legge, l'estensione opera dal 1° gennaio 1982, non essendo
stata prevista una diversa decorrenza, il prospettato dubbio di
legittimità costituzionale delle citate norme rimane in quanto gli infortuni, di cui alle fattispecie, sono accaduti in periodi anteriori
alla nuova legge che testualmente non ha efficacia retroattiva. 4. - Può, quindi, passarsi all'esame delle eccezioni preliminari. L'avvocatura delio Stato, in ordine alla rilevanza della questio
ne, ha eccepito che non vi è sul punto motivazione sufficiente in
quanto i giudici a quibus non hanno accertato se gii infortuni in
contestazione fossero o meno collegati all'uso di macchine mosse
da fattori inanimati, il che era rilevante in quanto, se ciò si
dovesse ritenere, essendo in tal caso gli infortuni nell'agricoltura assimilati in tutto e per tutto a quelli nell'industria, la questione sollevata sarebbe inammissibile.
L'eccezione non è fondata. Invero, dagli atti risulta certo che
Il Foro Italiano — 1986.
quelli di cui si tratta sono infortuni agricoli puri e semplici, accaduti in occasione di lavori agricoli senza uso di mezzi
meccanici. 5. - Altra questione preliminare è stata posta dalla difesa dei
soci di cooperative agricole di lavoro. Essa ha sostenuto che il
diritto dei suoi rappresentati alla percezione dell'indennità di cui
trattasi sarebbe loro riconosciuto dall'impugnato d.p.r. del 1965, n. 1124. I suddetti lavoratori sarebbero compresi tra i prestatori di opera manuale abituali nelle rispettive aziende in base al 2°
comma dell'art. 205 del citato d.p.r. ma, ai fini che interessano, non sarebbero stati, poi, inclusi nella previsione del successivo
art. 213 sicché, proprio per effetto di detta esclusione, opererebbe il rinvio al settore industriale, previsto per tutti gli esclusi
dall'art. 212 sempre del detto d.p.r. proprio perché non sarebbe
stato diversamente disposto dal titolo II del d.p.r. nel quale è
incluso l'art. 213.
L'assunto non può condividersi. Come già detto innanzi, i
giudici a quibus, interpretando la norma di previsione, hanno
ritenuto che i soci delle cooperative di lavoro agricolo sono
assimilabili ai lavoratori elencati nella lett. b) dell'art. 205 d.p.r. n.
1124 del 1965, il quale si riferisce, genericamente, a tutti gli associati piccoli imprenditori, onde la loro esclusione dagli aventi
diritto all'indennità di cui trattasi è prevista espressamente. 6. - Può, quindi, passarsi all'esame del merito.
La questione proposta è infondata. Non sussiste, invero, la
denunciata disparità di trattamento tra i lavoratori autonomi
dell'industria ed i lavoratori autonomi dell'agricoltura (compresi in detta categoria i soci di cooperative) e quella tra lavoratori
autonomi e lavoratori dipendenti nell'agricoltura. La diversità di trattamento, effettuata dalle norme denunciate,
ai lavoratori autonomi del settore industriale rispetto a quelli del
settore agricolo, al momento dell'apprestata disciplina normativa
trovava adeguata e ragionevole giustificazione nel differente livel
lo di rischio che caratterizzava gli ambienti ed i mezzi propri dei
processi lavorativi del settore agricolo rispetto a quelli del settore
industriale e propriamente, poi, nel fatto che i mezzi meccanici, come causa del differente livello di rischio, trovavano scarso
impiego nel settore agricolo rispetto al settore industriale nel
quale, invece, le macchine erano largamente utilizzate.
Né può dubitarsi, in via generale, che l'esposizione al rischio
corrispondente alle varie fattispecie previdenziali, e, cioè, agli eventi protetti, costituisce il parametro in base al quale non solo
risulta determinato l'ambito della garanzia previdenziale, ma an
che il criterio di valutazione della differenza del trattamento
previdenziale e delle situazioni da prendersi in esame. In altri
termini, si deve riconoscere che, ai fini dell'assicurazione contro
gli infortuni, l'attribuzione della titolarità delle situazioni protette ai vari assicurati va posta in rapporto ai rischi che le forme assi
curative e previdenziali intendono proteggere (cfr. Corte cost. 29 dicembre 1976, n. 262, Foro it., 1977, I, 10).
Conferma se ne trae dalla stessa disciplina legislativa, sia da
quella in esame che da quella più recente.
Invero, l'art. 209 d.p.r. n. 1124/65 ha previsto espressamente lo
stesso trattamento del settore industriale allorché i lavoratori
agricoli sono addetti a macchine mosse da agente inanimato,
ovvero, non direttamente dalla persona che ne usi, quando sono
colpiti da infortunio, lavorando al servizio delle dette macchine
proprio perché fanno uso di strumenti meccanici suscettibili di
creare livelli di rischio analoghi a quelli del settore industriale.
inoltre, il legislatore ha successivamente esteso (art. 4 1. 10
maggio 1982 n. zìi) il trattamento dei settore industriale a quelli del settore agricolo (lavoratori di cui alla lett. b dell'art. 20 d.p.r. n. 1124/65) proprio perché r impiego generalizzato di mezzi
meccanici nell agricoltura, ormai quasi totalmente meccanizzata, non giustificava più la disciplina normativa più restrittiva. Tra
l'attività agricola e l'attività industriale non esiste più una rile
vante differenza oggettiva; tra le lavorazioni di tipo agricolo e
quelle di tipo industriale non esiste più una differenza tale da
tondare una diiterenziazione di trattamento ai lini che interessano.
Lo stesso legislatore ha incentivato questa opera di ammoder namento nell'agricoltura con la concessione di contributi e mutui
agevolati per l'acquisto delie macchine, sicché si sono introdotti anche nell agricoltura sistemi di lavorazione non dissimili da
quelli in atto nell'industria. E ciò anche al fine di rendere
l'agricoltura del paese competitiva con quella degli altri paesi
europei. Va anche considerato che il termine « agricoltura » comprende
anche i lavori forestali e le lavorazioni connesse, complementari ed accessorie, dirette alla trasformazione ed all'alienazione di
prodotti agricoli e che sono di tipo industriale.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Ma l'assimilazione dell'agricoltura all'industria, per la sempre
maggiore introduzione delle macchine, della loro utilizzazione e del loro impiego nei lavori agricoli, si è verificata gradualmente, senza che si possa nettamente individuare il momento in cui sia
avvenuta la completa o quanto meno la quasi completa parifica zione dei due tipi di lavorazione. Sicché resta al giudice difficile individuare con esattezza il momento in cui essa si è verificata in
concreto, onde le situazioni, da non omogenee, siano divenute
omogenee, sicché si posssa dichiarare, accertare la disparità di
trattamento.
Solo il legislatore ha potuto tener conto di questo evento e
far venir meno definitivamente la diversità della disciplina che
egli stesso aveva apprestato.
7. - Nemmeno sussiste la denunciata disparità di trattamento
tra i lavoratori dipendenti ed i lavoratori autonomi nella stessa
agricoltura. Essa, nella vigenza delle norme denunciate, ha avuto
adeguata e ragionevole giustificazione. Il legislatore aveva considerato che l'infortunio incideva per il
dipendente direttamente sul salario, del quale egli rimaneva
privato e, siccome il salario costituiva l'unico mezzo di sussisten
za, era giusto e necessario che ad esso salario si sostituisse
l'indennità per tutta la durata della inabilità temporanea assoluta.
Per i lavoratori autonomi in agricoltura, invece, l'infortunio
incideva sul reddito che normalmente è annuale, tanto vero che il
premio è rapportato al capitale e non alla retribuzione.
In altri termini, la temporanea inabilità conseguente all'infortu
nio era meno significativa per i lavoratori autonomi in quanto essi traevano il corrispettivo della propria opera da un'attività
che era riferibile non esclusivamente a lui come singolo ma al
gruppo (famiglia colonica e società), mentre la stessa attività
dellinfortunato poteva essere proseguita da altri componenti del
gruppo il cui solidale contributo attenuava, fino ad annullarli, gli effetti della temporanea inabilità. Era anche tenuto in considera
zione sia la consuetudine di accantonare le derrate, onde la
possibilità di far fronte agevolmente alle necessità contingenti, sia
la possibilità, per l'infortunato, di continuare a prestare la sua
opera a favore del gruppo in attività di direzione e di sorveglianza.
Per il socio di cooperative si aggiungeva anche la possibilità di
ottenere dalla cooperativa interventi vari che quanto meno pote vano attenuare, se non proprio annullare, le perdite economiche
conseguenti all'infortunio.
Ragionevole, quindi, era anche la diversità di trattamento
dell'artigiano il quale, anche se non percepisce un salario giorna
liero, ha comunque un coacervo di compensi e non può contare,
per attenuare le conseguenze dell'infortunio, sulla solidarietà del
gruppo sociale.
Comunque, l'unificazione dei trattamenti previdenziali ed assi
curativi, che non tengono più conto delle qualità di lavoro e
della distinzione tra lavoro autonomo e lavoro dipendente, è
avvenuta gradualmente da parte del legislatore il quale persegue fini di giustizia sociale; che, in un più ampio contesto, attua il
principio della sicurezza sociale realizzando un'estensione delle
forme di previdenza e di assistenza sociale a tutti i cittadini che
versano in istato di bisogno, sicché risultino coperti tutti i rischi
connessi o derivanti dal lavoro qualunque esso sia, nonché tutte
le cause di bisogno.
Sono espressioni di questa tendenza, oltre la generalizzazione delle forme di previdenza ed assistenza che hanno origine ex
lege, l'applicazione generaiizzata del principio dell'automaticità
delle prestazioni, l'uniiicazione della riscossione delle contribuzio
ni e la stessa fiscalizzazione degli oneri sociali con l'assunzione
da parte dello Stato di oneri che altrimenti sarebbero ricaduti
suil imprenditore che viene esonerato da rischi nuovi o diversi. E
ciò anche in osservanza dei principi della solidarietà (art. 2
Cost.), della garanzia del diritto alia salute (art. 32 Cost.) intesa
come diritto dell'individuo ed interesse della collettività per lincidenza che la saiute del cittadino-lavoratore in ispecie ha
sull'ordine economico; della tutela del lavoro (art. 4) in tutte le
sue forme ed applicazioni, del diritto del cittadino inabile al
lavoro ai mezzi ai sostentamento adeguati alle esigenze di vita tra
l'altro in caso di infortunio (art. 38 Cost.).
Il legislatore ha emesso i relativi provvedimenti scegliendo i
tempi, le circostanze, i modi e i mezzi deiie tutele per l'evoluzio
ne delle situazioni.
il giudice, invece, e lo si afferma anche per il profilo esamina
to, non può cogliere e sancire il momento in cui questa scelta sia
divenuta necessaria, sicché la mancanza o la diversità di tutela
per alcune categorie rispetto ad altre possa fondare ragionevol
mente una concreta e seria disparità di trattamento.
Il Foro Italiano — 1986 — Parte I-23.
8. - Non è fondata nemmeno la denunciata illegittimità costitu zionale delle norme di cui trattasi, in riferimento all'art. 38, 2°
comma, Cost., poste in relazione all'art. 3 Cost., nella considera zione dei giudici a quibus secondo cui l'esclusione dal trattamen to di indennità giornaliera temporanea per inabilità temporanea assoluta dei lavoratori di cui trattasi, si tradurrebbe in una mancanza di tutela dei lavoratori che, siccome inabili per infor
tunio, sono impossibilitati a procacciarsi, per sé e per i propri familiari, i mezzi di sussistenza.
Se lo Stato ha ritenuto le assicurazioni sociali le più idonee a
garantire ai beneficiari la sicurezza del soddisfacimento delle necessità di vita a seguito della cessazione o riduzione delle
attività lavorative o per vecchiaia o per malattia o per invalidità o per infortunio o per disoccupazione, si ribadisce che è certa mente demandata alla discrezione del legislatore la scelta dei
tempi per l'attuazione della completa parificazione di situazioni che
pure, fino a quel momento, erano tali da giustificare, ragionevol mente, una diversità di trattamento facendo cessare squilibri e
sperequazioni verificatisi tra categorie e categorie. Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fondata
la questione di illegittimità costituzionale degli art. 205, lett. a) e
e), e 213 d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124, in riferimento agli art. 3 e
38 Cost., sollevata con le ordinanze di cui in epigrafe.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 22 luglio 1985, n. 212
(Gazzetta ufficiale 7 agosto 1985, n. 185 bis); Pres. Roehrs
sen, Rei. Gallo; Settimi e altri (Avv. Varvesi) c. Min. sanità e altro; interv. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato
Imponente). Ord. T.A.R. Lazio, sez. Ili, 1° dicembre 1976
(G.U. n. 353 del 1977).
Sanità pubblica — Istituto superiore — Dirigenti di ricerca e
ricercatori — Trattamento retributivo inferiore a quello dei
dirigenti statali — Questione infondata di costituzionalità
(Cost., art. 3; d.p.r. 30 giugno 1972 n. 748, disciplina delle funzioni dirigenziali nelle amministrazioni dello Stato, anche a ordinamento autonomo, art. 47; 1. 7 agosto 1973 n.
519, modifiche ai compiti, all'ordinamento e alle strutture
dell'istituto superiore della sanità, art. 64, 66).
E infondata la questione di legittimità costituzionale degli art. 64, 1" comma, e 66 l. 7 agosto 1973 n. 519, in quanto attribuisce
ai dirigenti di ricerca e ai ricercatori dell'Istituto superiore di
sanità un trattamento retributivo notevolmente inferiore a quel lo dei dirigenti statali, in riferimento all'art. 3 Cost. (1)
Diritto. — 1. - Va premesso un rilievo in ordine alle norme
impugnate.
(1) L'ordinanza di rimessione del T.A.R. Lazio, sez. Ili, 1° dicem bre 1976 è riassunta in Foro it., 1978, III, 157, con nota di richiami.
La sentenza ora riportata ricorda la precedente 8 luglio 1975, n.
219, id., 1975, I, 1881, con nota di Pizzorusso, che però dette un favorevole opposto esito alla questione sollevata: allora fu dichiarata incostituzionale la normativa sulla dirigenza, in quanto non prevedeva l'estensione ai professori universitari, almeno a quelli già pervenuti al massimo livello retributivo, i benefici economici che accordava ai
dirigenti (per indicazioni sulla sua portata e sulla rilevanza che ebbe nei successivi sviluppi della vicenda sul trattamento economico dei professori universitari, v. la nota di richiami a T.A.R. Emilia-Romagna 8 giugno 1985, n. 294, in questo fascicolo, III).
Di recente, la stessa Corte costituzionale, con sentenza 6 maggio 1985, n. 133, Foro it., 1985, I, 2144, con nota di richiami, ha dichiarato infondata la questione di costituzionalità dell'art. 16 ter 1. 18 marzo 1968 n. 249, come modificato dall'art. 12 1. 28 ottobre 1970 n.
775, in connessione con l'art. 47 d.p.r. 30 giugno 1972 n. 748, nella
parte in cui non prevede che per funzionario con qualifica di direttore
generale, cui è ancorato ai fini retributivi il consigliere di cassazione, debba intendersi l'organo che riveste la massima qualifica dell'ammi nistrazione attiva (livello A: alla cui retribuzione la sentenza n.
219/75 aveva riportato quella dei professori universitari della massima
anzianità), in riferimento agli art. 3, 36, 103, 104 e 107 Cost. Per altri riferimenti, v. Corte conti, sez. contr., 28 gennaio 1983, n.
1308, id., Rep. 1983, voce Impiegato dello Stato, n. 655, che ha affermato che il personale direttivo scientifico degli istituti di ricerca e di sperimentazione agraria, per il principio di assimilazione al persona le docente universitario, sotto il profilo retributivo, disposto a partire dalla 1. 27 ottobre 1966 n. 910, ha diritto al trattamento economico
previsto per quest'ultimo dal d.p.r. 11 luglio 1980 n. 382. Sull'istituto superiore di sanità, in dottrina, v., da ultimo, Cancel
lieri, in Novissimo digesto, appendice, 1983, IV, ad vocem.
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