sentenza 25 luglio 2006; Pres. ed est. Lipani; Lembo e altra (Avv. Colavita, Pacini, Cutellè) c.Soc. Miragio e altro (Avv. Viola)Source: Il Foro Italiano, Vol. 129, No. 12 (DICEMBRE 2006), pp. 3517/3518-3525/3526Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23201818 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
traente debole, altrimenti lesa in modo verosimilmente definiti
vo e comunque in modo non ristorabile, se non per equivalente, deve adottarsi il provvedimento richiesto, accertando inciden
talmente il diritto della Gap s.r.l. ad ottenere la prestazione ri
chiesta (trasloco dei flussi di linea), ma con la possibilità di
contestare in un successivo giudizio i costi unilateralmente de
terminati da Wind s.p.a., ed ordinando quindi alla resistente
Wind s.p.a. di effettuare gli interventi richiesti, salve ed impre
giudicate le sue determinazioni di richiedere successivamente al
cliente quanto dalla stessa ritenuto contrattualmente dovuto, fermo però il diritto del contraente debole di ottenere tutela
qualora ritenga eccessivi i costi.
Non fa parte del provvedimento il giudizio sulla debenza dei
maggiori canoni da parte di Gap s.r.l., la quale dovrà preventi vamente sanare la propria eventuale morosità (qualora sussi
stente, ma tanto non risulta alla luce della documentazione di
messa, avendo la resistente fatturato il costo di una sola linea di
flusso, debitamente pagata dalla cliente). In ogni caso questa di
namica di corrispettività non rappresenta un limite per l'adozio
ne del presente provvedimento cautelare.
I
TRIBUNALE DI NAPOLI; sentenza 25 luglio 2006; Pres. ed est. Lipani; Lembo e altra (Avv. Colavita, Pacini, Cutellè) c. Soc. Miragio e altro (Avv. Viola).
TRIBUNALE DI NAPOLI;
Proprietà industriale — Marchio — «Anema e core» — Ri
storazione ed intrattenimento — Originalità — Fattispecie
(D.leg. 10 febbraio 2005 n. 30, codice della proprietà indu
striale, a norma dell'art. 15 1. 12 dicembre 2002 n. 273, art.
12, 13).
Il marchio registrato «Anema e core» utilizzato per l'attività di
ristorazione e di intrattenimento musicale, presso l'omonimo
locale in Capri, è forte, in quanto privo di attinenza con i
prodotti e i servizi di riferimento, nonché di rinomanza, ed è
valido in quanto originale e nuovo, atteso da un lato che, pur evocando il titolo di una celebre canzone napoletana, non è
composto da parole che sono entrate a far parte del linguag
gio corrente, e dall'altro che, ai fini dell'originalità del se
gno, non occorre necessariamente individuare un termine o
un'espressione del tutto nuovi, potendo ammettersi l'uso di
un'espressione ricavata dalla storia, dalla letteratura, dalla
tradizione popolare, anche se divenuta di comune conoscenza
(nella specie, il tribunale, su tale premessa, ha ritenuto che il
marchio in oggetto sia contraffatto da quello successivo, pure
registrato e di cui è stata dichiarata la nullità, «L'anema e
core», utilizzato da altra società anche come insegna di un
locale piano bar sito nella vicina e turisticamente rinomata
isola di Ischia). ( 1 )
(1-2) 1. - I provvedimenti in rassegna consentono di fare il punto su
gli orientamenti della giurisprudenza — ormai delle sezioni specializ zate in materia di proprietà industriale ed intellettuale — in ordine ad
alcuni profili di particolare interesse dei marchi d'impresa. Il provvedimento napoletano è relativo al marchio «Anema e core»,
registrato ma già usato come insegna dell'omonimo locale caprese, ri
tenuto forte, perche' non aderisce concettualmente ai servizi e ai beni di
riferimento, evidentemente la ristorazione e l'intrattenimento musicale.
Cfr., quanto ai criteri di distinzione e di identificazione di marchi forti e
deboli, nonché di quelli di rinomanza, Trib. Napoli 29 aprile 2005 e
Trib. Venezia 30 dicembre 2004, Foro it., 2006, I, 2575. con osserva
zioni di Di Paola. Adde, per i marchi di rinomanza, Trib. Roma 18
gennaio 2005, id.. Rep. 2005, voce Proprietà industriale, n. 175 (se
II Foro Italiano — 2006.
II
TRIBUNALE DI VENEZIA; ordinanza 19 luglio 2006; Giud. Fidanzia; Soc. Valentino (Avv. Canu, Mendola, Marango
ni, Gobbetto) c. Soc. TMB pelletterie e altri (Avv. Casacci,
Ferretti, Dario, Piai).
Proprietà industriale — Marchio celebre — «Valentino» —
Marchio successivo «Raf Valentino» — Contraffazione —
Fattispecie (D.leg. 10 febbraio 2005 n. 30, art. 20).
Il marchio registrato «Raf Valentino», per borse da donna, co
stituisce contraffazione del marchio registrato anteriore «Va
lentino», che è celebre in quanto conosciuto in tutto il mondo
fin dagli anni sessanta ed è stato spesso associato a perso
naggi dello spettacolo, atteso che i due segni sono sovrappo nibili proprio con riferimento al nucleo ideologico, costi
tuente il cuore di quello anteriore, la parola «Valentino», ri
ferita allo stilista Valentino Garavani, mentre l'unico ele
mento di differenziazione del primo marchio, la parola «Raf», ha una valenza marginale ed anche graficamente si presenta di ridottissime dimensioni, ed atteso altresì che, ai fini della
tutela del marchio anteriore, a fronte dell'indebito vantaggio tratto dal contraffattore, può prescindersi dal rischio di con
fusione, in quanto gli acquirenti sono di norma consapevoli
dell'origine contrajfattiva dei prodotti contrassegnati dal
marchio successivo, anche perché di prezzo notevolmente più basso, che scelgono non per le caratteristiche intrinseche, ma
solo per la forte rassomiglianza con gli originali, con l'ulte
riore rischio che la fascia di clientela cui sono normalmente
destinati questi ultimi possa dirigersi verso altre marche al
trettanto rinomate. (2)
condo cui il pubblico a cui bisogna fare riferimento per accertare la notorietà del marchio, una cui parte significativa deve conoscere il
marchio se notorio, è il pubblico interessato ai prodotti o servizi con traddistinti da tale marchio e non quindi il pubblico coincidente con la
generalità dei consumatori). Il Tribunale di Napoli, alla stregua della documentazione esibita (es
senzialmente una rassegna stampa) ha ritenuto che quello in oggetto costituisca marchio di rinomanza, se non tout court celebre, perché re lativo a locale frequentato da Vip internazionalmente conosciuti.
D'altronde, nella specie, il marchio «Anema e core» risultava con traffatto — come agevolmente accertato dal tribunale — da altro pres soché identico, «L'anema e core», usato per un locale della vicina — e
pure turisticamente rinomata — isola di Ischia. II. - Il profilo di maggior interesse della sentenza napoletana sta nel
l'accertamento della validità del marchio in oggetto, sotto il profilo della originalità e della novità, rigettandosi una specifica doglianza del
convenuto secondo cui «Anema e core» sarebbe espressione ormai ap partenente al comune patrimonio linguistico, ed anzi costituente il titolo
di una celeberrima canzone del repertorio napoletano classico. Il tribunale ha di contro, agevolmente, escluso che l'espressione in
questione rientri nel comune patrimonio linguistico; per negare rilevan
za alla preesistenza dell'omonima canzone ha invece fatto applicazione dei principi espressi da Cass. 18 febbraio 2000. n. 1820 (id., Rep. 2001, voce Marchio, n. 81, e, per esteso, Giur. it., 2001,1, 89): «Il carattere di
originalità, ai fini della tutela del segno distintivo come marchio, non consiste necessariamente nella individuazione e nell'utilizzazione di un
termine o di una espressione del tutto nuovi, potendo, al contrario, am
mettersi anche l'uso di una espressione ricavata dalla storia, dalla lette
ratura o dalla tradizione popolare, anche se divenuta di comune cono
scenza, purché l'accostamento della espressione al prodotto rappresenti applicazione di un'idea originale, e non rievochi nel medio consumato
re un collegamento con prodotti dello stesso genere di quello che si in
tende contrassegnare» (nella specie, in applicazione di tale principio, la
Cassazione ha confermato la decisione della corte di merito che aveva ritenuto il carattere originale della espressione «mela stregata», utiliz
zata per contraddistinguere un prodotto di gelateria, rilevando che la
origine fiabesca della espressione stessa, in presenza delle condizioni in
massima specificate, non ne escludeva il carattere di novità). Cfr. però, nella giurisprudenza di merito, Trib. Roma 25 ottobre
2002, Foro it., Rep. 2005, voce Proprietà industriale, n. 167, secondo
cui l'uso come insegna di un ristorante di un segno distintivo che ri
prende il cuore di un marchio rinomato nel settore cinematografico, ag
giungendovi elementi anch'essi diretti a suggerire l'idea della cinema
tografia, consente di trarre un indebito vantaggio dalla rinomanza del
marchio imitato per pubblicizzare l'attività di ristorazione svolta, senza
apprezzabile giustificato motivo, e costituisce quindi contraffazione del
marchio stesso, ai sensi dell'art. 1,1° comma, lett. c), 1. marchi (nella
specie, il marchio imitato era costituito da uno scudo di forma gotica, non equiparabile, per foggia, ad uno specifico tipo di scudo conosciuto
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PARTE PRIMA 3520
I
Svolgimento del processo. — Con atto notificato il 3 dicem
bre 2004 Lembo Guido conveniva in giudizio davanti a questo tribunale la Miragio s.a.s. di Colella Michele e C. e Colella Mi
chele in proprio, per sentir così provvedere: — dichiarare la contraffazione da parte della convenuta so
cietà dei marchi «Anema e core» e «Taverna anema e core», de
positati in data 15 febbraio 1996, 31 ottobre 1996 e 16 aprile
in araldica, sagomato nella parte superiore e attraversato da una fascia
diagonale contenente la parola «Titanus», ed il segno dell'imitatore si
differenziava da esso solo perche' sulla fascia erano riportate le parole «I vitelloni» tra due bordi di puntini neri che rendevano la fascia stessa
simile ad una pellicola cinematografica). III. - Con riferimento al divieto di uso come marchio di parole ed
espressioni di larghissima e notoria diffusione nel linguaggio comune, v. Trib. Napoli 8 luglio 2002, id., 2003,1, 956.
Sulle interferenze tra marchi ed insegne, v. Trib. Catania 6 luglio 2004. id., 2005, I, 910; cfr. anche Cass. 28 febbraio 2006. n. 4405, id., 2006. I, 2794.
Con riferimento alla capacità distintiva del marchio, cfr. Cass. 20
aprile 2004, n. 7488, id., 2004,1, 2070. Da ultimo, la recente Trib. Torino, ord. 27 giugno 2006, giud. Vitro,
Soc. Daisy c. Soc. Nova Coop, inedita, che ha affermato (in via inci
dentale), la nullità — per difetto di capacità distintiva, ex art. 13 cod.
proprietà industriale — dei marchi «Centro commerciale dei laghi», «Parco commerciale dei laghi», in quanto «fanno chiaro riferimento al
tipo di esercizio esercitato (centro o parco commerciale) e alla posizio ne geografica in cui è situato il centro commerciale di riferimento (dei
laghi, «trovandosi ... in Gravellona Toce, che è posta proprio all'inter
sezione fra i laghi Maggiore, Orta e Mergozzo)». Il tribunale ha invece ritenuto valido il marchio complesso che. pur
composto anche dalle parole «Parco commerciale laghi» presenta anche
una parte figurativa, rappresentante una barca a vela sulle onde, sullo
sfondo di montagne, in quanto «sembra avere una certa capacità indivi
dualizzante, benché il riferimento presente anche in questo caso, seb bene in forma più articolata e meno immediata, alla posizione geogra fica del centro commerciale, sembra escludere l'attribuibilità allo stes so della natura di marchio forte». Tale debolezza del marchio ha però consentito di escluderne la confondibilità con l'insegna della resistente, sufficientemente differenziata. «Centrolaghi — centro commerciale I
percoop». Il tribunale ha però ritenuto forte l'ultimo marchio della ricorrente,
«Centrolaghi», «perché il suo riferimento alla località di posizione del
centro commerciale è resa ambigua dalla sua doppia valenza interpre tativa (potendo Centrolaghi essere riferito al concetto di centro della zona dei laghi o al concetto di centro commerciale posto nella zona dei
laghi), con la conseguente originalità nascente da questa ambigua va
lenza semantica». Da qui il giudizio di confondibilità (con conseguente inibitoria) riguardo alla successiva insegna della resistente, prima ri
chiamata. non rilevando la presenza della denominazione Ipercoop (mera generica indicazione dell'appartenenza di quel centro commer ciale alla catena di supermercati Coop, diffusi in tutta Italia, sicché il cuore di quella insegna è proprio il termine Centrolaghi, «meno ade rente concettualmente al tipo di attività svolta e diretto a individuare lo
specifico centro commerciale in esame»), IV. - Il provvedimento del Tribunale di Venezia ha invece affermato
la contraffazione del marchio «Valentino», qui usato per borse da don
na, da parte del quasi omonimo e successivo marchio «Raf Valentino»,
pure usato per borse. Anche in questo caso è stato agevole affermare il carattere forte, e
addirittura la celebrità, del primo marchio (ma anche in tal caso non vi era questione di tutela ultramerceologica, quindi rafforzata del marchio
rinomato, in quanto — come detto — si controverteva di marchi tutti relativi a borse femminili).
Il profilo di maggior interesse sta piuttosto nell'affermazione, quanto mai esplicita, dell'irrilevanza — per i marchi di rinomanza — della confondibilità tra i segni, quanto alla fonte di provenienza, atteso anche che il consumatore medio, di norma, è perfettamente in grado di distin
guere l'originale dalla contraffazione (non fosse altro che per la diffe renza di costo), ed anzi è indotto ad acquistare quest'ultima perché spinto da ragioni di «immagine» e di risparmio.
La confondibilità — pur sempre richiesta dalla legge — si manifesta
piuttosto come pregiudizio per il titolare del marchio rinomato, che da un lato subisce l'indebita appropriazione dei pregi connessi alla propria notorietà, dall'altro rischia lo svilimento del proprio segno, «aggredito» dall'altrui contraffazione, in quanto l'elitaria clientela di riferimento sarà indotta ad indirizzarsi verso altre griffe, pure esclusive ma meno
colpite dalle indebite imitazioni. In termini è — pur se non ancora univocamente — la stessa giuris
prudenza comunitaria: cfr. Corte siust. 23 ottobre 2003, causa C
408/01, ibid.. IV, 395. Per il diritto interno, cfr., quanto ai criteri di accertamento del rischio
Il Foro Italiano — 2006.
1999, registrati, rispettivamente il 19 novembre 1996, il 29 di
cembre 1998 e il 23 maggio 2002; — dichiarare la nullità del marchio «L'anema e core» di Mi
ragio di Colella Michele e C. registrato il 1° settembre 2004,
con l'emissione di ordine di cancellazione; — inibire ai convenuti l'uso, la commercializzazione, la pub
blicizzazione, la vendita e l'offerta in vendita di servizi e pro dotti contrassegnati dai marchi di esso attore o marchi simili o
confondibili; — ordinare la distruzione o la rimozione dell'insegna, del
materiale pubblicitario e dei prodotti in cui si è concretizzata la
violazione dell'esclusiva; — condannare i convenuti al risarcimento del danno per dan
no emergente e lucro cessante, da liquidarsi anche in via equita
tiva; — fissare una penale di euro diecimila per ogni violazione
dell'inibitoria e dei provvedimenti contenuti nella sentenza e
per ciascun giorno di ritardo; — ordinare la pubblicazione dell'intestazione e del dispositi
vo della sentenza a caratteri doppi del normale e per due volte
su tre quotidiani e su tre riviste del settore scelti dall'attore, a
spese della convenuta e con facoltà dell'attore di provvedervi direttamente in caso di intempestivo e incompleto adempimento da parte dei convenuti, con diritto di ripetizione di quanto speso;
— condannare i convenuti alla rifusione delle spese del giu dizio.
Premetteva il Lembo: — di essere titolare dal 1994 di un ritrovo notturno, denomi
nato «taverna», sito in Capri e frequentato dai più noti perso
naggi del cinema, della televisione e dello spettacolo; — che, stante l'importanza del predetto locale, sin dal 1996
aveva provveduto a registrare i due marchi utilizzati e, precisa
mente, quello denominativo e figurativo, costituito dalle parole
di confusione, Cass. 28 ottobre 2005, n. 21086, id., 2006, I, 94, con os
servazioni di Casaburi, nonché — per ulteriori profili — Trib. Napoli 2
febbraio 2006, ibid., 1571 (anche con riferimento alla c.d. pre-sale
confusion). Da ultimo. Cass. 17 febbraio 2006, n. 3548, id., Mass., 319, secondo
cui «la confondibilità richiesta dalla legge ai fini della tutela del mar
chio si manifesta anche come potenzialità illecita, da valutarsi in rela
zione alla naturale espansività dell'impresa titolare del segno», nonché,
per la giurisprudenza di merito, Trib. Milano 24 luglio 2003, id., Rep. 2005, voce cit., n. 179.
In dottrina, cfr. Dalle Vedove, Il marchio notorio: il nesso di affi nità tra prodotti o servizi sotto il maglio del giudizio di «associazione tra segni», in Riv. dir. ind., 2006. II, 65.
V. - Di rilievo, sempre con riferimento a marchi rinomati, è la re cente Trib. Milano, ord. 6 luglio 2006, pres. Tarantola, est. De Sapia, Elio Fiorucci e Soc. Galleria e altri c. Edwin Co. Ltd Edwin Interna tional Europe GmbH e Soc. Fiorucci design office, inedita, pronunciata in sede di reclamo cautelare.
Il tribunale ha confermato il sequestro dei dispenser per un dolcifi cante (a marchio «Canderel»), commercializzato con l'espressione «by Elio Fiorucci», nonché l'inibitoria alla società produttrice dell'uso delle ulteriori espressioni «Love Therapy by Elio Fiorucci», «Love Therapy Collection by Elio Fiorucci» e «by Elio Fiorucci» o di altre contenenti la parola «Fiorucci», ciò su ricorso della società titolare dei diritti al l'utilizzazione del nome del celebre ed omonimo stilista.
Quest'ultimo aveva prestato la sua opera per il «riposizionamento» del dispenser.
Ad avviso del tribunale l'uso delle espressioni in oggetto supera i li miti previsti dall'art. 21 cod. proprietà industriale, secondo cui «I diritti di marchio d'impresa registrato non permettono al titolare di vietare ai terzi l'uso nell'attività economica: del loro nome e indirizzo . ..».
Infatti, nella specie, l'espressione «by Elio Fiorucci» è generica mente riferita al prodotto-dispenser contenente il dolcificante, e non
alle modalità di confezionamento e presentazione dello stesso, così ge nerandosi un effetto confusorio.
Così l'ordinanza: «l'attività creativa non attiene direttamente alla forma del prodotto (come quando, ad es. l'autore disegna una lampada o un altro oggetto), ma alla sua presentazione commerciale; si è parlato correttamente di 'marketing creativo'; ma allora le modalità di utilizzo del nome 'Elio Fiorucci' devono far apparire con chiarezza il ruolo di creatore della sola confezione e della presentazione del prodotto com
plessivamente considerate, senza che si possano creare profili di so
vrapposizione con il marchio 'Fiorucci' di Edwin, nella sua non dissi mile funzione evocativa di un certo stile di vita».
Sui marchi patronimici, cfr. Cass. 22 aprile 2003, n. 6424, Foro it..
2004, I, 205, con osservazioni di Casaburi, e, nella giurisprudenza di
merito, App. Milano 6 luglio 2004, id., Rep. 2005, voce cit., n. 198.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
«Taverna anema e core» e da un disegno raffigurante la veduta
di uno scorcio di un vicolo di paese, con in primo piano l'in
gresso di una taverna con l'insegna «Taverna anema e core»,
per le classi 3, 14, 18, 25 e 42 (registrato il 19 novembre 1996);
nonché, il 31 ottobre 1996, quello consistente nella dicitura
«Anema e core» per le classi 9, 15, 41 (registrato il 29 dicembre
1998); — che in data 16 aprile 1999 aveva depositato un terzo mar
chio «Anema e core» per le classi 3, 14, 18 e 25 (registrato il 23
maggio 2002); — che tali marchi erano da considerarsi forti, non avendo al
cuna attinenza con i servizi e i prodotti da essi contraddistinti.
Esponeva, ancora: — che la Miragio s.a.s. di Michele Colella in data 26 otto
bre 2000 aveva presentato domanda di registrazione n.
NA2000C000954 di un marchio consistente nella parola «L'anema e core» per contraddistinguere un locale piano bar
sito in Forio nell'isola di Ischia (registrato in data 1° settem
bre 2004 con il n. 936073); — che tale condotta integrava gli estremi della contraffazione
e della concorrenza sleale in suo danno.
Deduceva la nullità del marchio della convenuta per mancan
za del requisito della novità e per l'identità o, comunque, l'affi
nità dei servizi (spettacoli musicali in locali pubblici per esso
attore, piano bar per la convenuta); che era evidente il rischio di
confusione e provata la contraffazione dei suoi marchi; che sus
sistendo la concorrenza sleale, era dovuto il risarcimento del
danno.
Si costituivano, il 26 settembre 2005, la Miragio s.a.s. e Co
lella Michele in proprio, eccependo, preliminarmente, la tardi
vità della costituzione in giudizio dell'attore, avvenuta l'undice
simo giorno (13 dicembre 2004) dalla notifica dell'atto intro
duttivo (consegna all'ufficio notifiche il 2 dicembre 2004). Nel merito deducevano l'infondatezza delle ragioni esposte
nell'atto introduttivo, chiedendo il rigetto delle domande attrici, col favore delle spese.
L'attore replicava che il termine per la costituzione decorreva
dall'ultima notifica (avvenuta per il p.m. il 9 dicembre 2004) e
che, comunque, il 12 dicembre 2004 era festivo.
Con ordinanza del 5-9 gennaio 2006 il giudice istruttore ri
gettava le richieste istruttorie formulate dall'attore e dai conve
nuti.
Le parti rassegnavano conclusioni conformi ai rispettivi atti
introduttivi.
Motivi della decisione. — E necessario, preliminarmente, ri
levare l'infondatezza dell'eccezione sollevata dai convenuti, relativa all'asserita tardività della costituzione dell'attore.
Invero, il giorno 12 dicembre 2004 era festivo (domenica), sicché' legittimamente, per la proroga del termine, l'attore iscris
se la causa a ruolo il successivo giorno 13.
Ciò premesso, osserva il collegio che le domande attrici sono
meritevoli di accoglimento nei limiti che saranno precisati in
corso di motivazione.
Il marchio «Anema e core» è da qualificarsi forte, non avendo
alcuna attinenza o collegamento con i prodotti e i servizi da esso
contrassegnati, specificamente per ciò che riguarda l'attività di
ristorazione e di intrattenimento, caratterizzata dalla contempo ranea offerta di spettacoli musicali, evocata solo mediatamente
dal titolo della nota canzone classica napoletana. Né può esservi dubbio sull'acquisita rinomanza dello stesso,
non meramente locale, come è stato dimostrato dalla documen
tazione prodotta dall'attore (ampi servizi in quotidiani e riviste
a tiratura nazionale, che danno conto di feste e ricevimenti con
la partecipazione di personaggi politici, della finanza e dello
spettacolo delle più diverse nazionalità; trattative per l'apertura in franchising di un omonimo locale a Roma; ecc.), che i conve
nuti non hanno in alcun modo contestato.
Sempre sotto il profilo giuridico, deve essere disattesa l'ecce
zione di «difetto di originalità e di novità» del marchio in esame
che i convenuti hanno fondato sul rilievo che esso «propone un
segno già divenuto di uso comune nel linguaggio corrente ...
non essendo altro che il titolo di una notissima canzone napole tana».
Deve, invero, escludersi che le parole «anema e core» siano
segni divenuti di uso comune nel linguaggio corrente: l'esisten
za. peraltro nota alla schiera degli appassionati della canzone
classica napoletana così intitolata, per la sua settorialità, non
può certo indurre a ritenere che le due parole siano entrate a far
Il Foro Italiano — 2006.
parte del linguaggio corrente, cioè di quello normalmente usato
dalla generalità dei cittadini in una determinata epoca storica
per descrivere un fatto o uno stato d'animo.
Al contrario, l'utilizzo da parte dell'attore delle due parole, evocative della canzone, appare distintivo, in quanto assoluta
mente nuovo, non solo dell'attività di ristorazione e di spetta colo caratterizzato dall'intrattenimento musicale dedicato alla
tradizione canora, ma anche di tutti i beni e servizi di cui alle
protezioni contenute nel marchio stesso.
Né i convenuti hanno provato o chiesto di provare (com'era loro onere) la preesistenza di altro marchio uguale o simile a
quello registrato dall'attore; né, d'altra parte, consta che l'attore
abbia fatto uso illecito del titolo della canzone, in mancanza di
qualsiasi rivendicazione da parte dell'ipotetico titolare dei diritti
di sfruttamento.
Per concludere questa parte del discorso, è necessario ricorda
re con la giurisprudenza (Cass. 18 febbraio 2000, n. 1820, Foro
it., Rep. 2000, voce Marchio, n. 63; 28 ottobre 1998, n. 10739,
id., Rep. 1999, voce cit., n. 71) che il carattere di originalità, ai
fini della tutela del segno distintivo come marchio, non consiste
necessariamente nell'individuazione e nell'utilizzazione di un
termine o di un'espressione del tutto nuovi, potendo, al contra
rio, ammettersi anche l'uso di un'espressione ricavata dalla sto
ria, dalla letteratura o dalla tradizione popolare, anche se dive
nuta di comune conoscenza, purché l'accostamento dell'espres sione al prodotto (o al servizio) rappresenti applicazione di
un'idea originale e non rievochi nel medio consumatore un col
legamento con il prodotto o il servizio.
Nel caso in esame, si è già rilevato che l'espressione «anema
e core» non è descrittiva (né ontologicamente potrebbe esserlo) dei servizi (ristorazione e intrattenimento musicale) o dei pro dotti (capi di abbigliamento, ecc.) offerti dall'attore.
Ritenuta la piena legittimità dei marchi dell'attore, deve af
fermarsi che sussiste l'attività contraffattiva addebitata ai con
venuti per l'utilizzo di un marchio sostanzialmente ripetitivo di
quello registrato dall'attore.
In proposito è doveroso ribadire che si configura una sostan
ziale identità tra le attività svolte dall'attore e dalla convenuta;
che, è del tutto irrilevante, ai fini dell'eventuale esclusione del
rischio di confusione, la circostanza del diverso ambito territo
riale (Capri-Ischia), stante la vicinitas e l'eccellente vocazione
turistica della seconda isola.
Del resto, non è senza significato il fatto che i convenuti ab
biano scelto — guarda caso — una denominazione e chiesto di
registrare un marchio che letteralmente e foneticamente è pres soché identico a quello registrato dall'attore.
Di esso va dichiarata la nullità per difetto di novità; è conse
quenziale l'inibitora ai convenuti dell'uso, la commercializza
zione, la pubblicizzazione e la vendita di servizi e prodotti con
trassegnati dai marchi di pertinenza dell'attore o da marchi si
mili o confondibili. In particolare, vanno ordinate la rimozione dell'insegna
«L'anema e core» usata per distinguere il locale gestito dalla
convenuta Miragio e la distruzione del materiale pubblicitario e
dei prodotti recanti il predetto marchio.
Quanto alle domande risarcitone proposte dall'attore, è ne
cessario premettere che è del tutto improduttiva, ai fini della de
cisione, la richiesta dell'attore di ordine di esibizione della do
cumentazione contabile a carico della convenuta, non essendo
evidentemente possibile, neppure a mezzo di c.t.u., accertare in
concreto quale utilità specifica, sul piano dei ricavi, è stata rea
lizzata per effetto dell'uso del marchio contraffatto.
Ciò posto, rileva il collegio che la documentazione prodotta — non contestata specificamente dai convenuti — ha consentito
di acquisire la prova dell'esistenza di una trattativa diretta alla
concessione del marchio in franchising alla Acqua e farina s.r.l.
con sede in Roma che l'avrebbe utilizzato per l'apertura di un
locale nella capitale, caratterizzato anche dalla partecipazione del Lembo (come intrattenitore musicale) ad almeno quattro se
rate l'anno.
Tale trattativa, secondo quanto risulta dal fax in data 18 giu
gno 2003, si interruppe, avendo accertato la s.r.l. l'esistenza di
altro locale, quello della convenuta Miragio, che, come si è vi
sto, utilizzava il marchio ritenuto contraffattivo.
Avuto riguardo, come mero parametro estimativo, ai corri
spettivi del futuro contratto (v. fax del 5 maggio 2003) che la
s.r.l. si dichiarava disposta a pagare, e potendo ritenersi configu rabile solo il danno da chanche perduta (e non certo la diminu
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PARTE PRIMA 3524
zione patrimoniale conseguente alla mancata conclusione del
contratto, poiché ben avrebbe potuto l'attore provare al futuro
contraente la concorrenza sleale subita), lo stesso va equitati vamente liquidato nell'importo di euro ventimila.
Va, altresì, fissata la penale di euro mille per ogni violazione
dell'inibitoria e dei provvedimenti contenuti nella presente sentenza e per ogni giorno di ritardo.
Considerata la natura della violazione e la rinomanza del
marchio dell'attore, va ordinata la pubblicazione, entro trenta
giorni dalla notifica, dell'intestazione della sentenza e del di
spositivo a caratteri doppi del normale e per una volta su due
quotidiani a tiratura nazionale scelti dall'attore, a spese dei con
venuti in solido, e con facoltà dell'attore di provvedervi diret
tamente in caso di ritardo o incompleto adempimento da parte dei convenuti, con diritto di ripetizione di quanto speso.
II
La società ricorrente lamenta che le borse commercializzate
con il marchio «Raf Valentino» (la parola è posta in caratteri ri
dotti in coincidenza della lettera V) presso i punti vendita Pel
letterie Tamburini sito in Jesolo e presso il negozio ad insegna Pelletteria Caleidos sito in Mestre rappresentano una contraffa
zione evidente del celebre marchio «Valentino», protetto da
numerose registrazioni depositate in atti e chiede la tutela del
proprio marchio sia sotto il profilo dell'art. 20, 1° comma, lett.
b), cod. proprietà industriale, sia sotto il profilo dell'art. 20, 1°
comma, lett. c), cod. proprietà industriale.
Si sono costituite in giudizio le resistenti eccependo il difetto
di legittimazione passiva della Tamburini s.r.l. e della TMB
pelletterie s.r.l.
Quanto al merito, le resistenti hanno dedotto che il marchio
«Raf Valentino» ha a sua volta ottenuto la registrazione sin dal
1999 con la conseguenza che lo stesso è stato convalidato ex art.
28 cod. proprietà industriale, avendo la ricorrente tollerato per
cinque anni consecutivi l'uso di un marchio registrato uguale o
simile non opponendosi all'uso dello stesso per i prodotti o ser
vizi per i quali detto marchio è stato usato.
In ogni caso, ad avviso di parte resistente, il marchio «Raf
Valentino», in relazione alla sua particolare veste grafica, non è
sovrapponibile a quello registrato da Valentino, non essendo
rinvenibile un rischio di confusione per il consumatore.
Va preliminarmente accolta l'eccezione di difetto di legitti mazione passiva della Tamburini s.r.l.
Dall'esame dello scontrino rilasciato dal negozio Pelletterie
Tamburini sito in Jesolo all'atto dell'acquisto delle borse di cui
è causa, emerge che tale negozio è di proprietà non della Tam
burini s.r.l. ma della ditta Tamburini Albino.
Peraltro, anche la visura camerale prodotta in causa evidenzia
che la Tamburini s.r.l. ha come oggetto sociale la locazione
immobiliare di beni propri e sublocazione. Né rileva l'identità della compagine sociale e dell'organo
amministrativo della Tamburini s.r.l. con quelli delle altre resi
stenti, non risultando che la predetta società si occupi della
commercializzazione (all'ingrosso o al dettaglio) di articoli di
pelletteria. Non è invece accoglibile l'eccezione di difetto di legittima
zione passiva della TMB pelletterie s.r.l. Questa società (come la Nuova TMB s.r.l.) si occupa del commercio all'ingrosso di
articoli in cuoio, in pelle e articoli da viaggio, ha la propria sede
sociale a Jesolo, via Meucci 26, ha la medesima compagine so
ciale ed il medesimo organo amministrativo della Nuova TMB
s.r.l. Se quindi non viene sollevata dalla parte resistente ecce
zione di difetto di legittimazione passiva per la Nuova TMB
s.r.l.. non vi sono validi motivi per sollevarla con riferimento
alla società gemella TMB pelletterie s.r.l.
Quanto al merito, il ricorso è fondato sia sotto il profilo del
fumus boni iuris che del periculum in mora.
Quanto al primo requisito, va osservato che dall'esame delle
fotografie e delle borse in atti emerge con evidenza che il mar
chio «Raf Valentino» costituisce una palese contraffazione dei
marchi registrati dalla società che reca il nome del celebre stili sta di moda Valentino Garavani.
Si tratta ovviamente di marchi non solo forti — difettando
ogni aderenza concettuale tra il segno ed il prodotto che lo stes
so è destinato a contraddistinguere — ma addirittura celebri es
sendo, come detto, riconducibili allo stilista Valentino Garavani,
Il Foro Italiano — 2006.
il quale, a partire dagli anni sessanta, si è affermato con note
vole successo in tutto il mondo nel campo della moda e dell'ab
bigliamento, e i cui marchi, spesso associati a famosi protagoni sti dello spettacolo e del c.d. jet set, hanno avuto un'espansione continua anche in settori merceologici diversi da quelli origina ri, quali quelli degli accessori dell'abbigliamento (borse e pro dotti di pelletteria) e degli oggetti destinati in genere all'orna
mento della persona (profumi, occhiali, ecc.). Non vi è dubbio che la natura di marchio forte del segno
«Valentino» renda illegittime tutte le variazioni e modificazioni
effettuate dalle resistenti nei propri articoli che lascino sussiste
re l'identità sostanziale del cuore del marchio — proprio la pa
rola Valentino — ovvero il nucleo ideologico espressivo che co
stituisce l'idea fondamentale in cui si riassume la sua spiccata attitudine individualizzante (Cass. 30 gennaio 1985, n. 573, Fo
ro it.. Rep. 1986, voce Marchio, n. 80; 22 gennaio 1993, n. 782,
id.. Rep. 1995, voce cit., n. 173; 9 febbraio 1995, n. 1473, id., Rep. 1996, voce cit., n. 153; 26 giugno 1996, n. 5924, id., 1997, I, 217; 4 dicembre 1999, n. 13592, id., Rep. 2001, voce cit., n.
147). Va peraltro osservato che al cospetto dell'elevatissima capa
cità distintiva ed individualizzante del marchio «Valentino», le
variazioni apportate dalle resistenti — che comunque non sa
rebbero state idonee a far venir meno l'identità sostanziale del
cuore del marchio — sono davvero risibili.
La parola Valentino — identica a quella del marchio celebre — è scritta con analoghi caratteri di stampatello maiuscolo, e la
parola Raf — l'unico elemento distintivo — è scritta, in corri
spondenza della lettera V, in dimensioni ridottissime ed in
stampatello minuscolo, con la conseguenza che, oltre al profilo fonetico, anche l'effetto grafico è assai simile.
Emerge quindi che il rischio di confusione tra il segno della
ricorrente e quello delle resistenti, in relazione a prodotti identi
ci. è quantomai palpabile, tenuto conto che l'esame deve avve
nire sempre sulla scorta di una valutazione non analitica e parti
colareggiata, ma sintetica e d'insieme, in relazione al fatto che il
consumatore svolge le sue riflessioni sulla base del solo ricordo
nella sua memoria del segno contraffatto.
In conclusione, la ricorrente ha diritto di vietare alle resistenti
l'uso del segno «Raf Valentino», in primo luogo, a norma del
l'art. 20, lett. b), cod. proprietà industriale.
Inoltre, la Valentino s.p.a., in quanto titolare di un marchio
non solo rinomato, ma addirittura celebre, ha diritto di vietare
alle resistenti l'uso del segno «incriminato» a norma dell'art.
20, lett. c), cod. proprietà industriale, essendo indubbio che, in
un caso quale quello di specie, l'uso senza giusto motivo del se
gno da parte del contraffattore consente allo stesso di trarre in
debitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla rinomanza
del marchio o reca pregiudizio al marchio contraffatto — requi
siti di tutela che la legge richiede in via alternativa — e ciò an
che indipendentemente dal rischio di confusione che può inge nerarsi concretamente nella clientela.
Il contraffattore, usando un segno distintivo identico o simile
a quello rinomato, approfitta in modo quasi parassitario della
celebrità del marchio contraffatto offrendo il prodotto (ben) imitato ad un segmento di mercato assai vasto rappresentato da
tutti coloro che pur desiderosi di detenere un oggetto riconduci
bile ad una griffe famosa non se ne possono permettere i costi
assai elevati.
I consumatori che consapevolmente acquistano il prodotto contraffatto lo scelgono non per le sue caratteristiche, decorati
ve o di materiale, intrinseche, ma solo per la sua forte somi
glianza a quello «celebre», magari per «spacciarlo» come quello
originale ai conoscenti meno attenti o meno qualificati nel rico
noscere i marchi rinomati.
Nel caso di specie, se, da un lato, è plausibile che il consu
matore non venga tratto in inganno in ordine alla provenienza delle borse recanti il marchio «Raf Valentino», anche in rela
zione al prezzo risibile cui sono vendute (al cospetto dei pro dotti originali «Valentino»), nondimeno lo stesso consumatore,
rispetto ad una borsa assolutamente anonima di pari scarsa qua lità, è portato a scegliere, pagando lo stesso prezzo, quella che
contenga segni simili al marchio rinomato di cui è causa, con la
conseguenza che chi la produce e commercializza sfrutta inde
bitamente la celebrità dello stilista italiano.
Al vantaggio del contraffattore — requisito, come detto, da
solo sufficiente per apprestare la tutela di cui all'art. 20, lett. c), cod. proprietà industriale — si accompagna normalmente il pre
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
giudizio che l'imprenditore titolare della privativa celebre subi
sce per effetto della diffusione, soprattutto se di larga scala nel
mercato del prodotto contraffatto.
Non vi è dubbio che infatti un'estesa commercializzazione di
prodotti recanti segni identici o simili a marchi rinomati possa fondatamente cambiare le abitudini della clientela cui tali arti
coli sono normalmente indirizzati, soprattutto di quella che è
orientata all'acquisto per il carattere esclusivo del prodotto, per l'elevatissimo target del medesimo, la quale, per non incorrere
nel rischio che il suo costoso accessorio di lusso possa essere
confuso con uno contraffatto, può dirigersi verso altre marche
altrettanto rinomate.
La circostanza che il fenomeno della contraffazione del mar
chio celebre leda non tanto l'interesse del singolo acquirente —
che non solo è normalmente consapevole della falsità del pro dotto ma ha un proprio «interesse» a procurarsi con pochissima
spesa un oggetto apparentemente di pregio —
quanto della pub blica fede, intesa come affidamento dei cittadini nella circola
zione di prodotti recanti marchi autentici, nonché dello stesso
titolare del marchio contraffatto, è stato evidenziato dalla Su
prema corte nella sentenza 11 ottobre 2000, Ndong, ibid., voce
Falsità in sigilli, n. 11, nella quale è stata esclusa la fattispecie del falso grossolano sul rilievo della natura di pericolo del reato
contestato all'imputato. Va peraltro osservato che non ha alcun pregio l'affermazione
delle resistenti secondo cui la loro condotta sarebbe immune da
censure, avendo provveduto non alla produzione ma alla mera
commercializzazione delle borse di cui è causa (oltre tutto con
l'autorizzazione espressa della ditta produttrice Pelletteria Az
zurra). È principio consolidato che si rendono responsabili della
contraffazione di un segno distintivo, ovvero della violazione di
un diritto di proprietà industriale, non solo quei soggetti che
provvedono alla produzione di articoli recanti marchi contraf
fatti ma anche coloro che si inseriscono nella rete distributiva
della società produttrice o che per prima ha commercializzato i
prodotti recanti segni contraffatti.
Privo di fondamento è inoltre l'assunto secondo cui il mar
chio «Raf Valentino», ottenuta la registrazione nel 1999, avreb
be ottenuto la convalidazione a norma dell'art. 28 cod. proprietà industriale (art. 48 1. marchi previgente).
A tal proposito, va osservato, in primo luogo, che non è stato
in alcun modo provato dalle resistenti che la Valentino s.p.a. abbia in alcun modo tollerato l'uso del marchio posteriore si
mile.
Come sostenuto dalla giurisprudenza di legittimità (v. Cass.
13592/99, cit.), il testo novellato dell'art. 48 1. marchi (ora 28
cod. proprietà industriale), a differenza di quello previgente che
ai fini della convalidazione del marchio si limitava a richiedere
l'uso pubblico quinquennale di esso, richiede un elemento co
stitutivo in più, consistente nella vera e propria tolleranza del
l'uso altrui da parte del titolare della registrazione precedente, che presuppone la conoscenza del marchio altrui.
Né è condivisibile l'osservazione di parte resistente secondo
cui sussisterebbe, nel caso di specie, una sorta di presunzione di
conoscenza dell'esistenza del segno «Raf Valentino» da parte della ricorrente che trarrebbe origine da quanto esposto nel ri
corso dalla stessa Valentino s.p.a., ovvero che si servirebbe di
professionisti specializzati per monitorare il mercato ai fini
della prevenzione e repressione della contraffazione dei propri marchi: nel proprio ricorso la Valentino s.p.a. si è limitata ad af
fermare di aver commissionato un'indagine alla società Vigilar volta a verificare la presunta attività illecita di diversi soggetti localizzati nel Nordest d'Italia e che tale società ha scoperto l'attività contraffattiva riconducibile alle resistenti nel marzo
2006. Dunque, dal ricorso non emerge affatto che tale ricerca fosse
stata affidata ai professionisti da tempo e, a maggior ragione, che i risultati di tale ricerca fossero a conoscenza della Valenti
no da un periodo tale da determinare addirittura la convalida
zione del marchio «Raf Valentino».
Non è quindi condivisibile la conclusione di parte resistente
dell'inverosimiglianza della mancata conoscenza da parte della
ricorrente dell'esistenza del marchio predetto. In ogni caso, nel caso di specie, l'impossibilità di ottenere la
convalidazione del marchio «Raf Valentino» deriva dal rilievo
dirimente che la registrazione del marchio posteriore è stata si
II Foro Italiano — 2006.
diramente domandata in mala fede dalla Pelletteria Azzurra, dal
momento che, attesa la celebrità del marchio «Valentino» sin
dai primi anni sessanta, al momento del deposito, il titolare del
marchio posteriore era ben consapevole che un altro soggetto aveva già registrato e stava usando un marchio uguale o simile
nello stesso settore merceologico. Accertato il fumus boni iuris del ricorso, l'irreparabilità del
pregiudizio deriva dall'obiettiva difficoltà di recupero della
quota di mercato eventualmente perduta e dall'impossibilità di
pervenire nel futuro giudizio di merito ad un'esatta quantifica zione del pregiudizio patrimoniale arrecato agli interessi della
ricorrente (v. Trib. Napoli 5 ottobre 2001, id.. Rep. 2002, voce
Concorrenza (disciplina), n. 262; Trib. Torino 20 novembre
1998, id.. Rep. 1999, voce cit., n. 367). Deve quindi disporsi, a norma dell'art. 129 cod. proprietà in
dustriale, il sequestro di tutte le borse contraddistinte dal mar
chio «Raf Valentino» come meglio identificate a mezzo dei
campioni prodotti sub 10, 11, 14 e 15 di parte ricorrente, nonché
di ogni altro articolo di pelletteria (come portafogli, cinture,
portachiavi, ecc.) recante tale marchio nonché del relativo mate
riale di confezionamento, promozionale e pubblicitario (quali
cataloghi, listini, depliants) recanti il predetto marchio; seque stro da eseguirsi sia presso le sedi delle resistenti Nuova TMB
s.r.L, TMB pelletterie s.r.l. e Caleidos s.r.I. ed eventuali sedi se
condarie, sia presso tutti i punti vendita da esse gestiti nonché
eventuali magazzini e/o pertinenze delle stesse o anche apparte nenti o nella disponibilità di terzi.
Il sequestro deve altresì estendersi a tutta la documentazione
contabile presso la sede, i negozi e le pertinenze delle menzio
nate resistenti e segnatamente delle fatture di acquisto e di ven
dita, degli ordini di acquisto, di eventuali contratti e documenti
di trasporto e consegna, degli estratti dei libri e registri contabili
e dei registri di carico e scarico magazzino, tutti relativi alla
produzione e/o commercializzazione dei prodotti recanti i mar
chi «Raf Valentino».
Deve altresì disporsi l'inibitoria nei confronti di Nuova TMB
s.r.L, TMB pelletterie s.r.l. e Caleidos s.r.l. dell'uso del marchio
«Raf Valentino» sui prodotti di pelletteria sopra menzionati
nonché su qualunque tipo di prodotto recante il marchio contraf
fatto (a titolo esemplificativo pubblicità, cataloghi, listini, de
pliants, sito Internet). Deve invece rigettarsi la domanda di pubblicazione della pre
sente ordinanza, attesa la particolare afflittività in sede cautelare
di tale misura, che troverebbe peraltro giustificazione laddove si
dovessero verificare ulteriori violazioni da parte delle resistenti
Nuova TMB s.r.l., TMB pelletterie s.r.l. e Caleidos s.r.l. del
l'ordine giudiziale. Deve assegnarsi, inoltre, alla ricorrente il termine di giorni
trenta per l'inizio del giudizio del merito. Infatti, delle due mi
sure cautelari concesse, il (solo) sequestro della merce contraf
fatta non può ritenersi un provvedimento di natura anticipatoria
degli effetti della decisione del merito, bensì — pur con evidenti
finalità anticipatorie — conservativo e preventivo volto ad im
pedire l'ulteriore perpetrazione dell'illecito contraffattivo sia
nei casi in cui la merce contraffatta sia rimasta nella disponibi lità del contraffattore — anche se in tale evenienza potrebbe es
sere sufficiente l'inibitoria — sia in quelli in cui la stessa merce
sia entrata nella sfera giuridica di terzi produttori conto-terzisti
o a loro volta rivenditori della medesima.
II difetto della natura anticipatoria del sequestro anche indu
strialistico deriva dal fatto che tale misura non può permanere sine die. La situazione che scaturisce da un provvedimento di
sequestro è necessariamente interlocutoria tanto che con la sen
tenza in cui sfocia il giudizio di merito non può mai confermarsi
il sequestro della merce che ne è oggetto, di cui dovrà invece di
sporsi la distruzione, o il ritiro dal mercato o eventualmente
l'assegnazione alla parte ricorrente-attrice.
Prescinde invece dalla natura anticipatoria o meno del prov vedimento cautelare concesso la statuizione sulle spese di lite,
che si liquidano come in dispositivo.
Eloquente è in proposito l'inciso «in ogni caso» contenuto
nell'art. 23, 2° comma, d.leg. 5/03, che consente di ritenere fon
datamente che il giudice della cautela deve comunque disporre sulle spese di lite indipendentemente dal fatto che ritenga appli cabile o meno al caso sottoposto al suo esame l'art. 669 octies
c.p.c.
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