sentenza 26 maggio 1998, n. 185 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 3 giugno 1998, n. 22);Pres. Granata, Est. Guizzi; Min. sanità c. Rodica Coras Cableri e altri (Avv. Salberini); Min.sanità c. Codacons e altri (Avv. Rienzi, Saporito, Montaldo); interv. Pres. cons. ministri (Avv.dello Stato Pagano). Ord. Cons. Stato, sez. IV, 24 febbraio 1998 (due) (G.U., 1 a s.s., n. 10 del1998)Source: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 6 (GIUGNO 1998), pp. 1713/1714-1721/1722Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23192616 .
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1713 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 1714
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 26 maggio 1998, n. 185
0Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 3 giugno 1998, n. 22); Pres. Granata, Est. Guizzi; Min. sanità c. Rodica Coras
Cableri e altri (Avv. Salberini); Min. sanità c. Codacons e
altri (Avv. Rienzi, Saporito, Montaldo); interv. Pres. cons,
ministri (Aw. dello Stato Pagano). Ord. Cons. Stato, sez.
IV, 24 febbraio 1998 (due) (G.U., la s.s., n. 10 del 1998).
CORTE COSTITUZIONALE; !
Sanità pubblica — Assistenza sanitaria e farmaceutica — Far
maci antitumorali non compresi nel provvedimento di classi
ficazione della commissione unica del farmaco ma sottoposti «ex lege» a sperimentazione clinica — Erogazione gratuita a favore di soggetti privi di sufficienti disponibilità economi
che — Esclusione — Incostituzionalità (Cost., art. 3, 32; d.l.
17 febbraio 1998 n. 23, disposizioni urgenti in materia di spe rimentazioni cliniche in campo oncologico e altre misure in
materia sanitaria, art. 2, 3; 1. 8 aprile 1998 n. 94, conversione
in legge, con modificazioni, del d.l. 17 febbraio 1998 n. 23, art. 1).
Sanità pubblica — Assistenza sanitaria e farmaceutica — Far
maci antitumorali non compresi nel provvedimento di classi
ficazione della commissione unica del farmaco ma sottoposti «ex lege» a sperimentazione clinica — Condizioni ed effetti
della sperimentazione — Disparità di trattamento — Legge
provvedimento — Questione infondata di costituzionalità
(Cost., art. 3, 70, 77; d.l. 17 febbraio 1998 n. 23, art. 2,
3; 1. 8 aprile 1998 n. 94, art. 1).
È incostituzionale il combinato disposto dell'art. 2, 1° comma,
ultima proposizione, e dell'art. 3, 4° comma, d.l. 17 febbraio 1998 n. 23, convertito, con modificazioni, nella l. 8 aprile 1998
n. 94, nella parte in cui non prevede, secondo criteri stabiliti
dal legislatore, l'erogazione a carico del servizio sanitario na
zionale dei medicinali impiegati nella cura delle patologie tu
morali, per le quali è disposta la sperimentazione di cui all'art.
1, a favore di coloro che versino in condizioni di insufficienti
disponibilità economiche e che siano ritenuti dal medico — sotto
la propria responsabilità e sulla base di elementi obiettivi —
pazienti privi di valide alternative terapeutiche offerte da me
dicinali o trattamenti già autorizzati per tali patologie. (1) È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.
2, 1° comma, ultima proposizione, e dell'art. 3,4° comma,
d.l. 17 febbraio 1998 n. 23, convertito, con modificazioni, nella l. 8 aprile 1998 n. 94, in riferimento agli art. 3 (in rela
zione alla paventata disparità di trattamento che si sarebbe
determinata a danno dei farmaci compresi nella multiterapia Di Bella rispetto alle condizioni di inserimento della generali tà dei farmaci sperimentabili nell'elenco previsto dall'art. 1, 4° comma, l. 23 dicembre 1996 n. 648), 70 e 77 Cost.). (2)
(1-2) Con l'attesa sentenza in epigrafe l'angosciosa, controversa ed arcinota vicenda Di Bella — dopo aver sollecitato l'intervento straordi nario del legislatore al termine di infuocati dibattiti parlamentari e di
una mobilitazione popolare e mass-mediatica senza precedenti nelle cro
nache di politica sanitaria del belpaese; spaccato l'opinione pubblica in opposte fazioni; assunto, suo malgrado, inopportune coloriture ideo
logiche e politiche; interessato massivamente le preture civili e del lavo ro di mezza Italia; attraversato convulsamente tutti i gradi della giusti zia amministrativa — parrebbe (il condizionale è d'obbligo, come si
vedrà) essere finalmente giunta al capolinea. Ricostruire l'antefatto dell'odierna pronuncia impegna l'annotatore in
un non breve excursus narrativo che deve partire dal luglio 1997, quando un folto gruppo di sostenitori dell'ormai celebre fisiologo modenese chiese
udienza al ministero della sanità e contattò diversi parlamentari impe
gnati in questioni sanitarie, per sollecitare l'attenzione del governo e del
le forze politiche sull'esistenza di una rivoluzionaria terapia, che — si
asseriva — aveva dimostrato nel corso di svariati lustri di applicazione silenziosa ad opera del prof. Di Bella la sua salvifica capacità di ridare
speranza e salute a pazienti oncologici per>i quali la medicina ufficiale
aveva ormai stilato un verdetto di incurabilità. Il 7 ottobre 1997, il mini
stro della sanità rispondeva negativamente alle numerose interrogazioni
parlamentari che avevano fatto proprie le richieste di intervento avanza
te dai seguaci della c.d. multiterapia Di Bella (di seguito: MTDB). Arenatasi nel circuito politico, l'istanza sociale scaturita dalle speran
ze innescate dalla MTDB non tardò ad assumere la forma di ricorsi
ex art. 700 c.p.c. all'autorità giudiziaria, tesi ad ottenere nei confronti
delle aziende Usi un ordine di somministrazione urgente e gratuita dei
costosi farmaci contemplati dalla MTDB, ma non recepiti in tale veste
terapeutica dal prontuario farmaceutico vigente. La richiesta di disap
plicare il provvedimento di natura tecnico-amministrativa con il quale
Il Foro Italiano — 1998 — Parte 7-33.
Diritto. — 1. - Il Consiglio di Stato dubita della legittimità costituzionale dell'art. 2, 1° comma, ultima proposizione, d.l.
n. 23 del 1998 (disposizioni urgenti in materia di sperimentazio ni cliniche in campo oncologico e altre misure in materia sanita
ria), convertito, con modificazioni, nella 1. 8 aprile 1998 n. 94, con riguardo, innanzitutto, all'art. 3 Cost., che risulterebbe vio
lato sotto due profili: — per disparità a danno dei farmaci che compongono il «mul
titrattamento Di Bella», poiché soltanto per essi — sostiene il
rimettente — il d.l. n. 23 richiede la disponibilità di risultati di studi clinici di fase seconda quale condizione per il loro inse
rimento nell'elenco dei medicinali innovativi, mentre l'art. 1,
la Commissione unica del farmaco (Cuf) tassativamente compone e ca
taloga il prontuario farmaceutico per dar corso alle urgenti e compas sionevoli aspettative di giustizia dei ricorrenti fu per la prima volta ac colta in un'ordinanza pretorile agli inizi del novembre 1997 (Pret. Pi stoia 5 novembre 1997, Guida al diritto, 1998, fase. 12, 36) per poi trovare diffusa trattazione (con esiti positivi il più delle volte, salvo che di fronte a qualche giudicante di fede Popperiana) in una serie davvero cospicua di provvedimenti di urgenza rimbalzati sulle cronache
giuridiche dai più disparati (aggettivo da leggersi qui in senso geografi co e funzionale) uffici giudiziari della nostra penisola (cfr. Pret. Catan
zaro, ord. 26 gennaio 1998, Pret. Macerata, decr. 12 gennaio 1998, Pret. Catania, ord. 17 e 21 gennaio 1998, Foro it., 1998, I, 641, con nota di Lanotte, nonché Pret. Lecce-Maglie, ord. 11 febbraio 1998, Pret. Roma, ord. 26 gennaio 1998, Pret. Prato, ord. 26 gennaio 1998, Pret. Milano, ord. 26 gennaio 1998, Pret. Pistoia, ord. 9 marzo 1998, e Pret. Roma, ord. 9 marzo 1998, Guida al diritto, 1998, fase. 12, 1998, 24, con commento di Zanetta, Oscilla l'orientamento in pretura mentre sale la febbre del contenzioso, ibid., 51), in un crescendo giudi ziario che (forse) solo oggi sembra trovare fine (sul problema dell'iden tificazione del giudice funzionalmente competente a decidere sui ricorsi
d'urgenza tesi ad ottenere la somministrazione gratuita di medicinali
extra-prontuario, v. in questo fascicolo, parte prima, Pret. Putignano 26 maggio 1998, con osservazione di U. Izzo, Il ricorso è mio e lo decido io. La competenza funzionale a decidere sulle richieste di som
ministrazione gratuita di farmaci fuori prontuario). Stretta fra gli interventi dei pretori (tornati in questa vicenda a godere
di una popolarità che la categoria non conosceva forse dagli anni settan
ta) ed un battage mass-mediologico da prima pagina e prima serata, la
politica si riaccostava al caso Di Bella con una diversa consapevolezza. Terminale obbligato dell'ardente clima politico del momento, il ministro della sanità il 23 dicembre 1997 ordinava con proprio decreto al profes sore di Modena di consegnare le cartelle cliniche in suo possesso relative
ai pazienti da lui trattati in passato con la MTDB. L'acquisizione di que sta base di sommarie evidenze documentali, unita ad una pressione poli tica, sociale e giudiziaria ormai non più resistibile, portava il governo ad emanare il d.l. 17 febbraio 1998 n. 23, con la quale si dava il via all'ormai ineludibile verifica dell'efficacia terapeutica della MTDB, at traverso la prima sperimentazione clinica sull'efficacia di un farmaco av
viata d'ufficio dal legislatore in deroga ai meccanismi usuali basati sul
l'impulso della parte (casa farmaceutica o gruppo di ricerca) interessata. Nel frattempo, mentre alcune regioni italiane (Puglia e Lombardia)
decidevano motu proprio di garantire la somministrazione gratuita del la componente essenziale della MTDB (la costosa somatostatina) attin
gendo ai propri bilanci di spesa sanitaria, la giustizia amministrativa aveva prima invitato formalmente la Cuf ad inserire la somatostatina nell'elenco speciale (previsto dall'art. 1, 4° comma, d.l. 21 ottobre 1996 n. 536, convertito dalla 1. 23 dicembre 1996 n. 648) dei farmaci erogabi li, in mancanza di valida alternativa terapeutica, a totale carico del ser vizio sanitario nazionale (cfr. Tar Lazio, sez. I, ord. 26 gennaio 1998, n. 225, Guida al diritto, 1998, fase. 12, 10), e poi — di fronte allo sde
gnato silenzio-diniego dell'organo di governo tecnico della politica far maceutica nazionale — aveva sospeso l'esecuzione della decisione con la quale lo stesso organo amministrativo, pur avendo informalmente av viato la procedura di sperimentazione della MTDB, reiterava il suo rifiu
to di far accedere la somatostatina nell'elenco appena menzionato (cfr. Tar Lazio, sez. I, ord. 9 febbraio 1998, n. 384, Foro it., 1998, III, 250).
La sentenza del Tar Lazio, con la quale i giudici amministrativi, ritenendo di fatto avviata la sperimentazione (e quindi di fatto esistenti
le condizioni per consentire l'erogazione gratuita della somatostatina
ai sensi del d.l. 536/96 citato), avevano disposto l'erogazione gratuita del farmaco su tutto il territorio nazionale e fino al termine della
sperimentazione (ormai in atto), riceveva nel giro di meno di due setti
mane l'avallo dell'organo supremo della giustizia amministrativa (cfr. Cons. Stato, sez. IV, ord. 24 febbraio 1998, n. 348, ibid., 212), sebbe
ne, medio tempore, il d.l. 17 febbraio 1998 emanato dal governo, nel prevedere la somministrazione gratuita dei farmaci componenti la
MTDB a favore dei pazienti sottoposti a sperimentazione, avesse cer
cato di porre rimedio allo sproporzionato costo di mercato dell'intro
vabile somatostatina, prevedendo un prezzo politico di rivendita al
pubblico dei malati. Nell'occasione i supremi giudici amministrati
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1715 PARTE PRIMA 1716
4° comma, d.l. n. 536 del 1996 reputa sufficiente che il medici
nale sia sottoposto a sperimentazione clinica, indipendentemen te dalla fase in cui è giunta, o che esso sia già autorizzato per diverse indicazioni terapeutiche;
— per disparità di trattamento fra i malati terminali selezio
nati ai fini della sperimentazione (per i quali la somministrazio
ne è gratuita) e quelli che non vi sono stati ammessi, e sono
autorizzati, sì, a utilizzare detti farmaci, ma a loro spese (art.
3, 4° comma, d.l. n. 23 del 1998): disposizione sospetta, consi
derato il tipo di patologia, giacché non sarebbe ragionevole pre tendere il completamento della «seconda fase» nella sperimen tazione quale condizione per la somministrazione gratuita dei
farmaci.
vi non mancavano di trarre dalla lettura dell'allora freschissimo d.l. 23/98 il ragionevole convincimento che la normativa si palesasse inco stituzionale sotto più profili, che sono poi quelli riversati nell'ordinanza di rimessione che il 24 febbraio 1998 fu recapitata al Palazzo della Con sulta per dare origine alla sentenza in epigrafe, e su cui ci si soffermerà di qui a poco.
Riottoso ad ottemperare al provvedimento confermato dai giudici di Palazzo Spada, il ministero della sanità provocava un nuovo ricorso al Tar Lazio, teso questa volta a nominare un commissario ad acta
per l'esecuzione dell'ordinanza già resa dalla medesima corte, che que st'ultima tosto accoglieva (cfr. Tar Lazio, sez. I, ord. 9 marzo 1998, n. 580, ibid., 213), nominando commissario ad acta per i necessari prov vedimenti del caso il direttore pro-tempore dell'istituto superiore di sa nità. Mentre alte si levavano le grida di chi invocava un inedito conflit to di attribuzione fra poteri dello Stato (nella specie: esecutivo vs. giu dici amministrativi), prendeva forma l'intervento normalizzatore del
Consiglio di Stato, che con la penna di un collegio diverso da quello che aveva già avuto modo di validare l'operato dei giudici del Tar La
zio, accoglieva il gravame del ministero della sanità (cfr. Cons. Stato, sez. IV, ord. 24-25 marzo 1998, n. 518, ibid., 212). L'operato del più alto consesso della giustizia amministrativa sollevava non poche per plessità in qualche commentatore (cfr. C. Taglienti, L'ordinanza in troduce il «pericoloso» principio che una pronuncia valida può non essere eseguibile, in Guida al diritto, 1998, fase. 14, 93), ma non faceva a tempo ad essere scrutinato in modo più approfondito. Dopo una tre
giorni di infuocati dibattiti sugli scranni di Montecitorio (agevolmente reperibili, per gli amanti dell'arte retorica dei nostri deputati, attraverso la home page ufficiale del parlamento italiano — http://www.parla mento, it — e di cui si consiglia lettura per scoprire — se non altro — che in essi non traspare riferimento alcuno al fatto che il testo nor mativo da convertirsi fosse già ufficialmente tacciato di incostituziona lità e che magari valesse la pena di approfondirne i motivi per operare correttivi in corsa) il d.l. 23/98 veniva convertito con alcune modifiche
per divenire la legge oggi costituzionalmente vulnerata nei termini di cui alla sentenza in epigrafe.
E veniamo alla sentenza in rassegna per analizzare rapidamente le cen sure di incostituzionalità su cui oggi è calato il giudizio della Consulta, consapevoli che — per esigenze di pubblicazione — mette conto rinviare ad occasioni future ogni approfondimento degno di questo nome.
Il primo profilo di illegittimità costituzionale ravvisato dai giudici a quibus atteneva alla disparità di trattamento determinatasi a danno della multiterapia Di Bella per effetto della disposizione contenuta nel l'ultimo periodo dell'art. 2 della legge impugnata, interpretata nel con testo letterale dell'art. 2 stesso. Leggendo tutto di un fiato l'articolo, i rimettenti avevano ritenuto che la limitazione operata dall'ultimo pe riodare della norma («[I]n nessun caso, comunque, possono essere inse riti nell'elenco previsto dall'art. 1, 4° comma, del citato d.l. n. 536 del 1996, medicinali per i quali non siano già disponibili risultati di studi clinici di fase seconda [ovvero, per intenderci, studi che attestino la fondatezza dell'attività biochimica del farmaco sull'uomo, da non confondersi con la valutazione sull'effettiva efficacia terapeutica, atte stata dagli studi di fase terza]») fosse ingiustificatamente riferita alla sola MTDB, destinataria delle disposizioni contenute nella prima parte dell'art. 2. Non solo, ma la stessa disposizione (così interpretata) avreb be prestato il fianco all'accusa di configurare una norma-provvedimento, in violazione al principio di generalità ed astrattezza della legge, oltre che dell'ancor più fondamentale principio della divisione dei poteri.
A tali accuse la corte replica offrendo un'interpretazione sincopata del testo di legge in esame. Non è affatto vero che la limitazione gravi sulla sola MTDB, ragionano i giudici delle leggi. Difatti, mentre la pri ma parte dell'articolo in effetti si riferisce alla sola MTDB, stabilendo che l'avviata sperimentazione di questo protocollo terapeutico non pos sa valere a riconoscerne l'utilità, ai fini della inserzione nell'elenco spe ciale dei farmaci previsto dalla 1. 648/96, trattandosi in ogni caso di una valutazione riservata alla competenza tecnica esclusiva della Cuf, il periodare finale dell'art. 2 deve invece intendersi riferito a tutti i fu turi medicinali innovativi che vorranno essere presi in considerazione dalla Cuf per essere inseriti nell'elenco speciale che prelude, in caso di mancanza di alternative terapeutiche, alla somministrabilità gratuita alla collettività di un farmaco extraprontuario.
Il Foro Italiano — 1998.
Sarebbe leso, altresì, il diritto alla salute, salvaguardato dal
l'art. 32 Cost.
Si eccepisce, infine, il carattere singolare della norma denun
ciata, in violazione del principio di generalità e astrattezza delle
leggi nonché del principio di divisione tra potere legislativo e
amministrativo, senza che si riscontri alcun ragionevole motivo
per l'adozione di una legge-provvedimento (e qui si richiamano
gli art. 3, 70 e 77 Cost.). 2. - Appare evidente, dal tenore delle ordinanze di rimessio
ne, che il giudice a quo intende censurare tutte le norme del
d.l. n. 23 del 1998 che precludono la somministrazione gratuita dei farmaci in esame ai malati esclusi dalla sperimentazione,
L'interpretazione appena offerta sembra essere plausibile anche per ché — afferma la corte — in effetti la legge (nella sua intestazione) non fa esclusivo riferimento alla MTDB, ma menziona anche altre mi sure in materia sanitaria, proprio come quelle rivenienti dall'interpreta zione con cui la Consulta evita la censura d'incostituzionalità ravvisata dai rimettenti. Ne deduciamo che mentre fino ad oggi sarebbe stato
possibile alla Cuf inserire nell'elenco dei farmaci innovativi un medici nale già autorizzato e commercializzato in altri Stati (anche non euro
pei), ma non sul territorio nazionale, ovvero un farmaco inserito nel
prontuario, ma da impiegarsi per un'indicazione terapeutica diversa da
quella per la quale era stato autorizzato in Italia, d'ora in poi anche in queste due circostanze indicate dalla 1. 648/96 la Cuf avrà le mani
legate dalla necessità — imposta per legge — che anche per tali farmaci siano disponibili risultati di studi clinici di fase seconda. Tanto varrà
quindi ritenere abrogate le due circostanze (alternative a quella per cui l'inserzione sia giustificata dall'avvio di una sperimentazione clinica) che pure la 1. 648/96 continua (sulla carta) a prevedere.
Sulla delicata tematica dei confini costituzionali fra la legge e l'atto
(amministrativo), v. F. Rigano, Scrutinio stretto di ragionevolezza sulle
leggi-provvedimento e riserva d'amministrazione, in Regioni, 1996, 521; G. Di Genio, Giudizio di ragionevolezza e leggi-provvedimento, in Giur.
it., 1996, I, 469; F. Sorrentino, Garanzia giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi e leggi-provvedimento, in Giur. costit., 1991, 2780; A. Franco, Leggi provvedimento, principi generali dell'ordina
mento, principio del giusto procedimento (in margine alla innovativa sent. n. 143 del 1989 della Corte costituzionale), id., 1989, II, 1041; A. Piraino, Ancora sulle leggi-provvedimento, in Regioni, 1987, 166; L. Carlassare, Garanzia dei diritti e leggi-provvedimento, in Giur. co
stit., 1986, I, 1488.
Coglie invece nel segno, a parere della Consulta, la seconda censura sollevata dai rimettenti, a tenore della quale il combinato disposto del l'art. 2, 1° comma, ultimo periodo, e dell'art. 3, 4" comma, 1. 94/98 — oltre a vulnerare la parità di trattamento fra i malati ammessi alla
sperimentazione di cui all'art. 1 della legge (e come tali ammessi a frui re della somministrazione gratuita della MTDB) e i restanti pazienti oncologici, costretti invece a sopportare in proprio (pur se a prezzo «politico») il non indifferente onere economico richiesto per l'acquisto dei medicinali componenti la MTDB — si sarebbe tradotta in un'insuf ficiente interpretazione della garanzia costituzionale del diritto alla sa
lute, idonea a far dipendere il concreto godimento di questo diritto fondamentale dalle diverse disponibilità reddituali dei cittadini affetti da un male purtroppo incurabile. Ed è plausibile che fosse questa la censura d'incostituzionalità che il vero destinatario finale della 1. 94/98, in qualità di malato terminale, avrebbe saputo formulare (verosimil mente in termini extragiuridici) già all'indomani dell'emanazione del d.l. 23/98 del 17 febbraio scorso.
La corte tuttavia recepisce il profondo significato ed il coacervo di
problematiche sottese a questa censura di incostituzionalità con fare
circospetto, quasi temesse ad ogni piè sospinto di allargare in modo indiscriminato il precipitato applicativo della sua decisione. All'inter
prete avvezzo a compulsare le serie speciali della Gazzetta ufficiale, que st'impressione viene suggerita — ancor prima di una lettura nel merito delle argomentazioni della sentenza in rassegna — dal dispositivo nel
quale la Consulta ha, singolarmente, omesso di conchiudere il significa to della odierna declaratoria di illegittimità. Inappagata dallo stile suc cinto di un dispositivo di prammatica, la corte è infatti stata costretta ad esprimere le cautele di cui circonda il suo decisum, rinviando l'inter
prete alla triplice griglia di condizioni a cui, nella parte motiva, subor dina con certosina precisione l'operatività della sua pronuncia. E così, scorrendo le pagine a ritroso, si scopre che l'erogazione, a carico del servizio sanitario nazionale, dei medicinali impiegati nella cura delle
patologie tumorali a favore di coloro che versino in condizioni di insuf ficienti disponibilità economiche, dovrà avvenire: 1) solo in relazione ai farmaci che compongono la MTDB, perchè solo per essi si sono realizzate le straordinarie condizioni (una sperimentazione clinica in corso ed un'autorizzazione temporanea all'uso terapeutico disposte con nor mativa ad hoc) che distinguono ciò che la sentenza chiama «questo caso di speranza terapeutica» da qualsiasi altra terapia che si supponga efficace (limite oggettivo della pronuncia); 2) solo in relazione a pazien ti affetti da quelle forme tumorali che sono contemplate nel protocollo sperimentativo della MTDB, alla precisa condizione però «che il medi
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
ai quali si riconosce libertà di cura, ma a loro spese (art. 3, 4° comma).
Le disposizioni che formano oggetto della questione sono quin di l'art. 2, 1° comma, ultima proposizione, e l'art. 3, 4° com
ma, del decreto legge; va così precisata l'incompleta indicazione
co [prescrivente] ritenga sotto la sua responsabilità e sulla base di ele menti obiettivi, che non esistano valide alternative terapeutiche tramite medicinali o trattamenti già autorizzati per tali patologie» (limite sog gettivo della pronuncia); 3) solo per il tempo che residua al giorno in cui finalmente il dilemma Di Bella sarà sciolto dalla pubblicazione degli esiti della sperimentazione in atto (limite temporale della pronuncia).
Ma non è nei limiti così attentamente fissati e certamente condivisibi li (salvo per il fatto di apparire per certi versi un po' ridondanti, ma si sa: i pretori sono abili ermeneuti) che l'odierna pronuncia tradisce la sua timorosità circospetta. Il sintomo è infatti mirabilmente espresso dall'inequivoca affermazione (riportata nel dispositivo con l'inciso «se condo i criteri stabiliti dal legislatore») che identifica nel solo legislatore colui che la corte chiama a compiere il delicato ed ingrato compito di dare concretezza ed effettività all'odierna pronuncia. Sarà il ragione vole law-maker, e solo lui, ad individuare quelle insufficienti disponibi lità economiche che ai sensi dell'odierna lettura dell'art. 32 Cost, costi tuiranno causa necessaria (ed al contempo limite invalicabile) dell'inter vento assistenziale dello Stato a beneficio del cittadino malato terminale di cancro.
Avremmo a questo punto a che fare con una declaratoria di illegitti mità che degrada al punto di rendersi indistinguibile da una pronuncia di infondatezza esortativa (o monitoria, v. G. Zagrebelsky, Processo
costituzionale, voce dell' Enciclopedia del diritto, 1987, XXXVI, 667 ss.) — di fatto congelata nei suoi risvolti applicativi per l'operatore del di
ritto — se non fosse che i giudici delle leggi si sono premurati di appor re al macchinoso dispositivo così escogitato una sorta di timer pronto a squillare. L'intervento del legislatore dovrà infatti avvenire, per ri condurre la disciplina legislativa a conformità costituzionale, con «la
più grande tempestività in ragione della particolare urgenza». Nel rinviare ad un intervento più ragionato sui temi scottanti che
si agitano sullo sfondo dell'odierna pronuncia, si lascia l'interprete col dubbio legittimamente generato dalla lettura del recentissimo decreto
legislativo emanato ex art. 59, comma 50, 1. 449/97, e definitivamente
approvato dal governo il 24 aprile 1998, per entrare in vigore il 1°
maggio 1998. L'art. 5 della normativa che si ripromette di ridefinire il rapporto degli italiani con il servizio sanitario nazionale, introducen do il già famoso e temuto sanitometro, prevede al 1° comma che «[C]on distinti regolamenti del ministero della sanità da emanarsi ai sensi del l'art. 17, 3° comma, 1. 23 agosto 1988 n. 400, sono individuate, rispet tivamente: a) le condizioni di malattia croniche ed invalidanti; b) le
malattie rare. Le condizioni e malattie di cui alle lettere a) e ti) danno diritto all'esenzione dalla partecipazione per le prestazioni di assistenza sanitaria indicate dai medesimi regolamenti. Nell'individuare le condi zioni di malattia, il ministro della sanità tiene conto della gravità clini
ca, del grado di invalidità, nonché della onerosità della quota di parte cipazione derivante dal costo del relativo trattamento». Il successivo 3° comma così continua: «L'esenzione dalla partecipazione al costo per le prestazioni di assistenza sanitarie correlate a ciascuna malattia è rico nosciuta in qualsiasi regime di erogazione».
A questo punto non occorrono raffinati sillogismi per avanzare il
ragionevole dubbio che il legislatore avesse forse incosapevolmente già suggerito alla Consulta una traccia più che fondata su cui operare per risolvere l'allocazione di risorse che l'odierna sentenza reclamava a gran voce.
Non resta invece che prendere atto della prudenza della pronuncia in rassegna, fingendo di aver dimenticato esperienze ancor recenti (con sapevoli dell'infausta prognosi che purtroppo accomuna tutti i malati
terminali, non può che richiamarsi a questo proposito e con chiari in
tenti esorcizzanti il caso della normativa beneficiale a favore dei dete nuti malati di AIDS, in cui gli auspici espressi in prima battuta dai
giudici costituzionali caddero nel vuoto, obbligando suo malgrado la corte ad un revirement forzoso, v. U. Izzo, Un difficile test per la
Consulta: l'Aids, le leggi ed i giudici fiduciosi, in Fóro it., 1995, I,
46; Id., Cronaca di un «revirement» annunciato: il nuovo assetto costi
tuzionale dell'incompatibilità carceraria del detenuto affetto da Hiv,
id., 1996, I, 1553). Sulla forza espansiva dell'art. 32 Cost, nel contesto limitativo dell'in
dirizzo di politica sanitaria inaugurato dal d. leg. 502/92, v. M. Cocco
ni, La tutela del diritto alla salute nella crisi dello Stato sociale. Problemi
e prospettive, in Sanità pubbl., 1995, 1167; Id., Il valore costituzionale della salute come criterio guida delle scelte legislative e di organizzazio ne: fra esigenze di concreta realizzazione e fedeltà alla propria consisten
za ontologica, id., 1991, 289; Id., Le prestazioni sanitarie fra esigenze di normalizzazione della spesa e diritti fondamentali della persona, in Re
gioni, 1990, 1755; G. Mor, Il riordino della sanità nella crisi dello Stato
sociale e della Costituzione materiale, id., 1994, 957; D. Velo, R.Vm
tuani, La riforma della pubblica amministrazione: la riforma del siste
ma sanitario italiano, in Dir. ed economia, 1993, 141. [U. Izzo]
Il Foro Italiano — 1998.
delle disposizioni sottoposte al vaglio di questa corte (cfr. l'or
dinanza n. 350 del 1994, Foro it., Rep. 1994, voce Circolazione
stradale, n. 168, e ivi richiami alle sentenze n. 115 del 1990,
id., 1990, I, 2750; n. 138 del 1986, id., 1987, I, 1945; n. 47 del 1962, id., 1962, I, 1079).
Stante l'identità delle due ordinanze di rimessione, i giudizi vanno riuniti e decisi con unica sentenza.
3. - È inammissibile la costituzione in giudizio della regione Emilia-Romagna, parte intimata nel giudizio pendente innanzi
al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, seppur non
costituita nel procedimento cautelare d'appello: quest'ultimo non
sottende, infatti, un diverso rapporto processuale, ma si confi
gura soltanto come una fase del processo in ordine alla quale è intervenuta l'impugnazione del provvedimento cautelare de
voluta alla cognizione del Consiglio di Stato; e la regione è co
munque titolare di un evidente interesse sostanziale, con riguar do sia all'oggetto della controversia di merito, sia all'incidente
di costituzionalità (v. sentenze n. 223 del 1996, id., 1996, I,
2586, e n. 171 del 1996, id., 1997, I, 1027, cfr., pure, la recente
ordinanza n. 67 del 1998). 4. - Sono da respingere le eccezioni di inammissibilità avan
zate dalla regione Emilia-Romagna. Non è fondata l'eccezione di manifesta irrilevanza, perché il
d.l. n. 23 del 1998, ius superveniens, incide direttamente sul
quadro normativo che il giudice rimettente deve considerare, anche in vista dell'esercizio del potere cautelare. La valutazione
del giudice a quo, su questo punto, è plausibile. Non fondata è, altresì, la seconda eccezione per difetto di
incidentalità, perché non può ritenersi che le due ordinanze si
risolvano in una «critica in astratto» del decreto legge soprav
venuto; né appare esaurito il potere di decidere sulla domanda
cautelare, secondo quanto si evince dalla lettura delle stesse or
dinanze.
5. - Si deve dunque passare al merito, e per meglio compren dere la questione è necessario muovere dal d.l. n. 536 del 1996, e dagli atti conseguenti alla sua conversione in legge.
L'art. 1, 4° comma, di tale decreto, contempla uno speciale elenco di «farmaci innovativi», erogabili a totale carico del ser
vizio sanitario nazionale «qualora non esista valida alternativa
terapeutica»; esso conferisce alla Commissione unica del farma
co (d'ora in poi Cuf) il potere di dettare procedure e criteri
per la redazione e l'aggiornamento periodico di detto elenco.
Il d.l. del 1996 non definisce, dunque, la natura dei farmaci
innovativi, né le procedure, né le metodologie prescrittive, rin
viando alla discrezionalità tecnica della Cuf. Che con atto del
17 gennaio 1997 (poco dopo la conversione del decreto n. 536, avvenuto con 1. 23 dicembre 1996 n. 648) ha dettato prescrizio ni sulla documentazione da presentare, a cura delle associazioni
di malati, delle società scientifiche, di organismi sanitari pubbli ci o privati; richiedendo, fra le informazioni necessarie, quella sul «completamento favorevole di studi clinici di fase 1 e 2», con particolare riferimento «ai problemi della qualità e della
sicurezza».
Il d.l. n. 23 del 1998, all'art. 2, 1° comma, ultima proposi
zione, fa anch'esso riferimento ai risultati di studi clinici di fase
seconda, integrando la previsione originaria del d.l. n. 536 del
1996 e vincolando in negativo con tale criterio (che acquista forza di legge) l'attività dell'organo tecnico per quanto attiene
alla redazione dell'elenco dei farmaci innovativi. Esso recepisce e rende normativamente vincolante, a questi fini, le fasi della
sperimentazione, quanto meno la seconda, che consiste di studi
terapeutici pilota, volti a dimostrare l'attività biologica e la si
curezza, a breve termine, del principio attivo.
Questi dati consentono di inquadrare le censure di legittimità costituzionale mosse dal rimettente.
6. - Non è fondato il dubbio, avanzato con riguardo all'art.
3 Cost., circa la disparità che si sarebbe determinata a danno
dei farmaci che compongono la «multiterapia Di Bella», per i quali soltanto — sostiene il Consiglio di Stato — il d.l. n.
23 richiederebbe la disponibilità di risultati di studi clinici di fase seconda quale condizione per il loro inserimento nell'elen
co dei medicinali innovativi. L'esame dei tre periodi di cui consta l'art. 2 d.l. dimostra
che la premessa esegetica da cui muove il giudice a quo non
è, su questo punto, corretta.
Il primo periodo si lega alla sperimentazione della «terapia Di Bella», e dunque vi si riferisce.
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1719 PARTE PRIMA 1720
Il secondo precisa che la disciplina speciale per detta speri mentazione non altera le competenze della Cuf circa la redazio
ne dell'elenco dei farmaci innovativi, e ne conferma i poteri di valutazione sulla base dei criteri tecnici dalla stessa adottati.
Il terzo periodo stabilisce che «in nessun caso» — e anche
tale inizio rivela l'intento del legislatore di porre una prescrizio ne di carattere generale — possono essere inseriti nell'elenco
dei farmaci innovativi, di cui all'art. 1, 4° comma, d.l. n. 536
del 1996, «medicinali per i quali non siano già disponibili risul tati di studi clinici di fase seconda». La disposizione concerne,
dunque, le modalità di redazione e di aggiornamento dell'elen
co, e vale per tutti i medicinali innovativi.
Si può aggiungere, inoltre, che il decreto legge, pur riguar dando precipuamente le sperimentazioni cliniche in campo on
cologico, introduce — come si desume dallo stesso titolo —
«altre misure in materia sanitaria»; e nel preambolo si fa certo
riferimento al «multitrattamento Di Bella», ma anche, in via
generale, all'impiego di medicinali per indicazioni terapeutiche non autorizzate.
Pur trovando la propria essenziale ragion d'essere nell'esigen za di «disciplinare, in via eccezionale, la sperimentazione clinica
del "multitrattamento Di Bella"» e di dare risposta ai problemi
correlati, il decreto legge non si limita a tale vicenda, per cui
non v'è discriminazione oggettiva a danno dei farmaci che com
pongono detta terapia. 7. - Neppure è fondata la censura che si basa sul presunto
carattere provvedimentale — e comunque singolare — dell'art.
2, ultima proposizione.
Quantunque il primo periodo dell'art. 2 richiami la sperimen tazione in campo oncologico, tuttora in corso, l'ultima proposi zione ha obiettivamente valenza generale, perché si salda con
il d.l. n. 536 del 1996, con la normativa sulla sperimentazione e con quella che detta i compiti della Cuf.
In ogni caso, non può dirsi illegittima, di per sé, la legge
prowedimento (sentenza n. 306 del 1995, id., 1996, I, 803, e
ivi ulteriori riferimenti alla giurisprudenza), anche se per essa
si impone uno «scrutinio stretto» di costituzionalità per il peri colo di disparità di trattamento insito in previsioni di tipo parti colare o derogatorio (sentenze nn. 153 del 1997 e 2 del 1997,
id., 1997, I, 3508 e 368). Tale conclusione non viene infirmata dal fatto che il gover
no, con il d.l. n. 23, abbia inteso contrastare un orientamento
giurisprudenziale favorevole all'erogazione gratuita della soma
tostatina al di fuori delle indicazioni terapeutiche già approva te. La circostanza che il d.l. n. 23 incida sui procedimenti giuri sdizionali pendenti non porta infatti a ravvisare la violazione
dei parametri indicati dal giudice a quo (art. 3, 70 e 77 Cost.) con riferimento al «principio di generalità e astrattezza della
legge» e alla «divisione tra poteri». In proposito basta sottoli
neare che il decreto legge non ha, a questo riguardo, carattere
retroattivo.
8. - È fondata la censura avanzata per lesione dell'art. 3 Cost., nei limiti di seguito precisati.
È appena il caso di ricordare che questa corte non è chiamata
a pronunciarsi, in alcun modo, circa gli effetti e l'efficacia tera
peutica di detto trattamento, per il cui accertamento è in corso
la sperimentazione prevista dall'art. 1. Non è chiamata, né po trebbe esserlo, a sostituire il proprio giudizio alle valutazioni
che, secondo legge, devono essere assunte nelle competenti sedi,
consapevole com'è dell'essenziale rilievo che, in questa materia, hanno gli organi tecnico-scientifici. E neppure è chiamata a pro nunciarsi sul divieto, in sé, che vengano inseriti nell'elenco dei
«farmaci innovativi», contemplato dall'art. 1, 4° comma, d.l.
n. 536 del 1996, medicinali privi, allo stato, di risultati di studi clinici di fase seconda; divieto stabilito dall'art. 2, ultima parte, d.l. n. 23 del 1998.
La corte è chiamata a pronunciarsi, sotto il profilo del rispet to del principio di uguaglianza, in riferimento al diritto alla
salute (art. 3 e 32 Cost.), sulla conseguenza di tale divieto d'in
serimento, che consiste nella non erogabilità, a carico del servi
zio sanitario nazionale, dei medicinali occorrenti per il «multi
trattamento»; medicinali — mette conto notare — singolarmen te validati in relazione a specifiche e diverse destinazioni
terapeutiche, ma soltanto ora sottoposti a sperimentazione cu
mulativa in campo oncologico. La questione ha ad oggetto la valutazione, alla stregua dei
parametri anzidetti, della conformità alla Costituzione di un at
II Foro Italiano — 1998.
to normativo che con disposizione singolare e in deroga alle
procedure ordinarie prevede, da un lato, una sperimentazione clinica semplificata e accelerata dei medicinali impiegati nel «mul
titrattamento», consentendo ai medici, sino al termine della spe
rimentazione, il loro impiego nel campo oncologico (art. 3, 3°
comma); e, dall'altro, per l'effetto del divieto di inserimento
nell'elenco dei farmaci innovativi, conseguente all'art. 2 qui in
esame, e della successiva norma introdotta dall'art. 3, 4° com
ma, fa ricadere sui privati non ammessi alla sperimentazione le spese necessarie all'acquisto di tali medicinali.
9. - La determinazione del legislatore di avviare la sperimen tazione di un complesso di sostanze e l'autorizzazione al loro
impiego nei confronti di altri soggetti estranei alla sperimenta
zione, prima che siano noti gli esiti di essa (in deroga alla rego la posta dal 1° comma dell'art. 3 d.l. n. 23), non sottendono,
certo, un «riconoscimento dell'utilità di impiego» dei medicina
li compresi nel multitrattamento (art. 1). Costituiscono, però, un «fatto legislativo» che ha una sua oggettività, tale da diffe
renziarlo da un qualsiasi mero «fatto sociale» spontaneo.
Ora, nei casi di esigenze terapeutiche estreme, impellenti e
senza risposte alternative, come quelle che si verificano in alcu
ne patologie tumorali, va considerato che dalla disciplina della
sperimentazione, così prevista, scaturiscono indubbiamente aspet tative comprese nel contenuto minimo del diritto alla salute.
Sì che non può ammettersi, in forza del principio di uguaglian
za, che il concreto godimento di tale diritto fondamentale di
penda, per i soggetti interessati, dalle diverse condizioni eco
nomiche.
Sotto il profilo della garanzia costituzionale della salute come
diritto, in relazione al campo oncologico di cui al 3° comma
dell'art. 3 del decreto legge, non appaiono sufficienti né la pre visione dell'art. 4, volta alla determinazione di un ridotto prez zo di vendita dei medicinali facenti parte del «multitrattamento
Di Bella», concordato tra il ministro della sanità e le aziende
farmaceutiche; né lo stanziamento, di cui all'art. 5 ter, intro
dotto dalla legge di conversione, di una somma assegnata ai
comuni, per l'anno 1998, destinata al finanziamento di contri
buti agli indigenti per spese sanitarie particolarmente onerose.
10. - La dichiarazione d'illegittimità costituzionale delle nor
me censurate è circoscritta entro i limiti che seguono:
a) limite di oggetto, in relazione ai farmaci rientranti nel «mul
titrattamento Di Bella», di cui all'art. 1 d.l. n. 23 del 1998.
Soltanto per tali farmaci, oggetto di sperimentazione clinica e
di un'autorizzazione speciale temporanea all'uso terapeutico, fuo
ri della sperimentazione, disposte con normativa ad hoc, si veri
ficano le condizioni che distinguono questo da tutti gli altri pos sibili casi di «speranza terapeutica» riposta in qualsivoglia tera
pia che si supponga efficace;
b) limite di soggetti, in relazione ai pazienti affetti da patolo
gie tumorali comprese tra quelle sottoposte alla sperimentazio ne in corso, di cui all'art. 1, rispetto ai quali il medico ritenga sotto la propria responsabilità, e sulla base di elementi obietti
vi, che non esistano valide alternative terapeutiche tramite me
dicinali o trattamenti già autorizzati per tali patologie. Negli altri casi — quando cioè esista la possibilità di un trattamento
già sperimentato e validato — la pretesa che lo Stato debba
essere comunque tenuto a fornire gratuitamente altre prestazio ni mediche, anche solo ipoteticamente efficaci, non sarebbe ra
gionevole. Non possono ricadere, infatti, sul servizio sanitario
nazionale le conseguenze di libere scelte individuali circa il trat
tamento terapeutico preferito, anche perché ciò disconoscereb
be il ruolo e le responsabilità che competono allo Stato, attra
verso gli organi tecnico-scientifici della sanità, con riguardo alla
sperimentazione e alla certificazione d'efficacia, e di non noci
vità, delle sostanze farmaceutiche e del loro impiego terapeutico a tutela della salute pubblica;
e) limite di tempo, in relazione al periodo della sperimenta zione di cui all'art. 1, cioè fino al momento in cui sia possibile
disporre di dati scientificamente attendibili, in base ai quali si possa uscire dalla situazione di incertezza attuale circa la non
implausibile efficacia del «multitrattamento Di Bella», momen to in cui dovrà operare la disciplina a regime.
Entro i limiti suddetti, il legislatore è costituzionalmente te
nuto a provvedere, nella sua discrezionalità, agli interventi volti
a garantire che possano usufruire del «multitrattamento Di Bel la» anche i soggetti, non ammessi alla sperimentazione, che non
sono nelle condizioni di affrontare i relativi costi a causa di
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
insufficienti disponibilità economiche, alla stregua di criteri che
spetta esclusivamente al legislatore stabilire secondo ragionevo lezza. Necessario per ricondurre la disciplina legislativa a con
formità costituzionale, tale intervento dovrà aver luogo con la
più grande tempestività in ragione della particolare urgenza. Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi,
1) dichiara l'illegittimità costituzionale del combinato disposto dell'art. 2, 1° comma, ultima proposizione, e dell'art. 3, 4°
comma, d.l. 17 febbraio 1998 n. 23 (disposizioni urgenti in ma
teria di sperimentazioni cliniche in campo oncologico e altre
misure in materia sanitaria), convertito, con modificazioni, nel
la 1. 8 aprile 1998 n. 94, nella parte in cui non prevede l'eroga zione a carico del servizio sanitario nazionale dei medicinali im
piegati nella cura delle patologie tumorali, per le quali è dispo sta la sperimentazione di cui all'art. 1, a favore di coloro che
versino in condizioni di insufficienti disponibilità economiche, secondo i criteri stabiliti dal legislatore, nei limiti oggettivi, sog
gettivi e temporali di cui in motivazione; 2) dichiara non fonda
ta la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, 1° com
ma, ultima proposizione, e dell'art. 3, 4° comma, del citato
d.l. n. 23 del 1998, sollevata in riferimento agli art. 3 — per i profili diversi da quelli sui quali si fonda la dichiarazione di illegittimità costituzionale di cui al precedente capo — 70 e 77
Cost., dalle ordinanze in epigrafe.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 16 aprile 1998, n. 112
(lGazzetta ufficiale, la serie speciale, 22 aprile 1998, n. 16); Pres. Granata, Est. Vassalli; Montanari, Cristalli; interv.
Pres. cons, ministri. Ord. Pret. Ancona-Fabriano 28 aprile 1997 (due) (G.U., la s.s., n. 35 del 1997).
Responsabile civile e civilmente obbligato per la pena pecunia ria — Responsabile civile — Assicurazione obbligatoria della
responsabilità civile derivante dalla circolazione di veicoli a
motore — Citazione nel processo penale — Iniziativa dell'im
putato — Omessa previsione — Incostituzionalità (Cost., art.
3; cod. proc. pen., art. 83; 1. 24 dicembre 1969 n. 990, assicu
razione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla
circolazione dei veicoli a motore e dei natanti).
È incostituzionale l'art. 83 c.p.p., nella parte in cui non preve de che, nel caso di responsabilità civile derivante dalla assicu
razione obbligatoria prevista dalla I. 24 dicembre 1969 n. 990,
l'assicuratore possa essere citato nel processo penale a richie
sta dell'imputato. (1)
(1) Il difetto di legittimazione dell'imputato a chiedere la citazione
del responsabile civile nel processo penale riposava su scelte tradizionali
(cfr., in tal senso, Ruggieri, in Commentario del nuovo codice di pro cedura penale a cura di Amodio e Dominioni, Milano, 1989, I, sub
art. 83-85, 495 e nota 17), che il legislatore del 1988 non ha ritenuto
di innovare nonostante non fossero, in proposito, mancate voci critiche
circa le asimmetrie cui il sistema dava luogo (cfr., ad esempio, Zeno
Zencovich, La responsabilità civile da reato, Padova, 1989, 93 ss.). Ancora alla vigilia dell'odierna declaratoria di incostituzionalità si riba
diva, peraltro, in giurisprudenza come l'imputato risultasse privo anche
della legittimazione ad opporsi all'estromissione del responsabile civile
che avesse già acquisito la qualità di parte, costituendo ciò pendant del difetto di legittimazione alla chiamata in causa del medesimo sog
getto (in tal senso, Cass. 11 marzo 1994, Rizza, Foro it., Rep. 1995, voce Responsabile civile, n. 3). A fronte di una più rigorosa prospetta zione della quaestio da parte del giudice a quo, la corte rivede, con
la pronuncia in epigrafe, i propri più risalenti indirizzi con riferimento
alla macroscopica fattispecie di responsabilità civile della compagnia assicuratrice in ordine ai danni cagionati da circolazione di veicoli a
.motore e natanti: premesso che, in tal caso, Van del rapporto assicura
tivo non è rimesso alla mera volontà della parti, per effetto della 1.
24 dicembre 1969 n. 990 che rende obbligatoria tale assicurazione sulla
Il Foro Italiano — 1998.
Diritto. — 1. - Il Pretore di Ancona, sezione distaccata di
Fabriano, solleva questione di legittimità costituzionale dell'art.
83 c.p.p. nella parte in cui esso non prevede, nel caso di costi
tuzione di parte civile, che anche l'imputato possa chiedere al
giudice che procede la citazione del responsabile civile. La que
stione, sorta in un processo per omicidio colposo a seguito di
circolazione di autoveicoli, è sollevata con riferimento a più pa rametri e sotto una pluralità di profili. Viene evocato l'art. 3
Cost, con la denuncia di due distinte lesioni del principio di
eguaglianza. La prima lesione si avrebbe per la differente posi zione fatta all"imputato e al responsabile civile (che nella causa
civile inserita nel processo penale si trovano rispetto all'azione
civile in una piena equiparabilità di ruoli), in quanto il respon sabile civile, che può essere chiamato in causa soltanto dalla
parte civile (o dal pubblico ministero nella speciale situazione
prevista dall'art. 77, n. 4), può intervenire volontariamente a
tutela dei propri interessi (art. 85 c.p.p.), mentre all'imputato non è data la possibilità di ottenerne la presenza nel processo. La seconda lesione dell'art. 3 si avrebbe invece per la disparità di posizione fatta al danneggiante nel processo penale rispetto a quella che egli ha nel processo civile. In quest'ultimo il conve
nuto può chiamare in garanzia il responsabile civile (nella spe cie l'impresa assicuratrice), la cui posizione, nell'ambito della
1. 24 dicembre 1969 n. 990, è disciplinata dagli art. 18 e 23
della legge stessa, mentre nel processo penale, all'imputato che
si trova ad essere parimenti convenuto dal danneggiato costitui
tosi parte civle, tale potere di chiamata in garanzia non è in
alcun modo attribuito, con esclusione dunque incongrua e non
giustificata. La lesione dell'art. 24 Cost, si avrebbe invece per
ché, una volta preclusagli la chiamata in garanzia del responsa bile civile nel processo civile per risarcimento del danno inne
stato nel processo penale, l'imputato si trova a dover sopporta re da solo le conseguenze civili del reato ascrittogli, non solo
in sede penale (dove può essere condannato al risarcimento del
danno ed anche al pagamento di una provvisionale), ma anche
nella successiva sede civile «non potendosi, addirittura, esclude
re che si trovi perdente nell'azione di regresso (o in altra auto
noma azione, se non si accede alla tesi della solidarietà) da lui
intentata al responsabile civile». Infine verrebbe in considera
zione anche l'art. 97 Cost., «confliggendo sicuramente con il
principio del buon andamento dell'amministrazione della giusti zia il possibile contrasto di pronunce giurisdizionali, contrasto
che non può neppure ascriversi ad una fisiologica tolleranza
del sistema nel suo complesso, in quanto derivante da norme
assolutamente incongrue e neppure necessarie o indefettibili alla
differenza tra le funzioni del processo penale e quelle del pro cesso civile».
Il giudice a quo prende le mosse dalla sentenza n. 38 del
1982 di questa corte (Foro it., 1982, I, 920, ribadita nella ordi
nanza n. 120 dello stesso anno, id., Rep. 1983, voce Responsa bile civile, nn. 2, 3), con la quale analoga questione di legittimi tà costituzionale degli art. 107 e 110 dell'allora vigente c.p.p. del 1930, relativi alla citazione del responsabile civile nel pro cesso penale, sollevata in relazione agli art. 3 e 24 Cost., fu
dichiarata non fondata; e implicitamente riconosce che il siste
ma in materia non è cambiato da quello allora vigente né sotto
il profilo della posizione fatta alle singole parti (parte civile,
imputato, responsabile civile) e ai diritti da loro esercitabili in
responsabilità civile, la corte fa leva sul tertium comparationis costitui
to dalla disciplina processualcivilistica della chiamata in garanzia in tale
peculiare ipotesi. Ben può, infatti, il danneggiato convenuto, a fronte
dell'azione di danno proposta, in sede civile, dal danneggiato a seguito di episodi connessi alla circolazione di veicoli a motore o natanti, chia
mare egli stesso in garanzia la compagnia di assicurazione a norma del
l'art. 106 c.p.c.; l'impossibilità, di contro, per l'imputato, di ottenere
la citazione del responsabile civile nel processo penale, allorché il dan
neggiato si sia in questa sede costituito parte civile e non abbia, egli stesso, ritenuto di provocare l'intervento dell'impresa assicurativa, de
termina una palese ed ingiustificabile disparità di trattamento rispetto al regime applicabile avanti al giudice civile, conferendo peraltro al solo
danneggiato costituitosi — rimarca la corte, con riguardo al disposto dell'art. 651 c.p.p. — l'inammissibile ruolo di dominus dell'estensione
soggettiva degli effetti civili della sentenza penale. Per un primo bilan
cio degli effetti dell'odierna pronuncia, cfr. Bricchetti, La Consulta
rimuove la disparità esistente con l'azione di risarcimento nel processo civile, in Guidò al diritto, 1998, fase. 17, 51 s.
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