Sentenza 27 febbraio 1962, n. 8; Pres. Cappi P., Rel. Castelli Avolio; Mattii c. Tocchi (Avv.Castaldo); Spagnoli c. Pio istituto S. Spirito (Avv. Zanchini); interv. Pres. Cons. ministri (Avv.dello Stato Tracanna)Source: Il Foro Italiano, Vol. 85, No. 3 (1962), pp. 399/400-403/404Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23150292 .
Accessed: 25/06/2014 01:27
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp
.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].
.
Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.
http://www.jstor.org
This content downloaded from 91.229.248.202 on Wed, 25 Jun 2014 01:27:03 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
PARTE PRIMA 400
tuzionale può avviare un esame relativo all'esattezza di
questa motivazione.
Nel merito la questione risulta infondata. Le due norme, secondo cui nel caso di investimento
il prefetto sospende l'esercizio del diritto di guida o ritira la patente, violerebbero, a giudizio delle ordinanze di rinvio, l'art. 13 o l'art. 27, 2° comma, della Costituzione.
Senonchè anche ad un rapido esame è subito manifesto
come l'art. 13 sia stato male addotto. Il provvedimento di sospensione o quello di ritiro della patente non violano
nè menomano in alcun modo la libertà personale qual'è tutelata in quell'articolo : essi si limitano a togliere o a
sospendere l'esercizio del diritto di guidare autoveicoli e perciò non colpiscono, almeno in via diretta, la persona fisica del conducente, come invece accadrebbe per es.
con l'arresto.
E, se si volesse esaminare il problema in riferimento allo
stesso art. 16, inteso quale proiezione del cit. art. 13, il discorso non assumerebbe una piega diversa. Infatti
non la libertà di circolare, cioè di portarsi da un luogo ad un altro con un qualsiasi mezzo di trasporto, apparisce
colpita dalle norme denunciate, ma più semplicemente il diritto di guidare un autoveicolo ; e poiché nessuna
norma costituzionale assicura indistintamente a tutti i
cittadini il diritto di guidare veicoli a motore, non viola
la Costituzione la legge ordinaria che consente l'esercizio
del diritto solo a chi abbia certi requisiti : dimodoché la
patente, come è concessa caso per caso, in applicazione d'una norma di legge ordinaria, così può essere tolta, in
virtù di un'altra norma di legge ordinaria, senza che ne
soffra la libertà di circolazione costituzionalmente ga rantita.
Non resta che valutare le norme denunciate confron
tandole con l'art. 27, 2° comma, della Costituzione.
Le ordinanze di rinvio invocano quest'articolo poiché
ritengono che il provvedimento prefettizio sia preso ogni volta sul presupposto d'una responsabilità, non ancora
accertata, del conducente l'automobile, come se l'autorità
amministrativa irrogasse una pena che, a norma di quel l'articolo, solo dopo un accertamento giudiziale potrebbe essere applicata. Ma è facile ribattere che il sospetto di
illegittimità in questo modo si fonda su un'errata inter
pretazione, sia del provvedimento prefettizio, sia delle due
norme che lo impongono. Infatti non di provvedimento punitivo si tratta, ma di
una misura provvisoria di polizia determinata da motivi
di sicurezza pubblica. L'interesse dello Stato a difendere
il cittadino dai pericoli della circolazione stradale si tra
duce fra l'altro nell'esigenza d'un controllo su tutti i con
ducenti di autoveicoli ; controllo che non poteva non
essere affidato se non alla stessa autorità, da cui la patente di guida è rilasciata.
Non ha importanza che il provvedimento di sospensione o il ritiro della patente appariscano analoghi a quella
sospensione che, dopo l'accertamento del reato, può essere
ordinata, come pena, dall'autorità giudiziaria. Non è detto
con ciò che i due provvedimenti, quello prefettizio e quello
giudiziale, abbiano anche la stessa natura. Due atti possono avere uguale contenuto eppure essere diversi, oltreché
per l'autorità che li emette, per la ragione che li giustifica e per la funzione che li ispira : e il provvedimento prefettizio, a differenza da quello giudiziale, è determinato non dallo
scopo di colpire con una pena il contegno colposo dfl con
ducente, ma di difendere la società da un individuo che
può arrecarle danno.
Le norme impugnate non si fondano su una presunzione d'una responsabilità che non sia stata ancora accertata.
Esse traggono piuttosto ispirazione dal fatto certo del
l'investimento, che di per sé, per la sua gravità o perchè si accompagna alla trasgressione d'una regola di condotta,
provoca indubbiamente un allarme nei confronti di chi ne è stato il protagonista ed è indizio della pericolosità di quest'ultimo : onde le norme sono ispirate a preoccu pazione per il futuro e non a condanna del responsabile d'un fatto passato.
D'altra parte non possono destare meraviglia l'inter
vento del giudice penale in un caso, in cui è già intervenuta
l'autorità amministrativa e il susseguirsi di due provvedi menti in apparenza analoghi emessi da due diverse autorità :
la gravità del fatto legittima per diversi motivi l'azione
dei due organi, il primo muovendosi sul terreno della
prevenzione, in attesa della pronuncia giudiziale, il secondo
muovendosi sul terreno della sanzione punitiva. Anzi l'obbligo, che la più recente delle norme impugnate
fa al prefetto, di comunicare entro otto giorni il provvedi mento di sospensione all'autorità giudiziaria, non suggerisce alcuna analogia fra i relativi provvedimenti, ma costituisce
piuttosto una garanzia per lo stesso cittadino, nei cui con
fronti viene sospeso l'esercizio del diritto di guida : accer
tata la non responsabilità del conducente, la patente gli viene restituita, non perchè egli non è responsabile del
reato, ma perchè non può più essere ritenuto pericoloso
per la circolazione.
Per questi motivi, respinge le eccezioni pregiudiziali della
Presidenza del Consiglio ; dichiara non fondata la questione
promossa, con le ordinanze 25 ottobre 1960 del Pretore di
Empoli e 3 marzo 1961 del Pretore di Ripatransone, sulla
legittimità costituzionale dell'art. 91, 5° comma, del decreto
pres. 15 giugno 1959 n. 393 e 94, 1° comma, n. 8, 95, 1°
comma, 96, 2° comma, del r. decreto 8 dicembre 1933
n. 1740, in riferimento agli art. 13 e 27, 2° comma, della
Costituzione.
CORTE COSTITUZIONALE
Sentenza 27 febbraio 1962, n. 8 ; Pres. Cappi P., Rei.
Castelli Avolio ; Mattii e. Tocchi (Avv. Castaldo) ;
Spagnoli c. Pio istituto S. Spirito (Avv. Zanchini) ; interv. Pres. Cons, ministri (Avv. dello Stato Tra
canna).
Contralti agrari — Fondi rustici danneggiati da
eccezionali avversità atmosferiche — Riduzione
del canone — Incostituzionalità della normativa — Questione inlondata (Costituzione della Repub
blica, art. 3, 24, 101, 102, 104, 111 ; 1. 10 ottobre 1957
n. 921, riduzione dei canoni d'affitto di fondi rustici
danneggiati dalle eccezionali avversità atmosferiche, art. 2).
Sono infondate le questioni d'incostituzionalità della legge 10 ottobre 1957 ti. 921, relativa alla riduzione dei canoni
d'affitto di fondi rustici danneggiati da eccezionali av
versità atmosferiche, in riferimento agli art. 3, 24, 101,
102, 104, 111 della Costituzione. (1)
La Corte, ecc. — (Omissis). Ciò posto e passando ad
esaminare il merito, devesi osservare che, in entrambe le
cause, due sono le questioni che la Corte costituzionale
è chiamata a decidere : la violazione del principio di ugua
glianza sancito dall'art. 3 Cost., in conseguenza della di
sposizione contenuta nell'art. 2 della legge impugnata ; la violazione della libertà e indipendenza della magistra tura nell'esercizio della sua funzione giurisdizionale, sempre in conseguenza della disposizione dell'art. 2 della legge e in riferimento agli art. 101, 102, 104e 111 della Costituzione.
È necessario premettere che la legge di cui si tratta, 10 ottobre 1957 n. 921, come è reso evidente dai lavori
preparatori, risulta dalla unificazione di due proposte di legge che, sia pure con diverse modalità, avevano tutte
e due lo scopo di ovviare alla situazione creatasi nelle
campagne a danno degli affittuari, a seguito delle gravi avversità atmosferiche dell'annata 1956-57, ed erano
(1) Le ordinanze 30 novembre 1960 del Tribunale di Perugia e 30 gennaio 1961 del Tribunale di Roma sono riprodotte su Le Leggi, 1961, 198, 322, e la prima è massimata in Foro it., 1961, I, 712, con nota di richiami.
In dottrina, cons. Esposito, in Giur. cosi., 1958, 604.
This content downloaded from 91.229.248.202 on Wed, 25 Jun 2014 01:27:03 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
401 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 402
ispirate alla considerazione che i detti affittuari, ritraendo
i mezzi di sussistenza, nella quasi generalità dei casi, dalla
terra tenuta in affitto, maggiormente risentirono della
grave congiuntura economica. Il legislatore si indusse ad
intervenire proprio in vista della eccezionalità ed impre vedibilità degli eventi metereologici verificatisi, ritenendo, in quel caso, insufficienti le disposizioni del codice civile, di cui agli art. 1635 e 1636. Queste norme prevedono,
per le affittanze della durata di un anno, riduzioni del
canone non superiori alla metà nel solo caso di danno
superiore alla metà dei frutti non separati, provocato da
caso fortuito, e per le affittanze pluriennali riduzioni nella
stessa misura, nel solo caso di danno incidente per oltre
la metà dei frutti di un anno, non compensato nel bilancio
generale dell'affittanza. Onde mal si adeguavano alla
necessità di creare un rimedio di pronta, efficace e ge nerale applicazione, richiesto dalla gravità del sinistro
abbattutosi su larga parte del territorio agricolo nazionale.
La legge in esame, perciò, con l'art. 1 autorizzò il Mi
nistro dell'agricoltura e foreste a stabilire, con suo decreto, le provincie in cui si fossero verificate, in tutto o in parte del loro territorio, eccezionali avversità atmosferiche o
calamità naturali per l'annata agraria 1956-57, e demandò
alle commissioni tecniche provinciali, di cui all'art. 2 della
legge 18 agosto 1948 n. 1140, il compito di determinare
riduzioni dei canoni di affitto dei fondi rustici nella misura
dal 20 al 40 per cento per ciascuna zona agricola danneg
giata, a seconda dei danni subiti. Con l'art. 2 stabilì, poi, che i canoni di affitto dei fondi rustici danneggiati, com
presi nelle provincie determinate col decreto del Ministro, dovevano essere ridotti nella misura stabilita dalle commis sioni tecniche provinciali, e pose l'obbligo per le sezioni
specializzate dei tribunali di applicare, in caso di contro
versia, la riduzione nella misura come sopra determinata
dalle commissioni tecniche. Con l'art. 3 stabilì ulteriori
disposizioni in favore degli affittuari, facendo salvo l'even
tuale loro diritto alla maggiore percentuale di riduzione
prevista dagli art. 1635 e 1636 cod. civ., ed abilitando gli affittuari stessi a ripetere dal locatore la differenza tra il
canone corrisposto e quello dovuto ai sensi dell'art. 2, entro un anno dalla determinazione della commissione.
Il legislatore pose pertanto in essere, in base ad una
valutazione economico-sociale della congiuntura, una par ticolare e temporanea disciplina dei canoni delle affittanze
agricole in relazione agli eventi eccezionali dell'annata
agraria 1956-57, tendente ad attenuare il disagio econo
mico di una categoria di cittadini (affittuari) mediante
la modifica di condizioni contrattuali, in loro favore ed a
carico di altra categoria di cittadini (concedenti). Al fine di risolvere la prima questione di legittimità
costituzionale sopra accennata, occorre dunque vedere
se il legislatore, così facendo, abbia violato il principio di
eguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione. A siffatto quesito non può che darsi risposta negativa. L'art. 3 Cost, è stato ormai più volte preso in esame
da questa Corte, che, con una elaborata e costante giurispru denza, ha fondamentalmente ritenuto che il principio in
tale articolo sancito vada inteso nel senso che dev'essere
assicurato ad ognuno eguaglianza di trattamento, quando siano ragionevolmente ritenute eguali le condizioni sog
gettive alle quali le norme giuridiche si riferiscono ; ma non
nel senso che il legislatore non possa stabilire trattamenti
diversi per regolare situazioni che, nel suo apprezzamento discrezionale, ritenga diverse, in modo da adeguare la
disciplina giuridica agli svariati aspetti della vita economica
e sociale.
Ora è chiaro che la particolare disciplina dei canoni
di affitto, tendente a riequilibrare la situazione economica
compromessa nel settore delle affittanze agricole da eventi
straordinari, sia pure mediante una disciplina differenziata
nel senso anzidetto, è frutto proprio di un apprezzamento
tipicamente discrezionale del legislatore, circa la diversità
delle situazioni delle categorie stesse e dell'opportunità di una correlativa diversità di trattamento.
Ed è appena il caso di notare che, come esattamente ha rilevato l'Ai vocatura dello Stato, l'intento che animò
il legislatore trova riscontro, oltre che nelle citate norme
del codice civile regolanti le riduzioni dei canoni di affitto, nel più generale principio sancito dall'art. 1467 dello
stesso codice, secondo cui, nel caso di eccessiva onerosità
della prestazione contrattuale, sopravvenuta per eventi
straordinari ed imprevedibili, è ammessa la risoluzione
del contratto. i
Maggior fondamento ha quel particolare aspetto di vio
lazione del principio di eguaglianza derivante, a dire della
difesa del Pio istituto di Santo Spirito nella causa prove niente dal Tribunale di Roma, dalla forzata applicazione di eguali percentuali di riduzione del canone a situazioni
di danno eventualmente disuguali, che sarebbe insito nel
sistema della legge. La critica potrebbe, se mai, attenere ad assunti difetti
di applicazione della legge, ma non investe l'obiettivo
contenuto nella disposizione, la quale non solo non prevede la lamentata eventualità, ma è, anzi, intesa ad evitarla, chiamando a fissare le percentuali di riduzioni, « secondo
zone », quindi rispetto a limitate estensioni di terreni
nelle singole provincie colpite, ed « in relazione al danno
subito », organi qualificati al massimo, come le commis
sioni tecniche provinciali. E del resto la Corte costituzionale, occupandosi di un
caso analogo a quello in esame, ha già avuto occasione
di pronunciarsi circa la legittimità costituzionale di una
riduzione ex lege, per straordinari eventi metereologici, dei canoni di affitto fissati con libera contrattazione, quando, con la sentenza n. 7 del 2 luglio 1956 (Foro it., 1956, I,
1054), ha riconosciuto che la riduzione dei canoni di affitto
dei terreni da pascolo disposta a seguito della siccità veri
ficatasi in Sardegna nel 1948-49 dalla legge regionale 6 marzo 1950, era giustificata dalla necessità indilaziona
bile di ricomporre, soprattutto nei confronti delle famiglie dei pastori dell'Isola, l'equilibrio essenziale dei fattori
economici.
Anche infondata è l'altra questione, che involge le
censure di incostituzionalità riferite agli art. 101, 102, 104
e 111 Cost., censure che si possono ricondurre sotto il pro filo della pretesa violazione della libertà e indipendenza della magistratura nell'esercizio della funzione giurisdi zionale.
Sostanzialmente si lamenta che l'obbligatorietà della
applicazione della percentuale fissata dalle commissioni
finirebbe col porre le sezioni specializzate dei tribunali,
organi giurisdizionali, in una posizione di dipendenza
rispetto ad un organo amministrativo, riducendo l'ambito
della libera pronunzia giurisdizionale alle eventuali que stioni marginali, di contorno a quella veramente sostanziale
in materia di riduzione del canone, cioè la fissazione con
creta della misura della riduzione.
Ora le norme costituzionali, di cui si lamenta la viola
zione, garantiscono la libertà e l'indipendenza del giudice, nel senso di vincolare la sua attività alla legge e solo alla
legge, in modo che egli sia chiamato ad applicarla senza
interferenze od interventi al di fuori di essa, che possano incidere sulla formazione del suo libero convincimento ; ma la Costituzione non esclude affatto la possibilità che
il legislatore emani norme le quali, senza incidere su quei
principi, valgano a regolare l'attività degli organi
giurisdizionali, dettando disposizioni che il giudice è tenuto
ad applicare nell'esercizio delle sue funzioni.
Non sembra quindi che possa essere sollevata questione di legittimità costituzionale sull'intervento del legislatore che determini in misura fissa la percentuale di riduzione
di canoni di affitto : in tal senso si sono avuti ripetuti casi di intervento del legislatore, giustificati da parti colari situazioni di congiuntura, sia per quanto riguarda i canoni di affitto dei fondi rustici, sia per quanto riguarda le case di abitazione e i negozi. Per le affittanze agrarie si è avuto un esempio recente nel caso della legge regionale
sarda, innanzi ricordata, e ritenuta costituzionalmente
legittima da questa Corte ; mentre la riduzione coattiva
del canone formava il necessario presupposto, sul quale
peraltro non si era nemmeno discusso, nelle due sentenze
di questa Corte n. 53 del 14 luglio 1958 (Foro it., 1958,
This content downloaded from 91.229.248.202 on Wed, 25 Jun 2014 01:27:03 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
403 PARTE PRIMA 404
I, 1213) e n. 16 del 29 marzo 1960 (id., 1960, I, 535), ri
guardanti le affittanze di fondi rustici con canone commisu
rato a canapa. Ma la illegittimità la si vorrebbe riscontrare, nel caso
in esame, per il fatto che la riduzione dei canoni non è stata
stabilita dalla legge in misura fissa, ma entro certi limiti, devolvendo la determinazione della percentuale di riduzione
alle commissioni tecniche provinciali.
Bisogna tenere innanzi tutto presente cbe è la legge che contiene la norma fondamentale circa la riduzione, fissandola entro un determinato limite di massimo e di
minimo. Alle commissioni tecniche è dato soltanto il com
pito di stabilire la misura concreta della riduzione entro
il massimo ed il minimo di percentuale fissata dalla legge :
il che vuol dire che il legislatore, anziché fissare una misura
unica di percentuale applicabile, senza distinguere, in tutte
le provincie colpite dalle avversità atmosferiche di cui
si tratta, e per tutte le zone, indiscriminatamente, entro le
dette provincie, ha voluto rendere più aderente l'applica zione della riduzione alla entità dei danni, zona per zona, secondo quel principio di eguaglianza, nel caso, eguaglianza del danno sopportato, innanzi accennato. E che il legis latore, posta la norma fondamentale, potesse devolvere
ad organi amministrativi, quali le commissioni tecniche
provinciali, la determinazione concreta della riduzione,
per ogni singola zona di coltura, ossia la fissazione da
parte di questi organi, specialmente qualificati per la loro
composizione e per la competenza in materia, di adeguate
percentuali di riduzione, in relazione a quel danno, con
carattere di generalità di applicazione, nella zona, e quindi con effetto normativo, non sembra dubbio. Ciò infatti
risponde, nell'ordine giuridico e nella prassi amministra
tiva, ad una innegabile necessità. Basta ricordare i casi
consimili delle disposizioni, emesse da organi amministra
tivi, ma aventi carattere normativo, per regolare i prezzi delle merci, delle forniture, di servizi, di prestazioni, per fissare determinati sconti, per le casse di conguaglio, ecc.
(vedansi per tali casi, e in vario senso, le sentenze della
Corte costituzionale 8 luglio 1957, n. 103, Foro it., 1957,
I, 1139 ; 16 dicembre 1960, n. 70, id., 1961, I, 3). Attribuito
quindi con l'art. 1 della legge l'anzidetto potere normativo
alle commissioni tecniche, secondo la competenza per pro vincie e per zone, si rientra, per effetto della seguita con
creta determinazione della percentuale di riduzione, nei
casi precedentemente accennati in cui la legge, senza
distinzione, determina, per tutto il territorio nazionale, la percentuale di riduzione. E non altrimenti di quanto avviene in questo caso, anche in quello in esame, il giudice non può non applicare la riduzione fissata, così come non
può non applicare una qualsiasi altra norma, il che per nulla limita e menoma il suo potere di organo giudicante.
Resta da esaminare l'eccezione di incostituzionalità
della legge in esame riferita all'art. 24 Cost., secondo l'ordi
nanza del Tribunale di Roma.
Quanto precedentemente si è detto esimerebbe, invero,
dall'occuparsi in modo espresso di questa doglianza, giacché ad essa ben possono riferirsi le ragioni precedentemente
esposte circa la assunta soppressione della tutela giurisdi zionale dei diritti ed interessi, specialmente del concedente, che deriverebbe dalla obbligatorietà dell'applicazione della
percentuale di riduzione determinata dalle commissioni
tecniche.
Deve osservarsi, al riguardo, che l'art. 24 Cost, stabilisce
il principio, secondo cui la legge ordinaria non può porre limiti alla tutela giurisdizionale a protezione di diritti
o interessi legittimi. Ma, nella specie, così come non vi è limitazione della
funzione giurisdizionale, non vi è limitazione della tutela
giurisdizionale. Si è già detto, infatti, che l'applicazione obbligatoria
delle percentuali di riduzione non incide sulla funzione
giurisdizionale ; per motivi analoghi deve dirsi che essa non interferisce col diritto di chiunque ad agire per otte nere la tutela giurisdizionale.
Invero la garanzia costituzionale riguarda diritti ed
interessi il cui ambito può essere delimitato dalla legge,
salvo l'osservanza degli altri precetti costituzionali. Perciò,
quando la legge dispone in materia di diritti o interessi, circoscrivendone più o meno ampiamente la sfera, come
nel caso in esame, non ne comprime la garanzia giurisdizio nale, ma si limita a determinare l'oggetto della garanzia stessa, a porre cioè una certa disciplina di un certo rap
porto, in ordine al quale la tutela giurisdizionale resta
libera ed impregiudicata. E vale in proposito richiamare la sentenza n. 16 del 29
marzo 1960 di questa Corte (Foro it., 1960, I, 701), con la
quale è stata respinta la questione di legittimità della legge 6 agosto 1958 n. 790, concernente la riduzione coattiva
dei canoni di affitto di fondi rustici composti in canapa, sollevata sotto il profilo, appunto, della violazione dell'art.
24 Cost., derivante dalla coattività della riduzione, che
avrebbe impedito il ricorso al giudice, per la tutela del
diritto alla effettiva perequazione del canone e per ogni altra questione ad esso diritto collegata. La Corte in quel
l'occasione, dopo avere escluso clie l'ordinamento riconosca
la qualifica di diritto o interesse, in senso tecnico, alla pre tesa di effettiva perequazione del canone, ed avere quindi,
correlativamente, escluso la sussistenza di qualsiasi viola
zione dell'art. 24, che invece ai diritti ed interessi si rife
risce, ha comunque rilevato che la legge stessa, imponendo una riduzione compresa entro certi limiti, non sopprimeva la tutela giurisdizionale, ma la consentiva « con l'ovvia
limitazione » che il ricorso poteva essere proposto ed ac
colto « nei limiti nei quali le leggi in vigore in questa ma
teria ne consentano proponibilità e accoglimento ». Così
veniva ammesso il principio che, anche in riferimento
all'art. 24 Cost., la riduzione coattiva dei canoni di affitto
non viola la garanzia della tutela giurisdizionale. Per questi motivi, pronunciando con unica sentenza
sui due procedimenti riuniti indicati in epigrafe : dichiara
non fondate le questioni proposte con l'ordinanza 30 no
vsmbre 1960 del Tribunale di Perugia e con l'ordinanza
30 gennaio 1961 del Tribunale di Roma, sulla legittimità costituzionale della legge 10 ottobre 1957 n. 921, in rife
rimento agli art. 3, 24, 101, 102, 104 e 111 della Costituzione.
CORTE COSTITUZIONALE.
Sentenza 14 febbraio 1962, n. 5 ; Pres. Cappi P., Rei.
Sandulli ; imp. Sguazzini e Sina ; parte civile Ente
nazionale risi (Avv. Balladore Pallieri) ; interv.
Pres. Cons, ministri (Avv. dello Stato Tracanna).
Ammassi — Ammassi obbligatori — Risone -—
I iicostil ii/inna I ii à «lolla normativa (Costituzione della Repubblica, art. 3, 41 ; d. legisl. 30 maggio 1947
n. 439, norme per il conferimento del grano, dell'orzo, della segale, del granturco e del risone ai granai del
popolo, art. 1, 3, 19, 20).
Sebbene non contrastino con l'art. 3 Cost., sono incostitu
zionali, per inosservanza della riserva di legge prevista, nell'art. 41, 2° comma, Cost., l'art. 19 decreto legisl. 30
maggio 1947 n. 439, recante norme per il conferimento del grano, dell'orzo, della segale, del granturco e del risone
ai granai del popolo ; e, per la parte relativa al vincolo
e all'ammasso del risone, tutte le altre disposizioni del men
zionato decreto. (1)
(1) Le ordinanze 20 maggio 1960 e 18 marzo 1961, con le
quali il Pretore di Novara aveva rimesso alla Corte costituzionale la questione d'incostituzionalità, ora riconosciuta fondata, sono
riprodotte su Le Leggi, 1960, 764, e 1961, 1104, e la prima è mas simata in Foro it., 1960, II, 208, con nota di richiami, cui addo Pret. Novara 8 novembre 1961, che ha rimesso alla Corte l'esame d Ila questione d'incostituzionalità degli art. 1, 3 e 19 del de creto del 1947.
La riserva di legge, di cui all'art. 41, 2° comma, Cost., è stata per l'ultima volta esaminata con la sent. 14 febbraio 1962, n. 4, infra, 408, con nota di richiami;sull'art. 3 Cost., rispetto al
This content downloaded from 91.229.248.202 on Wed, 25 Jun 2014 01:27:03 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions