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Sentenza 27 febbraio 1962, n. 8; Pres. Cappi P., Rel. Castelli Avolio; Mattii c. Tocchi (Avv....

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Sentenza 27 febbraio 1962, n. 8; Pres. Cappi P., Rel. Castelli Avolio; Mattii c. Tocchi (Avv. Castaldo); Spagnoli c. Pio istituto S. Spirito (Avv. Zanchini); interv. Pres. Cons. ministri (Avv. dello Stato Tracanna) Source: Il Foro Italiano, Vol. 85, No. 3 (1962), pp. 399/400-403/404 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23150292 . Accessed: 25/06/2014 01:27 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.248.202 on Wed, 25 Jun 2014 01:27:03 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sentenza 27 febbraio 1962, n. 8; Pres. Cappi P., Rel. Castelli Avolio; Mattii c. Tocchi (Avv.Castaldo); Spagnoli c. Pio istituto S. Spirito (Avv. Zanchini); interv. Pres. Cons. ministri (Avv.dello Stato Tracanna)Source: Il Foro Italiano, Vol. 85, No. 3 (1962), pp. 399/400-403/404Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23150292 .

Accessed: 25/06/2014 01:27

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PARTE PRIMA 400

tuzionale può avviare un esame relativo all'esattezza di

questa motivazione.

Nel merito la questione risulta infondata. Le due norme, secondo cui nel caso di investimento

il prefetto sospende l'esercizio del diritto di guida o ritira la patente, violerebbero, a giudizio delle ordinanze di rinvio, l'art. 13 o l'art. 27, 2° comma, della Costituzione.

Senonchè anche ad un rapido esame è subito manifesto

come l'art. 13 sia stato male addotto. Il provvedimento di sospensione o quello di ritiro della patente non violano

nè menomano in alcun modo la libertà personale qual'è tutelata in quell'articolo : essi si limitano a togliere o a

sospendere l'esercizio del diritto di guidare autoveicoli e perciò non colpiscono, almeno in via diretta, la persona fisica del conducente, come invece accadrebbe per es.

con l'arresto.

E, se si volesse esaminare il problema in riferimento allo

stesso art. 16, inteso quale proiezione del cit. art. 13, il discorso non assumerebbe una piega diversa. Infatti

non la libertà di circolare, cioè di portarsi da un luogo ad un altro con un qualsiasi mezzo di trasporto, apparisce

colpita dalle norme denunciate, ma più semplicemente il diritto di guidare un autoveicolo ; e poiché nessuna

norma costituzionale assicura indistintamente a tutti i

cittadini il diritto di guidare veicoli a motore, non viola

la Costituzione la legge ordinaria che consente l'esercizio

del diritto solo a chi abbia certi requisiti : dimodoché la

patente, come è concessa caso per caso, in applicazione d'una norma di legge ordinaria, così può essere tolta, in

virtù di un'altra norma di legge ordinaria, senza che ne

soffra la libertà di circolazione costituzionalmente ga rantita.

Non resta che valutare le norme denunciate confron

tandole con l'art. 27, 2° comma, della Costituzione.

Le ordinanze di rinvio invocano quest'articolo poiché

ritengono che il provvedimento prefettizio sia preso ogni volta sul presupposto d'una responsabilità, non ancora

accertata, del conducente l'automobile, come se l'autorità

amministrativa irrogasse una pena che, a norma di quel l'articolo, solo dopo un accertamento giudiziale potrebbe essere applicata. Ma è facile ribattere che il sospetto di

illegittimità in questo modo si fonda su un'errata inter

pretazione, sia del provvedimento prefettizio, sia delle due

norme che lo impongono. Infatti non di provvedimento punitivo si tratta, ma di

una misura provvisoria di polizia determinata da motivi

di sicurezza pubblica. L'interesse dello Stato a difendere

il cittadino dai pericoli della circolazione stradale si tra

duce fra l'altro nell'esigenza d'un controllo su tutti i con

ducenti di autoveicoli ; controllo che non poteva non

essere affidato se non alla stessa autorità, da cui la patente di guida è rilasciata.

Non ha importanza che il provvedimento di sospensione o il ritiro della patente appariscano analoghi a quella

sospensione che, dopo l'accertamento del reato, può essere

ordinata, come pena, dall'autorità giudiziaria. Non è detto

con ciò che i due provvedimenti, quello prefettizio e quello

giudiziale, abbiano anche la stessa natura. Due atti possono avere uguale contenuto eppure essere diversi, oltreché

per l'autorità che li emette, per la ragione che li giustifica e per la funzione che li ispira : e il provvedimento prefettizio, a differenza da quello giudiziale, è determinato non dallo

scopo di colpire con una pena il contegno colposo dfl con

ducente, ma di difendere la società da un individuo che

può arrecarle danno.

Le norme impugnate non si fondano su una presunzione d'una responsabilità che non sia stata ancora accertata.

Esse traggono piuttosto ispirazione dal fatto certo del

l'investimento, che di per sé, per la sua gravità o perchè si accompagna alla trasgressione d'una regola di condotta,

provoca indubbiamente un allarme nei confronti di chi ne è stato il protagonista ed è indizio della pericolosità di quest'ultimo : onde le norme sono ispirate a preoccu pazione per il futuro e non a condanna del responsabile d'un fatto passato.

D'altra parte non possono destare meraviglia l'inter

vento del giudice penale in un caso, in cui è già intervenuta

l'autorità amministrativa e il susseguirsi di due provvedi menti in apparenza analoghi emessi da due diverse autorità :

la gravità del fatto legittima per diversi motivi l'azione

dei due organi, il primo muovendosi sul terreno della

prevenzione, in attesa della pronuncia giudiziale, il secondo

muovendosi sul terreno della sanzione punitiva. Anzi l'obbligo, che la più recente delle norme impugnate

fa al prefetto, di comunicare entro otto giorni il provvedi mento di sospensione all'autorità giudiziaria, non suggerisce alcuna analogia fra i relativi provvedimenti, ma costituisce

piuttosto una garanzia per lo stesso cittadino, nei cui con

fronti viene sospeso l'esercizio del diritto di guida : accer

tata la non responsabilità del conducente, la patente gli viene restituita, non perchè egli non è responsabile del

reato, ma perchè non può più essere ritenuto pericoloso

per la circolazione.

Per questi motivi, respinge le eccezioni pregiudiziali della

Presidenza del Consiglio ; dichiara non fondata la questione

promossa, con le ordinanze 25 ottobre 1960 del Pretore di

Empoli e 3 marzo 1961 del Pretore di Ripatransone, sulla

legittimità costituzionale dell'art. 91, 5° comma, del decreto

pres. 15 giugno 1959 n. 393 e 94, 1° comma, n. 8, 95, 1°

comma, 96, 2° comma, del r. decreto 8 dicembre 1933

n. 1740, in riferimento agli art. 13 e 27, 2° comma, della

Costituzione.

CORTE COSTITUZIONALE

Sentenza 27 febbraio 1962, n. 8 ; Pres. Cappi P., Rei.

Castelli Avolio ; Mattii e. Tocchi (Avv. Castaldo) ;

Spagnoli c. Pio istituto S. Spirito (Avv. Zanchini) ; interv. Pres. Cons, ministri (Avv. dello Stato Tra

canna).

Contralti agrari — Fondi rustici danneggiati da

eccezionali avversità atmosferiche — Riduzione

del canone — Incostituzionalità della normativa — Questione inlondata (Costituzione della Repub

blica, art. 3, 24, 101, 102, 104, 111 ; 1. 10 ottobre 1957

n. 921, riduzione dei canoni d'affitto di fondi rustici

danneggiati dalle eccezionali avversità atmosferiche, art. 2).

Sono infondate le questioni d'incostituzionalità della legge 10 ottobre 1957 ti. 921, relativa alla riduzione dei canoni

d'affitto di fondi rustici danneggiati da eccezionali av

versità atmosferiche, in riferimento agli art. 3, 24, 101,

102, 104, 111 della Costituzione. (1)

La Corte, ecc. — (Omissis). Ciò posto e passando ad

esaminare il merito, devesi osservare che, in entrambe le

cause, due sono le questioni che la Corte costituzionale

è chiamata a decidere : la violazione del principio di ugua

glianza sancito dall'art. 3 Cost., in conseguenza della di

sposizione contenuta nell'art. 2 della legge impugnata ; la violazione della libertà e indipendenza della magistra tura nell'esercizio della sua funzione giurisdizionale, sempre in conseguenza della disposizione dell'art. 2 della legge e in riferimento agli art. 101, 102, 104e 111 della Costituzione.

È necessario premettere che la legge di cui si tratta, 10 ottobre 1957 n. 921, come è reso evidente dai lavori

preparatori, risulta dalla unificazione di due proposte di legge che, sia pure con diverse modalità, avevano tutte

e due lo scopo di ovviare alla situazione creatasi nelle

campagne a danno degli affittuari, a seguito delle gravi avversità atmosferiche dell'annata 1956-57, ed erano

(1) Le ordinanze 30 novembre 1960 del Tribunale di Perugia e 30 gennaio 1961 del Tribunale di Roma sono riprodotte su Le Leggi, 1961, 198, 322, e la prima è massimata in Foro it., 1961, I, 712, con nota di richiami.

In dottrina, cons. Esposito, in Giur. cosi., 1958, 604.

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401 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 402

ispirate alla considerazione che i detti affittuari, ritraendo

i mezzi di sussistenza, nella quasi generalità dei casi, dalla

terra tenuta in affitto, maggiormente risentirono della

grave congiuntura economica. Il legislatore si indusse ad

intervenire proprio in vista della eccezionalità ed impre vedibilità degli eventi metereologici verificatisi, ritenendo, in quel caso, insufficienti le disposizioni del codice civile, di cui agli art. 1635 e 1636. Queste norme prevedono,

per le affittanze della durata di un anno, riduzioni del

canone non superiori alla metà nel solo caso di danno

superiore alla metà dei frutti non separati, provocato da

caso fortuito, e per le affittanze pluriennali riduzioni nella

stessa misura, nel solo caso di danno incidente per oltre

la metà dei frutti di un anno, non compensato nel bilancio

generale dell'affittanza. Onde mal si adeguavano alla

necessità di creare un rimedio di pronta, efficace e ge nerale applicazione, richiesto dalla gravità del sinistro

abbattutosi su larga parte del territorio agricolo nazionale.

La legge in esame, perciò, con l'art. 1 autorizzò il Mi

nistro dell'agricoltura e foreste a stabilire, con suo decreto, le provincie in cui si fossero verificate, in tutto o in parte del loro territorio, eccezionali avversità atmosferiche o

calamità naturali per l'annata agraria 1956-57, e demandò

alle commissioni tecniche provinciali, di cui all'art. 2 della

legge 18 agosto 1948 n. 1140, il compito di determinare

riduzioni dei canoni di affitto dei fondi rustici nella misura

dal 20 al 40 per cento per ciascuna zona agricola danneg

giata, a seconda dei danni subiti. Con l'art. 2 stabilì, poi, che i canoni di affitto dei fondi rustici danneggiati, com

presi nelle provincie determinate col decreto del Ministro, dovevano essere ridotti nella misura stabilita dalle commis sioni tecniche provinciali, e pose l'obbligo per le sezioni

specializzate dei tribunali di applicare, in caso di contro

versia, la riduzione nella misura come sopra determinata

dalle commissioni tecniche. Con l'art. 3 stabilì ulteriori

disposizioni in favore degli affittuari, facendo salvo l'even

tuale loro diritto alla maggiore percentuale di riduzione

prevista dagli art. 1635 e 1636 cod. civ., ed abilitando gli affittuari stessi a ripetere dal locatore la differenza tra il

canone corrisposto e quello dovuto ai sensi dell'art. 2, entro un anno dalla determinazione della commissione.

Il legislatore pose pertanto in essere, in base ad una

valutazione economico-sociale della congiuntura, una par ticolare e temporanea disciplina dei canoni delle affittanze

agricole in relazione agli eventi eccezionali dell'annata

agraria 1956-57, tendente ad attenuare il disagio econo

mico di una categoria di cittadini (affittuari) mediante

la modifica di condizioni contrattuali, in loro favore ed a

carico di altra categoria di cittadini (concedenti). Al fine di risolvere la prima questione di legittimità

costituzionale sopra accennata, occorre dunque vedere

se il legislatore, così facendo, abbia violato il principio di

eguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione. A siffatto quesito non può che darsi risposta negativa. L'art. 3 Cost, è stato ormai più volte preso in esame

da questa Corte, che, con una elaborata e costante giurispru denza, ha fondamentalmente ritenuto che il principio in

tale articolo sancito vada inteso nel senso che dev'essere

assicurato ad ognuno eguaglianza di trattamento, quando siano ragionevolmente ritenute eguali le condizioni sog

gettive alle quali le norme giuridiche si riferiscono ; ma non

nel senso che il legislatore non possa stabilire trattamenti

diversi per regolare situazioni che, nel suo apprezzamento discrezionale, ritenga diverse, in modo da adeguare la

disciplina giuridica agli svariati aspetti della vita economica

e sociale.

Ora è chiaro che la particolare disciplina dei canoni

di affitto, tendente a riequilibrare la situazione economica

compromessa nel settore delle affittanze agricole da eventi

straordinari, sia pure mediante una disciplina differenziata

nel senso anzidetto, è frutto proprio di un apprezzamento

tipicamente discrezionale del legislatore, circa la diversità

delle situazioni delle categorie stesse e dell'opportunità di una correlativa diversità di trattamento.

Ed è appena il caso di notare che, come esattamente ha rilevato l'Ai vocatura dello Stato, l'intento che animò

il legislatore trova riscontro, oltre che nelle citate norme

del codice civile regolanti le riduzioni dei canoni di affitto, nel più generale principio sancito dall'art. 1467 dello

stesso codice, secondo cui, nel caso di eccessiva onerosità

della prestazione contrattuale, sopravvenuta per eventi

straordinari ed imprevedibili, è ammessa la risoluzione

del contratto. i

Maggior fondamento ha quel particolare aspetto di vio

lazione del principio di eguaglianza derivante, a dire della

difesa del Pio istituto di Santo Spirito nella causa prove niente dal Tribunale di Roma, dalla forzata applicazione di eguali percentuali di riduzione del canone a situazioni

di danno eventualmente disuguali, che sarebbe insito nel

sistema della legge. La critica potrebbe, se mai, attenere ad assunti difetti

di applicazione della legge, ma non investe l'obiettivo

contenuto nella disposizione, la quale non solo non prevede la lamentata eventualità, ma è, anzi, intesa ad evitarla, chiamando a fissare le percentuali di riduzioni, « secondo

zone », quindi rispetto a limitate estensioni di terreni

nelle singole provincie colpite, ed « in relazione al danno

subito », organi qualificati al massimo, come le commis

sioni tecniche provinciali. E del resto la Corte costituzionale, occupandosi di un

caso analogo a quello in esame, ha già avuto occasione

di pronunciarsi circa la legittimità costituzionale di una

riduzione ex lege, per straordinari eventi metereologici, dei canoni di affitto fissati con libera contrattazione, quando, con la sentenza n. 7 del 2 luglio 1956 (Foro it., 1956, I,

1054), ha riconosciuto che la riduzione dei canoni di affitto

dei terreni da pascolo disposta a seguito della siccità veri

ficatasi in Sardegna nel 1948-49 dalla legge regionale 6 marzo 1950, era giustificata dalla necessità indilaziona

bile di ricomporre, soprattutto nei confronti delle famiglie dei pastori dell'Isola, l'equilibrio essenziale dei fattori

economici.

Anche infondata è l'altra questione, che involge le

censure di incostituzionalità riferite agli art. 101, 102, 104

e 111 Cost., censure che si possono ricondurre sotto il pro filo della pretesa violazione della libertà e indipendenza della magistratura nell'esercizio della funzione giurisdi zionale.

Sostanzialmente si lamenta che l'obbligatorietà della

applicazione della percentuale fissata dalle commissioni

finirebbe col porre le sezioni specializzate dei tribunali,

organi giurisdizionali, in una posizione di dipendenza

rispetto ad un organo amministrativo, riducendo l'ambito

della libera pronunzia giurisdizionale alle eventuali que stioni marginali, di contorno a quella veramente sostanziale

in materia di riduzione del canone, cioè la fissazione con

creta della misura della riduzione.

Ora le norme costituzionali, di cui si lamenta la viola

zione, garantiscono la libertà e l'indipendenza del giudice, nel senso di vincolare la sua attività alla legge e solo alla

legge, in modo che egli sia chiamato ad applicarla senza

interferenze od interventi al di fuori di essa, che possano incidere sulla formazione del suo libero convincimento ; ma la Costituzione non esclude affatto la possibilità che

il legislatore emani norme le quali, senza incidere su quei

principi, valgano a regolare l'attività degli organi

giurisdizionali, dettando disposizioni che il giudice è tenuto

ad applicare nell'esercizio delle sue funzioni.

Non sembra quindi che possa essere sollevata questione di legittimità costituzionale sull'intervento del legislatore che determini in misura fissa la percentuale di riduzione

di canoni di affitto : in tal senso si sono avuti ripetuti casi di intervento del legislatore, giustificati da parti colari situazioni di congiuntura, sia per quanto riguarda i canoni di affitto dei fondi rustici, sia per quanto riguarda le case di abitazione e i negozi. Per le affittanze agrarie si è avuto un esempio recente nel caso della legge regionale

sarda, innanzi ricordata, e ritenuta costituzionalmente

legittima da questa Corte ; mentre la riduzione coattiva

del canone formava il necessario presupposto, sul quale

peraltro non si era nemmeno discusso, nelle due sentenze

di questa Corte n. 53 del 14 luglio 1958 (Foro it., 1958,

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403 PARTE PRIMA 404

I, 1213) e n. 16 del 29 marzo 1960 (id., 1960, I, 535), ri

guardanti le affittanze di fondi rustici con canone commisu

rato a canapa. Ma la illegittimità la si vorrebbe riscontrare, nel caso

in esame, per il fatto che la riduzione dei canoni non è stata

stabilita dalla legge in misura fissa, ma entro certi limiti, devolvendo la determinazione della percentuale di riduzione

alle commissioni tecniche provinciali.

Bisogna tenere innanzi tutto presente cbe è la legge che contiene la norma fondamentale circa la riduzione, fissandola entro un determinato limite di massimo e di

minimo. Alle commissioni tecniche è dato soltanto il com

pito di stabilire la misura concreta della riduzione entro

il massimo ed il minimo di percentuale fissata dalla legge :

il che vuol dire che il legislatore, anziché fissare una misura

unica di percentuale applicabile, senza distinguere, in tutte

le provincie colpite dalle avversità atmosferiche di cui

si tratta, e per tutte le zone, indiscriminatamente, entro le

dette provincie, ha voluto rendere più aderente l'applica zione della riduzione alla entità dei danni, zona per zona, secondo quel principio di eguaglianza, nel caso, eguaglianza del danno sopportato, innanzi accennato. E che il legis latore, posta la norma fondamentale, potesse devolvere

ad organi amministrativi, quali le commissioni tecniche

provinciali, la determinazione concreta della riduzione,

per ogni singola zona di coltura, ossia la fissazione da

parte di questi organi, specialmente qualificati per la loro

composizione e per la competenza in materia, di adeguate

percentuali di riduzione, in relazione a quel danno, con

carattere di generalità di applicazione, nella zona, e quindi con effetto normativo, non sembra dubbio. Ciò infatti

risponde, nell'ordine giuridico e nella prassi amministra

tiva, ad una innegabile necessità. Basta ricordare i casi

consimili delle disposizioni, emesse da organi amministra

tivi, ma aventi carattere normativo, per regolare i prezzi delle merci, delle forniture, di servizi, di prestazioni, per fissare determinati sconti, per le casse di conguaglio, ecc.

(vedansi per tali casi, e in vario senso, le sentenze della

Corte costituzionale 8 luglio 1957, n. 103, Foro it., 1957,

I, 1139 ; 16 dicembre 1960, n. 70, id., 1961, I, 3). Attribuito

quindi con l'art. 1 della legge l'anzidetto potere normativo

alle commissioni tecniche, secondo la competenza per pro vincie e per zone, si rientra, per effetto della seguita con

creta determinazione della percentuale di riduzione, nei

casi precedentemente accennati in cui la legge, senza

distinzione, determina, per tutto il territorio nazionale, la percentuale di riduzione. E non altrimenti di quanto avviene in questo caso, anche in quello in esame, il giudice non può non applicare la riduzione fissata, così come non

può non applicare una qualsiasi altra norma, il che per nulla limita e menoma il suo potere di organo giudicante.

Resta da esaminare l'eccezione di incostituzionalità

della legge in esame riferita all'art. 24 Cost., secondo l'ordi

nanza del Tribunale di Roma.

Quanto precedentemente si è detto esimerebbe, invero,

dall'occuparsi in modo espresso di questa doglianza, giacché ad essa ben possono riferirsi le ragioni precedentemente

esposte circa la assunta soppressione della tutela giurisdi zionale dei diritti ed interessi, specialmente del concedente, che deriverebbe dalla obbligatorietà dell'applicazione della

percentuale di riduzione determinata dalle commissioni

tecniche.

Deve osservarsi, al riguardo, che l'art. 24 Cost, stabilisce

il principio, secondo cui la legge ordinaria non può porre limiti alla tutela giurisdizionale a protezione di diritti

o interessi legittimi. Ma, nella specie, così come non vi è limitazione della

funzione giurisdizionale, non vi è limitazione della tutela

giurisdizionale. Si è già detto, infatti, che l'applicazione obbligatoria

delle percentuali di riduzione non incide sulla funzione

giurisdizionale ; per motivi analoghi deve dirsi che essa non interferisce col diritto di chiunque ad agire per otte nere la tutela giurisdizionale.

Invero la garanzia costituzionale riguarda diritti ed

interessi il cui ambito può essere delimitato dalla legge,

salvo l'osservanza degli altri precetti costituzionali. Perciò,

quando la legge dispone in materia di diritti o interessi, circoscrivendone più o meno ampiamente la sfera, come

nel caso in esame, non ne comprime la garanzia giurisdizio nale, ma si limita a determinare l'oggetto della garanzia stessa, a porre cioè una certa disciplina di un certo rap

porto, in ordine al quale la tutela giurisdizionale resta

libera ed impregiudicata. E vale in proposito richiamare la sentenza n. 16 del 29

marzo 1960 di questa Corte (Foro it., 1960, I, 701), con la

quale è stata respinta la questione di legittimità della legge 6 agosto 1958 n. 790, concernente la riduzione coattiva

dei canoni di affitto di fondi rustici composti in canapa, sollevata sotto il profilo, appunto, della violazione dell'art.

24 Cost., derivante dalla coattività della riduzione, che

avrebbe impedito il ricorso al giudice, per la tutela del

diritto alla effettiva perequazione del canone e per ogni altra questione ad esso diritto collegata. La Corte in quel

l'occasione, dopo avere escluso clie l'ordinamento riconosca

la qualifica di diritto o interesse, in senso tecnico, alla pre tesa di effettiva perequazione del canone, ed avere quindi,

correlativamente, escluso la sussistenza di qualsiasi viola

zione dell'art. 24, che invece ai diritti ed interessi si rife

risce, ha comunque rilevato che la legge stessa, imponendo una riduzione compresa entro certi limiti, non sopprimeva la tutela giurisdizionale, ma la consentiva « con l'ovvia

limitazione » che il ricorso poteva essere proposto ed ac

colto « nei limiti nei quali le leggi in vigore in questa ma

teria ne consentano proponibilità e accoglimento ». Così

veniva ammesso il principio che, anche in riferimento

all'art. 24 Cost., la riduzione coattiva dei canoni di affitto

non viola la garanzia della tutela giurisdizionale. Per questi motivi, pronunciando con unica sentenza

sui due procedimenti riuniti indicati in epigrafe : dichiara

non fondate le questioni proposte con l'ordinanza 30 no

vsmbre 1960 del Tribunale di Perugia e con l'ordinanza

30 gennaio 1961 del Tribunale di Roma, sulla legittimità costituzionale della legge 10 ottobre 1957 n. 921, in rife

rimento agli art. 3, 24, 101, 102, 104 e 111 della Costituzione.

CORTE COSTITUZIONALE.

Sentenza 14 febbraio 1962, n. 5 ; Pres. Cappi P., Rei.

Sandulli ; imp. Sguazzini e Sina ; parte civile Ente

nazionale risi (Avv. Balladore Pallieri) ; interv.

Pres. Cons, ministri (Avv. dello Stato Tracanna).

Ammassi — Ammassi obbligatori — Risone -—

I iicostil ii/inna I ii à «lolla normativa (Costituzione della Repubblica, art. 3, 41 ; d. legisl. 30 maggio 1947

n. 439, norme per il conferimento del grano, dell'orzo, della segale, del granturco e del risone ai granai del

popolo, art. 1, 3, 19, 20).

Sebbene non contrastino con l'art. 3 Cost., sono incostitu

zionali, per inosservanza della riserva di legge prevista, nell'art. 41, 2° comma, Cost., l'art. 19 decreto legisl. 30

maggio 1947 n. 439, recante norme per il conferimento del grano, dell'orzo, della segale, del granturco e del risone

ai granai del popolo ; e, per la parte relativa al vincolo

e all'ammasso del risone, tutte le altre disposizioni del men

zionato decreto. (1)

(1) Le ordinanze 20 maggio 1960 e 18 marzo 1961, con le

quali il Pretore di Novara aveva rimesso alla Corte costituzionale la questione d'incostituzionalità, ora riconosciuta fondata, sono

riprodotte su Le Leggi, 1960, 764, e 1961, 1104, e la prima è mas simata in Foro it., 1960, II, 208, con nota di richiami, cui addo Pret. Novara 8 novembre 1961, che ha rimesso alla Corte l'esame d Ila questione d'incostituzionalità degli art. 1, 3 e 19 del de creto del 1947.

La riserva di legge, di cui all'art. 41, 2° comma, Cost., è stata per l'ultima volta esaminata con la sent. 14 febbraio 1962, n. 4, infra, 408, con nota di richiami;sull'art. 3 Cost., rispetto al

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