sentenza 28 gennaio 1982; Pres. Allegri, Est. Macca; Soc. Apollo (Avv. Giampaoli) c. Archetti eRossini (Avv. S. Rossi)Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 1 (GENNAIO 1983), pp. 229/230-231/232Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23176860 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
dei metalmeccanici. Ma tale assunto non risulta sia stato sufficien temente provato.
La prova assunta ha confermato la esistenza di scioperi sia del
personale delle dogane sia di quello dipendente dalla ditta attrice
ma tali scioperi non possono essere ritenuti rilevanti ai fini della
dimostrazione della esistenza della causa non imputabile in quanto non hanno ostacolato l'effettuazione delle operazioni doganali, sia
per l'epoca di attuazione sia per la loro entità. (Omissis)
TRIBUNALE DI BRESCIA; sentenza 28 gennaio 1982; Pres.
Allegri, Est. Macca; Soc. Apollo (Avv. Giampaoli) c. Ar
chetti e Rossini (Avv. S. Rossi).
TRIBUNALE DI BRESCIA;
Lavoro (rapporto) — Lavoratori assentatisi con permesso di stu
dio — Diritto a pausa compensativa nei lavori a turno — Esclu
sione (L. 20 maggio 1970 n. 300, norme sulla tutela della li
bertà e della dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e del
l'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul colloca
mento, art. 10).
E illegittimo il godimento, da parte dei lavoratori che abbiano
usufruito dei permessi di studio previsti dall'art. 10 l. 20 maggio 1970 n. 300 e dai contratti collettivi che ad esso si richiamano,
delle pause compensative previste dalla contrattazione collet
tiva per le lavorazioni a turno e a squadre (nella specie dal
l'art. 31 c.c.n.l. 17 dicembre 1979 per il settore della maglieria), e collegate alla effettiva erogazione della prestazione lavo
rativa. (1)
Diritto. — Al di là delle concrete articolazioni delle questioni
poste dall'appellante e dei motivi da questa dedotti, osserva il
tribunale che punto fondamentale della presente controversia non
sta tanto nell'accertare se la Archetti e la Rossini avevano o
meno il diritto di timbrare il cartellino al momento dell'effettivo
rientro in fabbrica, o al momento dell'ingresso in reparto, quan
to, piuttosto, di verificare se le appellate avessero il diritto di
godere della pausa retribuita di mezz'ora ai sensi dell'art. 31 c.c.n.l.
17 dicembre 1979 dopo aver frequentato il corso monografico « Donna e salute » organizzato dalla regione Lombardia, per il
quale avevano ottenuto il permesso retribuito.
All'uopo, osserva il collegio, è opportuno esaminare la natura
(1) Non constano specifici precedenti. Il tribunale ha negato l'assimilabilità del permesso in questione al
la effettiva prestazione lavorativa, attribuendo al primo caratteri molto
simili a quelli delle ferie. Nello stesso senso cfr. Pret. Torino 27 gennaio 1982, Foro it., 1982,
I, 876, che, incidentalmente, in una causa relativa all'art. 32 1. 20 mag
gio 1970 n. 300 sui permessi per i lavoratori chiamati a cariche elet
tive, ha sostenuto la non identità della prestazione lavorativa con il
c. d. tempo-studio. In dottrina, in tal senso, cfr. Ardau, Corso di di
ritto del lavoro, Milano, 1960, I, 231; Id., Sistema istituzionale del
diritto del lavoro, Milano, 1962, 717 s.; Lavagnini, La sospensione del rapporto di lavoro, Milano, 1961, 73, per i quali le pause del
lavoro rientrano nella sospensione mediante l'attuazione di una mo
dificazione del rapporto la quale, pur non rimanendo inoperante la
quasi totalità delle obbligazioni, concreta comunque una sospensione che viene definita ' relativa ' e non ' assoluta ".
Ad una diverso soluzione del problema, in linea di principio, po
trebbe, comunque, giungersi qualora si neghi la equiparabilità del per
messo, concesso dal datore di lavoro, alle ferie. In questo senso cfr.
Buccisano, Le ferie dei lavoratori privati, in Riv. giur. lav., 1955.
I, 154 s.; Treu, Onerosità e corrispettività nel rapporto di lavoro,
Milano, 1968, 203 s. e 273 s.; Giorgio Branca, Conservazione del rap
porto, in Nuovo trattato di diritto del lavoro, diretto da Riva Sanse
verino e Mazzoni, Padova, 1971, 11, 531, secondo cui le pause fisio
logiche, riposi e permessi a questi assimilabili, secondo il diritto po sitivo sono da considerare come mere interruzioni, come limitazioni
della durata della prestazione del lavoratore, il cui peso è sopportato
dal datore di lavoro. In tal senso cfr anche P. Sandulli, Ferie del
lavoratore, voce dell'Enciclopedia del diritto, Milano, 1968, VII, 189.
Da ultimo cfr. Ghera, Diritto del lavoro, Bari, 1982, 45, secondo
il quale anche in presenza di permessi vi è « la sussistenza nel tem
po dell'obbligo primario di prestazione e degli obblighi secondari
che lo integrano (da cui) discende, tra l'altro, che il prestatore di
lavoro subordinato resta obbligato, e quindi idealmente alle dipen denze del datore di lavoro, anche durante le pause interruttive del
l'esecuzione, pur non essendo tenuto alla stessa ».
Da tale persistenza dell'obbligo discende che il lavoratore essendo
sottoposto, anche durante il godimento dei permessi di studio, alla
disciplina del rapporto di lavoro, ha diritto all'applicazione degli isti
tuti propri del rapporto stesso, tra cui appunto il riposo intermedio
compensativo previsto dalla contrattazione collettiva di settore.
del permesso di studio e della pausa di mezz'ora cosi come i due
istituti sono stati disciplinati dalla contrattazione collettiva.
È noto che l'art. 10 1. 300/70 riconosce al lavoratore studente il diritto di godere di permessi retribuiti per poter sostenere pro ve d'esame, mentre per la frequenza ai corsi (di ogni ordine, gra do o tipo) è ammesso solo il diritto a godere di orari di lavoro
che agevolino la frequenza e ad essere esentati dagli straordinari.
Scopo della norma è evidentemente quello di agevolare al mas
simo le prove d'esame in considerazione del nostro sistema scola
stico caratterizzato dal valore legale del titolo di studio e dal
fatto che la frequenza ad un corso di studi è praticamente inu
tile ove non venga conseguito un diploma con efficacia giuridica,
diploma peraltro che non può conseguirsi ove non siano superate le relative prove d'esame. Tuttavia le parti nel c.c.n.l. cit. hanno, con disposizione indubbiamente innovativa, ritenuto opportuno estendere il godimento del permesso di studio anche per la sola
frequenza al corso scolastico.
In particolare l'art. 52 c.c.n.l. cit. permette ai lavoratori di usu fruire di permessi retribuiti a carico di un monte ore triennale
(che può essere anche annuale) messo a disposizione di tutti i
dipendenti ove questi, al fine di migliorare la propria cultura, intendano frequentare corsi di studio, corsi monografici, corsi di formazione professionale.
La dizione usata dalle parti permette di porre subito in luce due considerazioni: 1) indubbiamente la facoltà concessa al di
pendente di assentarsi dal lavoro per la frequenza di detti corsi costituisce un costo aziendale che dovrà essere tenuto presente nella determinazione del prezzo del prodotto finito. Ne è sicuro indizio l'utilizzazione dell'espressione monte ore triennale laddo ve appare chiaro che l'impresa ha ritenuto di cedere ai propri
dipendenti una quota parte delle ore necessarie alla produzione, lasciandole a disposizione del lavoratore per permettere a questi una formazione intellettuale; 2) la facoltà in parola si risolve
(come stretta e necessaria conseguenza della prima considerazio
ne) in un aumento (di fatto) della retribuzione, atteso che, per la
sinallagmaticità del rapporto di lavoro e la necessità di realizzare
l'equilibrio contrattuale, non possono aversi retribuzioni per non
prestazioni e, conseguenza ulteriore, il permesso di studio viene
ad assumere caratteristiche molto simili a quelle delle ferie.
Se è vero quanto detto sopra, consegue ancora che ben diffi
cilmente potrà parificarsi il permesso di studio alla prestazione effettiva.
Né vale in contrario assumere (come fanno il pretore e le ap
pellanti) che la stessa contrattazione collettiva ha previsto che per il permesso in questione spetti la retribuzione di fatto compren siva della maggiorazione per lavoro a squadre.
Che a chi goda del permesso di studio spetti la retribuzione di
fatto è circostanza che deriva direttamente dalla norma contrat
tuale che prevede, appunto, la retribuzione del permesso.
« Che la retribuzione medesima debba essere maggiorata per il
lavoro a squadre non è circostanza che possa far ritenere auto
maticamente la parificazione del permesso alla prestazione effet
tiva. Ciò soprattutto ove si ponga mente al fatto che alle parti non pareva opportuno sottrarre al lavoratore assente per permes so di studio la maggior retribuzione per il lavoro a squadre, po nendolo nell'alternativa di dover scegliere tra una paga superiore e la rinunzia alla frequenza del corso da lui seguito, o la fre
quenza al corso e una minor retribuzione.
A conferma della esattezza della considerazione sopra svolta
basta rilevare che la maggiorazione compete solo se tale tipo di
lavoro (a squadre) sia già stato programmato. Passando ora ad esaminare l'altro dei due istituti oggetto della
presente controversia e cioè la mezza ora di pausa retribuita per il lavoro a squadre, occorre dire che la pausa stessa non può
(contrariamente a quanto sostengono le appellate) non essere stret
tamente collegata alla effettività della prestazione cioè non solo
e non tanto alla concreta presenza in azienda delle lavoratrici,
ma altresì al fatto che le stesse stiano in concreto svolgendo la
voro a squadre. Ciò si desume chiaramente da due considerazioni: 1) la mez
z'ora di pausa è prevista solo per il lavoro a squadre di 8 ore
per turno; 2) per turni di durata inferiore alle 8 otto ore non
è prevista la pausa in questione (art. 31, 2° e 8° comma, c. c.). Dal che si deve necessariamente desumere che la pausa è posta
per ristorare il lavoratore addetto a turni particolarmente onerosi
e che la pausa medesima è in diretta relazione alla durata del
lavoro, e, quindi, alia effettività del lavoro prestato.
Orbene, ciò premesso, pare evidente che se il permesso di stu
dio non equivale alla effettiva prestazione del rapporto di lavoro
(se non ai limitati fini di essere retribuito) la pausa di mezz'ora
non può essere goduta da coloro che (come è il caso delle ri
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PARTE PRIMA
correnti) assenti in permesso per studio non prestano la loro atti
vità a squadre per 8 ore.
Esaminando ora le argomentazioni svolte dal pretore non con
divide il tribunale l'assunto del primo giudice là ove questi so
stiene che la pausa di mezz'ora inerisce esclusivamente alle mo
dalità di prestazione del lavoro a squadre senza alcun collega mento alla effettiva prestazione per tutta la durata del turno.
L'affermazione oltre che essere apodittica non tiene conto che
la ragione per cui la causa in questione è stata convenuta è quel la di permettere al turnista a squadre un adeguato riposo.
Quanto all'assunto che l'orario di lavoro (ai fini della determi
nazione della natura della pausa in questione) comprende glo balmente il tempo durante il quale il lavoratore è a disposizione del datore di lavoro, se questo può essere astrattamente condivi
so, nulla può significare nella presente fattispecie, non vedendo allora il tribunale per quale motivo la pausa medesima non deb
ba essere concessa a tutti i lavoratori, compresi quelli che non
svolgono lavoro a squadre. Da ultimo osserva il collegio che non può neppure essere con
diviso l'assunto del primo giudice in ordine alla circostanza che il permesso di studio è causa giustificativa dell'assenza fino a coin
cidere con la stessa prestazione di lavoro.
I concetti di assenza e di prestazione del lavoro non possono essere evidentemente fatti coincidere sul piano logico giuridico.
Da quanto sopra detto e cioè dal fatto che il permesso di stu
dio non corrisponde alla prestazione lavorativa e che la pausa
di mezz'ora può essere goduta solo da chi in concreto abbia
svolto per 7 ore e trenta minuti la propria attività in lavori a
squadre, discende che le ricorrenti al loro ritorno in azienda do
po aver frequentato il corso monografico « Donna e salute » do
vevano timbrare il cartellino di presenza solo al momento del
l'effettivo rientro in reparto. Il che è a dire che la Archetti e la
Rossini dovevano (rientrate in azienda) dirigersi direttamente in
reparto e iniziare la propria attività, senza poter pretendere la
mezz'ora di pausa prevista per il lavoro a squadre. Ne consegue ancora che diventa indifferente ai fini del pre
sente giudizio accertare se le appellate hanno fatto buono o catti
vo uso del diritto a timbrare il cartellino.
L'assunto delle appellate che altrimenti avrebbero potuto es
sere considerate assenti ingiustificate può valere in tanto in quan to le stesse avessero, dopo la timbratura del cartellino, iniziato im
mediatamente le attività senza recarsi in mensa per godere della
pausa di riposo. Volta che, invece, come prima si è visto, di tale pausa le ap
pellate non han diritto di fruire, giustificata è la doglianza della
azienda e, altrettanto giustificata, è la pretesa di veder timbrare
il cartellino solo al momento dell'effettivo inizio del lavoro, onde
legittima è la sanzione disciplinare irrogata. (Omissis)
PRETURA DI BARI; ordinanza 29 dicembre 1982; Giud. Atti
monelli; Soc. coop. Olimpico (Avv. Di Moducno) c. Soc.
A.S. Bari (Avv. Gironda, Ferrigni).
PRETURA DI BARI;
Provvedimenti d'urgenza — Stampa — Società calcistica — Ac
cesso gratuito alla tribuna stampa — Autorizzazione all'ingres
so negli spogliatoi — Diniego — Violazione del diritto di cro
naca — Insussistenza (Cost., art. 21; cod. proc. civ., art. 700).
Va respinta l'istanza di provvedimenti cautelari atipici avanzata,
nei confronti di una società sportiva (A.S. Bari), dalla coope
rativa editrice di due quotidiani (« Puglia » e « Olimpico »)
che lamenti la violazione del diritto di cronaca derivante dalla
concessione di un numero di tessere per l'ingresso gratuito in
tribuna stampa inferiore a quello ottenuto in passato (una per
il campionato in corso contro nove per quello precedente) e
dalla mancata autorizzazione all'accesso negli spogliatoi. (1)
(1) Non constano precedenti in termini. Da notare, peraltro, come
Pret. Pescara, ord. 5 ottobre 1975, Foro it., Rep. 1976, voce Provvedimen
ti d'urgenza, n. 67, avesse revocato il decreto con cui si obbligava
una società sportiva a consentire il libero accesso allo stadio della
troupe di un'emittente televisiva privata; e come, a detta di A. Ma
rini Toro, Gare di calcio e diritto di cronaca televisiva (nota a
Trib. Roma 21 luglio 1978, id., 1978, I, 2818), in Riv. dir. sport.,
1979, 69, 76 ss., competa all'ordinamento sportivo il « diritto di ri
servarsi in esclusiva tutti i compiti che rientrano nell'attività di ' in
formazione ' giornalistica, cinematografica, radiotelevisiva, in merito
alle ' gare
' svolte dai suoi soggetti ».
Fatto. — La cooperativa « Olimpico » s.r.l., editrice dei quoti diani «Puglia» e «Olimpico», chiedeva a questo pretore che
con provvedimento d'urgenza ex art. 700 c.p.c. venisse ordinato
alla associazione sportiva « Bari » di consentire ai suoi giornali
sti, nel numero ritenuto opportuno, il libero accesso alla tribuna
stampa ed agli spogliatoi dello stadio comunale di Bari, in occa
sione delle partite di calcio in programma nella corrente stagione calcistica. La ricorrente precisava di essere nella impossibilità di fornire adeguati servizi di cronaica ai propri lettori per il com
portamento dei dirigenti della società che, presumibilmente a
causa delle critiche avanzate al loro operato, da due anni si li
mitavano a trasmettere una tessera-stampa (peraltro dietro solle
cito dell'ordine dei giornalisti), a fronte delle nove tessere rila
sciate per il campionato 1980-1981, impedendo inoltre l'accesso
alla tribtina stampa ed agli spogliatoi, e quindi vanificando-il di
ritto dei giornalisti della cooperativa alla libera acquisizione delle
notizie da trasmettere successivamente ai lettori, garantito dal
l'art. 21 Cost, nell'ambito del principio della libertà di stampa. All'udienza fissata per la comparizione delle parti si costituiva
in giudizio l'A.S. « Bari » s.p.a., eccependo in rito il difetto di
rappresentanza della ricorrente nella persona del Gismondi, del
cui potere non era stata fornita alcuna prova, nonché la inam
missibilità della pretesa per inesistenza dei suoi presupposti, sia
sotto il profilo del pregiudizio imminente ed irreparabile, che del
diritto che si assumeva violato: il primo da ritenere irrilevante,
poiché il rilascio di una tessera-stampa doveva considerarsi più che sufficiente alle corrispondenti esigenze della cooperativa, il
secondo indeterminato e non identificabile, in modo tale da rite
nere del tutto inutile una tutela cautelare, concedibile solo in
presenza di un diritto da attuare poi in via ordinaria.
Nel merito, si assumeva che il rilascio di tessere per il periodo
passato doveva considerarsi atto di liberalità spontaneo e privo di obbligo, che non dava alcun diritto a ricevere il medesimo
trattamento riservato a organi di informazione di dimensioni dif
fusive ben più ampie di quelle, insignificanti, dei quotidiani della
ricorrente; che l'attività (manifestazioni sportive) gestita dalla
A.S. « Bari » con criteri puramente economici, alla stregua della
conduzione di una qualsiasi società per azioni, non consentiva
il rilascio di ingressi gratuiti, una volta assicurato con il rilascio
di una tessera il diritto all'informazione; che il mancato accesso
agli spogliatoi non costituiva una violazione di tale diritto, po tendo i cronisti attendere i giocatori e gli allenatori delle squadre
all'uscita, con il medesimo risultato di efficienza e tempestività. Successivamente, replicando la ricorrente sulla proposta ecce
zione attinente al difetto di rappresentanza nella persona del Gismondi (la cui qualifica di presidente della società e direttore
responsabile dei due quotidiani emergeva dalle stesse testate dei
giornali); precisando inoltre la convenuta che l'accesso agli stadi
per i giornalisti sportivi veniva disciplinato attraverso apposita tessera rilasciata dal C.o.n.i. (ente pubblico inquadrante tra l'al
tro le società di calcio affiliate alla F.i.g.c.), previo accertamento
tramite l'U.s.s.i. della qualifica del richiedente; che il giornalista
sportivo Pietro De Giosa, del quotidiano « Puglia », quale tito
lare di tale tessera, aveva comunque libero accesso in tribuna e sala stampa; in esito questo pretore si riservava di provvedere con separata ordinanza.
Diritto. — Va innanzitutto disattesa la eccezione preliminare avanzata dalla convenuta, poiché il potere di rappresentanza so
ciale nella persona del Gismondi si desume dagli stessi elementi notori dedotti dalla ricorrente.
Passando ad esaminare il contenuto del ricorso, occorre va
gliare, alla luce della situazione di fatto presupposta alla doman
da, la lesione giuridica che se ne desume per chiedere l'emissione
di un provvedimento cautelare in favore della cooperativa istan
te. Sulla prima è inutile soffermarsi, poiché in proposito non vi è
sostanziale disaccordo tra le parti, per cui la società convenuta
ammette le circostanze riferite nell'atto introduttivo del giudizio, e cioè l'avere assegnato 9 tessere stampa alla « Olimpico » nella
stagione calcistica 1980-1981 e solo una successivamente, que st'ultima a seguito di protesta avanzata dall'ordine di categoria. Sulla seconda invece, e per ciò che attiene al fumus del diritto
fatto valere, emerge a prima vista il contrasto tra i due assunti, l'uno inteso a sostenere che la condotta della A.S. « Bari » viola il diritto dei giornalisti della cooperativa di accedere ai mezzi d'informazione relativi alla cronaca ed ai commenti sulle partite cji calcio organizzate dalla società, l'altro a negare l'esistenza di
qualsiasi lesione al diritto in esame e ad affermare l'arbitrarietà della pretesa di parte ricorrente, è necessario quindi esaminare tale condotta, alla luce del cosiddetto diritto d'informazione, per stabilire se quest'ultimo ne sia rimasto o meno offeso. Dunque, se è vero che il diritto d'informazione, inteso in senso attivo quale specifica pretesa costituzionalmente garantita a non essere intrai
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