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sentenza 28 novembre 2001, n. 376 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 5 dicembre 2001, n. 47);...

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sentenza 28 novembre 2001, n. 376 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 5 dicembre 2001, n. 47); Pres. Ruperto, Est. Marini; Consorzio ricostruzione (Avv. Vosa) c. Comune di Napoli; interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Linda). Ord. Coll. arb. Napoli 3 luglio 2000 (G.U., 1 a s.s., n. 41 del 2000) Source: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 6 (GIUGNO 2002), pp. 1647/1648-1653/1654 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23198485 . Accessed: 28/06/2014 07:34 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.105.245.44 on Sat, 28 Jun 2014 07:34:48 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sentenza 28 novembre 2001, n. 376 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 5 dicembre 2001, n.47); Pres. Ruperto, Est. Marini; Consorzio ricostruzione (Avv. Vosa) c. Comune di Napoli;interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Linda). Ord. Coll. arb. Napoli 3 luglio 2000 (G.U., 1a s.s., n. 41 del 2000)Source: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 6 (GIUGNO 2002), pp. 1647/1648-1653/1654Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23198485 .

Accessed: 28/06/2014 07:34

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1647 PARTE PRIMA 1648

stante giurisprudenza di questa corte, una declaratoria di mani

festa inammissibilità. 3. - Quanto ai due giudizi promossi dal Tribunale di Ancona,

va preliminarmente disattesa l'eccezione di inammissibilità

sollevata in udienza dall'avvocatura generale dello Stato e mo

tivata con l'assunto che il rimettente, adottando il provvedi mento di riunione delle due opposizioni, avrebbe mostrato di

ritenere ammissibile la seconda opposizione e fatto, con ciò

stesso, implicita applicazione della norma — l'art. 647 c.p.c. —

censurata.

Va, in contrario, osservato come il provvedimento di riunione

di più procedimenti relativi alla stessa causa e pendenti davanti

allo stesso giudice — da adottarsi anche d'ufficio, ai sensi del

l'art. 273, 1° comma, c.p.c. — sia privo di qualsiasi contenuto

decisorio e risponda a mere esigenze di economia dei giudizi. E

ciò è sufficiente ad escludere la ricorrenza nella specie sia della

asserita valutazione di ammissibilità della seconda opposizione che dell'applicazione della norma impugnata.

4. - Nel merito, la questione è infondata.

La premessa da cui muove il rimettente è che l'art. 647, 2°

comma, sia «ingiustamente impeditivo della possibilità di ripro

porre opposizione (una volta verificatasi l'improcedibilità), pur ché nei termini e purché tale improcedibilità non sia stata di

chiarata».

In tal modo, e sempre secondo lo stesso rimettente, «il con

venuto in senso sostanziale vedrebbe irrimediabilmente preclusa la possibilità di far valere le sue ragioni senza che ad una sua

negligenza nella ritardata costituzione possa porre riparo, ab

bandonando la prima opposizione e proponendone un'altra nel

rispetto dei termini perentori di cui all'art. 641 c.p.c.». In contrario, è sufficiente osservare che l'art. 647 c.p.c. se

condo il suo inequivoco tenore testuale condiziona il decreto di

esecutività solo «alla mancata opposizione nel termine stabili

to», senza alcun riferimento al preteso divieto di riproporre

l'opposizione prima che sia scaduto il termine fissato nel de

creto.

Né, sul piano sostanziale, si scorgono ragioni che possano le

gittimare l'interpretazione prospettata dal rimettente.

Essendo, pertanto, consentito rinnovare l'opposizione, sem

pre nel rispetto dei termini fissati nel decreto — come del resto

questa corte ha affermato nella sentenza n. 141 del 1976 (Foro it., 1976, I, 1755) —, detta rinnovabilità deve ammettersi non

solo in relazione ad un vizio dell'atto di opposizione in sé con

siderato, ma anche alla mancata o intempestiva costituzione in

giudizio dell'opponente, non sussistendo alcun motivo, in pen denza dei termini per l'opposizione, per ammettere la rinnova zione in un caso ed escluderla nell'altro.

Con l'ovvia conseguenza che — pur in assenza di una tempe

stiva costituzione in giudizio — il decreto di esecutività non può

essere emesso se non sia anche interamente decorso il termine

per l'opposizione. Priva di qualsiasi rilevanza ai fini de quibus è, infine, la non

riassumibilità dell'opposizione non iscritta a ruolo. La ratio dell'art. 647 c.p.c. è, infatti, quella di assicurare l'intangibilità del decreto ingiuntivo qualora, nel termine perentorio previsto dall'art. 641 c.p.c., e salva l'ipotesi di cui all'art. 650 c.p.c., l'ingiunto non abbia provocato la trasformazione del procedi mento monitorio in procedimento ordinario, mediante un'oppo sizione seguita da una valida costituzione in giudizio. Ed una ratio siffatta, connessa alle esigenze di celerità tipiche del pro cedimento monitorio, sarebbe evidentemente frustrata se all'op ponente fosse consentito, in caso di opposizione non seguita da

iscrizione a ruolo della causa, riassumere la causa stessa nel

l'ampio termine previsto dall'art. 307 c.p.c., in tal modo di fatto

differendo in maniera del tutto arbitraria la definitività del de

creto.

Unica consolazione: forzando l'art. 647, 1° comma, c.p.c. (nella parte in cui consente al ricorrente di chiedere la dichiarazione di esecu tività sulla sola base della mancata costituzione dell'ingiunto, anche

prima della scadenza del termine di opposizione), la Corte costituzio nale ritorna a suggerire all'opponente, che non si è potuto costituire

tempestivamente in giudizio, di riproporre l'opposizione, se il relativo termine è ancora pendente.

E troppo poco. Remo Caponi

Il presupposto interpretativo da cui muove il rimettente è,

dunque, erroneo ed è, conseguentemente, infondata la questione di costituzionalità sollevata.

Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi:

1) dichiara la manifesta inammissibilità della questione di le gittimità costituzionale dell'art. 647, 1° e 2° comma, c.p.c., sollevata, in riferimento all'art. 24, 2° comma, Cost., dal Tribu

nale di Napoli con l'ordinanza in epigrafe;

2) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzio nale dell'art. 647, 2° comma, c.p.c., sollevata, in riferimento

agli art. 3 e 24 Cost., dal Tribunale di Ancona, sezione distac

cata di Fabriano, con le ordinanze in epigrafe.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 28 novembre 2001, n.

376 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 5 dicembre 2001, n.

47); Pres. Ruperto, Est. Marini; Consorzio ricostruzione

(Avv. Vosa) c. Comune di Napoli; interv. Pres. cons, ministri

(Avv. dello Stato Linda). Ord. Coli. arb. Napoli 3 luglio 2000 (G.U., la s.s., n. 41 del 2000).

Corte costituzionale — Giudizio sulle leggi in via incidentale — Arbitri —

Legittimazione a sollevare questioni di costi

tuzionalità (L. cost. 9 febbraio 1948 n. 1, norme sui giudizi di legittimità costituzionale e sulle garanzie di indipendenza della Corte costituzionale, art. 1).

Calamità pubbliche, terremoto, alluvioni — Eventi sismici

del novembre 1980 e del febbraio 1981 — Programmi di

ricostruzione di territori colpiti da calamità naturali —

Controversie relative all'esecuzione di opere pubbliche —

Devoluzione ad arbitri — Divieto — Questione infondata

di costituzionalità (Cost., art. 3, 24, 76, 77, 97; 1. 14 maggio 1981 n. 219, conversione in legge, con modificazioni, del d.l.

19 marzo 1981 n. 75, recante ulteriori interventi in favore del

le popolazioni colpite dagli eventi sismici del novembre 1980

e del febbraio 1981. Provvedimenti organici per la rico

struzione e lo sviluppo dei territori colpiti; d.l. 11 giugno 1998 n. 180, misure urgenti per la prevenzione del rischio i

drogeologico ed a favore delle zone colpite dai disastri franosi

della regione Campania, art. 3; 1. 3 agosto 1998 n. 267, con

versione in legge, con modificazioni, del d.l. 11 giugno 1998 n. 180, art. 1; d.leg. 20 settembre 1999 n. 354, disposizioni

per la definitiva chiusura del programma di ricostruzione di

cui al titolo Vili 1. 14 maggio 1981 n. 219, e successive modi

ficazioni, a norma dell'art. 42, 6° comma, 1. 17 maggio 1999 n. 144, art. 8).

Gli arbitri rituali sono legittimati a sollevare in via incidentale

questioni di costituzionalità delle norme di legge che sono

chiamati ad applicare. (1)

(1) La decisione in epigrafe (riportata anche in Giust. civ., 2001, I, 2883, con nota di Vaccarella, e Giur. it., 2002, 689, con nota di Ca

nale) è stata presentata, forse con un po' troppa enfasi, come una deci sione «storica» (Stasio, La Consulta apre ai collegi arbitrali, in II So le-24 Ore del 24 novembre 2001), per aver riconosciuto legittimati a ri correre alla Corte costituzionale gli arbitri, nell'ambito dell'arbitrato rituale regolato dal codice di procedura civile.

Il tema era stato da tempo assai dibattuto e recentemente ripreso in maniera assai approfondita dalia dottrina (Chiara, L'arbitro come giu dice «a quo»: profili ricostruttivi, in Giur. costit., 1997, 1215 ss., il

quale si è espresso in senso favorevole al riconoscimento agli arbitri della legittimazione a sollevare questioni di costituzionalità; Danovi, La pregiudizialità nell'arbitrato rituale, Padova, 1999, spec. 175 ss.; Montesano, Questioni incidentali nel giudizio arbitrale e sospensione di processo, in Riv. dir. proc., 2000, 1 ss.; Briguglio, La pregiudizia lità costituzionale nell'arbitrato rituale e l'efficacia del lodo, in Riv.

Il Foro Italiano — 2002.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

È infondata la questione di legittimità costituzionale degli art.

3, 2° comma, d.l. 11 giugno 1998 n. 180, convertito, con mo

dificazioni, in l. 3 agosto 1998 n. 267, e 8, 1° comma, lett. A),

d.leg. 20 settembre 1999 n. 354, nella parte in cui estendono

il divieto di arbitrato anche alle controversie relative ali 'ese

cuzione delle opere comprese nei programmi di ricostruzione di cui al titolo Vili della l. 14 maggio 1981 n. 219, in riferi mento agli art. 3, 24, 76, 77 e 97 Cost. (2)

arbitrato, 2000, 639 ss.), la quale, di fronte alla mancata legittimazione dell'arbitro, poneva essenzialmente un'alternativa tra la soluzione per cui questi avrebbe dovuto ritenersi obbligato ad applicare la legge, an che se sospettata di essere incostituzionale o addirittura considerata si curamente incostituzionale, indicando il rimedio per il cittadino nella

possibilità di impugnare il lodo arbitrale davanti ad un giudice ed ivi

quindi porre la questione di costituzionalità e la soluzione, che racco

glieva i maggiori consensi, di permettere all'arbitro la disapplicazione della legge ritenuta incostituzionale con effetto ovviamente limitato al caso da decidere e con la possibilità anche in questo caso di proporre la

questione in sede d'impugnazione del lodo. La Corte costituzionale, di recente (ord. 17 dicembre 1997, n. 410,

Foro it., 1998,1, 1341, con nota di richiami), aveva in certo senso fatto nascere qualche lieve speranza allorché, affrontando una questione sollevata da un collegio arbitrale, l'aveva dichiarata manifestamente

inammissibile, in quanto avente ad oggetto disposizione già dichiarata

incostituzionale, affermando di lasciare «impregiudicata ogni valuta zione circa la legittimazione del collegio rimettente a sollevare questio ne incidentale di legittimità costituzionale». Adesso con la sent. 376/01 la corte viene a riconoscere esplicitamente e, nonostante l'affermazione

appena ricordata, inaspettatamente per i più, la legittimazione degli ar bitri a sollevare questioni di costituzionalità, producendo un'indubbia valorizzazione dell'istituto dell'arbitrato.

La motivazione si fonda sui caratteri dell'arbitrato rituale (sul quale cfr. Cass. 6 febbraio 2002, n. 1556, e 10 dicembre 2001, n. 15608, in

questo fascicolo I, 1736, con nota di richiami di F. Fracchia), il quale costituisce un procedimento previsto e disciplinato dal codice di proce dura civile per l'applicazione obiettiva del diritto nel caso concreto, ai fini della risoluzione di una controversia, con le garanzie del contrad dittorio e di imparzialità tipiche della giurisdizione civile, concluden done che il giudizio arbitrale non si differenzia da quelli che si svol

gono davanti al giudice per la ricerca e interpretazione delle norme ap plicabili, tra le quali ovviamente debbono ritenersi comprese anche

quelle costituzionali. La corte giunge così a sostenere che «in un assetto costituzionale nel quale è precluso ad ogni organo giudicante, tanto il

potere di disapplicare le leggi, quanto quello di definire il giudizio ap plicando leggi di dubbia costituzionalità, anche gli arbitri, il cui giudi zio è potenzialmente fungibile con quello degli organi della giurisdi zione, debbono utilizzare il sistema di sindacato incidentale sulle leg gi».

La Corte costituzionale nella sentenza richiamata fa riferimento ad una nozione «funzionale» e «sostanziale» di «giudice» e «giudizio», af fermando che a tal fine è sufficiente che sussista esercizio di funzioni

giudicanti per l'obiettiva applicazione della legge da parte di soggetti pure se estranei all'organizzazione della giurisdizione e posti in posi zione super partes. Nella giurisprudenza costituzionale degli ultimi trent'anni pareva invece essere emersa una posizione secondo cui per la

legittimazione a sollevare questioni di costituzionalità era necessario che si trattasse di un «giudice» nell'atto di applicare una disposizione ad un caso concreto ed inoltre che ciò avvenisse nel corso di un proce dimento avente carattere giurisdizionale e che la soluzione fosse pre giudiziale per l'emanazione di un provvedimento giurisdizionale e so

prattutto non era mai, forse con la limitata eccezione della Corte dei conti in sede di controllo, stata seguita e non aveva avuto quindi con crete applicazioni l'ipotesi di organi estranei all'ordine giudiziario, ma eccezionalmente investiti di funzioni giudicanti, la quale avrebbe po tuto condurre ad una nozione «sostanziale» di giudice, specifica per il

processo costituzionale e fondata essenzialmente sul tipo di attività e di funzioni svolte.

Il riferimento ad una nozione «sostanziale» di «giudice» e di «giudi zio» è stato utilizzato dalla corte — la quale tiene infatti a precisare che le proprie osservazioni sono svolte «ai limitati fini che qui interessano e

senza addentrarsi nella complessa problematica relativa alla natura giu risdizionale dell'arbitrato rituale» — forse allo scopo di non porsi in

rotta di collisione con la giurisprudenza della Corte di cassazione, che

ha negato il carattere giurisdizionale dell'attività svolta dagli arbitri ri

tuali, sostenendo che essi non svolgono funzione sostitutiva di quella del giudice ordinario, ma disimpegnano attività privata, nell'ambito di

un procedimento ontologicamente alternativo alla giurisdizione statale

(Cass. 1° febbraio 2001, n. 1403, e 3 agosto 2000, n. 527/SU, id., 2001,

I, 838, con nota di richiami e osservazioni di C.M. Barone). Per l'affermazione secondo cui la Corte di giustizia delle Comunità

europee non è competente a pronunciarsi in via pregiudiziale, ex art.

177 del trattato Cee, su questioni ad essa sottoposte da un organo arbi

trale, v. Corte giust. 23 marzo 1982, causa 102/81, id., 1982, IV, 357.

Più di recente, Corte giust. 27 aprile 1994, causa C-393/92, id., 1995,

Il Foro Italiano — 2002.

Diritto. — 1. - Il collegio arbitrale costituitosi in Napoli per la risoluzione della controversia insorta tra il consorzio Co.Ri.

ed il comune di Napoli dubita, in riferimento agli art. 3, 24, 76, 77 e 97 Cost., della legittimità costituzionale degli art. 3, 2°

comma, d.l. 11 giugno 1998 n. 180 (misure urgenti per la pre venzione del rischio idrogeologico ed a favore delle zone col

pite dai disastri franosi nella regione Campania), convertito, con

modificazioni, in 1. 3 agosto 1998 n. 267, e 8, 1° comma, lett.

IV, 45, ha ritenuto che un organo giurisdizionale nazionale che decide, in un caso previsto dalla legge, sul gravame avverso un lodo arbitrale, deve essere considerato giurisdizione nazionale ai sensi dell'art. 177 del trattato Cee, anche quando, in base al compromesso concluso tra le

parti, deve giudicare secondo equità. Le affermazioni della Corte costituzionale, secondo cui l'arbitrato

costituisce «un procedimento previsto e disciplinato dal codice di pro cedura civile per l'applicazione obiettiva del diritto nel caso concreto, ai fini della risoluzione di una controversia, con le garanzie del con traddittorio e di imparzialità tipiche della giurisdizione civile ordina

ria», sembrano comunque doversi riferire non a qualsiasi arbitrato ri

tuale, dovendosi escludere le ipotesi in cui viene richiesto agli arbitri di

giudicare secondo equità (nel senso che trattasi di arbitrato rituale al lorché la clausola pattizia devolve la cognizione a tre arbitri con facoltà di «giudicare con equità e senza formalità» e con «giudizio inappella bile», v. Cass. 4 giugno 2001, n. 7520, id., 2001, I, 3636, con nota di richiami e osservazioni di C.M. Barone).

Come rileva infatti Luiso (Sulla legittimazione del giudice privato a sollevare una questione di costituzionalità, in Giust. civ., 20Ò2, II, 59

ss.), la decisione in epigrafe dovrebbe valere pure per l'arbitrato irri

tuale, quando le parti chiedono all'arbitro una decisione della contro

versia, mentre non può valere per l'arbitrato rituale allorché gli arbitri siano chiamati a giudicare secondo equità, essendo chiaramente irrile vante la risoluzione della questione di costituzionalità di una disposi zione normativa dalla quale essi possono prescindere per la soluzione della controversia ad essi sottoposta.

Sul principio del contraddittorio nell'arbitrato rituale, v. Cass. 21 settembre 2001, n. 11936, Foro it., 2002, I, 444, con nota di richiami e osservazioni di C.M. Barone, secondo cui la mancata ammissione di

prova testimoniale e il rifiuto di riconvocazione a chiarimenti del con sulente tecnico d'ufficio opposti dagli arbitri rituali non sono indicativi di violazione del principio del contraddittorio, ma costituiscono appli cazione del potere di preventiva valutazione discrezionale dell'ammis sibilità e rilevanza dei mezzi istruttori, spettante anche agli arbitri.

L'allargamento della legittimazione agli arbitri è stata naturalmente accolta con entusiasmo da quanti si erano espressi già precedentemente in senso favorevole, parlando di sentenza «oltre che storica, coraggiosa, ragionevole e utile» (Briguglio, Cittadini più tutelati nell'arbitrato

rituale, in II Sole-24 Ore del 25 novembre 2001), mentre altri (Luiso, op. loc. cit.), più moderatamente, hanno ritenuto la decisione in que stione apprezzabile, ma non affatto necessitata, dal momento che la

possibilità, per l'arbitro, di disapplicare la legge ritenuta incostituzio nale era praticabile e non produceva inconvenienti di rilievo ed hanno sottolineato gli indubbi inconvenienti che potrebbero derivare da un

punto di vista pratico (redazione dell'ordinanza, invio degli atti, notifi

che, comunicazioni, ecc.) per i collegi arbitrali, o segnatamente per al cuni tipi, come ad esempio quelli tecnici di cui non fa parte alcun giuri sta.

L'allargamento della legittimazione agli arbitri potrebbe comportare un ben maggiore ampliamento dell'accesso alla Corte costituzionale, essendo chiaramente assai facilitato il ricorso a lites fìctae, create allo

scopo di sottoporre alla corte un dubbio di legittimità costituzionale e

potendo, entro certi limiti, funzionare come una sorta di ricorso diretto alla giustizia costituzionale.

In tema di costituzionalità dell'arbitrato obbligatorio, v. Corte cost. 21 aprile 2000, n. 115, Foro it., 2002,1, 668, con nota di richiami.

(2) Nel merito la Corte costituzionale ha dichiarato infondata la que stione di costituzionalità sollevata sulla base di una diversa, ed opposta, interpretazione dell'art. 3, 2° comma, d.l. 180/98, il quale, a giudizio della corte, enuncia una regola di carattere generale, riguardante le controversie relative alle opere pubbliche comprese in tutti i programmi di ricostruzione di territori colpiti da calamità naturali.

Per l'affermazione secondo cui, in tema di interventi pubblici nelle aree depresse, l'art. 25 d.l. 24 aprile 1995 n. 123 ha dichiarato, effet tuando un'interpretazione autentica che assume carattere di principio generale, la legittimità delle clausole compromissorie inserite nei disci

plinari inerenti agli interventi attuati ai sensi della 1. 14 maggio 1981 n.

219, clausole che attribuiscono ai collegi arbitrali la competenza a giu dicare sulle controversie inerenti al rapporto, v. Coli. arb. Roma, 28 febbraio 1997, Foro it., Rep. 1999, voce Calamità pubbliche, n. 46.

In tema di attuazione del programma straordinario di edilizia resi denziale di cui al titolo Vili 1. 219/81, v. Cass. 7 luglio 1999, n.

385/SU, id., Rep. 2000, voce Espropriazione per p.i., n. 267; Tar Cam

pania, sez. I, 29 giugno 1989, n. 379, id., Rep. 1990, voce Calamità

pubbliche, n. 12; Corte conti, sez. contr., 12 ottobre 1989, n. 2163,

ibid., voce Opere pubbliche, n. 507; Tar Campania, sez. I, 9 aprile 1987, n. 175, id., 1989, III, 117, commentata da Annunziata, in Giur.

merito, 1987, 1000, e Giur. it., 1988, III, 1, 10. [R. Romboli]

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PARTE PRIMA 1652

d), d.leg. 20 settembre 1999 n. 354 (disposizioni per la definiti va chiusura del programma di ricostruzione di cui al titolo Vili

della 1. 14 maggio 1981 n. 219, e successive modificazioni, a

norma dell'art. 42, 6° comma, 1. 17 maggio 1999 n. 144). Ad avviso del collegio rimettente le norme impugnate, attri

buendo all'esclusiva cognizione del giudice statale le controver

sie, già oggetto di compromesso arbitrale, relative al programma straordinario di edilizia residenziale per Napoli, di cui al titolo Vili della 1. 14 maggio 1981 n. 219 (conversione in legge, con

modificazioni, del d.l. 19 marzo 1981 n. 75, recante ulteriori

interventi in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismi

ci del novembre 1980 e del febbraio 1981. Provvedimenti orga nici per la ricostruzione e lo sviluppo dei territori colpiti), viole rebbero i limiti posti tanto alla decretazione d'urgenza dall'art.

77 Cost., quanto alla legislazione delegata dall'art. 76 Cost.,

ponendosi sotto altro aspetto in contrasto con il generale canone

di ragionevolezza e con il principio di eguaglianza. Vengono, infine, evocati, dallo stesso rimettente, in modo del

tutto apodittico i parametri di cui agli art. 24 e 97 Cost.

2. - Si deve preliminarmente accertare — in riferimento alla

eccezione di inammissibilità avanzata dall'avvocatura dello

Stato — se il collegio arbitrale sia legittimato a sollevare, ai

sensi dell'art. 1 1. cost. 9 febbraio 1948 n. 1, la questione di le

gittimità costituzionale.

In proposito, occorre muovere dalla giurisprudenza di questa corte secondo cui, per aversi giudizio a quo, è sufficiente che

sussista esercizio di «funzioni giudicanti per l'obiettiva applica zione della legge» da parte di soggetti, «pure estranei all'orga nizzazione della giurisdizione», «posti in posizione super par tes» (sentenze n. 387 del 1996, Foro it., 1997, I, 7; n. 226 del

1976, id., 1977,1, 18, e n. 83 del 1996, id., 1996,1, 2298). Ai limitati fini che qui interessano, e senza addentrarsi nella

complessa problematica relativa alla natura giuridica dell'arbi

trato rituale, basta osservare che l'arbitrato costituisce un pro cedimento previsto e disciplinato dal codice di procedura civile

per l'applicazione obiettiva del diritto nel caso concreto, ai fini

della risoluzione di una controversia, con le garanzie di con

traddittorio e di imparzialità tipiche della giurisdizione civile ordinaria. Sotto l'aspetto considerato, il giudizio arbitrale non si

differenzia da quello che si svolge davanti agli organi statali

della giurisdizione, anche per quanto riguarda la ricerca e l'in

terpretazione delle norme applicabili alla fattispecie. Il dubbio sulla legittimità costituzionale della legge da appli

care non è diverso, in linea di principio, da ogni altro problema che si ponga nell'itinerario logico del decidente al fine di per venire ad una decisione giuridicamente corretta: anche le norme

costituzionali, con i loro effetti eventualmente invalidanti delle

norme di legge ordinaria con esse contrastanti, fanno parte del

diritto che deve essere applicato dagli arbitri i quali — come

ogni giudice — sono vincolati al dovere di interpretare le leggi

secundum Constìtutionem. In un assetto costituzionale nel quale è precluso ad ogni orga

no giudicante tanto il potere di disapplicare le leggi, quanto quello di definire il giudizio applicando leggi di dubbia costitu zionalità, anche gli arbitri — il cui giudizio è potenzialmente

fungibile con quello degli organi della giurisdizione — debbono

utilizzare il sistema di sindacato incidentale sulle leggi. La tesi della sospensione del giudizio arbitrale al fine di con

sentire alle parti di sottoporre il dubbio di legittimità costituzio nale al giudice ordinario, è solo apparentemente coerente con la

disciplina dettata dall'art. 819 c.p.c. in tema di questioni inci

dentali. La norma codicistica, infatti, postula che — una volta

sospeso il procedimento arbitrale — il giudice competente adito

dalle parti decida la questione incidentale; mentre, nel caso

della questione di costituzionalità, al giudice ordinario sarebbe

demandato solo il compito di reiterare la valutazione di rilevan za e di non manifesta infondatezza, già effettuata dagli arbitri, al fine di sollevare davanti a questa corte una questione pregiudi ziale rispetto ad una decisione di merito che non spetta al giudi ce medesimo ma agli arbitri.

Conclusivamente, dunque, va affermato, alla luce della ri chiamata giurisprudenza di questa corte, che anche gli arbitri rituali possono e debbono sollevare incidentalmente questione di legittimità costituzionale delle norme di legge che sono chiamati ad applicare, quando risulti impossibile superare il

dubbio attraverso l'opera interpretativa. 3. - Nel merito la questione non è fondata.

Il Foro Italiano — 2002.

3.1. - Il collegio rimettente muove dalla premessa che l'art. 3, 2° comma, d.l. 11 giugno 1998 n. 180, secondo il quale «le

controversie relative all'esecuzione di opere pubbliche compre se in programmi di ricostruzione di territori colpiti da calamità

naturali non possono essere devolute a collegi arbitrali», non

possa riferirsi alle controversie riguardanti le opere di cui al ti

tolo Vili della 1. n. 219 del 1981. Ciò, sia perché il d.l. n. 180 del 1998 sarebbe stato emanato esclusivamente per fronteggiare la situazione di emergenza derivante dai disastri idrogeologici del maggio 1998, sia perché, in ogni caso, il programma di edi

lizia di cui al titolo Vili della menzionata 1. n. 219 del 1981 non potrebbe qualificarsi come programma di ricostruzione di terri

tori colpiti da calamità naturali. Ne discenderebbe che la norma

di cui all'art. 8, 1° comma, lett. d), d.leg. 20 settembre 1999 n.

354, solo apparentemente dichiarativa, avrebbe in realtà esteso

il divieto di arbitrato alle suddette controversie, con palese ec

cesso di delega. Siffatta premessa interpretativa è sicuramente erronea.

L'inequivoco tenore letterale dell'art. 3, 2° comma, d.l. n.

180 del 1998 rende infatti palese che esso enuncia una regola di

carattere generale, riguardante le controversie relative alle opere

pubbliche comprese in tutti i programmi di ricostruzione di ter

ritori colpiti da calamità naturali. Né in ciò può ravvisarsi una

violazione dell'art. 77 Cost. — che comunque risulterebbe sa

nata dall'intervenuta conversione in legge del decreto — atteso

che una norma di carattere generale in tema di programmi di ri

costruzione di territori colpiti da calamità naturali non può certo

ritenersi estranea o disomogenea rispetto alla materia di un de

creto legge adottato in conseguenza della straordinaria necessità

ed urgenza di provvedere in merito ad una specifica calamità

naturale.

Non può d'altro canto dubitarsi che il programma straordina

rio di edilizia residenziale per l'area metropolitana di Napoli, di cui al titolo Vili della 1. n. 219 del 1981, rientri a pieno titolo tra

i programmi di ricostruzione di territori colpiti da calamità natu

rali. A favore di tale conclusione depone infatti la ratio comples

siva della 1. n. 219 del 1981 — recante provvedimenti organici

per la ricostruzione e lo sviluppo dei territori colpiti dagli eventi

sismici del novembre 1980 e del febbraio 1981 — unita alla cir

costanza che il comune di Napoli era già stato a suo tempo indi

viduato — con d.p.c.m. 22 maggio 1981, adottato ai sensi del

d.l. 13 febbraio 1981 n. 19 (individuazione dei comuni colpiti dal sisma del novembre 1980), convertito, con modificazioni, in

1. 15 aprile 1981 n. 128 — tra quelli «gravemente danneggiati» dal terremoto che aveva colpito la regione Campania nel 1980.

L'art. 8, 1° comma, lett. d), d.leg. 20 settembre 1999 n. 354, escludendo che il commissario straordinario possa prendere in

esame, ai fini della definizione transattiva delle controversie di

cui si tratta, le istanze di accesso ad arbitrato notificate dopo l'entrata in vigore del d.l. n. 180 del 1998, non ha dunque af

fatto ampliato l'ambito di applicazione del divieto di arbitrato introdotto dall'art. 3, 2° comma, del suddetto decreto legge e

non è pertanto censurabile, a tale riguardo, sotto il profilo del

l'eccesso di delega. 3.2. - Il parametro di cui all'art. 3 Cost, è evocato dal rimet

tente sia con riguardo al generale canone di ragionevolezza, sia

sotto il profilo dell'asserita violazione del principio di egua

glianza. Per ciò che concerne il primo aspetto, va premesso che la di

screzionalità di cui il legislatore sicuramente gode nell'indivi duazione delle materie sottratte alla possibilità di compromesso incontra il solo limite della manifesta irragionevolezza. Siffatto

limite non può certo dirsi superato nella specie, considerato il

rilevante interesse pubblico di cui risulta permeata la materia

relativa alle opere di ricostruzione dei territori colpiti da cala

mità naturali, anche in ragione dell'elevato valore delle relative

controversie e della conseguente entità dei costi che il ricorso ad

arbitrato comporterebbe per le pubbliche amministrazioni inte

ressate.

Nessuna lesione del principio di eguaglianza può d'altro

canto ravvisarsi nel fatto che controversie di uguale natura ed

oggetto siano assoggettate o meno al divieto di arbitrato a se

conda della data di notifica del relativo atto introduttivo.

Secondo la costante giurisprudenza di questa corte, infatti, il

fluire del tempo costituisce idoneo elemento di differenziazione delle situazioni soggettive, cosicché non sussiste alcuna ingiù

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Page 5: sentenza 28 novembre 2001, n. 376 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 5 dicembre 2001, n. 47); Pres. Ruperto, Est. Marini; Consorzio ricostruzione (Avv. Vosa) c. Comune di Napoli;

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

stificata disparità di trattamento per il solo fatto che situazioni

pur identiche siano soggette a diversa disciplina ratione tempo ris (sentenze n. 409 del 1998, id., 1999, I, 3144, e n. 18 del

1994, id., 1994,1, 667). La circostanza che il legislatore, nell'esercizio della sua di

screzionalità, abbia nella specie ritenuto di porre al riparo dagli effetti della nuova legge non soltanto le controversie per le quali fosse già stato emesso il lodo — così come una rigorosa appli cazione del suddetto principio avrebbe consentito — ma anche

quelle in relazione alle quali fosse stata solo notificata, alla data

di entrata in vigore del d.l. n. 180 del 1998, l'istanza di accesso

ad arbitrato, non può d'altro canto ascriversi a violazione del

l'art. 3 Cost, in danno di coloro i quali, alla stessa data, non

avevano nemmeno introdotto il giudizio arbitrale.

3.3. - Del tutto prive di specifica motivazione risultano infine

le censure riferite agli art. 24 e 97 Cost.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fondata

la questione di legittimità costituzionale degli art. 3, 2° comma, d.l. 11 giugno 1998 n. 180 (misure urgenti per la prevenzione del rischio idrogeologico ed a favore delle zone colpite dai disa

stri franosi nella regione Campania), convertito, con modifica

zioni, in 1. 3 agosto 1998 n. 267, e 8, 1° comma, lett. d), d.leg. 20 settembre 1999 n. 354 (disposizioni per la definitiva chiusura del programma di ricostruzione di cui al titolo Vili della 1. 14

maggio 1981 n. 219, e successive modificazioni, a norma del

l'art. 42, 6° comma, 1. 17 maggio 1999 n. 144), sollevata, in ri

ferimento agli art. 3, 24, 76, 77 e 97 Cost., dal Collegio arbitrale

di Napoli con l'ordinanza in epigrafe.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 17 maggio 2001, n. 136 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 23 maggio 2001, n. 20); Pres. Ruperto, Est. Bile; Cressati (Avv. Montaldo),

Argiolas; interv. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato Stipo). Ord. Tar Lazio 7 aprile (due), 14 aprile (due), 15 aprile, 21 aprile 1999 e 24 maggio 2000; Tar Toscana 23 febbraio e 9

marzo 1999; Tar Marche 27 gennaio 1999 (otto); Tar Pie

monte 8 luglio 1999 e 9 marzo 2000; Tar Lombardia 10 e 24

febbraio 2000; Cons. Stato 23 febbraio 1999; Corte conti, sez. giur. reg. Emilia-Romagna, 14 e 20 gennaio 1999; sez.

giur. reg. Sardegna 9 febbraio 1999; sez. giur. reg. Sicilia 29

marzo 1999; sez. giur. reg. Lazio 21 maggio 1999 (G.U., la

s.s., nn. 23, 29, 35, 37, 39, 46 e 48 del 1999; nn. 3, 4, 5, 6, 8, 27,30,41 e 48 del 2000).

Impiegato dello Stato e pubblico in genere — Qualifiche funzionali — Inquadramento — Crediti retributivi matu

rati — Interessi e rivalutazione — Esclusione — Incostitu

zionalità (Cost., art. 3, 36; 1. 11 lùglio 1980 n. 312, nuovo as

sètto retributivo-funzionale del personale civile e militare

dello Stato; 1. 23 dicembre 1998 n. 448, misure di finanza

pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo, art. 26). Pensione civile, militare e di guerra

— Impiegati dello Stato

— Dirigenti collocati a riposo prima del 1° gennaio 1979 —

Riliquidazione del trattamento di quiescenza — Inte

ressi e rivalutazione — Esclusione — Incostituzionalità

(Cost., art. 3, 36; 1. 23 dicembre 1998 n. 448, art. 26).

È incostituzionale l'art. 26, 4° e 5° comma, l. 23 dicembre 1998

n. 448, nella parte in cui prevede che le somme corrisposte al

personale del «comparto ministeri» per effetto dell 'inquadra mento definitivo ex art. 4, 8° comma, l. 312/80, non danno

luogo ad interessi né a rivalutazione monetaria. (1)

(1-2) La corte risolve le questioni di legittimità proposte sulla base

dei principi tratti dalla sua giurisprudenza e secondo i quali: a) la retro

attività di una norma, qualificata o meno come «interpretativa», non è

Il Foro Italiano — 2002.

È incostituzionale l'art. 26, 4° e 5° comma, l. 23 dicembre 1998

n. 448, nella parte in cui prevede che le somme liquidate sui

trattamenti pensionistici in applicazione della sentenza della

Corte costituzionale n. 1 del 1991, non danno luogo ad inte

ressi né a rivalutazione monetaria. (2)

Diritto. — 1. - Tutte le ordinanze in epigrafe propongono la

questione di legittimità costituzionale dell'art. 26, 4° comma, 1.

23 dicembre 1998 n. 448, secondo cui «le somme corrisposte al

personale del comparto ministeri per effetto dell'inquadramento definitivo nelle qualifiche funzionali ai sensi dell'art. 4, 8° comma, 1. 11 luglio 1980 n. 312, e le somme liquidate sui trat

tamenti pensionistici in conseguenza dell'applicazione della

sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 1991 (Foro it., 1991,

I, 375) non danno luogo ad interessi né a rivalutazione moneta

ria». La questione è proposta da taluni giudici in relazione alle

somme corrisposte al personale del «comparto ministeri» e da

altri in relazione a quelle liquidate in base alla sentenza citata.

Fra le ordinanze del primo gruppo, alcune (nn. 631, 740 e 741

del 1999, 6 e 717 del 2000) impugnano anche il 5° comma del

l'art. 26, secondo cui «fatta salva l'esecuzione dei giudicati alla

data di entrata in vigore della presente legge, le somme corri

sposte in difformità da quanto disposto dal 4° comma sono con

siderate a titolo di acconto sui trattamenti economici e pensioni stici in essere e recuperate con i futuri miglioramenti comunque

spettanti sui trattamenti stessi».

2. - Le ordinanze relative al «comparto ministeri» sono state

rese in giudizi intentati da dipendenti per ottenere interessi e ri

valutazione su somme tardivamente percepite per inquadra mento definitivo, ai sensi della 1. n. 312 del 1980. Nei giudizi di cui alle ordinanze nn. 378 e 379 del 2000 si chiedeva anche il

pagamento del capitale.

Quanto ai parametri, l'ordinanza n. 631 del 1999 invoca gli art. 3, 36 e 97 Cost.; altrettanto fa la n. 717 del 2000, con

espressa limitazione al 1° comma per gli art. 36 e 97; le nn. 740

e 741 del 1999 enunciano soltanto l'art. 3; le nn. 440 e 747 del

1999, 378 e 379 del 2000 si riferiscono agli art. 3, 1° comma, e

36, 1° comma; le nn. 650 del 1999, 423 e 424 del 2000 ritengo no violati gli art. 3 e 36; la n. 6 del 2000 evoca gli art. 3, 35 e 36; tutte le altre deducono la congiunta violazione degli art. 3,

24, 36, 97, 102, 103 e 113.

di per sé incostituzionale purché sia adeguatamente giustificata sul pia no della ragionevolezza e non entri in contrasto con altri valori costitu

zionalmente protetti; b) le «esigenze di bilancio» dello Stato non pos sono giustificare trattamenti differenziati in ambiti omogenei in occa

sione dell'applicazione di norme vigenti, come emendate dalla Corte

costituzionale. I precedenti dai quali quei principi sono tratti trovansi

puntualmente richiamati in motivazione; fra le altre si segnalano le

sent. 20 luglio 1999, n. 327, Foro it., 2000,1, 366 (per applicazione del

principio sub a); 13 luglio 1995, n. 320, id., 1995,1, 3089, e 16 maggio 1997, n. 138, id., 1997,1, 3469 (per applicazione del principio sub b).

Fra le ordinanze di rimessione si leggono: Tar Lazio, sez. I, 20 luglio 1999, n. 1666, id., Rep. 2000, voce Impiegato dello Stato, n. 961; 7 ot

tobre 1999, n. 2176, ibid., n. 962; Tar Toscana, sez. I, 8 novembre

1999, n. 878, ibid., n. 963; 28 ottobre 1999, n. 839, ibid., n. 964; Tar

Piemonte, sez. I, 2 settembre 1999, n. 1013, ibid., n. 965; Cons. Stato, sez. IV, 10 settembre 1999, n. 1439, id., Rep. 1999, voce cit., n. 924; Corte conti, sez. giur. reg. Sicilia, 4 maggio 1999, n. 151, ibid., voce

Pensione, n. 394. Corte conti, sez. giur. reg. Friuli-Venezia Giulia, 29 giugno 1999, n.

159, id., Rep. 2000, voce cit., n. 389, ha però negato interessi e rivalu

tazione in diretta applicazione dell'art. 26, 5° comma, 1. 448/98; mentre

Cons. Stato, sez. IV, 3 marzo 2000, n. 1137, ibid., voce Impiegato dello

Stato, n. 952, ha ritenuto insussistente la colpa nel ritardo dell'ammini

strazione quando la possibilità di dar corso al pagamento è subordinata

dalla legge alle disponibilità degli stanziamenti di bilancio; nella giuris

prudenza amministrativa costituisce principio consolidato che interessi

e rivalutazione monetaria non sono dovuti se collegati ad un'attività di

screzionale della pubblica amministrazione mentre spettano se collegati ad un'attività vincolata, meramente applicativa di norme di legge: Cons. Stato, sez. VI, 31 marzo 2000, n. 1846, e 8 aprile 2000, n. 2046,

ibid., nn. 953 e 954; sez. V 15 giugno 1998, n. 847, ibid., n. 956.

Per ogni riferimento, v. la nota di richiami a Corte cost. 327/99, cit., nonché Cons. Stato, ad. plen., 15 giugno 1998, n. 3, id., 1998, III, 401, con nota di Pardolesi, sulle modalità di calcolo ed il divieto di cumulo

di interessi e rivalutazione per gli emolumenti tardivamente corrisposti ai pubblici dipendenti.

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