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sentenza 29 ottobre 1999, n. 403 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 3 novembre 1999, n. 44);...

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sentenza 29 ottobre 1999, n. 403 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 3 novembre 1999, n. 44); Pres. Granata, Est. Contri; Giordano e altro (Avv. Giacobbe); interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Arena). Ord. Cass. 11 dicembre 1997 (G.U., 1 a s.s., n. 27 del 1998) Source: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 2 (FEBBRAIO 2000), pp. 347/348-349/350 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23195437 . Accessed: 28/06/2014 09:12 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 141.101.201.138 on Sat, 28 Jun 2014 09:12:57 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sentenza 29 ottobre 1999, n. 403 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 3 novembre 1999, n. 44);Pres. Granata, Est. Contri; Giordano e altro (Avv. Giacobbe); interv. Pres. cons. ministri (Avv.dello Stato Arena). Ord. Cass. 11 dicembre 1997 (G.U., 1 a s.s., n. 27 del 1998)Source: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 2 (FEBBRAIO 2000), pp. 347/348-349/350Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23195437 .

Accessed: 28/06/2014 09:12

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PARTE PRIMA

nenti al comune del quale l'interessato sia dipendente. Se anche

i consigli di circoscrizione si collocano nell'ambito del comune, sia pure distinti dal consiglio comunale per sfera territoriale di

rappresentatività e per competenze, se ne può desumere che l'i

neleggibilità «rispettiva» dei dipendenti del comune, sancita dalla

disposizione impugnata, riguardi tutti i consigli elettivi esistenti

nell'ambito dello stesso comune, e dunque sia il consiglio co

munale che quelli circoscrizionali.

Una lettura più restrittiva, come quella proposta dal giudice a quo potrebbe giustificarsi solo in chiave logico-sistematica, muovendo da una ricostruzione del sistema normativo che con

figurasse le circoscrizioni come entità distinte e «altre» rispetto al comune, e non solo i consigli circoscrizionali come assemblee

diverse dal consiglio comunale. Ma lo stesso rimettente non so

lo non propone siffatta configurazione, bensì, al contrario, fonda

le censure di illegittimità costituzionale proprio sulla apparte nenza delle circoscrizioni al comune, la quale comporterebbe che i dipendenti comunali, ancorché in atto non assegnati ad

un determinato ufficio circoscrizionale del comune da cui di

pendono, ma solo potenzialmente suscettibili di esserlo, si tro

verebbero, se eletti in uno qualsiasi dei consigli di circoscrizione

dello stesso comune, in posizione di possibile conflitto di interessi.

4. - In realtà il legislatore, ancorché non abbia mai definito

univocamente, in via generale, la natura e il ruolo delle circo

scrizioni, le ha, fin dalla legge istitutiva (1. 8 aprile 1976 n.

278), configurate «nell'ambito dell'unità del comune» (art. 2, 2° comma), come organismi nascenti dalla ripartizione del pro

prio territorio operata dallo stesso comune (art. 1 stessa legge), istituiti nell'esercizio del potere, attribuito al comune, «di orga nizzazione secondo principi di ampio decentramento» (art. 1, in fine), e pertanto disciplinati, quanto ad attribuzioni e a fun

zionamento, da un atto di autonomia comunale, quale il rego lamento (art. 4). A questa luce si comprende come lo stesso

legislatore del 1976 non abbia sentito il bisogno di disciplinare in modo autonomo le cause di ineleggibilità e di incompatibilità dei consiglieri circoscrizionali, accontentandosi di stabilire la

estensione ad essi, «in quanto applicabili», delle cause previste

per i consiglieri comunali (art. 7, 3° comma, stessa 1. n. 278

del 1976). La legge del 1976 era ancora in vigore quando intervenne

la 1. n. 154 del 1981, che, disciplinando ex novo integralmente la materia delle ineleggibilità e incompatibilità nelle assemblee

elettive locali, dettò disposizioni esplicitamente riferite anche ai

consigli circoscrizionali, fra le quali quella oggi denunciata. Non

risulta dai lavori preparatori (dai quali appare che l'esplicita menzione dei consigli di circoscrizione, relativamente alle cause

di ineleggibilità e incompatibilità, comparve solo nel corso della

seconda lettura del progetto alla camera dei deputati) che il par lamento abbia voluto sostanzialmente innovare, su questo pun

to, rispetto alla disciplina di semplice rinvio contenuta nell'art.

7, 3° comma, 1. n. 278 del 1976, in particolare limitando le

ineleggibilità e le incompatibilità dei consiglieri circoscrizionali

alle sole ipotesi in cui le situazioni o i rapporti considerati a

tal fine siano riferiti espressamente alla circoscrizione (cfr. art.

2, 1° comma, n. 12; art. 3, 1° comma, n. 7; art. 4, 2° comma), ed escludendole invece nei più numerosi casi di situazioni o rap

porti riferiti al comune (cfr. art. 2, 1° comma, nn. 7, 8, 9,

10, 11; art. 3, 1° comma, nn. 1, 2, 3, 4, 5, 6). La successiva 1. 8 giugno 1990 n. 142 (ordinamento delle au

tonomie locali), che ha fra l'altro abrogato (art. 13, 6° comma) la 1. n. 278 del 1976, a sua volta ha confermato che le circoscri

zioni nascono da una articolazione del territorio del comune,

obbligatoria o facoltativa a seconda della dimensione di que st'ultimo (art. 13, 1° comma), e che il consiglio circoscrizionale

rappresenta le esigenze della relativa popolazione «nell'ambito

dell'unità del comune»; e ha stabilito che l'organizzazione e le

funzioni delle circoscrizioni sono disciplinate «dallo statuto co

munale e da apposito regolamento» del comune; ha cioè ribadi

to che si tratta di organismi rimessi per la loro disciplina allo

statuto, massimo atto di autonomia, o almeno di autorganizza

zione, del comune (art. 13, 2° comma; e cfr. art. 4, 2° comma). 5. - Tale essendo il quadro normativo, non sussistono ostaco

li, come invece ritiene la corte rimettente, alla interpretazione della disposizione impugnata nel senso che è estesa ai consigli circoscrizionali la causa di ineleggibilità sancita per i dipendenti del comune: interpretazione sulla cui base la questione di legit timità costituzionale sollevata non ha motivo di essere.

Il Foro Italiano — 2000.

Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi, dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale

dell'art. 2, 1° comma, n. 7, 1. 23 aprile 1981 n. 154 (norme in materia di ineleggibilità ed incompatibilità alle cariche di con sigliere regionale, provinciale, comunale e circoscrizionale e in

materia di incompatibilità degli addetti al servizio sanitario na

zionale), sollevata, in riferimento agli art. 3 e 97, 1° comma,

Cost., dalla Corte d'appello di Torino con le ordinanze indicate

in epigrafe.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 29 ottobre 1999, n. 403

(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 3 novembre 1999, n. 44); Pres. Granata, Est. Contri; Giordano e altro (Avv. Gia

cobbe); interv. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato Arena). Ord. Cass. 11 dicembre 1997 (G.U., la s.s., n. 27 del 1998).

Ordinamento giudiziario — Provvedimenti disciplinari contro

magistrati — Ricorso in Cassazione — Ordine della discus

sione — Rinvio alla disciplina del codice di procedura civile — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 24; cod.

proc. civ., art. 379; 1. 24 marzo 1958 n. 195, norme sulla

costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore del

la magistratura, art. 14, 17).

È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.

379, 3° comma, c.p.c., nella parte in cui prevede l'applicabi

lità, nei procedimenti relativi alle impugnazioni delle sentenze

della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magi stratura davanti alla Corte di cassazione attivati con ricorso

del procuratore generale presso la stessa, della disposizione medesima in base alla quale il pubblico ministero espone oral

mente le sue conclusioni motivate dopo che gli avvocati delle

parti hanno svolto le loro difese, in riferimento all'art. 24

Cost. (1)

(1) Le parti del giudizio a quo avevano avanzato un'istanza con cui chiedevano di rimettere all'esame della Corte costituzionale la questione più ampia relativa alla legittimità costituzionale del potere riconosciuto al procuratore generale presso la cassazione di impugnare le decisioni della sezione disciplinare del Csm, dal momento che tale possibilità, prevista dalla legge ordinaria, non è contenuta nell'art. 107 Cost., il

quale attribuisce il potere di esercitare l'azione disciplinare solo al mini stro della giustizia. Un fondamento di tale previsione parrebbe potersi vedere anche nel carattere discrezionale dell'azione disciplinare che se trova una giustificazione nella responsabilità politica di cui è portatore il ministro verso il parlamento, pare poco comprensibile con riguardo alla posizione che invece assume nell'ordinamento il procuratore gene rale presso la Cassazione.

Il giudice a quo ha invece ritenuto di limitare la questione di costitu zionalità all'ordine di discussione derivante dall'applicabilità ai giudizi di impugnazione dei provvedimenti disciplinari dell'art. 379, 3° com

ma, c.p.c., individuando in ciò un'incompatibilità logica e giuridica tra

quanto stabilito dalla disposizione in questione e la qualità di parte che viene ad assumere il procuratore generale quando propone il ricor so avverso il provvedimento disciplinare.

La corte rimane entro i limiti del chiesto dal giudice a quo e non si pone neppure il problema di un eventuale allargamento della questio ne attraverso il potere di autosollevare davanti a sé la più ampia que stione di costituzionalità, limitandosi ad escludere, con una motivazio ne assai (forse troppo) sbrigativa, che possa derivare una qualsiasi vio lazione dell'art. 24 Cost, dal previsto ordine della discussione orale.

L'ordinanza di rimessione delle sezioni unite della Cassazione è mas

simata, con data 12 marzo 1998, n. 230, in Foro it., Rep. 1998, voce Cassazione civile, n. 284, e commentata da Glendi, in Corriere giur., 1998, 914.

Per la manifesta infondatezza della questione di costituzionalità degli art. 379, 3° comma, c.p.c., e 14, 17 1. 195/58, in riferimento all'art. 24 Cost., sul presupposto che il procuratore generale ricorrente non assume nell'occasione la qualità di parte, ma quella di tutore imparziale

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Diritto. — 1. - La Corte di cassazione, sezioni unite civili, dubita della legittimità costituzionale dell'art. 379, 3° comma,

c.p.c., nella parte in cui — nei giudizi relativi alle impugnazioni delle sentenze della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, regolati dagli art. 14 e 17 1. 24 marzo 1958

n. 195 (norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consi

glio superiore della magistratura) e dagli art. 59 e 60 d.p.r. 16

settembre 1958 n. 916 (disposizioni di attuazione e coordina

mento della 1. 24 marzo 1958 n. 195, concernente la costituzio

ne ed il funzionamento del Consiglio superiore della magistra tura e disposizioni transitorie) — si applica anche allorché il

ricorso venga proposto dal procuratore generale presso la Corte

di cassazione; secondo la corte rimettente la norma, consenten

do al pubblico ministero di esporre oralmente le sue conclusioni

dopo che le altre parti hanno già esposto le loro argomentazio

ni, pone l'organo titolare dell'azione disciplinare ex art. 14 1.

n. 195 del 1958 in una posizione processuale di vantaggio, tale

da violare il diritto di difesa delle altre parti garantito dall'art.

24 Cost., perché queste ultime, nel corso della discussione fina

le e prima quindi della decisione del giudice in camera di consi

glio, non sarebbero messe in condizione di poter adeguatamente

replicare alle conclusioni motivate del pubblico ministero.

2. - La questione, nei termini in cui viene prospettata nell'or

dinanza della corte rimettente, non è fondata.

Il procedimento disciplinare riguardante i magistrati è regola to dagli art. 14 e 17 1. n. 195 del 1958 e dalle norme di attuazio

ne emanate con il d.p.r. n. 916 del 1958; l'art. 14, n. 1, della

legge citata prevede che l'azione disciplinare possa essere eserci

tata, oltre che dal ministro di grazia e giustizia, anche dal pro curatore generale presso la Corte di cassazione «nella sua quali tà di pubblico ministero presso la sezione disciplinare del consi

glio superiore»; l'art. 17, 3° comma, della stessa legge stabilisce

che «contro i provvedimenti in materia disciplinare, è ammesso

ricorso alle sezioni unite della Corte suprema di cassazione. Il

ricorso ha effetto sospensivo del provvedimento impugnato»;

infine, l'art. 60 d.p.r. n. 916 del 1958 prevede che «il ricorso

previsto nell'art. 17, ultimo comma, della legge, può essere pro

posto alle sezioni unite civili della Corte suprema di cassazione

dal ministro per la grazia e giustizia, dal procuratore generale

presso la stessa corte e dall'incolpato entro sessanta giorni dalla

comunicazione del provvedimento disciplinare in copia integrale». Una volta instauratosi il giudizio di impugnazione, il proces

so davanti alla Corte di cassazione si svolge secondo le regole

generali e in modo tale da consentire il pieno dispiegarsi del

diritto di difesa nel contraddittorio di tutte le parti. Il procedi mento davanti alle sezioni unite è regolato dalle norme del libro

II, titolo III, capo III c.p.c., che disciplinano, tra l'altro, la

forma ed il contenuto del ricorso (art. 366 c.p.c.), la possibilità

per la controparte di presentare il controricorso (art. 370 c.p.c.)

della legge e che le parti possono presentare brevi osservazioni scritte in ordine alle conclusioni del procuratore generale intervenuto dopo di

loro, v. Cass. 17 dicembre 1997, n. 12751, Foro it., Rep. 1997, voce Ordinamento giudiziario, n. 210; 5 febbraio 1996, n. 949, id., Rep. 1996, voce cit., n. 200; 18 novembre 1992, n. 12339, id., Rep. 1992, voce cit., n. 178; 21 dicembre 1989, n. 5761, id., Rep. 1989, voce cit., n. 185; 22 agosto 1989, n. 3736, id., 1990, I, 1916, con nota di richiami.

Nel senso che la previsione dell'art. 107 Cost, non esclude un paralle lo potere di organi interni all'ordine giudiziario di esercitare l'azione

disciplinare e di ricorrere contro i provvedimenti della sezione discipli nare del Csm, per cui la relativa questione di costituzionalità deve rite nersi manifestamente infondata, v. Cass. 11 maggio 1995, n. 5132, id., Rep. 1995, voce cit., n. 123; 14 giugno 1993, n. 6612, id., Rep. 1994, voce cit., n. 117, commentata da Nardozza, in Giust. civ., 1994, I, 145.

Per l'affermazione secondo cui nelle regole del procedimento di im

pugnazione davanti alla Corte di cassazione delle decisioni in materia

disciplinare dei consigli nazionali degli ordini professionali non è ravvi sabile la violazione dei principi dettati dall'art. 6 della convenzione dei diritti dell'uomo per mancata concessione all'incolpato del diritto ad intervenire per ultimo, in quanto l'art. 379 c.p.c. consente ai difensori delle parti, a tutela del diritto di difesa, di presentare osservazioni per iscritto dopo le conclusioni formulate dal p.m. in sede di discussione

orale, v. Cass. 12 luglio 1999, n. 7342, Foro it., Mass., 843, e 5 feb braio 1999, n. 39/SU, ibid., 90.

Per la manifesta infondatezza della questione di costituzionalità del l'art. 379 c.p.c., nella parte in cui ammette le parti a replicare solo

per scritto alle conclusioni del procuratore generale, v. Cass. 26 settem bre 1995, n. 10163, id., 1996, I, 1637, con nota di richiami e nota di Cipriani. [R. Romboli]

Il Foro Italiano — 2000.

e l'eventuale ricorso incidentale, cui il ricorrente può a sua vol

ta resistere con il suo controricorso (art. 371 c.p.c.), ed ancora

la facoltà per tutte le parti di presentare memorie prima dell'u

dienza di discussione (art. 378 c.p.c.) ed infine, per le parti pri

vate, di presentare alla stessa udienza brevi osservazioni scritte

sulle conclusioni orali del pubblico ministero (art. 379, 4° com

ma, c.p.c.). 3. - Nel quadro complessivo delle disposizioni del codice di

procedura civile che regolano il processo davanti alla Corte di

cassazione, considerata la scansione temporale e logica degli at

ti difensivi che precedono l'udienza, l'ordine della discussione

finale, ed in particolare il fatto che il pubblico ministero presso la corte, anche quando riveste il ruolo di ricorrente, concluda

all'udienza dopo che gli avvocati delle parti private hanno illu

strato le loro difese, non comporta alcuna violazione del diritto

di difesa costituzionalmente garantito dall'art. 24 Cost.

Tale diritto può dispiegarsi pienamente nei modi previsti dal

la vigente legge, senza che dall'ordine degli interventi possa de

rivare alcun pregiudizio alla difesa delle parti; infatti, vertendo

la discussione solo sulle difese già proposte, non è consentito

alle parti, e perciò anche al pubblico ministero, portare alla

cognizione del giudice fatti o motivi nuovi e diversi da quelli

trattati, onde l'assoluta irrilevanza, sotto il profilo del parame tro costituzionale invocato, dell'ordine della discussione orale; va infatti sottolineato che le conclusioni motivate del pubblico

ministero, così come le difese svolte dagli avvocati delle parti, hanno una funzione semplicemente illustrativa delle posizioni

già assunte negli atti precedenti, secondo uno schema nel quale il principio del contraddittorio è pienamente rispettato.

Il diritto di difesa, anche nei casi quali quello esaminato dal

giudice a quo può quindi compiutamente essere esercitato, una

volta osservate le norme sopra illustrate, contenute nel libro

II, titolo III, capo III c.p.c., tanto più che le osservazioni scrit

te (di cui è consentito il deposito ex art. 379, 4° comma, c.p.c.) costituiscono l'ultimo atto inserito nel fascicolo processuale e

configurano un mezzo non inidoneo per portare a conoscenza

del giudice le considerazioni difensive delle parti private sulle

conclusioni orali del pubblico ministero.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fonda

ta la questione di legittimità costituzionale dell'art. 379, 3° com

ma, c.p.c. sollevata in riferimento all'art. 24 Cost, dalla Corte

di cassazione, sezioni unite civili, con l'ordinanza in epigrafe.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 22 ottobre 1999, n. 395

(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 27 ottobre 1999, n. 43); Pres. Granata, Est. Mirabelli; Nacci c. Inps; interv. Pres.

cons, ministri (Avv. dello Stato Stipo). Ord. Pret. Ivrea 7

gennaio 1998 (G.U., la s.s., n. 20 del 1998).

Previdenza e assistenza sociale — Assegno di invalidità — Inte

grazione al minimo — Reddito ostativo — Coniuge autoriz

zato a vivere separato — Questione infondata di costituzio

nalità (Cost., art. 3, 38; cod. proc. civ., art. 708; 1. 12 giugno 1984 n. 222, revisione della disciplina della invalidità pensio nabile, art. 1).

È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.

1, 4° comma, l. 12 giugno 1984 n. 222, nella parte in cui

non consentirebbe di integrare al minimo l'assegno ordinario

di invalidità, qualora il reddito risulti superiore a tre volte

l'importo della pensione sociale se cumulato con quello del

coniuge, anche in ipotesi di separazione autorizzata ancora

solo in via provvisoria dal presidente del tribunale, in riferi mento agli art. 3 e 38, 1° comma, Cost. (1)

(1) La corte risolve a livello interpretativo la questione sollevata dal

giudice a quo, chiarendo che l'espressione «separati legalmente» (che si rinviene nell'art. 1, 4° comma, 1. 222/84, per escludere la possibilità di cumulo dei redditi al fine di verificare la sussistenza del requisito

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