sentenza 3 luglio 2002, n. 307 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 10 luglio 2002, n. 27); Pres.Ruperto, Est. Chieppa; Lapet - Libera associazione periti ed esperti tributari (Avv. Bernardi) ealtro c. Min. finanze e altro; interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Criscuoli) e Cons.naz. dottori commercialisti (Avv. Ricciardi). Ord. Tar Lazio 7 giugno 2000 (G.U., 1 a s.s., n. 52del 2000)Source: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 1 (GENNAIO 2004), pp. 43/44-47/48Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23199625 .
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PARTE PRIMA
L'argomento, come del resto rileva lo stesso rimettente, è de
bole, tanto che la norma viene generalmente intesa come idonea
a disciplinare l'esecuzione non soltanto delle sentenze, ma an
che di altri provvedimenti che di queste non hanno forma e
contenuto, quali, ad esempio, le ordinanze emesse in sede di
procedimenti per denuncia di nuova opera o di danno temuto,
nonché, secondo un indirizzo giurisprudenziale, dei provvedi menti concernenti l'affidamento dei minori (Cass. n. 292 del
1979, id.. 1979,1, 2918; n. 5374 del 1980, id., 1980,1, 2707). 3. - Parimenti non inoppugnabili sono le ragioni di ordine si
stematico che vengono portate per giustificare l'interpretazione fornita.
A suo sostegno viene addotto anzitutto il divieto di procedere alla distruzione della cosa fabbricata in violazione dell'obbligo di non fare qualora ciò sia di pregiudizio all'economia nazionale
(art. 2933, 2° comma, c.c.). In secondo luogo, si prospetta l'ipotesi che l'obbligo abbia ad
oggetto una prestazione infungibile. Nell'un caso e nell'altro, secondo coloro che propugnano
l'opinione in esame, sarebbe necessaria la valutazione da parte del giudice.
A tali argomentazioni si può replicare che l'art. 183, 1°
comma, c.p.c., stabilisce che alla conciliazione si può pervenire se la natura della causa lo consente. È quindi non illogico rite
nere che nelle situazioni prospettate —
pregiudizio all'econo
mia nazionale derivante dalla distruzione dell'opera, infungibi lità della prestazione
— sia la stessa conciliazione ad essere im
pedita. 4. -
L'interpretazione diversa da quella del giudice a quo è
rafforzata da una pluralità di convergenti riflessioni.
La conciliazione è da sempre inquadrata tra gli strumenti pre
disposti ad fìniendas lites. Qualora si escludesse l'efficacia ese
cutiva del verbale di conciliazione avente ad oggetto gli obbli
ghi di cui all'art. 612 c.p.c., si costringerebbe la parte a riper correre la strada di un processo di cognizione, così negando il
valore di accelerazione della definizione della controversia che
costituisce la principale caratteristica della conciliazione.
Ma è proprio a siffatta caratteristica che si deve il favore ac
cordato alla conciliazione dagli interventi legislativi più recenti.
A riguardo vanno ricordate le modifiche apportate agli art. 183
e 185 c.p.c. con gli art. 17 e 89 1. 26 novembre 1990 n. 353, ed
in particolare le disposizioni che prevedono la possibilità di rin
novare il tentativo di conciliazione in qualunque momento del
l'istruzione.
Ad attestare il favore che gli interventi legislativi più recenti
accordano alla conciliazione possono anche essere menzionate
le norme che la disciplinano in alcuni procedimenti speciali
quali quelli davanti al giudice di pace (art. 320 e 322 c.p.c.), al
giudice onorario aggiunto (1. 22 luglio 1997 n. 276, art. 13),
nonché, di particolare rilievo, le norme che regolano il tentativo
di conciliazione in materia di lavoro (l. 11 maggio 1990 n. 108, art. 5, 1° comma; d.leg. 30 marzo 2001 n. 165, art. 65).
Ritiene questa corte che l'art. 612, 1° comma, c.p.c. possa es
sere letto nel senso che esso consenta il procedimento di esecu
zione disciplinato dalle disposizioni che lo seguono anche se il
titolo esecutivo sia costituito dal verbale di conciliazione, in
quanto le eventuali ragioni ostative devono essere valutate non
ex post, e cioè nel procedimento di esecuzione, bensì, se esse
preesistono, in sede di formazione dell'accordo conciliativo da
parte del giudice che lo promuove e sotto la cui vigilanza può concludersi soltanto se la natura della causa lo consente.
In presenza di un verbale di conciliazione, cui il codice di rito
attribuisce in linea di principio efficacia di titolo esecutivo (art. 185, 2° comma, e art. 474, 2° comma, n. 1 ), si deve ritenere che
le eventuali ragioni di ineseguibilità in forma specifica dell'ob
bligo siano state già considerate ed escluse, ferma restando la
possibilità di far valere quelle sopravvenute. Non è superfluo soggiungere che i provvedimenti emessi dal
giudice dell'esecuzione ai sensi degli art. 612 ss. c.p.c. possono essere oggetto di opposizione per motivi sopravvenuti in caso di
conciliazioni giudiziali, per motivi anche preesistenti in ipotesi di conciliazioni conclusesi al di fuori del controllo del giudice.
Tale lettura esclude il denunciato contrasto con gli art. 3, 24 e
111,2° comma, Cost, (i parametri di cui agli art. 10 e 113 Cost,
sono evidentemente non pertinenti rispetto alla questione propo sta), contrasto che potrebbe profilarsi sul rilievo che escludere
l'efficacia esecutiva del verbale di conciliazione avente ad og
II Foro Italiano — 2004.
getto gli obblighi di fare o non fare costituirebbe un irragione vole seppur parziale sacrificio del diritto di difesa, del quale gli strumenti per ottenere in concreto «il bene della vita» conteso
costituiscono aspetto essenziale, nonché una protrazione dei
tempi del processo altrettanto irragionevole. E poiché, come questa corte ha più volte affermato (cfr., ex
plurimis, sentenze n. 307 e n. 312 del 1996, id., 1996,1, 3596 e
2957), tra diverse interpretazioni di una norma deve preferirsi
quella conforme a Costituzione, dovendo pervenirsi alla dichia
razione d'illegittimità costituzionale non perché della norma in
questione si possa adottare un'interpretazione che ne determine
rebbe l'incostituzionalità, ma soltanto se della medesima non sia
possibile fornire un'interpretazione conforme ai precetti costitu
zionali, ai sensi delle considerazioni svolte la questione va di
chiarata infondata.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fonda
ta, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità co
stituzionale dell'art. 612 c.p.c., sollevata, in riferimento agli art.
3, 10, 24. 111 e 113 Cost., dal Tribunale di Treviso con l'ordi
nanza indicata in epigrafe.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 3 luglio 2002, n. 307 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 10 luglio 2002, n. 27); Pres. Ruperto, Est. Chieppa; Lapet
- Libera associazione pe riti ed esperti tributari (Avv. Bernardi) e altro c. Min. finanze
e altro; interv. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato Criscuo
li) e Cons. naz. dottori commercialisti (Avv. Ricciardi). Ord.
Tar Lazio 7 giugno 2000 (G.U., 1J s.s., n. 52 del 2000).
Tributi in genere — Certificazione tributaria — Professioni
sti legittimati al rilascio — Questione infondata di costitu
zionalità (Cost., art. 3, 4, 35, 76, 77, 97; 1. 23 dicembre 1996
n. 662, misure di razionalizzazione della finanza pubblica, art.
3, comma 134; d.leg. 9 luglio 1997 n. 241, norme di semplifi cazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichia
razione dei redditi e dell'imposta sul valore aggiunto, nonché
di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazio
ni, art. 36; d.leg. 28 dicembre 1998 n. 490, disposizioni inte grative del d.leg. 9 luglio 1997 n. 241, concernenti la revisio
ne della disciplina dei centri di assistenza fiscale, art. 1 ).
E infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.
36 d.leg. 9 luglio 1997 n. 241, nel testo risultante dall'art. 1
d.leg. 28 dicembre 1998 n. 490, nella parte in cui introduce la
«certificazione tributaria», conferendo il potere del relativo
rilascio in via esclusiva ai revisori contabili iscritti da alme
no cinque anni negli albi dei dottori commercialisti, dei ra
gionieri e periti commerciali e dei consulenti del lavoro, a
condizione che gli stessi abbiano tenuto le scritture contabili
dei contribuenti nel corso del periodo di imposta cui si riferi sce la certificazione, in riferimento agli art. 3, 4, 35, 97 Cost.
e, in relazione all'art. 3, comma 134, l. 23 dicembre 1996 n.
662, agli art. 76 e 77 Cost. (1)
(1) La Corte costituzionale esclude la sussistenza del vizio di eccesso di delega, facendo riferimento più che allo specifico tenore letterale della disposizione della legge delega alla ratio generale ispiratrice della
delega, concludendo che la discrezionalità del legislatore è stata eser citata nei limiti della delega (dato che il legislatore delegante aveva
previsto che gli adempimenti potessero essere affidati a «studi profes sionali», con il presupposto necessario dell'iscrizione in determinati al bi professionali) ed in maniera non arbitraria.
L'ordinanza di rimessione di Tar Lazio, sez. II (con data 27 ottobre
2001, n. 8856) è massimata in Foro it.. Rep. 2002, voce Tributi in ge nere, n. 1255, ed è commentata da Raudino, in Bollettino trib., 2002, 315.
Per la dichiarazione d'infondatezza della questione di legittimità co stituzionale dell'art. Il 1. 6 giugno 1986 n. 251, come sostituito dal
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Diritto. — 1. - La questione sottoposta, in via incidentale, al
l'esame della corte riguarda l'art. 36 d.leg. 9 luglio 1997 n. 241
(norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in
sede di dichiarazione dei redditi e dell'imposta sul valore ag
giunto, nonché di modernizzazione del sistema di gestione delle
dichiarazioni), nel testo risultante dall'art. 1 d.leg. 28 dicembre
1998 n. 490 (disposizioni integrative del d.leg. 9 luglio 1997 n. 241, concernenti la revisione della disciplina dei centri di assi
stenza fiscale), nella parte in cui introduce la «certificazione tri
butaria», conferendo il potere del relativo rilascio in via esclusi
va a determinate categorie di professionisti, cioè ai revisori
contabili iscritti da almeno cinque anni negli albi dei dottori
commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali e dei consu
lenti del lavoro, a condizione che gli stessi abbiano tenuto le
scritture contabili dei contribuenti nel corso del periodo di im
posta cui si riferisce la certificazione.
E denunciata la violazione: —
degli art. 76 e 77 Cost., per eccesso di delega, in quanto, nell'ambito della delegazione attribuita dall'art. 3, comma 134, 1. 23 dicembre 1996 n. 662, il legislatore delegato si sarebbe do
vuto limitare a dettare disposizioni riguardanti le modalità di
presentazione delle dichiarazioni, senza affidare a determinate
categorie di professionisti controlli di natura diversa da quelli meramente formali ed automatici, e in ogni caso non avrebbe
dovuto conferire esclusiva di attività a determinate categorie
professionali; —
degli art. 3, 4 e 35 Cost., per l'ingiustificata limitazione
alla scelta lavorativa ed al libero svolgimento di attività lavora
tive nei confronti di soggetti che legittimamente potrebbero
esercitarle; — dell'art. 97 Cost., perché sarebbe contrario ad ogni princi
pio di buona amministrazione che il soggetto certificatore e
controllore in luogo del fisco sia colui che ha tenuto la contabi
lità. 2. - Preliminarmente devono essere affrontati i profili atti
nenti all'ammissibilità dell'intervento del presidente del Consi
glio nazionale dei commercialisti e le eccezioni di inammissibi
lità sollevate nei riguardi delle questioni sollevate.
L'intervento del presidente del consiglio nazionale dei com
mercialisti, sia in proprio sia nella qualità, deve essere dichia
rato inammissibile, sia perché egli non è stato parte in causa nel
giudizio a quo (v., per tutte, l'ordinanza n. 289 del 1999, Foro
it., Rep. 2000, voce Previdenza sociale, n. 219), sia perché è
portatore, nella duplice qualità, di un interesse meramente ri
flesso ed eventuale rispetto alla presente controversia (cfr. ordi
nanza letta in udienza 20 febbraio 2001, allegata alla sentenza n.
189 del 2001, id., 2001,1, 2122). In ordine all'ammissibilità delle questioni, sotto il profilo
della rilevanza, l'eccezione sollevata dalla difesa dello Stato è
priva di fondamento in quanto il giudice a quo fornisce una
motivazione plausibile della rilevanza stessa, valevole per tutti i
profili denunciati, che porterebbero in astratto alla pronuncia di
illegittimità della disposizione regolamentare impugnata avanti
allo stesso giudice, come conseguenza dell'illegittimità costitu
zionale della norma di legge denunciata, cui lo stesso regola mento dà attuazione e su cui si basa. Di fronte a tale motivazio
ne non è consentito in questa sede un ulteriore sindacato sull'ef
l'art. 10 1. 5 marzo 1991 n. 91, nella parte in cui non prevede l'eserci zio da parte degli agrotecnici di compiti inerenti alla formazione e re dazione dei tipi di frazionamento e/o mappale e, comunque, all'attività
catastale di frazionamento dei terreni, v. Corte cost. 26 ottobre 2000, n.
441, Foro it., 2001,1, 794, con nota di richiami.
Nel giudizio costituzionale aveva chiesto di intervenire il presidente del consiglio nazionale dei commercialisti, in proprio ed in tale qualità. La corte, dopo aver riassunto ampiamente nella parte «in fatto» il con
tenuto dell'atto di intervento, ha poi concluso per l'inammissibilità, sia
perché non parte del giudizio a quo, sia perché portatore di un interesse
meramente riflesso ed eventuale rispetto alla controversia da decidere.
Per indicazioni in ordine alla giurisprudenza costituzionale sul con
traddittorio nel giudizio incidentale sulle leggi, v. Corte cost., ord. 20
giugno 2002, n. 264, id., 2003, I, 2573, con nota di richiami, e ord. 7
maggio 2002, senza numero, allegata alla sent. 26 giugno 2002, n. 284,
ibid., 2000, con nota di richiami, cui adde, in dottrina, Malfatti
Panizza-Romboli, Giustizia costituzionale, Torino, 2003, 120 ss. La decisione in epigrafe è commentata da Basila vecchia, in Corriere
trib., 2002, 3170.
Il Foro Italiano — 2004.
fettivo interesse nel giudizio a quo ad un annullamento — e sul
l'ampiezza dello stesso annullamento — degli atti impugnati
avanti al Tar, per effetto di una caducazione della norma di leg
ge denunciata, che costituisce la base ed il presupposto degli stessi atti impugnati avanti al giudice amministrativo.
3. - La questione non è fondata.
Quanto all'ampiezza, al contenuto e ai limiti della delega le
gislativa, è necessario risalire alla sua ratio, che trova conferma
nel collegamento con l'insieme organico di misure ispirate ad
una medesima logica, vale a dire la semplificazione e la razio
nalizzazione del sistema tributario, l'adeguamento dell'efficacia
e delle capacità di intervento degli strumenti e dell'attività del
l'amministrazione finanziaria (relazione V commissione camere
n. 2372 A 1). 11 legislatore delegante (1. 23 dicembre 1996 n. 662, art. 3,
comma 134, primo periodo, lett. d, n. 4), al fine di semplificare
gli adempimenti e di riorganizzare il lavoro degli uffici, inten
deva utilizzare «strutture intermedie» (tra contribuente e ammi
nistrazione finanziaria), con il proposito di avvalersene, non
solo per un'assistenza fiscale a favore e nell'interesse preva lente del contribuente-imprenditore, ma anche per l'affidamen
to, a dette «strutture» qualificate (individuate entro fasce di
soggetti), di adempimenti — correlati ad assunzioni di respon
sabilità — nel quadro di un alleggerimento del lavoro degli stes
si uffici. Ciò all'evidente scopo di consentire controlli e verifi
che, più agevoli e concentrati, degli uffici finanziari su dati in
vario modo già oggetto di elaborazione e riscontro da parte delle
anzidette strutture intermedie, che ne assumevano responsabilità concorrente.
In altri termini, si puntava ad addossare a soggetti qualificati, estranei nell'apparato degli uffici, compiti di collaborazione nel
campo suindicato, con affidamento di svariati oneri e adempi
menti, che venivano svolti nell'interesse prevalente dell'ammi
nistrazione (acquisizione delle dichiarazioni, trasferimento con
procedure telematiche, predisposizione per l'informatizzazione,
assistenza fiscale e adempimenti vari, con assunzione delle re
lative responsabilità, ecc.). La delega lasciava al governo spazio di scelta sia tra le varie possibili tipologie di utilizzazione di
centri autorizzati di assistenza fiscale, di associazioni di catego ria per gli associati e di studi professionali per i clienti, sia tra
gli adempimenti (da demandare ai predetti soggetti) e tra le re
sponsabilità da imporre, nell'ambito ampio di «adeguamento al nuovo sistema».
Questo rapporto collaborativo s'inquadra in una metodologia di riorganizzazione dell'attività amministrativa rivolta princi
palmente a verifica e a riscontro di dati ed elementi raccolti e
basati su dichiarazioni e asseverazioni, con assunzione di re
sponsabilità da parte del soggetto dichiarante.
Gli adempimenti, suscettibili di essere demandati alle struttu
re intermedie (art. 3, comma 134, lett. d, n. 4, 1. 23 dicembre
1996 n. 662), non erano per niente limitati a controlli mera
mente formali ed automatici (sarebbe bastata la consolidata as
sistenza fiscale tradizionale con alcune innovazioni), ancorché
relativi alla presentazione delle dichiarazioni (e relative moda
lità), ma potevano coinvolgere anche profili sostanziali, con op
portune garanzie attitudinali e di responsabilità dei soggetti abi
litati.
4. - La discrezionalità del legislatore delegato è stata eserci
tata nei limiti delia delega, che prevedeva — tra l'altro — che
adempimenti potessero essere affidati a «studi professionali», con il presupposto necessario dell'iscrizione in determinati albi
professionali. D'altro canto non vi era esigenza di uniformità degli adem
pimenti da demandare, che potevano variare dalla semplice assi
stenza (tradizionale assistenza con controlli meramente forma
li), al visto di conformità, e ad altri adempimenti, essendo molto
diversificate le posizioni, i compiti (fino ad un controllo sostan
ziale delle dichiarazioni dei clienti degli studi professionali) e
soprattutto le capacità attitudinali delle diverse «strutture inter
medie» utilizzabili (centri assistenza fiscale, associazioni di ca
tegoria, studi professionali). Nello stesso tempo si trattava di
adempimenti nuovi rispetto a quelli in precedenza configurati, con libertà di avvalersene o meno da parte del contribuente ti
tolare di redditi di impresa in determinate situazioni (incentivato
da alcune garanzie e benefici procedurali). Pertanto non può configurarsi sul piano giuridico una sottra
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47 PARTE PRIMA 48
zione di attività, anche perché la garanzia del diritto al lavoro
non comporta l'indistinta libertà di svolgere qualsiasi attività
professionale, spettando al legislatore la scelta di requisiti atti
tudinali di preparazione, di esperienza e capacità professionale
(sentenza n. 441 del 2000, ibid., 794). Né può ritenersi arbitraria la scelta, operata nel decreto legis
lativo delegato, di attribuire a professionisti muniti di particolari
requisiti attitudinali (revisori contabili, iscritti in determinati e specifici albi professionali, con un'anzianità professionale di
cinque anni) la facoltà di rilasciare la certificazione tributaria,
prescrivendo l'esistenza di determinati presupposti, collegati alla delicatezza dell'operazione e all'effettività di conoscenza e
riscontro della regolarità degli adempimenti imposti, richieden
do particolari doti professionali e prevedendo correlative re
sponsabilità, a garanzia degli interessi dell'amministrazione ad
un corretto svolgimento dell'adempimento. Ed è evidente il
rapporto tra tali scelte e le esigenze di buon andamento ed im
parzialità dell'amministrazione, necessariamente collegate a re
quisiti attitudinali dei soggetti (professionisti) utilizzabili. Giova sottolineare che l'alleggerimento delle verifiche da
parte dell'amministrazione, in conseguenza del rilascio della
certificazione tributaria, non comporta abdicazione ai poteri di
controllo della stessa amministrazione, non essendo escluso un
ineliminabile controllo sovraordinato, accompagnato da oppor tuna indicazione delle ragioni, in presenza di indizi di anomalie
o di elementi di riscontro o irregolarità nella certificazione.
5. - Sulla base delle predette considerazioni deve escludersi
che sussista il vizio dedotto di eccesso di delega legislativa, nonché la denunciata violazione degli art. 3, 4, 35 e 97 Cost.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fondata
la questione di legittimità costituzionale dell'art. 36 d.leg. 9 lu
glio 1997 n. 241 (norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell'impo sta sul valore aggiunto, nonché di modernizzazione del sistema
di gestione delle dichiarazioni), nel testo risultante dall'art. 1
d.leg. 28 dicembre 1998 n. 490 (disposizioni integrative del
d.leg. 9 luglio 1997 n. 241, concernenti la revisione della disci
plina dei centri di assistenza fiscale), sollevata, in riferimento
agli art. 76, 77, 3, 4, 35 e 97 Cost., dal Tar Lazio con l'ordinan
za indicata in epigrafe.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 16 maggio 2002, n. 198 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 22 maggio 2002, n.
20); Pres. Ruperto, Est. Contri; Andreoli c. Enpals (Avv. De
Luca); interv. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato Fiengo). Ord. Trib. Alessandria 6 novembre 2000 (G.U., la s.s., n. 52
del 2000).
Previdenza e assistenza sociale — Contributi — Gestione
Enpals e gestione commercianti Inps — Totalizzazione —
Esclusione — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 2, 3, 35, 38; d.p.r. 31 dicembre 1971 a. 1420, nor
me in materia di assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la
vecchiaia e i superstiti gestita dall'Ente nazionale di previ denza e assistenza per i lavoratori dello spettacolo, art. 16; I. 2
agosto 1990 n. 233, riforma dei trattamenti pensionistici dei
lavoratori autonomi, art. 16).
E infondata la questione di legittimità costituzionale degli art.
16 d.p.r. 31 dicembre 1971 n. 1420 e 16 l. 2 agosto 1990 n.
233, nella parte in cui non consentono la totalizzazione, ai fi ni della misura della pensione, dei contributi versati al
l'Enpals con quelli versati alla gestione speciale commer
II Foro Italiano — 2004.
danti presso ì'inps, in riferimento agli art. 2, 3, 35 e 38
Cost. (1)
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; ordinanza 6 mar
zo 2003, n. 3386; Pres. Prestipino, Rei. De Luca, P.M. Sor
rentino (conci, diff.); Inps (Avv. Coretti, Fonzo, Correrà) c. De Sanctis (Avv. Martino, Ligorio).
Previdenza e assistenza sociale — Contributi — Gestione
speciale artigiani e gestione speciale commercianti — Ri
congiunzione — Esclusione — Questione non manifesta
mente infondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 38; 1. 7
febbraio 1979 n. 29, ricongiunzione dei periodi assicurativi
dei lavoratori ai fini previdenziali, art. 1, 2).
Non è manifestamente infondata la questione di legittimità co
stituzionale dell'art. 2, 1° comma, ultimo periodo, in relazio
ne all'art. 1, 4° comma, l. 7 febbraio 1979 n. 29, nella parte in cui non prevede la possibilità di ricongiunzione di periodi contributivi versati, accreditati o comunque dovuti e non pre scritti, esclusivamente presso gestioni previdenziali diverse
per lavoratori autonomi (come, nella specie, artigiani ed
esercenti attività commerciali) gestite dall'Inps, in riferi mento agli art. 3 e 38 Cost. (2)
I
Diritto. — 1. - Il Tribunale di Alessandria dubita, con l'ordi
nanza in epigrafe, della legittimità costituzionale degli art. 16
d.p.r. 31 dicembre 1971 n. 1420 (norme in materia di assicura
zione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti ge stita dall'Ente nazionale di previdenza e di assistenza per i lavo
ratori dello spettacolo) e 16 1. 2 agosto 1990 n. 233 (riforma dei
trattamenti pensionistici dei lavoratori autonomi), nella parte in
cui non consentono la totalizzazione, ai fini della misura della
pensione, dei contributi versati all'Enpals con quelli versati alla
gestione speciale commercianti presso l'Inps. Il giudice a quo ravvisa, anzitutto, un contrasto della norma
tiva impugnata con l'art. 2 Cost., in riferimento all'adempi
mento, da parte dello Stato, dei doveri di solidarietà sociale, tra
i quali rientra anche la materia della previdenza sociale.
Secondo l'ordinanza, sussiste, inoltre, lesione dell'art. 3 Cost,
per disparità di trattamento tra coloro che vantano contribuzioni
(1-2) Per la nozione di «totalizzazione» quale sistema alternativo alla
ricongiunzione onerosa di periodi assicurativi e per la dichiarazione di
illegittimità costituzionale degli art. 1 e 2 1. 5 marzo 1990 n. 45, nella
parte in cui non prevedono, in favore dell'assicurato che non abbia maturato il diritto ad un trattamento pensionistico in alcuna delle ge stioni nelle quali è (o è stato) iscritto, in alternativa alla ricongiunzione, il diritto di avvalersi dei periodi assicurativi pregressi, v. Corte cost. 5 marzo 1999, n. 61, Foro it., 1999, I, 1097, con osservazioni di R. Rom
boli, e id., 2000, I, 21, con nota di M. De Luca, Relazione sulla ricon
giunzione e sulla totalizzazione delle posizioni contributive. Nel senso che l'attuale ordinamento pensionistico resta informato al
principio della pluralità delle coperture previdenziali, come ritenuto nella motivazione di Corte cost. 198/02, che si riporta, v. Corte cost. 17 dicembre 1987. n. 527, id., 1988, I, 2062, con nota di richiami, che ha ritenuto rientrare nella discrezionalità del legislatore l'esclusione dei liberi professionisti dalla possibilità di ricongiungere il periodo assicu rativo maturato presso le casse di previdenza di categoria con quello venutosi a creare presso l'Inps in conseguenza dell'instaurazione di un
rapporto di lavoro subordinato. Per ulteriori riferimenti, in particolare con riguardo alla previdenza forense, cfr. Trib. Napoli 25 ottobre 2001, id., 2002,1, 261, con nota di L. Carbone.
Sul caso particolare della ricongiunzione dei servizi utili ai fini del trattamento di fine rapporto dei dipendenti dei soppressi enti mutuali stici transitati nelle Usi. v. Cass., sez. un., 5 febbraio 2002, n. 1550, ibid., 1748, con nota di richiami.
Sulla «ricongiunzione» quale istituto finalizzato a consentire l'ero
gazione di un'unica pensione, mediante la concentrazione di tutte le
posizioni assicurative per effetto del trasferimento nella gestione scelta dal lavoratore delle contribuzioni versate, v. Cass. 10 maggio 2002, n.
6772, ibid., 2354, con nota di richiami. In tema di prescrizione dei contributi previdenziali, cfr. Cass. 12 feb
braio 2003, n. 2100, id., 2003,1, 2098, con nota di G. De Marzo.
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