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sentenza 30 settembre 1998; Pres. Castro, Est. Lima; Comune di Mascali (Avv. Assennato) c. Soc.coop. Fiumefreddo '86 (Avv. Di Carlo)Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 6 (GIUGNO 1999), pp. 2105/2106-2111/2112Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23193752 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
TRIBUNALE DI CATANIA; sentenza 30 settembre 1998; Pres.
Castro, Est. Lima; Comune di Mascali (Avv. Assennato) c. Soc. coop. Fiumefreddo '86 (Avv. Di Cario).
TRIBUNALE DI CATANIA;
Contratti e obbligazioni della pubblica amministrazione — Con
tratti di servizi — Clausola di rinnovo tacito — Nullità (R.d. 18 novembre 1923 n. 2440, nuove disposizioni sull'ammini
strazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello Sta
to, art. 12).
È nulla la clausola di un contratto di servizi, del quale sia parte una pubblica amministrazione, che fa discendere dal silenzio
o dall'inerzia dell'amministrazione la proroga della durata o
il rinnovo del rapporto contrattuale per periodi ulteriori ri
spetto a quelli con riferimento ai quali è stato valutato l'inte
resse pubblico alla permanenza del rapporto contrattuale ed
è stato regolarizzato l'impegno di spesa. (1)
(1) I. - La sentenza aderisce all'orientamento (maturato prima della 1. 537/93, poi modificata dalla 1. 724/94: v. infra, sub VI) per cui la
proroga (o rinnovazione) tacita dei contratti stipulati da pubbliche am ministrazioni (nella specie, da un ente locale) è incompatibile sia con i principi generali che disciplinano l'attività delle amministrazioni retta dal diritto privato, sia con il divieto di durata ultranovennale dei con tratti pubblici, espressamente sancito dall'art. 12 r.d. 2440/23.
Con riguardo al primo aspetto, il tribunale si uniforma alla giuris prudenza della Suprema corte, che esclude la configurabilità di una pro roga dovuta alla «tacita volontà» (id est: alla tacita manifestazione di
volontà) dell'amministrazione, in quanto la volontà di questa, intesa ad instaurare un qualsiasi rapporto negoziale, non può essere desunta
per implicito da fatti o atti, ma dev'essere manifestata nelle forme ri chieste dalla legge, tra le quali, in primo luogo, l'atto scritto ad sub stantia)ti (per tutte, v. Cass. 30 luglio 1996, n. 6908, Foro it., 1997, I, 891, con nota di richiami; 14 marzo 1998, n. 2772, id., 1998, I, 715, con nota di richiami). Ne discende che, nei confronti della pubbli ca amministrazione, non è ipotizzabile la proroga (o rinnovazione) au tomatica dei contratti, pur quando questa fosse prevista da espressa clausola contrattuale, in quanto il nuovo rapporto obbligatorio, conse
guente alla proroga, verrebbe costituito in elusione delle forme (in pri mis, della forma scritta) con le quali è unicamente consentito all'ammi nistrazione di stipulare contratti (v., cit. in motivazione, Cass. 28 no vembre 1991, n. 12769, id., Rep. 1991, voce Contratti della p.a., n.
25; Cons. Stato, sez. Ili, 13 febbraio 1979, n. 41, id., Rep. 1980, voce
cit., n. 60, e Giur. it., 1981, III, 1, 132; adde, Corte conti, sez. contr.
Stato, 4 aprile 1995, n. 51, Foro it., Rep. 1995, voce cit., n. 244, e Cons. Stato, 1995, II, 1805).
II. - Con questa giurisprudenza, è coesistito (sempre con riguardo ad epoca antecedente le 1. 537/93 e 724/94, cit.) un orientamento per cui i principi da essa affermati non trovano applicazione ove si tratti non di vera e propria proroga (o rinnovazione) tacita, bensì di conti nuazione dell'originario rapporto, in forza di apposita clausola del rela tivo contratto, poiché in tal caso la continuazione avviene in virtù della volontà manifestata dalle parti nel concludere il contratto, con la con
seguenza che, ove questo risulti stipulato nelle forme che regolano il
procedimento di formazione e di manifestazione della volontà degli enti
pubblici, l'impegno in ordine alla prosecuzione del rapporto assunto dalla pubblica amministrazione deve ritenersi pienamente valido ed effi cace (Cass. 14 maggio 1981, n. 3187, Foro it., Rep. 1981, voce Loca
zione, nn. 177, 178; 10 marzo 1982, n. 1536, id., Rep. 1982, voce Con tratti della p.a., n. 51; Corte conti, sez. contr. Stato, 11 settembre 1990, n. 49, id., Rep. 1991, voce cit., n. 167; 29 aprile 1993, n. 69, id.,
Rep. 1993, voce cit., n. 209, e Cons. Stato, 1993, II, 1788; Tar Sarde
gna 9 ottobre 1995, n. 1591, Foro it., Rep. 1996, voce cit., n. 279, e Trib. amm. reg., 1995, I, 5050).
III. - La sostanza del problema affrontato dalla sentenza in epigrafe risiede, appunto, nella difficoltà di distinguere fra tacita proroga e taci
ta continuazione del rapporto contrattuale (esclusa la prima, ammessa la seconda, comunque sul presupposto di una clausola del contratto
originario che espressamente le preveda), essendo sempre problematico — come ammette la stessa sentenza — stabilire se il contratto «tacita
mente prorogato» o «tacitamente continuato» sia lo stesso stipulato ini
zialmente, del quale si prolungano gli effetti, o sia un nuovo contratto, di contenuto identico a quello precedente (sta, ovviamente, fuori da
questo dilemma il tema della proroga o rinnovazione tacita derivante, non dalla manifestazione [quantunque tacita] di volontà delle parti, ma
da eventuali norme di legge che attribuiscono un valore «tipico» al si
lenzio o all'inerzia dell'amministrazione). La distinzione fra tacita proroga e tacita continuazione è resa, poi,
ancor più complessa dalla circostanza per cui, se è vero che la proroga tacita dipende da mancata disdetta nei termini e questa può esser frutto
di mera inerzia, cui non può essere attribuito, secondo la giurispruden za cit. sub I, il valore di una manifestazione di volontà, è altrettanto
vero che: a) l'inerzia potrebbe anch'essere il risultato, come prospetta l'orientamento segnalato sub II, di una valutazione dell'amministrazio
ne circa l'utilità di prorogare la durata del contratto; b) viceversa, il
li Foro Italiano — 1999.
Svolgimento del processo. — Con ricorso depositato il 7 di
cembre 1992, la cooperativa Fiumefreddo '86 chiedeva al presi dente di questo tribunale di ingiungere al comune di Mascali
il pagamento della somma di lire 45.888.451, oltre interessi e
spese, quale corrispettivo asseritamente dovutole per l'espleta mento di un servizio di segretariato sociale affidatole dal comu
ne con delibere della giunta municipale n. 978 del 21 novembre
1989 e del consiglio comunale n. 249 del 2 dicembre 1989.
Il 17 dicembre 1992, il presidente del tribunale concedeva il
decreto ingiuntivo richiesto, che veniva notificato il 12 gennaio 1993.
Con atto di citazione notificato il 30 gennaio 1993, il comune
di Mascali conveniva in giudizio la cooperativa dinanzi a questo
tribunale, proponendo opposizione avverso il decreto ingiunti vo medesimo.
Deduceva il comune:
mancato esercizio della facoltà di recesso, lungi dal configurarsi — se condo quanto ipotizza la sentenza in epigrafe (punto 6 della motivazio
ne) — come il risultato di una valutazione circa l'interesse pubblico alla prosecuzione del rapporto contrattuale, potrebbe essere, a sua vol
ta, il frutto di una mara inerzia dell'amministrazione. Ad ogni modo, il tribunale, avendo individuato una clausola di «pro
roga tacita salvo disdetta», ne ha senz'altro dichiarato la nullità, in
ragione dell'impossibilità — per quanto s'è detto sub I — di equiparare il mancato esercizio della disdetta ad una volontà concludente di rinno vare il contratto. A ben vedere, poi, la necessità di una espressa dichia razione di volontà da parte dell'amministrazione era determinata, nel caso di specie, dal particolare contenuto della clausola annullata, che
poneva, come condizione del tacito rinnovo, il «previo aggiornamento e revisione dei prezzi»; aggiornamento e revisione che, essendo manca
ti, non integravano il verificarsi della condizione cui era subordinato il tacito rinnovo, il quale, perciò, a prescindere dalla dichiarata nullità dell'intera clausola, non avrebbe comunque potuto verificarsi.
Esclusa, in questa impostazione, la proroga (o rinnovazione) tacita dei contratti della pubblica amministrazione, ne discende — secondo 11 tribunale e secondo la giurisprudenza cit. sub I — che la eventuale clausola di proroga tacita non determina la prosecuzione automatica del rapporto obbligatorio, né entro il limite del novennio di cui all'art. 12 r.d. 2440/23, né, a maggior ragione, oltre il novennio.
IV. - La giurisprudenza di controllo della Corte dei conti ha sempre ritenuto che il principio di formalità degli atti negoziali della pubblica amministrazione sia senz'altro rispettato ove il contratto contenga una clausola di tacito rinnovo e che questa dà luogo ad una serie di rappor ti, ciascuno dei quali posto in essere da un contratto diverso, poiché, ad ogni scadenza contrattuale, l'operare della clausola stessa non costi tuisce una mera proroga automatica, ma è il risultato di mutue iniziati
ve, sia pur tacite delle parti: sez. contr. Stato 24 gennaio 1991, n. 7
(cit. in motivazione), Foro it., Rep. 1991, voce cit., nn. 152-154, e Cons.
Stato, 1991, II, 1370; 20 dicembre 1993, n. 161, Foro it., Rep. 1994, voce cit., n. 229, e Cons. Stato, 1994, II, 1000; 18 ottobre 1994, n.
110, Foro it., Rep. 1995, voce cit., n. 303. Ha osservato, altresì, la corte, che, «se l'amministrazione stipula con
tratti infranovennali con clausola di tacito rinnovo salvo disdetta, con ciò essa si vincola solo nei ridotti limiti temporali del contratto iniziale, mentre per tutte le successive eventuali tacite proroghe essa rimane in realtà del tutto libera di adottare di volta in volta le decisioni più op portune»; non solo, ma siccome «la clausola [di tacito rinnovo] assicu ra comunque all'amministrazione la più ampia facoltà di scelta nel pro seguire o meno il rapporto, è da ritenere che, pur se le tacite 'proroghe' (rectius rinnovi) portino a superare il novennio, ciò non arrechi alcuna vulnerazione alla norma del cit. art. 12 [r.d. 2440/23]», poiché questa impedisce che la pubblica amministrazione si obblighi, con un unico
contratto, per un periodo eccessivamente lungo (e, cioè, al di là di un
novennio), ma non impedisce affatto una pluralità di contratti che, at traverso successive proroghe, scavalchino anche il novennio: così, in
particolare, sez. contr. Stato 7/91, cit. (dove anche la precisazione che, in ordine alla compatibilità della clausola contrattuale di «tacito rinno vo salvo disdetta» con le norme ex art. 12 r.d. n. 2440, cit. sulla durata certa e sul divieto di contratti ultranovennali delle pubbliche ammini strazioni «non si registrano sicuri ed univoci punti di riferimento né in dottrina, né in giurisprudenza»),
V. - Resta da dire che la posizione della Corte dei conti, qui sopra illustrata, è più prossima a quella che la stessa Suprema corte ha assun
to a riguardo dei contratti con clausola di tacito rinnovo stipulati fra
privati, e cioè che: a) il contratto con clausola di proroga o rinnovazio ne tacita, salvo disdetta, richiede sempre, affinché l'effetto previsto dalla
clausola si verifichi, una manifestazione di volontà, quantunque tacita
mente espressa mediante il silenzio delle parti a fronte dell'onere della
disdetta; b) tale manifestazione tacita di volontà si traduce, di volta
in volta, in un nuovo accordo negoziale, ancorché avente lo stesso con
tenuto di quello inizialmente concordato; v., da ultimo, Cass. 15 aprile 1998, n. 3803, id., 1998, I, 2133, con nota di Scoditti, Rinnovazione tacita del contratto di mediazione e successione di leggi nel tempo (dalla
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2107 PARTE PRIMA 2108
1. che la clausola di proroga automatica del contratto stipu lato fra le parti era nulla;
2. che, con nota n. 11837 del 22 agosto 1991, il comune ave va comunicato alla cooperativa di voler «disdire ad ogni effetto
di legge la convenzione» in questione «con decorrenza 21 no
vembre 1991»; 3. che nessun titolo vi era, quindi, che giustificasse la pretesa
di pagamento di corrispettivi relativi a periodi successivi a quel la data;
4. che dal 2 gennaio 1991 in poi la cooperativa aveva «presta to i propri servizi con un solo assistente sociale e non con due, secondo quanto previsto dall'art. 2 della convenzione»;
5. che mancava «qualsivoglia prova o elemento di prova dal quale
potesse e possa desumersi l'avvenuto esatto adempimento delle pre stazioni che l'ingiungente asserisce avere globalmente effettuato»;
6. che il comune non era stato in alcun modo messo in mora.
Chiedeva, quindi, la revoca del decreto ingiuntivo opposto. Costituitasi in giudizio, la cooperativa Fiumefreddo '86 chie
deva il rigetto dell'opposizione, deducendo:
1. che il procuratore del comune di Mascali difettava di ius
postulandi, perché la delibera che autorizzava il sindaco a resi stere in giudizio per conto dell'ente non aveva riportato il pare re favorevole della commissione provinciale di controllo;
quale emerge, per quanto qui interessa, la sistematica difficoltà di per venire a conclusioni definitive in ordine alla distinzione fra proroga tacita di un precedente rapporto, salvo disdetta, e rinnovazione del rap porto, salvo recesso).
II fatto è che, in materia di rapporti contrattuali con le pubbliche amministrazioni, la Suprema corte e i giudici di merito hanno conside rato la forma scritta come «misura di protezione» contro irregolarità e abusi che, ove fosse ammessa la «forma libera», avrebbero rischiato di propagarsi enormemente; la forma scritta consente, ad esempio, l'e sercizio dei controlli preventivi di legittimità sugli atti amministrativi che approvano contratti; ma bisogna ricordare che questo tipo di con trolli è, oggi, recessivo rispetto ai controlli di tipo «successivo» sui ri sultati delle gestioni amministrative: v., per le amministrazioni dello Stato, la 1. 20/94 (sulla quale, in particolare, Corte cost. 20 luglio 1995, n. 335, e 27 gennaio 1995, n. 29, id., 1996, I, 1156, con nota di D'Au ria, I nuovi controlli della Corte dei conti davanti alla Corte costituzio nale) e, per regioni ed enti locali, le norme contenute nella 1. 142/90, nel d.leg. 40/93 e nella 1. 127/97 (sulle quali v. Meloni (a cura di), I controlli sugli atti amministrativi di regioni ed enti locali. Una specie in via di estinzione, Milano, 1998).
Allo stesso scrupolo risponde la sensibilità che la sentenza in epigrafe mostra per la corrispondenza fra le obbligazioni assunte da una pubbli ca amministrazione ed il relativo «impegno di spesa», al punto che la validità delle obbligazioni viene fatta discendere, sic et simpliciter, dalla regolarità del procedimento che è stato seguito per l'assunzione dell'im pegno. È vero, invece, il contrario, poiché le vicende relative all'impe gno sono, di norma, indifferenti al perfezionamento del rapporto in cui l'amministrazione riveste la qualità di debitore; in altri termini, l'ir
regolarità del procedimento di spesa non inficia la validità dell'obbliga zione e, quindi, i diritti dei contraenti con l'amministrazione (a meno che norme espresse non dispongano la nullità dell'obbligazione o che facciano direttamente carico agli amministratori delle obbligazioni che essi abbiano assunto in violazione del procedimento stabilito per la cor retta definizione del relativo impegno di spesa): v., anche per ulteriori riferimenti, Mercati, Attività amministrativa e procedimento contabi le, Milano, 1997, 6 ss., spec. 13 ss.
In generale, poi, le preoccupazioni della giurisprudenza di legittimità e dei giudici ordinari per la forma scritta di tutti i contratti delle pubbli che amministrazioni (nonché delle loro proroghe e rinnovi), che non è mai stata espressamente prescritta (fino alle 1. 537/93 e 724/94, cit.: v. infra, sub VI) da nessuna specifica norma di legge, rappresentano un argine «in fatto», da una parte, ai possibili abusi degli amministra tori nell'instaurare rapporti obbligatori prescindendo dai vincoli di pro grammazione e decisione della spesa e, dall'altra, alla crescita incon trollata della spesa pubblica. L'argine non ha mai realmente funziona to, essendo stato sovente aggirato con meccanismi ed espedienti che, pur rivestiti di tutte le formalità richieste dalla legge, hanno sortito l'ef fetto di non garantire né il controllo della spesa, né la responsabilità degli amministratori (cfr. Della Porta, Lo scambio occulto, Bologna, 1992, 99 ss.; Battini, La riforma dei controlli amministrativi, in D'Alberti-Finocchi (a cura di), Corruzione e sistema istituzionale, Bo logna, 1994, 81 ss.; Colombo (a cura di), Il sistema degli appalti, Mila no, 1995, spec. 121 ss.). Di qui, la tendenza, largamente presente nella legislazione degli ultimi anni, ad individuare, insieme a misure diretta mente incidenti sulla validità dei contratti (infra, sub VI), strumenti diversi e ulteriori (la separazione fra poteri di indirizzo politico amministrativo e poteri di gestione amministrativa, i controlli interni e i controlli esterni sui risultati della gestione, la trasparenza delle pro cedure per l'affidamento dei pubblici appalti) per responsabilizzare i pubblici amministratori e favorire la correttezza delle pubbliche gestioni.
II Foro Italiano — 1999.
2. che i servizi dei quali si chiedeva il pagamento dei corri
spettivi erano stati effettivamente prestati. Con ordinanza del 18 aprile 1994, il giudice istruttore rigetta
va la richiesta di provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo, avanzata dal procuratore della cooperativa.
Acquisiti i documenti offerti in produzione e precisate le con
clusioni, la causa veniva rimessa al collegio, che, all'udienza
del 5 giugno 1998, la poneva in decisione.
Motivi della decisione. — 1. - L'eccezione di parte convenuta relativa alla legittimità della procura alle liti conferita dal co
mune di Mascali al suo procuratore è infondata. È stata prodotta, infatti, copia della delibera con la quale
è stato conferito incarico all'aw. Assennato, regolarmente vi
stata dalla commissione provinciale di controllo, evidentemente con efficacia ex tunc.
Ciò rende superfluo l'esame delle — pur fondate — conside razioni di parte attrice in ordine al fatto che l'efficacia della delibera in questione non era subordinata al visto preventivo
dell'organo tutorio.
2. - È fondata l'eccezione di nullità della clausola indicata nel contratto come art. 9, proposta dal procuratore del comune di Mascali. La clausola in questione recita testualmente: «art. 9. - La presente convenzione ha una durata di mesi dodici e si intende tacitamente rinnovata previo aggiornamento e revi
Da segnalare, infine, che la progressiva espansione dell'area entro cui le pubbliche amministrazioni operano con il diritto dei privati (da ulti mo, con la «privatizzazione» del pubblico impiego, per cui gli atti di
gestione dei rapporti di lavoro posti in essere dalle amministrazioni sono
espressione di mera capacità di diritto privato: cfr., ora, D'Antona, Contratto collettivo, sindacati e processo del lavoro dopo la «seconda privatizzazione» del pubblico impiego (osservazioni sui d.leg. n. 396 del 1997, n. 80 del 1998 e n. 387 del 1998), in Foro it., 1999, I, 628 ss.) tende a far cadere, progressivamente, tutti i privilegi di cui esse godeva no in passato; inoltre, la circostanza che le pubbliche amministrazioni siano soggette a regole di contabilità pubblica, lungi dal dar vita ad un regime derogatorio rispetto al diritto civile delle obbligazioni, ha ormai rilievo al solo fine di valutare (ex art. 1218 cc.) la responsabilità per l'inadempimento sotto il profilo della «diligenza» che l'amministrazione ha posto nello svolgimento delle procedure di contabilità (v., per tutti, Falcoi*, Obbligazione. Vili. Obbligazioni pubbliche, voce AtWEnciclo
pedia giuridica Treccani, Roma, 1990, XXI, 5; Mercati, op. cit., 172 ss.). VI. - Non trovavano applicazione, nella fattispecie oggetto della sen
tenza in epigrafe, due disposizioni (emanate in epoca successiva a quel la cui si riferiscono i fatti oggetto di controversia), approvate in un contesto di misure intese alla complessiva rinegoziazione dei contratti delle pubbliche amministrazioni, sia attivi (onde accrescere le entrate dei bilanci pubblici), sia passivi (onde ridurre la spesa pubblica o, co munque, migliorare, per ciascun contratto, il rapporto costi-benefici).
Le due disposizioni sono l'art. 6 1. 537/93 (legge di accompagnamen to alla «finanziaria 1994») e l'art. 44, 1° comma, 1. 724/94 (legge di accompagnamento alla «finanziaria 1995»). La prima ha stabilito il di vieto di «rinnovo tacito», relativamente ai contratti delle pubbliche am ministrazioni aventi ad oggetto la fornitura di beni e servizi (pur senza prevedere sanzioni ove il rinnovo avvenisse ugualmente). Se ne ricava — sia detto per incidens — la conferma che, in precedenza, un analogo divieto non esisteva o non era, comunque, di generale applicazione.
La seconda norma, nel sostituire integralmente l'art. 6 1. 537/93, ha confermato il divieto di rinnovo, ha sancito la nullità dei contratti sti pulati in violazione di tale divieto ed ha stabilito che, «entro tre mesi dalla scadenza dei contratti, le amministrazioni accertano la sussistenza di ragioni di convenienza e di pubblico interesse per la rinnovazione dei contratti medesimi e, ove verificata detta sussistenza, comunicano al contraente la volontà di procedere alla rinnovazione». È questa, in realtà, la norma che impedisce, oggi, il rinnovo tacito dei contratti sti pulati dalle pubbliche amministrazioni per la fornitura di beni e servizi, determinando la nullità di eventuali clausole in senso contrario. Nondi meno, essa perde l'occasione per distinguere o — come sarebbe stato, forse, più utile — per equiparare la «tacita proroga» dei contratti pub blici, ora espressamente vietata, con la «tacita continuazione» del rap porto contrattuale (v. retro, sub II).
VII. - Modalità per la formazione dei contratti delle pubbliche ammini strazioni con strumenti informatici sono state stabilite dal d.p.r. 10 no vembre 1997 n. 513, regolamento recante criteri e modalità per la forma zione, l'archiviazione e la trasmissione di documenti con strumenti infor matici e telematici, a norma dell'art. 15, 2° comma, 1. 15 marzo 1997 n. 59. Vi si prevede, fra l'altro, che il documento infonnatico (inteso come «la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rile vanti»: art. 1, lett. a), soddisfa, se munito delle caratteristiche tecniche indicate dallo stesso regolamento (art. 3), il requisito legale della forma scritta (art. 4, 1° comma) e, inoltre, che i contratti stipulati — sempre se condo le disposizioni del regolamento — con strumenti informatici o per via telematica mediante l'uso della firma digitale sono validi e rilevanti a tutti gli effetti di legge (art. 11, 1° comma). [M. Lancia]
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
sione dei prezzi salvo disdetta di una delle parti con preavviso di mesi tre prima della data di scadenza».
3. - È pacifico che «la volontà di obbligarsi della pubblica amministrazione non può desumersi per implicito da fatti o at
ti, dovendo essere manifestata nelle forme richieste dalla legge, tra le quali l'atto scritto ad substantiam, sì che nei confronti
della stessa pubblica amministrazione non è configurabile il rin
novo tacito del contratto»: così testualmente, fra le tante tutte
conformi, Cass., sez. un., 28 novembre 1991, n. 12769 (Foro
it., Rep. 1991, voce Contratti della p.a., n. 25). È stato, però, ritenuto talora (in materia di rinnovazione ta
cita di contratti di locazione) che il principio per il quale «la
rinnovazione del contratto posta in essere con una manifesta
zione tacita di volontà è incompatibile con il procedimento pre visto per la manifestazione, da parte della pubblica amministra
zione, della volontà di obbligarsi, la quale non può desumersi
da facta concludentia, ma deve essere espressa nelle forme di
legge», «non trova [non troverebbe] applicazione quando si tratti
non di vera e propria rinnovazione (o riconduzione) tacita, ma
di continuazione dell'originario rapporto in forza di apposita clausola del contratto precedentemente concluso, poiché in tal
caso la continuazione avviene in virtù della volontà manifestata
dalle parti nel concludere il contratto, con la conseguenza che, ove questo risulti stipulato nel rispetto delle forme che regolano il procedimento di formazione e di manifestazione della volontà
degli enti pubblici, l'impegno in ordine alla protrazione del rap
porto assunto dalla pubblica amministrazione con tale contrat
to deve ritenersi pienamente valido ed efficace» (Cass., sez. Ili, 14 maggio 1981, n. 3187, id., Rep. 1981, voce Locazione, n.
178, e altre di contenuto analogo). In sostanza, fermo restando che i contratti stipulati dalla pub
blica amministrazione — e le loro rinnovazioni e proroghe —
richiedono ad substantiam la forma scritta, è controverso se
possa validamente stipularsi per iscritto una clausola contrat
tuale che preveda la rinnovabilità o prorogabilità tacite del
rapporto. 4. - Il procuratore del comune di Mascali ha citato in favore
della tesi contraria l'art. 12 r.d. 18 novembre 1923 n. 2440 (nuove
disposizioni sull'amministrazione del patrimonio e sulla conta
bilità generale dello Stato) per il quale «i contratti debbono avere
termini e durata certa e non possono essere stipulati con onere
continuativo per lo Stato, se non per ragioni di assoluta conve
nienza o necessità da indicarsi nel decreto di approvazione del
contratto. Per le spese ordinarie la durata non può oltrepassare i nove anni».
E a questa norma ha fatto riferimento anche il Consiglio di
Stato, nella motivazione del parere reso dalla sez. Ili il 13 feb
braio 1979, n. 41 (id., Rep. 1980, voce Contratti della p.a., n. 60) con il quale si afferma che «alla pubblica amministrazio
ne, alla quale è consentita la stipulazione di contratti di durata
infranovennale, con facoltà di recesso unilaterale, non sono esten
sibili gli istituti della proroga e della rinnovazione tacita».
Per contro, è stato affermato che «la clausola di tacita proro
ga del contratto non contrasta con il divieto di durata ultrano
vennale dei contratti posta dall'art. 12 r.d. 18 novembre 1923
n. 2440, in quanto la sua operatività non è riferibile ad un mero
automatismo, bensì costituisce il risultato di mutue iniziative — sia pur tacite — delle due parti: ciò perché il lasciare trascor
rere la scadenza senza esercitare la disdetta altro non significa
che una tacita manifestazione di volontà del contraente (titolare
del potere di disdetta) di reiterare il rapporto contrattuale pros
simo a scadere, volontà che viene ad incontrarsi con un'analoga
volontà dell'altro contraente (diretta ad accettare la reiterazione
proposta), realizzando così un nuovo consenso, rivolto a costi
tuire un nuovo rapporto contrattuale uguale al precedente, e,
quindi, per principio, un nuovo contratto» (Corte conti, sez.
contr., 24 gennaio 1991, n. 7, id., Rep. 1991, voce cit., nn.
152-154). 5. - Tale ultima statuizione, però, non tiene conto di tutte
le conseguenze che, sulla formazione e manifestazione della vo
lontà negoziale, ha la natura di ente pubblico di uno dei con
traenti.
E, fermo restando che il meccanismo della proroga o rinno
vazione tacita produce — cóme affermato espressamente dal
Consiglio di Stato nel parere sopra citato — indeterminatezza
della durata complessiva del rapporto e conseguente violazione
dell'art. 12 r.d. 2440/23, la questione prescinde e supera i limiti
Il Foro Italiano — 1999.
di applicabilità della norma in questione, riguardando i principi
generali che disciplinano l'attività di diritto privato della pub blica amministrazione.
Con riferimento a un ente pubblico — e nella specie a un
comune — non può parlarsi, infatti, di «tacita manifestazione
di volontà del contraente (titolare del potere di disdetta) di rei
terare il rapporto contrattuale prossimo a scadere», perché non
esiste una volontà tacita (si riferisce qui volutamente l'aggettivo tacita alla volontà piuttosto che alla forma della sua manifesta
zione) dell'ente locale.
L'amministrazione comunale fa venire in essere la sua volon
tà (prima ancora di manifestarla) con strumenti che sono neces
sariamente esteriorizzati in votazioni e delibere dei competenti
organi. Sicché il silenzio e la mancata disdetta, in assenza di provve
dimenti che attestino che i competenti organi dell'amministra
zione hanno deciso di non disdettare, non possono essere quali ficati come manifestazioni tacite di una volontà che non esiste, ma vanno correttamente qualificati come mera inerzia dell'ente
pubblico. Sicché potranno aversi proroga o rinnovazione tacita solo
quando la proroga o il rinnovo del rapporto negoziale discen
dano da norme di legge che li sanciscano come conseguenza di un'inerzia (e non di una «volontà tacita») — come accade
per alcune norme in materia di locazione di immobili, alle quali si riferisce la maggior parte delle sentenze che hanno affrontato
il problema qui in discussione — o quando l'ente abbia valida
mente stipulato una convenzione in cui sia già venuta in essere
e correttamente manifestata una volontà di durata prorogata del rapporto, salva facoltà di recesso.
6. - In sostanza, cosa diversa è — con evidenza — una clau
sola contrattuale che preveda che la convenzione durerà a tem
po indeterminato (per i casi in cui ciò è consentito) o (ad esem
pio) per cinque anni, salva possibilità di recesso, da altra clau
sola che stabilisca che la convenzione durerà un anno, ma si
intenderà tacitamente rinnovata di anno in anno in caso di man
cata disdetta in un certo termine.
Nel primo caso, infatti, vi è una valutazione, da parte dei
competenti organi dell'ente, dell'interesse pubblico alla durata
indeterminata o (ad esempio) quinquennale, salva la possibilità di una ulteriore successiva contraria valutazione, che induca al
recesso.
Nel secondo caso, invece (che è quello oggetto del contende
re), mancata la disdetta nei termini, la prosecuzione del rappor to negoziale non avrebbe come presupposto alcuna valutazione
dell'interesse pubblico e alcuna corretta manifestazione di vo
lontà, ma solo una inerzia. Inerzia che potrebbe, al più, ipotiz zarsi corrispondere a una intima e tacita volontà di tutti e sin
goli gli assessori e consiglieri comunali, ma non anche a una
volontà dell'ente, volontà che, come si è detto, non solo non
si manifesta, ma addirittura non viene in essere se non nelle
forme previste dalla legge (votazione e deliberazione). Alla diversità fra le due tipologie contrattuali testé descritte
si fa riferimento anche nel citato parere del 13 febbraio 1979
del Consiglio di Stato. 7. - È controverso se il contratto prorogato o rinnovato sia
lo stesso stipulato inizialmente, del quale si prolungano gli ef
fetti, o sia un nuovo contratto di contenuto identico a quello
precedente. In quest'ultimo senso si esprime il provvedimento della Corte
dei conti sopra citato, che parla di «nuovo consenso, rivolto
a costituire un nuovo rapporto contrattuale uguale al preceden
te, e, quindi, per principio, un nuovo contratto» e così anche,
da recente, Cass., sez. Ili, 15 aprile 1998, n. 3803, id., 1998,
I, 2133 (occorre leggerne la motivazione, non essendo stato mas
simato il punto che qui interessa). E seguendo questa ricostruzione dell'istituto, sembra pacifico
che nessun «nuovo» contratto può essere concluso senza una
rituale manifestazione di volontà dell'ente (Cass., sez. Ili, 15
aprile 1998, n. 3803, testé citata afferma, addirittura, che, trat
tandosi di nuova volontà negoziale, con riferimento ad essa po
trebbero esser lamentati i vizi di cui agli art. 1427 ss. c.c.).
Ma ritiene il tribunale che, indipendentemente dall'orienta
mento al quale si voglia aderire — unico contratto prorogato o successione di identici contratti (distinzione che sembra, pe
raltro, con riferimento al problema che qui si discute, più acca
demica che pratica) —, non può ipotizzarsi un sistema di proro
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2111 PARTE PRIMA 2112
ga che faccia riferimento a una «volontà tacita» della pubblica amministrazione.
8. - La necessità di una manifestazione di volontà espressa di proroga (o rinnovazione) della convenzione si trae inoltre
anche dalle norme in materia di contabilità degli enti pubblici. Con riferimento ai comuni, l'art. 23 d.l. 2 marzo 1989 n.
66 (convertito con modifiche dalla 1. 24 aprile 1989 n. 144),
prescriveva che «a tutte le amministrazioni provinciali, ai co
muni ed alle comunità montane l'effettuazione di qualsiasi spe sa è consentita esclusivamente se sussistano la deliberazione au
torizzativa nelle forme previste dalla legge e divenuta esecutiva, nonché l'impegno contabile registrato dal ragioniere o dal se
gretario, ove non esista il ragioniere, sul competente capitolo del bilancio di previsione, da comunicare ai terzi interessati.
(. . .) Nel caso in cui vi sia stata l'acquisizione di beni o servizi in violazione dell'obbligo indicato nel 3° comma, il rapporto
obbligatorio intercorre, ai fini della controprestazione e per ogni altro effetto di legge tra il privato fornitore e l'amministratore
o il funzionario che abbiano consentita la fornitura. Detto ef
fetto si estende per le esecuzioni reiterate o continuative a tutti
coloro che abbiano reso possibili le singole prestazioni». L'art. 55 1. 8 giugno 1990 n. 142 prescrive che «gli impegni
di spesa non possono essere assunti senza attestazione della re
lativa copertura finanziaria da parte del responsabile del servi
zio finanziario. Senza tale attestazione l'atto è nullo».
L'art. 35 d.leg. 25 febbraio 1995 n. 77 riproduce la medesima
disposizione del citato art. 23 d.l. 66/89.
Ed è evidente che, mentre nel caso di un contratto a tempo in
determinato o a tempo determinato con facoltà di recesso antici
pato, potrà esservi un regolare impegno di spesa che faccia riferi
mento all'intero periodo di durata del contratto ipotizzato all'at
to della sua stipula, nel caso di contratto che preveda una proroga di anno in anno non è ipotizzabile il preventivo impegno di spesa con riferimento a periodi nei quali non può prevedersi se il rap
porto negoziale sarà ancora o no in vigore fra le parti. Di ciò sembra persuasa anche la Corte dei conti, che nel prov
vedimento già più volte citato afferma che «in considerazione
del fatto che, in presenza della clausola di tacita proroga, il
contratto scaturente dalla non esercitata disdetta è giuridicamente autonomo da quello originario, l'impegno della spesa ad esso
inerente non può essere disposto che successivamente alla sua
formazione, e, quindi, nel momento stesso in cui sia scaduto
il relativo termine del contratto originario e venga concretamen
te ad esistenza la nuova obbligazione contrattuale che giustifica
l'impegno stesso» (Corte conti, sez. contr., 24 gennaio 1991, n. 7, cit.). Con ciò ipotizzando, però, una inammissibile sfasa
tura temporale di due atti — prima il rinnovo del contratto
e poi l'impegno di spesa — che, invece, devono per legge, a
pena di nullità, essere contestuali.
9. - In definitiva, è nulla la clausola di un contratto del quale sia parte una pubblica amministrazione, che faccia discendere
dal solo silenzio e dall'inerzia di quest'ultima la proroga della
durata o il rinnovo del rapporto contrattuale per periodi ulte
riori rispetto a quelli con riferimento ai quali è stato valutato
l'interesse pubblico ed è stato regolarizzato l'impegno di spesa. 10. - È ancora opportuno osservare che, nel caso di specie,
10 stesso tenore letterale della clausola contestata sembra richia
mare la necessità di un formale provvedimento che disciplini 11 contratto prorogato, posto che prescrive che la convenzione
«si intende tacitamente rinnovata previo aggiornamento e revi
sione dei prezzi», aggiornamento e revisione che non risultano
essere mai stati attuati.
11. - Alla nullità della clausola di proroga automatica conse
gue che il vincolo negoziale fra le parti è venuto meno alla sca
denza del dodicesimo mese dalla stipula di esso, risalente al 21
novembre 1989.
12. - L'insussistenza del titolo sul quale la cooperativa Fiu
mefreddo '86 fonda le sue pretese rende superfluo l'esame delle
fondate considerazioni del procuratore del comune opponente relative al mancato assolvimento dell'onere, che incombeva sul
la cooperativa, di provare l'avvenuto esatto adempimento da
parte sua delle obbligazioni oggetto del contendere.
13. - È pacifico, infine, che l'avvenuto pagamento, in passa
to, da parte del comune di Mascali, di alcune delle prestazioni effettuate dalla cooperativa non può supplire la mancanza di
un valido titolo che quei pagamenti e quelli oggetto del conten
dere legittimi.
Il Foro Italiano — 1999.
TRIBUNALE DI ROMA; sentenza 15 gennaio 1998; Pres. Deo
dato, Est. Vannucci; Soc. AD Immobiliare (Avv. Gregan
ti) c. Naticchioni, Banca di Roma (Aw. Schimperna).
TRIBUNALE DI ROMA;
Intervento in causa e litisconsorzio — Creditore — Dolo o col
lusione — Simulazione — Intervento principale (Cod. civ., art. 1414, 2901; cod. proc. civ., art. 105, 404).
Simulazione in materia civile — Azione di simulazione assoluta — Azione revocatoria — Proposizione nello stesso giudizio — Ammissibilità (Cod. civ., art. 1414, 2901).
Revocatoria (azione) — Accoglimento — Effetti — Fattispecie
(Cod. civ., art. 2901, 2902, 2932).
Propone intervento principale il creditore del promittente ven
ditore che, intervenendo nel giudizio per l'esecuzione del con
tratto preliminare e denunziando il dolo o la collusione delle
parti ai suoi danni, chieda che sia dichiarata, in via principa le, l'inefficacia nei suoi confronti del contratto preliminare, con conseguente rigetto della domanda di esecuzione in for ma specifica dello stesso, e in via subordinata, la simulazione
assoluta del suddetto preliminare. (1) L'azione di simulazione assoluta e quella revocatoria, pur di
verse per contenuto e finalità, possono proporsi nello stesso
giudizio, non sussistendo a riguardo alcuna ragione di inam
missibilità. (2) Nel giudizio instaurato dal promittente acquirente nei confronti
del promittente alienante per l'esecuzione dell'obbligo di con
cludere un contratto preliminare, ove il creditore del promit tente venditore sia intervenuto in via principale, chiedendo
la dichiarazione di inefficacia nei suoi confronti del contratto
preliminare, con conseguente rigetto della domanda proposta dall'attore, al contratto preliminare può darsi esecuzione me
diante la sentenza prevista dall'art. 2932 c.c., fermo restando
che l'effetto dispositivo della proprietà dei beni oggetto del
contratto è inefficace nei confronti del creditore, se questi dimostra che l'intera vicenda negoziale (costituita dal contrat
to preliminare e dalla sentenza che determina il trasferimento della proprietà dei beni) sia conseguenza della collusione fra le parti, consapevoli del pregiudizio derivante alle ragioni del
creditore dall'esito finale della suddetta vicenda. (3)
(1) Negli esatti termini, Trib. Roma 29 settembre 1995, Foro it., 1997, I, 617.
In senso analogo, Cass. 8 febbraio 1982, n. 730, id., 1983, I, 1713, e Riv. dir. proc., 1982, 783, con nota di Liebman (nella specie, tratta vasi di giudizio di devoluzione di un fondo enfiteutico, in cui i creditori dell'enfiteuta erano intervenuti adducendo la collusione delle parti ori
ginarie del processo a loro danno). Secondo Cass. 14 gennaio 1982, n. 238, Foro it., Rep. 1982, voce
Intervento in causa e litisconsorzio, nn. 36, 37, e Giur. it., 1982, I, I, 1771, con nota di Lenzi, nel giudizio avente ad oggetto la revocato ria dell'atto compiuto dal debitore in frode dei creditori è inammissibile l'intervento volontario di altro creditore se è limitato a sostenere le ra
gioni del creditore-attore (nella specie, peraltro, l'intervento è stato rite nuto ammissibile in quanto qualificato adesivo autonomo: conf. Trib. Varese 8 giugno 1987, Foro it., Rep. 1988, voce cit., n. 13, e Foro
pad., 1988, I, 311, con nota di Ferrario). Per ulteriori ragguagli bibliografici sull'argomento si rinvia alla nota
di richiami a Trib. Roma 29 settembre 1995, cit.
(2) Conf., sebbene implicitamente, Cass. 20 giugno 1997, n. 5540, Foro it., Rep. 1997, voce Simulazione civile, n. 8, nonché, negli esatti termini, Cass. 17 maggio 1991, n. 5581, id., Rep. 1991, voce Revocato ria (azione), n. 5; 16 gennaio 1987, n. 294, id., Rep. 1987, voce Simula zione civile, n. 6; 14 gennaio 1982, n. 238, id., Rep. 1982, voce cit., n. 3, e Giur. it., 1982, I, 1, 1771, con nota di Lenzi; Trib. Spoleto 31 dicembre 1988, Foro it., Rep. 1990, voce cit., n. 9, e Arch, civ., 1990, 62; e v. pure, sull'argomento, Trib. Prato 6 maggio 1987, Foro
it., Rep. 1987, voce cit., n. 8, e Nuovo dir., 1987, 962. Per un'esauriente disamina della problematica dell'acro pauliana, v.
Lucchini, L'azione revocatoria ordinaria, in Nuova giur. civ., 1991, II, 321 ss.
(3) La massima in epigrafe è la logica conseguenza di un consolidato
orientamento, secondo cui l'azione revocatoria prevista dall'art. 2901 c.c. ha solo la funzione di ricostituire la garanzia generica assicurata al creditore dal patrimonio del debitore ex art. 2740 c.c., la cui consi stenza, per effetto dell'atto di disposizione posto in essere dal debitore, si sia ridotta al punto di pregiudicare la realizzazione del diritto del creditore con l'azione espropriativa; sicché l'azione in questione, se ac colta, non comporta il travolgimento dell'atto dispositivo del debitore, ma semplicemente l'inefficacia di esso nei confronti del creditore, per consentirgli di esercitare sul bene oggetto dell'atto di disposizione l'a zione esecutiva per la realizzazione del credito: tra le tante, v. Cass. 10 febbraio 1997, n. 1227, Foro it., Rep. 1997, voce Revocatoria (azio
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