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sentenza 9 giugno 2004; Pres. Greco, Est. Bazzo; Schnapka (Avv. Benassi, Vescoli) c. Soc. Ufficio...

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sentenza 9 giugno 2004; Pres. Greco, Est. Bazzo; Schnapka (Avv. Benassi, Vescoli) c. Soc. Ufficio centrale italiano (Avv. Pollina) e altro Source: Il Foro Italiano, Vol. 128, No. 2 (FEBBRAIO 2005), pp. 549/550-553/554 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23200556 . Accessed: 25/06/2014 09:17 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 62.122.79.52 on Wed, 25 Jun 2014 09:17:16 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sentenza 9 giugno 2004; Pres. Greco, Est. Bazzo; Schnapka (Avv. Benassi, Vescoli) c. Soc. Ufficiocentrale italiano (Avv. Pollina) e altroSource: Il Foro Italiano, Vol. 128, No. 2 (FEBBRAIO 2005), pp. 549/550-553/554Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23200556 .

Accessed: 25/06/2014 09:17

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

ne discende che la sospensione dell'efficacia immediata della

sentenza di primo grado non potrebbe sortire alcun effetto utile

per bloccare l'esecuzione forzata, che sarebbe autonomamente

possibile in base al decreto ingiuntivo; l'istanza di sospensione dunque, non potendo sortire l'effetto

sperato dal ricorrente di bloccare l'esecuzione forzata, appare inutile e deve essere respinta per carenza d'interesse.

più diffusa, ancorché non unanimemente condivisa (11) — è quella che

rigetta l'opposizione a decreto ingiuntivo, rivela che, almeno nei limiti della fattispecie in discorso, il legislatore non ha affatto inteso circo scrivere l'esecuzione provvisoria ai soli provvedimenti idonei a costi tuire titolo esecutivo, ma vi ha incluso anche gli effetti meramente di chiarativi della sentenza. Tale constatazione, se da sola può non essere sufficiente a orientare con sicurezza l'interprete verso un'interpretazio ne non angusta delle norme in tema di esecutorietà provvisoria, che consenta di includere nel loro ambito operativo anche le sentenze co stitutive e quelle dichiarative, contribuisce quanto meno a dimostrare che il legislatore talvolta discorre di provvisoria esecuzione con riferi mento a decisioni del tutto insuscettibili di esecuzione forzata in forme

tipiche. Del che non si può non tener conto allorché si tratti di indivi duare l'ambito operativo delle disposizioni generali con le quali il co dice di procedura civile disciplina la produzione degli effetti della sen tenza impugnabile nei modi ordinari.

Gianpaolo Impaonatiello

(11) Nel senso che la sentenza di rigetto dell'opposizione abbia na tura dichiarativa, v. Redenti, Diritto processuale civile, cit., Ili, 32; Satta, Commentario al codice di procedura civile, Milano, 1968, IV, 1, 101; Pajardi, Il procedimento monitorio, cit., 119 s.; Sciacchitano,

Ingiunzione (dir. proc. civ.), voce dell' Enciclopedia del diritto, Milano, 1971, XXI, 519; Valitutji-De Stefano, Il decreto ingiuntivo, cit., 243 ss. In senso diverso, v. Garbagnati, I procedimenti, cit., 250, per il

quale la sentenza di rigetto dell'opposizione è in realtà una sentenza di

condanna, che si sostituisce in toto al decreto; Tomei, Procedimento di

ingiunzione, voce del Digesto civ., Torino, 1996, XIV, 564; Ronco, Struttura e disciplina, cit., 517 ss. La questione meriterebbe sicura mente un'indagine più ampia di quella che qui è possibile svolgere, ma

l'impressione è che le tesi per le quali la sentenza di rigetto dell'oppo sizione contiene non solo il positivo accertamento del diritto di credito, ma anche la statuizione di condanna, finiscano con il ridurre ad unita tem le disposizioni contenute nel 1° e nel 2° comma dell'art. 653

c.p.c., che in realtà riservano un trattamento molto diverso alla sentenza di rigetto (ipotesi non a caso equiparata, quoad effectum, alla dichiara zione di estinzione del processo) e a quella di parziale accoglimento dell'opposizione: mentre nel primo caso è sancita in modo espresso l'acquisizione di efficacia esecutiva da parte del decreto ingiuntivo, nel secondo l'art. 653, 2° comma, si preoccupa di precisare non solo che è la sentenza a sostituirsi al decreto, ma anche che «gli atti di esecuzione

già compiuti in base al decreto conservano i loro effetti nei limiti della somma o della quantità ridotta». Ora, tale disparità di trattamento non avrebbe senso se il legislatore avesse voluto far prevalere la sentenza sul decreto anche in caso di rigetto dell'opposizione, atteso che, se così fosse stato, l'art. 653 avrebbe potuto assai più semplicemente prevedere che, anche quando l'opposizione è rigettata, il titolo è costituito solo dalla sentenza e gli atti esecutivi già compiuti sulla base del decreto conservano la loro efficacia per l'intero credito. Sembra, perciò, prefe ribile attribuire alla sentenza in discorso efficacia dichiarativa, per quanto sia innegabile che si tratti di un'efficacia sui generis, la cui ra

gion d'essere è tutta nella peculiare struttura del procedimento monito rio e nell'esigenza che il decreto ingiuntivo che sopravvive all'esperi mento dell'opposizione non veda subordinata al giudicato formale

l'acquisizione della forza esecutiva.

Il Foro Italiano — 2005.

Gianpaolo Impaonatiello

CORTE D'APPELLO DI VENEZIA; sentenza 9 giugno 2004; Pres. Greco, Est. Bazzo; Schnapka (Avv. Benassi, Ve

scoli) c. Soc. Ufficio centrale italiano (Avv. Pollina) e altro.

CORTE D'APPELLO DI VENEZIA;

Danni in materia civile — Cittadino austriaco — Perdita di un congiunto — Danno morale — Risarcibilità (Disp. sulla legge in generale, art. 16; cod. civ., art. 2059; cod. pen., art. 185; 1. 31 maggio 1995 n. 218, riforma del sistema italia

no di diritto internazionale privato, art. 62; d.leg. 25 luglio 1998 n. 286, t.u. delle disposizioni concernenti la disciplina

dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, art. 2; d.p.r. 31 agosto 1999 n. 394, regolamento recante

norme di attuazione del t.u. delle disposizioni concernenti la

disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello

straniero, a norma dell'art. 1, 6° comma, d.leg. 25 luglio 1998 n. 286, art. 1).

Spetta ad un cittadino austriaco il risarcimento del danno mo

rale per la perdita di un congiunto a seguito di un sinistro

stradale avvenuto in territorio italiano. (1)

(1) I. - La corte veneta non ravvisa impedimenti a riconoscere in fa vore di un cittadino austriaco, la cui madre era deceduta a seguito di una collisione tra veicoli avvenuta su un tratto della rete autostradale

italiana, il danno morale (così qualificato, anche se — sulla scia di Cass. 31 maggio 2003, n. 8828, Foro it., 2003, I, 2272, e per effetto della svolta da tale pronuncia propiziata assieme alla coeva sent.

8827/03, ibid., 2273 — si dovrebbe forse più propriamente parlare di danno non patrimoniale per lesione di valori costituzionalmente garan titi) subito come conseguenza dell'uccisione del congiunto.

Per negare la liquidazione di tale voce di pregiudizio, l'appellante incidentale invocava l'art. 16 disp. prel. c.c., evidenziando l'assenza di

un corrispondente diritto nell'ordinamento austriaco. A tale prospetta zione il collegio giudicante replica con i seguenti argomenti: a) revo cando seriamente in dubbio, alla luce dell'attuale quadro normativo, la

perdurante vigenza del richiamo alla condizione di reciprocità, specie per gli appartenenti a paesi dell'Unione europea (esprime dubbi, al ri

guardo, C. Campiglio, Abrogazione dell'art. 16 preleggi per nuova di

sciplina?, in Riv. dir. internai, privato e proc., 2001, 45; in ogni caso, se ne scorge un ridimensionamento: v. E. Savarese, Alcune considera

zioni in margine alla sentenza 26 novembre 2002 del Tribunale di Ber

gamo: un ulteriore passo verso l'erosione della condizione di recipro cità. in Giur. it., 2003, 2077; E. Calò, Il lento (e auspicato) tramonto

della reciprocità (commento a l. 6 marzo 1998 n. 40), in Notariato,

1998, 281); b) ricordando che il risarcimento concesso a fronte della

perdita definitiva del rapporto parentale è connesso alla tutela di diritti

primari ed inviolabili, rispetto ai quali non operano le limitazioni

eventualmente indotte dalla condizione di reciprocità; c) evidenziando

che, in ogni caso, l'ordinamento austriaco conosce la figura del danno

morale, e tanto basterebbe ai fini della reciprocità, senza bisogno di in

dagare sui limiti ivi previsti per il suo concreto risarcimento (nel senso

che il codice civile austriaco disciplina con una certa ampiezza il danno

morale dovuto per i dolori sofferti o per compensare un valore speciale di affezione, v. V. Varano-V. Barsotti, La tradizione giuridica occi

dentale, 2a ed., Torino, 2004,1, 131). Nel senso che, in virtù dell'art. 2, 2° comma, d.leg. 286/98, lo stra

niero regolarmente soggiornante nel territorio italiano gode degli stessi

diritti civili attribuiti al cittadino italiano, indipendentemente dalla sus

sistenza della reciprocità, v. App. Milano 18 dicembre 2001, Foro it.,

Rep. 2003, voce Straniero, n. 85, e 22 giugno 1999, id., Rep. 2001, vo ce cit., n. 49.

Tra i contributi più recenti in tema di condizione di reciprocità, v. E.

Colombini, Stranieri e condizioni di reciprocità, in Arch, civ., 2003, 469; F. Corbetta, L'attuale rilevanza della condizione di reciprocità nel trattamento dello straniero, in Dir. immigrazione e cittadinanza,

2002, fase. 1, 63; G. Coscia, Condizione di reciprocità e diritto inter

nazionale privato, in Riv. dir. internai, privato e proc., 2001, 557. II. - Analogamente alla pronuncia in epigrafe, v. Trib. Bolzano 27

novembre 2000, Foro it., Rep. 2002, voce Danni civili, n. 186, che di

chiarava di prescindere dall'accertamento della condizione di recipro cità, ai fini della liquidazione del danno morale in favore di un cittadino

comunitario; nonché, prima delle 1. 218/95 e 40/98, Trib. Roma 8 no

vembre 1993, id., Rep. 1994, voce Responsabilità civile, n. 58 (anno tata da G. Molfese, «Godimento» del diritto al risarcimento del danno

da parte del cittadino straniero e suo esercizio in Italia, in Nuovo dir.,

1994, 1155), che, nel risarcire i danni, biologico e morale, subiti dalla

vittima di un incidente automobilistico, escludeva l'operatività della

condizione di reciprocità, facendo leva sull'art. 32 Cost., che indica

l'individuo in quanto tale — e non il cittadino — quale titolare del di

ritto alla salute. Per contro, altre pronunce postulano l'indispensabile verifica della

condizione di reciprocità affinché lo straniero leso in Italia possa invo

care il risarcimento dei danni morali: cfr. Trib. Roma 23 marzo 1996,

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PARTE PRIMA 552

Svolgimento del processo. — Con atto di citazione notificato

in data 18 settembre 1997 Schnapka Georg, cittadino austriaco, conveniva in giudizio, avanti al Tribunale di Venezia, Sarai Ali

e l'Ufficio centrale italiano soc. cons, a r.L, per sentirli con

dannare in solido al risarcimento dei danni patrimoniali e non

patrimoniali subiti a seguito del sinistro stradale avvenuto in

comune di Portogruaro, nella tarda sera del 25 gennaio 1992.

Esponeva che, mentre procedeva lungo l'autostrada Venezia

Trieste, alla guida della sua automobile Mercedes, con accanto

la madre Schnapka Maria, era andato a collidere violentemente

contro la parte posteriore sinistra del semirimorchio, trainato

dalla motrice alla cui guida era Sarai Ali (proprietario del vei

colo), che procedeva nello stesso senso di marcia, a velocità

molto ridotta, con le luci di posizione posteriori non funzio

nanti e con i pannelli retroriflettenti coperti da fango, così da

precludere l'avvistabilità; che, perso il controllo dell'automo

bile, questa si era incendiata, ed era andata distrutta, essendone

conseguito il decesso della madre; si costituiva soltanto l'Uffi

cio centrale italiano, chiedendo il rigetto della domanda, rile

vando l'esclusiva responsabilità del sinistro a carico dello stes

so attore, per l'elevata velocità (superiore a 140 km/h) tenuta

nell'occasione, in ora notturna ed in un tratto autostradale sfor

nito di illuminazione.

Foro it., Rep. 1996, voce Danni civili, n. 123, e 29 gennaio 1993, id., Rep. 1993, voce Assicurazione (contratto), n. 152. Inoltre, il riconosci mento della risarcibilità dei pregiudizi risentiti da uno straniero per la morte di un congiunto è stato assoggettato alla dimostrazione della condizione di reciprocità da Trib. Vicenza 27 aprile 2000. id., Rep. 2001, voce Straniero, n. 50; e, con riferimento alla domanda proposta da un soggetto privo di permesso di soggiorno, da Giud. pace Novara 1° febbraio 2002, id., Rep. 2002, voce Danni civili, n. 242 (annotata da L. Galli, Danno morate sofferto da straniero e risarcibilità - Condi

zioni, in Arch, circolaz., 2002, 586). Per quanto riguarda il diritto dello straniero al risarcimento del danno

biologico, lo assoggetta alla condizione di reciprocità Trib. Padova 5

luglio 2000, Foro it., Rep. 2002, voce cit.. n. 196 (annotata da G. Cam peis-A. De Pauli, La copertura costituzionale del danno biologico è li mitata al solo aspetto statico del danno alla salute, in Nuova giur. civ., 2001,1,663).

In materia di risarcimento del danno, si è ritenuto che la condizione di reciprocità sia soddisfatta tutte le volte in cui la legislazione dello Stato di appartenenza dello straniero accordi al cittadino italiano, senza discriminazioni, adeguata protezione del diritto azionato, mediante il riconoscimento anche in suo favore dell'operatività di istituti giuridici di carattere sostanziale simili a quelli esistenti nel nostro ordinamento, senza che sia necessario riscontrare un'assoluta sovrapponibilità delle forme giuridiche poste in concreto a presidio della posizione così rico nosciuta: cfr. Trib. Monza 8 maggio 1998, Foro it.. Rep. 1998, voce

Straniero, n. 39 (annotata, sotto questo profilo, da P. Gazzi, Risarci mento del danno dello straniero, condizione di reciprocità prevista dall'art. 16 preleggi e fondo di garanzia vittime della strada, in Resp. civ., 1998, 1113).

Nel medesimo senso, con riferimento alla posizione dello straniero coinvolto in un sinistro stradale causato da un veicolo non identificato o non coperto da assicurazione, il quale intenda esercitare il diritto al risarcimento del danno nei confronti del fondo di garanzia per le vitti me della strada, v. Cass. 10 febbraio 1993, n. 1681, Foro it.. 1993, I, 3067, con nota di E. Calò, L'accesso dello straniero al fondo di garan zia per le vittime della strada (annotata altresì da G. Campeis-A. De Pauli, Diritto dello straniero al risarcimento del danno, istituti speciali e reciprocità, in Nuova giur. civ., 1993, I, 648), secondo cui, posto che il fondo di garanzia attiene alle modalità attraverso le quali è assicurato il risarcimento del danno, lo straniero in tal caso è tenuto a dimostrare che lo Stato cui appartiene riconosce al cittadino italiano i diritti con nessi al risarcimento del danno ed all'istituto dell'assicurazione, mentre è irrilevante la presenza di un istituto analogo al fondo di garanzia nel l'ordinamento estero.

Nel senso che il cittadino italiano, qualora convenga un cittadino straniero dinanzi al giudice italiano per il risarcimento del danno da in cidente stradale, non può beneficiare del maggior termine prescrizio nale stabilito nello Stato a cui quest'ultimo appartiene, perché si appli ca la lex fori, senza che rilevi l'esistenza della condizione di reciproci tà, v. Cass. 1° agosto 2000, n. 10026, Foro it., Rep. 2000, voce Diritto internazionale privato, n. 59.

Per le questioni probatorie relative alla sussistenza della condizione di reciprocità, v. Cass. 7 luglio 2000, n. 10360, id., 2001, I, 136; 15

giugno 2000, n. 8171, id., 2000. I, 3525 (annotata da G. Campeis-A. De Pauli, In tema di reciprocità, ai sensi dell'art. 16 disp. prel. c.c., sol tanto l'esistenza di un istituto analogo (e non la mancata discrimina zione) va provata da chi l'invoca, in Nuova giur. civ., 2001, I, 192). [A. Palmieri]

Il Foro Italiano — 2005.

Il Sarai, notificato presso l'Ufficio centrale italiano, restava

contumace.

A seguito di istruzione anche testimoniale, con sentenza n.

511/00, l'adito tribunale, accertata la concorrente responsabilità di entrambi i conducenti, e ciò in parti eguali, condannava il Sa

rai e l'Ufficio centrale italiano, in solido tra loro, a risarcire al

l'attore il danno, complessivamente liquidato, per la quota del

cinquanta per cento, in lire 57.963.000, con gli interessi com

pensativi dal giorno del sinistro, nonché alla rifusione delle spe se di lite.

Il primo giudice, premessa l'irrilevanza nel presente giudizio dell'esito del processo penale svoltosi avanti al Pretore di Ve

nezia-Portogruaro contro il Sarai e Schnapka Georg per il de

litto di omicidio colposo (per la morte della madre di quest'ul

timo), osservava, in ordine all'ara, che era indiscutibile la re

sponsabilità dello stesso attore, in quanto procedeva ad una ve

locità sensibilmente superiore a quella consentita (giusta le ri

sultanze della perizia disposta in sede penale), ed utilizzando le

sole luci anabbaglianti; che eguale colpa era emersa a carico del

Sarai, la cui condotta si poneva in spregio delle più elementari

regole di prudenza (le luci di posizione posteriori non erano

funzionanti, ed i pannelli posteriori rifrangenti erano sporchi di

fango), essendo dunque il semirimorchio in condizioni tali da

limitare fortemente la visibilità dell'autotreno (come subito no

tato e segnalato da un addetto alla stazione di rifornimento di

carburante, escusso in sede testimoniale).

Quanto alla liquidazione dei danni, essi erano così determi

nati: il danno patrimoniale (per distruzione dell'automobile,

spese funeratizie, diritti cimiteriali e spese varie) in complessi ve lire 39.801.000; quello biologico da inabilità temporanea, e

relativo danno non patrimoniale, in lire 1.125.000; il danno

morale per il decesso della madre dello Schnapka in lire

75.000.000. A tal riguardo il tribunale evidenziava, in relazione

al danno morale, secondo quanto previsto dagli art. 2059 c.c. e

185 c.p., che, nonostante la non risarcibilità nell'ordinamento

austriaco dei danni morali, il principio di reciprocità (di cui al

l'art. 16 preleggi, invocato dall'Ufficio centrale italiano) non

era ostativo all'accoglimento della domanda, essendo soltanto

sufficiente che lo Stato estero ammetta i cittadini italiani al go dimento dei medesimi diritti civili attribuiti ai propri cittadini.

Schnapka Georg ha proposto appello con l'atto di citazione in

epigrafe, insistendo per l'integrale accoglimento delle svolte

pretese risarcitorie, o comunque per l'attribuzione al Sarai della

responsabilità largamente prevalente. L'Ufficio centrale italiano si è costituito chiedendo il totale

rigetto del gravame e proponendo appello incidentale quanto al

capo relativo al danno morale riconosciuto allo Schnapka per la

morte della madre, chiedendo pertanto la restituzione di quanto ricevuto a tale titolo, con relativi interessi.

La causa, nella contumacia di Sarai Ali, è stata quindi tratte

nuta a sentenza, sulle rispettive conclusioni in premesse tra

scritte, previa assegnazione alle parti dei termini per lo scambio delle comparse conclusionali e delle repliche, e decisa nell'o dierna camera di consiglio.

Motivi della decisione. — (Omissis). A sua volta l'Ufficio

centrale italiano nel suo appello incidentale sottolinea l'erronea

attribuzione allo Schnapka del danno morale per la perdita di

congiunto, evidenziando l'erronea interpretazione del principio posto dall'art. 16 disp. sulla legge in generale, dato che lo stesso

primo giudice aveva escluso la presenza nell'ordinamento au

striaco di un diritto eguale a quello preteso in giudizio, in punto di risarcibilità del danno morale; di talché la domanda relativa

doveva essere de plano rigettata, non essendo sufficiente la sus

sistenza di una condizione di parità di trattamento.

Anche tale doglianza risulta infondata.

Invero, pur non apparendo di per sé condivisibili le argo mentazioni svolte sul punto dal tribunale, la corte deve innan

zitutto rilevare la progressiva erosione del campo di applicazio ne dell'art. 16 preleggi (norma che appare frutto di un'elabora

zione dogmatica che risentiva del richiamo al principio di na

zionalità: cfr. Cass. 10 febbraio 1993, n. 1681, Foro it., 1993,1, 3067), essendovi l'esigenza di coordinare la clausola di recipro cità da un lato con la nuova disciplina sistematica in materia di

diritto internazionale privato (atteso che l'art. 62 1. 31 maggio 1995 n. 218 stabilisce che la responsabilità per fatto illecito è

regolata dalla legge dello Stato in cui si è verificato l'evento, essendo facoltà del danneggiato chiedere comunque l'applica

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

zione della legge del luogo in cui si è verificato il fatto produtti vo del danno), dall'altro con la sopravvenuta disciplina del

l'immigrazione e sulla condizione dello straniero di cui al d.leg. 25 luglio 1998 n. 286 ed al d.p.r. 31 agosto 1999 n. 394 (rego lamento di attuazione), atteso che in base a tale nuova disciplina l'attribuzione dei diritti civili al cittadino straniero, regolar mente soggiornante in Italia, non è più soggetta alla condizione

di reciprocità (v. art. 2 citato d.leg., nonché l'art. 1 d.p.r. 394/99), determinandosi, sotto questo profilo, una palese abro

gazione tacita, in parte qua, per incompatibilità, della norma in

esame. Ma soprattutto le limitazioni previste dal medesimo art.

16 preleggi si rivelano inapplicabili ai cittadini dei paesi appar tenenti all'Unione europea, e dunque nella presente fattispecie (essendo l'attore cittadino austriaco), non potendosi ammettere

l'efficacia di una norma di diritto interno che consenta un trat

tamento differenziato quanto al godimento dei diritti civili nei

confronti di un cittadino comunitario, in contrasto con il fonda

mentale principio di non discriminazione nell'ambito dello spa zio giuridico dell'Unione, per tutti i cittadini degli Stati membri.

A ciò va aggiunto che il richiamo alla condizione di recipro cità nella specifica materia risarcitoria, con riferimento al danno

non patrimoniale in esame, non risulta nemmeno più appagante sotto il profilo dell'assenza, a livello costituzionale, di una pro tezione primaria del diritto leso, essendo ormai pacifica all'in

contrario la rilevanza costituzionale della tutela da assicurare al

diritto della persona danneggiata a causa dell'uccisione o della

menomazione di un congiunto, per la necessaria intangibilità della sfera degli affetti e della reciproca solidarietà che si svolge nell'ambito della famiglia, nonché per l'inviolabilità «della li

bera e piena esplicazione delle attività realizzatrici della persona umana nell'ambito della famiglia, la cui tutela è ricollegabile

agli art. 2, 29 e 30 Cost.» (così Cass. 31 maggio 2003, n. 8828, id., 2003, I, 2272; ed analogamente la coeva Cass. 31 maggio 2003, n. 8827, ibid., 2273).

Tale innovativo orientamento giurisprudenziale, che ha tro

vato immediata eco, quale vero e proprio diritto vivente, nella

sentenza della Corte costituzionale 11 luglio 2003, n. 233 (ibid.,

2201) e che raccorda direttamente la riparazione del danno de

quo alla lesione di interessi costituzionalmente protetti, non può che comportare una rivisitazione dei limiti di operatività della

norma posta dall'art. 16 preleggi. Quest'ultima, in definitiva, ove possa ritenersi tuttora applicabile nei confronti di un citta

dino comunitario (ipotesi che come sopra visto non appare da

condividere), non può estendersi fino ad escludere la tutela dei

diritti primari ed inviolabili connessi alla sfera più intima della persona umana in quanto tale, per le conseguenze di natura non

patrimoniale derivanti dalla perdita di uno stretto congiunto. Solo per mera completezza va infine sottolineato che, come

ribadito dallo Schnapka, il danno morale non è affatto scono

sciuto all'ordinamento austriaco, essendo invero previsto dal

l'art. 1325 ABGB (Schmerzensgeld), senza che rilevino i limiti

rigorosi già seguiti in passato dalla giurisprudenza interna

quanto all'estensione del risarcimento ed alle difficoltà proba torie conseguenti, essendo sufficiente la previsione di un diritto

analogo, e senza alcuna discriminazione per i cittadini italiani

(v., ex plurimis, Cass. 19 giugno 1995, n. 6918, id., Rep. 1995, voce Giurisdizione civile, n. 30, nonché Cass. 1681/93, su ci

tata). E del resto a ben vedere l'Ufficio centrale italiano ha

contestato la risarcibilità del solo danno morale per la compo nente relativa all'uccisione della madre, convivente con il dan

neggiato, ma non anche per la (pur modesta) voce relativa al

l'ulteriore danno non patrimoniale (da identificare chiaramente

nel danno morale «soggettivo»), liquidato in una con il danno

biologico, e commisurata alla metà di quest'ultimo, a conferma

della non linearità delle critiche addotte a tal riguardo alla sen

tenza.

Questa, in definitiva, merita integrale conferma, sia pure con

la diversa motivazione sopra prospettata, con rigetto anche del

l'appello incidentale.

Il Foro Italiano — 2005.

TRIBUNALE DI PISTOIA; sentenza 10 gennaio 2005; Giud. De Marzo; Nevini (Avv. Niccolai) c. Direzione provinciale del lavoro di Pistoia.

TRIBUNALE DI PISTOIA;

Sanzioni amministrative e depenalizzazione — Dichiarazio

ne contenente i dati della registrazione nel libro matricola — Omessa consegna al lavoratore — Violazioni formali in

materia di collocamento — Abrogazione — Rilevanza —

Esclusione (D.l. 1° ottobre 1996 n. 510, disposizioni urgenti in materia di lavori socialmente utili, di interventi a sostegno del reddito e nel settore previdenziale, art. 9 bis; 1. 28 novem

bre 1996 n. 608, conversione in legge, con modificazioni, del

d.l. 1° ottobre 1996 n. 510, art. unico; 1. 23 dicembre 2000 n.

388, disposizioni per la formazione del bilancio annuale e

pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2001), art. 116; d.leg. 19 dicembre 2002 n. 297, disposizioni modificative e correttive del d.leg. 21 aprile 2000 n. 181, recante norme per

agevolare l'incontro tra domanda e offerta di lavoro, in attua

zione dell'art. 45, 1° comma, lett. a, 1. 17 maggio 1999 n.

144, art. 6, 7; d.leg. 10 settembre 2003 n. 276, attuazione

delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla 1. 14 febbraio 2003 n. 30, art. 85).

L'illecito amministrativo consistente nella mancata consegna al

lavoratore della dichiarazione contenente i dati della regi strazione nel libro matricola non rientra nell'ambito del

l'abrogazione delle violazioni formali in materia di colloca

mento disposta dall'art. 116, 12° comma, l. 23 dicembre 2000

n. 388. (1)

Fatto e diritto. — Con ricorso depositato il 5 aprile 2004, Ne

vini Laura ha proposto opposizione avverso l'ordinanza

ingiunzione 27 febbraio 2003, n. 9291, lamentando la ritenuta,

persistente sussistenza della violazione di cui all'art. 9 bis, 3°

comma, 1. 608/96, nonostante l'abrogazione, operata dall'art.

116, 12° comma, 1. 388/00, di tutte le violazioni di norme sul

collocamento di carattere formale.

Nel costituirsi in giudizio, la direzione provinciale del lavoro

di Pistoia ha contestato il fondamento dell'opposizione.

L'opposizione è infondata.

L'art. 116, 12° comma, 1. 388/00 dispone testualmente:

«Ferme restando le sanzioni penali, sono abolite tutte le san

zioni amministrative relative a violazioni in materia di previ denza e assistenza obbligatorie consistenti nell'omissione totale

o parziale del versamento di contributi o premi o dalle quali

comunque derivi l'omissione totale o parziale del versamento di

contributi o premi, ai sensi dell'art. 35, 2° e 3° comma, 1. 24

novembre 1981 n. 689, nonché a violazioni di norme sul collo

camento di carattere formale».

Come reso palese dal tenore letterale della previsione, le vio

lazioni di norme sul collocamento sono considerate dal legisla tore su un piano logicamente equiordinato rispetto a quelle in

materia di previdenza e di assistenza obbligatorie comportanti omissioni contributive o connesse a queste ultime. In definitiva, non viene istituita una correlazione tra genus e species, ma ven

gono descritte ipotesi tra di loro autonome.

Ne discende che il carattere formale delle violazioni in mate ria di collocamento non può derivare dalle loro implicazioni contributive.

Al contrario, occorre andare alla ricerca della finalità delle

norme impositive degli obblighi in materia di collocamento, al

fine di comprendere se le correlate sanzioni puniscano meri ina

dempimenti o assumano un'efficacia repressiva e deterrente ri

spetto a condotte concretamente lesive dell'interesse protetto dal legislatore.

In tale prospettiva è agevole rilevare che la comunicazione

dell'assunzione e la consegna della dichiarazione di assunzione

rispondono ad esigenze sostanziali di controllo dei flussi di ma

nodopera e di trasparenza delle condizioni d'impiego. Si tratta

di finalità concorrenti, ma distinte.

Né può sostenersi che la consegna, all'atto dell'assunzione,

( 1 ) Non constano precedenti editi. La sentenza in rassegna valorizza, al fine di escludere che la mancata consegna della dichiarazione di as

sunzione rientri tra gli illeciti di natura formale oggetto dell'«aboli zione» disposta dall'art. 116, 12° comma, 1. 23 dicembre 2000 n. 388,

proprio l'art. 85 d.leg. 10 settembre 2003 n. 276, che ha abrogato la

violazione, con decorrenza dalla data di entrata in vigore del decreto.

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