sentenza 9 giugno 2004; Pres. Greco, Est. Bazzo; Schnapka (Avv. Benassi, Vescoli) c. Soc. Ufficiocentrale italiano (Avv. Pollina) e altroSource: Il Foro Italiano, Vol. 128, No. 2 (FEBBRAIO 2005), pp. 549/550-553/554Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23200556 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
ne discende che la sospensione dell'efficacia immediata della
sentenza di primo grado non potrebbe sortire alcun effetto utile
per bloccare l'esecuzione forzata, che sarebbe autonomamente
possibile in base al decreto ingiuntivo; l'istanza di sospensione dunque, non potendo sortire l'effetto
sperato dal ricorrente di bloccare l'esecuzione forzata, appare inutile e deve essere respinta per carenza d'interesse.
più diffusa, ancorché non unanimemente condivisa (11) — è quella che
rigetta l'opposizione a decreto ingiuntivo, rivela che, almeno nei limiti della fattispecie in discorso, il legislatore non ha affatto inteso circo scrivere l'esecuzione provvisoria ai soli provvedimenti idonei a costi tuire titolo esecutivo, ma vi ha incluso anche gli effetti meramente di chiarativi della sentenza. Tale constatazione, se da sola può non essere sufficiente a orientare con sicurezza l'interprete verso un'interpretazio ne non angusta delle norme in tema di esecutorietà provvisoria, che consenta di includere nel loro ambito operativo anche le sentenze co stitutive e quelle dichiarative, contribuisce quanto meno a dimostrare che il legislatore talvolta discorre di provvisoria esecuzione con riferi mento a decisioni del tutto insuscettibili di esecuzione forzata in forme
tipiche. Del che non si può non tener conto allorché si tratti di indivi duare l'ambito operativo delle disposizioni generali con le quali il co dice di procedura civile disciplina la produzione degli effetti della sen tenza impugnabile nei modi ordinari.
Gianpaolo Impaonatiello
(11) Nel senso che la sentenza di rigetto dell'opposizione abbia na tura dichiarativa, v. Redenti, Diritto processuale civile, cit., Ili, 32; Satta, Commentario al codice di procedura civile, Milano, 1968, IV, 1, 101; Pajardi, Il procedimento monitorio, cit., 119 s.; Sciacchitano,
Ingiunzione (dir. proc. civ.), voce dell' Enciclopedia del diritto, Milano, 1971, XXI, 519; Valitutji-De Stefano, Il decreto ingiuntivo, cit., 243 ss. In senso diverso, v. Garbagnati, I procedimenti, cit., 250, per il
quale la sentenza di rigetto dell'opposizione è in realtà una sentenza di
condanna, che si sostituisce in toto al decreto; Tomei, Procedimento di
ingiunzione, voce del Digesto civ., Torino, 1996, XIV, 564; Ronco, Struttura e disciplina, cit., 517 ss. La questione meriterebbe sicura mente un'indagine più ampia di quella che qui è possibile svolgere, ma
l'impressione è che le tesi per le quali la sentenza di rigetto dell'oppo sizione contiene non solo il positivo accertamento del diritto di credito, ma anche la statuizione di condanna, finiscano con il ridurre ad unita tem le disposizioni contenute nel 1° e nel 2° comma dell'art. 653
c.p.c., che in realtà riservano un trattamento molto diverso alla sentenza di rigetto (ipotesi non a caso equiparata, quoad effectum, alla dichiara zione di estinzione del processo) e a quella di parziale accoglimento dell'opposizione: mentre nel primo caso è sancita in modo espresso l'acquisizione di efficacia esecutiva da parte del decreto ingiuntivo, nel secondo l'art. 653, 2° comma, si preoccupa di precisare non solo che è la sentenza a sostituirsi al decreto, ma anche che «gli atti di esecuzione
già compiuti in base al decreto conservano i loro effetti nei limiti della somma o della quantità ridotta». Ora, tale disparità di trattamento non avrebbe senso se il legislatore avesse voluto far prevalere la sentenza sul decreto anche in caso di rigetto dell'opposizione, atteso che, se così fosse stato, l'art. 653 avrebbe potuto assai più semplicemente prevedere che, anche quando l'opposizione è rigettata, il titolo è costituito solo dalla sentenza e gli atti esecutivi già compiuti sulla base del decreto conservano la loro efficacia per l'intero credito. Sembra, perciò, prefe ribile attribuire alla sentenza in discorso efficacia dichiarativa, per quanto sia innegabile che si tratti di un'efficacia sui generis, la cui ra
gion d'essere è tutta nella peculiare struttura del procedimento monito rio e nell'esigenza che il decreto ingiuntivo che sopravvive all'esperi mento dell'opposizione non veda subordinata al giudicato formale
l'acquisizione della forza esecutiva.
Il Foro Italiano — 2005.
Gianpaolo Impaonatiello
CORTE D'APPELLO DI VENEZIA; sentenza 9 giugno 2004; Pres. Greco, Est. Bazzo; Schnapka (Avv. Benassi, Ve
scoli) c. Soc. Ufficio centrale italiano (Avv. Pollina) e altro.
CORTE D'APPELLO DI VENEZIA;
Danni in materia civile — Cittadino austriaco — Perdita di un congiunto — Danno morale — Risarcibilità (Disp. sulla legge in generale, art. 16; cod. civ., art. 2059; cod. pen., art. 185; 1. 31 maggio 1995 n. 218, riforma del sistema italia
no di diritto internazionale privato, art. 62; d.leg. 25 luglio 1998 n. 286, t.u. delle disposizioni concernenti la disciplina
dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, art. 2; d.p.r. 31 agosto 1999 n. 394, regolamento recante
norme di attuazione del t.u. delle disposizioni concernenti la
disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello
straniero, a norma dell'art. 1, 6° comma, d.leg. 25 luglio 1998 n. 286, art. 1).
Spetta ad un cittadino austriaco il risarcimento del danno mo
rale per la perdita di un congiunto a seguito di un sinistro
stradale avvenuto in territorio italiano. (1)
(1) I. - La corte veneta non ravvisa impedimenti a riconoscere in fa vore di un cittadino austriaco, la cui madre era deceduta a seguito di una collisione tra veicoli avvenuta su un tratto della rete autostradale
italiana, il danno morale (così qualificato, anche se — sulla scia di Cass. 31 maggio 2003, n. 8828, Foro it., 2003, I, 2272, e per effetto della svolta da tale pronuncia propiziata assieme alla coeva sent.
8827/03, ibid., 2273 — si dovrebbe forse più propriamente parlare di danno non patrimoniale per lesione di valori costituzionalmente garan titi) subito come conseguenza dell'uccisione del congiunto.
Per negare la liquidazione di tale voce di pregiudizio, l'appellante incidentale invocava l'art. 16 disp. prel. c.c., evidenziando l'assenza di
un corrispondente diritto nell'ordinamento austriaco. A tale prospetta zione il collegio giudicante replica con i seguenti argomenti: a) revo cando seriamente in dubbio, alla luce dell'attuale quadro normativo, la
perdurante vigenza del richiamo alla condizione di reciprocità, specie per gli appartenenti a paesi dell'Unione europea (esprime dubbi, al ri
guardo, C. Campiglio, Abrogazione dell'art. 16 preleggi per nuova di
sciplina?, in Riv. dir. internai, privato e proc., 2001, 45; in ogni caso, se ne scorge un ridimensionamento: v. E. Savarese, Alcune considera
zioni in margine alla sentenza 26 novembre 2002 del Tribunale di Ber
gamo: un ulteriore passo verso l'erosione della condizione di recipro cità. in Giur. it., 2003, 2077; E. Calò, Il lento (e auspicato) tramonto
della reciprocità (commento a l. 6 marzo 1998 n. 40), in Notariato,
1998, 281); b) ricordando che il risarcimento concesso a fronte della
perdita definitiva del rapporto parentale è connesso alla tutela di diritti
primari ed inviolabili, rispetto ai quali non operano le limitazioni
eventualmente indotte dalla condizione di reciprocità; c) evidenziando
che, in ogni caso, l'ordinamento austriaco conosce la figura del danno
morale, e tanto basterebbe ai fini della reciprocità, senza bisogno di in
dagare sui limiti ivi previsti per il suo concreto risarcimento (nel senso
che il codice civile austriaco disciplina con una certa ampiezza il danno
morale dovuto per i dolori sofferti o per compensare un valore speciale di affezione, v. V. Varano-V. Barsotti, La tradizione giuridica occi
dentale, 2a ed., Torino, 2004,1, 131). Nel senso che, in virtù dell'art. 2, 2° comma, d.leg. 286/98, lo stra
niero regolarmente soggiornante nel territorio italiano gode degli stessi
diritti civili attribuiti al cittadino italiano, indipendentemente dalla sus
sistenza della reciprocità, v. App. Milano 18 dicembre 2001, Foro it.,
Rep. 2003, voce Straniero, n. 85, e 22 giugno 1999, id., Rep. 2001, vo ce cit., n. 49.
Tra i contributi più recenti in tema di condizione di reciprocità, v. E.
Colombini, Stranieri e condizioni di reciprocità, in Arch, civ., 2003, 469; F. Corbetta, L'attuale rilevanza della condizione di reciprocità nel trattamento dello straniero, in Dir. immigrazione e cittadinanza,
2002, fase. 1, 63; G. Coscia, Condizione di reciprocità e diritto inter
nazionale privato, in Riv. dir. internai, privato e proc., 2001, 557. II. - Analogamente alla pronuncia in epigrafe, v. Trib. Bolzano 27
novembre 2000, Foro it., Rep. 2002, voce Danni civili, n. 186, che di
chiarava di prescindere dall'accertamento della condizione di recipro cità, ai fini della liquidazione del danno morale in favore di un cittadino
comunitario; nonché, prima delle 1. 218/95 e 40/98, Trib. Roma 8 no
vembre 1993, id., Rep. 1994, voce Responsabilità civile, n. 58 (anno tata da G. Molfese, «Godimento» del diritto al risarcimento del danno
da parte del cittadino straniero e suo esercizio in Italia, in Nuovo dir.,
1994, 1155), che, nel risarcire i danni, biologico e morale, subiti dalla
vittima di un incidente automobilistico, escludeva l'operatività della
condizione di reciprocità, facendo leva sull'art. 32 Cost., che indica
l'individuo in quanto tale — e non il cittadino — quale titolare del di
ritto alla salute. Per contro, altre pronunce postulano l'indispensabile verifica della
condizione di reciprocità affinché lo straniero leso in Italia possa invo
care il risarcimento dei danni morali: cfr. Trib. Roma 23 marzo 1996,
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PARTE PRIMA 552
Svolgimento del processo. — Con atto di citazione notificato
in data 18 settembre 1997 Schnapka Georg, cittadino austriaco, conveniva in giudizio, avanti al Tribunale di Venezia, Sarai Ali
e l'Ufficio centrale italiano soc. cons, a r.L, per sentirli con
dannare in solido al risarcimento dei danni patrimoniali e non
patrimoniali subiti a seguito del sinistro stradale avvenuto in
comune di Portogruaro, nella tarda sera del 25 gennaio 1992.
Esponeva che, mentre procedeva lungo l'autostrada Venezia
Trieste, alla guida della sua automobile Mercedes, con accanto
la madre Schnapka Maria, era andato a collidere violentemente
contro la parte posteriore sinistra del semirimorchio, trainato
dalla motrice alla cui guida era Sarai Ali (proprietario del vei
colo), che procedeva nello stesso senso di marcia, a velocità
molto ridotta, con le luci di posizione posteriori non funzio
nanti e con i pannelli retroriflettenti coperti da fango, così da
precludere l'avvistabilità; che, perso il controllo dell'automo
bile, questa si era incendiata, ed era andata distrutta, essendone
conseguito il decesso della madre; si costituiva soltanto l'Uffi
cio centrale italiano, chiedendo il rigetto della domanda, rile
vando l'esclusiva responsabilità del sinistro a carico dello stes
so attore, per l'elevata velocità (superiore a 140 km/h) tenuta
nell'occasione, in ora notturna ed in un tratto autostradale sfor
nito di illuminazione.
Foro it., Rep. 1996, voce Danni civili, n. 123, e 29 gennaio 1993, id., Rep. 1993, voce Assicurazione (contratto), n. 152. Inoltre, il riconosci mento della risarcibilità dei pregiudizi risentiti da uno straniero per la morte di un congiunto è stato assoggettato alla dimostrazione della condizione di reciprocità da Trib. Vicenza 27 aprile 2000. id., Rep. 2001, voce Straniero, n. 50; e, con riferimento alla domanda proposta da un soggetto privo di permesso di soggiorno, da Giud. pace Novara 1° febbraio 2002, id., Rep. 2002, voce Danni civili, n. 242 (annotata da L. Galli, Danno morate sofferto da straniero e risarcibilità - Condi
zioni, in Arch, circolaz., 2002, 586). Per quanto riguarda il diritto dello straniero al risarcimento del danno
biologico, lo assoggetta alla condizione di reciprocità Trib. Padova 5
luglio 2000, Foro it., Rep. 2002, voce cit.. n. 196 (annotata da G. Cam peis-A. De Pauli, La copertura costituzionale del danno biologico è li mitata al solo aspetto statico del danno alla salute, in Nuova giur. civ., 2001,1,663).
In materia di risarcimento del danno, si è ritenuto che la condizione di reciprocità sia soddisfatta tutte le volte in cui la legislazione dello Stato di appartenenza dello straniero accordi al cittadino italiano, senza discriminazioni, adeguata protezione del diritto azionato, mediante il riconoscimento anche in suo favore dell'operatività di istituti giuridici di carattere sostanziale simili a quelli esistenti nel nostro ordinamento, senza che sia necessario riscontrare un'assoluta sovrapponibilità delle forme giuridiche poste in concreto a presidio della posizione così rico nosciuta: cfr. Trib. Monza 8 maggio 1998, Foro it.. Rep. 1998, voce
Straniero, n. 39 (annotata, sotto questo profilo, da P. Gazzi, Risarci mento del danno dello straniero, condizione di reciprocità prevista dall'art. 16 preleggi e fondo di garanzia vittime della strada, in Resp. civ., 1998, 1113).
Nel medesimo senso, con riferimento alla posizione dello straniero coinvolto in un sinistro stradale causato da un veicolo non identificato o non coperto da assicurazione, il quale intenda esercitare il diritto al risarcimento del danno nei confronti del fondo di garanzia per le vitti me della strada, v. Cass. 10 febbraio 1993, n. 1681, Foro it.. 1993, I, 3067, con nota di E. Calò, L'accesso dello straniero al fondo di garan zia per le vittime della strada (annotata altresì da G. Campeis-A. De Pauli, Diritto dello straniero al risarcimento del danno, istituti speciali e reciprocità, in Nuova giur. civ., 1993, I, 648), secondo cui, posto che il fondo di garanzia attiene alle modalità attraverso le quali è assicurato il risarcimento del danno, lo straniero in tal caso è tenuto a dimostrare che lo Stato cui appartiene riconosce al cittadino italiano i diritti con nessi al risarcimento del danno ed all'istituto dell'assicurazione, mentre è irrilevante la presenza di un istituto analogo al fondo di garanzia nel l'ordinamento estero.
Nel senso che il cittadino italiano, qualora convenga un cittadino straniero dinanzi al giudice italiano per il risarcimento del danno da in cidente stradale, non può beneficiare del maggior termine prescrizio nale stabilito nello Stato a cui quest'ultimo appartiene, perché si appli ca la lex fori, senza che rilevi l'esistenza della condizione di reciproci tà, v. Cass. 1° agosto 2000, n. 10026, Foro it., Rep. 2000, voce Diritto internazionale privato, n. 59.
Per le questioni probatorie relative alla sussistenza della condizione di reciprocità, v. Cass. 7 luglio 2000, n. 10360, id., 2001, I, 136; 15
giugno 2000, n. 8171, id., 2000. I, 3525 (annotata da G. Campeis-A. De Pauli, In tema di reciprocità, ai sensi dell'art. 16 disp. prel. c.c., sol tanto l'esistenza di un istituto analogo (e non la mancata discrimina zione) va provata da chi l'invoca, in Nuova giur. civ., 2001, I, 192). [A. Palmieri]
Il Foro Italiano — 2005.
Il Sarai, notificato presso l'Ufficio centrale italiano, restava
contumace.
A seguito di istruzione anche testimoniale, con sentenza n.
511/00, l'adito tribunale, accertata la concorrente responsabilità di entrambi i conducenti, e ciò in parti eguali, condannava il Sa
rai e l'Ufficio centrale italiano, in solido tra loro, a risarcire al
l'attore il danno, complessivamente liquidato, per la quota del
cinquanta per cento, in lire 57.963.000, con gli interessi com
pensativi dal giorno del sinistro, nonché alla rifusione delle spe se di lite.
Il primo giudice, premessa l'irrilevanza nel presente giudizio dell'esito del processo penale svoltosi avanti al Pretore di Ve
nezia-Portogruaro contro il Sarai e Schnapka Georg per il de
litto di omicidio colposo (per la morte della madre di quest'ul
timo), osservava, in ordine all'ara, che era indiscutibile la re
sponsabilità dello stesso attore, in quanto procedeva ad una ve
locità sensibilmente superiore a quella consentita (giusta le ri
sultanze della perizia disposta in sede penale), ed utilizzando le
sole luci anabbaglianti; che eguale colpa era emersa a carico del
Sarai, la cui condotta si poneva in spregio delle più elementari
regole di prudenza (le luci di posizione posteriori non erano
funzionanti, ed i pannelli posteriori rifrangenti erano sporchi di
fango), essendo dunque il semirimorchio in condizioni tali da
limitare fortemente la visibilità dell'autotreno (come subito no
tato e segnalato da un addetto alla stazione di rifornimento di
carburante, escusso in sede testimoniale).
Quanto alla liquidazione dei danni, essi erano così determi
nati: il danno patrimoniale (per distruzione dell'automobile,
spese funeratizie, diritti cimiteriali e spese varie) in complessi ve lire 39.801.000; quello biologico da inabilità temporanea, e
relativo danno non patrimoniale, in lire 1.125.000; il danno
morale per il decesso della madre dello Schnapka in lire
75.000.000. A tal riguardo il tribunale evidenziava, in relazione
al danno morale, secondo quanto previsto dagli art. 2059 c.c. e
185 c.p., che, nonostante la non risarcibilità nell'ordinamento
austriaco dei danni morali, il principio di reciprocità (di cui al
l'art. 16 preleggi, invocato dall'Ufficio centrale italiano) non
era ostativo all'accoglimento della domanda, essendo soltanto
sufficiente che lo Stato estero ammetta i cittadini italiani al go dimento dei medesimi diritti civili attribuiti ai propri cittadini.
Schnapka Georg ha proposto appello con l'atto di citazione in
epigrafe, insistendo per l'integrale accoglimento delle svolte
pretese risarcitorie, o comunque per l'attribuzione al Sarai della
responsabilità largamente prevalente. L'Ufficio centrale italiano si è costituito chiedendo il totale
rigetto del gravame e proponendo appello incidentale quanto al
capo relativo al danno morale riconosciuto allo Schnapka per la
morte della madre, chiedendo pertanto la restituzione di quanto ricevuto a tale titolo, con relativi interessi.
La causa, nella contumacia di Sarai Ali, è stata quindi tratte
nuta a sentenza, sulle rispettive conclusioni in premesse tra
scritte, previa assegnazione alle parti dei termini per lo scambio delle comparse conclusionali e delle repliche, e decisa nell'o dierna camera di consiglio.
Motivi della decisione. — (Omissis). A sua volta l'Ufficio
centrale italiano nel suo appello incidentale sottolinea l'erronea
attribuzione allo Schnapka del danno morale per la perdita di
congiunto, evidenziando l'erronea interpretazione del principio posto dall'art. 16 disp. sulla legge in generale, dato che lo stesso
primo giudice aveva escluso la presenza nell'ordinamento au
striaco di un diritto eguale a quello preteso in giudizio, in punto di risarcibilità del danno morale; di talché la domanda relativa
doveva essere de plano rigettata, non essendo sufficiente la sus
sistenza di una condizione di parità di trattamento.
Anche tale doglianza risulta infondata.
Invero, pur non apparendo di per sé condivisibili le argo mentazioni svolte sul punto dal tribunale, la corte deve innan
zitutto rilevare la progressiva erosione del campo di applicazio ne dell'art. 16 preleggi (norma che appare frutto di un'elabora
zione dogmatica che risentiva del richiamo al principio di na
zionalità: cfr. Cass. 10 febbraio 1993, n. 1681, Foro it., 1993,1, 3067), essendovi l'esigenza di coordinare la clausola di recipro cità da un lato con la nuova disciplina sistematica in materia di
diritto internazionale privato (atteso che l'art. 62 1. 31 maggio 1995 n. 218 stabilisce che la responsabilità per fatto illecito è
regolata dalla legge dello Stato in cui si è verificato l'evento, essendo facoltà del danneggiato chiedere comunque l'applica
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
zione della legge del luogo in cui si è verificato il fatto produtti vo del danno), dall'altro con la sopravvenuta disciplina del
l'immigrazione e sulla condizione dello straniero di cui al d.leg. 25 luglio 1998 n. 286 ed al d.p.r. 31 agosto 1999 n. 394 (rego lamento di attuazione), atteso che in base a tale nuova disciplina l'attribuzione dei diritti civili al cittadino straniero, regolar mente soggiornante in Italia, non è più soggetta alla condizione
di reciprocità (v. art. 2 citato d.leg., nonché l'art. 1 d.p.r. 394/99), determinandosi, sotto questo profilo, una palese abro
gazione tacita, in parte qua, per incompatibilità, della norma in
esame. Ma soprattutto le limitazioni previste dal medesimo art.
16 preleggi si rivelano inapplicabili ai cittadini dei paesi appar tenenti all'Unione europea, e dunque nella presente fattispecie (essendo l'attore cittadino austriaco), non potendosi ammettere
l'efficacia di una norma di diritto interno che consenta un trat
tamento differenziato quanto al godimento dei diritti civili nei
confronti di un cittadino comunitario, in contrasto con il fonda
mentale principio di non discriminazione nell'ambito dello spa zio giuridico dell'Unione, per tutti i cittadini degli Stati membri.
A ciò va aggiunto che il richiamo alla condizione di recipro cità nella specifica materia risarcitoria, con riferimento al danno
non patrimoniale in esame, non risulta nemmeno più appagante sotto il profilo dell'assenza, a livello costituzionale, di una pro tezione primaria del diritto leso, essendo ormai pacifica all'in
contrario la rilevanza costituzionale della tutela da assicurare al
diritto della persona danneggiata a causa dell'uccisione o della
menomazione di un congiunto, per la necessaria intangibilità della sfera degli affetti e della reciproca solidarietà che si svolge nell'ambito della famiglia, nonché per l'inviolabilità «della li
bera e piena esplicazione delle attività realizzatrici della persona umana nell'ambito della famiglia, la cui tutela è ricollegabile
agli art. 2, 29 e 30 Cost.» (così Cass. 31 maggio 2003, n. 8828, id., 2003, I, 2272; ed analogamente la coeva Cass. 31 maggio 2003, n. 8827, ibid., 2273).
Tale innovativo orientamento giurisprudenziale, che ha tro
vato immediata eco, quale vero e proprio diritto vivente, nella
sentenza della Corte costituzionale 11 luglio 2003, n. 233 (ibid.,
2201) e che raccorda direttamente la riparazione del danno de
quo alla lesione di interessi costituzionalmente protetti, non può che comportare una rivisitazione dei limiti di operatività della
norma posta dall'art. 16 preleggi. Quest'ultima, in definitiva, ove possa ritenersi tuttora applicabile nei confronti di un citta
dino comunitario (ipotesi che come sopra visto non appare da
condividere), non può estendersi fino ad escludere la tutela dei
diritti primari ed inviolabili connessi alla sfera più intima della persona umana in quanto tale, per le conseguenze di natura non
patrimoniale derivanti dalla perdita di uno stretto congiunto. Solo per mera completezza va infine sottolineato che, come
ribadito dallo Schnapka, il danno morale non è affatto scono
sciuto all'ordinamento austriaco, essendo invero previsto dal
l'art. 1325 ABGB (Schmerzensgeld), senza che rilevino i limiti
rigorosi già seguiti in passato dalla giurisprudenza interna
quanto all'estensione del risarcimento ed alle difficoltà proba torie conseguenti, essendo sufficiente la previsione di un diritto
analogo, e senza alcuna discriminazione per i cittadini italiani
(v., ex plurimis, Cass. 19 giugno 1995, n. 6918, id., Rep. 1995, voce Giurisdizione civile, n. 30, nonché Cass. 1681/93, su ci
tata). E del resto a ben vedere l'Ufficio centrale italiano ha
contestato la risarcibilità del solo danno morale per la compo nente relativa all'uccisione della madre, convivente con il dan
neggiato, ma non anche per la (pur modesta) voce relativa al
l'ulteriore danno non patrimoniale (da identificare chiaramente
nel danno morale «soggettivo»), liquidato in una con il danno
biologico, e commisurata alla metà di quest'ultimo, a conferma
della non linearità delle critiche addotte a tal riguardo alla sen
tenza.
Questa, in definitiva, merita integrale conferma, sia pure con
la diversa motivazione sopra prospettata, con rigetto anche del
l'appello incidentale.
Il Foro Italiano — 2005.
TRIBUNALE DI PISTOIA; sentenza 10 gennaio 2005; Giud. De Marzo; Nevini (Avv. Niccolai) c. Direzione provinciale del lavoro di Pistoia.
TRIBUNALE DI PISTOIA;
Sanzioni amministrative e depenalizzazione — Dichiarazio
ne contenente i dati della registrazione nel libro matricola — Omessa consegna al lavoratore — Violazioni formali in
materia di collocamento — Abrogazione — Rilevanza —
Esclusione (D.l. 1° ottobre 1996 n. 510, disposizioni urgenti in materia di lavori socialmente utili, di interventi a sostegno del reddito e nel settore previdenziale, art. 9 bis; 1. 28 novem
bre 1996 n. 608, conversione in legge, con modificazioni, del
d.l. 1° ottobre 1996 n. 510, art. unico; 1. 23 dicembre 2000 n.
388, disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2001), art. 116; d.leg. 19 dicembre 2002 n. 297, disposizioni modificative e correttive del d.leg. 21 aprile 2000 n. 181, recante norme per
agevolare l'incontro tra domanda e offerta di lavoro, in attua
zione dell'art. 45, 1° comma, lett. a, 1. 17 maggio 1999 n.
144, art. 6, 7; d.leg. 10 settembre 2003 n. 276, attuazione
delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla 1. 14 febbraio 2003 n. 30, art. 85).
L'illecito amministrativo consistente nella mancata consegna al
lavoratore della dichiarazione contenente i dati della regi strazione nel libro matricola non rientra nell'ambito del
l'abrogazione delle violazioni formali in materia di colloca
mento disposta dall'art. 116, 12° comma, l. 23 dicembre 2000
n. 388. (1)
Fatto e diritto. — Con ricorso depositato il 5 aprile 2004, Ne
vini Laura ha proposto opposizione avverso l'ordinanza
ingiunzione 27 febbraio 2003, n. 9291, lamentando la ritenuta,
persistente sussistenza della violazione di cui all'art. 9 bis, 3°
comma, 1. 608/96, nonostante l'abrogazione, operata dall'art.
116, 12° comma, 1. 388/00, di tutte le violazioni di norme sul
collocamento di carattere formale.
Nel costituirsi in giudizio, la direzione provinciale del lavoro
di Pistoia ha contestato il fondamento dell'opposizione.
L'opposizione è infondata.
L'art. 116, 12° comma, 1. 388/00 dispone testualmente:
«Ferme restando le sanzioni penali, sono abolite tutte le san
zioni amministrative relative a violazioni in materia di previ denza e assistenza obbligatorie consistenti nell'omissione totale
o parziale del versamento di contributi o premi o dalle quali
comunque derivi l'omissione totale o parziale del versamento di
contributi o premi, ai sensi dell'art. 35, 2° e 3° comma, 1. 24
novembre 1981 n. 689, nonché a violazioni di norme sul collo
camento di carattere formale».
Come reso palese dal tenore letterale della previsione, le vio
lazioni di norme sul collocamento sono considerate dal legisla tore su un piano logicamente equiordinato rispetto a quelle in
materia di previdenza e di assistenza obbligatorie comportanti omissioni contributive o connesse a queste ultime. In definitiva, non viene istituita una correlazione tra genus e species, ma ven
gono descritte ipotesi tra di loro autonome.
Ne discende che il carattere formale delle violazioni in mate ria di collocamento non può derivare dalle loro implicazioni contributive.
Al contrario, occorre andare alla ricerca della finalità delle
norme impositive degli obblighi in materia di collocamento, al
fine di comprendere se le correlate sanzioni puniscano meri ina
dempimenti o assumano un'efficacia repressiva e deterrente ri
spetto a condotte concretamente lesive dell'interesse protetto dal legislatore.
In tale prospettiva è agevole rilevare che la comunicazione
dell'assunzione e la consegna della dichiarazione di assunzione
rispondono ad esigenze sostanziali di controllo dei flussi di ma
nodopera e di trasparenza delle condizioni d'impiego. Si tratta
di finalità concorrenti, ma distinte.
Né può sostenersi che la consegna, all'atto dell'assunzione,
( 1 ) Non constano precedenti editi. La sentenza in rassegna valorizza, al fine di escludere che la mancata consegna della dichiarazione di as
sunzione rientri tra gli illeciti di natura formale oggetto dell'«aboli zione» disposta dall'art. 116, 12° comma, 1. 23 dicembre 2000 n. 388,
proprio l'art. 85 d.leg. 10 settembre 2003 n. 276, che ha abrogato la
violazione, con decorrenza dalla data di entrata in vigore del decreto.
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