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sentenza 9 luglio 1999, n. 283 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 14 luglio 1999, n. 28); Pres....

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sentenza 9 luglio 1999, n. 283 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 14 luglio 1999, n. 28); Pres. Granata, Est. Mirabelli; Miceli e altra (Avv. Miceli). Ord. App. Roma 3 luglio 1998 (G.U., 1 a s.s., n. 42 del 1998) Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 9 (SETTEMBRE 1999), pp. 2417/2418-2419/2420 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23193602 . Accessed: 28/06/2014 17:02 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 46.243.173.29 on Sat, 28 Jun 2014 17:02:31 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sentenza 9 luglio 1999, n. 283 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 14 luglio 1999, n. 28); Pres. Granata, Est. Mirabelli; Miceli e altra (Avv. Miceli). Ord. App. Roma 3 luglio 1998

sentenza 9 luglio 1999, n. 283 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 14 luglio 1999, n. 28); Pres.Granata, Est. Mirabelli; Miceli e altra (Avv. Miceli). Ord. App. Roma 3 luglio 1998 (G.U., 1 as.s., n. 42 del 1998)Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 9 (SETTEMBRE 1999), pp. 2417/2418-2419/2420Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23193602 .

Accessed: 28/06/2014 17:02

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2417 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 2418

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 9 luglio 1999, n. 283

(iGazzetta ufficiale, la serie speciale, 14 luglio 1999, n. 28); Pres. Granata, Est. Mirabelli; Miceli e altra (Avv. Miceli). Ord. App. Roma 3 luglio 1998 (G.U., la s.s., n. 42 del 1998).

CORTE COSTITUZIONALE;

Adozione e affidamento — Dichiarazione di idoneità all'ado

zione — Deroga al divario massimo di età rispetto ad entram

bi i coniugi — Omessa previsione — Incostituzionalità (Cost., art. 2, 3, 31; 1. 4 maggio 1983 n. 184, disciplina dell'adozione

e dell'affidamento dei minori, art. 6).

È incostituzionale l'art. 6, 2° comma, l. 4 maggio 1983 n. 184,

nella parte in cui non prevede che il giudice possa disporre

l'adozione, valutando esclusivamente l'interesse del minore,

quando l'età di entrambi i coniugi adottanti superi di oltre

quarant'anni l'età dell'adottando, pur rimanendo la differen

za di età compresa in quella che di solito intercorre tra geni tori e figli, se dalla mancata adozione deriva un danno grave

e non altrimenti evitabile per il minore. (1)

Diritto. — 1. - La questione di legittimità costituzionale con

cerne la norma che, nel contesto della disciplina dell'adozione

dei minori, stabilisce il divario massimo di età che può intercor

rere tra i coniugi adottanti e l'adottando.

Investita dell'impugnazione contro la mancata dichiarazione

di idoneità preordinata all'adozione di un minore straniero che,

a seguito dei periodi legittimamente trascorsi presso quel nucleo

(1) I. - Nella perdurante latitanza del legislatore — che, occupandosi dei problemi dell'adozione internazionale con la 1. 31 dicembre 1998

n. 476 (ratifica ed esecuzione della convenzione per la tutela dei minori

e la cooperazione in materia di adozione internazionale, fatta a L'Aja il 29 maggio 1993 e parziale modifica della disciplina dell'adozione in

ternazionale dettata dalla 1. n. 184 del 1983), non poteva ignorare il

principio, affermato da una giurisprudenza costituzionale, da ritenere

ormai consolidata, secondo cui la regola del divario di età, minimo

e massimo, tra adottanti e adottando può essere derogato, rimanendo

nell'ambito della differenza di età che di solito intercorre tra genitori e figli, se dalla mancata adozione deriva un danno grave e non altri

menti evitabile per il minore — la Corte costituzionale continua con

pazienza e coerenza nella costruzione di un sistema normativo che resta

molto faticoso ricondurre a coerenza in fase applicativa. I precedenti specifici, puntualmente richiamati nella sentenza che si

riporta, sono costituiti, da una parte dalla sentenza 24 luglio 1996, n.

303 (est. Mirabelli), Foro it., 1997, I, 51, con nota di richiami (la sen

tenza è annotata da F. Cosentino, ibid., 53; Lamarque, in Giur. co

stit., 1996, 2503; A. Finocchiaro, in Giust. civ., 1996, I, 2177; Cri

stiani, ibid., 3107; Figone, in Famiglia e dir., 1996, 407; Manera, in Nuovo dir., 1996, 749; Morani, in Giur. it., 1997, I, 191; Ebene,

in Nuove leggi civ., 1997, 640; M.T. Ambrosini, in Dir. famiglia, 1997,

30; Galuppi, ibid., 33; Canzi, ibid., 35; Cenci, ibid., 37; Vaccaro,

ibid., 51; Sacchetti, ibid., 437; Panozzo, in Stato civile it., 1998, 248), che affermò il principio della derogabilità (nei limiti sopra indicati) del

divario massimo di età di quarant'anni rispetto a uno dei coniugi adot

tanti, e, dall'altra, dalla sentenza 5 febbraio 1998, n. 10, Foro it., 1999,

I, 1754, che ha dichiarato infondata, perché basata su un presupposto

interpretativo erroneo, la questione di costituzionalità degli art. 6 e 30

1. n. 184 del 1983 (nel testo anteriore alle modifiche apportate con la

1. n. 476 del 1998), nella parte in cui avrebbero impedito al giudice richiesto di pronunciare l'idoneità all'adozione internazionale di indica

re nel provvedimento le caratteristiche della famiglia di accoglienza e,

correlativamente, quelle del minore o dei minori adottandi, ivi compre so il divario di età tra adottanti e adottandi.

II. - Come si avvertiva nella nota a quest'ultima sentenza, la corte

non si occupava del problema, affrontato e risolto dalla sentenza che

si riporta, se, in sede di dichiarazione d'idoneità, tra le peculiarità della

famiglia d'accoglienza, potesse comprendersi anche quella che autoriz

za la deroga, rispetto a un minore già individuato (il che soltanto rende

possibile la valutazione della sussistenza dei limiti al potere derogato

rio), del divario di età.

Un qualche rilievo sulla problematica di cui si tratta può assumere

il nuovo art. 29 bis 1. n. 184 del 1983, introdotto con l'art. 3 1. n.

476 del 1998 (in conformità, peraltro, con quanto disposto dall'art.

15 della convenzione internazionale ratificata con la stessa legge), nella

parte in cui, al 4° comma, nell'indicare l'oggetto della relazione dei

servizi socio-assistenziali sull'idoneità degli aspiranti all'adozione inter

nazionale, prevede che gli stessi acquisiscano elementi di valutazione

sulle «eventuali caratteristiche particolari dei minori che essi sarebbero

in grado di accogliere». III. - Sulla derogabilità del limite minimo di età dei diciotto anni,

v. Corte cost. 9 ottobre 1998, n. 349, ibid., con nota di Dosi, in Guida

al dir., 1998, fase. 41, 33.

Il Foro Italiano — 1999 — Parte /-45.

familiare, aveva stabilito con i coniugi ricorrenti un particolare

rapporto affettivo ed educativo, ma rispetto al quale entrambi

i coniugi superavano di poco il divario massimo di età stabilito

quale requisito per l'adozione dall'art. 6, 2° comma, 1. 4 mag

gio 1983 n. 184 (disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei

minori), la Corte d'appello di Roma, sezione minorenni, ritiene

che questa disposizione, da applicare in base all'art. 30 della

stessa legge anche all'adozione internazionale, sia in contrasto

con gli art. 2, 3 e 31 Cost., nella parte in cui non consente

l'adozione di un minore in stato di adottabilità che abbia già instaurato con gli adottanti profondi legami, quando l'età di

questi ultimi superi di più di quarant'anni l'età dell'adottando,

pur rimanendo la differenza di età compresa in quella che di

solito intercorre tra genitori e figli e dalla mancata adozione

derivi al minore un danno grave e non altrimenti evitabile.

Ad avviso del giudice rimettente, anche quando entrambi i

coniugi superino l'ordinario divario di età con l'adottando do

vrebbero valere le ragioni che, in analoghe circostanze di neces

sità per il minore, hanno portato alla dichiarazione di illegitti mità costituzionale della disposizione, ora nuovamente denun

ciata, nella parte in cui non prevedeva che il giudice potesse

disporre l'adozione, anche quando l'età di uno dei coniugi adot

tanti superasse il divario di età, rispetto all'adottando, da essa

stabilito (sentenza n. 303 del 1996, Foro it., 1997, I, 51). La norma, quale risulta a seguito della precedente dichiara

zione d'illegittimità costituzionale, consentirebbe la deroga al

limite del divario di età quando uno solo dei coniugi lo superi. La deroga, costituendo un'eccezione alla regola generale, non

potrebbe essere estesa interpretativamente dal giudice. Ma la

mancata previsione della possibilità di deroga quando il limite

del divario di età sia superato da entrambi gli adottanti contra

sterebbe con i principi che la Costituzione stabilisce per la pro tezione dei minori (art. 2, 3 e 31), giacché deve essere garantito a questi ultimi il diritto, considerato inviolabile, allo sviluppo

della loro personalità, e devono essere rimossi gli ostacoli che

si frappongono a tale pieno sviluppo. Per raggiungere questi

obiettivi, la disciplina dell'adozione dovrebbe assicurare la pro

tezione della personalità ed il preminente interesse del minore,

consentendo che questi sia inserito in una famiglia che gli assi

curi un sereno sviluppo. 2. - La questione di legittimità costituzionale è stata sollevata

nel corso della fase del procedimento per l'adozione internazio

nale destinata ad accertare l'idoneità dei coniugi, indipendente mente ed anzi prima che l'autorità straniera emani il provvedi mento di adozione, destinato ad essere, successivamente, dichia

rato efficace in Italia.

La dichiarazione di idoneità, per il suo carattere preliminare

e generico, solitamente non è correlata ad un minore già indivi

duato. Ciò non esclude che il decreto motivato del tribunale

per i minorenni che dichiara tale idoneità (art. 30 1. n. 184 del

1983) possa contenere, per la necessaria collaborazione con l'au

torità straniera — che ispira ora anche la convenzione per la

tutela del minore e la cooperazione internazionale in materia

di adozione (fatta a L'Aja nel 1993, ratificata e resa esecutiva

con 1. 31 dicembre 1998 n. 476) —, ogni elemento necessario

o utile perché possa essere efficacemente tutelato l'interesse del

minore, da porre in relazione alle caratteristiche della famiglia

adottiva, le quali devono essere apprezzate dall'autorità stranie

ra per valutare se quella famiglia soddisfa in concreto le neces

sità del fanciullo (cfr. sentenza n. 10 del 1998, id., 1999, I,

1754). Nell'interesse di quest'ultimo, quando uno dei requisiti

previsti dalla legge italiana per l'adozione sussiste solo in rela

zione alla situazione di uno specifico minore, il quale abbia un

particolare rapporto con i coniugi che intendono adottarlo, la

valutazione e l'enunciazione di tale elemento condizionante l'i

doneità rientra naturalmente nel contesto del provvedimento che

l'accerta.

Il giudice rimettente ha dunque ritenuto, correttamente, di

apprezzare sin dalla fase del procedimento per l'adozione inter

nazionale, destinata ad accertare l'idoneità dei coniugi, la sussi

stenza di condizioni che consentano di derogare al requisito,

stabilito come regola generale, del divario massimo di età tra

adottanti e adottando; deroga che può essere affermata solo

in rapporto alla situazione di uno specifico minore già indivi

duato. Anche in questa fase del giudizio può trovare, quindi,

applicazione la norma, oggetto dell'eccezione di legittimità co

stituzionale, che disciplina il limite dell'età per l'adozione, sic

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2419 PARTE PRIMA 2420

ché l'incidentale soluzione del dubbio di costituzionalità è rile

vante ai fini della decisione che il giudice rimettente è chiamato

ad emettere.

3. - La questione di legittimità costituzionale, prospettata nei

confronti del combinato disposto degli art. 6 e 30 1. n. 184

del 1983, è da considerare riferita all'art. 6, 2° comma, stessa

legge: la sola disposizione che stabilisce, come regola generale

per l'adozione di minori sia italiani che stranieri, i limiti del divario di età che devono sussistere fra adottanti e adottando.

A tale disposizione l'art. 30 stessa legge semplicemente rinvia

per indicare i requisiti che devono essere accertati per la dichia

razione di idoneità all'adozione internazionale.

4. - Nel merito la questione è fondata, nei limiti di seguito

precisati. La differenza di età tra gli adottanti ed il minore non costi

tuisce un elemento accidentale ed accessorio dell'idoneità dei

coniugi ad adottare, ma è anzi un elemento essenziale perché

possa essere soddisfatto l'interesse del minore in stato di abban

dono ad essere definitivamente inserito in una famiglia di acco

glienza, che pienamente sostituisca quella naturale, instaurando

un legame di filiazione legale con gli adottanti, i quali assumo

no i doveri e le potestà proprie dei genitori (sentenza n. 349

del 1998, ibid.). La differenza di età che separa il minore dai genitori adottivi

deve essere contenuta in limiti analoghi a quelli che ordinaria

mente intercorrono tra genitori e figli (v. art. 8 della convenzio

ne europea in materia di adozione di minori firmata a Strasbur

go nel 1967, ratificata e resa esecutiva con 1. 22 maggio 1974

n. 357), proprio perché tra adottanti e adottato si costituisca

un rapporto non dissimile da quello naturale.

Il legislatore può, nell'esercizio della discrezionalità che gli è propria, stabilire i limiti del divario di età, sia minimo che massimo, tra adottanti ed adottando, determinandolo in rispon denza alle finalità che caratterizzano l'adozione legittimante e

tenendo conto del contesto sociale nel quale questo istituto è

destinato ad operare. Ma tale regola non può essere così assolu

ta da non tollerare, sempre che si rimanga nell'ambito di un

divario di età compatibile con la funzione dell'adozione legitti

mante, alcuna eccezione: neanche quando la deroga alla regola

generale non sia richiesta in ragione dell'ordinario interesse del

minore a trovare una famiglia di accoglienza, interesse che può essere diversamente soddisfatto, ma risponda invece alla neces

sità di salvaguardare il minore da un danno grave e non altri

menti evitabile che a lui deriverebbe dal mancato inserimento

in quella specifica famiglia adottiva, la sola che possa soddisfa re tale esigenza.

In una simile situazione, e nei limiti in cui l'eccezione rispon da ad un rigoroso criterio di necessità, è stata già affermata, in riferimento ai principi costituzionali che garantiscono la pro tezione dei minori (art. 2 e 31 Cost.), l'illegittimità costituzio nale dell'art. 6, 2° comma, 1. n. 184 del 1983 (sentenza n. 303

del 1996, cit.). In correlazione con la situazione allora esamina

ta, la pronuncia d'illegittimità costituzionale è stata contenuta

nell'ipotesi in cui uno solo dei coniugi adottanti superasse di oltre quaranta anni l'età dell'adottato.

La medesima situazione di necessità per il minore giustifica la deroga che si renda egualmente indispensabile, per evitare il danno grave che gli deriverebbe dal mancato inserimento in

quella specifica famiglia adottiva, anche quando la deroga si riferisca ad entrambi i coniugi adottanti, sempre che il divario di età si mantenga in quello che solitamente intercorre tra geni tori e figli.

Non sarebbe difatti ragionevole non assicurare anche in tale

situazione la medesima tutela per il minore che ne abbia necessità. Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegitti

mità costituzionale dell'art. 6, 2° comma, 1. 4 maggio 1983 n. 184 (disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori), nella

parte in cui non prevede che il giudice possa disporre l'adozio

ne, valutando esclusivamente l'interesse del minore, quando l'e tà dei coniugi adottanti superi di oltre quarant'anni l'età dell'a

dottando, pur rimanendo la differenza di età compresa in quel la che di solito intercorre tra genitori e figli, se dalla mancata adozione deriva un danno grave e non altrimenti evitabile per il minore.

Il Foro Italiano — 1999.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 17 giugno 1999, n. 241

(<Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 23 giugno 1999, n. 25); Pres. Granata, Est. Mezzanotte. Ord. App. Venezia 9 lu

glio 1997 (G.U., la s.s., n. 41 del 1997).

Astensione, ricusazione e responsabilità del giudice — Giudice

che abbia pronunciato sentenza — Successivo giudizio nei con

fronti dello stesso imputato in ordine alla medesima condotta — Incompatibilità — Omessa previsione — Incostituzionalità

(Cost., art. 3, 24; cod. proc. pen., art. 34).

È incostituzionale l'art. 34, 2° comma, c.p.p., nella parte in

cui non prevede che non possa partecipare al giudizio nei con

fronti di un imputato il giudice che abbia pronunciato o con

corso a pronunciare sentenza nei confronti dello stesso impu tato per il medesimo fatto. (1)

Fatto. — Con ordinanza in data 9 luglio 1997, la Corte d'ap

pello di Venezia, nel corso di un procedimento di ricusazione, ha sollevato, in riferimento agli art. 3 e 24 Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art. 34, 2° comma, c.p.p., nella

parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio nei confronti di un imputato il giudice che abbia pronunciato

(1) L'odierna pronuncia attesta — ove ancora se ne ravvisasse la ne cessità — come la drastica svolta operata da Corte cost. 1° ottobre

1997, nn. 306, 307 e 308 (Foro it., 1997, I, 2721, con osservazioni di Di Chiara) non fosse comunque in grado di esaurire definitivamente il copiosissimo filone delle declaratorie d'incostituzionalità dell'art. 34, 2° comma, c.p.p. inaugurato — con una mutazione cromosomica irre

versibile, come felicemente la si è diagnosticata (cfr. Conti, L'incom

patibilità del giudice tra microconflittualità costituzionale e prospettive di riforma ordinamentaie, in I nuovi binari del processo penale. Tra

giurisprudenza costituzionale e riforme, Atti del convegno di Napoli, Milano, 1996, 199) — da Corte cost. 26 ottobre 1990, n. 496 (Foro it., 1991, I, 719): ove si percorra quell'itinerario residuano a tutt'oggi ambiti (che possono ritenersi) sforniti di garanzia e che, in quanto tali, rimangono esposti ad interventi di tipo manipolativo.

La pronuncia in epigrafe (su cui cfr., per una prima lettura, Bric

chetti, Con l'ennesima incompatibilità rilevata un tentativo per defini re il «medesimo fatto», in Guida ai dir., 1999, fase. 26, 119 s.) sembra anzitutto caratterizzarsi per un impianto motivazionale assai semplice, in ciò distanziandosi dalle sofisticate strutture proprie della appena ri chiamata «trilogia d'ottobre» (su cui cfr., tra gli altri, per un'analisi, Di Chiara, Più che all'incompatibilità si guardi adesso alle cause di astensione e ricusazione, in Dir. pen. e proc., 1998, 237 ss.). Ove, poi, si abbia cura di riguardarla nel quadro degli sviluppi della giurispruden za costituzionale in tema, la pronuncia costituisce ex professo un'evolu zione — ed, anzi, quasi una longa manus — della ratio decidendi di Corte cost. 2 novembre 1996, n. 371 (Foro it., 1997, I, 15, con nota di Di Chiara, In tema di incompatibilità «endoprocessuale allargata»: appunti su Corte cost. 371/96): in quella ipotesi la scure dell'incostitu zionalità aveva colpito l'art. 34, 2° comma, c.p.p. «nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio nei confronti di un

imputato il giudice che abbia pronunciato o concorso a pronunciare una precedente sentenza nei confronti di altri soggetti, nella quale la

posizione di quello stesso imputato in ordine alla sua responsabilità penale sia già stata comunque valutata»; e la corte aveva, di seguito, rimarcato come, in quella emblematica fattispecie concernente un'im

putazione «composta» per reati associativi, i diversi separati processi in cui era stato smembrato il complessivo addebito a concorso necessa rio si mostravano, per contro, quali inscindibili tessere di una realtà

processuale unitaria, sicché anche quella declaratoria d'incostituzionali tà — ancora ad avviso della corte — si appalesava del tutto in linea con gli sviluppi della giurisprudenza costituzionale in materia, ancorati all'identità soggettiva e oggettiva della regiudicanda (in tal senso, oltre alle già citate sentenze nn. 306, 307 e 308 del 1997, cfr., altresì, Corte cost. 14 novembre 1997, n. 331, id., 1998, I, 349, e 21 novembre 1997, n. 351, ibid., 1006). A fortiori — sottolinea oggi la corte — l'incompa tibilità non può non sussistere nell'ipotesi di concorso formale di reati contestati in separati processi: l'avere il giudice, in una precedente sen

tenza, già valutato o concorso a valutare la medesima condotta poi addebitata — a titolo di concorso formale — al medesimo imputato provoca l'insorgere di quella «forza della prevenzione» che rende lo stesso giudice incompatibile a conoscere della «nuova» regiudicanda; nella ritenuta assenza di una norma che tale incompatibilità preveda, ed essendo, in tal caso, praticabile la via di un'organizzazione preventi va e strutturale a tutela della garanzia di terzietà del giudice (su tale

parametrazione, cfr. i percorsi tracciati ancora dalle sentenze nn. 306, 307 e 308 del 1998), ne è conseguita l'ennesima declaratoria d'incostitu zionalità «per omissione» dell'art. 34, 2° comma, c.p.p. in parte qua. [G. Di Chiara]

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