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sentenza 9 luglio 1999, n. 283 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 14 luglio 1999, n. 28); Pres.Granata, Est. Mirabelli; Miceli e altra (Avv. Miceli). Ord. App. Roma 3 luglio 1998 (G.U., 1 as.s., n. 42 del 1998)Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 9 (SETTEMBRE 1999), pp. 2417/2418-2419/2420Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23193602 .
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2417 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 2418
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 9 luglio 1999, n. 283
(iGazzetta ufficiale, la serie speciale, 14 luglio 1999, n. 28); Pres. Granata, Est. Mirabelli; Miceli e altra (Avv. Miceli). Ord. App. Roma 3 luglio 1998 (G.U., la s.s., n. 42 del 1998).
CORTE COSTITUZIONALE;
Adozione e affidamento — Dichiarazione di idoneità all'ado
zione — Deroga al divario massimo di età rispetto ad entram
bi i coniugi — Omessa previsione — Incostituzionalità (Cost., art. 2, 3, 31; 1. 4 maggio 1983 n. 184, disciplina dell'adozione
e dell'affidamento dei minori, art. 6).
È incostituzionale l'art. 6, 2° comma, l. 4 maggio 1983 n. 184,
nella parte in cui non prevede che il giudice possa disporre
l'adozione, valutando esclusivamente l'interesse del minore,
quando l'età di entrambi i coniugi adottanti superi di oltre
quarant'anni l'età dell'adottando, pur rimanendo la differen
za di età compresa in quella che di solito intercorre tra geni tori e figli, se dalla mancata adozione deriva un danno grave
e non altrimenti evitabile per il minore. (1)
Diritto. — 1. - La questione di legittimità costituzionale con
cerne la norma che, nel contesto della disciplina dell'adozione
dei minori, stabilisce il divario massimo di età che può intercor
rere tra i coniugi adottanti e l'adottando.
Investita dell'impugnazione contro la mancata dichiarazione
di idoneità preordinata all'adozione di un minore straniero che,
a seguito dei periodi legittimamente trascorsi presso quel nucleo
(1) I. - Nella perdurante latitanza del legislatore — che, occupandosi dei problemi dell'adozione internazionale con la 1. 31 dicembre 1998
n. 476 (ratifica ed esecuzione della convenzione per la tutela dei minori
e la cooperazione in materia di adozione internazionale, fatta a L'Aja il 29 maggio 1993 e parziale modifica della disciplina dell'adozione in
ternazionale dettata dalla 1. n. 184 del 1983), non poteva ignorare il
principio, affermato da una giurisprudenza costituzionale, da ritenere
ormai consolidata, secondo cui la regola del divario di età, minimo
e massimo, tra adottanti e adottando può essere derogato, rimanendo
nell'ambito della differenza di età che di solito intercorre tra genitori e figli, se dalla mancata adozione deriva un danno grave e non altri
menti evitabile per il minore — la Corte costituzionale continua con
pazienza e coerenza nella costruzione di un sistema normativo che resta
molto faticoso ricondurre a coerenza in fase applicativa. I precedenti specifici, puntualmente richiamati nella sentenza che si
riporta, sono costituiti, da una parte dalla sentenza 24 luglio 1996, n.
303 (est. Mirabelli), Foro it., 1997, I, 51, con nota di richiami (la sen
tenza è annotata da F. Cosentino, ibid., 53; Lamarque, in Giur. co
stit., 1996, 2503; A. Finocchiaro, in Giust. civ., 1996, I, 2177; Cri
stiani, ibid., 3107; Figone, in Famiglia e dir., 1996, 407; Manera, in Nuovo dir., 1996, 749; Morani, in Giur. it., 1997, I, 191; Ebene,
in Nuove leggi civ., 1997, 640; M.T. Ambrosini, in Dir. famiglia, 1997,
30; Galuppi, ibid., 33; Canzi, ibid., 35; Cenci, ibid., 37; Vaccaro,
ibid., 51; Sacchetti, ibid., 437; Panozzo, in Stato civile it., 1998, 248), che affermò il principio della derogabilità (nei limiti sopra indicati) del
divario massimo di età di quarant'anni rispetto a uno dei coniugi adot
tanti, e, dall'altra, dalla sentenza 5 febbraio 1998, n. 10, Foro it., 1999,
I, 1754, che ha dichiarato infondata, perché basata su un presupposto
interpretativo erroneo, la questione di costituzionalità degli art. 6 e 30
1. n. 184 del 1983 (nel testo anteriore alle modifiche apportate con la
1. n. 476 del 1998), nella parte in cui avrebbero impedito al giudice richiesto di pronunciare l'idoneità all'adozione internazionale di indica
re nel provvedimento le caratteristiche della famiglia di accoglienza e,
correlativamente, quelle del minore o dei minori adottandi, ivi compre so il divario di età tra adottanti e adottandi.
II. - Come si avvertiva nella nota a quest'ultima sentenza, la corte
non si occupava del problema, affrontato e risolto dalla sentenza che
si riporta, se, in sede di dichiarazione d'idoneità, tra le peculiarità della
famiglia d'accoglienza, potesse comprendersi anche quella che autoriz
za la deroga, rispetto a un minore già individuato (il che soltanto rende
possibile la valutazione della sussistenza dei limiti al potere derogato
rio), del divario di età.
Un qualche rilievo sulla problematica di cui si tratta può assumere
il nuovo art. 29 bis 1. n. 184 del 1983, introdotto con l'art. 3 1. n.
476 del 1998 (in conformità, peraltro, con quanto disposto dall'art.
15 della convenzione internazionale ratificata con la stessa legge), nella
parte in cui, al 4° comma, nell'indicare l'oggetto della relazione dei
servizi socio-assistenziali sull'idoneità degli aspiranti all'adozione inter
nazionale, prevede che gli stessi acquisiscano elementi di valutazione
sulle «eventuali caratteristiche particolari dei minori che essi sarebbero
in grado di accogliere». III. - Sulla derogabilità del limite minimo di età dei diciotto anni,
v. Corte cost. 9 ottobre 1998, n. 349, ibid., con nota di Dosi, in Guida
al dir., 1998, fase. 41, 33.
Il Foro Italiano — 1999 — Parte /-45.
familiare, aveva stabilito con i coniugi ricorrenti un particolare
rapporto affettivo ed educativo, ma rispetto al quale entrambi
i coniugi superavano di poco il divario massimo di età stabilito
quale requisito per l'adozione dall'art. 6, 2° comma, 1. 4 mag
gio 1983 n. 184 (disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei
minori), la Corte d'appello di Roma, sezione minorenni, ritiene
che questa disposizione, da applicare in base all'art. 30 della
stessa legge anche all'adozione internazionale, sia in contrasto
con gli art. 2, 3 e 31 Cost., nella parte in cui non consente
l'adozione di un minore in stato di adottabilità che abbia già instaurato con gli adottanti profondi legami, quando l'età di
questi ultimi superi di più di quarant'anni l'età dell'adottando,
pur rimanendo la differenza di età compresa in quella che di
solito intercorre tra genitori e figli e dalla mancata adozione
derivi al minore un danno grave e non altrimenti evitabile.
Ad avviso del giudice rimettente, anche quando entrambi i
coniugi superino l'ordinario divario di età con l'adottando do
vrebbero valere le ragioni che, in analoghe circostanze di neces
sità per il minore, hanno portato alla dichiarazione di illegitti mità costituzionale della disposizione, ora nuovamente denun
ciata, nella parte in cui non prevedeva che il giudice potesse
disporre l'adozione, anche quando l'età di uno dei coniugi adot
tanti superasse il divario di età, rispetto all'adottando, da essa
stabilito (sentenza n. 303 del 1996, Foro it., 1997, I, 51). La norma, quale risulta a seguito della precedente dichiara
zione d'illegittimità costituzionale, consentirebbe la deroga al
limite del divario di età quando uno solo dei coniugi lo superi. La deroga, costituendo un'eccezione alla regola generale, non
potrebbe essere estesa interpretativamente dal giudice. Ma la
mancata previsione della possibilità di deroga quando il limite
del divario di età sia superato da entrambi gli adottanti contra
sterebbe con i principi che la Costituzione stabilisce per la pro tezione dei minori (art. 2, 3 e 31), giacché deve essere garantito a questi ultimi il diritto, considerato inviolabile, allo sviluppo
della loro personalità, e devono essere rimossi gli ostacoli che
si frappongono a tale pieno sviluppo. Per raggiungere questi
obiettivi, la disciplina dell'adozione dovrebbe assicurare la pro
tezione della personalità ed il preminente interesse del minore,
consentendo che questi sia inserito in una famiglia che gli assi
curi un sereno sviluppo. 2. - La questione di legittimità costituzionale è stata sollevata
nel corso della fase del procedimento per l'adozione internazio
nale destinata ad accertare l'idoneità dei coniugi, indipendente mente ed anzi prima che l'autorità straniera emani il provvedi mento di adozione, destinato ad essere, successivamente, dichia
rato efficace in Italia.
La dichiarazione di idoneità, per il suo carattere preliminare
e generico, solitamente non è correlata ad un minore già indivi
duato. Ciò non esclude che il decreto motivato del tribunale
per i minorenni che dichiara tale idoneità (art. 30 1. n. 184 del
1983) possa contenere, per la necessaria collaborazione con l'au
torità straniera — che ispira ora anche la convenzione per la
tutela del minore e la cooperazione internazionale in materia
di adozione (fatta a L'Aja nel 1993, ratificata e resa esecutiva
con 1. 31 dicembre 1998 n. 476) —, ogni elemento necessario
o utile perché possa essere efficacemente tutelato l'interesse del
minore, da porre in relazione alle caratteristiche della famiglia
adottiva, le quali devono essere apprezzate dall'autorità stranie
ra per valutare se quella famiglia soddisfa in concreto le neces
sità del fanciullo (cfr. sentenza n. 10 del 1998, id., 1999, I,
1754). Nell'interesse di quest'ultimo, quando uno dei requisiti
previsti dalla legge italiana per l'adozione sussiste solo in rela
zione alla situazione di uno specifico minore, il quale abbia un
particolare rapporto con i coniugi che intendono adottarlo, la
valutazione e l'enunciazione di tale elemento condizionante l'i
doneità rientra naturalmente nel contesto del provvedimento che
l'accerta.
Il giudice rimettente ha dunque ritenuto, correttamente, di
apprezzare sin dalla fase del procedimento per l'adozione inter
nazionale, destinata ad accertare l'idoneità dei coniugi, la sussi
stenza di condizioni che consentano di derogare al requisito,
stabilito come regola generale, del divario massimo di età tra
adottanti e adottando; deroga che può essere affermata solo
in rapporto alla situazione di uno specifico minore già indivi
duato. Anche in questa fase del giudizio può trovare, quindi,
applicazione la norma, oggetto dell'eccezione di legittimità co
stituzionale, che disciplina il limite dell'età per l'adozione, sic
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2419 PARTE PRIMA 2420
ché l'incidentale soluzione del dubbio di costituzionalità è rile
vante ai fini della decisione che il giudice rimettente è chiamato
ad emettere.
3. - La questione di legittimità costituzionale, prospettata nei
confronti del combinato disposto degli art. 6 e 30 1. n. 184
del 1983, è da considerare riferita all'art. 6, 2° comma, stessa
legge: la sola disposizione che stabilisce, come regola generale
per l'adozione di minori sia italiani che stranieri, i limiti del divario di età che devono sussistere fra adottanti e adottando.
A tale disposizione l'art. 30 stessa legge semplicemente rinvia
per indicare i requisiti che devono essere accertati per la dichia
razione di idoneità all'adozione internazionale.
4. - Nel merito la questione è fondata, nei limiti di seguito
precisati. La differenza di età tra gli adottanti ed il minore non costi
tuisce un elemento accidentale ed accessorio dell'idoneità dei
coniugi ad adottare, ma è anzi un elemento essenziale perché
possa essere soddisfatto l'interesse del minore in stato di abban
dono ad essere definitivamente inserito in una famiglia di acco
glienza, che pienamente sostituisca quella naturale, instaurando
un legame di filiazione legale con gli adottanti, i quali assumo
no i doveri e le potestà proprie dei genitori (sentenza n. 349
del 1998, ibid.). La differenza di età che separa il minore dai genitori adottivi
deve essere contenuta in limiti analoghi a quelli che ordinaria
mente intercorrono tra genitori e figli (v. art. 8 della convenzio
ne europea in materia di adozione di minori firmata a Strasbur
go nel 1967, ratificata e resa esecutiva con 1. 22 maggio 1974
n. 357), proprio perché tra adottanti e adottato si costituisca
un rapporto non dissimile da quello naturale.
Il legislatore può, nell'esercizio della discrezionalità che gli è propria, stabilire i limiti del divario di età, sia minimo che massimo, tra adottanti ed adottando, determinandolo in rispon denza alle finalità che caratterizzano l'adozione legittimante e
tenendo conto del contesto sociale nel quale questo istituto è
destinato ad operare. Ma tale regola non può essere così assolu
ta da non tollerare, sempre che si rimanga nell'ambito di un
divario di età compatibile con la funzione dell'adozione legitti
mante, alcuna eccezione: neanche quando la deroga alla regola
generale non sia richiesta in ragione dell'ordinario interesse del
minore a trovare una famiglia di accoglienza, interesse che può essere diversamente soddisfatto, ma risponda invece alla neces
sità di salvaguardare il minore da un danno grave e non altri
menti evitabile che a lui deriverebbe dal mancato inserimento
in quella specifica famiglia adottiva, la sola che possa soddisfa re tale esigenza.
In una simile situazione, e nei limiti in cui l'eccezione rispon da ad un rigoroso criterio di necessità, è stata già affermata, in riferimento ai principi costituzionali che garantiscono la pro tezione dei minori (art. 2 e 31 Cost.), l'illegittimità costituzio nale dell'art. 6, 2° comma, 1. n. 184 del 1983 (sentenza n. 303
del 1996, cit.). In correlazione con la situazione allora esamina
ta, la pronuncia d'illegittimità costituzionale è stata contenuta
nell'ipotesi in cui uno solo dei coniugi adottanti superasse di oltre quaranta anni l'età dell'adottato.
La medesima situazione di necessità per il minore giustifica la deroga che si renda egualmente indispensabile, per evitare il danno grave che gli deriverebbe dal mancato inserimento in
quella specifica famiglia adottiva, anche quando la deroga si riferisca ad entrambi i coniugi adottanti, sempre che il divario di età si mantenga in quello che solitamente intercorre tra geni tori e figli.
Non sarebbe difatti ragionevole non assicurare anche in tale
situazione la medesima tutela per il minore che ne abbia necessità. Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegitti
mità costituzionale dell'art. 6, 2° comma, 1. 4 maggio 1983 n. 184 (disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori), nella
parte in cui non prevede che il giudice possa disporre l'adozio
ne, valutando esclusivamente l'interesse del minore, quando l'e tà dei coniugi adottanti superi di oltre quarant'anni l'età dell'a
dottando, pur rimanendo la differenza di età compresa in quel la che di solito intercorre tra genitori e figli, se dalla mancata adozione deriva un danno grave e non altrimenti evitabile per il minore.
Il Foro Italiano — 1999.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 17 giugno 1999, n. 241
(<Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 23 giugno 1999, n. 25); Pres. Granata, Est. Mezzanotte. Ord. App. Venezia 9 lu
glio 1997 (G.U., la s.s., n. 41 del 1997).
Astensione, ricusazione e responsabilità del giudice — Giudice
che abbia pronunciato sentenza — Successivo giudizio nei con
fronti dello stesso imputato in ordine alla medesima condotta — Incompatibilità — Omessa previsione — Incostituzionalità
(Cost., art. 3, 24; cod. proc. pen., art. 34).
È incostituzionale l'art. 34, 2° comma, c.p.p., nella parte in
cui non prevede che non possa partecipare al giudizio nei con
fronti di un imputato il giudice che abbia pronunciato o con
corso a pronunciare sentenza nei confronti dello stesso impu tato per il medesimo fatto. (1)
Fatto. — Con ordinanza in data 9 luglio 1997, la Corte d'ap
pello di Venezia, nel corso di un procedimento di ricusazione, ha sollevato, in riferimento agli art. 3 e 24 Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art. 34, 2° comma, c.p.p., nella
parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio nei confronti di un imputato il giudice che abbia pronunciato
(1) L'odierna pronuncia attesta — ove ancora se ne ravvisasse la ne cessità — come la drastica svolta operata da Corte cost. 1° ottobre
1997, nn. 306, 307 e 308 (Foro it., 1997, I, 2721, con osservazioni di Di Chiara) non fosse comunque in grado di esaurire definitivamente il copiosissimo filone delle declaratorie d'incostituzionalità dell'art. 34, 2° comma, c.p.p. inaugurato — con una mutazione cromosomica irre
versibile, come felicemente la si è diagnosticata (cfr. Conti, L'incom
patibilità del giudice tra microconflittualità costituzionale e prospettive di riforma ordinamentaie, in I nuovi binari del processo penale. Tra
giurisprudenza costituzionale e riforme, Atti del convegno di Napoli, Milano, 1996, 199) — da Corte cost. 26 ottobre 1990, n. 496 (Foro it., 1991, I, 719): ove si percorra quell'itinerario residuano a tutt'oggi ambiti (che possono ritenersi) sforniti di garanzia e che, in quanto tali, rimangono esposti ad interventi di tipo manipolativo.
La pronuncia in epigrafe (su cui cfr., per una prima lettura, Bric
chetti, Con l'ennesima incompatibilità rilevata un tentativo per defini re il «medesimo fatto», in Guida ai dir., 1999, fase. 26, 119 s.) sembra anzitutto caratterizzarsi per un impianto motivazionale assai semplice, in ciò distanziandosi dalle sofisticate strutture proprie della appena ri chiamata «trilogia d'ottobre» (su cui cfr., tra gli altri, per un'analisi, Di Chiara, Più che all'incompatibilità si guardi adesso alle cause di astensione e ricusazione, in Dir. pen. e proc., 1998, 237 ss.). Ove, poi, si abbia cura di riguardarla nel quadro degli sviluppi della giurispruden za costituzionale in tema, la pronuncia costituisce ex professo un'evolu zione — ed, anzi, quasi una longa manus — della ratio decidendi di Corte cost. 2 novembre 1996, n. 371 (Foro it., 1997, I, 15, con nota di Di Chiara, In tema di incompatibilità «endoprocessuale allargata»: appunti su Corte cost. 371/96): in quella ipotesi la scure dell'incostitu zionalità aveva colpito l'art. 34, 2° comma, c.p.p. «nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio nei confronti di un
imputato il giudice che abbia pronunciato o concorso a pronunciare una precedente sentenza nei confronti di altri soggetti, nella quale la
posizione di quello stesso imputato in ordine alla sua responsabilità penale sia già stata comunque valutata»; e la corte aveva, di seguito, rimarcato come, in quella emblematica fattispecie concernente un'im
putazione «composta» per reati associativi, i diversi separati processi in cui era stato smembrato il complessivo addebito a concorso necessa rio si mostravano, per contro, quali inscindibili tessere di una realtà
processuale unitaria, sicché anche quella declaratoria d'incostituzionali tà — ancora ad avviso della corte — si appalesava del tutto in linea con gli sviluppi della giurisprudenza costituzionale in materia, ancorati all'identità soggettiva e oggettiva della regiudicanda (in tal senso, oltre alle già citate sentenze nn. 306, 307 e 308 del 1997, cfr., altresì, Corte cost. 14 novembre 1997, n. 331, id., 1998, I, 349, e 21 novembre 1997, n. 351, ibid., 1006). A fortiori — sottolinea oggi la corte — l'incompa tibilità non può non sussistere nell'ipotesi di concorso formale di reati contestati in separati processi: l'avere il giudice, in una precedente sen
tenza, già valutato o concorso a valutare la medesima condotta poi addebitata — a titolo di concorso formale — al medesimo imputato provoca l'insorgere di quella «forza della prevenzione» che rende lo stesso giudice incompatibile a conoscere della «nuova» regiudicanda; nella ritenuta assenza di una norma che tale incompatibilità preveda, ed essendo, in tal caso, praticabile la via di un'organizzazione preventi va e strutturale a tutela della garanzia di terzietà del giudice (su tale
parametrazione, cfr. i percorsi tracciati ancora dalle sentenze nn. 306, 307 e 308 del 1998), ne è conseguita l'ennesima declaratoria d'incostitu zionalità «per omissione» dell'art. 34, 2° comma, c.p.p. in parte qua. [G. Di Chiara]
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