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Sezione di Catania; sentenza 27 ottobre 1979, n. 489; Pres. Paleologo, Est. Trovato; Biondi (Avv....

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Sezione di Catania; sentenza 27 ottobre 1979, n. 489; Pres. Paleologo, Est. Trovato; Biondi (Avv. Grasso Romeo) c. Università degli studi di Catania (Avv. dello Stato Messineo) e altri Source: Il Foro Italiano, Vol. 104, No. 2 (FEBBRAIO 1981), pp. 103/104-105/106 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23171410 . Accessed: 28/06/2014 12:32 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.31.194.117 on Sat, 28 Jun 2014 12:32:34 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: Sezione di Catania; sentenza 27 ottobre 1979, n. 489; Pres. Paleologo, Est. Trovato; Biondi (Avv. Grasso Romeo) c. Università degli studi di Catania (Avv. dello Stato Messineo) e

Sezione di Catania; sentenza 27 ottobre 1979, n. 489; Pres. Paleologo, Est. Trovato; Biondi (Avv.Grasso Romeo) c. Università degli studi di Catania (Avv. dello Stato Messineo) e altriSource: Il Foro Italiano, Vol. 104, No. 2 (FEBBRAIO 1981), pp. 103/104-105/106Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23171410 .

Accessed: 28/06/2014 12:32

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PARTE TERZA

che l'hanno suggerita (non esporre cioè commissione e ministro

ad una delibera contraria da parte dell'organo di autogoverno), ma ciò che conta è che la procedura seguita non sia diversa da

quella prevista dalla legge e che non ci sia stata da parte dei di

versi organi intervenuti nella procedura stessa rinuncia o usurpa zione di poteri.

4. - Lamenta ancora il ricorrente (secondo motivo, ripreso e

sviluppato attraverso la proposizione del secondo motivo ag

giunto) la mancata indicazione, negli atti della procedura impu

gnata, delle ragioni che avrebbero indotto l'amministrazione ad

attribuire l'ufficio direttivo ad un soggetto (il dott. Viola) che, oltre a seguirlo nell'ordine di collocamento in ruolo, non era

in possesso di pari titoli culturali e di servizio.

La censura è infondata in quanto il C.s.m., nella sua delibera,

ha motivato con riferimento alle ragioni esposte nella proposta della commissione, che ha dichiarato di condividere. Quest'ulti

ma, dal suo canto, dopo aver dato atto delle eccezionali capa cità di tutti i magistrati compresi nella cerchia di coloro fra i

quali la scelta doveva essere operata (e, pertanto, dell'eccezio

nale capacità e cultura anche del ricorrente), ha ritenuto di do

ver dare preferenza — nell'attribuzione dell'ufficio di procura tore generale della Repubblica — al criterio delle attitudini spe cifiche e, pertanto, si è orientata sul nominativo del dott. Viola

avendo riscontrato in detto soggetto una esperienza nel ramo re

quirente che nessun altro candidato (e neppure il ricorrente) pos sedeva. Risulta pertanto per tabulas che la commissione non

solo ha chiaramente indicato le ragioni della propria scelta (la

preferenza accordata al criterio delle attitudini specifiche), ma

si è anche fedelmente attenuta ai criteri direttivi dettati dal

C.s.m. per l'assegnazione delle funzioni direttive di procuratore

generale e di procuratore della Repubblica, là dove l'organo di

autogoverno ha raccomandato di fare riferimento, nella scelta, « ai periodi di effettivo esercizio di tali funzioni o, in man

canza, di funzioni analoghe ».

5. - Deve, da ultimo, dichiararsi l'infondatezza della censura

di eccesso di potere per disparità di trattamento e contradditto

rietà (terzo motivo, ripreso e sviluppato attraverso la proposi zione del terzo motivo aggiunto). Ed infatti, come esattamente

nota la difesa dell'amministrazione resistente, la circostanza che l'ufficio di procuratore generale della Repubblica presso la Corte

d'appello di Caltanissetta sia stato assegnato al candidato più anziano nel ruolo, a differenza di quanto è avvenuto nella pro cedura impugnata, non significa affatto che tale scelta sia stata

compiuta in base al solo criterio dell'anzianità. Deve, al contra

rio, ritenersi che il soggetto prescelto, oltre ad essere il più an ziano nel ruolo era anche in possesso di specifiche attitudini al

l'incarico in misura superiore agli altri candidati. 6. - Per le ragioni sopra esposte il ricorso deve essere rigettato. Per questi motivi, ecc.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA SI

CILIA; Sezione di Catania; sentenza 27 ottobre 1979, n. 489; Pres. Paleologo, Est. Trovato; Biondi (Avv. Grasso Romeo) c. Università degli studi di Catania (Avv. dello Stato Messi

neo) e altri.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA SI

CILIA; Sezione di Catania; sentenza 27 ottobre 1979, n. 489;

Istruzione pubblica — Università — Incarico di insegnamento —

Qualifica di studioso della materia — Diniego — Deliberazio

ne del consiglio di facoltà — Assenze non giustificate e asten

sioni — Illegittimità (R. d. 6 aprile 1924 n. 674, regolamento generale universitario, art. 18).

È illegittima la deliberazione con la quale il consiglio di fa coltà nega la qualifica di studioso della materia ad un aspi rante ad un incarico di insegnamento, se alla seduta non ab

biano partecipato tutti i componenti il consiglio stesso, con la

sola eccezione di quelli che abbiano preannunciato la propria assenza, motivandola con un impedimento che tale consiglio abbia ritenuto sussistente e valido. (1)

È illegittima la deliberazione con la quale il consiglio di fa coltà nega la qualifica di studioso della materia ad un aspi rante ad un incarico di insegnamento, se alcuni dei parteci panti alla seduta si siano astenuti. (2)

(1-2) Negli esatti termini non constano precedenti editi, ed anche le decisioni richiamate in motivazione, pur puntuali nel principio affermato, non concernono le deliberazioni del consiglio di facoltà.

In generale, costante è l'orientamento giurisprudenziale secondo il quale tutti i componenti di una commissione giudicatrice debbono

partecipare alla fase valutativa dei lavori, T.A.R. Lazio, Sez. II, 25

Il Tribunale, ecc. — (Omissis). 3. - Con il quarto motivo di ri

corso, la ricorrente lamenta la violazione dell'art. 18 r. d. 6 apri le 1924 n. 674, per il vizio che inficia la votazione del consiglio di

facoltà nella seduta del 13 aprile 1978, in quanto, funzionando il

consiglio in veste di commissione giudicatrice, nessuno dei pre senti poteva astenersi, mentre invece, su venti componenti pre senti, si contano nove astensioni.

Va premesso che, il 13 aprile 1978, all'adunanza del consiglio di facoltà erano inizialmente presenti sei professori ordinari (tra cui il preside) e quindici professori stabilizzati; quattro erano gli assenti giustificati e due i non giustificati.

Il verbale riporta che sul primo argomento posto all'ordine del

giorno (incarichi d'insegnamento per l'anno accademico 1978-79), una volta che il consiglio era passato a deliberare in ordine al l'attribuzione dell'insegnamento di storia delle dottrine politiche (2a cattedra) il preside della facoltà ha fatto una dichiarazione

preliminare, preannunciando il suo voto contrario alla conferma della prof. Biondi, unica aspirante, ritenendo che allo stato della sua produzione scientifica non potesse alla candidata riconoscersi la qualifica di studiosa della materia.

A questo punto ha avuto luogo un'ampia discussione, al termi ne della quale il prof. Barone proponeva al consiglio di facoltà di adottare la seguente deliberazione:

« Il consiglio di facoltà delibera di confermare alla prof. Fran ca Biondi la qualifica di studiosa della materia a concorso e di

proporre la conferma della stessa nell'incarico di insegnamento per l'anno 1978-79, con la raccomandazione alla candidata di in tensificare la sua produzione scientifica ».

Posta ai voti, la proposta veniva respinta con nove voti a fa

vore, sei contrari e quattro astenuti.

Il preside poneva allora a votazione il quesito se alla candi data potesse riconoscersi la qualifica di studiosa della materia o

di materia strettamente affine, e con otto voti a favore, tre con trari e nove astenuti il consiglio di facoltà negava l'attribuzione di tale qualifica.

febbraio 1976, n. 130, Foro it., Rep. 1976, voce Concorso a pubblico impiego, n. 68; Cons. Stato, Sez. V, 21 febbraio 1969, n. 86, id., 1969, III, 96, con nota di richiami; non è possibile che un membro, assente ad una fase, si rimetta alla decisione degli altri, T.A.R. Friu li-Venezia Giulia 28 novembre 1974, n. 60, id., Rep. 1975, voce cit-, n. 70.

La deliberazione del consiglio di facoltà che designa un candidato per il conferimento dell'incarico ha la natura giuridica di proposta, Cons. Stato, Sez. VI, 9 giugno 1978, n. 727, id., Rep. 1978, voce Istruzione pubblica, n. 391; T.A.R. Sicilia, Sez. Catania, 31 agosto 1977, n. 79, id., 1979, III, 58, con nota di richiami; ed in essa sono individuabili aspetti di valutazione comparativa tra i vari concorrenti, Cons. Stato, Sez. VI, 17 novembre 1978, n. 1199, 24 ottobre 1978, n. 1090, T.A.R. Lazio, Sez. I, 29 novembre 1978, n. 995, T.A.R. Ve neto 9 giugno 1978, n. 454, id., Rep. 1969, voce cit., nn. 348-351; T.A.R. Sicilia, Sez. Catania, 31 agosto 1977, n. 79, cit.

La sentenza che si riporta ha fatto riferimento, in motivazione, a Cons. Stato, Sez. V, 27 aprile 1963, n. 223, id., Rep. 1963, voce Concorso a pubblico impiego, n. 27, che ha ritenuto che fosse neces saria la presenza di tutti i membri di una commissione nominata da un consiglio comunale per la valutazione dei requisiti posseduti da candidati al rilascio di concessioni; Sez. V 21 giugno 1966, n. 889, id., Rep. 1966, voce cit., n. 22, che ha affermato l'illegittimità di una graduatoria in un concorso a pubblico impiego redatta dopo che uno dei membri della commissione giudicatrice aveva dichiarato di aste nersi non soltanto dalla votazione sull'attribuzione del punteggio (asten sione che la decisione giudica possibile, dovendosi computare l'aste nuto tra la minoranza dissenziente), ma anche dalla deliberazione dei criteri di massima per l'assegnazione del punteggio medesimo; Sez. VI 11 giugno 1956, n. 398, id., Rep. 1956, voce Istruzione pub blica, n. 19, che ha ritenuto possibile l'astensione dal voto di un componente di una commissione giudicatrice di un concorso a catte dra universitaria, in quanto l'astensione non equivale ad assenza, e l'astenuto deve considerarsi ai fini del computo della maggioranza (la decisione, con ciò, ha ritenuto non corretta l'astensione giustifi cata da motivi di dissenso con gli altri commissari).

Il principio affermato dalla sentenza che si riporta, che riferisce ai collegi amministrativi la disciplina tipica delle commissioni giudica trici qualora svolgano funzioni valutative, è stato accolto da Cons. Stato, Sez. IV, 16 ottobre 1957, n. 791, id., Rep. 1957, voce Con corso a pubblico impiego, n. 22, che ha ritenuto applicabili al con siglio superiore degli archivi di Stato, organo con funzioni tecnico consultive e con attribuzioni corrispondenti a quelle svolte dal con siglio di amministrazione di un ministero, le norme che disciplinano i lavori delle commissioni giudicatrici di pubblici concorsi (nella spe cie, presenza di tutti i componenti), per le ipotesi in cui il consiglio superiore svolge funzioni giudicanti, come è nel caso di promozioni dal 7° al 6° grado dei dipendenti delle sopraintendenze e degli ar chivi.

In dottrina, per l'affermazione che necessita il quorum integrale nei collegi con prevalente funzione valutativa, vedi Galateria, Gli or gani collegiali amministrativi, Milano, 1973, II, 57.

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

Nella prima votazione, quindi, con la presenza di diciannove

componenti, la proposta di conferma non è stata deliberata per ché ha raccolto il voto favorevole solo di nove componenti, con

quattro astenuti e sei contrari; nella seconda votazione, con venti

presenti, la proposta non è passata perché i favorevoli sono stati

otto, tre i contrari e nove gli astenuti.

In nessuna delle votazioni vi è stata tuttavia una pronuncia

esplicita dell'organo collegiale in ordine al possesso della quali fica di studiosa da parte della prof. Biondi, essendosi il giudizio

negativo (tre soli voti contrari nella seconda votazione) ravvisato indirettamente dal fatto che in entrambi gli scrutini la proposta non ha riportato il voto favorevole della maggioranza dei pre senti. Cosicché il criterio seguito lascia adito all'ipotesi che, se le

proposte dei due componenti del collegio fossero state formulate in termini negativi (avessero cioè prospettato la non rinnova

zione, anziché la conferma della qualifica) con il peso automatico

delle astensioni, dalla votazione sarebbe potuta sortire anche

una determinazione favorevole per la candidata.

Ora è chiaro che in materia tanto delicata la costruzione giu ridica, su cui si è adagiato il collegio con il procedimento segui to, si appalesa del tutto inappagante, specie considerando che tra

le attribuzioni funzionali del consiglio di facoltà quella relativa al conferimento degli incarichi di insegnamento appare certa

mente la più qualificante ed impegnativa, in quanto avendo co

me contenuto l'accertamento della sussistenza dei requisiti di

preparazione scientifica e capacità didattica degli aspiranti al

l'insegnamento, essa assume un rilievo determinante sul perse

guimento del fine istituzionale dell'università, che è quello del

l'alta qualificazione degli studi.

Ben è vero che l'art. 18 r. d. 6 aprile 1924 n. 674 dispone che

le deliberazioni dei consigli di facoltà sono prese a maggioran za; tuttavia va osservato che tale precetto non ha carattere asso

luto, essendosi fatto espressamente salvo il caso che per deter

minati argomenti non sia diversamente stabilito.

Ora ritiene il collegio che la fattispecie in esame rientri nel no

vero delle ipotesi derogatorie, trovando la deroga sicuro fonda mento nei principi generali di diritto amministrativo, che sono

fonte normativa non secondaria dei rapporti di diritto pubblico. Dalle norme di diritto positivo contenute nella legge 30 no

vembre 1973 n. 766, e da criteri di massima predisposti in con

formità dal consiglio di facoltà nella seduta del 20 marzo 1978, si rileva agevolmente che il conferimento degli incarichi univer

sitari passa attraverso una vera e propria procedura concorsuale, contraddistinta dalle seguenti fasi: a) determinazione dei criteri

di massima; b) riconoscimento della qualifica di studioso, previa valutazione della produzione scientifica e dell'attività didattica;

c) collocazione dei candidati nelle diverse fasce di priorità sta

bilite dalla legge 30 novembre 1973 n. 766; d) valutazione compa rativa dei candidati collocati nella medesima fascia di priorità sulla base della originalità, specificità, consistenza e continuità

della produzione scientifica.

Ciò posto, non appare dubbio a questo giudice che un colle

gio investito del compito di esprimere giudizi sui titoli dei can

didati di un concorso e di formare la graduatoria funziona con

la veste giuridica e con i poteri di una commissione giudicatrice di concorso (Cons. Stato, Sez. V, 27 aprile 1963 n. 223, Foro it.,

Rep. 1963, voce Concorso a pubblico impiego, n. 27).

Da siffatto riconoscimento discendono due importanti impli cazioni di ordine procedimentale.

La prima è quella che nei collegi nei quali, con riguardo a spe cifici argomenti discussi e deliberati, è prevalente l'attività di

giudizio, la deliberazione deve rappresentare il massimo valore

espressivo della collegialità, il che può realizzarsi solo con la

partecipazione totalitaria dei componenti, e cioè con il quorum

integrale. Nei riguardi di un consiglio di facoltà, alquanto numeroso, non

può non avvertirsi, tuttavia, che l'obbligatorietà di siffatto quo rum ne renderebbe difficile e talvolta impossibile il funziona

mento. Ma poiché l'art. 18 r. d. 6 aprile 1924 n. 674 stabilisce che

per la validità dell'adunanza non debbano calcolarsi, ai fini della

formazione del quorum strutturale, coloro i quali abbiano giusti ficato la loro assenza, il collegio è dell'avviso che nel caso di spe cie ai fini della formazione del quorum integrale, che è anch'esso

un quorum strutturale, debba non tenersi conto di quei compo nenti che abbiano preannunciato, motivandola, la loro assenza,

sempre che dall'assemblea l'impedimento dichiarato sia ritenuto

sussistente e valido, e quindi esimente dall'obbligo della parteci

pazione all'adunanza.

La seconda implicazione è quella che ogni componente di col

legio, il quale sieda in veste di commissione giudicatrice di con

corso, non può esimersi dal portare il contributo della propria coscienza e competenza specifica nella formazione del giudizio

collegiale, giacché le posizioni agnostiche — che esprimono in

differenza o disinteresse — di singoli membri di un corpo giudi

cante, che pure sono investiti di munus pubblico, si pongono in

contrasto e quindi in situazione di conflitto con il fine precipuo

dell'organo, che è quello di giudicare. Nel seno dei collegi in cui è prevalente l'attività di giudizio,

infatti, ogni componente assolve una singolare e specifica fun

zione o per una sua particolare competenza tecnica e per una

sua particolare conoscenza di situazioni e circostanze da valuta

re, cosi' avvenendo che il suo giudizio singolo concorra e si ri

solva nell'armonica composizione del giudizio di sintesi espresso unitariamente dal corpo collegiale.

Qualora si ammettesse la possibilità della astensione, non è

dubbio che il costrutto composito nella determinazione collegiale verrebbe a stemperarsi, ed il giudizio risulterebbe tronco ed uni

laterale, potendo, invero, avvenire, in ipotesi non molto remota, che l'atto finale rifletta soltanto, o in massima parte, il pensiero della componente organica meno qualificata — per l'estraneità

della materia alla sfera delle competenze specifiche — ad espri mere un giudizio ponderato sull'affare in trattazione.

In conclusione, questo tribunale ritiene, sulla scia di un co

stante indirizzo giurisprudenziale (Cons. Stato, Sez. VI, 11 giugno

1956, n. 398, id., Rep. 1956, voce Istruzione pubblica, n. 19; Sez.

V 21 giugno 1966, n. 889, id., Rep. 1966, voce Concorso a pub blico impiego, n. 22), che i componenti del consiglio di facoltà,

allorquando deliberano in veste di commissione giudicatrice, non

possono astenersi dal prender parte alle votazioni riguardanti le

singole operazioni concorsuali che concorrono alla formazione del

giudizio definitivo.

La censura della ricorrente Biondi appare dunque fondata ed

il suo accoglimento porta all'annullamento per quanto di compe tenza dell'impugnato provvedimento.

La riconosciuta fondatezza di tale mezzo di gravame esime il

collegio dall'esame degli altri motivi di ricorso, che restano as

sorbiti. (Omissis) Per questi motivi, ecc.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL PIE

MONTE; sentenza 25 settembre 1979, n. 439; Pres. Lojacono, Est. Bonifacio; Soc. Domus Sicfa (Aw. Comba) c. Min. la

voro e previdenza sociale (Avv. dello Stato Bestente).

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL PIE

MONTE; sentenza 25 settembre 1979, n. 439; Pres. Lojacono,

Lavoro (collocamento della mano d'opera) — Passaggio diretto

fra imprese — Diniego di nulla osta da parte dell'ufficio del

lavoro — Difetto di motivazione — Illegittimità — Fattispe cie (Legge 29 aprile 1949 n. 264, provvedimenti in materia di

avviamento al lavoro e di assistenza dei lavoratori involonta

riamente disoccupati, art. 11; legge 20 maggio 1970 n. 300, norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della

libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro

e norme sul collocamento, art. 33).

È illegittimo e deve essere di conseguenza annullato l'atto del

l'ufficio provinciale del lavoro che nega la concessione del nul

la osta al passaggio diretto di un lavoratore da un'azienda

ad un'altra, essendo tale diniego del tutto privo di motiva

zione (nella specie, in calce alla domanda dell'azienda era

stata semplicemente apposta la formula « no passaggio diret to »). (1)

(1) In senso sostanzialmente conforme (menzionata in motivazione) T.A.R. Abruzzo 22 maggio 1975, n. 79, Foro it., Rep. 1975, voce Lavoro (collocamento), n. 18, secondo cui è illegittimo il provvedimento con cui il direttore dell'ufficio provinciale del lavoro, decidendo un ricorso gerarchico contro la concessione di nulla osta al trasferimento di un lavoratore da un'azienda ad un'altra, non solo non enuncia con precisione gli elementi su cui ha fondato il proprio giudizio, ma dà per irrefutabilmente dimostrata una circostanza sulla cui effettiva sus sistenza sorgono molti dubbi sia in base agli accertamenti svolti dal l'ufficio sia in base alle dichiarazioni rese dagli interessati.

Sulla natura « permissiva » del provvedimento di concessione del nulla osta di cui al comma 11° dell'art. 33 legge 300/1970, v. Cass. 14 aprile 1976, Ciummo, id., Rep. 1977, voce cit., n. 27; 9

maggio 1975, Giorgi, ibid., n. 30; 28 giugno 1974, Tonda, id., Rep. 1975, voce cit., n. 16, che da tale premessa fanno discendere l'inesten sibilità all'ipotesi di omessa richiesta di nulla osta della sanzione penale prevista dal successivo comma della medesima norma (sul presupposto della tutela normativamente garantita della continuità dell'occupazione)' In senso contrario v., invece, Cass. 31 gennaio 1977, Possenti, id., Rep. 1977, voce cit., n. 28; 15 dicembre 1975, Ficca, ibid., n. 29; Pret. Rieti 27 giugno 1975, id., 1975, II, 334, con nota di richiami.

In dottrina in argomento v. ampiamente Ghera, in Lo statuto dei

lavoratori, Commentario diretto da Giugni, Milano, 1979, 591 ss.

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