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Sezione I civile; sentenza 14 aprile 1983, n. 2606 Pres. Brancaccio, Est. Caturani, P. M....

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Sezione I civile; sentenza 14 aprile 1983, n. 2606 Pres. Brancaccio, Est. Caturani, P. M. Pandolfelli (concl. conf.); Cooperativa vetrai fiascai della Bufferia toscana (Avv. Libonati, Vigoriti) c. Ditta Di Bari (Avv. De Camelis, Torelli). Conferma App. Firenze 18 settembre 1980 Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 10 (OTTOBRE 1983), pp. 2491/2492-2493/2494 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23175231 . Accessed: 25/06/2014 08:15 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.44.77.146 on Wed, 25 Jun 2014 08:15:10 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione I civile; sentenza 14 aprile 1983, n. 2606 Pres. Brancaccio, Est. Caturani, P. M.Pandolfelli (concl. conf.); Cooperativa vetrai fiascai della Bufferia toscana (Avv. Libonati,Vigoriti) c. Ditta Di Bari (Avv. De Camelis, Torelli). Conferma App. Firenze 18 settembre 1980Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 10 (OTTOBRE 1983), pp. 2491/2492-2493/2494Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23175231 .

Accessed: 25/06/2014 08:15

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2491 PARTE PRIMA 2492

nanda sentenza anche contro i terzi acquirenti in base ad un atto

trascritto dopo la trascrizione della domanda. Si tratterebbe, invero, di una inutile duplicazione della medesima funzione; già con la trascrizione del titolo costitutivo è stata resa efficace, nei

confronti degli eventuali terzi acquirenti del fondo servente, la

situazione giuridica consistente nella servitù; e quindi non vi è

alcuna necessità di trascrivere la successiva domanda giudiziale di

accertamento della servitù, poiché quella funzione è stata prece dentemente attuata.

Ed allora, se è inutile, e perciò non può essere richiesta dalla

legge, quella duplicazione della medesima funzione, deve essere data un'interpretazione razionale alla citata norma di cui all'art.

2653, n. 1, c.c., là dove impone l'onere della trascrizione delle «domande dirette all'accertamento», oltre che della proprietà, di diritti reali di godimento su beni immobili altrui, tra i quali la servitù.

Per quanto riguarda l'accertamento positivo dell'esistenza della

servitù, la norma va interpretata, razionalmente (ché altrimenti sarebbe ingiustificata), nel senso che l'onere della trascrizione della

domanda giudiziale è imposto limitatamente all'ipotesi di servitù

acquistata, a titolo originario, per usucapione o per destinazione

del padre di famiglia. Solo in tali ipotesi, infatti, in mancanza di

un titolo costitutivo negoziale o giudiziale (nel caso di servitù

coattiva costituita con sentenza), e perciò nell'impossibilità di una

precedente trascrizione, la funzione di questa non può che essere

attuata con la trascrizione della domanda giudiziale di accertamen to dell'avvenuto acquisto della servitù per uno di quei titoli

originari; trascrizione, fatta in via di prenotazione, che attuerà in

concreto la sua funzione, con effetto retroattivo alla data in cui è

stata fatta, se la domanda giudiziale verrà accolta con la successiva

sentenza.

La funzione della trascrizione sussiste, invece, per le domande di

accertamento negativo o costitutive, proposte dal proprietario del

fondo servente, sia in via principale, sia in via riconvenzionale

quando sia stato convenuto in giudizio dal proprietario del fondo

dominante per la condanna al ripristino dalla situazione di fatto

corrispondente all'esercizio della servitù di cui è stato già trascritto

il titolo costitutivo; il quale proprietario del fondo servente ha

l'onere di trascrivere la sua domanda al fine di rendere opponibile l'emananda sentenza, se a lui favorevole, al terzo acquirente del

fondo dominante. Cosi nell'ipotesi di domanda di dichiarazione

della nullità del contratto costitutivo della servitù; e cosi nell'ipo tesi di domanda di annullamento del medesimo contratto.

Interpretata in tal senso la norma di cui all'art. 2653, n. 1, c.c.,

per quanto riguarda le « domande di accertamento » relative alle

servitù, ne risulta in quali limiti va intesa la portata della norma

di cui all'ult. comma dell'art. Ili c.p.c., la quale, per l'ipotesi di

trasferimento, nel corso del processo, del diritto controverso per atto tra vivi a titolo particolare (la sola che qui interessa), dispone che la sentenza pronunciata contro l'alienante « spiega sempre i

suoi effetti contro il successore a titolo particolare..., salve le

norme sull'acquisto in buona fede dei mobili e sulla trascrizione ».

In tema di servitù, la condizione, per l'efficacia della sentenza nei

confronti del terzo acquirente (in corso di causa) di fondo

servente, che la domanda sia stata trascritta opera quando si tratti

di domanda di accertamento dell'avvenuta costituzione della ser

vitù a titolo originario, per usucapione o per destinazione del

padre di famiglia, e non anche quando si tratti di domanda di

accertamento della servitù costituita con un titolo, negoziale o

giudiziale, già trascritto, e tanto meno quando si tratti di domanda

di condanna in relazione, anche qui, ad una servitù il cui titolo

costitutivo sia già trascritto.

E ne risulta, inoltre, in quali limiti va intesa la portata della

normativa di cui all'art. 2929, 2° parte, c.c. in relazione all'art.

2915, 2° comma, dello stesso codice; per la quale normativa non

sono opponibili all'acquirente in esito a vendita forzata le doman

de per la cui efficacia rispetto ai terzi acquirenti la legge richiede

la trascrizione, se sono state trascritte dopo la trascrizione del

pignoramento. Normativa, questa, la cui portata va intesa nello

stesso limite precisato sopra. Pertanto, in ipotesi di servitù il cui

titolo costitutivo sia stato trascritto e che successivamente sia stato

eseguito e trascritto pignoramento del fondo servente, se dopo la

trascrizione del pignoramento il proprietario del fondo dominante

abbia proposto contro il proprietario del fondo servente (debitore

esecutato) domanda di accertamento dell'esistenza della servitù o

domanda di condanna al ripristino della situazione di fatto

corrispondente all'esercizio della servitù, la sentenza che accoglie la proposta domanda, indipendentemente dall'avvenuta trascrizione

o meno di questa, è efficace anche nei confronti del soggetto che,

nell'eseguita espropriazione forzata, si sia reso acquirente del fondo servente.

Nella specie, trascritto il 18 marzo 1963 il titolo costitutivo della

servitus altius non tollendi e trascritti il 21 novembre 1967 ed il 1°

marzo 1968 i pignoramenti eseguiti sul fondo servente in danno

del proprietario Lazzari, i coniugi Scarmagnan-Gemma, proprietari del fondo dominante, proposero contro il Lazzari, il quale aveva

edificato oltre il limite di altezza stabilito nel contratto costitutivo

della servitù, domanda di condanna alla demolizione della costru

zione effettuata oltre quel limite (domanda che fu trascritta il 15

gennaio 1969). Il 19 gennaio 1970 fu trascritto il decreto di

trasferimento, emesso dal giudice dell'esecuzione il 12 dicembre

1969, del diritto di proprietà sull'immobile pignorato in favore del

Morandi. Successivamente il Tribunale di Brescia con sentenza 28

ottobre 1970, passata in giudicato, in accoglimento della domanda

proposta dai coniugi Scarmagnan-Gemma, condannò il Lazzari a

demolire la costruzione nella parte eccedente il limite di altezza

suddetto.

In siffatta situazione, non sussistendo per i coniugi Scarma

gnan-Gemma l'onere di trascrivere la domanda di condanna da essi

proposta contro il Lazzari, giusta le argomentazioni svolte sopra,

andava applicata nei confronti del Morandi, terzo acquirente del

fondo servente in corso di causa, la norma di cui al 4° comma

dell'art. Ili c.p.c., nel senso che la sentenza di condanna alla

demolizione, pronunciata contro il Lazzari, spiegava i suoi effetti

anche contro il Morandi. In definitiva, valeva a favore dei coniugi

Scarmagnan-Gemma il principio, cui si ispira la detta norma, che

il trasferimento, da una delle parti ad un terzo, del diritto

controverso avvenuto in corso di causa non può pregiudicare in

alcun modo la controparte, e perciò la sentenza pronunciata a

conclusione del processo spiega i suoi effetti anche contro il terzo

acquirente; il quale resta estraneo al giudicato soltanto qualora

sussista l'onere di trascrizione della domanda e la trascrizione

non sia avvenuta o sia stata effettuata dopo la trascrizione del

suo titolo di acquisto.

Pertanto, la sentenza impugnata, che è andata in contrario

avviso, deve essere cassata e la causa deve essere rinviata ad altro

giudice, il quale procederà a nuovo esame facendo applicazione

del principio di diritto enunciato nella suestesa motivazione.

(Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I civile; sentenza 14 aprile

1983, n. 2606 Pres. Brancaccio, Est. Caturani, P. M. Pan

dolfelli (conci, conf.); Cooperativa vetrai fiascai della Buf

feria toscana (Avv. Libonati, Vigoriti) c. Ditta Di Bari (Avv. De Camelis, Torelli). Conferma App. Firenze 18 settembre

1980.

Liquidazione coatta amministrativa — Accertamento del passi vo — Ammissione di un credito in via chirografaria — Succes

siva domanda tardiva per il riconoscimento di un privilegio —

Ammissibilità (R.d. 16 marzo 1942 n. 267, disciplina del falli

mento, art. 207, 209).

Qualora nella formazione dello stato passivo di un'impresa in

liquidazione coatta amministrativa un credito sia stato ammesso in chirografo, senza che il commissario abbia preso in esame il

privilegio che lo assiste, la mancata inclusione nell'elenco della causa di prelazione non concreta un provvedimento implicito di rigetto né giustifica l'applicazione dei principi operanti per le decisioni giurisdizionali in ordine agli effetti della omessa

pronuncia, ditalché il creditore, ancorché abbia omesso di

formulare osservazioni o istanze alla comunicazione del commis sario prevista dall'art. 207 l. fall., non è tenuto a proporre opposizione allo stato passivo a norma dell'art. 209 e, fino a

quando resta aperta la procedura, può presentare domanda di insinuazione tardiva per il riconoscimento del privilegio non esaminato al momento dell'ammissione del credito. (I)

(1) In senso conforme, per l'inammissibilità dell'insinuazione tardiva nella sola ipotesi in cui il credito (o la causa di prelazione) sia stato già esaminato dal commissario liquidatore al momento della formazio ne dello stato passivo e abbia formato oggetto di un espresso provve dimento di rigetto totale o parziale, v. Cass. 31 ottobre 1981, n. 5765, Foro it., 1982, I, 2311, con nota di richiami, cui adde App. Firenze 18 settembre 1980 (confermata dalla sentenza riportata), id., Rep. 1982, voce Liquidazione coatta amministrativa, n. 79, annotata da Bronzini, in Dir. fallim., 1981, II, 508; Trib. Milano 18 gennaio 1982, Foro it., Rep. 1982, voce cit., n. 80; Trib. Milano 26 marzo 1979, id., Rep. 1980, voce cit., n. 48.

In materia di verificazione dei crediti in sede fallimentare la giurisprudenza segue un principio totalmente divergente, ritenendo che qualora il giudice delegato abbia ammesso al passivo un credito in via chirografaria, la causa di prelazione debba esser fatta valere mediante l'opposizione ex art. 98 1. fall, e non già attraverso una successiva

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Molivi della decisione. — Con un unico motivo, denunziandosi

violazione degli art. 101, 207 e 209 1. fall, nonché difetto di

motivazione su punto decisivo della controversia (art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.), si assume che l'impugnata sentenza, avendo ricono sciuto ammissibile il ricorso della ditta Di Bari all'insinuazione

tardiva, ha svuotato di concreto contenuto la comunicazione di cui all'art. 207 1. fall., la quale non può avere altra funzione che

quella di un'attestazione ufficiale da parte del commissario liqui datore delle ragioni riconosciute al creditore, con implicito invito a presentare osservazioni ed istanze in contrasto, onde il silenzio dell'interessato vale come adesione all'impostazione dello stato

passivo. Né poteva sostenersi che si trattò di semplice « omissio ne » del privilegio (non espressamente escluso), in quanto la mancata contestazione del resistente rendeva superflua una esclu sione espressa.

Il ricorso non è fondato. Esso ruota intorno al concetto secondo cui, non avendo la ditta Di Bari né formulato osserva zioni od istanze in sede di comunicazione dell'elenco da parte dei commissari liquidatori ex art. 207 1. fall., né successivamente

proposto opposizione allo stato passivo risultante dall'elenco de

positato, ex art. 209, 1° comma, della stessa legge, si sarebbe

prodotta nel caso in esame una preclusione nell'ambito del

procedimento di verifica dei crediti, onde l'inammissibilità della insinuazione tardiva.

La tesi non considera che se è vero il principio secondo cui nel procedimento di liquidazione coatta amministrativa l'unico rimedio offerto al creditore escluso in sede di formazione dello stato passivo è l'opposizione prevista dagli art. 98 e 209 1. fall., (sent. 18 settembre 1978, n. 4175, id., Rep. 1978, voce Liquida zione coatta amministrativa, n. 28; 27 giugno 1975, n. 2523, id., Rep. 1975, voce cit., n. 16), onde deve riconoscersi l'inammissibi lità della insinuazione tardiva, la quale ricorre soltanto per quei crediti per i quali non sia stata già richiesta tempestivamente l'ammissione al passivo (sent. 12 marzo 1979, n. 1531, id., Rep. 1979, voce cit., n. 28), è altresì vero che la soluzione del problema proposto in questa sede, riflettente il ricorso all'insi nuazione tardiva non già per il credito (regolarmente ammesso), ma per il privilegio che lo assiste, postula un'indagine circa il contenuto stesso degli accertamenti che il commissario liquidatore svolge in questa fase della procedura concorsuale.

Nella liquidazione coatta amministrativa, diversamente dal fal limento, i creditori non sono legittimati a proporre la domanda di insinuazione, poiché il procedimento è improntato all'ufficiosi tà, attraverso l'intervento del commissario liquidatore, il quale entro trenta giorni dalla nomina, comunica a ciascun creditore l'ammontare del credito che risulta dalle scritture contabili del

l'impresa (art. 207, 1° comma, 1. fall.). Il relativo accertamento, avente carattere tipicamente amministrativo per la natura dell'or gano da cui proviene, può essere influenzato dalla cooperazione dei creditori, che nei quindici giorni successivi « possono » far pervenire al commissario mediante raccomandata le loro osserva zioni o istanze. Questi, entro novanta giorni dalla data del provvedimento di liquidazione, deve in ogni caso formare l'elen co dei creditori (ammessi o respinti) e depositarlo nella cancelle ria del luogo dove l'impresa ha la sede principale, dandone al

tempo stesso comunicazione a quei creditori la cui pretesa non sia stata in tutto e in parte accolta.

Orbene, l'onere della tempestiva opposizione allo stato passivo risultante dall'elenco depositato, di cui all'art. 209, 1° comma, 1. fall., è stato generalmente collegato al fatto che l'accertamento amministrativo abbia preso in considerazione la pretesa del credi tore, accogliendola solo in parte ovvero respingendola in toto. In tal caso, non si dubita che l'inerzia del creditore di fronte

domanda tardiva ai sensi dell'art. 101: per tale indirizzo, il cui

fondamento giustificativo è desunto, in alcune pronunce, dai requisiti della domanda di ammissione al passivo prescritti dalle norme che

regolano la procedura fallimentare e, in altre, dalla natura del decreto

di esecutività dello stato passivo, qualificato come provvedimento

giurisdizionale di natura contenziosa e con forza preclusiva intrafalli

mentare che copre il dedotto e il deducibile, cfr. Cass. 11 gennaio

1980, n. 235, id., Rep. 1980, voce Fallimento, n. 482, che tuttavia, in

una ipotesi di ius superveniens, ha ritenuto ammissibile la domanda

tardiva per il riconoscimento di un privilegio introdotto dalla 1. 29

luglio 1975 n. 426; Cass. 27 aprile 1979, n. 2438, id., 1979, I, 1389;

Trib. Venezia 7 luglio 1982, Fallimento, 1983, 679; Trib. Milano 4

febbraio 1982, Foro it., Rep. 1982, voce cit., n. 408; Trib. Torino 17

giugno 1978, id., Rep. 1979, voce cit., n. 476.

Sull'argomento v., in dottrina, Bonsignori, Liquidazione coatta am

ministrativa, in Commentario, a cura di Scialoja e Branca, Bologna

Roma, 1974, 234; Bavetta, Liquidazione coatta amministrativa, voce

dell'Enciclopedia del diritto, Milano, 1974, XXIV, 781; Pajardi, Ma

nuale di diritto fallimentare, Milano, 1981, 832.

all'elenco depositato determini una preclusione nell'ambito del

procedimento, con la conseguente esecutività dell'elenco, ove non

sia proposto nei termini l'opposizione allo stato passivo.

La situazione giuridica è tuttavia profondamente diversa quan

do il commissario liquidatore non abbia preso in esame un

determinato credito, in sede di redazione dell'elenco, e in tal

caso la mancata inclusione nell'elenco non ipotizza un provvedi

mento implicito di rigetto né comporta l'applicabilità dei rigorosi criteri che valgono per le decisioni giurisdizionali in ordine agli effetti della omessa pronuncia, con la conseguenza che il credito

re non compreso nell'elenco non deve proporre opposizione allo

stato passivo ex art. 209, 1° comma, 1. fall., ma è legittimato a

far accertare il suo credito in sede giudiziale e quindi a farlo

valere nei confronti della liquidazione sino a quando questa è

aperta onde partecipare al concorso. Il che è ben possibile anche

quando il creditore omesso non abbia precedentemente contestato

le risultanze delle scritture contabili e dei documenti dell'impresa, facendo pervenire al commissario le relative osservazioni o istan

ze ex art. 207, ult. comma, 1. fall. (sent. 6 marzo 1969, n. 708,

id., 1969, I, 2268; 19 novembre 1971, n. 3345, id., Rep. 1972, voce cit., nn. 16-17; 31 ottobre 1981, n. 5765, id., 1982, I, 2311).

Analogo principio, il quale riposa su identiche considerazioni, deve accogliersi nella ipotesi in cui, non già il credito (regolar mente ammesso), ma il privilegio che l'assiste non sia stato preso

in esame dal commissario liquidatore nella procedura amministra

tiva di verifica dei crediti.

Invero, quanto si è osservato per la mancata considerazione

del credito in sede amministrativa, che non può risolversi in una

omessa pronuncia, nei cui confronti possa individuarsi un onere

di impugnativa ed in mancanza un giudicato implicito per il ca

rattere puramente amministrativo della procedura, può ripetersi altresì in ordine al mancato esame delle garanzie del credito o

del privilegio. Deve quindi conclusivamente affermarsi che ove — come nel

caso in esame — il commissario liquidatore abbia omesso del

tutto di prendere in esame il privilegio che assiste il credito

ammesso, l'eventualità che l'elenco depositato comprenda il credi

to nell'ammontare vantato dal creditore non incide sulla sua

legittimazione a far valere, in sede di insinuazione tardiva, il

privilegio che lo assiste, ove il commissario lo abbia ammesso

come chirografario, ignorando del tutto l'esistenza della causa di

prelazione non sottoposta al suo esame, a nulla rilevando che ciò

sia avvenuto per non avere il creditore ritenuto di formulare

osservazioni o istanze alla comunicazione del commissario ex art.

207, 1° comma, 1. fall., le quali sono previste dalla legge in via

soltanto facoltativa.

D'altro lato, anche in tal caso può osservarsi ciò che si è

ritenuto per la mancata considerazione di un credito, che cioè

una mancata previsione rimane pur sempre tale e non può

risolversi in nessun caso in una previsione negativa ovvero in

una volontà di escludere il privilegio o la garanzia del credito.

In definitiva, l'impugnata sentenza si sottrae alle proposte

censure ed il ricorso della cooperativa in liquidazione coatta deve

essere pertanto respinto. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I civile; sentenza 9 aprile

1983, n. 2522; Pres. Mazzacane, Est. Sensale, P. M. Zema

(conci, conf.); Soc. GE.FI. (Aw. Angelini Rota, Montela

tici) c. Banco di Milano; Banco di Milano (Avv. Tino) c. Soc.

GE.FI. Conferma App. Milano 27 maggio 1980.

Liquidazione coatta amministrativa — Imprese esercenti il cre

dito — Opposizione allo stato passivo dei creditori chirogra fari — Disciplina (L. 7 marzo 1938 n. 141, conversione in leg

ge con modificazioni del r.d.l. 12 marzo 1936 n. 375 contenen

te disposizioni per la difesa del risparmio e l'esercizio della

funzione creditizia, art. 77, 78; r.d. 16 marzo 1942 n. 267, di

sciplina del fallimento, art. 194, 209).

L'opposizione dei creditori chirografari allo stato passivo di una

impresa esercente il credito, posta in liquidazione coatta am

ministrativa, deve essere proposta nel termine e con le forme

prescritti dall'art. 209, 2" e 3° comma, l. fall, e non secondo la

disciplina prevista dalla l. 7 marzo 1938 n. 141 contenente

disposizioni per la difesa del risparmio e l'esercizio della

funzione creditizia. (1)

(1) La sentenza riportata ribadisce i principi enunciati dalla giuris

prudenza della Cassazione in tema di coordinamento tra disciplina

Il Foro Italiano — 1983 — Parte I-160.

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