sezione I civile; sentenza 14 febbraio 2006, n. 3140; Pres. Luccioli, Est. Del Core, P.M. Uccella(concl. diff.); Pierfelice (Avv. Di Filippo) c. Min. interno (Avv. dello Stato). Conferma Giud.pace Pescara 27 giugno 2001Source: Il Foro Italiano, Vol. 129, No. 10 (OTTOBRE 2006), pp. 2821/2822-2825/2826Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23202040 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
novembre 1995 del ministro del lavoro e della previdenza so
ciale, cit.). 5. - La sentenza impugnata
— laddove ritiene legittimo il
provvedimento del 9 novembre 2000, di cancellazione dell'at
tuale ricorrente da Inarcassa - Cassa nazionale di previdenza e
assistenza per gli ingegneri ed architetti liberi professionisti, a
far tempo dal 28 gennaio 1981, in dipendenza dell'accertamento
negativo circa la sussistenza del requisito dell'esercizio conti
nuativo della professione, e di revoca del trattamento pensioni
stico, del quale lo stesso ricorrente era titolare dal mese di aprile 1995 — si discosta dal principio di diritto enunciato.
Infatti l'accertamento negativo, circa la sussistenza del requi sito dell'esercizio continuativo della professione (dal 28 gen naio 1981 all'aprile 1995, data del pensionamento)
— che sor
regge il provvedimento del 9 novembre 2000 — è stato effet
tuato ben oltre il quinquennio dal periodo di iscrizione (dal 28
gennaio 1981 all'aprile 1995, appunto) — che ne risulta can
cellato — nonché dalla data del pensionamento (aprile 1995,
appunto). Tanto basta per accogliere il ricorso.
Il prospettato decorso del quinquennio, infatti, dispensa la
corte dal prendere posizione sulla questione se il pensionamento
possa costituire, in ogni caso, il termine finale (dies ad quem) —
per l'accertamento circa la sussistenza del requisito del
l'esercizio continuativo della professione — siccome questa
corte (sentenza 7830/05, cit.) ha avuto occasione di ritenere —
con riferimento ad altra cassa previdenziale di professionisti —
sulla base, tuttavia, di disposizione (art. 22, 3° comma, 1. 29
gennaio 1986 n. 21, riforma della cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore dei dottori commercialisti), recante l'espli cita previsione di quel termine finale («L'accertamento della
sussistenza del requisito dell'esercizio della professione avviene
sulla base dei criteri stabiliti dal comitato dei delegati ed è ef
fettuato dalla cassa periodicamente e comunque prima dell'ero
gazione dei trattamenti previdenziali e assistenziali»).
6. - Il ricorso, pertanto, deve essere accolto.
Per l'effetto, la sentenza impugnata va cassata senza rinvio
(ai sensi dell'art. 384, 1° comma, ultimo periodo, c.p.c.), in
quanto la causa può essere decisa nel merito, sulla base del
principio di diritto enunciato — senza che siano necessari, al
l'uopo, accertamenti di fatto ulteriori — accogliendo la doman
da proposta dall'attuale ricorrente Davide Bianchi contro l'at
tuale resistente Inarcassa - Cassa nazionale di previdenza e assi
stenza per gli ingegneri ed architetti liberi professionisti, per ottenere il ripristino della pensione, della quale era titolare dal
mese di aprile 1995, previa declaratoria di illegittimità del
provvedimento 9 novembre 2000, con il quale erano state dispo ste la propria cancellazione dalla cassa, dal 28 gennaio 1981, e
la revoca del trattamento pensionistico in corso.
Il Foro Italiano — 2006.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 14 feb
braio 2006, n. 3140; Pres. Luccioli, Est. Del Core, P.M. Uc
cella (conci, diff.); Pierfelice (Avv. Di Filippo) c. Min. inter
no (Avv. dello Stato). Conferma Giud. pace Pescara 27 giu
gno 2001.
Titoli di credito — Assegno bancario privò di provvista —
Illecito amministrativo — Perfezionamento (L. 15 dicem bre 1990 n. 386, nuova disciplina sanzionatoria degli assegni
bancari, art. 2, 8; d.leg. 30 dicembre 1999 n. 507, depenaliz zazione dei reati minori e riforma del sistema sanzionatorio ai
sensi dell'art. 1 1. 25 giugno 1999 n. 205, art. 29).
L'illecito amministrativo di emissione di assegno bancario pri vo di provvista si configura nel momento della vana presenta zione del titolo all'incasso, anche nell'ipotesi di identità fisi ca tra traente e prenditore. (1)
Svolgimento del processo. —
Filippo Pierfelice si oppose al
l'ordinanza-ingiunzione n. 246 del 5 giugno 2000 con la quale il
prefetto di Pescara gli aveva irrogato la sanzione pecuniaria di
lire 2.012.500, prevista dall'art. 2 1. 386/90, per aver emesso un
(1) La sentenza in rassegna, affermando che l'orientamento espresso dalla Cassazione penale in merito all'identificazione del momento con
sumativo del reato può essere trasposto all'illecito amministrativo, ora
previsto dall'art. 2 1. 15 dicembre 1990 n. 386, come modificato dal
l'art. 29 d.leg. 30 dicembre 1999 n. 507, statuisce che l'illecito ammi
nistrativo contemplato dalla suddetta norma si configura nel momento
in cui il titolo presentato all'incasso, in tempo utile, risulti privo di
provvista. Principio applicabile anche all'ipotesi di identità fisica tra
traente e prenditore poiché l'interesse giuridico primario tutelato dalla
citata norma, anche dopo l'entrata in vigore del d.leg. 30 dicembre
1999 n. 507, è quello della fede pubblica e cioè della fiducia dei citta
dini nell'idoneità dell'assegno ad assolvere la sua funzione tipica di
mezzo di pagamento. Il principio esposto nella sentenza in epigrafe, quanto al momento
perfezionativo, anche se relativamente all'ipotesi di reato prevista pri ma dell'introduzione della legge sulla depenalizzazione, si rinviene
nelle seguenti pronunce: Cass. 15 giugno 1999, Cipollone, Foro it..
Rep. 2000, voce Titoli di credito, n. 44; 22 dicembre 1998, Sottocor
nola, id., Rep. 1999, voce cit., n. 88; 2 dicembre 1996, Santantoni,
ibid., n. 101, e Riv. trim. dir. pen. economia, 1999, 191, con nota di Za
un; Pret. Viterbo 26 aprile 1999, Foro it., Rep. 1999, voce cit., n. 99;
App. Palermo 7 novembre 1995, id., 1996, II, 322.
In dottrina, in senso conforme, Zalin, La disciplina sanzionatoria dell'emissione di assegno senza provvista tra vecchia e nuova legge:
modificazione o «abolitio crìminis»?, in Riv. trim. dir. pen. economia,
1999, 191, che, analizzando le conseguenze dell'abrogazione dell'art.
116 r.d. 21 dicembre 1933 n. 1736 attuata dalla 1. 15 dicembre 1990 n.
386, sostiene che «la legge del 1990 attribuisce rilevanza esclusiva alla
presentazione del titolo per il pagamento ed al fatto che, in quel mo
mento, i fondi non risultino sufficienti a coprire l'importo dell'assegno. Riflettendosi tale scelta legislativa sulla stessa qualificazione giuridica del reato definito, prima della riforma, quale reato di pericolo, rispetto alla tutela del patrimonio del portatore, e attualmente come reato di
danno perché, sostanziandosi il reato nell'assenza di provvista al mo mento della presentazione del titolo per l'incasso, il pregiudizio patri moniale a carico del beneficiario è immediato». L'autore, pur identifi
cando il momento perfezionativo del reato nella presentazione del titolo
all'incasso che risulti privo di provvista, identifica quale interesse pri mario tutelato dalla norma quello del patrimonio del beneficiario del
l'assegno e, affermando che trattasi di reato plurioffensivo, sostiene
che «la sostanziale differenza tra l'oggetto tutelato dalle due leggi è
data dal fatto che il reato di emissione di assegno a vuoto va ora classi
ficato non più fra quelli contro la fede pubblica, ma come reato contro
il patrimonio, pur non mancando il profilo di tutela della pubblica eco
nomia». Cfr., sempre in senso conforme, per quanto attiene al momento
perfezionativo del reato, Blaiotta, La giurisprudenza di legittimità sul
dolo nel reato di assegno a vuoto, in Cass, pen., 1996, 1954, il quale, anche se solo incidentalmente, afferma che «la 1. n. 386 ha trasformato
l'illecito da reato di condotta a reato di evento. Il delitto non si consu
ma più con l'emissione del titolo senza provvista. La presenza di fondi
in tale momento è divenuta sostanzialmente irrilevante ed il reato è per fetto solo nel momento in cui l'assegno non viene pagato dopo essere
stato presentato in tempo utile». Anche in questo caso l'autore si disco
sta dal principio affermato nella sentenza qui riportata, ritenendo che
«sull'evento si concentra l'intero significato offensivo del fatto e che
l'illecito diviene così da reato di pericolo reato di lesione incentrato sul
danno patito dal prenditore, mentre viene meno il profilo di offensività
inerente alla sfera della fede pubblica».
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2823 . PARTE PRIMA 2824
assegno bancario privo di provvista. Eccepì: l'inconfigurabilità della fattispecie sanzionata dalla norma in quanto il titolo in
questione, tratto a favore di sé medesimo al solo fine di trasferi
re i fondi da un conto corrente a un altro, era rimasto nella sua
disponibilità e non era stato consegnato a terzi e posto in circo
lazione; Fimprocedibilità dell'azione amministrativa giacché, essendo allo stesso tempo creditore e debitore dell'obbligazione cartolare, non poteva applicarsi il disposto dell'art. 8 citata leg
ge Nella resistenza della prefettura, l'adito Giudice di pace di
Pescara respinse l'opposizione, rilevando che il momento con
sumativo dell'illecito contestato andava individuato nella pre sentazione dell'assegno alla banca e nel mancato pagamento per difetto di provvista; e che in tema di condizioni di improcedibi lità di cui all'art. 8 1. 386/90 non è richiesto il pagamento di in teressi, penale e spese di protesto, oltre quello della somma
portata dal titolo, nell'ipotesi in cui prenditore e traente si iden
tificano nella stessa persona. Di tale sentenza il Pierfelice ha chiesto la cassazione con ri
corso articolato in due motivi, notificato al ministero dell'inter
no.
Resiste con controricorso l'ufficio territoriale del governo di
Pescara.
Motivi della decisione. — Pregiudizialmente, deve essere re
spinta l'eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza di
legittimazione passiva del ministero dell'interno nei cui con
fronti è stato proposto, in quanto la costituzione del prefetto di
Pescara, ancorché effettuata dopo la scadenza del termine per
impugnare, ha sanato con effetto ex tunc, per raggiungimento dello scopo, ogni nullità dell'atto impugnatorio.
Va premesso in proposito, da un canto, che l'art. 4 1. 15 di
cembre 1990 n. 386, come sostituito dal d.leg. 30 dicembre
1999 n. 507, stabilisce che per l'applicazione delle sanzioni
previste dagli art. 1 e 2 e delle conseguenti sanzioni ammini
strative accessorie è competente il prefetto del luogo di paga mento dell'assegno, e, dall'altro, che l'art. 8 bis 1. 386/90 (ag
giunto dall'art. 33 d.leg. 507/99) rimanda alla 1. 689/81 per
quanto riguarda la procedura da seguire in tema di opposizione. E evidente da tale contesto normativo l'intento di riprodurre
10 schema procedimentale dettato dall'art. 23 1. 689/81 in tema
di sanzioni amministrative, nel cui ambito legittimata passiva mente è indicata espressamente la stessa autorità che ha emesso
11 provvedimento e, per giurisprudenza ormai consolidata, il
successivo ricorso per cassazione viene ritenuto proponibile dalla (o nei confronti della) stessa autorità, rimanendone estra neo l'organo gerarchicamente superiore.
Conseguentemente, anche nel presente procedimento promos so avverso il provvedimento sanzionatorio emesso dal prefetto, la legittimazione, sia attiva che passiva, nel successivo giudizio di cassazione deve ritenersi attribuita unicamente a detta auto
rità, l'unica del resto a poter valutare adeguatamente le ragioni della controparte e della decisione. Pertanto, il ricorso in esame, in quanto erroneamente proposto nei confronti del ministero
dell'interno, di cui va esclusa la legittimazione passiva, dovreb be essere dichiarato inammissibile.
Deve, tuttavia, considerarsi al riguardo che l'impugnazione è nulla e non inesistente se proposta nei confronti della parte non
legittimata passivamente. Tale nullità si inquadra, infatti, tra
quelle previste e regolate dall'art. 164 c.p.c. —
applicabile al ri
corso per cassazione — che richiama, tra l'altro, il n. 2 dell'art.
163 c.p.c., dove si precisa che l'atto deve contenere l'identifica
zione delle parti. Siffatta nullità può essere eliminata per un'e
sigenza di autocorrezione del processo: malgrado l'erronea in
dicazione del soggetto convenuto in giudizio, la vocatio in ius e
Veditio actionis possono, cioè, consentire comunque di indivi
duare il rapporto sostanziale dedotto in giudizio e, quel che qui più conta, possono comunque consentire al soggetto cui fa capo la situazione sostanziale dedotta in giudizio di riconoscersi co me il soggetto sostanzialmente, ma irritualmente convenuto e di valutare l'opportunità di costituirsi. Epperò la costituzione in
giudizio del legittimato passivo è causa di sanatoria della nullità con effetti diversi a seconda che la controversia sia stata pro mossa prima o dopo il 30 aprile 1995: se prima, trova applica zione l'art. 164 c.p.c. nel testo anteriore alla modifica introdotta dalla 1. 26 novembre 1990 n. 353 (art. 9), e la sanatoria ha effi
II Foro Italiano — 2006.
cacia ex nunc, impedendo l'inammissibilità del ricorso per cas
sazione a condizione che la costituzione avvenga prima della
scadenza del termine per impugnare; se dopo, come nel caso in
esame, deve ricevere applicazione l'art. 164 nel testo successivo
alla modifica cennata e la sanatoria ha efficacia ex tunc, impe dendo sempre e comunque l'inammissibilità per tardività del
gravame (vedi, per qualche riferimento, Cass. 11394/96, Foro
it., 1997,1, 2544; 3694/98, id., 1998,1, 2909). Nella specie, quindi, il ricorso per cassazione, proposto nei
riguardi del ministero dell'interno privo di legittimazione passi va, è certamente nullo ai sensi degli art. 163, n. 2, e 164 c.p.c. ma il soggetto legittimato, ossia la prefettura di Pescara, con
controricorso, regolarmente notificato il 2 ottobre 2002 e poi
tempestivamente depositato, ha sanato il vizio di nullità del ri
corso e la correlata inammissibilità della proposta impugnazio ne.
Può dunque passarsi a esaminare il ricorso.
Con il primo motivo, il Pierfelice denunzia violazione o falsa
applicazione dell'art. 2 1. 386/90, ribadendo quanto detto in sede
di opposizione, e cioè che il momento consumativo dell'illecito
deve essere individuato nell'effettiva e materiale negoziazione del titolo, ovvero nella sua messa in circolazione. Di contro, nella specie l'assegno non entrò mai in circolazione, giacché con l'emissione e la presentazione del titolo si è realizzato un
mero spostamento di capitale da un conto corrente a un altro, entrambi intestati ad esso ricorrente. In altri termini, poiché il
titolo non è stato usato secondo la sua peculiare funzione di
mezzo di pagamento, non vi è stato pericolo per gli interessi dei
soggetti protetti (prenditore e giratari), onde non era configura bile l'illecito amministrativo contestato.
Con il secondo motivo, il ricorrente denunzia violazione o
falsa applicazione dell'art. 8 1. 360/90. Poiché detta norma su
bordina l'avvio dell'azione amministrativa alla condizione che
nel termine di sessanta giorni dal protesto il traente non provve da a corrispondere al portatore la somma dovuta, gli interessi, le
spese di protesto e la penale, il ricorrente assume che nella spe cie, per la coincidenza tra traente e prenditore e la conseguente estinzione di qualsivoglia obbligazione per confusione, l'azione
amministrativa era improcedibile, mancando un pregiudizio sul
piano sostanziale.
I motivi, che per la natura delle censure articolate possono formare oggetto di trattazione congiunta, sono destituiti di giu ridico fondamento.
Prima dell'entrata in vigore del d.leg. 30 dicembre 1999 n.
507 (che ha depenalizzato, tra gli altri, il reato di emissione di
assegno senza provvista), la Corte di cassazione penale ebbe
modo di pronunciarsi sull'identificazione del momento consu
mativo del reato di emissione di assegno a vuoto e sulla sua
configurabilità in caso di identità fisica di traente e prenditore alla luce della normativa introdotta con la 1. 15 dicembre 1990 n. 386 (nuova disciplina sanzionatoria degli assegni bancari). Si è affermato in proposito che il momento consumativo non coin cideva più con la negoziazione del titolo privo di copertura o con quello della distrazione della provvista dopo la sua emissio
ne, ma collimava con il momento della vana presentazione del titolo all'incasso in tempo utile, secondo il disposto dell'art. 32
1. ass. (r.d. 1736/33), per il rifiuto del pagamento opposto dall'i
stituto trattario a causa della mancanza di provvista. Pertanto, il
pagamento eseguito dopo la vana presentazione, ancorché prima del protesto, rilevava solo ai fini della condizione di procedibi lità di cui agli art. 8 e 2 1. cit., ove si fosse fornita la prova che il
tardivo pagamento comprendeva interessi, penale e ulteriori
eventuali spese (v. Cass. 31 maggio 1991, Bonitatibus, id.,
1992, II, 511; 20 novembre 1991, Maglione, id., Rep. 1992, vo ce Titoli di credito, n. 96; 30 aprile 1992, Tomassini, id., Rep. 1993, voce cit., nn. 113, 146; 27 ottobre 1992, Asquini, ibid., n. 112; 22 dicembre 1998, Sottocornola, id., Rep. 1999, voce cit., n. 88).
Al tempo stesso si è affermato che il reato in discussione si
configura anche nell'ipotesi in cui traente e prenditore dell'as
segno siano la stessa persona. Al riguardo, si è anzitutto specifi cato che, come emergeva dal testo della norma («chiunque emette ...»), soggetto attivo del reato di cui all'art. 2 1. 386/90, era il traente dell'assegno avente uno specifico rapporto di
emissione-provvista con il trattario (c.d. convenzione di chè
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
que). Pertanto, rispondeva del reato de quo, in caso di difetto di
provvista, anche il titolare del conto corrente che avesse emesso
l'assegno a proprio favore, il reato perfezionandosi nel mo
mento della presentazione del titolo all'incasso. Né la contraria
tesi per cui il reato presupponeva che l'emittente del titolo fosse
persona diversa dal portatore era giustificata dal fatto che un
soggetto non potesse rilasciare la dichiarazione liberatoria di cui
all'art. 11 in favore di sé stesso o che, quale condizione di im
procedibilità, era previsto il pagamento anche degli interessi, della penale e delle spese del protesto. Infatti, in caso di assegno emesso a proprio nome e, quindi, di identità tra obbligato e
portatore e, perciò, di impossibilità dell'esercizio di un'azione
di regresso contro sé stesso, ai fini dell'improcedibilità dell'a
zione penale, in presenza dell'avvenuto pagamento dell'importo del titolo, non era richiesto anche il pagamento degli interessi,
della penale e delle spese del protesto (così, Cass. 17 gennaio
1995, Gennaro, id., Rep. 1995, voce cit., n. 118; 15 giugno
1999, Cipollone, id., Rep. 2000, voce cit., n. 44). Si è poi osservato che, nonostante la prevalente importanza
attribuita dal legislatore del '90 all'interesse patrimoniale del
prenditore, il reato di emissione di assegno senza provvista ave
va comunque mantenuto la sua natura plurioffensiva: con la re
pressione di tale reato, pur se solo nel caso di mancato paga
mento, si proteggeva anche l'interesse, di natura pubblicistica, alla fiducia nella idoneità dell'assegno a svolgere, comunque, la
sua funzione di mezzo di pagamento. Il delitto di emissione di
assegno senza provvista, ipotizzato dall'art. 2 1. 15 dicembre
1990 n. 386, apparteneva così alla categoria dei reati plurioffen
sivi; l'interesse tutelato in via primaria dalla norma era costi
tuito dalla fede pubblica, ossia dalla fiducia dei cittadini nell'i doneità dell'assegno ad assolvere la sua tipica funzione di pa
gamento, mentre l'interesse patrimoniale leso veniva in rilievo
solo in linea subordinata, come si desumeva dall'imposizione della clausola penale in caso di mancato pagamento dell'asse
gno a favore del prenditore o del giratario (art. 3 1. cit.) e dalla
configurazione della condizione di procedibilità (art. 8 1. cit.), in virtù della quale l'azione penale era condizionata all'omesso
pagamento dell'assegno, della penale, degli interessi e delle
spese entro un certo termine. Pertanto il reato sussisteva ogni
qual volta veniva emesso un assegno bancario senza provvista,
indipendentemente dal fatto che il traente lo avesse emesso a
favore di sé stesso o di terzi, così come nel caso in cui il titolo
fosse stato emesso a favore proprio e poi girato a terzi (Cass. 4
marzo 1994, Carnevale, id., Rep. 1995, voce cit., n. 107). Anche per la prevalente dottrina, il reato in discorso si confi
gura pure quando il traente e il prenditore si identificavano nella
stessa persona. La disciplina abrogata era sicuramente diretta
alla protezione tanto della fede pubblica, cioè della fiducia dei
consociati nella validità del titolo in rapporto al suo carattere
astratto e all'esigenza di garantirne il regime di circolazione,
quanto del patrimonio di coloro che potessero essere lesi dalla
mancata copertura o dalla carenza di requisiti formali di validità
del documento. La nuova normativa, conservando il reato di
emissione non autorizzata (art. 1) e accettuandone l'importanza,
rispondeva per certo all'esigenza di tutela di entrambi i tipi di
interessi. Del resto, è stato ricordato, la prospettazione, in sede
di lavori parlamentari, di una procedibilità a querela per i reati
in esame muoveva verso una ritenuta chiusura al profilo della
tutela della fede pubblica per esaltare quello della protezione del
patrimonio. Ma la proposta non è passata e, anche per questo
motivo, il carattere plurioffensivo dei delitti di cui agli art. 1 e 2
della legge non poteva essere messo in dubbio.
Quindi, anche dopo l'entrata in vigore della novella del 1990
(1. n. 386) si è ritenuto che l'interesse giuridico tutelato attraver
so la disciplina sanzionatoria degli assegni bancari era princi
palmente la fede pubblica, e cioè la fiducia dei cittadini nell'i doneità dell'assegno ad assolvere la sua tipica funzione di mez
zo di pagamento; e solo subordinatamente l'interesse patrimo niale leso dall'irregolare emissione del titolo. La tutela della
pubblica fede si è desunta, inequivocamente, dall'art. 9 della
nuova legge, che impone alla banca di revocare al traente ogni autorizzazione ad emettere assegni quando un assegno non ven
ga (sia pure parzialmente) pagato. La tutela degli interessi pa trimoniali si è desunta dall'imposizione della clausola penale in
caso di mancato pagamento dell'assegno a favore del prenditore
Il Foro Italiano — 2006.
o del giratario (art. 3) e dalla configurazione della clausola di
procedibilità prevista nell'art. 8 (anche se la norma si ispirava a
ragioni soprattutto pratiche, come la necessità di deflazionare il
carico giudiziario), in virtù della quale l'azione penale per il
reato di cui all'art. 2 era condizionata all'omesso pagamento
dell'assegno, della penale, degli interessi e delle spese entro un
certo termine.
Posto, perciò, che il reato, previsto dall'art. 2 1. 386/90, di emissione di assegno senza provvista apparteneva alla categoria dei reati plurioffensivi e che l'interesse principalmente tutelato
da detta norma era quello della fede pubblica, veniva respinta la
tesi della non configurabilità del reato nell'ipotesi in cui emit
tente e prenditore e presentatore fossero lo stesso soggetto (non essendovi lesione degli interessi patrimoniali del secondo), in
quanto anche in tale ipotesi sussisteva la lesione dell'interesse
primario tutelato dalla norma penale, e cioè la fede pubblica. Del resto, che oggetto della tutela penale continuava ad essere la
pubblica fede nella circolazione dell'assegno bancario come
mezzo di pagamento è stato affermato anche dalla Corte costitu
zionale con la sentenza 203/93 (id., Rep. 1993, voce cit., n.
118). I principi affermati dalla Corte di cassazione penale e dalla
prevalente dottrina a proposito del momento consumativo del
reato di emissione di assegno a vuoto e della sua configurabilità anche in caso di identità tra traente e prenditore possono essere,
ad avviso di questa corte, perfettamente trasposti all'illecito
amministrativo ora previsto dall'art. 2 1. 15 dicembre 1990 n.
386, come modificato dall'art. 29 d.leg. 30 dicembre 1999 n.
507, che ha, per l'appunto, depenalizzato il reato di emissione
di assegno senza provvista. Ad integrare la nuova figura di illecito amministrativo di
emissione di assegno privo di provvista delineata dalle norme
succitate è pertanto sufficiente che il titolo, benché portato al
l'incasso in tempo utile, non sia pagato dalla banca trassata per difetto di provvista. Non è richiesto che venga effettivamente
usato secondo la sua peculiare funzione di mezzo di pagamento ed entri in circolazione né che il traente sia persona diversa dal
prenditore del titolo, essendo la norma sanzionatrice diretta a
tutelare anche la fede pubblica. E che effetti negativi per la
pubblica fede possano conseguire anche nell'ipotesi di identità
fisica tra emittente e prenditore dell'assegno privo di copertura è provato da un'osservazione: se l'assegno viene versato alla
banca per fare fronte a delle operazioni di movimento dare, sca
denti in una determinata data, e la banca ha accreditato una
provvista immediata pari all'importo dell'assegno sul conto cor
rente esistente presso di essa a nome dello stesso soggetto, essa
assume in tal modo la veste di creditrice della somma portata dal titolo.
Pertanto, nella specie l'illecito contestato al Pierfelice si è
realizzato all'atto della presentazione dell'assegno alla banca
trassata, essendo irrilevante che il prenditore dell'assegno fosse
lo stesso soggetto che lo aveva emesso.
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