Sezione I civile; sentenza 15 marzo 1960, n. 512; Pres. Lonardo P., Est. Arras, P. M. Gedda(concl. conf.); Procuratore gen. presso la Corte d'appello di Torino c. RossinoSource: Il Foro Italiano, Vol. 84, No. 11 (1961), pp. 2011/2012-2013/2014Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23151573 .
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2011 PARTE PRIMA 2012
unità la disciplina delle prestazioni assistenziali, allinean
dola a quella stabilita dall'ordinamento sindacale per il
settore dell'industria, l'obbligo dell'I.n.a.m. di provvedere alla somministrazione gratuita anche delle specialità che
non possano essere utilmente sostituite è implicito nella
stessa legge n. 138 del 1943. Infatti l'estensione del diritto
dell'assicurato (che, come è opinione pressoché unanime
della dottrina, deve essere inquadrato nell'ambito dei di
ritti soggettivi pubblici) a esigere l'adempimento della pre stazione assistenziale, in caso di malattia, deve essere de
terminata, tenendo presenti la natura della prestazione medesima, che è quella di risarcimento del danno, e la
idoneità del mezzo a soddisfare l'esigenza del lavoratore
che la legge ha inteso di tutelare, a ottenere una adeguata assistenza farmaceutica : deve, cioè, trattarsi della sommini
strazione di medicinali efficaci, giacché, diversamente, la
funzione risarcitoria dell'assicurazione obbligatoria non sa
rebbe integralmente adempiuta e rimarrebbero, per lo meno
in parte, insoddisfatte le esigenze che la legge si è proposta di tutelare.
È poi evidente che il diritto dell'assicurato ad avere, come si è visto, un'assistenza farmaceutica adeguata ed
efficace non può essere menomato da circolari diramate dall'Istituto ai propri organi, giacché queste costituiscono solo atti interni. Non si disconosce che l'I.n.a.m. possa ema
nare le norme intese ad organizzare, nell'ambito tecnico e
amministrativo, i suoi servizi assistenziali e che, con rife rimento alla sua organizzazione e ai suoi modi di approv
vigionamento, possa, entro certi limiti, stabilire i far
maci, dei quali è consentita, per le singole forme morbose, la somministrazione gratuita. E può anche ammettersi che tale potere discrezionale non venga meno per il fatto che un farmaco venga prescritto da un medico convenzionato,
giacché questo non può essere considerato un organo del l'I.n.a.m. Tuttavia la discrezionalità dell'Istituto trova un necessario limite nel diritto dell'assicurato, la cui estensione è stata dianzi precisata, e pertanto la esclusione di un far
maco, in tanto può essere ritenuta legittima, in quanto esso
possa essere utilmente sostituito da qualche altro prepa rato autorizzato, di adeguata efficacia curativa.
Nel caso concreto, il Tribunale, uniformandosi al parere espresso dal consulente tecnico, ritenne che la chemicitina,
per la cura della pertosse, non potesse essere sostituita da
altri farmaci autorizzati, di adeguata efficacia curativa. Tale apprezzamento, come è manifesto, si concreta in una valutazione di circostanze di fatto. In conseguenza, tenuto conto di quanto sopra osservato, si deve riconoscere che la statuizione del Tribunale, relativa all'obbligo dell'I.n.a.m. di provvedere alla somministrazione gratuita del predetto medicinale, resiste alle censure prospettate col dedotto mezzo di annullamento.
Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE SDPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione I civile ; sentenza 15 marzo 1960, n. 512 ; Pres. Lonardo P., Est. Arras, P. M. Gedda (conci, conf.) ; Procuratore gen. presso la Corte d'appello di Torino c. Eossino.
(Cassa App. Torino 23 agosto 1958)
Matrimonio •— Matrimonio preconcordatario — Sen tenza ecclesiastica di annullamento — Effetti sul matrimonio civile — Processo contenzioso (L. 27 maggio 1929 n. 847, applicazione del Concordato tra la Santa Sede e l'Italia nella parte relativa al matrimo
nio, art. 17, 22).
Perchè la sentenza ecclesiastica di annullamento di matri monio preconcordatario possa produrre effetto anche ri
guardo al matrimonio civile contratto tra le stesse per sone, è necessario proporre domanda nelle forme conten
«tose alla corte d'appello competente, che deve pronun ziare sentenza. (1)
La Corte, ecc. — (Omissis). Il procedimento camerata di cui all'art. 17 della legge 27 maggio 1929 n. 847, clie
prevede la dichiarazione di esecutività, da parte delle corte d'appello, competente per territorio, della sentenza di annullamento di matrimonio pronunciata dal Tribu nale ecclesiastico della Sacra romana Rota, è applica bile solo al matrimonio cattolico concordatario, e cioè al matrimonio celebrato con unico rito davanti un mini stro di culto cattolico (trascritto, poi, agli effetti civili, nei registri dello stato civile) ; per il matrimonio, precon cordatario, invece, e qualora si chieda che la sentenza di annullamento di matrimonio religioso, pronunciata dal Tribunale ecclesiastico della Sacra romana Bota, pro duca il suo effetto anche riguardo al matrimonio civile, contratto fra le stesse persone, deve applicarsi l'art. 22 della stessa legge, il quale prescrive il procedimento ordi
nario, da proporre dall'interessato mediante domanda, in legittimo contraddittorio, e da definirsi con sentenza della corte d'appello competente.
Tale diversa regolamentazione deriva dalla sostanziale diversità delle ipotesi, contemplate dalle due norme (art. 17 e 22), che non possono tollerare assimilazioni o inter ferenze. Nè si obietti che l'art. 22, che concerne la esecu tività della sentenza di annullamento pronunciata dal Tribunale ecclesiastico della Sacra Rota per matrimoni
preconcordatari faccia espresso richiamo al precedente art. 17 della legge, che riguarda appunto il matrimonio concordatario. Il richiamo, invero, concerne solo le for malità che debbono accompagnare e avvalorare le deci sioni delle autorità ecclesiastiche, vale a dire l'emanazione del decreto del Supremo tribunale della Segnatura, di cui all'art. 34 del Concordato fra l'Italia e la Santa Sede, ma non si riferisce al procedimento stabilito nel capo verso del detto art. 17. Ciò si desume dalla lettera e dallo
spirito delle due norme, giacché profondamente diversa è la decisione demandata alla corte di appello nelle due
ipotesi : qualora si tratti di un matrimonio concordatario
(o di dispensa di matrimonio rato e non consumato), il
compito della corte è limitato all'accertamento della
regolarità formale dei provvedimenti dell'autorità eccle siastica ; nel caso, invece, di un matrimonio preconcorda tario, si deve indagare se la nullità fu pronunciata per una causa ammessa anche nel codice civile, e cioè se vi è sostan ziale conformità fra la legislazione ecclesiastica e quella civile, il che può far sorgere, a volte, questioni gravi e
delicate, come la giurisprudenza in proposito ha dimo strato. La diversità della materia, esclude l'identità di
regolamentazione processuale, procedimento oamerale, defi nito con ordinanza nella prima ipotesi, giudizio in contrad
dittorio, nelle forme ordinarie, definito con sentenza, nella seconda.
La necessità del contraddittorio, richiesta perchè la sentenza di annullamento di un matrimonio cattolico pre
(1) Conformi: App. Firenze 6 novembre 1953, Foro it., Rep. 1954, voce Matrimonio, n. 114 ; Cass. 16 febbraio 1953, n. 384, id., Rep. 1953, voce cit., nn. 118, 119; App. Firenze 8 novembre 1947, id., Rep. 1949, voce cit., n. 135 ; App. Napoli 19 febbraio 1946 ; App. Torino 23 novembre 1946 ; App. Firenze 17 gennaio 1947, id., Rep. 1947, voce cit., nn. 82-84 ; PApp. Napoli 12 dicembre 1945, id., Rep. 1946, voce cit., n. 105 ; App. Firenze 18 aprile 1934, id., Rep. 1934, voce cit., n. 78 ; App. Bologna 5 gennaio 1934 e Cass. 19 maggio 1934, id., 1934, I, 520, 1691 (entrambe con note di Schiappoli). Contra, App. Venezia 5 maggio 1936, id., Rep. 1936, voce cit., n. 75.
Sui limiti per la dichiarazione di efficacia, agli effetti civili, itila sentenza ecclesiastica d'annullamento d'un matrimonio preconcordatario, Cass. 23 marzo 1959, n. 867, id., 1959, I, 550. La stessa Corte, con sentenza 22 marzo 1949, id., 1950,1, 53, ha •itenuto che osti al riconoscimento della sentenza ecclesiastica di mnullamento d'un matrimonio preconcordatario il rigetto in sede ivile di analoga domanda basata sulla stessa causa.
La sentenza è commentata da Pagano, in Givr. il., 1960, I, L, 1124.
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2013 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 2014
concordatario possa produrre i suoi effetti anche riguardo al matrimonio civile contratto fra le stesse persone, discende dall'esigenza di garantire i diritti delle parti, e, eventualmente, anche dei terzi (quali i figli, interessati
alla validità del matrimonio civile dei genitori). Non è possibile, in altri termini, addivenire all'annul
lamento di un matrimonio civile, contratto in modo del
tutto autonomo ed indipendente dal matrimonio reli
gioso, in virtù della norma eccezionale transitoria del
l'art. 22 della legge del 1929, senza consentire a chi vi
ha interesse di contestare che sussistessero le condizioni, stabilite dalla stessa norma, per farsi luogo all'efficacia
invalidatrice della sentenza ecclesiastica anche sul matri
monio civile. (Omissis) Per questi motivi, cassa, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione I civile; sentenza 29 febbraio 1960, n. 376; Pres.
Lorizio P., Est. Malfitano, P. M. Maccarone (conci,
conf.) ; Mangano (Avv. Scherillo) c. Fall. Invernizzi
(Avv. Vaselli).
yixegowimenio ai competenza avverso irto, iyliuiiio jlx ytli naio 1959)
Competenza e giurisdizione in materia civile — Ri vendicazione d'immobili contro il fallito — Pro nuncia d'inammissibilità — Istanza di regola mento — Improponibilità (Cod. proc. civ., art. 43 ; r. d. 16 marzo 1942 n. 267, .disciplina del fallimento, art. 9, 103).
È improponibile l'istanza di regolamento di competenza av verso la sentenza confermativa del decreto, con il quale il
giudice delegato al fallimento aveva dichiarato inammissi bile la rivendicazione d'immobili, proposta contro il debi tore con ricorso. (1)
La Corte, ecc. — Svolgimento del processo. — Dichia
rato il fallimento di Antonio Invernizzi dal Tribunale di
Milano con sentenza del 17 luglio 1956, Luigi Mangano, con ricorso al Giudice delegato in data 2 febbraio 1957,
(1) La questione, prospettata dal ricorrente, è nuova, ma la risoluzione, che le massime « ufficiali » non riassumono (Foro it., Ma;s., 86), è la conferma dell'orientamento giurisprudenziale, in virtù del quale non possono formare oggetto di regolamento di competenza questioni di rito (come la presente, che si sostan ziava nell'indagare se la rivendicazione d'immobili contro il fal lito possa essere fatta valere con la procedura del ricorso pre vista nell'art. 103 legge fall.) : Cass. 14 dicembre I960, n. 3251, idRep. 1960, voce Competenza civ., n. 360 (mancato invito alla precisazione delle conclusioni in procedimento pretorile) ; 13 novembre 1959, n. 3356, id., Rep. 1959, voce cit., n. 371 (ipotesi, in cui il pretore, nel procedimento di convalida di sfratto, aveva accantonato l'eccezione d'incompetenza, provvedendo sul l'assunzione di mez .i istruttori) ; 27 novembre 1958, n. 3792, idRep. 1958, voce cit., n. 473 (ipotesi, in cui il collegio aveva confermato l'ordinanza, con la quale il giudice istruttore aveva
disposto mezzi istruttori accantonando la questione di compe tenza) ; 25 ottobre 1957, n. 4110 ; 30 ottobre 1957, n. 3216
(mancata sospensione del processo) ; 21 maggio 1957, n. 1830
(separazione della domanda principale dalla riconvenzionale), id., Rep. 1957, voce cit., nn. 371-373, 376 ; 16 giugno 1955, n. 1853, id., Rep. 1955, voce cit., nn. 472, 473 (riunione di cause
pendenti avanti lo stesso ufficio giudiziario). Sulla questione (esaminata nella prima' parte della moti
vazione della sentenza riportata), che non possa formare oggetto di regolamento di competenza l'attribuzione della cognizione di una controversia alla sezione ordinaria o alla sezione fallimentare dello stesso tribunale : Cass. 30 marzo 1960, n. 692, id., Rep. 1960, voce Fallimento, n. 260 ; 4 marzo n. 614 e 7 agosto n. 2483 del 1959, id., Rep. 1959, voce cit., nn. 185, 186 ; 30 ottobre 1957, n. 4216 {id., Rep. 1957, voce cit., n. 182), richiamata nella motivazione della presente ; 5 ottobre 1955, n. 2831, id., Rep. 1955, voce Competenza civ., n. 477 ; 29 settembre 1954, n. 3160, id., 1955, T, 960, con nota di richiami.
propose istanza di revindicazione di alcuni immobili com
presi nel fallimento, assumendo di esserne proprietario per averli acquistati con scrittura privata dell'11 luglio 1955.
Il Giudice delegato respinse la domanda non ritenendosi
« competente a decidere con la forma del decreto su que stioni riguardanti immobili ».
Con ricorso in data 10 luglio 1957, il Mangano propose
opposizione ai sensi dell'art. 98 legge fallimentare e chiese
la revoca del provvedimento del Giudice delegato insistendo
nell'affermarsi proprietario degli immobili ; inoltre con
atto del 6 novembre 1957 convenne il Fallimento Invernizzi
davanti allo stesso Tribunale di Milano in sede ordinaria
proponendo la medesima domanda di revindicazione ;
infine, nelle conclusioni relative al giudizio di opposizione, chiese la riunione dei due procedimenti ai sensi dell'art. 273
cod. proc. civ., perchè riguardanti la stessa causa e pendenti davanti allo stesso giudice.
Con sentenza in data 20 novembre 1958-19 gennaio 1959, pronunciata nel giudizio di opposizione, il Tribunale
di Milano, pur rilevando la pendenza davanti allo stesso
Giudice di due cause identiche, perchè vertenti tra le stesse
parti con identità di titolo e di oggetto, non ritenne di
disporre la riunione dei giudizi stante la diversità di rito
delle relative procedure ; confermò il provvedimento del
Giudice delegato, trattandosi di domanda relativa a diritti
reali immobiliari, sottratta alla competenza del Tribunale
fallimentare e, conseguentemente, rigettò l'opposizione. Motivi della decisione. — Il ricorrente, premesso che
la sentenza impugnata, pur essendosi limitata, nel disposi tivo, a confermare il provvedimento del Giudice delegato e
a respingere l'opposizione, avrebbe sostanzialmente risolto
una questione attinente alla competenza del tribunale fal
limentare, e costituirebbe, quindi, un provvedimento im
pugnabile con l'istanza di regolamento di competenza, so
stiene che l'eventuale incompetenza del giudice delegato non comporterebbe necessariamente anche la incompe tenza del tribunale, successivamente adito in sede di oppo sizione e che, pertanto, trattandosi, nella specie, di domanda
che rientrava nella competenza ordinaria, per territorio e
per valore, dello stesso tribunale che aveva dichiarato il
fallimento, il Tribunale di Milano avrebbe dovuto dichia
rarsi competente a decidere il merito, a nulla rilevando che
il giudizio fosse stato inizia1 o con ricorso, ai sensi dell'art.
98 legge fallimentare, anziché con citazione. Il resistente
eccepisce l'inammissibilità dell'istanza di regolamento di
competenza, in quanto la sentenza impugnata non conter rebbe una decisione su questioni di competenza.
Osserva la Corte che l'istanza è improponibile. Invero, perchè si abbia una decisione sulla competenza,
impugnabile con l'istanza di regolamento, occorre che sia stata risolta una questione concernente la identificazione del giudice di merito competente ad emettere la pronuncia di accoglimento o di rigetto della domanda giudiziale. È
necessario, cioè, che la decisione contenga o l'affermazione della competenza del giudice che la emette o il diniego di tale competenza con la corrispondente indicazione (che può essere anche implicita) della competenza di un giudice di
verso, sicché sia possibile la concreta sostituzione di uno ad altro giudice nella funzione diretta alla pronuncia di ac
coglimento o di rigetto della domanda giudiziale. Nella specie, il Tribunale di Milano, nel dichiarare la
propria incompetenza come tribunale fallimentare a cono scere dell'azione di rivendicazione proposta dal Mangano, risolse una questione che sarebbe stata attinente alla com
petenza in senso stretto, qualora la competenza a conoscere di tale azione fosse appartenuta, secondo le norme ordinarie richiamate dall'art. 24 legge fallimentare, a un giudice di verso per materia, valore e territorio, il quale avrebbe do vuto in concreto sostituirsi al detto Tribunale nella cogni zione del merito della causa.
Senonchè, essendo pacifico che la competenza a cono scere dell'azione proposta appartiene al Tribunale di Milano, in quanto gli immobili, oggetto della rivendicazione, si tro vano in detto luogo e hanno un valore di diversi milioni di lire, non v'è dubbio che la questione da esso risoluta at tiene alla ripartizione dei compiti tra organi, fallimentari
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