sezione I civile; sentenza 18 giugno 1985, n. 3656; Pres. Scanzano, Est. Sensale, P. M. Amirante(concl. diff.); Min. tesoro (Avv. dello Stato Tallarida) c. Zammuto (Avv. Provenzani, Caruselli).Cassa Trib. Roma 16 marzo 1982Source: Il Foro Italiano, Vol. 108, No. 9 (SETTEMBRE 1985), pp. 2225/2226-2227/2228Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23177981 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
desima Sii tema di regolamento di distanze legali ex art. 879, 2°
comma, c.c.
Dal coordinamento della disposizione del 1° comma con quella del 2° comma del citato art. 6 emerge che per le costruzioni
cosiddette principali i punti di riferimento, quanto alla distanza di
sei metri, sono due, Sin via alternativa: il1 bordo stradale o i
confini con le altre proprietà private, laddove per le costruzioni
cosiddette secondarie il punto di riferimento, quanto alla (minor) distanza di quattro metri, è uno solo: l'asse stradale. Ne discende
che la distanza di quattro metri, prevista dal 2° comma per le
costruzioni cosiddette secondarie, vale .soltanto per i lati1 a fronte
di una via pubblica o gravata da servitù di uso pubblico, non
anche per quelli a fronte di confini con altra proprietà privata, in
questo secondo caso dovendo l'edificio, ancorché secondario, essere
elevato alla maggior distamela di' sei metri, come previsto dal 1°
comma. La qual cosa si spiega agevolmente, sotto il profilo
razionale, ove sii consideri che la minor .distanza, prevista dal1 2°
oomma, va messa in relazione non tanto con lia natura e la
destinazione dell'edificio secondario, quanto con l'essere riferita
ala strada pubblica, e ohe, pertanto, non influisce sulle distanze
fra costruzioni.
L'impugnata decisione, in parte qua, si è correttamente ispirata a tale interpretazione della norma, avendo la corte del merito
accertato che il viale di accesso alla villa Cattaneo insiste, per tutta la sua lunghezza, su terreno di proprietà dell'attuale resisten
te, è gravato — in forza del rogito per notar Verde del 30
maggio 1954 — da servitù di transito in favore di fondi limitrofi, tra i quali l'area successivamente acquistata dalla socSetà Rosa
Marina, e quindi non può essere in alcun modo equiparato a una
strada pubblica. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezione i civile; sentenza 18 giugno
1985, n. 3656; Pres. Scanzano, Est. Sensale, iP. M. Amirante
(conci, diff.); Min. tesoro (Avv. dello Stato Tallarida) c.
Zammuto (Avv. Provenzani, Caruselli). Cassa Trib. Roma
16 marzo 1982.
Prescrizione e decadenza — Finanziamento a favore dell'industria
zolfifera — Credito per la restituzione — Prescrizione —
Decorrenza (Cod. civ., art. 2935; 1. 25 giugno 1956 n. 695,
provvedimenti in favore dell'industria zolfifera, art. 9).
Quando il finanziamento in favore di un'industria zolfifera debba
essere recuperato dall'Ente zolfi italiano, ai sensi della legge istitutiva, nell'arco temporale di dieci anni mediante ritenute
sulla liquidazione dei ricavi, la prescrizione dell'azione per il
recupero del finanziamento da parte dell'ente inizia a decorrere
allo scadere del decennio, anche quando l'industria finanziata abbia cessato l'attività estrattiva prima di tale momento, se la
circostanza non è assunta specificamente come causa di deca
denza dai benefici del finanziamento dalla legge istitutiva. (1)
(1) Non constano precedenti in termini.
V., però, in materia di appalto di opere pubbliche, Cass. 29 giugno 1982, n. 3904, Foro it., Rep. 1983, voce Opere pubbliche, n. 312, e, sostanzialmente conf., Cass. 29 giugno 1982, n. 3902, ibid., voce Sicilia, n. 54, nel senso che, anche nel caso di rescissione del contratto di appal to, il diritto dell'amministrazione al recupero delle anticipazioni si rende azionabile solo dopo che, approvata la contabilità finale ed operata la
compensazione tra le opposte ragioni, si accerti la sussistenza di un credito dell'amministrazione appaltante per le anticipazioni non recupe rate, perché l'art. 15 1. reg. Sicilia 2 agosto 1954 n. 32 prevede, per le
anticipazioni sul corrispettivo in favore dell'appaltatore, il recupero mediante trattenuta sugli acconti disposti in base agli stati di avanza mento.
Diversa soluzione si sarebbe avuta se Li 1. 25 giugno 1956 n. 695 avesse previsto la cessazione dell'attività estrattiva come causa di decadenza dal beneficio del finanziamento (comminata, invece, dall'art.
8, per l'inosservanza dei patti di lavoro e degli accordi integrativi provin ciali e spedali, nonché per la corresponsione irregolare delle retribuzio
ni). In tal caso, infatti, l'azione per il recupero del finanziamento si sareb be iniziata a prescrivere con il verificarsi dell'evento che ne importava la decadenza (cfr., in materia di imposta di registro, per la decadenza dai benefici tributari previsti dalla 1. 2 luglio 1959 n. 408, Comm. trib. cen trale 9 marzo 1977, n. 647, id., Rep. 1977, voce Registro, n. 335; Cass. 4 dicembre 1972, n. 3495, id., Rep. 1973, voce cit., n. 1144; 27 gennaio 1972 n. 190, id., Rep. 1972, voce cit., n. 1195; 14 dicembre 1971, n. 3636, id., 1972, I, 2958).
In dottrina, sull'art. 2935 ex., v. De Lise e Cossu, Della tutela dei
Il Foro Italiano — 1985 — Parte /-143.
Svolgimento del processo. — Il ministero del tesoro, ufficio
liquidazione dell'Ente zolfi italiana, emetteva in diata 5 marzo
1974, >ai sensi del t.u. 14 aprite 1910 n. 639, ingiunzione per il
recupero del credito ddi lire 713.000, conseguente ad un fimamzia
meoto, effettuato ai sensi delia 1. 25 giugno 1956 n. 695, a favore dii Giuseppe Zammuto, produttore di zolfo.
Questi proponeva opposizione, deducendo che ài credito era
prescritto. L'eccezione era accolta dal Pretore d'i Roma, la cui decisione veniva impugnata dal ministero del1 tesoro, il quale sosteneva che il termine di prescrizione doveva farsi decorrere non dalla data di cessazione dell'attività mineraria svolta dallo
Zammuto, ma dalla data di scadenza del periodo di' dilazione decennale previsto dalla 1. n. 695/56.
Nel respingere il gravame, il Tribunale di' Roma ha ritenuto che il termine di prescrizione avesse iniziato il suo decorso d'alia cessazione dell'attività estrattiva da parte dello Zam
muto, avvenuta 1 21 febbraio 1957, come sì desumeva da
una certificazione del capo del distretto minerario di Caltanissetta
(da cui risultava che a quella data aveva avuto termine il
permesso 'di ricerca); ed ha osservato che, contrariamente a
quanto sostenuto dal ministero, l'art. 9 1. 695/56, nello stabilire
che il recupero di finanziamenti previsti' dalla stessa legge dovesse
avvenire mediante ritenute sui ricavi spettanti ài produttori per la vendite dello zolfo grezzo prodotto nel periodo di' dieci anni
decorrente dall'esercizio finanziario 1955-56, non prevede una pura e semplice dilazione decennale -per la restituzione delle anticipa zioni, ma subordina tale dilazione alla possibilità di' recuperare le
somme anticipate spettanti ai produttori per la vendita dello zolfo, si che, cessata l'attività prima dello scadere del termine decennale, si era verificata, nel caso concreto, la decadenza del beneficio
della dilazione e, ion conseguenza, l'Ente zolfi avrebbe potuto agire
per il recupero (art. 2935 c.c.). Contro tale 'Sentenza ricorre per cassazione iil ministero in base
ad un unico motivo, cui resiste con controricorso lb Zammuto. Il
ministero ha depositato memoria.
Motivi della decisione. — Con l'unico motivo dèi ricorso, il'
ministero denuncila la violazione dell'art. 9 1. 25 giugno 1956 n.
695, in relazione all'art. 2935 ex:., sostenendo che l'art. 9 1. cit.
prevedeva un termine dilatorio decennale per il rcupero delle
anticipazioni, attese anche le finalità di soccorso all'industria
estrattiva che te provvidenze intendevano realizzare, e per ciò il' termine di prescrizione non poteva che decorrere dalla scadenza del decennio. In ogni caso, la possibilità di agire per il recupero del credito, ove si fosse dovuto collegare alla cessazione dell'atti vità estrattiva, avrebbe supposto che tate evento fosse stato conosciuto dall'Ente zolfi; ma ciò non risultava e, a tale scopo, inidonea era la certificazione dèi distretto minerario circa la scadenza del permesso, poiché si trattava di uno stato di fatto con il quale la certificazione non aveva riferimento. Né era
legittimo ©allegare alla interruzione dell'attività estrattiva ed alla chiusura della miniera l'effetto automatico della caducazione del beneficio della restituzione graduate e dell'insorgere del
l'obbligo del produttore di restituire la somma dovuta in unica
soluzione, specialmente ove si consideri che la interruzione poteva essere anche temporanea.
La censura è fondata. Occorre premettere che — ai fini della individuazione dèi dies a quo del termine di prescrizione dell'a zione di recupero delle somme anticipate dall'Ente zolfi italiani ai
produttori, secondo le previsioni contenute nella 1. 25 giugno 1956 n. 695 — l'applicazione dell'art. 2935 (a norma del qualè là
prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui 11 diritto può essere fatto valere), ritenuta decisiva nella sentenza impugnata per dedurne che l'azione potesse essere esercitata sin dal momento
della cessazione dell'attività estrattiva e che per ciò da tale data
la prescrizione avesse cominciato a decorrere, non può prescindere dalla interpretazione dell'art. 9, 2° comma, 1. cit. È necessario,
cioè, stabilite se in base a tale norma (« L'Ente zolfi recuperare te
... somme mediante ritenute sui ricavi spettanti ai produtto ri ... per la vendita dello zolfo grezzo prodotto nel periodo di
dieci anni decorrente dall'esercizio finanziario 1955-56 ») il recupe ro, mediante ritenuta sui ricavi, dalle somme 'anticipate ai produt tori dovesse avvenire secondo precise mansioni cronologiche riferia
te ai tempi di effettiva produzione dello zolfo (e, quindi, nella
ipotesi di anticipata cessazione dell'attività estrattiva, al recupero delle somme, che non avessero formato ancora oggetto di ritenuta, dovesse immediatamente procedersi alla data della cessatone),
diritti, in Commentario teorico-pratico al codice civile, diretto da V. De Martino, Roma, 1981, 426 ss.; Azzariti e Scarpello, Prescrizione e decadenza2, in Commentario, a cura di Scialoja e Branca, Bologna Roma, 1977, 220 ss.
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2227 PARTE PRIMA 2228
ovvero potesse essere effettuato, a prescindere da tali tempi e,
quindi, dalla cessazione dell'attività, nell'ambito del decennio
previsto dalla legge e, per le somme di» cui non fosse stato
'possibile operare la ritenuta dei ricavi, -a partire dalla data di
scadenza del suddetto periodo. Nella sentenza impugnata (che ha accolto la prima alternativa)
l'ancoraggio del dies a quo del termine di prescrizione è stato
operato al momento della cessazione dell'attività, sul presupposto
che, non essendo più possibili — da quela data — ulteriori
recuperi, l'ente avrebbe potuto agire sin da allora per il recupero delle somme che non avevano formato oggetto di ritenute. E tale
conclusione sS è ritenuto di poter suffragare con ila considerazione
che la cessazione dell'attività estrattiva, da parte dello Zammuto, anteriormente alo scadere del decennio previsto dalla legge, ne
avrebbe determinato la decadenza dal benefìcio delia dilazione e
che per ciò l'Ente zolfi avrebbe potuto agire subito per il
recupero. Questa corte ritiene errata la premessa, da cui1 muove la
sentenza impugnata, e non giustificata, sul piamo letterale, logico e
sistematico, l'interpretazione che essa ha dato dell'art. 9, 2°
comma, 1. 695/56. Il quale — va subito detto — nel prevedere il
recupero del mutuo entro un decennio, mediante ritenute dirette, accordava con ciò stesso al mutuatario un termine per l'adempi mento dell'obbligo di restituzione e nel contempo attribuiva all'E.z.i. un diritto (quello, appunto, di trattenere, a graduale estinzione del mutuo, somme sui ricavi spettanti ai produttori per la vendita del minerale da essi messo a disposinone déM'ante) che teneva il luogo delle altre ordinarie garanzfe che assistono i finanziamenti erogati con denaro pubblico. Ma rileva ancor più la ratio della legge.
Fermo che il collocamento dello zolfo posto a disposizione dell'ente, già esistente mei depositi ala data del 15 luglio 1955, sarebbe stato effettuato gradualmente con vendite sui mercati
esteri, seoondo criteri determinati dai consiglio di amministrazione dell'ente (art. 4), dal -1° agosto im poi alla liquidtoione del ricavo delle vendite dello zolfo grezzo, messo a disposizione dell'ente dai
produttori', si sarebbe proceduto prescindendo dalla precedenza cronologica di emissione dei titoli rappresentativi delle giacenze di zolfo (art. 5).
Come si vede, la legge non solo non fissava cadente cronologi camente obbligate per la effettuazione delle vendite (ale quali, quindi, l'ente non era tenuto a procedere in necessario collega mento con i singoli conferimenti di zolfo da parte dei produttori e man mano che questi avvenivano), ma stabiliva che ala
liquidazione del ricavo (e, quindi, al recupero delle somme
anticipate, mediante ritenuta) si procedesse a prescindere dalla
precedenza cronologica dai titoli rappresentativi delle giacenze e cioè senza alcuna correlazione dell'ordine dellte vendite con l'ordi ne in cui era avvenuta la produzione e la messa a disposizione dello zolfo.
Lo scopo informatore della legge e il meccanismo predisposto per la effettuazione dele vendite e per la liquidazione dei1 ricavi autorizzano due conisidterazioni. La prima è che Ila cessazione dell'attività estrattiva non poteva determinare la dtecadenza del produttore dal benefìcio della dilazione, poiché la legge, nel1 suo intento d'incentivazione dell'indùstria zolfifera, certamente non intendeva reprimere o scoraggiare la possibile ripresa del'attività e, dìaltra parte, essa non contiene una comminatoria di decadènza derivante dalia cessazione del'attività (di cui, peraltro, sarebbe stato difficile ritenere, con certezza e in via assoluta, la definitivi tà), decadenza che, invece, la legge ha previsto — ed espressa mente — solo mela ipotesi di mancata osservanza, da parte dele
imprese, dei vigenti patti di lavoro (e dogi accordi integrativi regionali e provincial) e nelle -ipotesi di non regolare correspon sione delle retribuzioni (art. 8), nelle quali è facile scorgere un
fine, generale, di tutela dtel lavoro, ritenuto prevalente rispetto a
quelo, particolare, avuto di miira d'alia legge. La seconda è che — escluso il riferimento del dies a quo del termine di prescrizio ne ad una non comminata decadenza dell'impresa, coincidente con la cessazione dell'attività — questa non segnava neppure il momento in cui non potessero più essere effettuate ritenute sui
ricavi, atteso che essi' potevano ancora verificarsi, dòpo la cessa
zione, in dipendenza della gradualità delle vendite di materiale
prodotto anteriormente, ma tuttora giacente, e che la liquidazione dei ricavi era del tutto svincolata dal momento dell'oggettiva produzione delo zolfo.
Le considerazioni che precedono forniscono una sicura chiave
di lettura dell'art. 9, 2° comma, nel senso che esso correlava ai
ricavi il recupero delle somme anticipate al produttore e stabiliva
che tale recupero potesse avvenire mel'indicato termine decennale, senza imporre, tuttavia, alcuna precisa cadenza noie vendite e
Il Foro Italiano — 1985.
nelle operazioni! di liquidazione dei ricavi, con la conseguenza
che, prima della scadenza del decennio, anche in ipotesi di
cessazione dell'attività estrattiva, al produttore non potesse venir
chiesta la restituzione delle somme che non avessero ancora
formato oggetto di ritenuta, dato il meccanismo mediante il quale il recupero doveva avvenire su ricavi ancora possibili anche dopo la cessazione dell'attività e fino allo spiraire del decennio; e che,
correlativamente, potendo tale meccanismo ancora operare entro il
termine massimo previsto dalla legge, l'ente non aveva azione per
recuperare quanto non aveva ancora formato oggetto di ritenuta
fino a quando quel meccanismo fosse astrattamente in grado di
operare. La legge, cioè, accordando -al produttore una dilazione
niella restituzione dalle somme anticipategli, con il beneficio del
frazionamento delle somme da restituire in relazione alia liquida zione dei ricavi (e fino a quando questa fosse astrattamente
passibile), stabiliva una correlativa dilazione per l'esercizio, da
parte dell'ente, dell'azione di recupero nell'ambito dell'intero de
cennio, allo spirare del quale iniziava a decorrere il termine di
prescrizione. Questa interpretazione trova riscontro nel testo normativo, che
prevedeva il decennio come periodo massimo nel quale il recupe ro poteva utilmente effettuarsi, senza comminare alcuna decaden
za; si adegua alla ratio ideila legge, quale si è precedentemente
individuata, si giustifica ulteriormente, sul piano logico, con la
considerazione che la legge, avendo provveduto a disciplinare la
materia da un punto di visita generale (in quanto tendeva ad
agevolare l'intera industria zolfiera), ha inteso regolare — per evidenti motivi di coerenza e di efficienza amirìinistrativa, oltre
che di necessaria semplificazione contabile — il recupero dei finan
ziamenti e deli contributi in maniera unitaria e secondo un
sistema uniforme, nell'ambito di un periodo temporale stabilito in
via generale per tutte le possibili ipotesi1, senza gli intralci che si
sarebbero prevedibilmente verificati per la necessità di operare distinzioni nei singoli casi, a seconda dell'effettivo esercizio dell'at
tività da parte di ciascun produttore beneficiario del finanziamen
to. _
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Pertanto, il ricorso del ministero merita accoglimento e la
sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio ad altra
sezione del Tribunale di Roma, che riesaminerà la controversia
uniformandosi ai principi sopra enunciati, in base ai quali, nella
previsione della 1. 25 giugno 1956 n. 695, contenente provvedi menti a favore dell'industria zolfifera, la cessazione dell'attività
estrattiva da parte del produttore nel corso deli decennio previsto dall'art. 9, 2° comma, di detta legge non ne determinava la
decadenza del beneficio della dilazione nella restituzione delle
somme anticipategli dall'Ente zolfi italiani', non escludendosi che, anche in tale ipotesi, al recupero delle somme anticipate l'ente
dovesse procedere mediante ritenute sui ricavi (eventualmente
liquidati dopo la cessazione) e correlativamente non consentendosi
all'ente medesimo l'esercizio dell'azione per il recupero delle
somme, che non avessero formato oggetto di ritenuta, fino alla
scadenza del suddetto periodo decennale. In conseguenza il termi
ne di prescrizione relativo a tale azione iniziava a decorrere dalla
scadenza del decennio e non dalla data di cessazione dell'attività estrattiva eventuailmenite verificatasi. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 17 giugno
1985, n. 3635; Pres. Falcone, Est. Tilocca, P. M. La Valva
(conci, conf.); Bertani (Avv. Musio Sale) c. Prefetto di Genova.
Conferma Pret. Rapallo 22 ottobre 1980.
Circolazione stradale — Sosta — Parcheggio custodito — Parchi
metro — Mancato uso — Sanzione amministrativa — Legittimi tà (Cod. civ., art. 1766, 1767; djp.r. 15 giugno 1959 n. 393, t.u.
delle norme sulla circolazione stradale, art. 4, 8, 9).
E legittima la sanzione amministrativa irrogata all'automobilista il
quale abbia usufruito di un parcheggio custodito e regolato mediante parchimetri a pagamento senza aver previamente azionato il relativo congegno a tempo. (1)
(1) Per l'affermazione della legittimità dell'installazione dei parchime tri per la regolamentazione della sosta nelle zone adibite dal comune a
parcheggio « custodito », cfr. Cass. 17 febbraio 1983, n. 1215, Foro it., 1983, I, 930, con nota di richiami, che conferma sul punto la statuizione espressa dal giudice di primo grado, Pret. Nuoro 15
gennaio 1980, id., Rep. 1980, voce Circolazione stradale, n. 187. In
precedenza si erano espresse nello stesso senso Cass. 18 gennaio 1980,
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