Sezione I civile; sentenza 26 maggio 1981, n. 3459; Pres. V. D'Orsi, Est. Battimelli, P. M.Cantagalli (concl. diff.); Min. finanze (Avv. dello Stato Baccon) c. Battisti. Conferma Comm.trib. centrale 21 aprile 1979, n. 442Source: Il Foro Italiano, Vol. 104, No. 9 (SETTEMBRE 1981), pp. 2185/2186-2187/2188Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23173022 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I civile; sentenza 26 maggio
1981, n. 3459; Pres. V. D'Orsi, Est. Battimelli, P. M. Canta
galli (conci, difi.); Min. finanze (Avv. dello Stato Baccon) c.
Battisti. Conferma Comm. trib. centrale 21 aprile 1979, n. 442.
Tributi in genere — Contenzioso — Ricorso contro il ruolo — Ammissibilità — Contenuto (D. pres. 26 ottobre 1972
n. 636, riforma del contenzioso tributario, art. 16). Tributi locali — I.l.o.r. — Detrazioni — Richiesta in sede con
tenziosa — Ammissibilità (D. pres. 29 settembre 1973 n. 599, istituzione e disciplina dell'imposta locale sui redditi, art. 7).
In sede di ricorso avverso l'iscrizione a ruolo, che non sia stata
preceduta dall'avviso di accertamento, possono farsi valere tutti
i vizi propri del ruolo o dell'atto impositivo. (1) La richiesta di riduzione dell'imponibile i.l.o.r. concessa dal
l'art. 7 d. pres. n. 599/1973 può essere avanzata anche
tardivamente in sede di opposizione all'iscrizione a ruolo, salvi
gli effetti dell'iscrizione legittimamente avvenuta per quanto attiene il pagamento delle imposte e la disciplina degli interessi
sul debito fiscale. (2)
La Corte, ecc. — Svolgimento del processo. — A seguito della
denunzia, effettuata da Dino Battisti nella dichiarazione dei reddi
ti per l'anno 1974, di un reddito assoggettabile all'i.l.o.r., l'ufficio
delle imposte di Fano iscrisse a ruolo il relativo tributo. 11 Battisti, ricevuta la cartella, propose ricorso contro il ruolo ai
sensi dell art. 16 d. pres. n. 636 del 1972, chiedendo applicarsi la
riduzione dell'imposta ai sensi dell'art. 7 d. pres. 29 settembre
1973 n. 599.
L'ufficio resistette, sostenendo la legittimità dell'iscrizione a
ruolo, in quanto ia riduzione di imposta non era stata richiesta, come previsto, nella dichiarazione dei redditi né comunque nel
termine ultimo per la suddetta dichiarazione.
Accolto il ricorso del contribuente dalla commissione di primo
grado e confermata tale decisione dalia commissione di secondo
grado, la Commissione tributaria centrale, con la decisione qui
impugnata, 21 aprile 1979, n. 442, respinse il ricorso dell'ufficio.
La commissione, premesso che la dichiarazione dei redditi è
atto di scienza, con il quale il contribuente porta a conoscenza
dell'ufficio impositore l'esistenza di una determinata situazione, e
che quindi, come tale, è passibile di correzione tutte le volte in
cui il contribuente sia incorso in errore, affermò che la rettifica
dell'errore da parie dei contribuente può ottenersi con l'impugna tiva dell'atto che i'utticio collega alla dichiarazione, o rettiticando
la dichiarazione, ovvero, se sia avvenuta l'iscrizione a ruolo
dell'imposta conformemente alle risultanze della dichiarazione
mediante ricorso contro il ruolo.
Sotto altro protìio, ia commissione osservò che, mentre la
dichiarazione dei redditi ha natura di dichiarazione di scienza, la
richiesta di deduzione ex art. 7 d. pres. n. 599 del 1973 ha natura
di dichiarazione di volontà, diretta a manifestare all'ufficio l'in
tenzione aei contribuente di avvalersi dell'agevolazione; e la
diversa natura dei due atti comporta che il primo è perietto ancne se in esso non sia contenuto il secondo, il quale solo per soddisfare un'esigenza di opportunità amministrativa deve essere
contenuto nella dichiarazione, senza che, comunque, l'omissione di
tale adempimento possa comportare decadenza, non essendo que sta espressamente comminata dalia legge. Ne consegue che la
(1-2) La Cassazione decide contemporaneamente due controverse
questioni poste in essere dalla normativa conseguente alla riforma tributaria. Sull'ammissibilità dei ricorso contro il ruolo per far valere motivi sostanziali relativi all'accertamento (sempreché l'ufficio abbia
proceduto alia iscrizione a ruolo senza aver emesso e notificato avviso di accertamento), cfr. Cass. 9 marzo 1979, n. 1475, Foro it., Rep. 1979, voce Tributi in genere, n. 319; Comm. trib. centrale 10 febbraio 1979, n. 2046, ibid., voce Riscossione delle imposte, n. 44; 24 novembre
1978, n. 16278, ibid., voce Tributi in genere, n. 428; 24 novembre
1978, n. 16268, ibid., nn. 429, 430 (relativo ad ipotesi di iscrizione a
ruolo conforme alla dichiarazione presentata dal contribuente); 28 otto
bre 1977, n. 13400, id., Rep. 1978, voce cit., n. 3049.
Nel senso del diritto del contribuente a far valere il diritto alla
deduzione in sede di opposizione od iscrizione a ruolo, v. Comm. trib.
centrale 26 gennaio 1979, n. 1296, id., 1979, III, 440. In senso
contrario aveva deciso Comm. trib. I grado di Roma 16 settembre
1977, id., Rep. 1979, voce Tributi locali, n. 150. La incostituzionalità della normativa era stata ipotizzata da Comm.
trib. I grado di Palermo 12 aprile 1977, id., 1978, III, 158.
In dottrina in senso dubitativo è Simone, I.l.o.r., mancata indicazione delta deduzione in dichiarazione, in Informatore Pirola, 1979, 55; Corrado, Il termine per la richiesta delle deduzioni ai fini dell'imposta locale su redditi, in Legislazione e giur. trib., 1976, 1979; Marcelli, Le dichiarazioni ex art. 7 d. pres. n. 599 del 1973 dell'imponibile tassabile con l'imposta locale sui redditi. Termini per la richiesta, in
Comm. trib. centr., 1976, II, 1046.
decadenza si verifica solo quando il contribuente, che non ha chiesto la deduzione, non impugna l'atto (iscrizione a ruolo) col
quale l'ufficio dà seguito alla dichiarazione, rendendo cosi defini
tivo, con la sua acquiescenza, l'atto medesimo. Contro questa decisione l'amministrazione delle finanze dello
Stato ha proposto ricorso per cassazione, sostenuto dal seguente unico motivo: violazione dell'art. 7 d. pres. 29 settembre 1973 n.
599; violazione e falsa applicazione dell'art. 16 d. pres. 26 ottobre 1972 n. 636, in relazione agli art. 11 e 14 d. pres. 29 settembre 1973 n. 602. Premesso che l'art. 7 d. pres. n. 599/1973 prevede una riduzione della base imponibile dell'i.l.o.r. per determinati redditi e che la stessa norma dispone che la riduzione deve essere richiesta nella dichiarazione annuale, ovvero, in caso di esonero
dall'obbligo della dichiarazione, in apposita denuncia all'ufficio, da effettuarsi nei termini previsti per la dichiarazione dei redditi, si afferma dalla ricorrente che erroneamente la Commissione centrale ha ritenuto che quest'ultima disposizione non sia preclu siva all'applicazione delia deduzione non richiesta in termini, in base a considerazioni attinenti al carattere meramente dichiarativo della denunzia dei redditi, con conseguente possibilità di appor tarvi rettificazioni, alla natura oggettiva dell'esenzione e alia mancanza di una comminatoria espressa di decadenza.
Uuesti argomenti sono infondati in quanto la natura oggettiva di un'esecuzione non implica l'esclusione delia sua condizionabili
tà ad un determinato comportamento richiesto dalia legge per la
sua applicazione; in quanto la natura decadenziale di un termine
non è necessariamente coliegata ad una comminatoria espressa,
potendo essa risultare anche implicitamente; e in quanto il
generico principio di rettificabiiità della dichiarazione non è
applicabile nei caso in cui non si tratti di correggere errori
materiali di contenuto, ma di sopperire ad una attività specifica
imposta daiia legge e non compiuta. La lormulazione dell'art. 7 in esame, invero, è tale che se ne
deve dedurre che, allorché vi si dispone che « le deduzioni
devono essere richieste », si attribuisce alla richiesta non una
funzione indicativa, bensì condizionante; ed è decisivo il fatto
che la richiesta deve essere presentata anche da chi non ha
l'obbligo di presentare la dichiarazione ordinaria dei redditi, il
cne evidenzia 1 unicità delia funzione della richiesta in entrambi i
casi e porta a concludere che il comportamento imposto al
contribuente non si inserisce genericamente nei contenuto dichia
rativo deha denunzia dei redditi, ma costituisce un onere specitico cui è subordinato il beneficio.
Accertato che la richiesta costituisce un elemento a sé stante, con funzioni proprie, da porsi in essere entro un determinato
termine (termine autonomamente considerato, essendo identico
anche nell'ipotesi in cui non debba essere presentata la dichiara
zione), ne consegue che il mancato rispetto del termine è preclu sivo alla produzione di effetti, non altrimenti conseguibili con
un attività di « rettihca » della dichiarazione.
D'altronde, la natura della richiesta, come condizionante al
conseguimento del beneficio, rende superfluo un espresso riferi
mento alla perentorietà del termine, che si desume dalla funzione
stessa della norma, che altrimenti perderebbe qualsiasi utilità; e
ia funzione condizionante della richiesta da effettuarsi entro un
determmato termine si desume anche dal fatto che f'art. 6 decreto
n. 599 del 1973 limita lo sgravio per i redditi già iscritti a ruolo
al solo anno anteriore a quello in cui si è presentata ia dichiara
zione annuale o ia denuncia, il che conferma che la richiesta
delle deduzioni è determinante, sotto il profilo temporale, per
l'applicabilità delle deduzioni; e ciò comporta l'inammissibilità di
una equipollenza, con la richiesta non eseguita in termini, di un
diverso comportamento successivo esplicabile come potere di ret
tificazione. Opinando diversamente, ia Commissione centrale ha
arbitrariamente e immotivatamente sostituito al termine fissato dal
legislatore il diverso termine previsto per r opposizione all'iscri
zione a ruolo.
Inoltre, sussiste violazione dell'art. 16 d. pres. n. 636 del 1972,
in quanto il ricorso contro il ruolo non può costituire il mezzo
per esperire autonomamente una pretesa del contribuente non
realizzata indipendentemente da una illegittima attività del
l'ufficio: il sistema dell'iscrizione a ruolo, infatti, comporta che
nei ruoli devono essere iscritte le imposte in base alle dichiara
zioni, e che tale iscrizione è a titolo definitivo per le imposte
corrispondenti agli imponibili dichiarati. E il potere dell'ufficio di
correggere errori materiali e di calcolo commessi dai contribuenti
non comprende l'inserimento di una deduzione non richiesta.
L'iscrizione a ruolo nel caso di specie non consegui ad alcuna
illegittimità dell'operato dell'ufficio, e non era quindi esperibile al
rimedio del ricorso contro il ruolo.
Motivi della decisione. — Prima questione da esaminare è
quella prospettata per ultima nel motivo di ricorso dall'amministra
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2187 PARTE PRIMA 2188
zione, che attiene all'affermata definitività del ruolo, che rendereb
be inammissibile ogni reclamo contro il ruolo medesimo: questio ne che, se risolta in senso favorevole alla tesi della ricorrente,
supererebbe ogni altra questione di merito.
La tesi della finanza, peraltro, non può accogliersi, in quanto la
norma di cui all'art. 16 d. pres. 26 ottobre 1972 n. 636, di natura
meramente processuale, non va intesa come una norma che
stabilisca un termine di decadenza, in funzione del carattere
definitivo del ruolo (carattere peraltro previsto in una norma
diversa, e cioè dall'art. 14 d. pres. n. 602 del 1973, posteriore alla
norma in esame), da ogni possibilità di contestazione della legit timità dell'imposizione. L'art. 16 in esame, invero, si limita sem
plicemente a stabilire i termini per il ricorso alle commissioni
tributarie, facendoli decorrere dalla data di notificazione di vari
atti dell'amministrazione, fra cui anche il ruolo; quanto a que
st'ultimo, stabilisce che il ricorso contro il ruolo è possibile solo
per vizi propri del ruolo o se questo non sia stato preceduto dall'avviso di accertamento: disposizione, quest'ultima, che si
giustifica riflettendo che è previsto un termine ad hoc in caso di
avvenuta notificazione dell'avviso di accertamento, per cui non è
possibile, ove l'accertamento non sia stato impugnato, una remis
sione in termini a seguito della successiva notificazione del ruolo
mediante cartella esattoriale, ma che invece non va affatto letta,
come ritiene l'amministrazione, nel senso che, per i ruoli definiti
vi, per i quali non vi sia stato accertamento (per accettazione da
parte dell'ufficio delle dichiarazioni del contribuente), non sia
ammissibile il ricorso. La norma, più semplicemente, si limita a
stabilire che il termine del ricorso, in materia di imposte dirette,
decorre dall'accertamento, quando questo vi sia stato, o invece
dal ruolo, in ogni altro caso, ossia cosi nell'ipotesi in cui illegitti mamente un accertamento da notificarsi non sia stato notificato,
come in quella in cui tale notifica non sia avvenuta in quanto nessun accertamento doveva essere effettuato. Opinando diversa
mente, invero, si giungerebbe alla conclusione di negare al contri
buente ogni possibilità di difesa per rettificare errori in cui sia
incorso nella dichiarazione, la quale costituirebbe un limite inva licabile ai fini della tassazione, anche se obiettivamente ingiusta, il
che contrasta con ogni principio di sana amministrazione, di
legalità dell'imposizione e di corretto rapporto fra Stato e contri
buente; tranne, s'intende, il caso in cui una decadenza non sia
espressamente prevista, per particolari ipotesi, in applicazione del
principio generale secondo cui ogni decadenza deve essere espres samente sancita, o quanto meno, come questa corte ha avuto
occasione di affermare, sia comunque inequivocabilmente desumi
bile dal complesso delle disposizioni che regolano la materia:
ipotesi, questa, che non sembra ricorrere nel caso di specie.
Ed invero, va osservato come la riduzione a metà, entro certi
limiti, dell'imponibile per l'i.l.o.r., prevista dal 1° comma dell'art.
7 d. pres. 29 settembre 1973 n. 599, costituisce un vero e proprio diritto perfetto del contribuente, non condizionato ad alcune facol
tà discrezionali dell'amministrazione; si che, in astratto, non
sarebbe neppure necessaria la richiesta di tale riduzione, richiesta
da farsi, secondo l'ultimo comma del suddetto articolo, nella
dichiarazione dei redditi o comunque nello stesso termine per
questa previsto; la previsione in tal senso contenuta nella norma,
infatti, si spiega non già come l'immotivata affermazione di una
natura assolutamente condizionata della richiesta, ma solo con la
considerazione che la riduzione spetta qualora ricorrano determi
nati presupposti, attinenti alla particolare natura del reddito, come
previsto dai comma secondo e successivi dell'articolo in esame, si
che la richiesta deve ritenersi avere esclusivamente la funzione di
sollecitare l'ufficio impositore all'indagine sulla sussistenza di detti
presupposti.
Come tale, la richiesta, che non è espressamente sancita da
decadenza, non essendo il termine qualificato come perentorio, non può ritenersi non più effettuabile, costituendo essa non altro
che uno degli elementi della dichiarazione, finalizzata alla deter
minazione della base imponibile; sicché, per le considerazioni
generali innanzi premesse, deve ritenersi che essa sia effettuabile
anche in un successivo momento, allorché viene portata a cono
scenza del contribuente, in concreto, la pretesa impositiva, il che
avviene, in mancanza di accertamento, con la pubblicazione del
ruolo e notificazione al contribuente della cartella esattoriale; sì
che in tal momento il contribuente deve ritenersi ancora in
termini per impedire, con la sua acquiescenza, una definitiva
quantificazione dell'obbligazione tributaria, cosi come deve rite
nersi in termini per la correzione di errori materiali della dichia
razione, non rilevati dall'ufficio, con la conseguenza che l'accer
tamento sui presupposti della riduzione dell'imponibile, non effet
tuato in sede di verifica della dichiarazione da parte dell'ufficio,
può essere effettuato in sede contenziosa innanzi alle commissioni
tributarie.
Ben s'intende, peraltro, che la fissazione di un termine per la
richiesta non può restare improduttiva di effetti, e la conseguenza,
quindi, in caso di richiesta tardivamente effettuata, è che questa non può retroagire, ma avere effetti esclusivamente ex nunc, si
che l'attività espletata dall'amministrazione in precedenza va rite
nuta pienamente legittima, con ogni conseguenza di legge attinen
te alla legittimità del ruolo, ossia all'obbligo, allo stato, del
pagamento dell'imposta e a tutto quanto attiene alla disciplina
degli interessi su tale debito.
Il ricorso, pertanto, che attiene unicamente alla questione gene rale di principio e non formula alcuna subordinata sotto l'ultimo
profilo qui esaminato, va respinto. (Omissis) Per questi motivi, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE; Sezione II civile; sentenza 18 mag gio 1981, n. 3279; Pres. Palazzolo, Est. Costanza, P. M. Cantagalli (conci. difL); Baldi (Avv. Sannia, Luiso) c. Anto nucci e Baldi (Avv. E. Romanelli, Luchi). Cassa Trib. Lucca 16 giugno 1978.
Servitù — Fondo intercluso — Ampliamento della servitù esi stente — Modalità (Cod. civ., art. 1051, 1052).
La richiesta di ampliamento della già esistente servitù di passag gio a favore di fondo intercluso impone al giudice di rinnovare la valutazione intesa a stabilire quale accesso realizzi la via più breve e sia di minore danno per il fondo sul quale è consenti to. (1)
(1) Conseguenza della massima, che la sentenza riportata non esita ad affermare espressamente, è che il richiesto « ampliamento » possa portare alla costituzione di una (nuova) servitù coattiva su fondo diverso da quello sul quale esisteva il passaggio divenuto insufficiente alle esigenze del fondo intercluso.
I precedenti giurisprudenziali, per lo più, non danno chiare indica zioni: la recente Cass. 12 luglio 1978, n. 3525, Foro it., Rep. 1978, voce Servitù, n. 41, riafferma il generico requisito del minor danno, pur negando la possibilità di un passaggio più idoneo nello stesso fondo; di diverso avviso Cass. 29 ottobre 1976, n. 3975, id., Rep. 1976, voce cit., n. 28, e 22 gennaio 1966, n. 267, id., Rep. 1966, voce cit., nn. 143-145 (per esteso in Giur. agr. it., 1966, 491), che ammettono l'alternativa tra l'ampliamento ed un altro accesso « non eccessivamen te disagevole », da costituire « senza spese oltremodo gravose » o « in altro modo »; ancora più generiche Cass. 23 febbraio 1965, n. 297, Foro it., Rep. 1965, voce cit., n. 102 (nella massima si ritrova il riferimento al contemperamento degli interessi del fondo servente e del fondo dominante), e 4 aprile 1962, n. 705, id., Rep. 1962, voce cit., n. 95. In senso decisamente contrario alla sentenza riportata è invece Cass. 3 agosto 1967, n. 2061, id., Rep. 1968, voce cit., n. 94, citata in motivazione, che esclude l'ipotesi di ampliamento a danno di un fondo diverso da quello già servente (con la motivazione che in tale ipotesi si avrebbe la costituzione di una nuova servitù). Va ricordata anche Cass. 14 novembre 1969, n. 3715, id., 1970, I, 72, con nota di G. Branca, riguardante la diversa ipotesi di ampliamento prevista nell'art. 1052 cod. civile.
La sentenza riportata, con ampia motivazione, ricostruisce l'intero sistema degli art. 1051 e 1052, delineando il diverso regime giuridico della servitù coattiva in favore dei fondi interclusi e non interclusi, e negando la validità della nozione del fondo « relativamente » inter cluso (i fondi interclusi, che restano tali anche dopo avere ottenuto il passaggio, volontario o coattivo, su altro fondo, hanno sempre diritto all'ampliamento del passaggio per i bisogni del fondo corrispondenti all'attuale destinazione di esso, quale che sia, mentre i fondi non interclusi hanno la sola possibilità di soddisfare nuovi bisogni corri spondenti ad esigenze industriali o agricole). Più in particolare, si è precisata la differenza tra l'ampliamento della servitù per i fondi interclusi e la concessione di servitù per i fondi non interclusi, dovendo nel primo caso seguirsi i « normali criteri per la concessio ne di servitù coattiva », e nel secondo procedere alla valutazione della « possibilità materiale e giuridica » dell'ampliamento dell'accesso diret to, nonché del « costo che ne deriva per il fondo non intercluso ».
I risultati di questa ricostruzione concordano sostanzialmente con l'opinione di D. Barbero, 17 sistema degli articoli 1051 e 1052 cod. civ. nella determinazione del passaggio coattivo, in Riv. dir. civ., 1952 I, 107, il quale osservava, a proposito dei sospetti di incoerenza del legislatore in argomento: « Evidentemente non c'è che una via d'usci ta: intendere che il 3° comma [dell'art. 1051] non prevede soltanto l'ampliamento del passo esistente, ma che, in caso di passo preesistente, se sia necessario un passaggio più ampio che consenta il transito dei veicoli a trazione meccanica, ' si applicano le stesse disposizioni dei commi precedenti Cioè? Si dovrà procedere a soddisfare le esigenze del fondo nel modo che rechi, comparativamente, minor danno. Il quale ' minor danno '
potrà essere che coincida col semplice amplia mento del passo già esistente... ma potrebbe anche darsi che sia minor danno costruire un passaggio nuovo, anche un sottopassaggio ». Questa opinione, però, sembra sia rimasta isolata nella dottrina seguen
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