sezione I civile; sentenza 26 settembre 1996, n. 8504; Pres. F. E. Rossi, Est. Rovelli, P.M. Iorio(concl. conf.); Istituto Helvetico Sanders (Avv. Cardilli) c. Centaro (Avv. Caroppo). ConfermaConc. Perugia 4 novembre 1994Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 11 (NOVEMBRE 1996), pp. 3335/3336-3341/3342Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23191924 .
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3335 PARTE PRIMA 3336
particolare, per le prestazioni farmaceutiche limitate alla som
ministrazione di medicinali prevista dal prontuario terapeutico. E tale è l'ipotesi che le stesse sezioni unite hanno già esaminato
(con la sentenza n. 1504 del 1985, id., Rep. 1985, voce cit.,
n. 194, in materia di richiesta di rimborso del prezzo di medici
nali esclusi dal prontuario). Esse, dopo avere considerato che,
nell'ambito delle norme di azione, entro cui è configurabile —
per il cittadino — soltanto un interesse legittimo (al corretto
uso dei pubblici poteri), che consente all'utente non una pretesa incondizionata alle prestazioni del servizio sanitario nazionale,
l'ottenimento delle quali è assoggettato all'esercizio di un pote re discrezionale della pubblica amministrazione (Cass., sez. un., n. 347 del 1982, id., Rep. 1983, voce Cassazione civile, n. 151), hanno peraltro affermato: «di fronte ad un'eventuale insoppri mibile esigenza, rispetto alla quale le strutture organizzative del
servizio nazionale sanitario non offrono rimedi alternativi, il
diritto fondamentale dell'individuo alla salute si impone nella
sua integrità ed assolutezza senza limite e condizionamenti di
sorta» (v. anche Cass. n. 1747 del 14 marzo 1986, id., Rep.
1986, voce Previdenza sociale). Tale impostazione giuridica, che deve, in questa sede, essere
ribadita, ha recentemente trovato ulteriori specificazioni. È sta
to, infatti, osservato che, se è vero che il diritto all'assistenza
farmaceutica comprende la somministrazione gratuita di farma
ci che — sebbene non inclusi nel prontuario terapeutico (conte stualmente qualificato, talora, atto amministrativo di mero ac
certamento) — risultino, tuttavia, indispensabili ed insostituibi
li; è, altresì, vero che la limitazione dell'assistenza farmaceutica
(che, in forza di disposizioni legislative — quali l'art. 10 d.l.
n. 463 del 1983 convertito nella 1. 638/83 e successive modifiche
ed integrazioni —, è legittima, per cui i farmaci prescrivibili a carico del servizio sanitario nazionale sono quelli indicati nel
prontuario terapeutico in base al criterio dell'efficacia terapeu tica e dell'economicità del prodotto) è stata ritenuta costituzio
nalmente legittima (Cbrte cost., ord. 396/90, id., Rep. 1991, voce Sanità pubblica, n. 187). Sicché (Cass. 9 giugno 1994, n.
5593, id., Rep. 1994, voce cit., n. 251; 22 aprile 1994, n. 3870,
id., 1995, I, 577) risulta affidata alla discrezionalità del mini
stro della sanità — deputato alla approvazione del prontuario
terapeutico — l'individuazione dei farmaci, prescrivibili a cari
co del servizio sanitario nazionale in base ai suddetti due criteri:
efficacia terapeutica ed economicità del prodotto. Con la precisazione che «il criterio della economicità non può
escludere la generale esenzione della compartecipazione alla spesa
(restando vincolata, nel prontuario terapeutico, almeno parzial
mente, la formazione dell'elenco di farmaci per i quali non è
dovuta alcuna quota di partecipazione: art. 10, 2° comma, d.l.
n. 463 convertito in 1. 638/83, cit.), ove il farmaco risulti indi
spensabile ed insostituibile per il trattamento di gravi condizioni
o sindromi morbose che esigono terapie di lunga durata (o di
altre forme morbose gravi, parimenti contemplate dall'art. 10, 2° comma). Pertanto, il farmaco stesso — ancorché non com
preso nel prontuario terapeutico — va posto a carico del servi
zio sanitario nazionale, previa disapplicazione (art. 5 legge sulla
abolizione del contenzioso amministrativo) del prontuario tera
peutico, nella parte in cui non comprenda farmaci indispensabi li in quanto contrasta con la norma vincolante di legge in senso
contrario: art. 10, 2° comma» (Cass. 5593/94 e 3870/94, cit.). Alla luce dei principi di diritto enunciati nella fattispecie, il
giudice dell'appello doveva, dunque, accertare se la spesa, per
l'acquisto di farmaco (vaccino antiallergico) non compreso nel
prontuario farmaceutico, poteva o meno essere posta a carico
del servizio sanitario nazionale; e se, nella specie, ricorreva al
cuno dei vizi di legittimità nell'esercizio del potere discrezionale — inficiante l'esclusione di detto farmaco — dal prontuario
terapeutico — in base al criterio dell'efficacia terapeutica (ove il farmaco stesso risulti indispensabile ed insostituibile).
La sentenza impugnata, pur uniformandosi, almeno parzial mente, ai suddetti principi di diritto, risulta, tuttavia, viziata
nell'iter logico-giuridico ed argomentativo. Nella fattispecie, infatti, la domanda dell'attuale ricorrente
si basava sulla deduzione della sussistenza di una situazione di
indispensabilità ed insostituibilità del vaccino antiallergico (da somministrare al figlio dello stesso ricorrente), vaccino, peral
tro, non inserito nel prontuario terapeutico nazionale e, quindi, non erogabile dal servizio sanitario nazionale.
Ed il pretore, coerentemente con gli accertamenti peritali di
Il Foro Italiano — 1996.
ufficio che avevano evidenziato come la terapia iposensibiliz zante de qua era indispensabile ed insostituibile per la cura del
la malattia (allergopatia) ed i farmaci inseriti nel prontuario te
rapeutico non avevano efficacia terapeutica, aveva adottato le
conseguenti statuizioni, rigettando l'opposizione al decreto in
giuntivo, emesso su istanza di Gaetano Abbatescianni (opposi zione proposta dall'Unità sanitaria locale BA/9, attuale resi
stente) sul preminente rilievo che il vaccino, utilizzato dallo stesso
Abbatescianni per la cura dell'allergopatia del figlio Giuseppe
era, non soltanto l'unica cura, ma appunto indispensabile ed
insostituibile. La sentenza del tribunale ha, invece, totalmente trascurato
l'accertamento del perito d'ufficio consacrato nella prima deci
sione, meritando la dedotta censura ed incorrendo, quindi, nel
denunciato difetto di omessa motivazione circa un punto decisi
vo della controversia (art. 360, n. 5, c.p.c.; avendo essa trascu
rato, cioè, una circostanza obiettiva acquisita alla causa, idonea
di per sé, qualora fosse stata presa in considerazione, a condur
re con certezza ad una decisione diversa da quella adottata: Cass.
n. 7000/93, id., Rep. 1993, voce Cassazione civile, n. 46). In definitiva, il primo motivo del ricorso va accolto e la deci
sione impugnata deve essere cassata con rinvio della causa, per un nuovo esame, ad altro giudice d'appello, che si designa nel
Tribunale di Trani, sez. lavoro, il quale si atterrà ai suddetti
principi e provvederà anche in ordine alle spese.
L'accoglimento del primo motivo, in quanto assorbente, ren
de superfluo l'esame del secondo motivo del ricorso.
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 26 set
tembre 1996, n. 8504; Pres. F. E. Rossi, Est. Rovelli, P.M.
Iorio (conci, conf.); Istituto Helvetico Sanders (Avv. Cad
dilli) c. Centaro (Avv. Caroppo). Conferma Conc. Perugia 4 novembre 1994.
Contratto in genere, atto e negozio giuridico — Contratti nego ziati fuori dei locali commerciali — Rapporto anteriore al
l'attuazione della direttiva comunitaria — Diritto di recesso
(Cod. civ., art. 1326, 1328, 1341, 1372, 1373, 1382, 1384, 1427, 1428, 1429, 1439; cod. proc. civ., art. 113, 632, 633;
d.leg. 15 gennaio 1992 n. 50, attuazione della direttiva n.
85/577/Cee in materia di contratti negoziati fuori dei locali
commerciali).
L'anticipazione o l'estensione del diritto di recesso, previsto dal
d.leg. 50/92, ad ipotesi di contratti conclusi in epoca anterio
re alla sua entrata in vigore è in armonia con i principi fon damentali dell'ordinamento (e, quindi, applicabile dal conci
liatore che decide secondo equità), essendo l'istituto destinato
a riequilibrare una situazione di svantaggio, in cui il privato consumatore si sia trovato, prima che il contratto abbia avu
to esecuzione. (1)
(1-2) Il problema dell'efficacia delle direttive comunitarie negli ordi namenti nazionali, in ipotesi di mancata o ritardata trasposizione delle stesse in norme interne, è stato oggetto di numerosi interventi della Corte di giustizia delle Comunità europee: da ultimo, cfr. sent. 7 marzo
1996, causa C-192/94, Foro it., 1996, IV, 357, con nota di A. Barone; 14 luglio 1994, causa C-91/92, id., 1995, IV, 38, con nota di Daniele, nelle quali si afferma l'inefficacia orizzontale delle direttive non attua te. Per ulteriori riferimenti alla questione, v. Amoroso, La giurispru denza costituzionale nell'anno 1995 in tema di rapporto tra ordinamen to comunitario e ordinamento nazionale: verso una «quarta» fase?, id., 1996, V, 73.
Più volte la giurisprudenza di merito, nelle more dell'approvazione e dell'entrata in vigore del d.leg. 50/92, aveva affermato l'efficacia di
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 25 set
tembre 1996, n. 8465; Pres. Grossi, Est. Amatucci, P.M.
Martone (conci, diff.); Soc. Westminster (Avv. Casacci) c.
Bambini. Regolamento di competenza avverso Pret. Prato 25
agosto 1995.
Competenza civile — Competenza per territorio — Contratto
negoziato fuori dei locali commerciali — Rapporto anteriore
all'attuazione della direttiva comunitaria (Cod. proc. civ., art.
645; d.leg. 15 gennaio 1992 n. 50, art. 12).
Per le controversie aventi ad oggetto contratti negoziati fuori dei locali commerciali, sorte in epoca antecedente all'entrata
in vigore del d.leg. 50/92, è da escludersi l'applicabilità del
foro territorialmente competente, previsto dall'art. 12 dello
stesso decreto. (2)
I
Svolgimento del processo. — Con l'atto introduttivo Vittoria
Centaro proponeva opposizione davanti al Giudice conciliatore
di Perugia avverso decreto ingiuntivo, per lire 849.000 oltre in
teressi, emersi nei suoi confronti, su ricorso presentato dallo
retta della normativa comunitaria nei rapporti interprivati: v. Pret. Li vorno 10 dicembre 1993, id., Rep. 1994, voce Contratto in genere, n.
358, e Contratti, 1994, 524, con nota di Gorgoni; Pret. Milano 14
novembre 1991, Foro it., 1992, I, 1599, con nota di A. Barone; Conc. Roma 22 agosto 1991, id:, Rep. 1991, voce Vendita, n. 70.
Contro tale orientamento si è espressa recentemente la Cassazione, escludendo la possibilità, per i giudici di merito, di utilizzare la direttiva
comunitaria quale fonte del diritto: v. Cass. 15 maggio 1995, n. 5289,
id., Rep. 1995, voce Contratto in genere, n. 354; 27 febbraio 1995, n. 2275, ibid., voce Unione europea, n. 1031, e Giur. it., 1996, I, 1, 100, con nota di Scannicchio; nello stesso senso, Pret. Torino 6 feb
braio 1995, Foro it., Rep. 1995, voce Contratto in genere, nn. 350, 351.
Nella prima delle sentenze in epigrafe la Cassazione conferma il pro
prio orientamento. Viene peraltro rigettato il ricorso contro la pronun cia del Conciliatore di Perugia, che utilizza le norme comunitarie non
come fonte di diritto interno, ma in via equitativa e rispettando alcuni
dei principi fondamentali del nostro ordinamento giuridico, ovvero la
possibilità di attribuire il potere di recesso (rectius: revoca) dal rapporto contrattuale, prima che la prestazione sia stata eseguita, ad una sola
parte, ex art. 1373 c.c., e la tutela del c.d. «contraente debole». Per
un precedente in termini, v. Cass. 20 marzo 1996, n. 2369, id., 1996,
I, 1665, con nota di Palmieri. Tale interpretazione della normativa interna risulta conforme al prin
cipio enunciato dalla Corte di giustizia 14 luglio 1994, cit., per il quale 11 giudice nazionale, quando è chiamato ad applicare il diritto interno
in un ambito disciplinato da una direttiva non eseguita, deve interpre tarlo, per quanto possibile, alla luce della lettera e dello scopo della
direttiva medesima. Sulla questione dell'individuazione dei limiti posti al giudizio di equi
tà sostitutiva, rimesso al conciliatore, v. altresì Cass. 28 ottobre 1994, n. 8883, id., Rep. 1994, voce Sentenza, ordinanza e decreto in materia
civile, n. 32; 15 giugno 1991, n. 6794, id., 1991, I, 2717, con nota
di Monnini. Anche la seconda sentenza in epigrafe si conforma al principio dell'i
napplicabilità della direttiva a contratti conclusi prima della sua entrata
in vigore. Essa affronta, però, anche una questione che non presenta
precedenti, ovvero se la competenza territoriale inderogabile dell'art.
12 d.leg. 50/92 riguardi solo le controversie relative al diritto di recesso
o anche quelle in cui il thema decidendum attiene alla domanda di con
danna del consumatore, in via monitoria o ordinaria, all'esecuzione della
prestazione. Il problema è lasciato irrisolto, per la dedotta inapplicabi lità dell'art. 12 cit. al caso concreto.
Per una prima pronuncia in tema di competenza territoriale ex art.
12 cit., in controversia avente ad oggetto il diritto di recesso, v. Cass.
4 novembre 1995, n. 11522, id., Rep. 1995, voce Competenza civile, n. 20, e Corriere giur., 1996, 422, con nota di Vidiri.
Tra le prime pronunce sulle questioni interpretative originate dal d.leg.
50/92, v. Giud. pace Carrara 4 ottobre 1995 e Pret. Trento 28 aprile
1995, Foro it., 1996, I, 1885, con nota di Crisostomo; Pret. Bologna 28 febbraio 1995, id., 1995, I, 2304, con nota di Crisostomo.
Si veda, altresì, in dottrina: AA.VV., Recesso e risoluzione nei con
tratti a cura di De Nova, Milano, 1994; Kober, I contratti negoziati
fuori dei locali commerciali: una comparazione con il diritto tedesco, in Contratti, 1994, 353.
Il Foro Italiano — 1996.
s.r.l. Istituto Helvetico Sanders, a titolo di penale, in misura
del 30% per il recesso unilaterale da un contratto da essa sotto
scritto il 19 novembre 1991, per trattamento cosmeticologico.
Eccepiva pregiudizialmente l'inammissibilità della procedura monitoria o contestava, nel merito, che il contratto si fosse con
cluso, dato che lo stesso giorno in cui l'aveva sottoscritto, ave
va provveduto a revocare telefonicamente la commissione, for
mulando poi tale manifestazione di volontà con lettera racco
mandata del giorno successivo; aggiungeva di essere stata indotta
alla affrettata sottoscrizione, in conseguenza di un grave qua dro clinico circa lo stato del suo cuoio capelluto prospettatogli dolosamente dall'incaricato della società, e risultato insussisten
te ad una visita dermatologica. In subordine, eccepiva l'eccessività della penale. La società convenuta resisteva, contestando la fondatezza dei
rilievi che precedono, e richiamandosi alle clausole del contrat
to regolarmente sottoscritto dalle parti. Il Giudice conciliatore di Perugia, previa reiezione dell'ecce
zione di inammissibilità della procedura monitoria, accoglieva, nel merito, l'opposizione.
Rilevava che, in effetti, il contratto sottoscritto dalle parti non prevedeva la facoltà di recesso, né riusciva ad esso applica bile il d.leg. 15 gennaio 1992, che recependo una direttiva co
munitaria, ha introdotto la possibilità, per i contratti stipulati fuori dei locali commerciali, di recedere entro il termine di sette
giorni con comunicazione scritta.
Rilevava, tuttavia, che nel caso di specie, il recesso era stato
estremamente tempestivo, ed espresso con le forme appropria
te, che, in una valutazione non legata allo strìctum ius, ma equi
tativa, quale quella rimessa al conciliatore, si può tenere conto
della analogia della situazione controversa con quella discipli nata dalla direttiva comunitaria e della contrarietà a buon fede
della clausola di esclusione del diritto di recesso, percepita co
me vessatoria dalla stessa parte proponente, che ha richiesto
l'approvazione specifica ex art. 1341 c.c.
Avverso detta sentenza l'istituto Sanders proponeva ricorso
per cassazione, affidato a due mezzi di annullamento. Resisteva
la parte intimata la quale, con il controricorso, proponeva al
tresì ricorso incidentale condizionato.
Motivi della decisione. — I ricorsi, separatamente proposti verso la stessa sentenza, devono essere riuniti ex art. 335 c.p.c.
Con il primo motivo del ricorso principale, deducendosi vio
lazione dell'art. 113, ultimo comma, c.p.c., e dell'art. 11 pre
leggi, si rileva che la decisione non solo è contraria al diritto, ma venendo ad affermare una generalizzata facoltà di recesso
per la parte accettante, nei contratti sinallagmatici, si pone in
contrasto con i principi fondamentali dell'ordinamento e con
le norme che esprimono i principi regolatori della disciplina giu ridica del rapporto dedotto in causa.
Così come viola il canone di cui all'art. 11 preleggi l'aver
attribuito efficacia retroattiva ad una norma, quale quella posta con il d.leg. n. 50 del 1992, che sarebbe stata comunque inap
plicabile al caso di specie. Con il secondo motivo, deducendosi vizio di motivazione, si
rileva l'incoerenza della decisione — essendo invece la coerenza
connaturale all'equità del giudizio — laddove si prescinde dalla
causa del contratto, dalla funzione della penale pattuita, dall'e
videnza o meno del danno risentito per l'unilaterale recesso, dal ruolo stesso della buona fede.
Il primo motivo del ricorso incidentale condizionato deduce
violazione dell'art. 633 c.p.c. e 1382 c.c., nonché vizio di moti
vazione, perché il provvedimento chiesto al giudice ed implican te valutazione sull'obbligo di pagare una penale, non si limita
alla semplice emissione di ordine di pagamento per indebiti re
lativi alla somministrazione di merci o per crediti pecuniari di
cui preesista la prova scritta.
Con il secondo motivo si denunzia violazione degli art. 1326
e 1328 c.c. rilevandosi che il conciliatore ha pretermesso l'esa
me delle eccezioni, secondo la quale, quando è intervenuta la
revoca della Centaro alla propria accettazione, il contratto non
poteva essere considerato concluso, perché il modulo, siglato da una persona addetta, non era stato sottoscritto ancora dal
legale rappresentante della società.
Il terzo motivo, denunciando la violazione degli art. 1427,
1428, 1429 e 1439 c.c., ribadisce la richiesta, proposta in via
di eccezione davanti al conciliatore, di annullamento del con
tratto per errore o per dolo, in quanto la volontà della parte
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3339 PARTE PRIMA 3340
era stata viziata dalla dolosa prospettazione di un quadro clini
co allarmante, ma in realtà insussistente.
Con il quarto motivo, richiamandosi la violazione dell'art.
1384 c.c., si ribadisce la tesi dell'esorbitanza della penale previ sta dal contratto.
I motivi proposti con il ricorso principale che, per la loro
connessione possono essere congiuntamente esaminati, non ap
paiono fondati e devono essere respinti. Va premesso che il Giudice conciliatore di Perugia, ha for
mulato, secondo i poteri conferitigli dall'art. 113, ultimo com
ma, c.p.c., il proprio giudizio di equità come giudizio sostituti
vo (e non semplicemente integrativo) all'applicazione della nor
ma positiva. In particolare, sul presupposto che il contratto per trattamen
to cosmeticologico sia stato validamente concluso (e prescin dendo così dall'esame delle eccezioni dell'opponente secondo
cui non vi era stato perfezionamento della fattispecie contrat
tuale e, comunque, l'eventuale accordo sarebbe stato inficiato
da vizio della volontà) ha rilevato, facendo riferimento anche
a sopravvenuta ipotesi normativa che, in determinate situazio
ni, prevedono, per il consumatore, la possibilità di un adeguato termine per il recesso, come nella fattispecie, caratterizzata da
contratto di adesione intervenuto fra consumatore ed impresa, ed in cui il recesso è stato esercitato con estrema tempestività,
quelle stesse esigenze che sono a fondamento della direttiva co
munitaria, per la rispondenza ad equità che esprimono, portano a formulare un giudizio equitativo volto «ad accordare alla par te che sottoscrive il contratto la facoltà di recedere dal medesi
mo, sia pure entro un termine estremamente limitato».
II richiamo alla buona fede precontrattuale è riferito poi al
rilievo che la parte predisponente, esigendo la sottoscrizione spe cifica di clausola escludente il diritto di recesso, ha tenuto un
contegno denotante consapevolezza della vessatorietà della clau
sola stessa.
Ora, secondo la giurisprudenza di questa corte (v. Cass. 15
giugno 1991, n. 6794 (Foro it., 1991, I, 2717), il giudizio di equità del conciliatore «si traduce nel riferimento a valori obiet
tivi che giustificano una deroga o una limitazione nel caso con
creto alle regole di diritto, con riguardo sia alle conseguenze derivanti da una certa qualificazione giuridica dei fatti, sia alla
qualificazione stessa».
Il limite a tale potere derogatorio è dato, oltre che dalle di
sposizioni della Costituzione, dal rispetto dei principi fonda
mentali dell'ordinamento, da intendere come «quelle norme che
esprimono i principi regolatori della materia, cioè costituiscono
le linee essenziali della disciplina giuridica del rapporto dedotto
in causa realizzandone la configurazione tipica». La decisione del Conciliatore di Perugia non valica tali confi
ni se si considera che, pur posto il principio, valevole come
regola generale, ma non assoluta, per cui, al carattere bilaterale
dell'accordo debba far riscontro una corrispondente bilateralità
delle volontà risolutive (art. 1372), già l'art. 1373 prospetta l'e
ventualità dell'attribuzione a una sola delle parti del potere di
incidere risolutivamente sul rapporto contrattuale già in essere
ed espressamente prevede che la stipulazione di un corrispettivo
per il recesso non ha effetto quando la prestazione non è stata
ancora eseguita. E se in certi tipi di contratto, come quello associativo (v.
art. 2285 c.c.), questo potere di recesso è inerente alla causa
tipica del contratto, e non ha bisogno di espressa pattuizione, ben può la legge, anche nei contratti di scambio, in determinate
situazioni, ed al fine di riequilibrare la posizione di inferiorità
di una parte rispetto all'altra, prevedere la soggezione di una
parte al potere di recesso accordato all'altra.
Così, ad esempio in materia di contratti di investimento di
valori mobiliari, l'esigenza di tutela del risparmiatore di fronte
al soverchiante grado di conoscenza del mercato delle imprese
finanziarie, ha comportato che lo ius poenitendi, originariamente concesso al risparmiatore per le vendite a domicilio, sia divenu
to una forma di tutela del «contraente debole» comune ai con
tratti di investimento, in forza di un atto non qualificabile co
me di normazione primaria (v. art. 33, 4° e 5° comma, reg. Consob, n. 5387).
Nella specifica materia, la direttiva Cee, la legge comunitaria
di attuazione richiamata dal conciliatore (d.leg. n. 50 del 1992) costituiscono punti di emersione normativa di una esigenza di
protezione del contraente debole, nei contratti fra il consumato
li. Foro Italiano — 1996.
re ed un «professionista» (v. il testo dell'art. 1469 bis come no
vellato con il d.leg. n. 59 del 1996), che si traduce nella inser
zione normativa dello ius poenitendi del primo da esercitarsi
entro breve prefissato termine e nelle forme appropriate.
L'anticipazione o l'estensione di tale diritto, pur là dove esso
è derogatorio al diritto positivo, non può intendersi effettuato
in violazione dei principi fondamentali dell'ordinamento, quan do esso è rivolto a riequilibrare una situazione di svantaggio in cui una parte — privato consumatore — sia trovata, rispetto ad un'altra — impresa strutturata — consentendo un tempesti vo esercizio della facoltà di recesso da esercitarsi, comunque,
prima che il contratto abbia avuto esecuzione.
In questi limiti il ricorso, da parte del conciliatore, all'equità sostitutiva non contraddice i principi regolatori della materia
inderogabilmente posti dallo ius positum. Dovendo altresì rilevarsi la coerenza della motivazione con
tale individuazione dei criteri entro i quali può esercitarsi il po tere derogatorio del giudice equitativo, avendo il conciliatore
messo in rilievo il diverso status delle parti del contratto, le
modalità della contrattazione, la immediata percezione da parte del privato consumatore delle difformità dal proprio interesse
(e comunque dalla valutazione che di esso, re melius perpensa, l'interessato andava facendo) del regolamento negoziale, la tem
pestiva comunicazione della propria volontà risolutoria, attuata
nelle forme appropriate, la sostanziale inesistenza per l'impresa di un danno (che non trovi la contropartita nella chance stessa
di concludere l'affare). Al rigetto del ricorso principale consegue l'assorbimento di
quello incidentale solo condizionatamente proposto.
II
Svolgimento del processo. — Il 28 dicembre 1993 la Westmin
ster s.r.l. otteneva dal Pretore di Prato decreto ingiuntivo (n.
1710) di pagamento della somma di lire 889.000, oltre interessi
convenzionali e spese, nei confronti di Graziana Bambini, quale
corrispettivo di due corsi di lingua inglese di cui a due contratti
per adesione sottoscritti il 25 marzo 1991.
La Bambini proponeva opposizione, cui resisteva la Westmin
ster, deducendo la nullità dei contratti in quanto privi dell'in
formazione circa il possibile esercizio del diritto di recesso (co siddetta «clausola di ripensamento») la cui inclusione sarebbe
stata imposta nei contratti in questione, conclusi al di fuori dei
locali commerciali del proponente, dalla direttiva Cee n. 85/77.
Affermava di aver comunque manifestato la propria volontà
di recedere dal contratto prima che le fosse comunicato l'inizio
del corso.
L'opposta resisteva assumendo che la direttiva de qua era
stata recepita nell'ordinamento italiano solo con decreto legisla tivo n. 50 del 1992, successivo alla conclusione del contratto.
Con sentenza n. 508 del 25 agosto 1995 l'adito pretore ha
revocato il decreto ingiuntivo in quanto emesso da giudice terri
torialmente incompetente sul rilievo che l'art. 12 d.leg. 15 gen naio 1992 n. 50 — già in vigore alla data dellà richiesta tutela
monitoria — stabilisce la competenza territoriale inderogabile del luogo di residenza o domicilio del consumatore, sicché uni
co giudice territorialmente competente è quello di Ancona.
Avverso detta sentenza ricorre per regolamento di competen za la Westminster s.r.l. Non ha svolto attività difensiva l'inti
mata. Il p.m. ha chiesto il rigetto del ricorso.
Motivi della decisione. — 1. - Sostiene la ricorrente che erro
neamente il pretore ha ritenuto che l'art. 12 d.leg. n. 50 del
1992 fissi una competenza territoriale inderogabile per tutte le
cause civili nascenti da contratti conclusi al di fuori dei locali
commerciali, stante la chiara lettera della norma che si riferisce,
invece, alle «controversie civili inerenti alla applicazione del pre sente decreto»; e dunque — in relazione al contenuto del decre
to stesso ed alla ratio legis di tutelare la formazione del consen
so del consumatore attraverso l'attribuzione del diritto di reces
so — esclusivamente a quelle inerenti al diritto di recesso. Nella
specie, il decreto ingiuntivo era stato chiesto per ottenere il pa
gamento del corrispettivo di due contratti ed atteneva, pertan to, all'esecuzione di contratti già regolarmente perfezionati. Il
pretore avrebbe potuto tutt'al più sospendere la causa di oppo sizione all'ingiunzione in attesa della decisione, da parte del Pre
tore di Ancona, della questione pregiudiziale relativa alla prete
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
sa nullità del contratto per il mancato inserimento della clauso
la di recesso ovvero alla soggezione o meno della fattispecie alla disciplina del menzionato decreto legislativo, ma non avrebbe
comunque dovuto revocare il decreto ingiuntivo. 2. - Il p.g. ha chiesto che il ricorso sia rigettato sul rilievo
che la causa verte sulla validità dei due contratti conclusi tra
le parti ai sensi del d.leg. n. 50 del 1992 e che la decisione
sull'applicabilità (o meno) della disciplina speciale ai contratti
conclusi al di fuori dei locali commerciali non può che spettare al giudice indicato dalla norma (di natura processuale e, dun
que, di immediata applicazione) di cui all'art. 12 del menziona
to decreto.
3. - Il ricorso per regolamento di competenza è fondato, an
che se per ragioni diverse da quelle prospettate. Il Pretore di Prato, funzionalmente competente ai sensi del
l'art. 645 c.p.c. in ordine alla causa di opposizione a decreto
ingiuntivo dal medesimo emesso, ha ritenuto che fosse inerente
all'applicazione del d.leg. 15 gennaio 1992 n. 50, recante «at
tuazione della direttiva (Cee) n. 577/85 in materia di contratti
negoziati fori dei locali commerciali», una richiesta di paga mento relativa ad un contratto pacificamente concluso prima dell'entrata in vigore del decreto, col quale soltanto sono dive
nuti applicabili ai rapporti tra singoli principi posti dalla diretti va del consiglio Cee 20 dicembre 1985 n. 577 (cfr. Cass. 5289/95, Foro it., Rep. 1995, voce Contratto in genere, n. 354). E per tale ragione ha dichiarato la nullità del decreto ingiuntivo, nel
l'implicito presupposto che l'operatore commerciale, benché l'ob
bligazione fosse stata assunta dal consumatore al di fuori del
l'ambito applicativo del d.leg. n. 50 del 1992, avrebbe comun
que dovuto rivolgersi ad un giudice diverso da quello convenzionalmente e validamente individuato dalle parti prima che il decreto in questione fosse applicabile ai contratti in que
stione, posto che l'art. 12 del menzionato decreto detta una
norma di natura processuale, in quanto tale di immediata appli cazione.
Deve in contrario affermarsi che l'art. 12 d.leg. 15 gennaio 1992 n. 50, il quale stabilisce la competenza inderogabile del
giudice del luogo di residenza o domicilio del consumatore per le controversie inerenti all'applicazione del decreto, si riferisce
esclusivamente ai contratti conclusi dopo la sua entrata in vigore. Il decreto tutela il consumatore: attribuendogli il diritto di
recesso (art. 4), imponendo all'operatore commerciale di infor
marlo di tale diritto (art. 5), stabilendo la competenza territo
riale inderogabile del luogo di sua residenza o domicilio (art.
12), onde agevolarlo sia nell'adire il giudice sia nel resistere alle
domande nei suoi confronti proposte dall'operatore commer
ciale. Proprio in ragione del suo particolare scopo, va negato che la norma di cui all'art. 12 abbia natura processuale in senso
stretto e che possa dunque ricevere applicazione a rapporti che, benché dedotti in giudizio in epoca successiva, siano tuttavia
insorti prima dell'entrata in vigore del decreto col quale soltan
to il legislatore, dando attuazione alla direttiva Cee n. 577/85, ha apprestato per il consumatore quella particolare forma di
tutela che l'art. 12 concorre ad integrare, completandola. 4. - L'accoglimento del ricorso per l'assorbente ragione che
va esclusa l'applicabilità del menzionato art. 12 ai contratti con
clusi in epoca antecedente all'entrata in vigore del d.leg. n. 50
del 1992 preclude ogni statuizione circa la diversa questione in
terpretativa posta dal ricorrente: se, cioè (in riferimento ai con
tratti stipulati successivamente alla vigenza del decreto), la com
petenza territoriale inderogabile riguardi solo le controversie nelle
quali si controverta del diritto di recesso (in genere, su eccezio
ne del convenuto adito per il pagamento), ovvero anche quelle in cui il fatto costitutivo del diritto fatto valere sia comunque uno dei contratti contemplati dagli art. 1 e 9 del decreto stesso:
nelle quali, cioè, il thema decidendum originario attenga invece
(come quasi sempre accade) alla domanda di condanna del con
sumatore, in via monitoria o ordinaria, all'esecuzione della pre stazione.
Il Foro Italiano — 1996.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 24 set
tembre 1996, n. 8444; Pres. Longo, Est. Preden, P.M. Ian
nelli (conci, conf.); Vecchi (Avv. Spallina, Mavilla) c. Sal
luce e altra (Avv. G. Stella Richter, Neppi), Massignan. Cassa App. Bologna 30 aprile 1994.
Locazione — Legge 392/78 — Immobili ad uso diverso dall'a
bitazione — Trasferimento a titolo oneroso — Prelazione del
conduttore — Rinunzia preventiva — Nullità (L. 27 luglio 1978 n. 392, disciplina delle locazioni di immobili urbani, art. 38, 39, 79).
In tema di locazioni di immobili adibiti ad uso diverso dall'abi tazione, è affetta da nullità, ai sensi dell'art. 79 l. 392/78, una rinunzia preventiva del conduttore a ricevere la denuntia
tìo, ai fini dell'esercizio del diritto di prelazione ex art. 38
l. cit., in riferimento ad una ipotesi di vendita dell'immobile
non attuale e della quale non siano determinate le condizioni
economiche. (1)
Svolgimento del processo. — Con atto notificato I'll aprile
1986, Raffaella Vecchi esponeva che, in data 2 marzo 1984, Corona Nervo, proprietaria dell'immobile sito in Bologna, via
Cartoleria n. 26/A, locatole ad uso commerciale, le aveva noti
ficato l'intenzione di vendere il bene per il prezzo di lire
27.000.000; che, in data 31 maggio 1984, aveva notificato alla
locatrice dichiarazione di rinuncia ad esercitare il diritto di pre
lazione, anche a prezzo inferiore; che aveva successivamente ap
preso che l'immobile era stato venduto, con scrittura del 10
dicembre 1985, per il prezzo di lire 9.000.000 a Lorenzo Salluce
e Rosa Maggio. Tanto premesso, conveniva davanti al Tribunale di Bologna
questi ultimi, proponendo domanda di riscatto dell'immobile,
previa declaratoria di nullità della rinuncia al diritto di prelazione. I convenuti resistevano e chiamavano in causa la venditrice.
Il processo, dichiarato interrotto a seguito della morte del Ner
vo, era riassunto nei confronti dell'erede Bruno Massignan. II tribunale rigettava la domanda di riscatto.
Pronunciando sull'appello della Vecchi, la Corte d'appello di Bologna, con sentenza del 30 aprile 1994, lo rigettava. Consi
derava la corte: — che la Vecchi, dichiarando, con la scrittura notificata il
31 maggio 1984, di non voler esercitare la prelazione ed il ri
scatto «né al prezzo notificatole né ad altro inferiore», aveva
espresso inequivocamente la volontà di non acquistare l'immo
bile, qualunque fosse il prezzo, e, implicitamente, di esonerare
la venditrice dall'obbligo di ulteriore denuntiatio in caso di ven
dita a prezzo inferiore o comunque a condizioni diverse;
(1) La sentenza, sottolineando come «il diritto di prelazione e quello succedaneo di riscatto, astrattamente pertinenti ad un rapporto di loca zione di immobile adibito ad uso che benefici di tale forma di tutela, si concretizzano, divenendo attuali, solo nel momento in cui si verifica
no i presupposti previsti dagli art. 38 e 39 1. 392/78», in relazione al caso concreto, fa puntuale applicazione del principio (sul quale cfr., da ultimo, Cass. 26 settembre 1995, n. 10155, Foro it., 1996 I, 2185; 29 settembre 1995, n. 10270, ibid., 1796; 23 febbraio 1995 n. 2069,
ibid., 149, con nota redazionale di D. Piombo; 29 gennaio 1996, n.
683, id., Mass., 77), secondo cui la rinunzia del conduttore ai diritti
attribuitigli dalle norme imperative della 1. 392/78, per non incorrere nella nullità di cui all'art. 79 della stessa legge, deve riguard ire diritti
già sorti; a tal fine — puntualizza la corte — non è suffii iente che
il rapporto di locazione sia in corso, ma occorre valutare, caso per caso, se il diritto dismesso, oltre che in astratto, in quanto «potenzial mente inerente al tipo legale del rapporto in atto», sussista in concreto e «possa essere fatto valere» dal conduttore.
Con specifico riguardo alla rinunzia del conduttore al diritto di prela zione ex art. 38 1. 392/78, v., in particolare, in senso conforme, Cass.
18 marzo 1987, n. 2721, id., 1988, I, 1151, richiamata nella motivazio
ne. Per ulteriori riferimenti, anche sull'analogo orientamento seguito dalla Cassazione in tema di prelazione agraria, v. la nota di D. Piombo
a Cass. 20 ottobre 1995, n. 10907, id., 1996, I, 149. Secondo quest'ulti ma pronunzia (annotata anche da Colombari, in Arch, locazioni, 1996,
189) non incorrerebbe, invece, nella nullità prevista dall'art. 79 1. 392/78
l'accordo con cui, in sede di conclusione del contratto di locazione, il conduttore rinunzi ai diritti di prelazione e di riscatto ex irt. 38-39
(nonché all'indennità di avviamento) in cambio della riduzio le del ca
none pattuito.
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