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sezione I civile; sentenza 26 settembre 1996, n. 8504; Pres. F. E. Rossi, Est. Rovelli, P.M. Iorio...

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sezione I civile; sentenza 26 settembre 1996, n. 8504; Pres. F. E. Rossi, Est. Rovelli, P.M. Iorio (concl. conf.); Istituto Helvetico Sanders (Avv. Cardilli) c. Centaro (Avv. Caroppo). Conferma Conc. Perugia 4 novembre 1994 Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 11 (NOVEMBRE 1996), pp. 3335/3336-3341/3342 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23191924 . Accessed: 28/06/2014 10:30 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.220.202.155 on Sat, 28 Jun 2014 10:30:48 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione I civile; sentenza 26 settembre 1996, n. 8504; Pres. F. E. Rossi, Est. Rovelli, P.M. Iorio(concl. conf.); Istituto Helvetico Sanders (Avv. Cardilli) c. Centaro (Avv. Caroppo). ConfermaConc. Perugia 4 novembre 1994Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 11 (NOVEMBRE 1996), pp. 3335/3336-3341/3342Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23191924 .

Accessed: 28/06/2014 10:30

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3335 PARTE PRIMA 3336

particolare, per le prestazioni farmaceutiche limitate alla som

ministrazione di medicinali prevista dal prontuario terapeutico. E tale è l'ipotesi che le stesse sezioni unite hanno già esaminato

(con la sentenza n. 1504 del 1985, id., Rep. 1985, voce cit.,

n. 194, in materia di richiesta di rimborso del prezzo di medici

nali esclusi dal prontuario). Esse, dopo avere considerato che,

nell'ambito delle norme di azione, entro cui è configurabile —

per il cittadino — soltanto un interesse legittimo (al corretto

uso dei pubblici poteri), che consente all'utente non una pretesa incondizionata alle prestazioni del servizio sanitario nazionale,

l'ottenimento delle quali è assoggettato all'esercizio di un pote re discrezionale della pubblica amministrazione (Cass., sez. un., n. 347 del 1982, id., Rep. 1983, voce Cassazione civile, n. 151), hanno peraltro affermato: «di fronte ad un'eventuale insoppri mibile esigenza, rispetto alla quale le strutture organizzative del

servizio nazionale sanitario non offrono rimedi alternativi, il

diritto fondamentale dell'individuo alla salute si impone nella

sua integrità ed assolutezza senza limite e condizionamenti di

sorta» (v. anche Cass. n. 1747 del 14 marzo 1986, id., Rep.

1986, voce Previdenza sociale). Tale impostazione giuridica, che deve, in questa sede, essere

ribadita, ha recentemente trovato ulteriori specificazioni. È sta

to, infatti, osservato che, se è vero che il diritto all'assistenza

farmaceutica comprende la somministrazione gratuita di farma

ci che — sebbene non inclusi nel prontuario terapeutico (conte stualmente qualificato, talora, atto amministrativo di mero ac

certamento) — risultino, tuttavia, indispensabili ed insostituibi

li; è, altresì, vero che la limitazione dell'assistenza farmaceutica

(che, in forza di disposizioni legislative — quali l'art. 10 d.l.

n. 463 del 1983 convertito nella 1. 638/83 e successive modifiche

ed integrazioni —, è legittima, per cui i farmaci prescrivibili a carico del servizio sanitario nazionale sono quelli indicati nel

prontuario terapeutico in base al criterio dell'efficacia terapeu tica e dell'economicità del prodotto) è stata ritenuta costituzio

nalmente legittima (Cbrte cost., ord. 396/90, id., Rep. 1991, voce Sanità pubblica, n. 187). Sicché (Cass. 9 giugno 1994, n.

5593, id., Rep. 1994, voce cit., n. 251; 22 aprile 1994, n. 3870,

id., 1995, I, 577) risulta affidata alla discrezionalità del mini

stro della sanità — deputato alla approvazione del prontuario

terapeutico — l'individuazione dei farmaci, prescrivibili a cari

co del servizio sanitario nazionale in base ai suddetti due criteri:

efficacia terapeutica ed economicità del prodotto. Con la precisazione che «il criterio della economicità non può

escludere la generale esenzione della compartecipazione alla spesa

(restando vincolata, nel prontuario terapeutico, almeno parzial

mente, la formazione dell'elenco di farmaci per i quali non è

dovuta alcuna quota di partecipazione: art. 10, 2° comma, d.l.

n. 463 convertito in 1. 638/83, cit.), ove il farmaco risulti indi

spensabile ed insostituibile per il trattamento di gravi condizioni

o sindromi morbose che esigono terapie di lunga durata (o di

altre forme morbose gravi, parimenti contemplate dall'art. 10, 2° comma). Pertanto, il farmaco stesso — ancorché non com

preso nel prontuario terapeutico — va posto a carico del servi

zio sanitario nazionale, previa disapplicazione (art. 5 legge sulla

abolizione del contenzioso amministrativo) del prontuario tera

peutico, nella parte in cui non comprenda farmaci indispensabi li in quanto contrasta con la norma vincolante di legge in senso

contrario: art. 10, 2° comma» (Cass. 5593/94 e 3870/94, cit.). Alla luce dei principi di diritto enunciati nella fattispecie, il

giudice dell'appello doveva, dunque, accertare se la spesa, per

l'acquisto di farmaco (vaccino antiallergico) non compreso nel

prontuario farmaceutico, poteva o meno essere posta a carico

del servizio sanitario nazionale; e se, nella specie, ricorreva al

cuno dei vizi di legittimità nell'esercizio del potere discrezionale — inficiante l'esclusione di detto farmaco — dal prontuario

terapeutico — in base al criterio dell'efficacia terapeutica (ove il farmaco stesso risulti indispensabile ed insostituibile).

La sentenza impugnata, pur uniformandosi, almeno parzial mente, ai suddetti principi di diritto, risulta, tuttavia, viziata

nell'iter logico-giuridico ed argomentativo. Nella fattispecie, infatti, la domanda dell'attuale ricorrente

si basava sulla deduzione della sussistenza di una situazione di

indispensabilità ed insostituibilità del vaccino antiallergico (da somministrare al figlio dello stesso ricorrente), vaccino, peral

tro, non inserito nel prontuario terapeutico nazionale e, quindi, non erogabile dal servizio sanitario nazionale.

Ed il pretore, coerentemente con gli accertamenti peritali di

Il Foro Italiano — 1996.

ufficio che avevano evidenziato come la terapia iposensibiliz zante de qua era indispensabile ed insostituibile per la cura del

la malattia (allergopatia) ed i farmaci inseriti nel prontuario te

rapeutico non avevano efficacia terapeutica, aveva adottato le

conseguenti statuizioni, rigettando l'opposizione al decreto in

giuntivo, emesso su istanza di Gaetano Abbatescianni (opposi zione proposta dall'Unità sanitaria locale BA/9, attuale resi

stente) sul preminente rilievo che il vaccino, utilizzato dallo stesso

Abbatescianni per la cura dell'allergopatia del figlio Giuseppe

era, non soltanto l'unica cura, ma appunto indispensabile ed

insostituibile. La sentenza del tribunale ha, invece, totalmente trascurato

l'accertamento del perito d'ufficio consacrato nella prima deci

sione, meritando la dedotta censura ed incorrendo, quindi, nel

denunciato difetto di omessa motivazione circa un punto decisi

vo della controversia (art. 360, n. 5, c.p.c.; avendo essa trascu

rato, cioè, una circostanza obiettiva acquisita alla causa, idonea

di per sé, qualora fosse stata presa in considerazione, a condur

re con certezza ad una decisione diversa da quella adottata: Cass.

n. 7000/93, id., Rep. 1993, voce Cassazione civile, n. 46). In definitiva, il primo motivo del ricorso va accolto e la deci

sione impugnata deve essere cassata con rinvio della causa, per un nuovo esame, ad altro giudice d'appello, che si designa nel

Tribunale di Trani, sez. lavoro, il quale si atterrà ai suddetti

principi e provvederà anche in ordine alle spese.

L'accoglimento del primo motivo, in quanto assorbente, ren

de superfluo l'esame del secondo motivo del ricorso.

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 26 set

tembre 1996, n. 8504; Pres. F. E. Rossi, Est. Rovelli, P.M.

Iorio (conci, conf.); Istituto Helvetico Sanders (Avv. Cad

dilli) c. Centaro (Avv. Caroppo). Conferma Conc. Perugia 4 novembre 1994.

Contratto in genere, atto e negozio giuridico — Contratti nego ziati fuori dei locali commerciali — Rapporto anteriore al

l'attuazione della direttiva comunitaria — Diritto di recesso

(Cod. civ., art. 1326, 1328, 1341, 1372, 1373, 1382, 1384, 1427, 1428, 1429, 1439; cod. proc. civ., art. 113, 632, 633;

d.leg. 15 gennaio 1992 n. 50, attuazione della direttiva n.

85/577/Cee in materia di contratti negoziati fuori dei locali

commerciali).

L'anticipazione o l'estensione del diritto di recesso, previsto dal

d.leg. 50/92, ad ipotesi di contratti conclusi in epoca anterio

re alla sua entrata in vigore è in armonia con i principi fon damentali dell'ordinamento (e, quindi, applicabile dal conci

liatore che decide secondo equità), essendo l'istituto destinato

a riequilibrare una situazione di svantaggio, in cui il privato consumatore si sia trovato, prima che il contratto abbia avu

to esecuzione. (1)

(1-2) Il problema dell'efficacia delle direttive comunitarie negli ordi namenti nazionali, in ipotesi di mancata o ritardata trasposizione delle stesse in norme interne, è stato oggetto di numerosi interventi della Corte di giustizia delle Comunità europee: da ultimo, cfr. sent. 7 marzo

1996, causa C-192/94, Foro it., 1996, IV, 357, con nota di A. Barone; 14 luglio 1994, causa C-91/92, id., 1995, IV, 38, con nota di Daniele, nelle quali si afferma l'inefficacia orizzontale delle direttive non attua te. Per ulteriori riferimenti alla questione, v. Amoroso, La giurispru denza costituzionale nell'anno 1995 in tema di rapporto tra ordinamen to comunitario e ordinamento nazionale: verso una «quarta» fase?, id., 1996, V, 73.

Più volte la giurisprudenza di merito, nelle more dell'approvazione e dell'entrata in vigore del d.leg. 50/92, aveva affermato l'efficacia di

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 25 set

tembre 1996, n. 8465; Pres. Grossi, Est. Amatucci, P.M.

Martone (conci, diff.); Soc. Westminster (Avv. Casacci) c.

Bambini. Regolamento di competenza avverso Pret. Prato 25

agosto 1995.

Competenza civile — Competenza per territorio — Contratto

negoziato fuori dei locali commerciali — Rapporto anteriore

all'attuazione della direttiva comunitaria (Cod. proc. civ., art.

645; d.leg. 15 gennaio 1992 n. 50, art. 12).

Per le controversie aventi ad oggetto contratti negoziati fuori dei locali commerciali, sorte in epoca antecedente all'entrata

in vigore del d.leg. 50/92, è da escludersi l'applicabilità del

foro territorialmente competente, previsto dall'art. 12 dello

stesso decreto. (2)

I

Svolgimento del processo. — Con l'atto introduttivo Vittoria

Centaro proponeva opposizione davanti al Giudice conciliatore

di Perugia avverso decreto ingiuntivo, per lire 849.000 oltre in

teressi, emersi nei suoi confronti, su ricorso presentato dallo

retta della normativa comunitaria nei rapporti interprivati: v. Pret. Li vorno 10 dicembre 1993, id., Rep. 1994, voce Contratto in genere, n.

358, e Contratti, 1994, 524, con nota di Gorgoni; Pret. Milano 14

novembre 1991, Foro it., 1992, I, 1599, con nota di A. Barone; Conc. Roma 22 agosto 1991, id:, Rep. 1991, voce Vendita, n. 70.

Contro tale orientamento si è espressa recentemente la Cassazione, escludendo la possibilità, per i giudici di merito, di utilizzare la direttiva

comunitaria quale fonte del diritto: v. Cass. 15 maggio 1995, n. 5289,

id., Rep. 1995, voce Contratto in genere, n. 354; 27 febbraio 1995, n. 2275, ibid., voce Unione europea, n. 1031, e Giur. it., 1996, I, 1, 100, con nota di Scannicchio; nello stesso senso, Pret. Torino 6 feb

braio 1995, Foro it., Rep. 1995, voce Contratto in genere, nn. 350, 351.

Nella prima delle sentenze in epigrafe la Cassazione conferma il pro

prio orientamento. Viene peraltro rigettato il ricorso contro la pronun cia del Conciliatore di Perugia, che utilizza le norme comunitarie non

come fonte di diritto interno, ma in via equitativa e rispettando alcuni

dei principi fondamentali del nostro ordinamento giuridico, ovvero la

possibilità di attribuire il potere di recesso (rectius: revoca) dal rapporto contrattuale, prima che la prestazione sia stata eseguita, ad una sola

parte, ex art. 1373 c.c., e la tutela del c.d. «contraente debole». Per

un precedente in termini, v. Cass. 20 marzo 1996, n. 2369, id., 1996,

I, 1665, con nota di Palmieri. Tale interpretazione della normativa interna risulta conforme al prin

cipio enunciato dalla Corte di giustizia 14 luglio 1994, cit., per il quale 11 giudice nazionale, quando è chiamato ad applicare il diritto interno

in un ambito disciplinato da una direttiva non eseguita, deve interpre tarlo, per quanto possibile, alla luce della lettera e dello scopo della

direttiva medesima. Sulla questione dell'individuazione dei limiti posti al giudizio di equi

tà sostitutiva, rimesso al conciliatore, v. altresì Cass. 28 ottobre 1994, n. 8883, id., Rep. 1994, voce Sentenza, ordinanza e decreto in materia

civile, n. 32; 15 giugno 1991, n. 6794, id., 1991, I, 2717, con nota

di Monnini. Anche la seconda sentenza in epigrafe si conforma al principio dell'i

napplicabilità della direttiva a contratti conclusi prima della sua entrata

in vigore. Essa affronta, però, anche una questione che non presenta

precedenti, ovvero se la competenza territoriale inderogabile dell'art.

12 d.leg. 50/92 riguardi solo le controversie relative al diritto di recesso

o anche quelle in cui il thema decidendum attiene alla domanda di con

danna del consumatore, in via monitoria o ordinaria, all'esecuzione della

prestazione. Il problema è lasciato irrisolto, per la dedotta inapplicabi lità dell'art. 12 cit. al caso concreto.

Per una prima pronuncia in tema di competenza territoriale ex art.

12 cit., in controversia avente ad oggetto il diritto di recesso, v. Cass.

4 novembre 1995, n. 11522, id., Rep. 1995, voce Competenza civile, n. 20, e Corriere giur., 1996, 422, con nota di Vidiri.

Tra le prime pronunce sulle questioni interpretative originate dal d.leg.

50/92, v. Giud. pace Carrara 4 ottobre 1995 e Pret. Trento 28 aprile

1995, Foro it., 1996, I, 1885, con nota di Crisostomo; Pret. Bologna 28 febbraio 1995, id., 1995, I, 2304, con nota di Crisostomo.

Si veda, altresì, in dottrina: AA.VV., Recesso e risoluzione nei con

tratti a cura di De Nova, Milano, 1994; Kober, I contratti negoziati

fuori dei locali commerciali: una comparazione con il diritto tedesco, in Contratti, 1994, 353.

Il Foro Italiano — 1996.

s.r.l. Istituto Helvetico Sanders, a titolo di penale, in misura

del 30% per il recesso unilaterale da un contratto da essa sotto

scritto il 19 novembre 1991, per trattamento cosmeticologico.

Eccepiva pregiudizialmente l'inammissibilità della procedura monitoria o contestava, nel merito, che il contratto si fosse con

cluso, dato che lo stesso giorno in cui l'aveva sottoscritto, ave

va provveduto a revocare telefonicamente la commissione, for

mulando poi tale manifestazione di volontà con lettera racco

mandata del giorno successivo; aggiungeva di essere stata indotta

alla affrettata sottoscrizione, in conseguenza di un grave qua dro clinico circa lo stato del suo cuoio capelluto prospettatogli dolosamente dall'incaricato della società, e risultato insussisten

te ad una visita dermatologica. In subordine, eccepiva l'eccessività della penale. La società convenuta resisteva, contestando la fondatezza dei

rilievi che precedono, e richiamandosi alle clausole del contrat

to regolarmente sottoscritto dalle parti. Il Giudice conciliatore di Perugia, previa reiezione dell'ecce

zione di inammissibilità della procedura monitoria, accoglieva, nel merito, l'opposizione.

Rilevava che, in effetti, il contratto sottoscritto dalle parti non prevedeva la facoltà di recesso, né riusciva ad esso applica bile il d.leg. 15 gennaio 1992, che recependo una direttiva co

munitaria, ha introdotto la possibilità, per i contratti stipulati fuori dei locali commerciali, di recedere entro il termine di sette

giorni con comunicazione scritta.

Rilevava, tuttavia, che nel caso di specie, il recesso era stato

estremamente tempestivo, ed espresso con le forme appropria

te, che, in una valutazione non legata allo strìctum ius, ma equi

tativa, quale quella rimessa al conciliatore, si può tenere conto

della analogia della situazione controversa con quella discipli nata dalla direttiva comunitaria e della contrarietà a buon fede

della clausola di esclusione del diritto di recesso, percepita co

me vessatoria dalla stessa parte proponente, che ha richiesto

l'approvazione specifica ex art. 1341 c.c.

Avverso detta sentenza l'istituto Sanders proponeva ricorso

per cassazione, affidato a due mezzi di annullamento. Resisteva

la parte intimata la quale, con il controricorso, proponeva al

tresì ricorso incidentale condizionato.

Motivi della decisione. — I ricorsi, separatamente proposti verso la stessa sentenza, devono essere riuniti ex art. 335 c.p.c.

Con il primo motivo del ricorso principale, deducendosi vio

lazione dell'art. 113, ultimo comma, c.p.c., e dell'art. 11 pre

leggi, si rileva che la decisione non solo è contraria al diritto, ma venendo ad affermare una generalizzata facoltà di recesso

per la parte accettante, nei contratti sinallagmatici, si pone in

contrasto con i principi fondamentali dell'ordinamento e con

le norme che esprimono i principi regolatori della disciplina giu ridica del rapporto dedotto in causa.

Così come viola il canone di cui all'art. 11 preleggi l'aver

attribuito efficacia retroattiva ad una norma, quale quella posta con il d.leg. n. 50 del 1992, che sarebbe stata comunque inap

plicabile al caso di specie. Con il secondo motivo, deducendosi vizio di motivazione, si

rileva l'incoerenza della decisione — essendo invece la coerenza

connaturale all'equità del giudizio — laddove si prescinde dalla

causa del contratto, dalla funzione della penale pattuita, dall'e

videnza o meno del danno risentito per l'unilaterale recesso, dal ruolo stesso della buona fede.

Il primo motivo del ricorso incidentale condizionato deduce

violazione dell'art. 633 c.p.c. e 1382 c.c., nonché vizio di moti

vazione, perché il provvedimento chiesto al giudice ed implican te valutazione sull'obbligo di pagare una penale, non si limita

alla semplice emissione di ordine di pagamento per indebiti re

lativi alla somministrazione di merci o per crediti pecuniari di

cui preesista la prova scritta.

Con il secondo motivo si denunzia violazione degli art. 1326

e 1328 c.c. rilevandosi che il conciliatore ha pretermesso l'esa

me delle eccezioni, secondo la quale, quando è intervenuta la

revoca della Centaro alla propria accettazione, il contratto non

poteva essere considerato concluso, perché il modulo, siglato da una persona addetta, non era stato sottoscritto ancora dal

legale rappresentante della società.

Il terzo motivo, denunciando la violazione degli art. 1427,

1428, 1429 e 1439 c.c., ribadisce la richiesta, proposta in via

di eccezione davanti al conciliatore, di annullamento del con

tratto per errore o per dolo, in quanto la volontà della parte

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3339 PARTE PRIMA 3340

era stata viziata dalla dolosa prospettazione di un quadro clini

co allarmante, ma in realtà insussistente.

Con il quarto motivo, richiamandosi la violazione dell'art.

1384 c.c., si ribadisce la tesi dell'esorbitanza della penale previ sta dal contratto.

I motivi proposti con il ricorso principale che, per la loro

connessione possono essere congiuntamente esaminati, non ap

paiono fondati e devono essere respinti. Va premesso che il Giudice conciliatore di Perugia, ha for

mulato, secondo i poteri conferitigli dall'art. 113, ultimo com

ma, c.p.c., il proprio giudizio di equità come giudizio sostituti

vo (e non semplicemente integrativo) all'applicazione della nor

ma positiva. In particolare, sul presupposto che il contratto per trattamen

to cosmeticologico sia stato validamente concluso (e prescin dendo così dall'esame delle eccezioni dell'opponente secondo

cui non vi era stato perfezionamento della fattispecie contrat

tuale e, comunque, l'eventuale accordo sarebbe stato inficiato

da vizio della volontà) ha rilevato, facendo riferimento anche

a sopravvenuta ipotesi normativa che, in determinate situazio

ni, prevedono, per il consumatore, la possibilità di un adeguato termine per il recesso, come nella fattispecie, caratterizzata da

contratto di adesione intervenuto fra consumatore ed impresa, ed in cui il recesso è stato esercitato con estrema tempestività,

quelle stesse esigenze che sono a fondamento della direttiva co

munitaria, per la rispondenza ad equità che esprimono, portano a formulare un giudizio equitativo volto «ad accordare alla par te che sottoscrive il contratto la facoltà di recedere dal medesi

mo, sia pure entro un termine estremamente limitato».

II richiamo alla buona fede precontrattuale è riferito poi al

rilievo che la parte predisponente, esigendo la sottoscrizione spe cifica di clausola escludente il diritto di recesso, ha tenuto un

contegno denotante consapevolezza della vessatorietà della clau

sola stessa.

Ora, secondo la giurisprudenza di questa corte (v. Cass. 15

giugno 1991, n. 6794 (Foro it., 1991, I, 2717), il giudizio di equità del conciliatore «si traduce nel riferimento a valori obiet

tivi che giustificano una deroga o una limitazione nel caso con

creto alle regole di diritto, con riguardo sia alle conseguenze derivanti da una certa qualificazione giuridica dei fatti, sia alla

qualificazione stessa».

Il limite a tale potere derogatorio è dato, oltre che dalle di

sposizioni della Costituzione, dal rispetto dei principi fonda

mentali dell'ordinamento, da intendere come «quelle norme che

esprimono i principi regolatori della materia, cioè costituiscono

le linee essenziali della disciplina giuridica del rapporto dedotto

in causa realizzandone la configurazione tipica». La decisione del Conciliatore di Perugia non valica tali confi

ni se si considera che, pur posto il principio, valevole come

regola generale, ma non assoluta, per cui, al carattere bilaterale

dell'accordo debba far riscontro una corrispondente bilateralità

delle volontà risolutive (art. 1372), già l'art. 1373 prospetta l'e

ventualità dell'attribuzione a una sola delle parti del potere di

incidere risolutivamente sul rapporto contrattuale già in essere

ed espressamente prevede che la stipulazione di un corrispettivo

per il recesso non ha effetto quando la prestazione non è stata

ancora eseguita. E se in certi tipi di contratto, come quello associativo (v.

art. 2285 c.c.), questo potere di recesso è inerente alla causa

tipica del contratto, e non ha bisogno di espressa pattuizione, ben può la legge, anche nei contratti di scambio, in determinate

situazioni, ed al fine di riequilibrare la posizione di inferiorità

di una parte rispetto all'altra, prevedere la soggezione di una

parte al potere di recesso accordato all'altra.

Così, ad esempio in materia di contratti di investimento di

valori mobiliari, l'esigenza di tutela del risparmiatore di fronte

al soverchiante grado di conoscenza del mercato delle imprese

finanziarie, ha comportato che lo ius poenitendi, originariamente concesso al risparmiatore per le vendite a domicilio, sia divenu

to una forma di tutela del «contraente debole» comune ai con

tratti di investimento, in forza di un atto non qualificabile co

me di normazione primaria (v. art. 33, 4° e 5° comma, reg. Consob, n. 5387).

Nella specifica materia, la direttiva Cee, la legge comunitaria

di attuazione richiamata dal conciliatore (d.leg. n. 50 del 1992) costituiscono punti di emersione normativa di una esigenza di

protezione del contraente debole, nei contratti fra il consumato

li. Foro Italiano — 1996.

re ed un «professionista» (v. il testo dell'art. 1469 bis come no

vellato con il d.leg. n. 59 del 1996), che si traduce nella inser

zione normativa dello ius poenitendi del primo da esercitarsi

entro breve prefissato termine e nelle forme appropriate.

L'anticipazione o l'estensione di tale diritto, pur là dove esso

è derogatorio al diritto positivo, non può intendersi effettuato

in violazione dei principi fondamentali dell'ordinamento, quan do esso è rivolto a riequilibrare una situazione di svantaggio in cui una parte — privato consumatore — sia trovata, rispetto ad un'altra — impresa strutturata — consentendo un tempesti vo esercizio della facoltà di recesso da esercitarsi, comunque,

prima che il contratto abbia avuto esecuzione.

In questi limiti il ricorso, da parte del conciliatore, all'equità sostitutiva non contraddice i principi regolatori della materia

inderogabilmente posti dallo ius positum. Dovendo altresì rilevarsi la coerenza della motivazione con

tale individuazione dei criteri entro i quali può esercitarsi il po tere derogatorio del giudice equitativo, avendo il conciliatore

messo in rilievo il diverso status delle parti del contratto, le

modalità della contrattazione, la immediata percezione da parte del privato consumatore delle difformità dal proprio interesse

(e comunque dalla valutazione che di esso, re melius perpensa, l'interessato andava facendo) del regolamento negoziale, la tem

pestiva comunicazione della propria volontà risolutoria, attuata

nelle forme appropriate, la sostanziale inesistenza per l'impresa di un danno (che non trovi la contropartita nella chance stessa

di concludere l'affare). Al rigetto del ricorso principale consegue l'assorbimento di

quello incidentale solo condizionatamente proposto.

II

Svolgimento del processo. — Il 28 dicembre 1993 la Westmin

ster s.r.l. otteneva dal Pretore di Prato decreto ingiuntivo (n.

1710) di pagamento della somma di lire 889.000, oltre interessi

convenzionali e spese, nei confronti di Graziana Bambini, quale

corrispettivo di due corsi di lingua inglese di cui a due contratti

per adesione sottoscritti il 25 marzo 1991.

La Bambini proponeva opposizione, cui resisteva la Westmin

ster, deducendo la nullità dei contratti in quanto privi dell'in

formazione circa il possibile esercizio del diritto di recesso (co siddetta «clausola di ripensamento») la cui inclusione sarebbe

stata imposta nei contratti in questione, conclusi al di fuori dei

locali commerciali del proponente, dalla direttiva Cee n. 85/77.

Affermava di aver comunque manifestato la propria volontà

di recedere dal contratto prima che le fosse comunicato l'inizio

del corso.

L'opposta resisteva assumendo che la direttiva de qua era

stata recepita nell'ordinamento italiano solo con decreto legisla tivo n. 50 del 1992, successivo alla conclusione del contratto.

Con sentenza n. 508 del 25 agosto 1995 l'adito pretore ha

revocato il decreto ingiuntivo in quanto emesso da giudice terri

torialmente incompetente sul rilievo che l'art. 12 d.leg. 15 gen naio 1992 n. 50 — già in vigore alla data dellà richiesta tutela

monitoria — stabilisce la competenza territoriale inderogabile del luogo di residenza o domicilio del consumatore, sicché uni

co giudice territorialmente competente è quello di Ancona.

Avverso detta sentenza ricorre per regolamento di competen za la Westminster s.r.l. Non ha svolto attività difensiva l'inti

mata. Il p.m. ha chiesto il rigetto del ricorso.

Motivi della decisione. — 1. - Sostiene la ricorrente che erro

neamente il pretore ha ritenuto che l'art. 12 d.leg. n. 50 del

1992 fissi una competenza territoriale inderogabile per tutte le

cause civili nascenti da contratti conclusi al di fuori dei locali

commerciali, stante la chiara lettera della norma che si riferisce,

invece, alle «controversie civili inerenti alla applicazione del pre sente decreto»; e dunque — in relazione al contenuto del decre

to stesso ed alla ratio legis di tutelare la formazione del consen

so del consumatore attraverso l'attribuzione del diritto di reces

so — esclusivamente a quelle inerenti al diritto di recesso. Nella

specie, il decreto ingiuntivo era stato chiesto per ottenere il pa

gamento del corrispettivo di due contratti ed atteneva, pertan to, all'esecuzione di contratti già regolarmente perfezionati. Il

pretore avrebbe potuto tutt'al più sospendere la causa di oppo sizione all'ingiunzione in attesa della decisione, da parte del Pre

tore di Ancona, della questione pregiudiziale relativa alla prete

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Page 5: sezione I civile; sentenza 26 settembre 1996, n. 8504; Pres. F. E. Rossi, Est. Rovelli, P.M. Iorio (concl. conf.); Istituto Helvetico Sanders (Avv. Cardilli) c. Centaro (Avv. Caroppo).

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

sa nullità del contratto per il mancato inserimento della clauso

la di recesso ovvero alla soggezione o meno della fattispecie alla disciplina del menzionato decreto legislativo, ma non avrebbe

comunque dovuto revocare il decreto ingiuntivo. 2. - Il p.g. ha chiesto che il ricorso sia rigettato sul rilievo

che la causa verte sulla validità dei due contratti conclusi tra

le parti ai sensi del d.leg. n. 50 del 1992 e che la decisione

sull'applicabilità (o meno) della disciplina speciale ai contratti

conclusi al di fuori dei locali commerciali non può che spettare al giudice indicato dalla norma (di natura processuale e, dun

que, di immediata applicazione) di cui all'art. 12 del menziona

to decreto.

3. - Il ricorso per regolamento di competenza è fondato, an

che se per ragioni diverse da quelle prospettate. Il Pretore di Prato, funzionalmente competente ai sensi del

l'art. 645 c.p.c. in ordine alla causa di opposizione a decreto

ingiuntivo dal medesimo emesso, ha ritenuto che fosse inerente

all'applicazione del d.leg. 15 gennaio 1992 n. 50, recante «at

tuazione della direttiva (Cee) n. 577/85 in materia di contratti

negoziati fori dei locali commerciali», una richiesta di paga mento relativa ad un contratto pacificamente concluso prima dell'entrata in vigore del decreto, col quale soltanto sono dive

nuti applicabili ai rapporti tra singoli principi posti dalla diretti va del consiglio Cee 20 dicembre 1985 n. 577 (cfr. Cass. 5289/95, Foro it., Rep. 1995, voce Contratto in genere, n. 354). E per tale ragione ha dichiarato la nullità del decreto ingiuntivo, nel

l'implicito presupposto che l'operatore commerciale, benché l'ob

bligazione fosse stata assunta dal consumatore al di fuori del

l'ambito applicativo del d.leg. n. 50 del 1992, avrebbe comun

que dovuto rivolgersi ad un giudice diverso da quello convenzionalmente e validamente individuato dalle parti prima che il decreto in questione fosse applicabile ai contratti in que

stione, posto che l'art. 12 del menzionato decreto detta una

norma di natura processuale, in quanto tale di immediata appli cazione.

Deve in contrario affermarsi che l'art. 12 d.leg. 15 gennaio 1992 n. 50, il quale stabilisce la competenza inderogabile del

giudice del luogo di residenza o domicilio del consumatore per le controversie inerenti all'applicazione del decreto, si riferisce

esclusivamente ai contratti conclusi dopo la sua entrata in vigore. Il decreto tutela il consumatore: attribuendogli il diritto di

recesso (art. 4), imponendo all'operatore commerciale di infor

marlo di tale diritto (art. 5), stabilendo la competenza territo

riale inderogabile del luogo di sua residenza o domicilio (art.

12), onde agevolarlo sia nell'adire il giudice sia nel resistere alle

domande nei suoi confronti proposte dall'operatore commer

ciale. Proprio in ragione del suo particolare scopo, va negato che la norma di cui all'art. 12 abbia natura processuale in senso

stretto e che possa dunque ricevere applicazione a rapporti che, benché dedotti in giudizio in epoca successiva, siano tuttavia

insorti prima dell'entrata in vigore del decreto col quale soltan

to il legislatore, dando attuazione alla direttiva Cee n. 577/85, ha apprestato per il consumatore quella particolare forma di

tutela che l'art. 12 concorre ad integrare, completandola. 4. - L'accoglimento del ricorso per l'assorbente ragione che

va esclusa l'applicabilità del menzionato art. 12 ai contratti con

clusi in epoca antecedente all'entrata in vigore del d.leg. n. 50

del 1992 preclude ogni statuizione circa la diversa questione in

terpretativa posta dal ricorrente: se, cioè (in riferimento ai con

tratti stipulati successivamente alla vigenza del decreto), la com

petenza territoriale inderogabile riguardi solo le controversie nelle

quali si controverta del diritto di recesso (in genere, su eccezio

ne del convenuto adito per il pagamento), ovvero anche quelle in cui il fatto costitutivo del diritto fatto valere sia comunque uno dei contratti contemplati dagli art. 1 e 9 del decreto stesso:

nelle quali, cioè, il thema decidendum originario attenga invece

(come quasi sempre accade) alla domanda di condanna del con

sumatore, in via monitoria o ordinaria, all'esecuzione della pre stazione.

Il Foro Italiano — 1996.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 24 set

tembre 1996, n. 8444; Pres. Longo, Est. Preden, P.M. Ian

nelli (conci, conf.); Vecchi (Avv. Spallina, Mavilla) c. Sal

luce e altra (Avv. G. Stella Richter, Neppi), Massignan. Cassa App. Bologna 30 aprile 1994.

Locazione — Legge 392/78 — Immobili ad uso diverso dall'a

bitazione — Trasferimento a titolo oneroso — Prelazione del

conduttore — Rinunzia preventiva — Nullità (L. 27 luglio 1978 n. 392, disciplina delle locazioni di immobili urbani, art. 38, 39, 79).

In tema di locazioni di immobili adibiti ad uso diverso dall'abi tazione, è affetta da nullità, ai sensi dell'art. 79 l. 392/78, una rinunzia preventiva del conduttore a ricevere la denuntia

tìo, ai fini dell'esercizio del diritto di prelazione ex art. 38

l. cit., in riferimento ad una ipotesi di vendita dell'immobile

non attuale e della quale non siano determinate le condizioni

economiche. (1)

Svolgimento del processo. — Con atto notificato I'll aprile

1986, Raffaella Vecchi esponeva che, in data 2 marzo 1984, Corona Nervo, proprietaria dell'immobile sito in Bologna, via

Cartoleria n. 26/A, locatole ad uso commerciale, le aveva noti

ficato l'intenzione di vendere il bene per il prezzo di lire

27.000.000; che, in data 31 maggio 1984, aveva notificato alla

locatrice dichiarazione di rinuncia ad esercitare il diritto di pre

lazione, anche a prezzo inferiore; che aveva successivamente ap

preso che l'immobile era stato venduto, con scrittura del 10

dicembre 1985, per il prezzo di lire 9.000.000 a Lorenzo Salluce

e Rosa Maggio. Tanto premesso, conveniva davanti al Tribunale di Bologna

questi ultimi, proponendo domanda di riscatto dell'immobile,

previa declaratoria di nullità della rinuncia al diritto di prelazione. I convenuti resistevano e chiamavano in causa la venditrice.

Il processo, dichiarato interrotto a seguito della morte del Ner

vo, era riassunto nei confronti dell'erede Bruno Massignan. II tribunale rigettava la domanda di riscatto.

Pronunciando sull'appello della Vecchi, la Corte d'appello di Bologna, con sentenza del 30 aprile 1994, lo rigettava. Consi

derava la corte: — che la Vecchi, dichiarando, con la scrittura notificata il

31 maggio 1984, di non voler esercitare la prelazione ed il ri

scatto «né al prezzo notificatole né ad altro inferiore», aveva

espresso inequivocamente la volontà di non acquistare l'immo

bile, qualunque fosse il prezzo, e, implicitamente, di esonerare

la venditrice dall'obbligo di ulteriore denuntiatio in caso di ven

dita a prezzo inferiore o comunque a condizioni diverse;

(1) La sentenza, sottolineando come «il diritto di prelazione e quello succedaneo di riscatto, astrattamente pertinenti ad un rapporto di loca zione di immobile adibito ad uso che benefici di tale forma di tutela, si concretizzano, divenendo attuali, solo nel momento in cui si verifica

no i presupposti previsti dagli art. 38 e 39 1. 392/78», in relazione al caso concreto, fa puntuale applicazione del principio (sul quale cfr., da ultimo, Cass. 26 settembre 1995, n. 10155, Foro it., 1996 I, 2185; 29 settembre 1995, n. 10270, ibid., 1796; 23 febbraio 1995 n. 2069,

ibid., 149, con nota redazionale di D. Piombo; 29 gennaio 1996, n.

683, id., Mass., 77), secondo cui la rinunzia del conduttore ai diritti

attribuitigli dalle norme imperative della 1. 392/78, per non incorrere nella nullità di cui all'art. 79 della stessa legge, deve riguard ire diritti

già sorti; a tal fine — puntualizza la corte — non è suffii iente che

il rapporto di locazione sia in corso, ma occorre valutare, caso per caso, se il diritto dismesso, oltre che in astratto, in quanto «potenzial mente inerente al tipo legale del rapporto in atto», sussista in concreto e «possa essere fatto valere» dal conduttore.

Con specifico riguardo alla rinunzia del conduttore al diritto di prela zione ex art. 38 1. 392/78, v., in particolare, in senso conforme, Cass.

18 marzo 1987, n. 2721, id., 1988, I, 1151, richiamata nella motivazio

ne. Per ulteriori riferimenti, anche sull'analogo orientamento seguito dalla Cassazione in tema di prelazione agraria, v. la nota di D. Piombo

a Cass. 20 ottobre 1995, n. 10907, id., 1996, I, 149. Secondo quest'ulti ma pronunzia (annotata anche da Colombari, in Arch, locazioni, 1996,

189) non incorrerebbe, invece, nella nullità prevista dall'art. 79 1. 392/78

l'accordo con cui, in sede di conclusione del contratto di locazione, il conduttore rinunzi ai diritti di prelazione e di riscatto ex irt. 38-39

(nonché all'indennità di avviamento) in cambio della riduzio le del ca

none pattuito.

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