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Sezione I civile; sentenza 27 febbraio 1962, n. 371; Pres. Di Pilato P., Est. Perrone Capano, P. M....

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Sezione I civile; sentenza 27 febbraio 1962, n. 371; Pres. Di Pilato P., Est. Perrone Capano, P. M. Colonnese (concl. conf.); Robba (Avv. Cuzzi, Montesano) c. Vanik (Avv. Jacobelli, Sardos- Albertini) Source: Il Foro Italiano, Vol. 85, No. 6 (1962), pp. 1117/1118-1119/1120 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23150751 . Accessed: 28/06/2014 09:01 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 92.63.101.146 on Sat, 28 Jun 2014 09:01:32 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione I civile; sentenza 27 febbraio 1962, n. 371; Pres. Di Pilato P., Est. Perrone Capano, P. M.Colonnese (concl. conf.); Robba (Avv. Cuzzi, Montesano) c. Vanik (Avv. Jacobelli, Sardos-Albertini)Source: Il Foro Italiano, Vol. 85, No. 6 (1962), pp. 1117/1118-1119/1120Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23150751 .

Accessed: 28/06/2014 09:01

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

COHTE SÜPREMi DI CASSAZIONE.

Sezione I civile; sentenza 27 febbraio 1962, n. 371 ; Pres.

Di Pilato P., Est. Pebbone Capano, P. M. Colonnese

(concl. conf.); Robba (Aw. Cuzzi, Montesano) c.

Vanik (Aw. Jacobelli, Sabdos-Albertini).

(Gonferma App. Trieste 18 gennaio 1960)

Separazione di coniugi — Comportamento reeiproeo dei coniugi — Adulterio della moglie e susse

guenti ingiurie gravi del marito — Pronuneia

di separazione per oolpa d'ambedue (Cod. civ.,

art. 151). Matrimonio — Figli — Obbligo di mantenimento

— Regime di separazione personale — Persi

stenza dell'obbligo.

L'adulterio della moglie non impedisce che la separazione dei due coniugi sia pronunciata anclie per colpa del marito

che successivamente alVadulterio si era reso colpevole di ingiurie gravi verso la moglie. (1)

L'obbligo di un coniuge di concorrere al mantenimento dei

figli affidati alValtro coniuge non cessa per il fatto che

quest'ultimo li abbia trasferiti alVestero. (2)

La Corte, eoc. — Col primo motivo del ricorso principal© si denuncia la violazione e falsa applicazione degli art.

145, 146, 147, 148 e 151 cod. civ., in relazione, all'art. 360, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., per avere i Giudici di merito

pronunciato la separazione personale dei due coniugi

per colpa di entrambi, anziche per colpa della sola moglie. Piii precisamente, si deduce clie i Giudici di merito avreb

bero errato : a) nel fondare il loro convincimento circa

l'adulterio del Eobba «sulle premesse che egli ebbe a

vendere fittiziamente alla Bianchi tutti i propri beni e

che gli atti di compravendita tradivano l'esistenza di una

relazione amorosa fra i due », laddove la simulazione di

quelle vendite era stata esclusa con sentenze passate in

giudicato, emesse dal Tribunale e dalla Corte di appello di Milano in un precedente giudizio promosso dalla Yanik ;

b) nel Talutare la predetta simulazione «come elemento

di valorizzazione delle prove testimoniali» senza tener

conto del risultato negativo di tali prove ; c) nel non con

siderare che l'adulterio del marito e causa di separazione

personale soltanto quando concorrano circostanze tali

da rendere il fatto gravemente ingiurioso per la moglie

(art. 151 cod. civ.) e che « per aversi ingiuria grave occorre

che la relazione adulterina del marito si svolga anzitutto

nell'ambito della residenza e delle conoscenze dei due

coniugi», mentre, nel la specie, la relazione adulterina del

Robba « si sarebbe svolta in luoghi diversi (Milano e Yene

zia) dalla residenza della moglie (Trieste) e mediante in

contri isolati, non risultando minimamente provato che il

Eobba convivesse stabilmente con la Bianchi » ; d) nell'omet

tere di preadere in considerazione, con esame complessivo e comparativo, il comportamento dell'uno e dell'altro

coniuge, alio scopo di valutame i torti reciproci e di sta

(1) Applicazione a un caso di specie d'un principio oramai incontroverso per la Cassazione. Essa ha piü volte affermato che prima di pronuneia it la separazione per colpa di uno dei

coniugi occorre accertare se il comportamento di quest'ultimo non sia stato determinato dal contegno dell'altro coniuge (c. d.

indagine sul comportamento reeiproeo dei coniugi: da ult. Oass.

5 aprile n. 711 e 10 aprile n. 764 del 1961, Foro it., Rep. 1961, voce Separazione di coniugi, nn. 34, 35 ; 11 gennaio 1962, n. 24,

id., .Mass., 9) ; ma ha subito soggiunto che questo principio non

vale quando il comportamento del coniuge, ancorche abbia avuto

causa nel contegno dell'altro, e esso stesso trasgressione di pre cise norme di condotta alia cui osservanza il coniuge e tenuto

in ogni ca.so (v. le sentenze eitate in motivazione : Oass. 18

giugno 1960, n. 1617, id., Rep. 1960, voce cit., n. 40 ; 14 giugno

1958, n. 1927, id., Rep. 1958, voce cit., n. 19 ; 4 maggio 1955, n. 1242, id., Rep. 1955, voce cit., n. 23 ; 2 ottobre 1954, n.

3211, id., Rep. 1954, voce cit., n. 16). (2) Non constano precedenti editi.

bilire se il comportamento della moglie non giustificasse

quello del marito, il quale « avrebbe commesso il preteso adulterio dopo che la moglie gli aveva portato via quasi tutti i beni, dopo che aveva allacciato relazioni amorose

con piu persone, fra oui principalmente lo Zavan, e dopo che era addirittura espatriata all'estero, portando con so

le bambine contro il consenso del marito».

Nessuna di tali censure e fondata.

Non ö esatto, anzitutto, cbe le sentenze del Tribunale e della Corte di appello di Milano, rispettivamente in data 26 settembre 1955 e 26 marzo 1957, emesse nel precedente

giudizio promosso dalla Vanik, abbiano escluso la simula

zione delle vendito effettuate dal Robba in favore della

Biancbi. In quel giudizio la Vanik propose azione revoca

toria, non giä azione di simulazione, e la sua domanda

venne rigettata per difetto di prova circa 1 'eventus damni. A1 riguardo, lungi dal violare il giudicato costituito dalle

predette sentenze, la Corte di Trieste si o limit ala ad osser vare che «se e provato che la Corte di appello di Milano

respinse 1'azione revocatoria proinossa dalla Vanik per invalidare le vendite di cui sopra, e da rilevare, perõ, che

tale decisione fu presa per mancanza di prova doll eventus damni e, d'altro canto, e significativo che quelle vendite, il cui prezzo non fu sborsato alia presenza del notaio, av vennero proprio nel tempo in cui durava la relazione amorosa fra il venditore e la compratrice ». Ma non sono

queste le ragioni che la Corte di merito pose a base del suo convincimento circa 1'adulterio del Robba. Accertõ la

Corte, attraverso le varie deposizioni testimoniali, dili

gentemente valutate ed opportunamente coordinate, che

l'ing. Robba aveva coabitato con la Bianchi in un apparta mento sito in Via Ramazzini di Milano, « menando vita in comune per qualche tempo »; che insieme essi avevano fatto parecchi viaggi fuori Milano ; che avevano trascorso

qualche tempo a Venezia, in una villa al Lido di propriety dei coniugi Robba, dove avevano occupato «una stanza

che questi (i coniugi Robba) si erano riservata per se »; e che le figlie dei detti coniugi, infine, si erano lamentate con tale Gagliardini «percho il padre dedicava tutte le attenzioni alia concubina ». Sulla base di tali accertamenti, e dopo aver ampiamente confutato tutte le deduzioni del Robba circa 1'attendibilitä dei vari testimoni e circa la

rilevanza dei fatti da essi esposti, la Corte concluse nei

seguenti termini: « Tanto a Venezia quanto a Milano non

si tratto di un fatto amoroso isolato, ma di una relazione

di una certa continuity, la quale, nota rispettivamente ai portinai della casa di Milano e agli inquilini della villa

del Lido, costitui un'ingiuria grave per la Vanik, per le

ragioni svolte dal Tribunale, tra le quali, per quanto ri

guarda i fatti di Venezia, va ricordata la circostanza che

gli incontri amorosi avvennero proprio nella camera da letto delle parti in causa».

Tutti tali accertamenti, che, incidendo su questioni di fatto ed essendo sorretti da ineccepibile motivazione, non sono sindacabili in questa sede, dimostrano la inconsi

stenza delle prime tre censure formulate dal ricorrente, che non tengono alcun conto delle considerazioni svolte

nell'impugnata sentenza. Come giä, si 6 visto, infatti, la Corte di merito, oltre ad accertare l'adulterio del Robba sulla base degli elementi probatori ritualmente acquisiti al processo, ha anche accertato e dimostrato che la rela zione adulterina fu attuata in circostanze e con modal itä

tali da costituire ingiuria grave per la moglie, ai sensi

dell'art. 151 cod. civ. II principio di diritto invocato dal

ricorrente, secondo cui «per ingiuria grave occorre che la

relazione adulterina del marito si svolga nell'ambito della

residenza e delle conoscenze dei due coniugi», non 6 stato

mai affermato da questa Suprema corte. Comunque, anche

se quel principio fosse esatto, esso non sarebbe stato af

fatto violato dalla Corte di merito, la quale ha precisato che la relazione fra il Robba e la Bianchi, nota ai portieri della casa di Milano e agli inquilini della villa di Venezia, si svolse « anche nella camera da letto delle parti in causa », vale a dire nell'ambito della residenza (sia pure occasionale) e delle conoscenze dei coniugi Robba-Vanik.

Quanto all'ultima censura, con la quale il ricorrente

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1119 PARTE PRIMA 1120

si duole ohe aia stata ornessa la valutazione complessiva e comparativa del comportamento dell'uno e dell'altro

coniuge, basta richiamare la giurisprudenza di questa

Suprema corte (di cui alle sentenze 18 giugno 1960, n. 1617,

Foro it., Rep. 1960, voce Separazione di coniugi, n. 40 ; 11 giugno 1958, n. 1927, id., Rep. 1958, voce eit., n. 19 ; 4 maggio 1955, n. 1242, id., Rep. 1955, voce eit., n. 23 ; e 2 ottobre 1954, n. 3211, id., Rep. 1954, voce eit., n. 16), con le quali e stato ritenuto ehe, in tema di separazione

personale, il principio ehe il giudice deve procedere ad una

valutazione comparativa del reciproco comportamento dei

due coniugi, ai fine di stabilire se e fino a qual punto la

colpa dell'uno abbia potuto dar causa alla colpa dell'altro, si da attenuarla o da renderla addirittura irrilevante, non puõ essere inteso come principio assoluto e destinato

a valere in ogni caso ; esso trova un limite, e non e perciõ

applicabile, allorquando i fatti posti a base della domanda

di separazione integrino ipotesi di trasgressione a precise norme di condotta, alla cui osservanza ciascun coniuge e tenuto in ogni caso, anche se 1'altro coniuge sia incorso,

precedentemente o contemporaneamente, in identica o

piü grave violazione di precetti giuridici o morali. In altri

termini, limitando l'esame aU'unica ipotesi ehe qui interessa, e da escludere ehe la relazione adulterina del marito e la

conseguente violazione dell'obbligo di fedeltä, imposto dall'art. 143 cod. civ., possano trovare giustificazione nel

comportainente della moglie, ehe si sia resa anche essa

colpevole di adulterio o di altre gravi infrazioni ai doveri

giuridici e morali ehe il matrimonio impone ad entrambi

i coniugi. Nella specie, peraltro, a earico della moglie non risultano aecertati tutti gli addebiti ehe le muove

il ricorrente, ma solo l'adulterio con tale Zavan Rodolfo

e le ingiurie e le minacce in danno del marito.

Il primo motivo di ricorso, pertanto, e infondato e va

rigettato. Col secondo motivo si denunzia la falsa applicazione

dell'art. 148 cod. civ., in relazione all'art. 360, n. 3, eod.

proc. civ., per avere la Corte di appello condannato il

Robba a corrispondere alla Vanik la somma di lire 50.000

mensili, a titolo di mantenimento delle due figlie minori

Elena e Cristina Robba, nonostante ehe la Vanik, alla

quale le due bambine vennero affidate, avesse trasferito

le stesse in America contro la volontä del padre. Anche questo motivo e infondato, giaeche il fatto ehe

le due figlie minori siano state condotte in America senza

il consenso del padre puõ eventualmente influire sul prov vedimento di affidamento delle stesse alla madre (provvedi mento ehe puõ essere sempre modificato, a norma dell'art.

710 cod. proc. civ.), ma non puõ dispensare il padre dell'ob

bligo, sancito dall'art. 148 cod. civ., di concorrere al man

tenimento delle figlie in proporzione delle sue sostanze.

(Omissis) Per questi motivi, rigetta, ecc.

CORTE SÜPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione II civile; sentenza 17 febbraio 1962, n. 327 ; Pres. Caktjso P., Est. CoRduas, P. M. Pisano (conol.

conf.) ; Bianco (Avr. Trevisi) c. Bianco (Aw. D'Ono

peio).

(Oonferma Trib. Lecce 25 maggio 1960)

Nuova opera (deiitmcia di) c danno temulo — Prov

vedimenti urgenti, emanati iii iorma di scntenza — Inappellabilitä — Fattispecie (Cod. civ., art.

1171 ; cod. proo. civ., art. 279, 689).

Ii inappellabile, ancorche emanato in forma di sentenza, il

provvedimento con cui il pretore, ai quale b stato pro

posto ricorso per denimcia di nuova opera, rinvii la causa

per il merito al tribunale competente, dopo aver accer

tato la legittimazione attiva del ricorrente. (1)

La Corte, ecc. — Svolgimento del processo. — Bianco

Antonio, con ricorso in data 29 marzo 1959 diretto al Pre

tore di Campi Salentina, premesso che il fratello Pompi lio aveva iniziato in un proprio stabilimento in Campi la costruzione di una cisterna per deposito di vino, a di

stanza illegale rispetto al muro di un immobile di proprietä di esso ricorrente, proponeva denuncia di nuova opera, ai sensi dell'art. 1171 cod. civ., e chiedeva che, a norma

degli art. 689, 690 cod. proc. civ., fosse ordinata la sospen sione dell'opera iniziata.

II convenuto eccepiva : 1) che il fratello non era legit timato ad agire ai sensi dell'art. 1171 cod. civ., in quanto non era possessore dell'immobile, ma mero detent ore ;

2) clie l'azione di denuncia di nuova opera era improponi bile, giacche 1'Antonio, con il ricorso, aveva lamentato

la violazione dell'art. 889 cod. civ., relativo alle distanze

da osservarsi nella costruzione delle cisterne, pozzi, ecc., azione che e predisposta solo a tutela della proprietä e

non del possesso ; 3) che l'azione era anche inammissibile,

perche proposta quando la cisterna era stata giä ultimata ;

4) che, infine, qualora potessero superarsi le indicate

eccezioni, il Pretore doveva, dopo gli eventuali provvedi menti provvisori, rimettere la causa al Tribunale compe tente per valore.

II Pretore, con sentenza 25 marzo-17 aprile 1959, ri

(1) In generale, nel senso che i provvedimenti cautelari, quali quelli emessi a seguito di denunzia di nuova opera o di danno temuto, hanno carattere strumentale rispetto alia causa di merito, ossia in ordine al diritto del quale tendono ad assi curare la realizzazione in attesa che lo stesso venga accertato, onde, vista la loro funzione puramente interinale, essi possono essere modificati o revocati anche dallo stesso giudice che li ha

emessi, ma non possono costituire oggetto di impugnazione, essendo inidonei, stante la loro caratteristica di pronuncia prov visoria, a formare la cosa giudicata, cons. Cass. 24 aprile 1959, n. 1231, Foro it., Rep. 1950, voce Nuova opera, n. 24.

Per l'inappellabilita del provvedimento emesso dal pretore ai sensi dell'art. 691 cod. proc. civ., v. Cass. 15 ottobre 1957, n. 3828, id., Rep. 1957, voce eit., nn. 27-29, richiamata nella mo tivazione della presente sentenza ; Trib. Napoli 4 dicembre 1956, ibid., n. 35.

Nel senso che il provvedimento, con il quale il pretore, dopo aver definito, con decreto, la prima parte del procedimento cautelare di cui agli art. 689 e 690 cod. proc. civ., risolve defini tivamente il procedimento stesso, ha natura di ordinanza, qua le che sia la forma adottata ed anche se statuisce sulle spese, e come tale non e soggetto a gravame, v. Trib. acque Napoli 26 ottobre 1957, id., Rep. 1958, voce cit., n. 23.

Cass. 18 marzo 1955, n. 822, id., Rep. 1955, voce cit., n. 28, ha ritenuto che, qualora il pretore, in sede di denuncia di nuova

opera, unificando le due fasi, accomuni il procedimento cautelare a quello di merito e, insieme con i provvedimenti immediati, emetta statuizioni che esplicitamente o itnplicitamente risolvono

questioni di merito, la pronuncia del giudice, ancorche rivesta la forma di ordinanza, ha sostanza ed efficacia di sentenza per le statuizioni di merito che vi sono contenute ed e pertanto im

pugnabile nelle forme e nei termini previsti per l'impugnazione delle sentenze. Precedentemente, Trib. Napoli 12 aprile 1949, id., Rep. 1950, voce cit., n. 13, aveva ravvisato una vera e propria sentenza definitiva nel provvedimento emanato dal pretore dopo aver unificato le due fasi del procedimento di denuncia di danno temuto.

Per Tammissibilita del regolamento di competenza avverso l'ordinanza con cui il pretore, dopo aver confermato i provvedi menti immediati emessi in virtu dell'art. 689 cod. proc. civ., si dichiari incompetente a trattare la causa nel merito e definisca cosi il giudizio che e stato promosso innanzi a lui, v. Cass. 3 luglio 1946, n. 781, id., Rep. 1946, voce Sentenza civ., n. 39.

Le sentenze 10 gennaio 1959, n. 35 e 2 luglio 1960, n. 1744 della Cassazione, pure richiamate in motivazione, sono riassunte

rispettivamente nel Rep. 1959, voce Esecuzione forzata in genere, nn. 66, 67 e in questa rivista, 1960, I, 1084, con osservazione di A. Tabet.

Per qualche riferimento, a proposito della natura del giudizio di merito susseguente alia denuncia di nuova opera, v. infine Cass. 7 aprile 1961, n. 737, id., 1961, I, 748, con ampia nota re dazionale.

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