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Sezione I civile; sentenza 28 ottobre 1982, n. 5633; Pres. Sandulli, Est. Sensale, P. M. Pandolfelli...

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Sezione I civile; sentenza 28 ottobre 1982, n. 5633; Pres. Sandulli, Est. Sensale, P. M. Pandolfelli (concl. conf.); Soc. Artsana (Avv. Giorgianni, Parini) c. Soc. Chico (Avv. Giordani, Laterza, Contento). Cassa App. Bari 24 aprile 1980 Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 2 (FEBBRAIO 1983), pp. 377/378-381/382 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23174227 . Accessed: 28/06/2014 07:47 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 46.243.173.46 on Sat, 28 Jun 2014 07:47:47 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione I civile; sentenza 28 ottobre 1982, n. 5633; Pres. Sandulli, Est. Sensale, P. M. Pandolfelli(concl. conf.); Soc. Artsana (Avv. Giorgianni, Parini) c. Soc. Chico (Avv. Giordani, Laterza,Contento). Cassa App. Bari 24 aprile 1980Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 2 (FEBBRAIO 1983), pp. 377/378-381/382Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23174227 .

Accessed: 28/06/2014 07:47

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I civile; sentenza 28 otto

bre 1982, n. 5633; Pres. Sanduli.i, Est. Sensale, P. M. Pan

dolfelli (conci, conf.); Soc. Artsana (Avv. Giorgianni, Parini) c. Soc. Chico (Avv. Giordani, Laterza, Contento). Cassa App. Bari 24 aprile 1980.

Marchio — Marchio debole — Qualificazione — Criteri — Fattispe cie (Cod. civ., art. 2569; r. d. 21 giugno 1942 n. 929, testo delle

disposizioni legislative in materia di brevetti per marchi d'im

presa, art. 11, 17, 19).

Va cassata per difetto di motivazione la sentenza che abbia qua

lificato come debole il marchio « Chicco » in base alla sola con

siderazione che il marchio è costituito dal diminutivo del

nome Enrico, senza analizzare se il diminutivo Chicco possa essere riferito ad altri nomi di persona e se, di là del riferi mento ad un particolare nome di persona, costituisca un sem

plice vezzeggiativo connesso col tipo di produzione svolto dal

la società titolare del marchio. (1)

(1) La Cassazione interviene 'per metter ordine' in una singolare controversia che aveva avuto per oggetto, nei primi due gradi di giudi zio, la confondibilità tra il marchio « Chicco », utilizzato dalla soc. Artsana nel campo della produzione per l'infanzia, ed il marchio « Chico », adottato da un rivenditore di capi d'abbigliamento per bam bini. Il tribunale aveva escluso che potesse sorgere confusione per la netta differenza tra i segni, in relazione « alla composizione di lettere e parole, conseguente pronunzia, disegni e cromatismo », e — specifi camente — per l'assenza nel marchio «Chico» dell'« originale pun tino sulla i che ha funzione prevalente e discriminatoria nel marchio dell'Artsana » (cosi Trib. Bari 2 novembre 1978, Foro it., Rep. 1980, voce Marchio, n. 116, per esteso in Giur. dir. ind., 1978, 680, con nota critica). La corte d'appello, nel riprendere le considerazioni svolte dal

tribunale, aveva precisato come « la confondibilità era da escludere anche per la diversità dell'elemento concettuale » (ovverosia, Chicco è diminutivo che suscita il collegamento con l'ambiente dell'infanzia, mentre Chico non è diminutivo di alcun nome) giungendo per tale via a definire il marchio « Chicco » come debole — in quanto solo in

parte di fantasia — « si da rendere meno rigoroso il giudizio sulla

confondibilità, che anche una breve modifica od aggiunta era suffi ciente ad escludere ». I giudici di legittimità, con l'affermazione ripor tata in massima, hanno scartato l'indagine sulla confondibilità tra i

marchi, evidenziando l'antecedenza logica della qualificazione del mar chio rispetto ad ogni questione attinente alla confusione che si sareb be potuta ingenerare tra i segni distintivi.

Al di là della peculiarità del caso di specie, la decisione in epi grafe sembra allinearsi ad un consolidato orientamento giurispruden ziale che definisce debole il marchio descrittivo od espressivo (cfr., da

ultimo, Cass. 16 ottobre 1980, n. 5568, Foro it., 1981, I, 424) «in

ragione della sua attenuata idoneità individualizzante del prodotto merce-servizio »; espressività che può rilevare tanto sul piano ontolo

gico-strutturale (e sarà il caso dei marchi strettamente descrittivi) quan to sul piano funzionale, attraverso il collegamento con « i contenuti e

connotati qualificativi, le destinazioni particolari del prodotto che .. .

valgono ad individuare il prodotto stesso in relazione ad una catego ria di consumatori potenzialmente interessata alla fruizione del pro dotto » (in questi termini Cass. 28 aprile 1977, n. 1604, id., 1977, I, 1399, con nota di richiami, in margine alla qualificazione del mar chio « Playboy » come debole, per la correlazione tra segno distintivo e categoria di consumatori interessati al prodotto; e la stessa logica potrebbe valere per il caso di specie, a dispetto dell'affermazione del l'odierna pronuncia che individua nel vezzeggiativo Chicco, connesso col tipo di produzione svolto dalla società ricorrente, uno dei possi bili indici atti a consentire una qualificazione in termini di marchio

debole). Per ciò che attiene al giudizio sulla confondibilità tra marchi de

boli (profilo solo accennato dalla sentenza in epigrafe e demandato al l'esame del giudice di rinvio), l'orientamento della Cassazione è asse

stato nel ritenere sufficienti anche lievi modificazioni od aggiunte per escludere la confondibilità (cfr., oltre le sentenze citate in motivazione, Cass. 16 ottobre 1980, n. 5568, cit.; 19 dicembre 1978, n. 6081, id.,

Rep. 1979, voce cit., n. 28, a cui dire non sono confondibili tra loro

i marchi « San Giorgio » ed « Impermeabili San Giorgio »; 9 di

cembre 1977, n. 5334, id., 1978, I, 358, con nota di Pardolesi, che

ha escluso la confondibilità tra i marchi « Elle » ed « L » per la

preminenza, nel giudizio di valutazione globale degli elementi fonetici

e grafici, di quest'ultimo; 23 febbraio 1977, n. 802, id., 1977, I, 1141, con nota di Pardolesi, che ha ritenuto sufficiente ad escludere la con

fondibilità l'apposizione al marchio da altri utilizzato — Baby Parking — del nome e del cognome del titolare dell'attività di custodia di bam

bini contraddistinta dal marchio e dal nome della diversa città in

cui viene svolta); ma non mancano pronunce che precisano come « an

che i marchi deboli possono risultare confondìbili quando le varianti

fra essi esistenti non siano sufficienti ... ad assicurare un'adeguata differenziazione fra i due segni » (l'espressione è di Cass. 26 feb

braio 1979, n. 1257, id., Rep. 1979, voce cit., n. 24, nella motiva zione in Giur. it., 1979, I, 1, 1066, che ha ritenuto confondibili i mar

chi « Flotex » e « Filotex »). Una più netta divaricazione contraddistingue le posizioni della giu

risprudenza di merito; di fronte alle pronunce che seguono l'insegna

II Foro Italiano — 1983 — Parte 1-15.

Svolgimento del processo. — Con citazione del 31 gennaio 1977

la s.p.a. Artsana — premesso che da molti anni svolgeva l'attività

di produzione e vendita di un vasto assortimento di articoli per l'infanzia ed era titolare di numerosi marchi « Chicco », tra i

quali quelli registrati con brevetti nn. 165.807 - 167.783, entram

bi relativi anche ad articoli di vestiario — lamentava che la s.r.l.

« Chico », con sede in Bari, specializzata nella produzione e ven

dita di articoli di vestiario per bambini, utilizzava in funzione

di ditta, d'insegna e di marchio il segno distintivo « Chico » pres soché identico e quindi confondibile col marchio «Chicco». Ciò

premesso, conveniva la soc. Chico dinanzi al Tribunale di Bari, chiedendo che nel comportamento della convenuta fossero rico

nosciuti gli estremi della contraffazione dei suindicati marchi e

della concorrenza sleale.

La convenuta contestava la fondatezza della domanda, dedu

cendo che la propria attività commerciale era limitata alla ven

dita di capi di abbigliamento prevalentemente per bambini di età

superiore ai tre anni e per ciò non era del tutto identica a quella esercitata dalla società attrice; che sui predetti capi non aveva

mai impresso il marchio « Chico », ma solo quello della ditta pro

duttrice, e che il marchio da essa utilizzato non poteva, comun

que, ingenerare alcuna confusione con quello dell'attrice.

L'adito tribunale rigettava la domanda e tale decisione è stata

confermata, con la sentenza impugnata in questa sede, dalla

Corte d'appello di Bari in base alle seguenti considerazioni: a) il tribunale, mediante una valutazione globale dell'elemento gra fico e fonetico dei marchi in questione, aveva correttamente rite

nuto che gli elementi formali d'individuazione fossero diversi

sotto il profilo della composizione delle lettere e delle parole, della loro pronunzia, del disegno e del cromatismo, si che il

ricordo visivo e fonetico del marchio della soc. Artsana n. 167.783

non era confondibile con i segni dell'altro marchio e diversa

era l'impressione generale percepibile dal consumatore medio cui

il prodotto era destinato; b) la confondibilità era da escludere

anche per la diversità dell'elemento concettuale, in quanto « Chic

co » è il diminutivo del nome « Enrico », onde esso, sotto tale

profilo, era idoneo ad evocare il mondo dell'infanzia e a deter

minare una connessione concettuale con i prodotti cui il marchio

si riferiva, mentre la parola « Chico » nella lingua italiana non

ha alcun significato e non è, per ciò, idoneo a richiamare alla

mente lo stesso concetto; c) il marchio « Chicco », essendo solo

in parte di fantasia per essere costituito dal diminutivo del nome

di persona « Enrico », era un marchio « debole » si da rendere

meno rigoroso il giudizio sulla confondibilità, che anche una bre

ve modifica o aggiunta era sufficiente ad escludere; d) una mag

giore e più evidente diversità esisteva tra il marchio « Chicco »,

registrato con brevetto n. 165.807, e quello usato dalla soc. Chi

co, data l'assenza nel primo (formato dalla semplice parola « Chic

co » in lettere facilmente leggibili) di qualsiasi elemento grafico

figurativo che caratterizzava, invece, il secondo, nel quale era

raffigurato un pupazzo stilizzato con testa rotonda e bianca, il

corpo celeste e la parte inferiore nera, con al centro la parola « Chico » in lettere con preminente funzione di disegno, si da ren

dere quasi incomprensibile la parola stessa; e) la confondibilità

era da escludere, per le già rilevate diversità fonetiche e concet

tuali, anche nel caso in cui la soc. Chico avesse utilizzato il pro

prio marchio con caratteri normali, il che peraltro non risultava

essere già avvenuto; /) né era configurabile fra le due ditte, poi ché la parola « Chicco » non appariva nella denominazione so

ciale dell'Artsana e, per la impossibilità di confusione fra le

parole «Chicco» e «Chico», l'inclusione di quest'ultima nella

denominazione sociale dell'appellata non costituiva violazione del

diritto dell'Artsana all'uso esclusivo del proprio marchio.

mento dominante della Cassazione (v., per citare solo le più recenti, App. Roma 27 ottobre 1980, Giur. dir. ind., 1980, 626, che conferma

l'opinione di Trib. Roma 22 dicembre 1977, Foro it., Rep. 1980, voce

cit., n. 52, sulla non confondibilità tra i marchi « Bergamon » e « Bergasol »; App. Roma 28 gennaio 1980, Giur. dir. ind., 1980, 186), si pone una larga serie di decisioni che rivendicano, anche per i mar chi deboli, un'adeguata differenziazione tra i singoli segni, da raggiun gere mediante un più rigido giudizio sui caratteri che consentano di ritenere non confondibili i marchi {v., al riguardo, Trib. Milano 5 mag gio 1975, Foro it., Rep. 1976, voce cit., n. 34; 12 novembre 1970, id., Rep. 1972, voce Ditta, nn. 7-9; 16 maggio 1969, id., Rep. 1971, voce Marchio, n. 18; Trib. Bologna 13 novembre 1973, Giur. dir. ind., 1973, 415; e, più di recente, Trib. Milano 17 novembre 1980, id., 1980, I, 666, che ha ritenuto confondibili i marchi « Drelon » e « Trelon »).

In dottrina, per una ricognizione degli orientamenti dominanti sui

profili suaccennati, cfr., da ultimo, Mangini, Il marchio e gli altri se

gni distintivi, in Trattato di diritto commerciale, diretto da Galgano,

Padova, 1982, V, 265 ss.

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PARTE PRIMA

Contro tale sentenza la soc. Artsana ricorre per quattro mo

tivi. Resiste con controricorso la soc. Chico. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Motivi della decisione. — Con il primo motivo la società ri

corrente denunzia la violazione e falsa applicazione degli art. 1,

11, 17 e 19 r.d. 21 giugno 1942 n. 929, degli art. 2569 c.c. e 115, 2°

comma, c.p.c., in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., censuran

do la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto « debo le » il marchio « Chicco » n. 167.783, perché costituito dal di

minutivo del nome di persona « Enrico », cioè da una parola di

uso comune, desumendone un minore rigore nel giudizio di con

fondibilità, nel senso che, per farla escludere, basta anche una

lieve modifica o aggiunta; e nella parte in cui ha ritenuto diversi l'elemento fonetico e gli elementi grafici dei due marchi « Chic

co » e « Chico ».

Sostiene, per contro, la ricorrente che: a) « Chicco » può es

sere diminutivo di « Enrico », come potrebbe esserlo di altri no

mi di persona, come « Ludovico », « Alberico », « Teodorico », con i quali ha in comune unicamente la desinenza «ico», ma è

nozione di fatto di comune esperienza che per la stragrande mag

gioranza degli italiani « Chicco » non ha alcun significato ed è

parola di assoluta fantasia, onde la corte d'appello, nel giudicare « debole » il marchio « Chicco », avrebbe violato il 2° comma

dell'art. 115 c.p.c. e la norma che impone di tener conto della

intelligenza e della capacità distintiva media di consumatori e

di non tenere conto, invece, di eventuali differenze non percepi bili dall'acquirente medio; b) se « Chicco » fosse davvero dimi

nutivo di « Enrico », potrebbe esserlo anche « Chico », che ha,

anch'esso, in comune con « Enrico » le ultime tre lettere, si che la ritenuta differenza concettuale sarebbe, invece, un ulteriore

elemento di similarità, rientrando le due parole nel medesimo nucleo ideologico espresso; c) in ogni caso l'affermazione che il

diminutivo di un nome di persona, usato per distinguere articoli di abbigliamento per bambini, sia un marchio « debole » costi

tuirebbe manifesta violazione delle norme di diritto in materia

di marchi « forti » e marchi « deboli » ; d) in conseguenza sa

rebbe errata la conclusione tratta dalla corte d'appello sul mi

nore rigore del giudizio di confondibilità dei due marchi dal

punto di vista fonetico (nel senso che l'aggiunta di una lettera, « c », non sarebbe sufficiente ad escluderla in relazione a un mar

chio « forte », cioè dotato di un buon grado di fantasia), tinto

più che, con il progressivo diffondersi delle forme di pubblicità sonore, l'indagine della confondibilità dovrebbe operarsi soprat tutto in base all'effetto fonetico e acustico sul consumatore medio;

e) la confondibilità esisterebbe anche sotto l'aspetto grafico dei

due marchi (andamento grafico delle parole « Chicco » e « Chi

co » e dei disegni che l'accompagnano), essendo a tal fine suffi

ciente l'indagine anche di alcuni elementi soltanto di un marchio

complesso. Con il secondo motivo la società ricorrente denuncia la viola

zione e falsa applicazione degli stessi articoli sotto altro profilo, censurando la sentenza impugnata per avere formulato, con rife rimento al marchio dell'* Artsana » n. 165.807, l'erroneo princi pio che un marchio costituito in speciale grafia (« Chicco ») e un marchio costituito da una parola in particolare grafia con

l'aggiunta di un elemento figurativo (pupazzo stilizzato) bono

maggiormente diversi fra loro di quanto lo siano quest'ultimo ed un marchio complesso, che, oltre a quella parola in speciale grafia (« Chicco »), comprenda altri elementi figurativi; e pei avere omesso di considerare che — essendo la funzione indivi dualizzante del marchio della « Chico s.r.l. » affidata quasi to talmente alla parola « Chico » e poco o nulla alla figura del bambino — l'elemento forte e individualizzante del marchio del la « Chico » è proprio quello che essa ha contraffatto del marchio « Chicco » dell'« Artsana ».

Con il terzo motivo la società ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione degli art. 1, 11 e 17 r.d. 21 giugno 1942 n.

929, 2569 e 2598 c.c., in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., censurando la sentenza nella parte in cui ha negato che il fatto di essere la parola « Chico » il cuore della ragione sociale della

«Chico s.r.l.», scritta in stampatello maiuscolo o minuscolo

nell'elenco telefonico di Bari, costituiva violazione del diritto del l'» Artsana » all'uso esclusivo del marchio « Chicco ».

Con il quarto motivo, infine, la società ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione dell'art. 2598 c.c., in relazione

all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., censurando la sentenza impugnata

perché, contestata la violazione di diritto dell'« Artsana » all'uso

esclusivo dei suoi marchi, avrebbe dovuto condannare la soc.

Chico per atti di concorrenza sleale.

Il ricorso è fondato. La sentenza impugnata è incorsa, innan

zitutto, nell'errore d'impostazione di avere prima operato il con fronto tra i marchi in questione e di avere poi ritenuto debole il

marchio « Chicco » con argomenti cui ha attribuito un significa to secondario e meramente rafforzativo del giudizio, già espres so, di non confondibilità dei marchi. £, invece, evidente che la

qualificazione del marchio di cui si invocava la tutela, come « de

bole » o «forte», costituiva il prius della indagine devoluta al

giudice del merito e che, rispetto a tale qualificazione, il giudi zio sulla confondibilità (che dev'essere improntato a maggiore o a minore rigore, a seconda che si tratti di marchio forte o di

marchio debole) costituiva il posterius. E l'errore d'impostazio

ne, su cui si basa la sentenza impugnata, ha conseguentemente fi

nito col viziarne il giudizio sulla confondibilità.

Ciò premesso, è noto che la categoria dei marchi deboli non

coincide esattamente con quella dei marchi semplicemente de

scrittivi dei prodotti o indicativi della loro natura, ma si esten

de alle parole del linguaggio comune o divenute comuni nel lin

guaggio commerciale, alle espressioni o anche ai nomi e ai per

sonaggi che hanno assunto un significato designativo comune e

non individualizzato, cosi che, a causa dell'attenuata idoneità

individualizzante del marchio debole, anche lievi modificazioni

o aggiunte devono ritenersi sufficienti a escludere la confondibi

lità (sent. 1604/77, Foro it., 1977, I, 1399; 4839/78, id., Rep. 1980, voce Marchio, n. 112; 6081/78, id., Rep. 1979, voce cit., n. 28).

La corte d'appello ha considerato debole il marchio « Chicco », muovendo dalla considerazione che esso utilizza una parola che costituisce il diminutivo del nome « Enrico », ed ha tratto

tale convincimento dalla indicazione di tale diminutivo a pagina 45 della « Guida pediatrica » della società « Artsana ».

Tale giudizio non appare, sul piano logico, ineccepibile, poiché la corte d'appello, da un lato, non si è chiesta se la parola « Chicco », riferita al nome di persona « Enrico », ne sia l'unico

o il più diffuso diminutivo e se anche alla parola « Chico » non

possa riconoscersi una derivazione dallo stesso nome, posto che

il riferimento della parola « Chicco » al nome « Enrico » si basa

sulla desinenza « ico », la quale è comune anche alla parola « Chi

co », e che la differenza grafica e fonetica tra le due parole è

costituita dall'aggiunta di una lettera; e se, comunque, lo stesso

diminutivo non possa collegarsi ad altri nomi di persona aventi

la stessa desinenza.

Né si è chiesto se la parola « Chicco», inclusa nei marchi del

la soc. « Artsana », per avventura non abbia costituito, inizial

mente, soltanto un vezzeggiativo senza nessun preciso riferimen

to a un nome determinato (cosi come avrebbe potuto costituirlo

anche la parola « Chico »), in relazione alla produzione della soc.

« Artsana » riservata alla prima infanzia (cosi come a questa è

riservata la produzione, da parte della soc. « Chico », di capi di

abbigliamento destinati ai bambini di età inferiore ai due anni), ed abbia acquistato successivamente la funzione di diminutivo

del nome « Enrico », a causa della notevole diffusione dei pro dotti « Chicco » riservati all'infanzia.

Tale indagine sarebbe stata necessaria (e non ve n'è traccia nella sentenza impugnata) anche al fine di accertare se il dimi

nutivo « Chicco » abbia la stessa diffusione, con uguale riferi

mento ad un medesimo nome di persona, in tutti i settori dei

consumatori, che pure si diversificano socialmente e localmente, in modo da essere facilmente percepibile come tale presso una diffusa e indefinita categoria di destinatari del prodotto; ovvero tale diffusione sia cosi limitata da conservare alla parola « Chic

co » un prevalente, se non esclusivo, significato di fantasia e la

più accentuata idoneità individualizzante, che può avere assunto

in concreto con riferimento alla produzione della soc. « Artsana ».

Essendo mancate tali indagini, è evidente la insufficienza e

la fragilità degli argomenti utilizzati dalla corte d'appello per

pervenire ad una qualificazione del marchio « Chicco » come

marchio debole: argomenti ai quali nessun rilevante contributo

fornisce la circostanza che la parola « Chicco » sia indicata co

me diminutivo di « Enrico » nella « Guida pediatrica » della soc.

« Artsana », sia perché tale indicazione potrebbe anche ritenersi

volutamente derivata proprio dal marchio « Chicco » (e non il

contrario), sia perché non è assolutamente certo che essa giunga in ogni caso a conoscenza del comune consumatore, che si accin

ga ad acquistare i prodotti « Chicco » o che ne legga o ne ascolti

la pubblicità e che verosimilmente non procede alla previa con

sultazione della « Guida pediatrica » della soc. « Artsana » e, in

particolare, della p. 45 nella quale tale indicazione è riportata. Se la qualificazione del marchio « Chicco » come marchio de

bole non regge nei termini in cui la corte d'appello vi ha proce duto (onde si rende necessario, sul punto, un nuovo accertamen

to di merito), cade, conseguentemente, il giudizio negativo di

confondibilità, espresso dalla corte d'appello con riguardo a en

trambi i marchi « Chicco » di cui si discute.

È di tutta evidenza, infatti, che nel più rigoroso giudizio che la qualificazione del marchio come forte potrebbe1* eventualmente

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

imporre, pur in una considerazione globale dei marchi in que stione, le lievi differenze grafiche, fonetiche e concettuali che li

caratterizzano e che la stessa corte d'appello non ha esitato a

definire « sfumature », potrebbero non avere quella idoneità di

stintiva, che nella sentenza impugnata è riconosciuta. In parti

colare, occorrerà chiedersi quale rilevanza potrebbe avere, nei

confronti di un pubblico di media attenzione e cultura, la diffe

renza grafica dei due marchi (fondata sull'aggiunta di una sola

lettera nel marchio « Chicco » rispetto al marchio « Chico ») e,

quanto all'elemento fonetico, quale evidenza potrebbe assumere

tale analoga differenza presso un pubblico, che, secondo gli influssi

dialettali che la pronunzia subisce, è variamente portato ad atte

nuare il raddoppio delle consonanti o ad accentuare la pronuncia di singole consonanti.

Tali considerazioni, quindi, impongono anche il riesame della

confondibilità con riguardo sia al marchio « Chicco » n. 157.783, sia al marchio n. 165.807, rimanendo assorbito ogni altro rilievo

formulato nei primi due motivi del ricorso.

Quanto al punto della sentenza impugnata, investito con il

terzo motivo, si osserva che la corte d'appello, se ha ragionevol mente escluso che fra le ragioni sociali « Artsana » e « Chico »

potesse nascere confusione (esaminando, peraltro, un punto ma

nifestamente irrilevante della questione), non si è, tuttavia, posto il problema della legittimità dell'uso, come marchio, da parte della soc. « Chico », della propria ragione sociale in relazione

ai marchi della soc. « Artsana ».

L'art. 13 del testo delle disposizioni legislative in materia di

brevetti per marchi d'impresa (r. d. 21 giugno 1942 n. 929) sta

bilisce, fra l'altro, che coloro ai quali spetta il diritto alla ditta

hanno anche la facoltà esclusiva di farne uso come marchio, ma

che, quando essa sia costituita dallo stesso nome, ditta, sigla o

insegna usati da altri in un marchio anteriore per prodotti o

merci dello stesso genere, dev'essere accompagnata da elementi

idonei a differenziarla.

Alla stregua di tale norma, questa corte ha già statuito che la

facoltà di far uso della ditta come marchio non comporta deroga al principio in base al quale la contraffazione dei marchi è con

figurabile fra prodotti confondibili (v. sent. 659/78, id., Rep. 1978, voce cit., n. 76), si' che, anche in ordine a questo punto, la que stione deve esaminarsi sotto il profilo, ignorato nella sentenza

impugnata, della confondibilità della ditta, « Chico » in quanto usata come marchio, con il marchio anteriore « Chicco » utilizza

to dalla soc. « Artsana » e della confondibilità dei prodotti del

l'una o dell'altra impresa fra loro concorrenti.

Ciò che la società ricorrente deduce con il quarto motivo do

vrà, conseguentemente, essere oggetto di riesame al fine di accer

tare se l'uso del marchio « Chico » sia idoneo a determinare con

fusione con il marchio « Chicco » e concorrenza sleale nella pre visione dell'art. 2598 c. c., con l'eventuale applicazione delle cor

relate sanzioni.

Pertanto, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata dev'essere cassata con rinvio per nuovo esame alla Corte d'appello di Lecce. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I civile; sentenza 20 ottobre

1982, n. 5460; Pres. U. Miele, Est. Scanzano, P.M. Ferraiuo

lo (conci, parz. diff.); Schubert & Salzer A. G. (Avv. Castana,

Franceschelli) c. Friedrich Krupp GmbH (Avv. Pedullà, Sot

triffer), Spindelfabrick Susses, Schurr, Stahlecker & Grill

GmbH (Avv. Pedullà, Pellegrino), S.K.F. Kugellagerfabriken

GmbH, Zinser Textil Maschinen GmbH, Barber Coiman Com

pany Machinery, Proc. gen. App. Milano. Cassa App. Milano 18

maggio 1979.

Brevetti per invenzioni industriali — Istanza di descrizione —

Legittimazione — Limiti (R.d. 29 giugno 1939 n. 1127, testo

delle disposizioni legislative in materia di brevetti per inven

zioni industriali, art. 4, 81, 83 bis, 84; d. p. r. 22 giugno 1979

n. 338, revisione della legislazione nazionale in materia di bre

vetti, in applicazione della delega di cui alla 1. 26 maggio 1978

n. 260, art. 4, 35).

Brevetti per invenzioni industriali — Istanza di descrizione —

Esibizione del titolo brevettuale nel giudizio di merito — Am

missibilità (R.d. 29 giugno 1939 n. 1127, art. 81, 84).

La legittimazione a proporre istanza di descrizione di prodotti

esposti in fiera ai sensi dell'art. 84 r.d. 1127/1939 spetta solo al

titolare dei diritti di brevetto, e non anche a chi abbia pre

sentato domanda per ottenere il relativo diritto di bre

vetto. (1) La titolarità dei diritti di brevetto richiesta per l'accoglimento del

l'istanza di descrizione non deve essere necessariamente pro vata dinanzi al giudice competente per la concessione del detto

provvedimento, potendo essere prodotta dinanzi al giudice di

merito, in sede di verifica della legittimità formale e sostan

ziale del provvedimento d'urgenza. (2)

Svolgimento del processo. — La Schubert e Salzer A.G. con

sede a Ingolstadt (Germania federale), assumendo che alcune

macchine tessili provenienti dalla repubblica federale tedesca e

dagli Stati Uniti di America esposte in una manifestazione fieri

stica costituivano contraffazione di alcuni suoi brevetti italiani, chiese al presidente del Tribunale di Milano, ai sensi dell'art. 81

r. d. 29 giugno 1939 n. 1127, ed ottenne in data 3 ottobre 1975, autorizzazione alla descrizione delle macchine stesse nei confronti dei rispettivi espositori, cioè le società Krupp Friedrich GmbH,

(1) Nello stesso senso si erano già pronunciati Trib. Milano 21 no vembre 1977, Foro it., Rep. 1978, voce Brevetti per invenzioni indu striali, nn. 88, 89, in extenso in Riv. dir. ind., 1978, ili, 39, con nota di Cartella ed App. Milano 18 maggio 1979, Foro it., Rep. 1981, voce cit., n. 62, per esteso in Riv. dir. ind., 1980, II, 140, con nota di Cartella, entrambe rese nel corso del presente giudizio; nonché, Trib. Monza 31 maggio 1974, Giur. dir. ind., 1974, 790 (v. però, in senso contrario, la decisione dello stesso collegio in data 5 aprile 1975, id., 1975, 331); ma l'odierna affermazione della Cassazione assume note vole importanza in quanto respinge la possibilità — delineata dal ri corrente — di ammettere il provvedimento di descrizione in base alla sola presentazione della domanda di brevetto, in relazione alla nuova disciplina introdotta dal d. p. r. 338/1979. La corte, infatti, ha preci sato che il nuovo testo legislativo « ricollega la legittimazione alla istanza di descrizione alla presentazione di una domanda di brevetto

pubblicata », ovverosia resa accessibile al pubblico o notificata (e co munque, soggiunge la corte, non si sarebbe potuta applicare la nuova

disciplina al caso di specie « senza obliterare il principio secondo cui lo ius superveniens non può applicarsi ad attività processuali esaurite »); sul raccordo tra il r. d. 1127/1939 e la novella del 1979 cfr., in dot

trina, Floridia, I brevetti per invenzione e per modello. Codice della

riforma nazionale (d. p. r. 22 giugno 1979 n. 338), Milano, 1980.

In riferimento alla posizione dei soggetti che possono solo vantare la presentazione di una domanda diretta ad ottenere il diritto di bre

vetto, va segnalato l'orientamento giurisprudenziale che ammette la tu telabilità dei diritti di brevetto ex art. 700 c. p. c. in conseguenza del

l'impossibilità di esperire il provvedimento cautelare tipico previsto dall'art. 81 1. inv.: cfr. iPret. Montebelluna 8 aprile 1979, e 9 luglio 1979, Foro it., Rep. 1981, voce Provvedimenti d'urgenza, nn. 211, 215; Pret. Biella 10 aprile 1974, Giur. dir. ind., 1974, 605; 'Pret. Milano 14 feb braio 1969, Foro it., Rep. 1972, voce cit., n. 47; per ulteriori riferi

menti v. (Aiello, Giacobbe) Preden, Guida ai provvedimenti d'ur

genza. Orientamenti e prassi della giurisprudenza in tema di art. 700

c p. c., Milano, 1982, 229 s. Non è invece ammissibile, quando risulti l'improponibilità del ri

corso ex art. 81, 84 1. inv., l'accertamento tecnico preventivo ex art. 696, 697 del codice di rito, posto che «la descrizione ex art. 81 1. inv. e l'accertamento tecnico ex art. 696-697 c. p. c. hanno identico conte nuto di accertamento e identiche modalità tecniche di attuazione »:

cosi, di recente, Trib. Milano 15 settembre 1977, Foro it., Rep. 1980, voce Brevetti per invenzioni industriali, nn. 130, 131; 7 giugno 1977, id., Rep. 1978, voce Istruzione preventiva, n. 4, per esteso in Riv. dir.

ind., 1978, II, 57, con nota di Tarchini.

(2) Escamotage dei giudici di legittimità per consentire al titolare dei diritti di brevetto di usufruire del provvedimento di descrizione mediante la produzione

' tardiva ' dei documenti necessari all'accogli mento del provvedimento. Nel caso di specie, la ricorrente non aveva

prodotto, dinanzi al tribunale competente ad emettere l'autorizzazione

per la descrizione, i brevetti conseguiti nei paesi d'origine relativi ai

prodotti esposti, come richiesto dal 2° comma dell'art. 84 1. inv.; e

la corte d'appello non aveva ammesso la produzione dei detti bre

vetti nel giudizio di merito, ritenendo insufficiente « la loro tardiva

produzione nel giudizio d'appello a sanare la nullità della descri

zione autorizzata ed eseguita ». La Cassazione, puntando sulla natura ' urgente

' del provvedimento di descrizione — che viene concesso

« sulla base di quegli accertamenti che sono tipici dei procedimenti

d'urgenza e che siano ritenuti idonei dal giudice a determinare il con

vincimento circa l'esistenza del fumus boni iuris » —, ha ritenuto di

ampliare (nel tempo) le facoltà probatorie di cui richiede la descri

zione dei prodotti esposti in fiera. Per qualche riferimento sulla tendenza giurisprudenziale ad accordare

tutela sostitutiva a chi non possa utilizzare le cautele tipiche previste dalla legge, cfr. Trib. Milano 5 luglio 1979, Foro it., Rep. 1981, voce Brevetti per invenzioni industriali, n. 61, a cui dire — quando non

può essere concessa descrizione giudiziale per la mancanza della

prova circa la titolarità del brevetto straniero — « il titolare del bre vetto nazionale può .. . fornire con altri mezzi nel corso della causa la prova della riconducibilità dell'oggetto esposto nel campo di pro tezione del brevetto ».

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