Sezione I civile; sentenza 28 ottobre 1982, n. 5633; Pres. Sandulli, Est. Sensale, P. M. Pandolfelli(concl. conf.); Soc. Artsana (Avv. Giorgianni, Parini) c. Soc. Chico (Avv. Giordani, Laterza,Contento). Cassa App. Bari 24 aprile 1980Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 2 (FEBBRAIO 1983), pp. 377/378-381/382Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23174227 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I civile; sentenza 28 otto
bre 1982, n. 5633; Pres. Sanduli.i, Est. Sensale, P. M. Pan
dolfelli (conci, conf.); Soc. Artsana (Avv. Giorgianni, Parini) c. Soc. Chico (Avv. Giordani, Laterza, Contento). Cassa App. Bari 24 aprile 1980.
Marchio — Marchio debole — Qualificazione — Criteri — Fattispe cie (Cod. civ., art. 2569; r. d. 21 giugno 1942 n. 929, testo delle
disposizioni legislative in materia di brevetti per marchi d'im
presa, art. 11, 17, 19).
Va cassata per difetto di motivazione la sentenza che abbia qua
lificato come debole il marchio « Chicco » in base alla sola con
siderazione che il marchio è costituito dal diminutivo del
nome Enrico, senza analizzare se il diminutivo Chicco possa essere riferito ad altri nomi di persona e se, di là del riferi mento ad un particolare nome di persona, costituisca un sem
plice vezzeggiativo connesso col tipo di produzione svolto dal
la società titolare del marchio. (1)
(1) La Cassazione interviene 'per metter ordine' in una singolare controversia che aveva avuto per oggetto, nei primi due gradi di giudi zio, la confondibilità tra il marchio « Chicco », utilizzato dalla soc. Artsana nel campo della produzione per l'infanzia, ed il marchio « Chico », adottato da un rivenditore di capi d'abbigliamento per bam bini. Il tribunale aveva escluso che potesse sorgere confusione per la netta differenza tra i segni, in relazione « alla composizione di lettere e parole, conseguente pronunzia, disegni e cromatismo », e — specifi camente — per l'assenza nel marchio «Chico» dell'« originale pun tino sulla i che ha funzione prevalente e discriminatoria nel marchio dell'Artsana » (cosi Trib. Bari 2 novembre 1978, Foro it., Rep. 1980, voce Marchio, n. 116, per esteso in Giur. dir. ind., 1978, 680, con nota critica). La corte d'appello, nel riprendere le considerazioni svolte dal
tribunale, aveva precisato come « la confondibilità era da escludere anche per la diversità dell'elemento concettuale » (ovverosia, Chicco è diminutivo che suscita il collegamento con l'ambiente dell'infanzia, mentre Chico non è diminutivo di alcun nome) giungendo per tale via a definire il marchio « Chicco » come debole — in quanto solo in
parte di fantasia — « si da rendere meno rigoroso il giudizio sulla
confondibilità, che anche una breve modifica od aggiunta era suffi ciente ad escludere ». I giudici di legittimità, con l'affermazione ripor tata in massima, hanno scartato l'indagine sulla confondibilità tra i
marchi, evidenziando l'antecedenza logica della qualificazione del mar chio rispetto ad ogni questione attinente alla confusione che si sareb be potuta ingenerare tra i segni distintivi.
Al di là della peculiarità del caso di specie, la decisione in epi grafe sembra allinearsi ad un consolidato orientamento giurispruden ziale che definisce debole il marchio descrittivo od espressivo (cfr., da
ultimo, Cass. 16 ottobre 1980, n. 5568, Foro it., 1981, I, 424) «in
ragione della sua attenuata idoneità individualizzante del prodotto merce-servizio »; espressività che può rilevare tanto sul piano ontolo
gico-strutturale (e sarà il caso dei marchi strettamente descrittivi) quan to sul piano funzionale, attraverso il collegamento con « i contenuti e
connotati qualificativi, le destinazioni particolari del prodotto che .. .
valgono ad individuare il prodotto stesso in relazione ad una catego ria di consumatori potenzialmente interessata alla fruizione del pro dotto » (in questi termini Cass. 28 aprile 1977, n. 1604, id., 1977, I, 1399, con nota di richiami, in margine alla qualificazione del mar chio « Playboy » come debole, per la correlazione tra segno distintivo e categoria di consumatori interessati al prodotto; e la stessa logica potrebbe valere per il caso di specie, a dispetto dell'affermazione del l'odierna pronuncia che individua nel vezzeggiativo Chicco, connesso col tipo di produzione svolto dalla società ricorrente, uno dei possi bili indici atti a consentire una qualificazione in termini di marchio
debole). Per ciò che attiene al giudizio sulla confondibilità tra marchi de
boli (profilo solo accennato dalla sentenza in epigrafe e demandato al l'esame del giudice di rinvio), l'orientamento della Cassazione è asse
stato nel ritenere sufficienti anche lievi modificazioni od aggiunte per escludere la confondibilità (cfr., oltre le sentenze citate in motivazione, Cass. 16 ottobre 1980, n. 5568, cit.; 19 dicembre 1978, n. 6081, id.,
Rep. 1979, voce cit., n. 28, a cui dire non sono confondibili tra loro
i marchi « San Giorgio » ed « Impermeabili San Giorgio »; 9 di
cembre 1977, n. 5334, id., 1978, I, 358, con nota di Pardolesi, che
ha escluso la confondibilità tra i marchi « Elle » ed « L » per la
preminenza, nel giudizio di valutazione globale degli elementi fonetici
e grafici, di quest'ultimo; 23 febbraio 1977, n. 802, id., 1977, I, 1141, con nota di Pardolesi, che ha ritenuto sufficiente ad escludere la con
fondibilità l'apposizione al marchio da altri utilizzato — Baby Parking — del nome e del cognome del titolare dell'attività di custodia di bam
bini contraddistinta dal marchio e dal nome della diversa città in
cui viene svolta); ma non mancano pronunce che precisano come « an
che i marchi deboli possono risultare confondìbili quando le varianti
fra essi esistenti non siano sufficienti ... ad assicurare un'adeguata differenziazione fra i due segni » (l'espressione è di Cass. 26 feb
braio 1979, n. 1257, id., Rep. 1979, voce cit., n. 24, nella motiva zione in Giur. it., 1979, I, 1, 1066, che ha ritenuto confondibili i mar
chi « Flotex » e « Filotex »). Una più netta divaricazione contraddistingue le posizioni della giu
risprudenza di merito; di fronte alle pronunce che seguono l'insegna
II Foro Italiano — 1983 — Parte 1-15.
Svolgimento del processo. — Con citazione del 31 gennaio 1977
la s.p.a. Artsana — premesso che da molti anni svolgeva l'attività
di produzione e vendita di un vasto assortimento di articoli per l'infanzia ed era titolare di numerosi marchi « Chicco », tra i
quali quelli registrati con brevetti nn. 165.807 - 167.783, entram
bi relativi anche ad articoli di vestiario — lamentava che la s.r.l.
« Chico », con sede in Bari, specializzata nella produzione e ven
dita di articoli di vestiario per bambini, utilizzava in funzione
di ditta, d'insegna e di marchio il segno distintivo « Chico » pres soché identico e quindi confondibile col marchio «Chicco». Ciò
premesso, conveniva la soc. Chico dinanzi al Tribunale di Bari, chiedendo che nel comportamento della convenuta fossero rico
nosciuti gli estremi della contraffazione dei suindicati marchi e
della concorrenza sleale.
La convenuta contestava la fondatezza della domanda, dedu
cendo che la propria attività commerciale era limitata alla ven
dita di capi di abbigliamento prevalentemente per bambini di età
superiore ai tre anni e per ciò non era del tutto identica a quella esercitata dalla società attrice; che sui predetti capi non aveva
mai impresso il marchio « Chico », ma solo quello della ditta pro
duttrice, e che il marchio da essa utilizzato non poteva, comun
que, ingenerare alcuna confusione con quello dell'attrice.
L'adito tribunale rigettava la domanda e tale decisione è stata
confermata, con la sentenza impugnata in questa sede, dalla
Corte d'appello di Bari in base alle seguenti considerazioni: a) il tribunale, mediante una valutazione globale dell'elemento gra fico e fonetico dei marchi in questione, aveva correttamente rite
nuto che gli elementi formali d'individuazione fossero diversi
sotto il profilo della composizione delle lettere e delle parole, della loro pronunzia, del disegno e del cromatismo, si che il
ricordo visivo e fonetico del marchio della soc. Artsana n. 167.783
non era confondibile con i segni dell'altro marchio e diversa
era l'impressione generale percepibile dal consumatore medio cui
il prodotto era destinato; b) la confondibilità era da escludere
anche per la diversità dell'elemento concettuale, in quanto « Chic
co » è il diminutivo del nome « Enrico », onde esso, sotto tale
profilo, era idoneo ad evocare il mondo dell'infanzia e a deter
minare una connessione concettuale con i prodotti cui il marchio
si riferiva, mentre la parola « Chico » nella lingua italiana non
ha alcun significato e non è, per ciò, idoneo a richiamare alla
mente lo stesso concetto; c) il marchio « Chicco », essendo solo
in parte di fantasia per essere costituito dal diminutivo del nome
di persona « Enrico », era un marchio « debole » si da rendere
meno rigoroso il giudizio sulla confondibilità, che anche una bre
ve modifica o aggiunta era sufficiente ad escludere; d) una mag
giore e più evidente diversità esisteva tra il marchio « Chicco »,
registrato con brevetto n. 165.807, e quello usato dalla soc. Chi
co, data l'assenza nel primo (formato dalla semplice parola « Chic
co » in lettere facilmente leggibili) di qualsiasi elemento grafico
figurativo che caratterizzava, invece, il secondo, nel quale era
raffigurato un pupazzo stilizzato con testa rotonda e bianca, il
corpo celeste e la parte inferiore nera, con al centro la parola « Chico » in lettere con preminente funzione di disegno, si da ren
dere quasi incomprensibile la parola stessa; e) la confondibilità
era da escludere, per le già rilevate diversità fonetiche e concet
tuali, anche nel caso in cui la soc. Chico avesse utilizzato il pro
prio marchio con caratteri normali, il che peraltro non risultava
essere già avvenuto; /) né era configurabile fra le due ditte, poi ché la parola « Chicco » non appariva nella denominazione so
ciale dell'Artsana e, per la impossibilità di confusione fra le
parole «Chicco» e «Chico», l'inclusione di quest'ultima nella
denominazione sociale dell'appellata non costituiva violazione del
diritto dell'Artsana all'uso esclusivo del proprio marchio.
mento dominante della Cassazione (v., per citare solo le più recenti, App. Roma 27 ottobre 1980, Giur. dir. ind., 1980, 626, che conferma
l'opinione di Trib. Roma 22 dicembre 1977, Foro it., Rep. 1980, voce
cit., n. 52, sulla non confondibilità tra i marchi « Bergamon » e « Bergasol »; App. Roma 28 gennaio 1980, Giur. dir. ind., 1980, 186), si pone una larga serie di decisioni che rivendicano, anche per i mar chi deboli, un'adeguata differenziazione tra i singoli segni, da raggiun gere mediante un più rigido giudizio sui caratteri che consentano di ritenere non confondibili i marchi {v., al riguardo, Trib. Milano 5 mag gio 1975, Foro it., Rep. 1976, voce cit., n. 34; 12 novembre 1970, id., Rep. 1972, voce Ditta, nn. 7-9; 16 maggio 1969, id., Rep. 1971, voce Marchio, n. 18; Trib. Bologna 13 novembre 1973, Giur. dir. ind., 1973, 415; e, più di recente, Trib. Milano 17 novembre 1980, id., 1980, I, 666, che ha ritenuto confondibili i marchi « Drelon » e « Trelon »).
In dottrina, per una ricognizione degli orientamenti dominanti sui
profili suaccennati, cfr., da ultimo, Mangini, Il marchio e gli altri se
gni distintivi, in Trattato di diritto commerciale, diretto da Galgano,
Padova, 1982, V, 265 ss.
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PARTE PRIMA
Contro tale sentenza la soc. Artsana ricorre per quattro mo
tivi. Resiste con controricorso la soc. Chico. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Motivi della decisione. — Con il primo motivo la società ri
corrente denunzia la violazione e falsa applicazione degli art. 1,
11, 17 e 19 r.d. 21 giugno 1942 n. 929, degli art. 2569 c.c. e 115, 2°
comma, c.p.c., in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., censuran
do la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto « debo le » il marchio « Chicco » n. 167.783, perché costituito dal di
minutivo del nome di persona « Enrico », cioè da una parola di
uso comune, desumendone un minore rigore nel giudizio di con
fondibilità, nel senso che, per farla escludere, basta anche una
lieve modifica o aggiunta; e nella parte in cui ha ritenuto diversi l'elemento fonetico e gli elementi grafici dei due marchi « Chic
co » e « Chico ».
Sostiene, per contro, la ricorrente che: a) « Chicco » può es
sere diminutivo di « Enrico », come potrebbe esserlo di altri no
mi di persona, come « Ludovico », « Alberico », « Teodorico », con i quali ha in comune unicamente la desinenza «ico», ma è
nozione di fatto di comune esperienza che per la stragrande mag
gioranza degli italiani « Chicco » non ha alcun significato ed è
parola di assoluta fantasia, onde la corte d'appello, nel giudicare « debole » il marchio « Chicco », avrebbe violato il 2° comma
dell'art. 115 c.p.c. e la norma che impone di tener conto della
intelligenza e della capacità distintiva media di consumatori e
di non tenere conto, invece, di eventuali differenze non percepi bili dall'acquirente medio; b) se « Chicco » fosse davvero dimi
nutivo di « Enrico », potrebbe esserlo anche « Chico », che ha,
anch'esso, in comune con « Enrico » le ultime tre lettere, si che la ritenuta differenza concettuale sarebbe, invece, un ulteriore
elemento di similarità, rientrando le due parole nel medesimo nucleo ideologico espresso; c) in ogni caso l'affermazione che il
diminutivo di un nome di persona, usato per distinguere articoli di abbigliamento per bambini, sia un marchio « debole » costi
tuirebbe manifesta violazione delle norme di diritto in materia
di marchi « forti » e marchi « deboli » ; d) in conseguenza sa
rebbe errata la conclusione tratta dalla corte d'appello sul mi
nore rigore del giudizio di confondibilità dei due marchi dal
punto di vista fonetico (nel senso che l'aggiunta di una lettera, « c », non sarebbe sufficiente ad escluderla in relazione a un mar
chio « forte », cioè dotato di un buon grado di fantasia), tinto
più che, con il progressivo diffondersi delle forme di pubblicità sonore, l'indagine della confondibilità dovrebbe operarsi soprat tutto in base all'effetto fonetico e acustico sul consumatore medio;
e) la confondibilità esisterebbe anche sotto l'aspetto grafico dei
due marchi (andamento grafico delle parole « Chicco » e « Chi
co » e dei disegni che l'accompagnano), essendo a tal fine suffi
ciente l'indagine anche di alcuni elementi soltanto di un marchio
complesso. Con il secondo motivo la società ricorrente denuncia la viola
zione e falsa applicazione degli stessi articoli sotto altro profilo, censurando la sentenza impugnata per avere formulato, con rife rimento al marchio dell'* Artsana » n. 165.807, l'erroneo princi pio che un marchio costituito in speciale grafia (« Chicco ») e un marchio costituito da una parola in particolare grafia con
l'aggiunta di un elemento figurativo (pupazzo stilizzato) bono
maggiormente diversi fra loro di quanto lo siano quest'ultimo ed un marchio complesso, che, oltre a quella parola in speciale grafia (« Chicco »), comprenda altri elementi figurativi; e pei avere omesso di considerare che — essendo la funzione indivi dualizzante del marchio della « Chico s.r.l. » affidata quasi to talmente alla parola « Chico » e poco o nulla alla figura del bambino — l'elemento forte e individualizzante del marchio del la « Chico » è proprio quello che essa ha contraffatto del marchio « Chicco » dell'« Artsana ».
Con il terzo motivo la società ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione degli art. 1, 11 e 17 r.d. 21 giugno 1942 n.
929, 2569 e 2598 c.c., in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., censurando la sentenza nella parte in cui ha negato che il fatto di essere la parola « Chico » il cuore della ragione sociale della
«Chico s.r.l.», scritta in stampatello maiuscolo o minuscolo
nell'elenco telefonico di Bari, costituiva violazione del diritto del l'» Artsana » all'uso esclusivo del marchio « Chicco ».
Con il quarto motivo, infine, la società ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione dell'art. 2598 c.c., in relazione
all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., censurando la sentenza impugnata
perché, contestata la violazione di diritto dell'« Artsana » all'uso
esclusivo dei suoi marchi, avrebbe dovuto condannare la soc.
Chico per atti di concorrenza sleale.
Il ricorso è fondato. La sentenza impugnata è incorsa, innan
zitutto, nell'errore d'impostazione di avere prima operato il con fronto tra i marchi in questione e di avere poi ritenuto debole il
marchio « Chicco » con argomenti cui ha attribuito un significa to secondario e meramente rafforzativo del giudizio, già espres so, di non confondibilità dei marchi. £, invece, evidente che la
qualificazione del marchio di cui si invocava la tutela, come « de
bole » o «forte», costituiva il prius della indagine devoluta al
giudice del merito e che, rispetto a tale qualificazione, il giudi zio sulla confondibilità (che dev'essere improntato a maggiore o a minore rigore, a seconda che si tratti di marchio forte o di
marchio debole) costituiva il posterius. E l'errore d'impostazio
ne, su cui si basa la sentenza impugnata, ha conseguentemente fi
nito col viziarne il giudizio sulla confondibilità.
Ciò premesso, è noto che la categoria dei marchi deboli non
coincide esattamente con quella dei marchi semplicemente de
scrittivi dei prodotti o indicativi della loro natura, ma si esten
de alle parole del linguaggio comune o divenute comuni nel lin
guaggio commerciale, alle espressioni o anche ai nomi e ai per
sonaggi che hanno assunto un significato designativo comune e
non individualizzato, cosi che, a causa dell'attenuata idoneità
individualizzante del marchio debole, anche lievi modificazioni
o aggiunte devono ritenersi sufficienti a escludere la confondibi
lità (sent. 1604/77, Foro it., 1977, I, 1399; 4839/78, id., Rep. 1980, voce Marchio, n. 112; 6081/78, id., Rep. 1979, voce cit., n. 28).
La corte d'appello ha considerato debole il marchio « Chicco », muovendo dalla considerazione che esso utilizza una parola che costituisce il diminutivo del nome « Enrico », ed ha tratto
tale convincimento dalla indicazione di tale diminutivo a pagina 45 della « Guida pediatrica » della società « Artsana ».
Tale giudizio non appare, sul piano logico, ineccepibile, poiché la corte d'appello, da un lato, non si è chiesta se la parola « Chicco », riferita al nome di persona « Enrico », ne sia l'unico
o il più diffuso diminutivo e se anche alla parola « Chico » non
possa riconoscersi una derivazione dallo stesso nome, posto che
il riferimento della parola « Chicco » al nome « Enrico » si basa
sulla desinenza « ico », la quale è comune anche alla parola « Chi
co », e che la differenza grafica e fonetica tra le due parole è
costituita dall'aggiunta di una lettera; e se, comunque, lo stesso
diminutivo non possa collegarsi ad altri nomi di persona aventi
la stessa desinenza.
Né si è chiesto se la parola « Chicco», inclusa nei marchi del
la soc. « Artsana », per avventura non abbia costituito, inizial
mente, soltanto un vezzeggiativo senza nessun preciso riferimen
to a un nome determinato (cosi come avrebbe potuto costituirlo
anche la parola « Chico »), in relazione alla produzione della soc.
« Artsana » riservata alla prima infanzia (cosi come a questa è
riservata la produzione, da parte della soc. « Chico », di capi di
abbigliamento destinati ai bambini di età inferiore ai due anni), ed abbia acquistato successivamente la funzione di diminutivo
del nome « Enrico », a causa della notevole diffusione dei pro dotti « Chicco » riservati all'infanzia.
Tale indagine sarebbe stata necessaria (e non ve n'è traccia nella sentenza impugnata) anche al fine di accertare se il dimi
nutivo « Chicco » abbia la stessa diffusione, con uguale riferi
mento ad un medesimo nome di persona, in tutti i settori dei
consumatori, che pure si diversificano socialmente e localmente, in modo da essere facilmente percepibile come tale presso una diffusa e indefinita categoria di destinatari del prodotto; ovvero tale diffusione sia cosi limitata da conservare alla parola « Chic
co » un prevalente, se non esclusivo, significato di fantasia e la
più accentuata idoneità individualizzante, che può avere assunto
in concreto con riferimento alla produzione della soc. « Artsana ».
Essendo mancate tali indagini, è evidente la insufficienza e
la fragilità degli argomenti utilizzati dalla corte d'appello per
pervenire ad una qualificazione del marchio « Chicco » come
marchio debole: argomenti ai quali nessun rilevante contributo
fornisce la circostanza che la parola « Chicco » sia indicata co
me diminutivo di « Enrico » nella « Guida pediatrica » della soc.
« Artsana », sia perché tale indicazione potrebbe anche ritenersi
volutamente derivata proprio dal marchio « Chicco » (e non il
contrario), sia perché non è assolutamente certo che essa giunga in ogni caso a conoscenza del comune consumatore, che si accin
ga ad acquistare i prodotti « Chicco » o che ne legga o ne ascolti
la pubblicità e che verosimilmente non procede alla previa con
sultazione della « Guida pediatrica » della soc. « Artsana » e, in
particolare, della p. 45 nella quale tale indicazione è riportata. Se la qualificazione del marchio « Chicco » come marchio de
bole non regge nei termini in cui la corte d'appello vi ha proce duto (onde si rende necessario, sul punto, un nuovo accertamen
to di merito), cade, conseguentemente, il giudizio negativo di
confondibilità, espresso dalla corte d'appello con riguardo a en
trambi i marchi « Chicco » di cui si discute.
È di tutta evidenza, infatti, che nel più rigoroso giudizio che la qualificazione del marchio come forte potrebbe1* eventualmente
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
imporre, pur in una considerazione globale dei marchi in que stione, le lievi differenze grafiche, fonetiche e concettuali che li
caratterizzano e che la stessa corte d'appello non ha esitato a
definire « sfumature », potrebbero non avere quella idoneità di
stintiva, che nella sentenza impugnata è riconosciuta. In parti
colare, occorrerà chiedersi quale rilevanza potrebbe avere, nei
confronti di un pubblico di media attenzione e cultura, la diffe
renza grafica dei due marchi (fondata sull'aggiunta di una sola
lettera nel marchio « Chicco » rispetto al marchio « Chico ») e,
quanto all'elemento fonetico, quale evidenza potrebbe assumere
tale analoga differenza presso un pubblico, che, secondo gli influssi
dialettali che la pronunzia subisce, è variamente portato ad atte
nuare il raddoppio delle consonanti o ad accentuare la pronuncia di singole consonanti.
Tali considerazioni, quindi, impongono anche il riesame della
confondibilità con riguardo sia al marchio « Chicco » n. 157.783, sia al marchio n. 165.807, rimanendo assorbito ogni altro rilievo
formulato nei primi due motivi del ricorso.
Quanto al punto della sentenza impugnata, investito con il
terzo motivo, si osserva che la corte d'appello, se ha ragionevol mente escluso che fra le ragioni sociali « Artsana » e « Chico »
potesse nascere confusione (esaminando, peraltro, un punto ma
nifestamente irrilevante della questione), non si è, tuttavia, posto il problema della legittimità dell'uso, come marchio, da parte della soc. « Chico », della propria ragione sociale in relazione
ai marchi della soc. « Artsana ».
L'art. 13 del testo delle disposizioni legislative in materia di
brevetti per marchi d'impresa (r. d. 21 giugno 1942 n. 929) sta
bilisce, fra l'altro, che coloro ai quali spetta il diritto alla ditta
hanno anche la facoltà esclusiva di farne uso come marchio, ma
che, quando essa sia costituita dallo stesso nome, ditta, sigla o
insegna usati da altri in un marchio anteriore per prodotti o
merci dello stesso genere, dev'essere accompagnata da elementi
idonei a differenziarla.
Alla stregua di tale norma, questa corte ha già statuito che la
facoltà di far uso della ditta come marchio non comporta deroga al principio in base al quale la contraffazione dei marchi è con
figurabile fra prodotti confondibili (v. sent. 659/78, id., Rep. 1978, voce cit., n. 76), si' che, anche in ordine a questo punto, la que stione deve esaminarsi sotto il profilo, ignorato nella sentenza
impugnata, della confondibilità della ditta, « Chico » in quanto usata come marchio, con il marchio anteriore « Chicco » utilizza
to dalla soc. « Artsana » e della confondibilità dei prodotti del
l'una o dell'altra impresa fra loro concorrenti.
Ciò che la società ricorrente deduce con il quarto motivo do
vrà, conseguentemente, essere oggetto di riesame al fine di accer
tare se l'uso del marchio « Chico » sia idoneo a determinare con
fusione con il marchio « Chicco » e concorrenza sleale nella pre visione dell'art. 2598 c. c., con l'eventuale applicazione delle cor
relate sanzioni.
Pertanto, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata dev'essere cassata con rinvio per nuovo esame alla Corte d'appello di Lecce. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I civile; sentenza 20 ottobre
1982, n. 5460; Pres. U. Miele, Est. Scanzano, P.M. Ferraiuo
lo (conci, parz. diff.); Schubert & Salzer A. G. (Avv. Castana,
Franceschelli) c. Friedrich Krupp GmbH (Avv. Pedullà, Sot
triffer), Spindelfabrick Susses, Schurr, Stahlecker & Grill
GmbH (Avv. Pedullà, Pellegrino), S.K.F. Kugellagerfabriken
GmbH, Zinser Textil Maschinen GmbH, Barber Coiman Com
pany Machinery, Proc. gen. App. Milano. Cassa App. Milano 18
maggio 1979.
Brevetti per invenzioni industriali — Istanza di descrizione —
Legittimazione — Limiti (R.d. 29 giugno 1939 n. 1127, testo
delle disposizioni legislative in materia di brevetti per inven
zioni industriali, art. 4, 81, 83 bis, 84; d. p. r. 22 giugno 1979
n. 338, revisione della legislazione nazionale in materia di bre
vetti, in applicazione della delega di cui alla 1. 26 maggio 1978
n. 260, art. 4, 35).
Brevetti per invenzioni industriali — Istanza di descrizione —
Esibizione del titolo brevettuale nel giudizio di merito — Am
missibilità (R.d. 29 giugno 1939 n. 1127, art. 81, 84).
La legittimazione a proporre istanza di descrizione di prodotti
esposti in fiera ai sensi dell'art. 84 r.d. 1127/1939 spetta solo al
titolare dei diritti di brevetto, e non anche a chi abbia pre
sentato domanda per ottenere il relativo diritto di bre
vetto. (1) La titolarità dei diritti di brevetto richiesta per l'accoglimento del
l'istanza di descrizione non deve essere necessariamente pro vata dinanzi al giudice competente per la concessione del detto
provvedimento, potendo essere prodotta dinanzi al giudice di
merito, in sede di verifica della legittimità formale e sostan
ziale del provvedimento d'urgenza. (2)
Svolgimento del processo. — La Schubert e Salzer A.G. con
sede a Ingolstadt (Germania federale), assumendo che alcune
macchine tessili provenienti dalla repubblica federale tedesca e
dagli Stati Uniti di America esposte in una manifestazione fieri
stica costituivano contraffazione di alcuni suoi brevetti italiani, chiese al presidente del Tribunale di Milano, ai sensi dell'art. 81
r. d. 29 giugno 1939 n. 1127, ed ottenne in data 3 ottobre 1975, autorizzazione alla descrizione delle macchine stesse nei confronti dei rispettivi espositori, cioè le società Krupp Friedrich GmbH,
(1) Nello stesso senso si erano già pronunciati Trib. Milano 21 no vembre 1977, Foro it., Rep. 1978, voce Brevetti per invenzioni indu striali, nn. 88, 89, in extenso in Riv. dir. ind., 1978, ili, 39, con nota di Cartella ed App. Milano 18 maggio 1979, Foro it., Rep. 1981, voce cit., n. 62, per esteso in Riv. dir. ind., 1980, II, 140, con nota di Cartella, entrambe rese nel corso del presente giudizio; nonché, Trib. Monza 31 maggio 1974, Giur. dir. ind., 1974, 790 (v. però, in senso contrario, la decisione dello stesso collegio in data 5 aprile 1975, id., 1975, 331); ma l'odierna affermazione della Cassazione assume note vole importanza in quanto respinge la possibilità — delineata dal ri corrente — di ammettere il provvedimento di descrizione in base alla sola presentazione della domanda di brevetto, in relazione alla nuova disciplina introdotta dal d. p. r. 338/1979. La corte, infatti, ha preci sato che il nuovo testo legislativo « ricollega la legittimazione alla istanza di descrizione alla presentazione di una domanda di brevetto
pubblicata », ovverosia resa accessibile al pubblico o notificata (e co munque, soggiunge la corte, non si sarebbe potuta applicare la nuova
disciplina al caso di specie « senza obliterare il principio secondo cui lo ius superveniens non può applicarsi ad attività processuali esaurite »); sul raccordo tra il r. d. 1127/1939 e la novella del 1979 cfr., in dot
trina, Floridia, I brevetti per invenzione e per modello. Codice della
riforma nazionale (d. p. r. 22 giugno 1979 n. 338), Milano, 1980.
In riferimento alla posizione dei soggetti che possono solo vantare la presentazione di una domanda diretta ad ottenere il diritto di bre
vetto, va segnalato l'orientamento giurisprudenziale che ammette la tu telabilità dei diritti di brevetto ex art. 700 c. p. c. in conseguenza del
l'impossibilità di esperire il provvedimento cautelare tipico previsto dall'art. 81 1. inv.: cfr. iPret. Montebelluna 8 aprile 1979, e 9 luglio 1979, Foro it., Rep. 1981, voce Provvedimenti d'urgenza, nn. 211, 215; Pret. Biella 10 aprile 1974, Giur. dir. ind., 1974, 605; 'Pret. Milano 14 feb braio 1969, Foro it., Rep. 1972, voce cit., n. 47; per ulteriori riferi
menti v. (Aiello, Giacobbe) Preden, Guida ai provvedimenti d'ur
genza. Orientamenti e prassi della giurisprudenza in tema di art. 700
c p. c., Milano, 1982, 229 s. Non è invece ammissibile, quando risulti l'improponibilità del ri
corso ex art. 81, 84 1. inv., l'accertamento tecnico preventivo ex art. 696, 697 del codice di rito, posto che «la descrizione ex art. 81 1. inv. e l'accertamento tecnico ex art. 696-697 c. p. c. hanno identico conte nuto di accertamento e identiche modalità tecniche di attuazione »:
cosi, di recente, Trib. Milano 15 settembre 1977, Foro it., Rep. 1980, voce Brevetti per invenzioni industriali, nn. 130, 131; 7 giugno 1977, id., Rep. 1978, voce Istruzione preventiva, n. 4, per esteso in Riv. dir.
ind., 1978, II, 57, con nota di Tarchini.
(2) Escamotage dei giudici di legittimità per consentire al titolare dei diritti di brevetto di usufruire del provvedimento di descrizione mediante la produzione
' tardiva ' dei documenti necessari all'accogli mento del provvedimento. Nel caso di specie, la ricorrente non aveva
prodotto, dinanzi al tribunale competente ad emettere l'autorizzazione
per la descrizione, i brevetti conseguiti nei paesi d'origine relativi ai
prodotti esposti, come richiesto dal 2° comma dell'art. 84 1. inv.; e
la corte d'appello non aveva ammesso la produzione dei detti bre
vetti nel giudizio di merito, ritenendo insufficiente « la loro tardiva
produzione nel giudizio d'appello a sanare la nullità della descri
zione autorizzata ed eseguita ». La Cassazione, puntando sulla natura ' urgente
' del provvedimento di descrizione — che viene concesso
« sulla base di quegli accertamenti che sono tipici dei procedimenti
d'urgenza e che siano ritenuti idonei dal giudice a determinare il con
vincimento circa l'esistenza del fumus boni iuris » —, ha ritenuto di
ampliare (nel tempo) le facoltà probatorie di cui richiede la descri
zione dei prodotti esposti in fiera. Per qualche riferimento sulla tendenza giurisprudenziale ad accordare
tutela sostitutiva a chi non possa utilizzare le cautele tipiche previste dalla legge, cfr. Trib. Milano 5 luglio 1979, Foro it., Rep. 1981, voce Brevetti per invenzioni industriali, n. 61, a cui dire — quando non
può essere concessa descrizione giudiziale per la mancanza della
prova circa la titolarità del brevetto straniero — « il titolare del bre vetto nazionale può .. . fornire con altri mezzi nel corso della causa la prova della riconducibilità dell'oggetto esposto nel campo di pro tezione del brevetto ».
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