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sezione I civile; sentenza 30 gennaio 1985, n. 571; Pres. Virgilio, Est. Tilocca, P. M. Ferraiuolo...

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sezione I civile; sentenza 30 gennaio 1985, n. 571; Pres. Virgilio, Est. Tilocca, P. M. Ferraiuolo (concl. diff.); Soc. I.g.i.-Impianti generali italiani (Avv. Scardigli, Panarelli) c. Lazzari ed altri. Cassa App. Bari 2 aprile 1982 Source: Il Foro Italiano, Vol. 109, No. 9 (SETTEMBRE 1986), pp. 2277/2278-2279/2280 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23180667 . Accessed: 25/06/2014 01:23 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.34.79.101 on Wed, 25 Jun 2014 01:23:30 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione I civile; sentenza 30 gennaio 1985, n. 571; Pres. Virgilio, Est. Tilocca, P. M. Ferraiuolo(concl. diff.); Soc. I.g.i.-Impianti generali italiani (Avv. Scardigli, Panarelli) c. Lazzari ed altri.Cassa App. Bari 2 aprile 1982Source: Il Foro Italiano, Vol. 109, No. 9 (SETTEMBRE 1986), pp. 2277/2278-2279/2280Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23180667 .

Accessed: 25/06/2014 01:23

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Svolgimento del processo. — Il Pretore di Carrara, con senten

za in data 4 settembre 1979, dichiarava illegittima l'esclusione di

Alessandro Diamanti e Clara Bertoncini dalla partecipazione al

concorso per titoli ed esame indetto dalla Cassa di risparmio di

Carrarra per la copertura di cinque posti d'impiegato di IV

grado, e tale decisione veniva riformata dal Tribunale di Massa, con rinvio al primo giudice, per l'integrazione del contraddittorio

nei confronti degli altri partecipanti dichiarati vincitori.

Riassunta la causa dinanzi al pretore, sia la cassa suddetta che

i litisconsorti necessari (indicati in epigrafe) hanno proposto in

corso di giudizio, con separati ricorsi, istanza di regolamento di

giurisdizione, ex art. 47 c.p.c., sul rilievo concorde che la verifica

della regolarità dello svolgimento del concorso, comportando la

valutazione di un potere discrezionale dell'ente pubblico che lo

aveva indetto, attribuiva la cognizione della controversia alla

giurisdizione del giudice amministrativo.

Motivi della decisione. — Deve essere disposta, preliminarmen te, la riunione dei ricorsi a norma dell'art. 335 c.p.c.

Essi sono infondati. È ormai ius receptum nell'interpretazione data da questa corte all'art. 409, n. 4, c.p.c., che « la domanda

diretta ad insorgere avverso la mancata assunzione, in qualità di

dipendente di un ente pubblico economico, mediante la denunzia

degli atti relativi all'espletamento del concorso bandito per tale

assunzione, è devoluta alla cognizione del giudice ordinario, e

non già del giudice amministrativo, atteso che la discrezionalità

di valutazione che contrassegna le valutazioni di scelta del

l'ente, o della commissione giudicatrice, in detto concorso, come nell'analogo caso del concorso per promozione fra

dipendenti, non è riferibile all'esercizio di una potestà pubblica di autorganizzazione, ancorché il concorso stesso sia stato bandito in attuazione del regolamento del personale, ma configura eserci

zio di attività imprenditoriale privatistica ovvero si caratterizza

come prestazione, procedimentale dovuta dall'imprenditore nel

l'ambito del rapporto obbligatorio attinente al concorso, sindaca

bile dal predetto giudice ordinario, tanto sotto il profilo dell'os

servanza delle norme regolamentari e dei patti della contrattazio

ne collettiva, quanto sotto il profilo dell'osservanza del principio

generale della correttezza, di cui all'art. 1175 c.c. » (cfr., per tutte, sent. n. 1 del 5 gennaio 1981, Foro it., 1981, I, 15).

Tali decisioni sono fondate sugli argomenti seguenti: 1) che le

procedure di svolgimento dei concorsi in questione non sono

riferibili all'esercizio di una potestà pubblica di autorganizzazio ne, bensì all'esercizio di un potere imprenditoriale privato, quali

prestazioni rese nell'ambito di uno schema contrattuale che trova i suoi termini soggettivi nell'imprenditore, da un lato, e negli

aspiranti all'assunzione ed alla promozione, dall'altro; 2) che tale

indirizzo giurisprudenziale, in linea generale, è consentaneo alla

natura stessa degli enti pubblici economici, quali organismi desti

nati ad operare nei settori della produzione dei beni e dei servizi con mezzi e tecniche del diritto privato e, in particolare, con

la giurisdizione del giudice amministrativo sulle controversie indicate ha uno spazio assai ridotto. È frequente, nelle sentenze della Cassazio ne, l'affermazione che rientrerebbero in tale giurisdizione le controver sie concernenti gli atti generali e astratti di autorganizzazione dell'en

te; ma nella maggior parte dei casi si tratta di asserzioni scarsamente significative, perché inserite in argomentazioni che concludono, per contro, con la declaratoria della giurisdizione ordinaria sul caso da decidere, in quanto considerato non rientrante in quella ipotesi: v., in questo senso, oltre a molte delle sentenze sopra citate, soprattutto del secondo gruppo, Cass. 14 aprile 1981, n. 2278, id., 1982, I, 115, con nota di Buoncristiano, nonché, successivamente, Cass. 18 gennaio, 23 marzo, 20 ottobre e 15 novembre 1983, nn. 412, 2031, 6153 e

6777-6779, id., Rep. 1983, voce cit., nn. 309, 544, 664, 421-423; 11 luglio 1984, n. 4074, id., Rep. 1984, voce cit., n. 348; perciò, devono considerarsi relativamente rare le sentenze della Cassazione che, in casi del genere, concludano per la negazione della sussistenza della giuris dizione del giudice ordinario, a favore di quella del giudice ammini strativo: Cass. 30 marzo 1983, nn. 2311, 2313 e 2314, id., Rep. 1983, voce cit., nn. 661-663. In ogni caso, non sfugge alla giurisdizione del giudice ordinario la controversia relativa al regolamento per il persona le, perché considerato atto di natura privatistica, integrativo della disciplina contrattuale dei singoli rapporti: Cass. 6 febbraio 1982, n. 715, id., Rep. 1982, voce cit., n. 211, e 11 luglio 1984, n. 4074, id., Rep. 1984, voce cit., n. 348. Senza contare che alcune sentenze affermano che il giudice ordinario può comunque sindacare in via incidentale la legittimità degli atti discrezionali di autorganizzazione dell'ente, nel corso di giudizi relativi a singoli rapporti di lavoro: Cass. 4 ottobre 1984, nn. 4910 e 4911, ibid., nn. 225, 226.

Per la giurisprudenza del giudice amministrativo, in parte divergente da quella della Cassazione, v. la nota di richiami a Cons. Stato, sez. V, 23 dicembre 1985, n. 499, in questo fascicolo, III, 335.

quelli propri dell'impresa; 3) che, salvo che la legge non dispon

ga altrimenti, non v'è ragione per ritenere che l'esigenza dell'im

piego degli strumenti privatistici debba essere limitata alla strut

turazione del rapporto d'impiego già costituito, e non debba

estendersi anche al momento del reclutamento del personale e,

quindi, alla strutturazione dei procedimenti, delle vicende e degli atti che mettono capo alla costituzione del rapporto; 4) che è

tutt'altro che infrequente il caso di procedimenti di concorso « misti », cioè aperti sia ad estranei che a soggetti già dipendenti, ovvero banditi per l'accesso a categorie superiori cui possono concorrere promiscuamente sia dipendenti che estranei, onde

sarebbe incongruo ascrivere il procedimento concorsuale all'area

privatistica ed a quella pubblicistica a seconda della categoria

degli aspiranti; 5) che non vale opporre che i procedimenti in

esame siano previsti per lo più dai regolamenti del personale dei

singoli enti, e che in essi, talvolta, si parli di « concorso pubbli co » dal momento che la natura privatistica dei regolamenti suddetti qualifica gli stessi come fonti integrative ed attuative

della disciplina privatistica e collettiva del rapporto d'impiego

(onde, nella specie, il richiamo alla 1. 29 aprile 1949 n. 264 sulle

assunzioni obbligatorie richiamata dalla cassa di risparmio, con

cui all'art. 11 si esonerano i datori di lavoro dall'assunzione dei

dipendenti attraverso gli uffici di collocamento nei casi in cui

bandiscano concorsi pubblici, è fuor di proposito). I ricorrenti, a loro volta, non hanno sottoposto al collegio

argomenti nuovi che possano indurlo a riesaminare la giurispru denza suddetta che, pertanto, si ritiene di confermare.

Da quanto fin qui esposto consegue che entrambi i ricorsi sono

infondati e devono essere rigettati, onde nella controversia in

esame deve essere affermata la giurisdizione del giudice ordinario.

(Omissis)

/

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 30 gennaio 1985, n. 571; Pres. Virgilio, Est. Tilocca, P. M. Ferraiuolo

(conci, diff.); Soc. I.g.i.-Impianti generali italiani (Aw. Scar

digli, Panarelli) c. Lazzari ed altri. Cassa App. Bari 2 aprile 1982.

Titoli di credito — Cambiale — Fideiussione extracambiaria —

Possesso di diritto comune del fideiussore — Azione cambiaria — Esclusione (R.d. 14 dicembre 1933 n. 1669, norme sulla cambiale e sul vaglia cambiario, art. 20, 25).

Il fideiussore extracartolare dell'obbligo cambiario, che abbia in

questa veste pagato l'importo del titolo e ne abbia, in conse

guenza, ottenuto dal creditore il possesso di diritto comune, non può esercitare alcuna azione cambiaria di regresso, giacché difetta di legittimazione cartolare, e può soltanto surrogarsi al

creditore del garantito nell'azione causale (nella specie, derivan te dal contratto di sconto). (1)

(1) Il problema relativo ai diritti del fideiussore extracartolare, che abbia pagato in tale veste il debito recato dal titolo cambiario —

problema che sorge, per lo più, in relazione ad operazioni di sconto garantite in conto corrente — viene risolto dalla sentenza in epigrafe alla stregua della prevalente giurisprudenza, che nega al fideiussore stesso sprovvisto di legittimazione cartolare, quantunque in possesso della cambiale, le azioni cambiarie di regresso: Cass. 6 settembre 1968, n. 2873, Foro it., Rep. 1968, voce Banca, n. 75; 21 febbraio 1966, n. 535, id., Rep. 1966, voce Fideiussione, n. 19; Trib. Matera 23 febbraio 1961, id., Rep. 1963, voce Titoli di credito, n. 43; nonché, sia pur in obiter, Cass. 31 maggio 1940, id., Rep. 1940, voce Revocazione, n. 14.

La sola nota di dissenso risale a Cass. 13 giugno 1941, n. 1767, id., Rep. 1941, voce Effetto cambiario, n. 132, che ammette la surrogazio ne del fideiussore nei diritti cambiari del garantito, assimilandola ad una cessione di diritto comune (art. 25 1. cambiaria).

Del resto, l'opinione espressa nella decisione riportata si contempera con l'altra, pure costantemente manifestata dalla giurisprudenza, che, ammettendo che il debito cambiario possa esser garantito anche median te fideiussione di diritto comune, anziché con avallo (Cass. 25 giugno 1976, n. 2382, id., Rep. 1976, voce Titoli di credito, n. 39), di stingue nettamente le due forme di garanzia (Trib. Roma 15 maggio 1982, id., Rep. 1982, voce cit., n. 41; Cass. 15 ottobre 1979, n. 5372, id., Rep. 1979, voce cit., n. 39; 25 luglio 1978, n. 3710, id., Rep. 1978, voce cit., n. 29; 4 aprile 1977, n. 1283, id., Rep. 1977, voce cit., n. 45) e, in termini in qualche modo reciproci al thema decidendum della sentenza qui riportata, ritiene che la semplice firma di avallo non sia bastevole a provare un rapporto sottostante di fideiussione e non giustifichi quindi — una volta perduta l'azione cambiaria di regres

Il Foro Italiano — 1986 — Parle I-148.

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2279 PARTE PRIMA 2280

Svolgimento del processo. — Con atto di precetto 18-26 ottobre 1979 Fernando Caroli e Silvio Lazzari intimarono alla società « Impianti generali italiani », con sede in Bari, e alla « Metano

sud » s.r.l., con sede in Giovinazzo, il pagamento di lire

15.000.000, oltre alle spese, a fronte di tre vaglia cambiari emessi dalla prima società a favore della seconda e da quest'ultima girati in bianco e pervenuti agli intimanti.

Con atto notificato il 9 novembre 1979 le due società intimate

proposero opposizione al precetto deducendo la nullità del precet to, l'illegittimità del possesso dei titoli da parte degli istanti e

l'inesistenza delle obligazioni portate dai titoli.

Costituitisi, Cairoli e Lazzari chiesero il rigetto dell'opposizione

precisando di aver ricevuto i titoli dal Banco di Roma, filiale di

Viterbo, al quale li avevano pagati quali fideiussori della soc.

immob. « Del Poggio di Viterbo », ultima girante. Con sentenza 8-21 aprile 1981 il Tribunale di Bari rigettò l'oppo

sizione e condannò in solido le società opponenti al pagamento del

le spese processuali. La I.g.i. e la Metano sud proposero appello. Si costituirono

resistendo all'impugnazione il Lazzari e Caroli Fausto, quest'ulti mo quale erede di Caroli Fernando e procuratore degli altri eredi

Teveri Santa, Caroli Anna Rita e Caroli Fabio.

Con sentenza in data 19 marzo-2 aprile 1982 la Corte d'appello di Bari rigettò l'appello e condannò le due società appellanti al

pagamento delle spese processuali del grado. Osservò la corte del merito che non sarebbe stato provato il

fatto, dedotto dalle due società appellanti, che i titoli facessero

parte di quel gruppo di pagherò cambiari, del quale a suo tempo si era indebitamente appropriato tale Leo Antonio ponendoli in

circolazione. Invece sarebbe provato che gli intimati ricevettero gli effetti legittimamente dal Banco di Roma al quale avevano

prestato garanzia per la immob. Del Poggio che li aveva scontati. « È tanto è sufficiente per la loro legittimazione all'azione cam

biaria ».

Ricorrono per cassazione le società « Impianti generali italiani »

e « Metano sud ». Non si sono costituiti il Lazzari e Caroli Fausto.

Motivi della decisione. — Con l'unico motivo proposto le due

società ricorrenti deducono la violazione e la falsa applicazione dell'art. 1944 c.c. in relazione alle norme della 1. 14 dicembre

1933 n. 1669, sostenendo che i fideiussori extracambiari non sono

legittimati all'esercizio delle azioni cambiarie e che, pertanto, nella

specie gli intimanti hanno soltanto diritto di rivalersi nei confron

ti della soc. scontataria « immob. Del Poggio ».

Il ricorso va accolto. È pacifico che la soc. immob. Del Poggio

girò le tre cambiali al Banco di Roma in attuazione del contratto

di sconto, che Caroli Fernando e Lazzari Silvio garantirono

l'operazione di sconto nella forma ordinaria della fideiussione e

che essi, a seguito del protesto, pagarono alla banca la somma

anticipata alla società scontataria ottenendo la consegna dei titoli

dalla banca medesima con lettera del 27 novembre 1978 senza

un'ulteriore girata. Perciò non sussiste a favore di Caroli Fernan

do e Lazzari Silvio, che pretesero esercitare i diritti cartolari nei

confronti della soc. emittente (Impianti generali italiani) e della

soc. Metano sud, prenditrice dei titoli e prima girante, quella serie continua di girate che consente di considerarli legittimati e

prentendere la prestazione relativa (Cass. 18 giugno 1975, n. 2422, Foro it., Rep. 1975, voce Titoli di credito, n. 30). Questa corte ha

avuto già occasione di precisare che il fideiussore extracambiario

del girante, che abbia pagato al giratario, surrogandosi a questo

ai sensi dell'art. 1949, non è legittimato all'esercizio dei diritti

cambiari spettanti al creditore surrogato nei confronti dell'emit

tente, difettando in lui la legittimazione cartolare (sent. 21

so — l'esercizio dell'azione causale di fideiussione da parte dell'avallan

te: Cass. 23 aprile 1969, n. 1306, id., Rep. 1970, voce cit., n. 53; 8

agosto 1967, n. 2114, id., 1967, I, 2307; 11 luglio 1956, n. 2588, id.,

1957, I, 428. La soluzione indicata nella sentenza che si riporta esclude dunque la

possibilità che la surrogazione legale del fideiussore solvens, nei diritti della banca verso lo scontatario, implichi anche una successione di diritto comune — quantunque non un acquisto autonomo — nell'azio ne cambiaria, in armonia con la giurisprudenza che nega l'azione medesima ad ogni altro terzo, il quale abbia pagato il debito cambiario al di fuori delle forme previste dall'art. 78 1. cambiaria: Cass. 10 giugno 1958, n. 1924, id., 1958, I, 1651.

In dottrina, il problema è segnalato — in termini generali — da

Panzarini, Lo sconto dei crediti e dei titoli di credito, 1984, 469; nonché, con più specifico riferimento alla specie, da Pavone La Rosa, La cambiale, 1982, 443 ss. Infine, alcuni aspetti dell'acquisto extra cambiario di crediti cartolari sono esaminati in G. Carraro, Il problema dell'acquisto originario del titolo di credito, in Riv. dir. civ., 1984, I, 336 ss.

febbraio 1966, n. 535, id., Rep. 1966, voce Fideiussione, n. 19; 6

settembre 1968, n. 2873, id., Rep. 1968, voce Banca, n. 75). Il mero possesso di una cambiale da parte di un soggetto non

prenditore né giratario di essa non legittima costui all'esercizio

del credito cartolare appunto perché il titolo non contiene gli elementi idonei a provare la sua legittimazione (Cass. 27 marzo

1972, n. 956, id., Rep. 1972, voce Titoli di credito, n. 49; 13

aprile 1973, n. 1052, id., Rep. 1973, voce cit., n. 55; 18 giugno

1975, n. 2422, id., Rep. 1975, voce cit., n. 30). Nella specie,

dunque, si è verificata una circolazione « impropria » dei titoli

(dalla banca ai due intimanti), quella forma di circolazione, cioè,

disciplinata dal diritto comune (art. 2015 c.c. e art. 25 1.

cambiaria) e produttiva degli effetti di una cessione, vale a dire

la successione del cessionario nel diritto del cedente (Cass. 1°

giugno 1967, n. 1435, id., 1967, I, 2096; 18 giugno 1975, n. 2422,

cit.). Ne consegue che il fideiussore che abbia pagato per lo

scontatario e che non abbia ottenuto, da parte della banca

scontante, il trasferimento del titolo di credito secondo la regola della circolazione « propria dei titoli di credito » prevista dagli art. 2008 c.c. e 20 1. cambiaria, può soltanto far valere in surroga della banca (art. 1949 c.c.) l'azione causale (art. 1859 c.c.) inerente al rapporto di sconto che a questa compete per ottenere

dallo scontatario la restituzione delle somme anticipate (Cass. 6

settembre 1968, n. 2873, cit.). In conclusione, la sentenza gravata, in accoglimento del ricorso,

va cassata e la causa rinviata per un nuovo esame e per la

statuizione sulle spese processuali di questa fase ad altra sezione

della stessa Corte d'appello di Bari, che si uniformerà ai principi

qui affermati.

CORTE D'APPELLO DI TORINO; sentenza 2 dicembre 1985; Pres. Bersano Begey, Est. Vitro; Soc. Nuovo Pastificio Pie

montese (Avv. Ligotino) c. Associazione italiana per il World

Wildlife Fund (Avv. Caroppo, Petretti).

CORTE D'APPELLO DI TORINO;

Marchio — Emblema di enti e di associazioni — Usurpazione —

Tutela inibitoria — Invocabilità (R.d. 21 giugno 1942 n. 929, te

sto delle disposizioni legislative in materia di brevetti per mar

chi d'impresa, art. 14). Marchio — Appropriazione abusiva — Sentenza di condanna —

Ordine di pubblicazione e/o distruzione di involucri contraffatti — Emblema di enti e associazioni — Applicabilità — Esclusio

ne (R.d. 21 giugno 1942 n. 929, art. 65, 66).

L'art. 14 r.d. 21 giugno 1942 n. 929 nella parte in cui fa divieto

di appropriarsi dell'emblema caratteristico di enti o associazioni

è rivolto alla tutela di soggetti collettivi diversi dalle società

commerciali o dalle associazioni di imprenditori, e può pertanto essere legittimamente invocato dall'Associazione italiana per il

World Wildlife Fund, contro l'imprenditore commerciale che

abbia usurpato l'emblema della suddetta associazione, servendo sene come marchio per contrassegnare i propri prodotti. (1)

(1) Non risultano precedenti specifici. La sentenza della corte, sul punto centrale della controversia e cioè

sull'invocabilità dell'art. 14 r.d. 929/42, da parte dell'Associazione italiana per il WWF, ed in generale da parte di soggetti collettivi diversi dalle società commerciali, conferma quanto già deciso in primo grado dai giudici del Tribunale di Torino.

Invero l'art. 14, seppure topograficamente collocato in un testo normativo intitolato ai brevetti per marchi d'impresa, laddove vieta l'appropriazione dell'emblema caratteristico, della denominazione o del titolo di enti o associazioni, individua il proprio oggetto di tutela in un diverso territorio concettuale; quello, cioè, dei diritti della persona lità ed in particolare dei diritti all'immagine ed alla identità personale. Nella norma in esame, insomma, si ravvisa la tutela di un segno distintivo estraneo all'attività d'impresa, caratteristico dei soggetti col lettivi e sostanzialmente analogo allo stemma delle persone fisiche (cosi Ascarelli, Teoria della concorrenza e dei beni immateriali. Istituzioni di diritto industriale3, Milano 1960).

Sulle tematiche di frontiera dei diritti all'immagine ed all'identità personale, tanto riferiti ai singoli quanto a collettività organizzate (per es. partiti politici), si cimenta da alcuni anni una interessante giuris prudenza pretoria (nonché pretorile) che è andata via via affinando i propri strumenti anche sulla scorta di un'ampia riflessione della dottrina; v. al proposito Pret. Roma 18 aprile 1984, Foro it., 1984, I, 2030; 24 dicembre 1981, id., 1982, I, 565, e, sul diritto dell'identità personale di un partito politico v. Pret. Roma 2 giugno 1980, id., 1980, I, 2046, tutte con nota di R. Pardolesi, cui si rinvia per i necessari riferimenti. In dottrina, per una impostazione sistematica ed

Il Foro Italiano — 1986.

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