Sezione I civile; sentenza 30 marzo 1983, n. 2307; Pres. Sandulli, Est. Caizzone, P. M. Martinelli(concl. conf.); Soc. Sibep (Avv. Troilo) c. Min. finanze. Conferma App. L'Aquila 17 dicembre1979Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 5 (MAGGIO 1983), pp. 1245/1246-1247/1248Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23175501 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
per cassazione. Il fallimento della soc. Pro.R.A. non si è co stituito.
Motivi della decisione. — Col primo motivo i ricorrenti de ducono la violazione dell'art. 2751 bis, n. 2, c.c. nella parte in cui dispone che hanno privilegio generale sui mobili i crediti
riguardanti le retribuzioni dei professionisti e di ogni altro pre statore d'opera intellettuale dovute per gli ultimi due anni di
pestazione, osservando che il compenso dell'amministratore è in dubbiamente una retribuzione per l'attività di prestazione d'ope ra intellettuale dallo stesso prestata a favore della società.
Il motivo è infondato. L'art. 2751 bis, n. 2, c.c. (che succede
all'originario testo dell'art. 2751, n. 5, e lo modifica soltanto
per quanto riguarda il riferimento temporale) conferisce privi
legio generale mobiliare alle retribuzioni dei professionisti e di
ogni altro prestatore d'opera intellettuale e deve essere inter
pretato alla luce della norma fondamentale dell'art. 2745 se
condo cui il privilegio è accordato dalla legge in considerazione
della causa del credito, nonché del principio secondo cui le
norme che disciplinano i privilegi non sono suscettibili di inter
pretazione analogica (Cass. 30 maggio 1960, n. 1398, Foro it.,
Rep. 1960, voce Privilegio, n. 9), in quanto i privilegi sono tipici e non ne sono ammessi altri all'infuori di quelli esplicitamente considerati dalla legge.
La legge effettua una valutazione tipica della preferenza ac
cordata in relazione allo scopo pratico del credito; ma poiché,
appunto, tale valutazione è fatta esclusivamente dalla legge, in
relazione al contenuto economico di certi crediti, è stato esatta
mente osservato in dottrina che la « causa del credito » non
può fornire un criterio autonomo di interpretazione, perché essa si converte nella ratio legis delle singole norme e cioè non
aggiunge niente al criterio fondamentale di cui al 1° comma del
l'art. 12 disp. prel. c. c. (restando escluso il ricorso al 2°
comma del medesimo articolo). In sede descrittiva dei singoli
privilegi può identificarsi la « causa del credito » ed in base ad
essa risolvere i casi dubbi.
Nella norma che i ricorrenti assumono essere stata violata
dalla corte d'appello la causa del credito (di retribuzione) è
la prestazione d'opera intellettuale. La formula mette in primo
piano la retribuzione dei professionisti, ma in realtà si tratta di
un caso particolare, rientrando nella pili ampia categoria della
prestazione di opera intellettuale, come risulta dalle parole « ogni altro » le quali implicano che anche il caso espressamente con
siderato per primo e cioè quello dei « professionisti » rientra
nello stesso genere aggiunto in secondo luogo. La formula richiama, per l'identità delle espressioni, gli art.
2229 e 2230 c.c., che si riferiscono rispettivamente all'esercizio
delle professioni intellettuali ed al contratto che ha per ogget to una prestazione d'opera intellettuale (sia o meno compiuta da
un professionista nel senso in cui all'art. 2229); contratto il cui
connotato essenziale è l'autonomia od assenza di subordinazio
ne, ex art. 2222 c.c. Il quesito a cui si deve rispondere è, quindi, se l'amministratore di società per azioni sia un prestatore d'ope ra intellettuale. La risposta è negativa.
La dottrina ha affrontato il problema sotto diversi profili, uno
dei quali consiste nel rilevare che, tramite il rinvio che l'art.
2751 bis, n. 2 (e, prima di esso, l'art. 2751, n. 5) fa all'art. 2230
c.c., dovrebbe considerarsi elemento essenziale del credito pri
vilegiato la fonte contrattuale del credito stesso, in quanto l'art. 2230 disciplina appunto, un «contratto». Poiché, secondo que sta parte della dottrina, il rapporto che lega l'amministratore
alla società per azioni non è di natura contrattuale, ma deriva
da una designazione nell'atto costitutivo e da una nomina del
l'assemblea (art. 2382 c.c.), si dovrebbe escludere a favore del
l'amministratore il privilegio di cui si tratta.
Il collegio non ritiene decisivo il suddetto approccio al pro blema, tanto è vero che un'altra parte della dottrina, che pure afferma la natura contrattuale del rapporto, nega egualmente il privilegio. Non è necessario affrontare pertanto la questione
(limitandosi a rammentare che dalla motivazione di Cass. 22
luglio 1969, n. 2755, id., Rep. 1970, voce Società, n. 198, sem
bra sottolineato l'accordo come fonte del rapporto organico;
rapporto organico ribadito di recente da Cass. 20 aprile 1982,
n. 2449, id., 1982, I, 2439) perché, anche data per ammessa la
qualificazione contrattuale, non ne viene la necessaria conse
guenza che si tratti di un contratto di prestazione d'opera intel
lettuale nel senso di cui all'art. 2230 c.c.
L'unico profilo decisivo è — come si è già cennato — l'iden
tificazione della ratio legis della concessione del privilegio ge nerale mobiliare nel rapporto di corrispettività fra una retribu
zione ed una «prestazione d'opera intellettuale». Il primo ele
mento esiste in capo agli amministratori di società di capitali
(cfr. la citata Cass. n. 2755 del 1969, nonché Cass. 26 gennaio 1976, n. 243, id., 1976, I, 613), ma non esiste il secondo, in
quanto la prestazione degli amministratori non può considerarsi
quella di un'opera intellettuale.
Oggetto dell'attività degli amministratori di una società di
capitali non è soltanto il compimento di atti giuridici per conto di essa (e pertanto si deve escludere che essi siano legati da
un rapporto di mandato, diverso essendo il significato del rinvio
alla diligenza del mandatario posto dall'art. 2392 c.c. come pa rametro della responsabilità). Gli amministratori, costituendo
l'organo al quale è commessa la gestione dell'impresa sociale, devono, fra l'altro, occuparsi della sua organizzazione interna a
predisporre e curare lo svolgimento della attività in cui consiste
l'oggetto della società.
A tal fine è indispensabile che essi posseggano ed applichino
cognizioni di ordine tecnico, anche se variabili per quantità e
qualità secondo la natura dell'oggetto sociale e le dimensioni
dell'impresa, perché sia loro possibile organizzare l'attività di
retta al conseguimento di tale oggetto, stabilire programmi, ef
fettuare scelte, impartire direttive o esercitare controlli (Cass. 11 ottobre 1969, n. 3284, id., Rep. 1970, voce cit., nn. 188-190).
L'attività amministrativa è quell'attività che viene svolta per il raggiungimento dell'oggetto sociale e cioè lo svolgimento di
un'attività economica che si converte nell'esercizio di una im
presa. L'attività amministrativa, in quanto diretta al persegui mento dell'oggetto sociale, si salda alla attività di esercizio del
l'impresa e chi è incaricato di amministrare deve necessaria
mente affrontare i problemi ad essa connessi. È vero che la co
noscenza di chi è investito della gestione dell'impresa dovreb
bero abbracciare un campo vastissimo che va dalla organizza zione iniziale dell'impresa agli aggiustamenti di essa; dalla pro duzione alla vigilanza sulla mano d'opera; dalle ricerche di
mercato alla previsione di analisi della congiuntura, ecc.
Ma quello che la legge prende in considerazione non è la mera
prestazione dell'opera intellettuale coordinata con le suddette
conoscenze, opera che, in una o più delle sue esplicazioni, può essere commessa anche dall'amministratore ad un terzo, quan to l'amministrare è cioè l'attività pratico-economica rivolta alla
cura del patrimonio ed all'esercizio dell'impresa. L'opera intel
lettuale consiste nell'applicazione concreta di cognizioni tecni
che e scientifiche nell'opera stessa, che è l'oggetto della presta zione. L'amministrazione ha invece una sfera di attività assai
più ampia ed indeterminata, che consiste essenzialmente nell'or
ganizzare i fattori della produzione, fra cui il lavoro di terzi.
Invece il prestatore d'opera intellettuale, per definizione, com
pie l'opera promessa al committente soprattutto mediante la sua
personale attività.
Non esiste, pertanto, l'identità di ratio fra prestazione d'opera intellettuale e prestazione dell'amministratore di società di ca
pitali che permetterebbe al secondo di invocare l'art. 2751 bis, n. 2, c.c.
Per completezza, deve rammentarsi che la suddetta identità
di ratio è stata invece affermata, per le retribuzioni dei sindaci
delle società di capitali, da Cass. 23 aprile 1975, n. 1579 (id.,
1976, I, 1670); e ben a ragione, perché i sindaci possono con
siderarsi prestatori d'opera intellettuale in quanto la loro atti
vità è limitata a quei compiti di controllo, di vigilanza, di ac
certamento contabile ed ispettivo (art. 2403 c.c.) che concretano
l'espletamento di un'opera meramente intellettuale, tramite l'ap
plicazione di cognizioni tecniche, contabili e legali negli atti di
controllo. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I civile; sentenza 30 marzo
1983, n. 2307; Pres. Sandulli, Est. Caizzone, P. M. Mar
tinelli (conci, conf.); Soc. Sibep (Avv. Troilo) c. Min.
finanze. Conferma App. L'Aquila 17 dicembre 1979.
Concessioni governative (tassa sulle) — Detenzione di macchine
frigorifere — Distributori automatici di bevande — Applicabilità della tassa (D.p. r. 1° marzo 1961 n. 121, t.u. delle disposi zioni in materia di tasse sulle concessioni governative, all. A
n. 133; d. p. r. 26 ottobre 1972 n. 641, disciplina delle tasse
sulle concessioni governative, ali. A, n. 87).
La detenzione di apparecchi per la distribuzione automatica di
bevande è soggetta alla tassa sulle concessioni governative pre vista per le macchine frigorifere (nella specie, è stata conferma ta la sentenza di merito che aveva ritenuto la refrigerazione
requisito essenziale per la stessa commercializzazione del pro
Il Foro Italiano — 1983 — Parte I- 80.
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1247 PARTE PRIMA 1248
dotto, il quale può dirsi « finito » soltanto dopo aver subito il
suddetto processo). (1)
Svolgimento del processo. — La s.p.a. Sibep conveniva in
giudizio l'amministrazione delle finanze per sentirla condannare al rimborso di una somma che assumeva aver versato per erro
re, a titolo di tassa di concessione governativa per la detenzione
di macchine frigorifere, in relazione a distributori automatici di
bevande da essa installati presso varie aziende.
Sosteneva che i distributori contenevano apparecchi per la
refrigerazione delle bevande ma questi, non essendo destinati
alla produzione e alla conservazione del prodotto, non erano più
soggetti, a seguito dell'entrata in vigore della 1. 26 ottobre 1972
n. 641, alla tassa prevista per le macchine frigorifere. fi tribunale adito rigettava la domanda e la corte d'appello
confermava la pronuncia, considerando: che la 1. n. 641 del
1972, nel prevedere al n. 87 della tariffa allegata la detenzione
di « macchine frigorifere o qualsiasi altri apparecchio atto alla
produzione del freddo, da utilizzare per uso proprio, sia per la
produzione che per la conservazione dei prodotti », riproduce la
disciplina preesistente, aggiungendo soltanto il riferimento alla
produzione o conservazione dei prodotti; che l'appendice non ha
carattere limitativo, ma diretta a fugare i dubbi che in base alla
precedenti disposizioni potevano sorgere per i frigoriferi utilizzati
come parte integrante nel processo tecnico di produzione va
intesa come comprendente con i termini « produzione » e « conservazione » l'utilizzazione degli apparecchi sia per il pro dotto finito che per quello non finito; che, d'altra parte, la
refrigerazione costituisce, per chi installa distributori automatici di bevande, requisito per la commercializzazione del prodotto, il
quale diventa « finito » solo dopo aver subito tale processo, rilevava, inoltre, la corte di merito che con la decisione di
primo grado era stata respinta anche la domanda di rimborso
formulata dalla Sibep sul presupposto che le macchine frigorife re, in quanto collocate presso terzi, non erano detenute per uso
proprio; che la Sibep non aveva impugnato con l'atto di appello tale statuizione; che, di conseguenza, la doglianza proposta al
riguardo nella comparsa conclusionale era inammissibile; che in
ogni caso la Sibep, riscuotendo i proventi degli apparecchi in
stallati e richiedendo la prescritta autorizzazione con intestazione
a proprio nome dei relativi libretti, adibiva necessariamente le macchine ad uso proprio.
Motivi della decisione. — Con i due mezzi d'impugnazione, la
società ricorrente deduce: 1) violazione del punto n. 87 della
tariffa allegata al d. p. r. n. 641 del 1972, in relazione al n. 133
della tariffa allegata al d. p. r. n. 121 del 1961, cosi come mo
dificato dalla 1. n. 82 del 1962, ed all'art. 12 disp. sulla legge in
generale. Si deduce che negli apparecchi automatici per la di
stribuzione di bevande l'eventuale gruppo frigorifero non ha la
funzione di generare il freddo per la produzione o la conserva
zione del prodotto, il quale si conserva indefinitamente senza
bisogno di basse temperature, ma solo quella di rendere più
gradevoli taluni tipi di bevande; che la specificazione aggiunta dal d. p. r. del 1972 alla precedente previsione di «qualsiasi
apparecchio atto alla produzione del freddo » ha necessariamente, sotto il profilo letterale e sistematico, carattere limitativo ed
esclude, non essendo la commercializzazione del prodotto ricon
ducibile ai concetti di produzione e conservazione, l'assoggetta mento alla tassa dei distributori automatici di bevande; 2) vio
lazione art. 346 c. p. c. per avere la corte d'appello erroneamente
ritenuto rinunciata la domanda subordinata fondata sull'insussi
stenza del requisito della detenzione degli apparecchi da parte della Sibep, che invece era stata riproposta sia mediante il
richiamo, nell'atto di appello, a tutti gli argomenti svolti in
primo grado, sia mediante le conclusioni, nelle quali era escluso
in ogni caso l'obbligo tributario.
(1) Non constano precedenti data la novità della sottile questione interpretativa consistente nello stabilire se nella definizione contenuta nel n. 87 della tariffa allegata al d.p. r. 26 ottobre 1972 n. 641
(« macchine frigorifere o qualsiasi apparecchio atto alla produzione del freddo, da utilizzare per uso proprio, sia per la produzione che
per la conservazione dei prodotti ») debbano ritenersi inclusi i distri butori automatici di bevande i quali — a dire dei ricorrenti — non servono alla produzione né alla conservazione delle bevande bensì alla refrigerazione di talune di esse allo scopo di renderle piti gradevoli.
In generale sull'assoggettamento delle macchine frigorifere alla tassa sulle concessioni governative, v. Regazzoni, Frigorifere macchine (tri buti sulle), voce del Novissimo digesto, appendice, 1982, III, 892; Alessi, Frigorifere macchine (tributi sulle), voce del Novissimo di
gesto, 1971, VII, 629 s.; nonché Bisogno, Frigoriferi (imposta sui), voce dell'Enciclopedia del diritto, 1969, XVIII, 68 s.
I due motivi sono infondati.
1. - La norma precedente era cosi formulata: « autorizzazione
rilasciata dall'ufficio del registro alle ditte industriali e commer
ciali, nonché agli esercenti di pubblici esercizi a detenere mac
chine frigorifere o qualsiasi altro apparecchio atto alla produzio ne del freddo, da utilizzare per uso proprio» (n. 133 tabella ali.
A al t. u. approvato con d. p. r. 1° marzo 1961 n. 121).
L'interpretazione di tale norma non aveva lasciato adito ad
alcun dubbio in ordine all'applicabilità della tassa in questione alla detenzione di macchine frigorifere, anche nel caso che que ste servissero esclusivamente a conferire alle bevande ivi conte
nute un maggior gradimento da parte del consumatore e cioè
prescindendo dall'alterabilità delle loro proprietà merceologiche ed organolettiche a temperatura ambiente.
Gli unici due dubbi erano sorti per le imprese industriali nel
cui ciclo di produzione il freddo era indispensabile per ottenere
il prodotto finito (caso pratico: la fermentazione del mosto di
birra) e per il caso di conservazione — mediante il freddo —
dei prodotti finiti deperibili a temperatura ambiente (v. circolare
della direzione generale tasse 26 gennaio 1966 n. 7/280 e 2
maggio 1966 n. 53640). L'intenzione da parte del legislatore di eliminare ogni margine
di dubbio circa l'applicabilità della tassa alla detenzione di
macchine frigorifere, prescindendo dallo scopo del loro impiego, si è resa manifesta mediante la nuova norma: il n. 87 della nuova tariffa allegata al d. p. r. 26 ottobre 1972 n. 641, la quale ha recepito il vecchio testo sopra riportato, solo aggiungendovi la specificazione esplicativa: « sia per la produzione che per la conservazione di prodotti». Né v'è nei lavori preparatori del nuovo testo di legge alcuna argomentazione che valga a dare fondamento all'interpretazione restrittiva sostenuta dal ricorrente.
Sicché, rettamente ha deciso la corte di merito ritenendo che la
refrigerazione, per chi installa apparecchi frigoriferi di distribu zione di bevande, deve considerarsi come requisito per la com mercializzazione del prodotto, il quale è appunto « finito » solo
dopo aver subito detto processo. Cosi argomentando la stessa corte ha interpretato la legge
secondo e non oltre i limiti del fondamentale canone ermeneutico di cui all'art. 12 preleggi, perché il significato proprio della
parola « produzione » è quello di azione od operazione conside rata in rapporto al conseguimento di un risultato ed il risultato dell'attività economica della soc. Sibep è quello della distribu zione automatica di bevande fredde e non già di bevande a
temperatura ambiente, mentre l'intenzione del legislatore, nell'e manare il nuovo testo della norma, è resa palese — come già osservato — dalle vicende interpretative dell'originario testo.
Fermo, dunque, restando il principio che tale intenzione è stata quella di rendere ancora più chiara l'assoluta irrilevanza' dello scopo d'impiego delle macchine frigorifere, ai fini dell'ap plicabilità della tassa, deve osservarsi che la motivazione della sentenza del giudice d'appello sul punto è anche analiticamente
logica quando precisa che l'attività economica della società Sibep va inquadrata nel concetto di « produzione » (« prodotto fini to »).
Infatti, quello di « conservazione » non viene in considerazio ne nel caso di specie, né nel senso fisico-chimico sostenuto dalla ricorrente, né in quello, sostenuto nel controricorso dell'ammi nistrazione resistente, di « contenimento » dei prodotti, che è lessicalmente improprio perché logicamente aspecifico. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I civile; sentenza 30 mar zo 1983, n. 2298; Pres. Mazzacane, Est. Virgilio, P. M. Mi netti (conci, conf.); Min. finanze c. Marchetti. Conferma Comm. trib. centrale 10 marzo 1977, n. 477.
Registro (imposta di) — Agevolazioni per l'edilizia — Costru zione in parte abusiva — Decadenza dal beneficio — Limita zione alla parte abusiva (L. 17 agosto 1942 n. 1150, legge urba nistica, art. 41 ter; 1. 2 luglio 1949 n. 408, disposizioni per l'incremento delle costruzioni edilizie, art. 14).
La decadenza dai benefici fiscali prevista dall'art. 41 ter /. 17 agosto 1942 n. 1150 per le costruzioni abusive va riferita alla sola parte dell'opera eseguita in contrasto con la licenza edi lizia, ove tale costruzione risulti indipendente ed autonoma ri spetto all'edificio progettato ed eseguito in conformità della li cenza stessa. (1)
(1) Nel senso che « la decadenza dalle agevolazioni fiscali si ve rifica solamente per le unità immobiliari irregolarmente costruite e
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