+ All Categories
Home > Documents > sezione I civile; sentenza 4 marzo 1992, n. 2587; Pres. Vela, Est. Lupo, P.M. Amirante (concl....

sezione I civile; sentenza 4 marzo 1992, n. 2587; Pres. Vela, Est. Lupo, P.M. Amirante (concl....

Date post: 27-Jan-2017
Category:
Upload: nguyendien
View: 215 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
3
sezione I civile; sentenza 4 marzo 1992, n. 2587; Pres. Vela, Est. Lupo, P.M. Amirante (concl. diff.); Min. finanze (Avv. dello Stato La Porta) c. Soc. Stefania; Soc. Stefania (Avv. Contaldi, Bonazzi) c. Min. finanze. Cassa Comm. trib. centrale 12 novembre 1987, n. 8245 Source: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 5 (MAGGIO 1993), pp. 1651/1652-1653/1654 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23187965 . Accessed: 25/06/2014 02:36 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 188.72.126.92 on Wed, 25 Jun 2014 02:36:18 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript
Page 1: sezione I civile; sentenza 4 marzo 1992, n. 2587; Pres. Vela, Est. Lupo, P.M. Amirante (concl. diff.); Min. finanze (Avv. dello Stato La Porta) c. Soc. Stefania; Soc. Stefania (Avv.

sezione I civile; sentenza 4 marzo 1992, n. 2587; Pres. Vela, Est. Lupo, P.M. Amirante (concl.diff.); Min. finanze (Avv. dello Stato La Porta) c. Soc. Stefania; Soc. Stefania (Avv. Contaldi,Bonazzi) c. Min. finanze. Cassa Comm. trib. centrale 12 novembre 1987, n. 8245Source: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 5 (MAGGIO 1993), pp. 1651/1652-1653/1654Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23187965 .

Accessed: 25/06/2014 02:36

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 188.72.126.92 on Wed, 25 Jun 2014 02:36:18 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 2: sezione I civile; sentenza 4 marzo 1992, n. 2587; Pres. Vela, Est. Lupo, P.M. Amirante (concl. diff.); Min. finanze (Avv. dello Stato La Porta) c. Soc. Stefania; Soc. Stefania (Avv.

1651 PARTE PRIMA 1652

7.3. Né osta alla predetta soluzione il fatto che il rito esperito dal genitore instante sia quello camerale. Infatti, innanzi tutto, costui era in qualche modo costretto a servirsi di tale tipo di

procedimento, in quanto la sentenza di divorzio aveva tenuto

in conto anche della situazione della prole, e della prole anche

maggiorenne, sicché qualunque statuizione che si possa adotta

re in tema di mantenimento suona obiettivamente come modifi

ca delle condizioni della sentenza di divorzio. In secondo luogo,

poi, non può pretermettersi che l'originaria struttura del proce dimento camerale è stata piegata a varie esigenze — qual è quella di creare una corsia preferenziale per i giudizi di separazione, di divorzio e per la modificazione delle rispettive decisioni (da ultimo, 1. 331/88) — ragion per cui in questa, come in altre

analoghe (e sempre più frequenti ipotesi, il procedimento è for

malmente camerale, ma sostanzialmente contenzioso.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 4 marzo

1992, n. 2587; Pres. Vela, Est. Lupo, P.M. Amirante (conci,

diff.); Min. finanze (Avv. dello Stato La Porta) c. Soc. Ste

fania; Soc. Stefania (Avv. Contaldi, Bonazzi) c. Min. fi

nanze. Cassa Comm. trib. centrale 12 novembre 1987, n. 8245.

Valore aggiunto (imposta sul) — Vendite fallimentari — Assog gettabilità (D.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633, istituzione e disci

plina dell'imposta sul valore aggiunto, art. 1, 2, 4).

Le vendite fallimentari sono soggette ad Iva anche se poste in

essere anteriormente al 1° gennaio 1975. (1)

Svolgimento del processo. — Nel corso della procedura falli

mentare a carico della s.p.a. Sobrero Est, la società semplice Stefania si rendeva aggiudicataria di un compendio immobilia

re, composto da un fabbricato industriale e terreno annesso, nonché da un'area di terreno agricolo. La curatela fallimentare

emetteva, il 1° agosto 1974, fattura Iva, addebitando all'aggiu dicataria un'imposta di lire 6.240.000.

(1) La decisione cassata, Comm. trib. centrale 12»novembre 1987, n. 8245, è massimata in Foro it., Rep. 1987, voce Valore aggiunto (im posta), n. 111.

Nello stesso senso della sentenza in epigrafe, v. Comm. trib. centrale 25 novembre 1985, n. 9996, id., Rep. 1986, voce cit., n. 99; 2 dicembre

1985, n. 10225, ibid., n. 120; 8 ottobre 1985, n. 8303, ibid., n. 121: tali decisioni prendono tutte posizione sulla norma di cui all'art. 1 d.p.r. 23 dicembre 1974 n. 687 (introduttivo dell'art. 74 bis d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633) che, con effetto dal 1° gennaio 1975, ha disciplinato gli obblighi, ai fini Iva, del curatore fallimentare, escludendo che la stessa abbia carattere innovativo (la natura interpretativa di tale disposizione è condivisa anche da Comm. trib. centrale 1° ottobre 1985, n. 8136, ibid., n. 123; in senso contrario, v. invece Comm. trib. centrale 29

giugno 1985, n. 6416, ibid., n. 124). Per ulteriori riferimenti, v. Corte cost. 30 aprile 1986, n. 115, id.,

1986, I, 2712, con nota di richiami (cui adde, nel senso ora fatto pro prio dalla Suprema corte, min. fin., telegramma 10 febbraio 1973, n.

526739, inedito; circ. 17 gennaio 1974, n. 6/505165, in Repertorio tri butario della prassi amministrativa e della giurisprudenza, Piacenza, 1983, I, 1186; ris. 9 aprile 1974, n. 500949, inedita), che ha ritenuto infonda ta la questione di legittimità costituzionale dell'art. 74 bis, 2° comma, d.p.r. 633/72, nella parte in cui sottopone le vendite fallimentari ad Iva (su tale sentenza, v. anche V. Sparano, Fallimento e Iva. Costitu zionalità confermata, in Dir. fallim., 1986, I, 701; A. Ghini, L'Iva nel fallimento e nella liquidazione coatta amministrativa, in Fisco, 1986, 5480).

Sugli obblighi del curatore fallimentare ai fini dell'imposta sul valore

aggiunto, v. Comm. trib. I grado Firenze 16 febbraio 1986, Foro it., 1987, III, 562.

In dottrina, sui problemi concernenti l'imposta sul valore aggiunto nelle procedure concorsuali, v. B. Talarico, Iva e procedure concor

suali, in Dir. fallim., 1990, I, 713; L. Panzani, L'Iva nelle procedure concorsuali, in Fallimento, 1988, 97,

Il Foro Italiano — 1993.

La società Stefania e la curatela fallimentare proponevano

separati ricorsi per la restituzione dell'imposta, che assumevano

non dovuta sulle vendite fallimentari. La Commissione tributa

ria di primo grado di Torino, riuniti i ricorsi, li accoglieva con decisione confermata dalla commissione di secondo grado e dalla

Commissione tributaria centrale. Quest'ultima, con la decisione

depositata il 12 novembre 1987, ha affermato che le vendite

fallimentari sono state assoggettate ad Iva solo per effetto del

d.p.r. 23 dicembre 1974 n. 687, con decorrenza dal 1° gennaio 1975. Tale disposizione, avendo natura innovativa, non si ap

plica ai fatti anteriori a detta data.

Avverso la decisione della Commissione tributaria centrale

l'amministrazione delle finanze ha proposto ricorso per cassa

zione. La società Stefania ha resistito con controricorso e con

ricorso incidentale condizionato.

Motivi della decisione. — 1. - Il ricorso principale ed il ricor so incidentale vanno riuniti, essendo stati proposti avverso la

medesima decisione.

2. - Con l'unico motivo del ricorso principale l'amministra

zione delle finanze deduce la violazione e falsa applicazione de

gli art. 1, 2, n. 5, 4 e 74 bis d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633

(in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c.). La ricorrente sostiene

che le vendite fallimentari sono assoggettate ad Iva anche se

poste in essere anteriormente al 1° gennaio 1975, ciò desumen

do dal testo originario della normativa sull'Iva, che il d.p.r. 687/74 avrebbe integrato solo nelle modalità procedurali di adem

pimento dell'obbligo di imposta. Il motivo di ricorso è fondato. Secondo l'art. 1 d.p.r. 26 ot

tobre 1972 n. 633 sono soggette all'imposta sul valore aggiunto «le cessioni di beni effettuate nell'esercizio di imprese». Le ven

dite fallimentari rientrano nella definizione che di «cessioni di

beni» dà l'art. 2 dello stesso testo normativo, in quanto sono

atti che importano trasferimento della proprietà. Per quanto attiene al requisito della effettuazione «nell'esercizio di impre

se», assume rilievo il disposto originario dell'art. 4, 1° comma,

d.p.r. 633/72, vigente nel periodo qui considerato (anteriore al

1° gennaio 1975). Secondo tale disposizione «si considerano effettuate nell'eser

cizio di impresa le cessioni di beni relativi all'impresa». Questa

disposizione rende irrilevante il problema se il fallimento com

porti o meno la cessazione dell'impresa: a tenore di essa rileva

soltanto la pertinenza all'impresa del bene ceduto. Il legislatore fiscale ha quindi attribuito al requisito dell'esercizio dell'impre sa un significato più ampio di quello civilistico, e tale estensio

ne è stata ritenuta dalla Corte costituzionale (sentenza 30 aprile

1986, n. 115, Foro it., 1986, I, 2712) non contrastante con la

previsione della legge delega 9 ottobre 1971 n. 825 (art. 5, n. 1). Nel controricorso si osserva che la menzionata disposizione

dell'art. 4 non può essere invocata per sostenere l'assoggettabi lità ad Iva delle vendite fallimentari perché in essa si richiede,

altresì, che le cessioni di beni relativi all'impresa siano «fatte

da imprenditori»; ed il curatore fallimentare non è rappresen tante né successore del fallito, ma rispetto a questo è un terzo.

La vendita fallimentare, in quanto non compiuta da un impren ditore, non potrebbe pertanto rientrare tra le operazioni impo nibili previste dal combinato disposto dagli art. 1, 2 e 4 d.p.r. 633/72.

In senso contrario a tale argomento va osservato che dall'in

tero sistema della disciplina sull'Iva si desume l'assoggettamen to all'imposta anche delle cessioni coattive di beni, compiute non attraverso contratti stipulati dall'imprenditore, ma per ef

fetto di atti delle autorità giurisdizionali ed amministrative. Ciò si trae chiaramente da diverse disposizioni del testo originario del d.p.r. 633/72: l'art. 6, cpv., e l'art. 13, cpv., nelle rispettive lettere a), disciplinano espressamente le cessioni di beni per «at

to della pubblica autorità»; l'art. 10, n. 6, esentando dall'impo sta soltanto «le operazioni degli istituti di credito su pegno rela

tive alle vendite all'asta di oggetti pignorati», presuppone l'as

soggettamento ad Iva delle altre ipotesi di vendita all'asta. Ed

incontestata è invero la tassabilità delle operazioni di esecuzione

forzata su singoli beni relativi all'impresa. L'art. 4 citato, quindi, assume rilievo nella presente fattispe

cie limitatamente alla definizione del tipo oggettivo di operazio ne imponibile (cessioni di beni relativi all'impresa), ma non an che per la individuazione del profilo soggettivo di tale operazio ne (atti compiuti da imprenditori), posto che dalla complessiva

This content downloaded from 188.72.126.92 on Wed, 25 Jun 2014 02:36:18 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 3: sezione I civile; sentenza 4 marzo 1992, n. 2587; Pres. Vela, Est. Lupo, P.M. Amirante (concl. diff.); Min. finanze (Avv. dello Stato La Porta) c. Soc. Stefania; Soc. Stefania (Avv.

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

disciplina dell'Iva si desume la tassazione anche delle cessioni

di beni compiute in forma coattiva, e quindi ad opera di altri

soggetti (autorità giurisdizionali e amministrative). La tassabilità delle cessioni di beni compiute nel corso di una

procedura fallimentare era, perciò, già contenuta nel sistema

complessivo desumibile dal testo originario del d.p.r. 633/72. L'art. 74 bis, introdotto in tale testo dal d.p.r. 23 dicembre

1974 n. 687, contiene soltanto norme procedimentali intese a

precisare gli obblighi del curatore fallimentare. Come si desume

chiaramente dal tenore letterale del detto art. 74 bis, esso non

pone alcuna norma sostanziale relativa alla estensione delle ope razioni soggette ad Iva, ma presuppone già esistente la norma

che assoggetta all'imposta le vendite fallimentari. In tal senso

si è già' pronunziata questa sezione con la sentenza 21 maggio

1984, n. 3117 (id., Rep. 1984, voce Valore aggiunto (imposta), n. 90), secondo cui il citato art. 74 bis non ha portata innovati

va o derogativa dei principi fissati dal legislatore sull'imponibi lità delle operazioni effettuate nell'esercizio delle imprese, ma

costituisce soltanto una chiarificazione dell'originario intento le

gislativo, diretta ad escludere ogni dubbio sulla sottoposizione al tributo di tutte le operazioni di liquidazione delle imprese, anche se coattive.

Va, infine, preso in esame l'unico argomento addotto dalla

decisione impugnata a sostegno della tesi opposta a quella qui sostenuta. In tale decisione si osserva che il citato d.p.r. n. 687

del 1974 (che ha introdotto l'art. 74 bis) ha anche modificato

l'art. 2, cpv., n. 5, che include tra le cessioni di beni «la desti

nazione di beni al consumo personale o familiare dell'imprendi tore e ad altre finalità estranee all'esercizio dell'impresa». A

tale testo originario sono state aggiunte le parole: «anche se

determinata da cessazione dell'attività». Secondo la decisione

impugnata, tale fattispecie (e cioè la cessazione dell'attività im

prenditoriale) si è venuta ad aggiungere al testo originario come

un quid novi; onde la nuova disposizione non può avere effetto

retroattivo.

Al riguardo va osservato che l'art. 2, cpv., n. 5 (sia nel testo

originario sia in quello modificato) è del tutto estraneo al pro blema qui affrontato. La inclusione delle vendite fallimentari

tra le cessioni di beni tassabili deriva dalla generale definizione

contenuta nel 1° comma dell'art. 2 (integrata con il 1° comma

del testo originario dell'art. 4), onde è irrilevante la elencazione

delle altre ipotesi di cessioni di beni contenuta nel capoverso dell'art. 2.

La estraneità dell'art. 2, n. 5, alla disciplina delle vendite fal

limentari trova una chiara conferma nella relazione ministeriale

al d.p.r. 687/74, ove si afferma che «è appena il caso di preci sare che non rientrano nell'ambito della disposizione in esame

né... né la dichiarazione di fallimento: le operazioni effettuate

in sede di procedura fallimentare trovano la loro disciplina, au

tonoma e particolare, nell'art. 74 bis».

E si è già visto che l'art. 74 bis è confermativo della preesi stente assoggettabilità ad Iva delle cessioni di beni fallimentari.

3. - Nel ricorso incidentale la società Stefania sostiene che,

qualora si ritenesse assoggettabile ad Iva la vendita fallimenta

re, una parte dei beni venduti, e cioè il terreno agricolo, sareb

be esente dall'imposta per disposto di legge, onde ad essa socie

tà spetterebbe comunque il rimborso di parte dell'imposta pagata. Il ricorso incidentale è inammissibile perché esso non contie

ne alcuna censura della decisione impugnata, che non si è pro nunciata sulla questione posta nel ricorso. Tale questione, se

ritualmente prospettata alla Commissione tributaria centrale, po trà essere decisa nel giudizio di rinvio.

4. - In conclusione, il ricorso principale va accolto, con la

conseguente cassazione della decisione impugnata ed il rinvio

della causa alla Commissione tributaria centrale, che si pronun

zierà nuovamente ritenendo la assoggettabilità ad Iva delle ven

dite fallimentari anche se poste in essere anteriormente al 1°

gennaio 1975.

li Foro Italiano — 1993.

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 18 feb

braio 1992, n. 1993; Pres. Brancaccio, Est. Amirante, P.M.

Caristo (conci, conf.); Camera dei deputati (Aw. dello Sta

to Scapari) c. Polito (Avv. D'Urso). Regolamento preventi vo di giurisdizione.

Parlamento — Presidenza della camera dei deputati — Bando

di concorso — Illegittimità — Difetto di giurisdizione (Cost., art. 64).

Sussiste il difetto assoluto di giurisdizione del giudice ordinario

e del comune giudice amministrativo in ordine alla domanda

volta a far dichiarare la illegittimità di un bando di concorso

emanato dalla presidenza della camera dei deputati, stante

l'indipendenza garantita nei confronti di qualsiasi altro pote re (autodichia) di cui sono dotati i due rami del parlamento, tale da riguardare non solo i rapporti di lavoro già costituiti

ma — come reso esplicito dal regolamento per la tutela giu

risdizionale dei dipendenti — anche quelli in fieri. (1)

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 17 no

vembre 1989, n. 4904; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est.

Vercellone, P.M. Caristo (conci, conf.); Pres. cons, mini

stri e Min. difesa c. Di Donato (Avv. Schwarzenberg). Con

ferma Cons. Stato, sez. IV, 17 gennaio 1986, n. 31.

Impiegato dello Stato e pubblico — Servizi segreti — Rapporto

di lavoro — Tutela giurisdizionale (R.d. 26 giugno 1924 n.

1054, t.u. sul Consiglio di Stato, art. 31; 1. 24 ottobre 1977

n. 801, istituzione e ordinamento dei servizi per le informa

zioni e la sicurezza e disciplina del segreto di Stato, art. 7).

È di natura giuridica il rapporto che lega il personale all'ammi

nistrazione dei servizi segreti, con la conseguenza che ne sca

turiscono posizioni di diritto soggettivo e di interesse legitti mo che non si sottraggono alla tutela giurisdizionale, consi

derato che gli atti di gestione di tale rapporto non integrano «atti politici» dell'autorità governativa e che la peculiarità delle

funzioni attribuite nonché l'eventuale opposizione del segreto di Stato rispetto alla acquisizione di dati e notizie sulle vicen

de del rapporto stesso possono implicare limiti ai poteri del

giudice, ma non privare quelle posizioni soggettive dei mezzi

di difesa giurisdizionale contemplati dall'ordinamento. (2)

(1-2) I. - Sul difetto di giurisdizione del giudice ordinario e del giudi ce amministrativo con riguardo a controversie aventi ad oggetto pretese avanzate da dipendenti della camera dei deputati e del senato della re

pubblica, v., rispettivamente, Cass., sez. un., 23 aprile 1986, n. 2861, Foro it., 1986, I, 1828, con nota di richiami, e 18 novembre 1988, n. 6241, id., Rep. 1988, voce Parlamento, n. 32; 10 aprile 1986, n.

2546, id., 1986, I, 1139, con nota di richiami e osservazioni di R.

Moretti. La sentenza in epigrafe risolve per la prima volta la questione con

riferimento a rapporti non costituiti, ma in fieri, facendo applicazione

degli stessi principi in virtù del sopravvenuto regolamento per la tutela

giurisdizionale dei dipendenti, che peraltro si limita a rendere esplicito

quanto poteva ricavarsi in via di interpretazione estensiva dell'art. 12

del regolamento della camera riguardante i soli rapporti di lavoro già costituiti.

II. - La Suprema corte ha riconosciuto che il rapporto che lega gli

agenti ai servizi segreti è di natura giuridica, proprio perché esso è sorto

in base ad una disposizione di legge, l'art. 7 1. n. 801 del 1977, che

impone all'autorità amministrativa di stabilire un trattamento economico

giuridico «anche in deroga ad ogni disposizione vigente». Il relativo

regolamento fu effettivamente emanato dal potere esecutivo (decreto interministeriale 7 novembre 1980, n. 7, come risulta da Cons. Stato, sez. IV, 28 maggio 1987, n. 314, id., Rep. 1987, voce Impiegato dello

Stato, n. 610, di cui fa menzione la corte nella motivazione). Non

rileva che esso deroghi ad ogni disposizione vigente, in quanto ciò

è giustificato dalle speciali attività svolte dai servizi segreti, in qualche modo assimilabili ad operazioni belliche. Quello che rileva è che il rap

porto sia basato in ultima istanza su una disposizione legislativa. A

This content downloaded from 188.72.126.92 on Wed, 25 Jun 2014 02:36:18 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended